APPENDICE 4 Etichetta alimentare

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APPENDICE 4 Etichetta alimentare
APPENDICE 4
Le cose che vorremmo cambiare nelle etichette dei prodotti. Risultati di
un sondaggio1 tra i consumatori
Negli ultimi 20 anni le etichette dei prodotti alimentari sono cambiate. Qualche decennio fa
era quasi impossibile trovare indicazioni sul valore nutrizionale e sulle calorie di un
prodotto: oggi è comune. Che però siano perfette non è vero: molto si può ancora fare per
agevolare le scelte dei consumatori. Ecco alcuni punti chiave:
1) Un elenco degli ingredienti scritto utilizzando caratteri tipografici leggibili
Su alcune confezioni le diciture sono riportate in numerose lingue con caratteri tipografici
minuscoli. A questo proposito, va segnalato il fatto che a partire dal 14 dicembre 2014, con
l’entrata in vigore del regolamento UE 1169/11, ogni etichetta dovrà riportare le
informazioni obbligatorie in caratteri di altezza non inferiore a 1,2 mm.
2) La data di scadenza chiara e comprensibile
Chiara significa non incisa con i forellini o presentata come una sequenza di numeri che
sembrano quelli del lotto. Quanti consumatori, in effetti, riescono a capire che in etichetta
la presenza della sequenza numerica 01.07.14 2 L 2741 11:21 segnala un prodotto in
scadenza il primo luglio dell’anno prossimo?
3) L’indicazione dell’olio impiegato
Adesso si usa la dicitura generica “olio vegetale” che si riferisce quasi sempre a olio di
palma, di soia, di colza e altri di mediocre qualità che abitualmente non sono venduti al
supermercato. Comunque sia, a partire dal dicembre del 2014, dovrà essere specificata la
natura degli oli vegetali utilizzati.
4) La presenza di “acidi grassi trans”
La ragione è semplice: fanno male alla salute (esiste una correlazione comprovata tra una
dieta troppo ricca di acidi grassi trans e insaturi e maggiori rischi di malattie coronariche e
ictus). Molti consumatori, purtroppo, non sanno che ci sono né che cosa sono ed è ormai
giunto il momento di combattere questa ignoranza.
5) Fotografie verosimili e di dimensioni accettabili
Le dimensioni delle immagini devono essere tali da lasciare spazio sulla confezione alle
informazioni nutrizionali e all’elenco degli ingredienti. Le foto e le notizie facoltative, non
devono sottrarre spazio all’informazione obbligatoria in etichetta. L’immagine ha il solo
scopo di presentare il prodotto e purtroppo il consumatore, attratto dall’immagine, tende a
non leggere la frase di circostanza e spesso a rimanere deluso.
6) L’indicazione chiara della quantità di sale nella tabella nutrizionale
Spesso si trova la quantità di sodio e non quella del sale. Al consumatore interessa sapere
anche quanto sale è presente nel prodotto e soprattutto nella singola porzione.
7) Chiarezza sulle modalità di conservazione del prodotto e durata dopo l’apertura
La durabilità dopo l’apertura della confezione non può mai essere esatta poiché molto
dipende dalle condizioni di conservazione del prodotto da parte del consumatore. Si tratta
di aspetti importanti e a volte critici soprattutto quando è necessario mantenere la catena
del freddo, dal momento che molti frigoriferi domestici non rispettano le temperature
richieste.
8) Il periodo di stagionatura dei salumi
9) Indicazioni precise su dove gettare l’imballaggio.
Dobbiamo buttarlo nel contenitore della carta, del vetro, della plastica, in quello della
raccolta indifferenziata? Sarebbe bello se i produttori riuscissero anche a ottimizzare
l’impiego dei diversi materiali, riducendone le superfici il più possibile.
10) Meno additivi, coloranti e conservanti
Alcuni prodotti dovrebbero avere meno ingredienti. Perché le Pringles, a seconda del
gusto, sono preparate con un numero che varia da 8 a 30 ingredienti, mentre le patatine
fritte classiche ne hanno solo tre (patate, olio e sale)?
11) L’abolizione di tutti i giocattoli e i pupazzetti abbinati alle merendine per bambini
La questione è delicata e meriterebbe di essere ulteriormente approfondita, tanto più che
molti di questi prodotti sono collocati nei punti vendita ad altezza bimbo, vicino alle casse,
e che esistono snack con gadget molto belli che vengono acquistati solo per il gioco. Il
problema è che questi gadget sono quasi sempre abbinati a cibi spazzatura e servono
solo ad attirare l’attenzione dei bambini.
12) Diciture il più possibili chiare e semplici
È lecito chiedersi cosa capisce un consumatore davanti ad una confezione di cereali per la
prima colazione se le diciture riportano un elenco con 16 ingredienti, affiancati da 38 valori
analitici e 14 percentuali. Forse bisognerebbe fare uno sforzo e semplificare un po′.
Come consumare i prodotti che riportano il termine minimo di
conservazione (TMC)
Il termine minimo di indicazione o TMC (“ Da consumarsi preferibilmente ...”) non è una
data di scadenza ma un'indicazione, questo significa che nel periodo successivo gli
alimenti sono ancora commestibili, ma registrano in modo progressivo un lento
decadimento nutrizionale e organolettico.
La data ha quindi un valore orientativo e il consumo posticipato di qualche settimana o
qualche mese non determina problemi per la salute, anche se vale la pena considerare
con attenzione i singoli casi.
Ogni azienda stabilisce il tmc per i propri alimenti in relazione alla qualità delle materie
prime utilizzate, al trattamento industriale e al sistema di confezionamento. In questo
periodo il produttore si impegna a garantire il mantenimento delle caratteristiche
nutrizionali e organolettiche.
Specialisti e microbiologi hanno esaminato il tmc di diversi prodotti. Questi sono i
loro suggerimenti per un attento consumo di alcuni alimenti:
 I succhi di frutta hanno un intervallo variabile da 6 a 12 mesi, da molti considerato
troppo generoso. Conviene consumarli prima visto che dopo 6 mesi le bevande
perdono sapore.
 L'Olio extravergine di oliva e il caffè macinato hanno il Tmc di 12-24 mesi, ma
dopo un anno il cibo perde parte dell’aroma, che per questi alimenti ha
un’importanza rilevante.
 Pomodori pelati, salsa di pomodoro, tonno sott’olio, cetrioli, cipolle, conserve
vegetali sottaceto e altri cibi in scatola, sono alimenti sterilizzati e possono
tranquillamente essere consumati 3-4 mesi dopo la data sulla confezione.
 Conserve sottaceto (Tmc 2-3 anni) non ci sono problemi anche se vengono
portate a tavola 1-2 mesi dopo.
 Per i vegetali sott’olio come carciofini, funghi, ecc.. (Tmc 18-24 mesi), bisogna
stare attenti, perchè quando si consumano conserve “preparate in casa” c’è sempre
il rischio botulino che può rappresentare un serio problema.
 Biscotti e cracker hanno un Tmc di 6 -8 mesi, ma il consumo con qualche
settimana di ritardo non comporta problemi, al massimo risultano meno croccanti
 Panettone, pandoro e colomba (Tmc: 4-5 mesi) se vengono consumati con un
ritardo di 1-2 settimane possono essere meno morbidi e fragranti, ma non ci sono
altri problemi.
 La pasta secca e il riso hanno una scadenza variabile (Tmc 24-30 mesi), ma non
succede niente se vengono cucinati qualche mese dopo.
 Pesce e piatti pronti surgelati non creano problemi anche se consumati 1-2 mesi
dopo la data visto che vengono sottoposti a cottura. Al massimo si registra una
perdita di sapore. Quando si tratta di gamberetti surgelati crudi e destinati ad
essere mangiati tal quali in un cocktail con salsa rosa, conviene rispettare il termine
minimo di conservazione (il rischio è un’eventuale crescita indesiderata di Listeria).
Se invece verranno cotti, si possono consumare tranquillamente con 1-2 mesi di
ritardo sulla data. In ogni caso lo scongelamento deve essere fatto in frigorifero e
non a temperatura ambiente.
(**) Indicazioni valide per prodotti confezionati non aperti e conservati correttamente in ambiente asciutto e
non esposti al sole.
Cosa fare dopo l’apertura? Quando si apre la scatola di pelati, di tonno, il succo di frutta
e sulla confezione compaiono scritte del tipo “dopo l’apertura consumare entro … giorni”
oppure “dopo l’apertura conservare in frigorifero”. In questi casi conviene seguire
l’indicazione, perchè il decadimento organolettico così come l’incremento della
carica microbica può essere molto rapido.
Un’ultima nota: i prodotti scongelati tenuti in frigorifero vanno cucinati entro 24 ore,
mentre il pane fresco si conserva per settimane, ma va messo in freezer subito dopo
l’acquisto, quando è ancora croccante, solo così nella fase di rinvenimento mantiene una
buona fragranza.
Un caso di pubblicità ingannevole2:
L'Antitrust multa la XXXX: le gomme da masticare Daygum, Vivident e Mentos non
sostituiscono lo spazzolino.
Non è vero che il chewing-gum può sostituire lo spazzolino, come è stato detto migliaia di
volte negli spot e nella pubblicità di Daygum Protex, Daygum XP, Vivident Xylit e Mentos
Pure White. È questo in sintesi il significato della sentenza dell’Antitrust3 che accusa la
società XXXX di avere ingannato per quasi due anni (dal gennaio 2011 al novembre 2012)
milioni di consumatori con messaggi scorretti. La società deve pagare una multa di 150
mila euro.
L’Antitrust ha ritenuto ingannevole gli spot che presentavano il chewing-gum come un
prodotto idoneo a garantire l’igiene orale e dentale, utilizzando azzardati accostamenti con
lo spazzolino e immagini collegate all’ambito medico-odontoiatrico come lo specchietto e
la poltrona del dentista. La sentenza ritiene inoltre scorretto vantare nella pubblicità gli
effetti salutistici come quello anticarie, antiplacca o antitartaro.
Secondo l’Efsa4 (Agenzia per la sicurezza alimentare europea) è vero che masticare
gomme senza zucchero riduce la placca, ma l’effetto si ottiene dopo 20 minuti assumendo
chewing-gum tre volte al giorno dopo i pasti.
Per correttezza va detto che XXXX ha successivamente interrotto alcune campagne
pubblicitarie e modificato i messaggi. Per esempio ha aggiunto frasi in cui si precisa che
per ridurre la placca occorre masticare più volte al giorno le gomme per almeno 20 minuti.
La decisione dell’Antitrust è importante ma è destinata ad essere poco incisiva. Le
campagne pubblicitarie hanno ormai convinto milioni di persone che il chewing-gum può
sostituire lo spazzolino e avere un effetto antitartato anticarie e antiplacca.
Gli italiani e le etichette
Il 96% degli italiani legge le etichette e il 70% si fida dei prodotti esposti sugli scaffali se
sono firmati dalle catene dei supermercati. Questi sono alcuni dei dati più interessanti che
emergono dall’indagine commissionata da Total Quality Food (società di consulenza per le
imprese specializzata nel settore agro-alimentare), all’Istituto SWG di Trieste.
L’indagine quantitativa è stata realizzata tramite interviste on-line su un campione di 600
persone distribuite in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale.
La ricerca ha rilevato che tra gli intervistati che leggono l’etichetta, il 70% si interessa
soprattutto delle informazioni presenti su latticini, formaggi e surgelati, cui seguono
biscotti, merendine e carne confezionata (62%), succhi e bevande (61%) e salumi in busta
(60%) mentre solo il 39% mostra interesse per la pasta. C’è però anche un 4% di persone
che ignora completamente le scritte.
Concentrando l’attenzione sui prodotti alimentari, più della metà del campione considera
poco leggibile buona parte delle etichette. Ma anche quando i caratteri tipografici
risultano chiari, il 65% le considera comunque poco comprensibili.
Un dato, forse preoccupante su cui vale la pena soffermarsi, riguarda la fiducia dei
consumatori sulle informazioni relative ai prodotti. Una percentuale variabile dal 30% al
60% del campione non crede alle diciture: soprattutto quando si parla di naturalità (60%) e
quando si fa riferimento alla quantità di frutta contenuta (54%). Per quanto riguarda
l’assenza di coloranti e conservanti e la certificazione biologica, i diffidenti sono un po’ più
della metà (52%). Meglio le informazioni nutrizionali che sono ritenute veritiere da due terzi
degli intervistati.
Ma anche le persone più accorte non leggono tutto visto che l’attenzione si dirige in
particolare su: data di scadenza, condizioni di conservazione ed ingredienti. Per quanto
riguarda le aziende e la loro affidabilità, i consumatori preferiscono marchi e imprese
italiane in particolare i prodotti firmati dalle catene di supermercati (private label).
L’indagine ha approfondito anche il livello di conoscenza dei consumatori sul tema delle
allergie alimentari, chiedendo di indicare, su una lista di allergeni5 fornita, quali
conoscessero. I più noti risultano: latte e derivati, glutine e crostacei, mentre sono poco
conosciuti il sedano, i lupini e la senape.
(Il materiale presente in questa Appendice è stato estratto e rielaborato da articoli reperibili nel sito
www.ilfattoalimentare.it).
APPROFONDIMENTI
•
Scrivi, cercandolo sul vocabolario e su internet, il significato delle 5 parole
sottolineate e numerate nel testo.
Intervista 10 persone di età e sesso diversi
sottoponendogli il seguente questionario
1. Leggi le etichette degli alimenti?
- sempre/spesso
- talvolta
- quasi mai/mai
2. Quali informazioni ritieni più importanti (almeno 3)?
3. Hai fiducia nelle informazioni riportate?
- si
- no
- abbastanza
4. Quali informazioni vorresti aggiungere e quali vorresti che fossero più chiare
(almeno 1 per tipo)
5. Ritieni che (in media) le etichette siano leggibili e comprensibili?
- si
- no
- abbastanza
6. Sai cosa sono gli allergeni? (Se sì, chiedi un esempio)
7. Nella scelta dell'alimento consideri la provenienza (Italia, UE, altro?)
- si
- no
- talvolta
8. Per scegliere tra prodotti simili ti affidi:
- all'etichetta
- alle immagini pubblicitarie
- altro:
9. Utilizzi la tabella nutrizionale nella tua dieta?
- si
- no
- talvolta