Omelia 50 anni CEP
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Omelia 50 anni CEP Losanna 16 ottobre 2011 Europa, come va? Per avere una risposta credibile, bisognerebbe interrogare i diversi rappresentanti dei dodici paesi europei qui presenti. Esito a porre la domanda ai miei compatrioti, poiché essi auspicano di tenersi piuttosto lontani dalle dinamiche europee, come si nota un'ulteriore volta in occasione della campagna elettorale che attualmente è in pieno svolgimento da noi. Ma suppongo che la risposta alla domanda, qui e ovunque, debba essere pressappoco la stessa: l'Europa va male per i più pessimisti, non va molto bene per i più realisti e potrebbe stare meglio per i più ottimisti. Nel 1957, con il trattato di Roma, alcuni uomini politici europei – visionari, profeti hanno posto le basi di ciò che è divenuta oggi l'Unione europea. Si possono trovare in essa molti difetti, possiamo rammaricarci per le sue lentezze o le sue esitazioni. Ciò non toglie che essa abbia cambiato completamente il corso della storia del nostro continente. Dopo averne fatto un luogo di pace solida laddove alcune guerre opponevano regolarmente e tragicamente i nostri popoli, essa ha potuto offrire alle nazioni che avevano subito una lunga oppressione comunista un'accoglienza fraterna che rinforzava contemporaneamente la concordia, la prosperità e la solidarietà fra le nostre popolazioni, ormai unite da uno stesso destino comunitario. E l'Europa delle Chiese, mi chiederete? L'Europa della nostra Chiesa? Già nel 1961, cioè solo 4 anni dopo il trattato di Roma e un anno prima dell'apertura del Concilio Vaticano II, anche alcuni visionari e profeti sono sorti nella costellazione ecclesiale delle parrocchie per lanciare un'iniziativa di incontri, di condivisioni, di creatività pastorale e di incoraggiamenti fraterni a livello del nostro continente. 50 anni dopo, nella città di Losanna che accolse la sua prima riunione grazie all'ospitalità del reverendo François Butty, allora parroco del Sacro-Cuore a Ouchy, il Colloquio europeo delle parrocchie vuole ricordare questa felice fondazione. Infatti, alcuni parroci di grandi parrocchie si erano chiesti come le parrocchie avrebbero potuto aiutarsi reciprocamente in modo migliore nei diversi paesi europei. Inviarono una lettera a numerosi vescovi per manifestare la loro preoccupazione. Uno solo rispose loro: il cardinale Franz König, di Vienna, il quale incoraggiò vivamente il reverendo Francis Conan, un parroco di Parigi, a indire un incontro di parroci avente per scopo « condividere esperienze e idee per collaborare alla costruzione di una comunità di popoli europei ». All'inizio solo alcuni parroci aderirono – furono sessanta provenienti da sette paesi quando si incontrarono per la prima volta nel 1961, - poi seguirono altri preti attivi in parrocchia e infine, fin dal 1973, ci fu l'accoglienza calorosa di laici sempre più numerosi nel cerchio fraterno del Colloquio europeo delle parrocchie. Fu così che le parrocchie cattoliche della nostra Europa anticiparono i loro vescovi poiché questi ultimi si organizzarono solo nel 1965, con un primo incontro del Consiglio delle conferenze episcopali che ebbe luogo nel 1967. Bisogna dapprima rendere omaggio ai nostri valenti e ardenti fondatori. Hanno avuto l'audacia e la fede di seminare così – nel terreno della nostra Europa in piena ricostruzione dopo una guerra fratricida e in un contesto di tragica divisione fino al 1989 – semi di condivisioni feconde al servizio della Chiesa, nello spirito del Vangelo, secondo il Concilio Vaticano II, essendo attenti ai segni dei tempi. Desidero semplicemente citare le diverse città che hanno accolto i Colloqui nel corso di questi 50 anni, per rivedere davanti ai nostri occhi meravigliati e riconoscenti gli animatori e le comunità che hanno contribuito, con la loro fiducia e i loro impegni, a far vivere il CEP lungo gli anni passati: Losanna, Vienna, Köln, Barcellona, Torino, Strasburgo, Heerlen, Lisbona, Namur, Marsiglia, Assisi, Ludwigshafen, Tarragona, Seggau, Fatima, Leuwen, Besançon, Praga, Udine, Londra, Girona, Friburgo, Erfurt, Porto, Mons, Nyiregyhaza. Questo è il passato. Non cederemo alla nostalgia. È il futuro che ci dà appuntamento, o piuttosto il Signore Gesù, Egli che è, che era e che verrà, nella Sua Chiesa e in mezzo all'umanità. I testi liturgici di questa domenica ci spronano e ci invitano a rinnovare il nostro impegno nella missione che il Signore ha affidato a noi tutti, tanto più per il fatto che l'anno prossimo celebreremo i 50 anni del Concilio Vaticano II, del quale vogliamo essere i fedeli servitori nei nostri tempi molto sconvolti. In breve, l'apostolo Paolo, un grande europeo che inaugurò il Nuovo Testamento scrivendo la sua prima lettera ai cristiani di Tessalonica dopo la sua residenza missionaria di Corinto nell'autunno dell'anno 50, ci ricorda: Che bisogna operare in comunità, in gruppo nella Chiesa di Dio: « Noi, Paolo, Silvano e Timoteo...». Che bisogna sempre rendere grazie nelle nostre preghiere per le meraviglie che il Signore continua a compiere, con noi, e talvolta malgrado noi, nella Sua Chiesa, in tutte le Chiese e in questo mondo. Che « la fede attiva, la carità operosa e la speranza che resiste» devono ispirarci, motivarci e stimolarci senza fine, soprattutto in questi tempi di interrogativi, di prove e di crisi. Questo è il terreno solido nel quale Dio vuole sempre radicare le nostre vite, le nostre attività e il nostro essere uomini di Chiesa. Che l'annuncio del Vangelo, oggi in Europa, non deve essere una collezione di belle parole, ma « potenza, azione dello Spirito Santo e certezza assoluta ». Ecco ciò con cui rendere dinamici le nostre liturgie, i nostri servizi e i nostri carismi, pur trasfigurando le nostre strutture in piena ricomposizione. Che la nostra condizione di « piccolo gregge » non deve né spaventarci né scoraggiarci, poiché il Signore, secondo quanto detto nel libro di Isaia, ha anche consacrato il re Ciro « chiamandolo per nome e prendendolo per mano». Ora egli era un pagano che non conosceva il vero Dio. Che noi crediamo che l'effige del Dio d'amore sia impressa sul viso di ogni essere umano creato a sua immagine, ancor più di quella di Cesare sulla moneta d'argento presentata a Gesù. Sta a noi rispettare questa dignità e rivelare attorno a noi sia la bellezza che le esigenze di questa grazia originaria, attraverso i nostri impegni di Chiesa ecumenica e nelle nostre lotte pacifiche per la giustizia, la solidarietà e la pace presso di noi e fino ai confini del mondo. Buon anniversario, caro Colloquio europeo delle parrocchie e lunga vita alle nostre comunità cristiane al servizio del Vangelo nella Chiesa e per tutta l'umanità! Claude Ducarroz