«Dopo la laurea il buio totale Mille curriculum e poi la Colombia»

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«Dopo la laurea il buio totale Mille curriculum e poi la Colombia»
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Le storie
L’iniziativa
L’ECO DI BERGAMO
DOMENICA 9 AGOSTO 2015
Bergamo senza confini
Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza
confini» promosso da «L’Eco di Bergamo». Per chi lo desidera è possibile ricevere un abbonamento trimestrale gratuito all’edizione digitale del giornale e raccontare
la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].
«Dopo la laurea
il buio totale
Mille curriculum
e poi la Colombia»
Elena Morotti. A 22 anni da Pradalunga a Bogotà
«Ero paralizzata dalla situazione generale in Italia
Poi la risposta dell’Aiesec, un’ong per gli studenti
DANIELE CAVALLI
Ha definito la Colom­
bia un «rico país», un Paese
«ricco». Ma ricco di cosa? Ele­
na Morotti, 22 anni, di Prada­
lunga, vive in Colombia solo
dal febbraio di quest’anno, ma
ha già maturato idee chiare su
questo stato dell’America Lati­
na, e il ritratto che ne fa è dav­
vero quello di un Paese ricco
di contraddizioni, dove straor­
dinarie esperienze positive
convivono con pericoli e diffi­
coltà.
Dopo aver frequentato il li­
ceo scientifico «E. Amaldi» di
Alzano, Elena si è iscritta alla
facoltà di Mediazione lingui­
stica e culturale dell’Universi­
tà di Padova. «Mi sono laureata
– spiega Elena – l’8 ottobre
2014, ben cosciente di quanto
con questo titolo di studio non
avesse grandi sbocchi nell’at­
tuale mercato del lavoro italia­
no. Nonostante ciò, avevo deci­
so che non avrei voluto prose­
guire nell’immediato con una
laurea specialistica, perché ero
stufa di studiare e apprendere
in modo passivo: volevo met­
termi in gioco in maniera atti­
va, volevo metter a frutto ciò
che avevo imparato».
«Sfortunatamente questa
mia decisione non combaciava
con un’epoca storica ed econo­
mica esattamente facile per il
mio Paese e per molti Paesi
vicini – dice Elena –. Quindi
alla mia laurea è seguito un
periodo molto duro per me: mi
chiedevo cosa fare, e la risposta
era il buio totale. Qualche pos­
sibilità era nata, ma io mi sen­
tivo come paralizzata dalla si­
tuazione generale, mi sentivo
completamente persa e inutile.
Nulla mi convinceva davvero,
volevo agire ma restavo immo­
bile».
Il sogno dell’America Latina
Eppure un sogno nel cassetto
Elena ce l’aveva: andare in
America Latina. «Un giorno,
all’inizio di febbraio – racconta
n n Avevo un sogno
nel cassetto:
andare in America
Latina. E a febbraio
si è realizzato»
n n Insegno inglese a 200
bambini: il governo vuole
far in modo che apprendano
da tutto il mondo»
ELENA MOROTTI
INSEGNANTE, 22 ANNI, VIVE IN COLOMBIA
Elena –, dopo tanto tempo pas­
sato a inviare curriculum e a
candidarmi a mille progetti di
diverse organizzazioni in Ita­
lia, in Europa e in altri Paesi del
mondo, finalmente una mail
mi annunciava che ero stata
accettata per un progetto d’in­
segnamento d’inglese per
bambini e ragazzi a Bogotá, la
capitale della Colombia, con
l’associazione Aiesec». Aiesec
è un’organizzazione interna­
zionale non governativa in cui
gli studenti universitari hanno
un ruolo di primo piano, che
organizza programmi di volon­
tariato o di stage professionali
con fini sociali in tutto il mon­
do. «Non so come né perché –
commenta entusiasta –, ma
qualcosa dentro di me si è mos­
so: avevo deciso, sarei parti­
ta!».
Certo, Elena ha dovuto pri­
ma convincere i suoi genitori,
persone che si sono dimostrate
sempre molto aperte ma (ed
Elena ne era ben consapevole)
che in quel momento erano
giustamente molto preoccupa­
te, visti i pericoli che presenta
un Paese noto al mondo per
essere uno dei protagonisti
mondiali del narcotraffico,
spesso attraversato da guerri­
glie interne e criminalità diffu­
sa.
Ma alla fine, il 22 febbraio,
Elena è partita in direzione
della capitale colombiana. Da
febbraio a oggi Elena ha così
insegnato la lingua inglese a
Bogotá, nelle scuole pubbliche,
nelle periferie più povere, a
bambini e ragazzi dai 5 ai 17
anni. Lo ha fatto in orario ex­
tra­curricolare e con metodi
interattivi, attraverso film,
musica e giochi. Il progetto ha
il supporto del governo colom­
biano, e l’obiettivo è anche
quello di condividere con i ra­
gazzi la propria cultura, cosic­
ché possano aprire i loro oriz­
zonti al resto del mondo, e sia­
no in grado di migliorare il
futuro colombiano.
«In 200 giovani dal mondo»
«Qui – spiega Elena – siamo in
duecento ragazzi arrivati da
tutti gli angoli del mondo a
svolgere questo lavoro. Questa
esperienza mi ha regalato tan­
tissimo: oltre alla possibilità di
insegnare a dei ragazzi con una
voglia infinita di apprendere,
mi sono ritrovata a ridere e a
giocare con loro, a insegnare
anche qualche parola in italia­
no e a parlare del mio Paese. E,
alla fine, mi sono resa conto di
essere diventata un punto di
riferimento per loro, che mi
chiedevano consigli anche su
questioni personali».
Ecco che nel descrivere le
impressioni maturate fin dal
proprio arrivo in Colombia,
Elena descrive la ricchezza di
questo Paese a trecentosessan­
ta grandi: le grandi opportuni­
tà e le speranze che offre da un
lato, e i pericoli neanche trop­
po nascosti dall’altro. «Il primo
impatto – spiega – è stato mol­
to forte. Qui ho trovato cibo,
persone, luoghi, abitudini del
tutto nuove e diverse dalle mie.
A Bogotá si vede tanta povertà,
tanta gente che vive per strada,
tanti mendicanti, strade rovi­
nate e disconnesse, edifici de­
cadenti, in contrasto con le
buonissime condizioni dei
quartieri nel nord della città.
Allo stesso tempo ho percepito
a pelle la forza di questo popo­
lo, una forza di volontà nel
darsi da fare per migliorare la
situazione dell’intero Paese,
per cambiare la difficile realtà
e la brutta fama colombiane».
«Recessione? Una sconosciuta»
«Inoltre mentre io provenivo
da un Paese ormai sempre de­
scritto come “in recessione” –
spiega Elena –, ora mi trovo in
una situazione specularmente
opposta, in un Paese “in cresci­
ta”, con un’economia che sta
decollando, pieno di opportu­
nità di lavoro. Purtroppo –
continua – i lati negativi di
questo Paese sono molto con­
creti. È vero che a Bogotá l’insi­
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1.Elena Morotti, 22 anni, di Pradalunga, ora vive a Bogotà in Colombia: insegna inglese a 200 bambini
nel programma per studenti universitari dell’Aiesec; 2. A cavallo a Villa de Leyva; 3. Compagni e colle­
ghi di Elena a Laguna de Guatavita; nella foto in alto a sinistra Elena ha scelto di mettersi di spalle e ha
commentato così l’immagine: «Contemplando e ringraziando la natura colombiana, al Parque de
Chiqaque». Elena considera la Colombia un Paese ricco di contraddizioni tra povertà e bellezza
curezza è percepibile. Come
molti miei colleghi, anche io
sono stata derubata».
«Sono rimasta poi molto
colpita – spiega ancora – quan­
do mi hanno spiegato il metodo
con cui spesso, per strada, si
rischia di essere drogati e de­
rubati: qui esiste una pianta da
cui viene prodotta una droga
che causa passività nella vitti­
ma, la quale perde il proprio
senso di volontà e esegue ordi­
ni senza opporsi. Viene som­
ministrata in diverse forme,
basta anche solo respirarla per
subirne gli effetti. Per questo
è meglio evitare di prendere
anche dei volantini per strada,
spesso la polverina viene spar­
sa sopra a essi e viene inalata
senza rendersi conto di nulla,
finendo poi derubati».
Nuovo progetto con Aiesec
Dal 20 luglio Elena ha una nuo­
va occupazione: «Se tutto fosse
andato secondo i piani iniziali
– spiega – il 20 luglio mi sarei
dovuta imbarcare su un volo
per l’Italia, ma non ero pronta
a lasciare l’America Latina. Ho
cominciato quindi un nuovo
progetto di Aiesec, sempre ba­
sato sull’insegnamento di in­
glese ma in orario curricolare,
al fianco dei professori locali,
che mi terrà occupata per i
prossimi quattro mesi, questa
volta sulla costa caraibica co­
lombiana, piena di gente alle­
gra, accogliente e disponibile,
immersa in un clima di vacanza
perenne».
«Non so – conclude – cosa
farò a novembre, quando ter­
minerà il programma. Nono­
stante ami questo Paese e abbia
qui tante opportunità, sento
che devo realizzare altri obiet­
tivi, e penso che allora sarà il
momento di tornare. Vorrei
fare un master o un altro stage,
ma non in Italia, piuttosto in
Belgio o in Francia per impara­
re il francese. Prima però vor­
rei realizzare un altro sogno:
andare in Brasile. Mi sta appas­
sionando sempre di più l’idea
di raggiungerlo in bus, passan­
do attraverso Ecuador, Perù,
Bolivia e Paraguay».
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