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un’inchiesta di
Rossella Palomba
Biografia
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nella collana inchieste:
1. Paolo Cucchiarelli, Il segreto di Piazza Fontana
2. Davide Carlucci, Giuseppe Caruso,
A Milano Comanda la N’drangheta
3. Eric Frattini, Le spie del papa
4. Aldo Giannulli, Come funzionano i servizi segreti
5. Giulietto Chiesa, Guido Cosenza, Luigi Sertorio,
La menzogna nucleare
6. Eric Frattini, I papi e il sesso
7. Andrea Kerbaker, Bufale apocalittiche
8. Marco Morello, Carlo Tecce, Io ti fotto
9. Carlotta Zavattiero, Lo stato bisca
10. Aldo Giannulli, 2012: la grande crisi
11. Ilario Martella, 13 maggio ’81: tre spari contro il Papa
12. Nunzia Penelope, Soldi rubati
13. Giulietto Chiesa, Pino Cabras, Barack Obush
14. Silvano de Prospo, Rosario Priore, Chi manovrava le
Brigate Rosse?
15. Marta Chiavari, La quinta mafia
16. Ferruccio Pinotti, Finanza cattolica
17. Paolo Bracalini, Partiti Spa
18. Davide Carlucci, Giuseppe Caruso, Magna magna
19. Marco Morello, Carlo Tecce, Contro i notai
20. Carlotta Zavattiero, Poveri padri
21. Aldo Giannulli, Uscire dalla crisi è possibile
22. Andrea Baranes, Finanza per indignati
23. Davide Ciccarese, Il libro nero dell’agricoltura
24. Antonio Di Pietro, Morena Zapparoli Funari, Politici
25. Simone Di Meo, Gianluca Ferraris, Pallone criminale
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Sognando
parità
Occupazione e lavoro, maternità,
sesso e potere, povertà e violenza: le
pari opportunità, se non ora quando?
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Non c’è sogno senza speranza
Perché sognare la parità? Perché le disparità di genere persistono a livello di tassi d’occupazione, di retribuzione, di orario di
lavoro, di accesso a posti di responsabilità, di condivisione delle
responsabilità in materia di impegni familiari e domestici e di
rischio di povertà. Rendersene conto è già un passo avanti.
La vita di ognuno è una perenne attesa: l’attesa che si realizzi qualcosa in cui crediamo, l’attesa di ottenere quello per
cui lottiamo, l’attesa che il nostro mondo cambi, ma proprio
come vogliamo che cambi. Il presente non basta a nessuno per
sentirsi soddisfatti, appagati e soprattutto vivi: il nostro cuore,
le nostre emozioni, le nostre idee sono sempre più avanti e
guardano oltre le mete raggiunte, anche se con fatica.
Anch’io ho sempre avuto un sogno: quello di svegliarmi
una mattina e scoprire che donne e uomini sono diventati veramente uguali, cioè che finalmente sono giudicati in base al
loro merito e non al loro sesso, che sono ugualmente rispettati
e ascoltati e che l’autorevolezza, l’efficienza, l’eccellenza non
sono disturbate, inficiate e macchiate da stereotipi di genere e
da striscianti discriminazioni. Insomma che si abbia finalmen-
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SOGNANDO PARITÀ
te un’organizzazione del lavoro e una società in cui sia stato
superato il pregiudizio nei confronti del sesso femminile.
Perché un sogno diventi realtà, vi sono tante strade da poter seguire, tutte diverse ma tutte un po’ nebulose. Non sappiamo mai quando abbiamo imboccato quella giusta, poiché
ogni sogno segue la sua strada per potersi realizzare. La mia
generazione ha creduto che il sogno della parità fosse a portata di mano, che avessimo trovato la strada giusta e che il treno
delle pari opportunità si sarebbe fermato alla stazione in cui
lo stavamo aspettando. Abbiamo aspettato con fiducia e con
speranza. Quel treno però non si è fermato, ha proseguito la
sua corsa ed è passato tanto velocemente che nessuna di noi è
riuscita a salirci sopra. Era il treno della parità, sì, ma quello
della parità politically correct, quello delle pari opportunità nei
discorsi di principio, quello delle parole senza effetti concreti
e tangibili. Era un treno necessario per creare le condizioni
sociali e culturali alla parità e alle pari opportunità, ma non
sufficiente a garantirne l’effettiva realizzazione.
La rivoluzione di genere nella società italiana, e non solo
italiana, non è ancora avvenuta, ma quel treno ha lasciato in
tutte noi tracce importanti e ineliminabili nei comportamenti
così come nelle speranze e nelle illusioni. Non siamo più innamorate di quel sogno di parità, ma oggi lo inseguiamo e lo cerchiamo con determinazione e con tenacia razionale, che non
hanno nulla a che vedere con la passione. E la mia sensazione
è che la strada giusta sia proprio questa e che per questo ce la
possiamo fare. Prima o poi.
Scriveva Virginia Woolf in Una stanza tutta per sé: «Fra
cento anni, d’altronde, pensavo giunta sulla soglia di casa, le
donne non saranno più il sesso protetto. Logicamente condivideranno tutte le attività e tutti gli sforzi che una volta erano
stati loro negati. La balia scaricherà il carbone. La fruttivendola guiderà la macchina. Ogni presupposto basato sui fatti
osservati quando le donne erano il sesso protetto sarà scom-
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NON C’È SOGNO SENZA SPERANZA
parso». Quello che sperava la Woolf si è effettivamente avverato, ma senza generare quel cambiamento indispensabile
nell’altro sesso e nella società che fa sì che la parità diventi un
fatto talmente naturale, talmente ovvio che non sia più necessario parlarne né definirne gli ambiti, gli strumenti, i diritti, i
doveri, i limiti e le deroghe.
Nei decenni scorsi è stato raggiunto un grande risultato: si
è passati dal principio dell’uguaglianza, che non teneva conto
della differenza tra i sessi, al principio della parità, che tiene
conto delle differenza nell’uguaglianza. La parità, però, è ancora oggi considerata un lusso che solo alcuni paesi si possono
permettere. Non appena vi sono segni di crisi economica, di incertezza politica o di necessità di riduzione delle spese, la prima
cosa a cui la politica rinuncia sono gli interventi per la parità e le
pari opportunità. Tanto si va avanti lo stesso e le donne possono
aspettare. Non a caso anche nell’attuale governo Monti, un governo nato in parte a seguito di una mobilitazione di forze femminili in grandi manifestazioni pubbliche di sdegno e rifiuto
dei comportamenti contro le donne del precedente governo, le
prime a cadere nel cono d’ombra della politica sono state le pari
opportunità con l’abolizione del Ministro a esse esplicitamente
preposto. L’Italia non se lo può più permettere.
Anche a livello europeo si è verificato un costante scivolamento delle tematiche relative alle donne verso temi più ampi,
in cui le pari opportunità di genere non sono più chiaramente
riconoscibili e identificabili. Non esiste più, ad esempio, presso il Direttorato Ricerca della Commissione Europea la sezione dedicata alle donne e la scienza, una sezione che ha dato
impulso a tante iniziative in questo settore anche nel nostro
paese. Piano piano le ricerche sul tema del genere e la scienza
sono state ricondotte al generico tema della cultura e dell’etica, facendo così perdere forza e incisività alla necessità delle
pari opportunità nella scienza a livello europeo.
È chiaro che quando si parla di parità tra i sessi non ci si
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SOGNANDO PARITÀ
può limitare a una sorta di improbabile contabilità sociale che
fissi il numero di uomini e donne in determinati ambiti e funzioni. La parità è uno strumento per produrre uguaglianza tra
i sessi e dunque il suo obiettivo è quello di realizzare la condivisione, la compresenza di uomini e donne in tutti i luoghi di
lavoro, di vita, di potere, di responsabilità e di decisioni. La
parità diventa perciò una realtà concreta attraverso gli aggettivi che la qualificano. Abbiamo la parità numerica, economica,
politica, sociale, domestica e così via. Tutti pezzi di uno stesso
mosaico che compongono il quadro della democrazia e della
giustizia sociale.
Ecco perché in questo libro tenterò di mettere insieme le
diverse tessere del mosaico parità, per vedere se sia veramente
possibile che il sogno si realizzi e soprattutto quando si potrà
realizzare. A novembre 2011 è stato presentato il sesto Report
sul Global Gender Gap relativo alla situazione delle donne e
della parità di genere nel mondo. Come era facile prevedere il
Nord Europa occupa la testa della classifica dei paesi con un
elevato livello di parità. Islanda, Norvegia, Finlandia e Svezia
si assicurano le prime quattro posizioni, mentre il fondo della
classifica vede il Mali, il Pakistan, il Ciad e ultimo lo Yemen.
Meno prevedibile il lento ma continuo arretramento del
nostro paese, che scivola anno dopo anno verso il fondo della
graduatoria. Il Report ha infatti dimostrato che l’86 per cento delle 135 nazioni analizzate ha fatto registrare negli ultimi
cinque anni un miglioramento della condizione della donna,
mentre il 14 per cento ha visto un suo peggioramento. L’Italia
tristemente fa parte di questa minoranza e occupa il 74° posto
in graduatoria, quando nel 2008 occupava il 67°.
Questa tendenza, tutta italiana, che fa della nostra nazione
l’ultima tra gli ultimi nella avanzata e progredita Europa, è un
trend vecchio di decenni, che, per essere invertito, deve essere prima arrestato. Quello che è veramente importante per
migliorare è riportare l’attenzione sia politica che sociale sulla
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