L`universo concentrazionario nazista

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L`universo concentrazionario nazista
L'universo concentrazionario nazista
Di Alessandra Chiappano
Cenni sulla storia dei campi1
Il 30 gennaio 1933 Adolf Hitler divenne cancelliere. Il suo era un governo di coalizione, ma ben
presto gli istituti democratici su cui si reggeva la Repubblica di Weimar furono distrutti e prese
avvio la dittatura hitleriana. In realtà, già dal 1930, i governi che si succedettero, rispettivamente
quelli del cattolico Heinrich Brüning, (1930-1932) dell’aristocratico cattolico Franz von Papen
(1932) e quello del generale Kurt von Schleicher (1932-1933) erano privi di una maggioranza
parlamentare e si ressero grazie all' articolo 48 della Costituzione di Weimar, che permetteva al
cancelliere di governare mediante decreti legge avvallati dal Presidente della Repubblica. Va
ricordato, in questo contesto, che von Papen il 20 luglio 1932 dichiarò decaduto il governo a guida
socialdemocratica della Prussia, uno dei Länder territorialmente più vasti, assumendo in prima
persona il ruolo di Commissario: si trattava di un autentico colpo di stato che tuttavia non incontrò
praticamente alcuna opposizione.
Nelle elezioni che si succedettero dal 1928 al novembre del 1932, la NSDAP2 registrò una serie di
successi: in quelle del 1930, ottenne 107 seggi, diventando il secondo partito tedesco dopo quello
socialdemocratico, nel luglio 1932 la NSDAP arrivò a 230 seggi: Hitler aveva ottenuto il 37, 4 dei
consensi, nelle elezioni che si tennero nel novembre 1932, per l’impossibilità di von Papen di
gestire una situazione politica sempre più incandescente, la NSDAP subì invece una lieve flessione.
In questa situazione anche grazie alle pressioni di una parte della finanza e dell’imprenditoria
1
Per una sintesi sulla storia dei campi di concentramento, Andrzei J. Kaminski, I campi di concentramento dal 1896 a
oggi.Storia funzioni, tipologia, Torino Bollati Boringhieri 1997 e Olga Wormser-Migot, Le systéme concentrationnaire
nazi (1933-1945), Presses Universitaires de France, Paris 1968, nonchè la sintesi di Enzo Collotti, Il sistema
concentrazionario nazista in L’Europa nazista. Il progetto di un nuovo ordine europeo, Giunti, Firenze 2002, pp. 303323.
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Nazionalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei.
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tedesca, l’ormai anziano presidente Hindenburg, dopo il fallimento del governo Schleicher affidò
l’incarico di formare un nuovo governo a Hitler.3
L'avvenimento che permise ai nazisti di avviare una politica repressiva nei confronti degli
oppositori e di eliminare la democrazia fu l'incendio del Reichstag, il parlamento tedesco, avvenuta
nella notte del 27 febbraio 1933; Hitler accusò i comunisti di aver ordito l’incendio, anche se
probabilmente fu soltanto opera di Marinus van der Lubbe, un comunista olandese e ne approfittò
per far votare una serie di leggi liberticide. Infatti subito, il 28 febbraio stesso, venne emanato un
decreto presidenziale per la difesa del popolo e dello stato: le limitazioni alla libertà personale erano
le basi per il consolidamento della dittatura. Il 5 marzo 1933 si tennero nuove elezioni e in un clima
di violenze e intimidazioni il partito nazista ottenne il 43,9% dei consensi: la NSDAP non riuscì ad
ottenere la maggioranza assoluta, ma si consolidò ulteriormente.
Il 22 marzo venne aperto il primo campo di concentramento a Dachau.
A tappe ravvicinate, il 23 e 24 marzo 1933, fu votata all’unanimità, con la sola opposizione dei
socialdemocratici e in assenza dei deputati comunisti che si trovavano o in carcere o erano alla
macchia, avvallata dal Zentrum, il partito cattolico che mirava in questo modo ad ottenere il
Concordato con il Vaticano (che effettivamente fu ratificato il 20 luglio 1933), la legge speciale che
garantiva a Hitler il potere assoluto, (Ermächtigungsgesetz4). Il 14 luglio 1933 si concluse il
processo di eliminazione del sistema democratico con il riconoscimento legale del solo partito
nazista.
Göring già dal 26 aprile 1933 provvide a nazificare la polizia segreta prussiana, che era stata
istituita in precedenza; questa divenne polizia segreta di Stato (Geheime Staatspolizei, Gestapo) nel
novembre del 1933.
A partire dal 1° aprile 1933 si ebbe la prima iniziativa antiebraica; si trattava del boicottaggio degli
esercizi ebraici: da allora fino alla fine del regime nazista gli ebrei divennero le vittime di un feroce
3
Cfr. E. Collotti, La Germania nazista, Einaudi, Torino 1962, pp. 61-81. vedi anche Ian Kershaw, Hitler. 1889-1936,
Bompiani, Milano 1999, pp. 548-630; Norbert Frei, Lo stato nazista, Laterza, Roma-Bari 2002.
4
Legge per i pieni poteri ufficialmente denominata Gesetz zur Behebung der Not von Volk und Staat del 24 marzo
1933, cfr. il sito: http://www.ns-archiv.de.
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sistema che dalla negazione dei diritti arrivò, attraverso una serie di tappe, di accelerazioni e di
sospensioni, fino all'ideazione dello sterminio di massa.
Nel 1933 i primi KL vennero creati per eliminare gli oppositori: in questa prima fase si trattava
soprattutto di esponenti e militanti comunisti, socialdemocratici o sindacalisti. Questi primi campi,
situati in edifici preesistenti abbandonati, erano posti, per lo più, sotto la giurisdizione delle SA
(Sturmabteilungen), squadre d'assalto, comandate da Ernst Röhm. Tuttavia i primi grandi campi
come quelli di Dachau e Oranienburg si distinsero immediatamente per le loro notevoli dimensioni
e fin dall'inizio furono controllati dalle SS.5
Gli arresti potevano essere compiuti grazie all'istituto della Schutzhaft, l'arresto di sicurezza, norma
già esistente nel codice prussiano, ora utilizzata per stroncare l'opposizione politica. Il 14 ottobre
1933 fu autorizzato l’istituto della detenzione preventiva.6 Grazie a questa norma la Gestapo potè
inviare nei campi tutte le persone non grate al regime.
Nel giugno del 1934 ci fu una resa dei conti all'interno del partito nazista: le SA e Röhm stesso
costituivano un intralcio nei rapporti fra Hitler e l’esercito: i vertici militari si dimostravano
perplessi di fronte alle pretese militari delle Squadre d’assalto. D’altro canto Hitler aveva bisogno
del sostegno dei generali, sia per portare avanti la sua politica di riarmo, sia per poter vincere nelle
elezioni presidenziali che si profilavano imminenti. Così dopo aver costruito a tavolino le prove di
un complotto da parte delle SA e di Röhm ci fu la resa dei conti: nella notte del 30 giugno 1934, a
5
Schutzstaffel, Squadre di sicurezza. Le SS (Schutzstaffeln) furono create nel 1923 come guardia del corpo di Hitler.
Himmler, divenuto comandante delle SS nel 1929 diede loro una struttura complessa creando le unità «generali»
(Allgemeine-SS) e le unità da combattimento (Waffen-SS). Le Waffen-SS erano vere e proprie unità armate che crebbero
gradatamente sino a raggiungere 35 divisioni. Prima delle Waffen-SS, nel 1938, Himmler creò le unità «Testa di
morto», (SS-Totenkopfverbände) il cui compito consisteva nella gestione dei campi di concentramento e sterminio.
All'inizio della guerra le «Teste di morto» erano quasi 24.000. Infine va ricordato il corpo Leibstandarte, che pure
faceva parte delle SS ed era la guardia personale di Hitler.
6
Cfr. Olga Worrmser-Migot, Le systéme concentrationnaire nazie, Presses Universitaire de France, Paris 1968, pp. 478.
La custodia preventiva viene prevista dalle leggi speciali emanate nel 1933 e rafforzata da un decreto del 14 ottobre
1933. La legge del 25 gennaio 1938 rafforza ancora la custodia preventiva e vi si precisa che l’ordine sulla detenzione
preventiva appartiene esclusivamente alla SIPO. In questa stessa legge si afferma che il detenuto in custodia preventiva
deve essere tradotto in campo di concentramento.
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Bad Wiessee, i capi delle SA e Röhm furono arrestati ed eliminati immediatamente o nei giorni
successivi; crebbe in questo contesto il potere di Heinrich Himmler7 e delle SS.
Egli, in questa fase alleato di Göring, riuscì a farsi nominare capo della polizia politica all'infuori di
quella della Prussia. In realtà Himmler, coadiuvato da Reinhard Heydrich, mirava ad accrescere
ulteriormente il suo potere, così come quello delle SS. Attraverso una serie di tappe, il 17 giugno
1936, concentrò nelle sue mani tutte le leve della polizia tedesca.8 Nel 1939 fu creato l'RSHA,9 il
cui capo supremo era Himmler, e la Sipo si fuse con lo SD (Sicherheitsdienst), il servizio di
sicurezza delle SS.
Il consolidamento del potere di Himmler ebbe notevoli ripercussioni anche all'interno
dell'organizzazione dei campi di concentramento. Infatti reparti speciali delle SS, i cosiddetti
Totenkopfverbände (Unità «Testa di morto»), esercitavano attività di sorveglianza nei campi.
Furono chiusi i primi KL e l'intero sistema venne riprogettato. Il campo di Dachau diventò in questo
senso un modello per tutti i campi e il sistema di Theodor Eicke fu esteso ai lager che man mano
vennero costruiti nel territorio del Reich. A Dachau venivano addestrate le SS che sorvegliavano i
campi; qui fu sperimentato un regolamento, che venne poi progressivamente esteso, che regolava
gli orari, le punizioni, l'applicazione della pena capitale.
Da un punto di vista meramente numerico i prigionieri politici rinchiusi nei KL diminuirono
considerevolmente: la battaglia contro l'opposizione politica poteva ritenersi conclusa.
Ma il nazismo si prefigurava di modificare la società tedesca: chiunque per motivi biologicorazziali non era considerato parte integrante della Volksgemeinschaft non era considerato un
cittadino tedesco a tutti gli effetti. Il progetto di purificare l'intera società portò alla persecuzione di
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Heinrich Himmler (1900-1945). Diplomato in agraria si avvicinò al partito nazista nel 1924. Nel 1929 fu nominato
capo delle SS. Dopo l'ascesa di Hitler al potere divenne comandante della polizia di Monaco e successivamente di tutta
la Baviera. Il suo potere aumentò dopo la notte dei lunghi coltelli. Nel 1936 alla carica di capo supremo delle SS
aggiunse quella di comandante della polizia unificata. Nel 1939 fu creato l' Ufficio centrale per la sicurezza del Reich
posto sotto il suo controllo. Il suo potere aumentò nel corso della guerra. Soltanto nelle ultime settimane la sua fedeltà
nei confronti di Hitler iniziò ad incrinarsi e Himmler prese contatti con gli Alleati. Quando Hitler lo venne a sapere lo
privò di tutti i poteri. Dopo la resa tedesca, mentre cercava di nascondersi, fu arrestato dagli inglesi il 21 maggio 1945.
Si suicidò con una capsula di cianuro il 23 maggio 1945.
8
Cfr. la voce Gestapo in Pierre Milza, Serge Berstein, Nicola Tranfaglia, Brunello Mantelli, Dizionario dei fascismi,
Bompiani, Milano, 2005², pp. 290-292.
9
Reichssicherheitshauptamt Ufficio centrale per la sicurezza del Reich, costituito nel settembre del 1939. Cfr. P.
Milza,S. Berstein, N. Tranfaglia, B. Mantelli, op. cit., pp. 625-626.
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una nutrita categoria di persone: gli ebrei, gli "asociali",10 gli zingari11, i vagabondi, i renitenti al
lavoro, i testimoni di Geova, gli omosessuali, i criminali comuni.12
Il 25 gennaio del 1938 fu emanato un nuovo decreto che rinforzava l’istituto della detenzione
preventiva, seguirono nuove ondate di arresti, rivolte a portare nei KL soprattutto tutte quelle
persone che vivevano ai margini della nuova società forgiata dal nazismo. In questo modo i detenuti
politici diventarono una minoranza. In teoria i detenuti potevano essere scarcerati una volta scontata
la loro pena e in effetti fino all'inizio della guerra molti politici, così come altre categorie di
prigionieri, poterono lasciare i campi. Con l'avvento della guerra le scarcerazioni furono
limitatissime:
la detenzione preventiva fu trasformata in pena sostitutiva dalla durata indefinita, applicabile a tutti coloro che la polizia
avrebbe considerato socialmente "marginali".13
Qualsiasi tentativo da parte della magistratura di sottrarre i prigionieri dei KL alla giurisdizione
delle SS fallì: non mancarono tensioni fra il Ministro degli Interni Frick, quello della Giustizia
Gürtner e Himmler, ma in realtà quest’ultimo riuscì ad impedire che la magistratura potesse
interferire nella gestione dei campi14.
Gli anni che vanno dal 1936 al 1939 furono estremamente importanti: in questa fase vennero creati
nuovi grandi campi: Buchenwald nel 1937, Sachsenhausen nel 1936, Flossenbürg nel 1938,
Mauthausen in Austria nel 1938 e Ravensbrück, destinato alle donne nel 1939. In questi anni iniziò
dunque a configurasi la geografia dei principali KL nazisti, situati nel territorio del Reich. Essi sono
stati costruiti tenendo presente un principio geografico e territoriale.
10
La prima grande azione contro gli asociali si ebbe per ordine di Himmler nel giugno del 1938.
Cfr. il saggio di Michael Zimmermann, La persecuzione nazista degli zingari, in AA. VV., Storia della shoah, vol.
II, La distruzione degli ebrei, UTET, Torino 2005, pp. 352-379.
12
Cfr. Cornelia Essner, La Volgemeinschaft e l'esclusione dei diversi in AA. VV. Storia della shoah, vol II, La
distruzione degli ebrei, Torino UTET 2005, pp. 282-327.
13
Cfr. Wolfang Sofsky, L'ordine del terrore, Laterza, Roma-Bari 1993, p. 52.
14
Cfr. Ian Kershaw, Hitler 1899-1936, Bompiani, Milano 1999, p. 813.
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5
Nel 1938 le SS cercarono di dar vita al loro impero economico e per la manodopera si servirono dei
prigionieri rinchiusi nei campi: se nei campi il lavoro era sempre stato utilizzato come mezzo di
rieducazione e di punizione, a partire da questo momento diventò finalizzato alla costruzione di un
consistente numero di imprese, di cui le SS erano direttamente proprietarie. In particolare vanno
ricordati due colossi: la DEST15, fondata nel 1938, che gestiva le cave e la produzione di materiali
da costruzione, e la DAW16, fondata nel 1939, che comprendeva imprese specializzate nella
lavorazione del legno e del ferro. Infine va ricordata anche la Texled, presente soprattutto a
Ravensbrück, dove si producevano prodotti tessili. Tuttavia tutti questi cartelli industriali non
poterono mai competere fino in fondo con le industrie private e si può parlare di sfruttamento totale
della manodopera concentrazionaria soltanto a partire dal 1942.
Dopo il pogrom noto come la notte dei cristalli, il 9-10 novembre 1938 furono rinchiusi nei lager
circa 20.000 ebrei. Non si trattava ancora di una eliminazione pianificata: essi, dopo essere stati
maltrattati e terrorizzati, se, dopo aver lasciato praticamente tutti i loro beni al Reich, accettavano di
emigrare, venivano rilasciati. Infatti fino al 1941 la politica antiebraica nazista era volta soprattutto
verso l'emigrazione coatta della popolazione ebraica dal Reich. Diversa sarà invece la situazione in
Polonia: immediatamente furono scatenate eliminazioni "selvagge" e ben presto la popolazione
ebraica venne rinchiusa nei ghetti,17 tuttavia l'idea predominante era ancora quella dell'emigrazione
verso territori lontani: il Madagascar e infine un indefinito Est, a conclusione della conquista
dell’Unione Sovietica.
Allo scoppio della guerra la popolazione dei Lager era complessivamente di circa 24.000
prigionieri, ma essa aumentò subito con l'ingresso nei campi dei prigionieri provenienti dalla
Polonia e in seguito dall'Unione Sovietica.18
15
Deutsche Erd- und Steinwerke GmbH.
Deutsche Ausrüstungswerke.
17
Per una ampia ricostruzione sui ghetti si veda Gustavo Corni, I ghetti di Hitler. Voci da una società sotto assedio
1939-1944, il Mulino, Bologna 2001.
18
Si ricordi che i prigionieri sovietici furono oggetto di una politica di eliminazione sistematica: erano infatti
doppiamente colpevoli agli occhi dei nazisti: appartenevano alla "razza" slava ed erano bolscevichi. Si calcola che siano
morti, soprattutto nei campi amministrati dalla Wehrmacht, circa tre milioni di prigionieri di guerra sovietici. Cfr.
Gerhard Schreiber, Prigionieri di guerra e sterminio in AA. VV., Lager, totalitarismo, modernità, Bruno Mondadori,
Milano 2002, pp. 146-156.
16
6
Con la guerra i campi subirono altre profonde trasformazioni: innanzi tutto la popolazione dei KL
andò sempre più internazionalizzandosi: i primi stranieri a entrare nei lager furono i polacchi, poi i
sovietici, gli spagnoli19, i francesi, gli olandesi, nel 1943 gli italiani, nel 1944 gli ungheresi. Si
trattava di resistenti, oppositori politici, ma anche di cittadini rastrellati un po’ ovunque in Europa e
costretti a lavorare come schiavi nelle industrie tedesche. Sorsero nuovi grandi campi in Polonia, tra
cui Auschwitz nel 1940 e Gross- Rosen, nell'Alta Slesia, e Natzweiler in Alsazia.
La guerra di Hitler fu una guerra di rapina e di distruzione, 20 l’occupazione nazista tuttavia non fu
identica in tutti i territori: mentre a Ovest fu riconosciuta una parvenza di autonomia agli stati
occupati, a Est, sia in Polonia che in Unione Sovietica, si trattò di una guerra di sterminio che
prevedeva la distruzione di milioni di persone: il nuovo ordine europeo che Hitler vagheggiava
prevedeva il trasferimento delle razze inferiori sempre più a Est, mentre coloro che erano
considerati tedeschi di stirpe dovevano essere ricondotti nel Reich. Per attuare questi propositi
nell’inverno del 1940-1941 scienziati e demografi studiarono i piani per il trasferimento - e la
probabile morte - di milioni di polacchi e di ebrei.21
Per quel che concerne gli stati occidentali sottoposti a occupazione essi subirono ondate di
rastrellamenti che riguardavano soprattutto sabotatori e partigiani. In questo ambito va ricordata
l'azione Notte e Nebbia firmata da Keitel il 7 dicembre 1941 che prevedeva l'arresto e la
deportazione in Germania di tutti gli individui sospetti. Furono colpiti da questo dispositivo
moltissimi prigionieri francesi e olandesi e in ultimo anche gli italiani arrestati e inviati nei campi a
partire dall'autunno del 1943. Nei campi erano contrassegnati da un segno speciale e non potevano
ricevere pacchi né spedire o ricevere corrispondenza.
Con la guerra si accentuò, fino a arrivare allo sterminio fisico, la persecuzione degli ebrei. La strada
per arrivare a Auschwitz e alle camere a gas fu tortuosa: dapprima furono creati in tutta l’Europa
19
Si trattava di coloro che avevano combattuto contro Franco nella guerra civile spagnola e che si erano in seguito alla
sconfitta rifugiati in Francia. Qui furono internati e successivamente deportati nei KL dai nazisti.
20
Cfr. il Kommissarbefehl firmato da Keitel del 16 giugno 1941 in cui si ordinava l’eliminazione di tutti i commissari
politici, il 17 luglio tale ordine fu esteso ai funzionari del partito comunista sovietico e agli ebrei sovietici. Cfr. Enzo
Collotti, La Germani nazista, Einaudi, Torino 1962, p. 242.
21
Cfr. gli studi di Götz Aly e Susanne Heim Architets of Annihilation, Princeton University Press Princeton 2002 e
Götz Aly, Final Solution, Arnold, London 1999.
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orientale i ghetti, in cui furono concentrati in condizioni spaventose gli ebrei, poi a partire
dall’agosto del 1941 in Unione Sovietica le Einsatzgruppen,22 che seguivano nelle retrovie
l'avanzata dell'esercito tedesco, iniziarono i massacri indiscriminati di donne, uomini, bambini. Lo
scenario dei massacri era molto simile: uomini, donne, vecchi e bambini venivano fatti uscire dalle
loro case e giunti in luoghi defilati rispetto ai villaggi o alle città venivano costretti a scavare enormi
fosse comuni e qui uccisi mediante fucilazione. Si calcola che siano stati eliminati in questo modo
circa un milione e mezzo di ebrei.23
Molto probabilmente nell’autunno del 1941 fu presa le decisione di eliminare fisicamente tutta la
popolazione ebraica24: tra la fine del 1941 e la primavera del 1942 entrarono in funzione i campi
della morte: a Chelmno gli ebrei venivano uccisi immediatamente utilizzando i Gaswagen, nei
campi di Sobibór, Treblinka, Belzeč gli ebrei, soprattutto quelli del Governatorato Generale, furono
gassati immediatamente dopo il loro arrivo; venivano mantenuti in vita solo i pochissimi che
servivano al funzionamento dei campi. Tali campi, denominati campi dell'Aktion Reinhard non
dipendevano dall'Ispettorato generale dei campi, ma dalla centrale delle SS che aveva sede a
Lublino e era posta sotto la giurisdizione di Odilo Globocnik. Il numero delle vittime fu
impressionante: per il solo campo di Treblinka la cifra oscilla fra 700.000 e 900.000 morti.25
Il luogo deputato per lo sterminio degli ebrei occidentali fu l’immenso lager di AuschwitzBirkenau: nato come sottocampo di Auschwitz, diventò uno dei campi di sterminio più grandi; qui
furono installati i grandi complessi della messa a morte: i crematori e le camere a gas capaci di
contenere migliaia di vittime. Ma Auschwitz, non fu solo un campo di sterminio, fu anche un
campo di lavoro. A Auschwitz III o Monowitz lavoravano per la IG Farben circa diecimila
prigionieri. Più complessa è la storia del campo di Majdanek, presso Lublino: sicuramente fu un
campo di lavoro dove a più riprese vennero effettuate uccisioni di massa mediante fucilazione e
22
Sugli Einsatzgruppen si veda il capitolo su Auschwitz.
Cfr. Richard Rhodes, Gli specialisti della morte, Mondadori, Milano 2005.
24
Il dibattito sulla questione del processo decisionale che portò alla “soluzione finale” è molto ampio. Fra i molti studi
su questo si segnalano: Peter Longerich, The unwritten order, Tempus, Stroud, 2005²; Ian Kershaw, Il ruolo di Hitler
nell’Olocausto in AA.VV. Storia della Shoah,, La distruzione degli ebrei, vol. II, UTET, Torino 2005, pp. 75-105.
25
Si veda il saggio di Brunello Mantelli, I campi di sterminio in AA VV, Storia della Shoah, UTET, Torino 2005, vol.
II, pp. 537- 559.
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anche utilizzando le strutture di messa a morte con il gas, che non avevano tuttavia le dimensioni di
quelle in uso negli altri campi di sterminio.
A partire dal 1942, quando la guerra lampo non fu più una realtà concreta, i nazisti cominciarono a
avere bisogno di manodopera per far funzionare le loro industrie, in particolare quelle belliche. Si
decise allora di fare ricorso in modo sempre più massiccio ai deportati. In realtà la situazione era
complessa: il 1° febbraio 1942 venne creato l'Ufficio centrale per le questioni economiche e
amministrative delle SS (WVHA) da cui, con decreto di Himmler, dipendeva anche l'Ispettorato dei
KL; per esattezza dei campi si occupava l'ufficio D; il WVHA (Wirtschafts-undVerwaltungshauptamt) era posto sotto la direzione di Oswald Pohl. Himmler cercò di fare in modo
che le SS potessero costruirsi un loro impero di industrie pesanti, ma questa opzione si scontrò con
la linea adottata da Albert Speer, il potente Ministro degli Armamenti, che in questo era sostenuto
sia dagli industriali privati che dalla Wehrmacht stessa, le loro argomentazioni convinsero Hitler
stesso. Si arrivò quindi alla logica dell'affitto della manodopera alle industrie. E' in questa chiave
che va considerata la circolare, emanata da Oswald Pohl il 30 aprile 1942, in cui si invitavano i
comandanti dei lager a sfruttare i prigionieri come forza lavoro alle dipendenze dei direttori di
fabbrica. Il lavoro doveva essere produttivo e in ragione di questo dovevano essere ridotti i tempi
per gli appelli, i pasti ecc.26
Le SS dunque affittavano alle grandi industrie tedesche manodopera schiava; l'affitto di questa
forza lavoro era di 6 marchi al giorno per i lavoratori specializzati e di 4 per i manovali. Questo
fatto ebbe una rilevanza enorme per la struttura dei campi: fu a partire dalla fine del 1942 e ancor
più negli anni che seguirono che sorse un numero impressionante di sottocampi:27 essi dipendevano
dal campo madre, ma potevano anche essere ubicati a centinaia di chilometri, ovunque vi fosse
26
Cfr. AA. VV, La circolare Pohl, Consiglio Regionale del Piemonte-ANED-Franco Angeli, Milano 1991, pp. 51-52.
Gudrun Schwarz nel 1990 ha recensito 22 campi principali e 1202 sottocampi o comandi esterni. Cfr. Gudrun
Schwarz, Die nationalsozialistischen Lager, Campus, Frankfurt am Main-New York 1990. Si tenga conto che accanto
ai KL e ai campi di sterminio c'erano campi per la manodopera coatta, campi di educazione al lavoro, campi per
prigionieri di guerra, campi di smistamento e infine circa 900 campi di lavoro per ebrei collocati nei territori dell'Est.
Cfr. anche Karin Orth, Das System der nationalsozialistischen Konzentrationslager. Eine politische
Organisationsgeschichte, Hamburger Edition, Hamburg 1999 e K. Orth, Die Konzentrationslager-SS. Sozialstrukturelle
Analysen und biographische Studien, Wallstein, Göttingen 2000.
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9
necessità di manodopera, le industrie facevano richiesta all’ispettorato dei KL che aveva sede a
Oranienburg, nei pressi di Berlino, e se la richiesta era accettata venivano inviati i prigionieri. In
altri casi venivano collocati dei veri e propri campi all’interno dei Lager. Naturalmente quando i
prigionieri arrivavano allo stremo delle loro forze venivano eliminati nei modi più svariati e
sostituiti con manodopera fresca:
E' ovvio che interesse precipuo delle SS diventava, a questo punto, l'incremento del numero dei deportati in KL: lungi
dal migliorare le loro condizioni di vita per aumentarne la produttività e ridurne il tasso di mortalità, il WVHA sceglie
di puntare sullo sfruttamento quantitativo: è così che si spiega l'incredibile proliferare di campi, sottocampi,
Kommandos di lavoro e con la crescita esponenziale della popolazione concentrazionaria dai 60.000 in media del 1941
si passa ai 123.000 nel gennaio 1943, che raddoppieranno nell'agosto (224.000), si quintuplicheranno dopo un altro
anno (524.000 nell'agosto del 1944) per toccare il tetto nel gennaio 1945 (750.000).28
Il tasso di mortalità aumentò considerevolmente nonostante i palliativi introdotti dalle SS; a
esempio la possibilità di ricevere pacchi da casa (ma ebrei, sovietici e italiani così come i prigionieri
contrassegnati "Notte e nebbia" furono esclusi da questo provvedimento) e a partire dal 1943 il
bonus di produttività che poteva essere utilizzato per comprare qualcosa nello spaccio del campo.
Nel 1944 questo sistema raggiunse l’apice: nel tentativo di rovesciare le sorti di una guerra ormai
persa, Hitler fece collocare all’interno di gallerie scavate dai prigionieri nei fianchi delle montagne
dello Harz meridionale le fabbriche che dovevano produrre le armi segrete, denominate V1 e V2.
Questa fino alla fine della guerra fu forse la fase peggiore dell’esistenza dei KL. Mentre il sistema
nazista collassava e le armate alleate si avvicinavano ai confini del Reich millenario, i prigionieri in
condizioni di vita sempre peggiori erano costretti a lavorare senza sosta: la mortalità cresceva per il
sovraffollamento, le epidemie, le razioni di cibo sempre più scarse.
A partire dalla fine del 1944 i nazisti iniziarono a evacuare i campi posti più a Est, ebbero così
inizio le micidiali marce della morte29 che provocarono migliaia di vittime. Tuttavia i nazisti non si
28
29
Cfr. Brunello Mantelli, La circolare Pohl in AA. VV., op cit., p. 44.
Vedi la voce nel Glossario.
10
arresero: fino alla fine continuarono a spingere per le strade di una Germania ormai ridotta in
macerie i deportati, nel tentativo di sottrarli alle truppe sovietiche o angloamericane che
avanzavano. Fino all’ultimo continuarono a infierire soprattutto sugli ebrei: i pochi scampati allo
sterminio sistematico posto in essere a Est furono fino all’ultimo le vittime designate delle angherie
delle SS, rese ancor più fanatiche nell’imminenza della fine del loro potere.
Non è possibile stabilire con certezza, perché mancano fonti precise in merito, se ci sia stato o meno
un ordine di Himmler che ordinava l’uccisione di tutti i prigionieri dei KL perché non cadessero
nelle mani degli alleati, tuttavia è certo che durante gli ultimi giorni non mancarono stragi di
prigionieri, uccisioni, gassazioni, eliminazioni di prigionieri ritenuti portatori di segreti.
La struttura dei KL e il tempo nei Lager
L'analisi delle mappe dei campi nazisti permette di comprendere che furono costruiti tenendo
presente una struttura particolare: quasi sempre la pianta del campo era rettangolare (fa eccezione
Sachsenhausen) e a differenza delle normali case di pena i campi erano costruiti da baracche in
legno o muratura. Al centro del lager c'era la piazza per l'appello. Oltre alle baracche abitative
c'erano altri edifici di servizio e infine la sede del comando del Lager. Tutto intorno c'erano
recinzioni di filo spinato, sovente attraversate dalla corrente elettrica. Al di fuori dello spazio del
campo per i prigionieri sorgevano le caserme delle SS e ancora più distanti le case degli ufficiali e
del comandante: si trattava solitamente di abitazioni comode e spaziose.
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Per converso le strutture abitative destinate ai prigionieri erano disagiate e costringevano i
prigionieri a coabitare in molti in uno spazio fisico angusto.
Il lager era diviso anche in zone lavorative. Ogni spazio era diviso: la suddivisione in zone serviva a
separare i prigionieri dalle SS e le varie categorie di prigionieri.
Il reticolato che circondava i lager aveva un funzione simbolica: segnava il confine tra il mondo
esterno e il lager; aveva la stessa valenza simbolica la porta d'ingresso, su cui spesso si potevano
leggere iscrizioni come "Il lavoro rende liberi" oppure "A ciascuno il suo". Varcare la soglia del
lager significava per il prigioniero abbandonare la vita precedente, e attraverso una serie di azioni
simili a un rito di passaggio, egli entrava a far parte della popolazione senza nome del campo.
Infatti, come nei riti di passaggio, l'iniziando prima viene separato dal gruppo; poi dopo il
superamento di una serie di prove, viene accettato come parte integrante di un nuovo gruppo, il
prigioniero, appena entrato nel campo, dopo un viaggio spesso massacrante e disumano, veniva
sottoposto a una serie di operazioni brutali e umilianti che avevano lo scopo di fiaccare
immediatamente il suo spirito e di ridurlo al rango di un essere inferiore, privo di dignità. Infatti in
tutti i campi la procedura di arrivo era identica: i prigionieri dovevano spogliarsi completamente,
abbandonare i loro vestiti e tutto quello che avevano con sé. Quindi completamente nudi venivano
rasati completamente, sottoposti alla doccia che era sempre o caldissima o freddissima, infine
ricevevano la divisa dei prigionieri e in questo modo entravano a far parte della popolazione del
campo. Questa procedura era spesso accompagnata da bastonate e violenze che servivano a
disorientare ancora di più il prigioniero. L'ultima fase del processo di iniziazione consisteva nella
registrazione del prigioniero che perdeva la sua identità e il suo nome per diventare un numero:
esso testimoniava la trasformazione dell'individuo in uomo massa, la metamorfosi della società degli individui nella
società seriale dei senza-nome.30
30
Wolfgang Sofsky, L'ordine del terrore, Laterza, Roma-Bari 1993, p. 126.
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Dopo la registrazione il prigioniero veniva assegnato a una baracca. Ma dopo l'inizio della guerra i
nuovi arrivati venivano isolati dal resto del campo per la paura delle epidemie. Il periodo di
quarantena durava in genere tre settimane. I prigionieri avevano pochissimo tempo per abituarsi alla
vita del Lager: se volevano sopravvivere dovevano capire in fretta le regole base per la
sopravvivenza. Le baracche offrivano al detenuto uno spazio minimo e soprattutto nella fase finale
i prigionieri erano costretti a dormire in uno stesso pagliericcio in due o anche in tre. Solo i
Prominenten potevano avere una cuccetta tutta per loro e godere di una certa privacy. Una tale
mancanza di spazio generava spesso lotte e liti furibonde. All'inizio, a norma di regolamento, nelle
baracche, come nel campo stesso, dovevano regnare ordine e pulizia, ma col tempo queste
disposizioni persero significato.
La vita quotidiana nei lager seguiva uno schema fisso: la sveglia era alle 4 o alle 4.30 del mattino
(d'inverno un'ora più tardi). In tutta fretta bisognava rifare i letti, vestirsi, fare colazione. Poi seguiva
il rito dell'appello, che poteva durare anche due ore, con ogni tempo. Dopo l'appello venivano
costituite le squadre di lavoro: alcune lavoravano all'interno del campo, altre all'esterno. A
mezzogiorno c'era una breve pausa, la giornata lavorativa si concludeva alle 17 o alle 18. Una volta
ritornati nel campo c'era l'appello serale, la consumazione del pasto e infine alle 21 veniva imposto
il silenzio. La domenica pomeriggio di norma non si lavorava e i prigionieri potevano riposarsi un
poco e dedicarsi a varie occupazioni: cucire i vestiti, scrivere (a quelli a cui era permesso), andare a
trovare compagni che alloggiavano in blocchi diversi.
Per i prigionieri era pericoloso da un punto di vista psicologico sia pensare al passato, alla famiglia,
alla vita antecedente al Lager, sia al futuro che, in tali condizioni, appariva impossibile. Così
l'unico rimedio era vivere in un continuo presente cercando di adattarsi a una vita che era segnata da
una unica regola: quella della mera sopravvivenza. Avevano più possibilità di reagire coloro che
trovavano qualche ancoraggio nella religione o nella fede politica; l'appartenenza politica poteva
poi creare forme di solidarietà tra prigionieri, importantissime per cercare di superare il trauma
causato dal Lager.
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L'amministrazione del lager e la classificazione dei prigionieri
All'interno di ogni lager c'erano cinque sezioni: il comando centrale, la sezione politica che non
dipendeva dal comando, ma direttamente dall'RSHA, ed era l'unico ufficio che poteva disporre dei
prigionieri, la sezione III cui spettava il funzionamento del lager e la giurisdizione sull'uso della
manodopera. Da questo ufficio dipendeva l'organizzazione delle squadre di lavoro dei prigionieri.
La sezione IV custodiva i beni dei detenuti e si curava di provvedere al rifornimento di cibo e di
vestiario. La quinta sezione si occupava delle questioni sanitarie: da essa dipendevano i medici gli
infermieri e i blocchi ospedalieri. Ciascuna di queste cinque sezioni godeva di una certa autonomia
e da qui i conflitti e le rivalità che spesso sorgevano all'interno dei lager.
All'interno della popolazione del lager erano presenti essenzialmente due classi: quella dei
cosiddetti prominenti, che a loro volta costituivano una complessa gerarchia, e quella della massa
dei prigionieri che lottavano ogni giorno per sopravvivere.
L'appartenenza alla classe nobile del campo dipendeva anche dalla classificazione di ciascun
prigioniero. Infatti fin dal 1936 le SS introdussero i triangoli che distinguevano le varie categorie di
prigionieri: verde per i criminali, nero per gli "asociali", grigio e poi nero per gli zingari, rosso per i
politici, giallo per gli ebrei. I detenuti stranieri portavano cucita all'interno del triangolo la lettera
iniziale della loro nazione: P per i polacchi, I per gli italiani e così via. I prigionieri arrestati in virtù
del decreto “Notte e nebbia” portavano una croce sulla schiena affiancata a destra e a sinistra dalla
sigla NN. Questo sistema permetteva di riconoscere immediatamente il prigioniero che si aveva di
fronte, ma serviva anche a dividere i prigionieri fra di loro, secondo il modello del divide et impera.
Naturalmente queste classificazioni riprendevano la logica razziale che era uno dei princìpi
essenziali della visione della vita del nazismo: gli ebrei, gli zingari, gli slavi erano considerati esseri
inferiori, i cittadini danesi e norvegesi erano considerati più ariani dei francesi e degli spagnoli. Tra
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i politici un gradino molto basso era quello riservato agli italiani. I detenuti tedeschi per quanto
considerati pericolosi o per la loro appartenenza politica o religiosa o per il fatto di essere asociali
erano comunque più vicini al centro del potere delle altre categorie. Tra i prigionieri tedeschi erano
particolarmente vessati gli omosessuali.
Questo sistema non era rigido, poteva cambiare, senza però che venissero intaccate le sue regole
fondamentali. A esempio gli spagnoli a Mauthausen all'inizio furono sottoposti a un trattamento
particolarmente duro, tuttavia a partire dal 1943, quelli di loro che sopravvissero, ottennero anche
posti di rilievo nella gerarchia del campo. I cambiamenti erano anche dovuti al fatto che la
popolazione dei lager cambiava moltissimo a seconda dell'arrivo di nuovi prigionieri: gli italiani che
entrarono nei KL alla fine del 1943 erano molto malvisti e non poterono ambire a nessun posto di
rilievo perché questi erano già tutti occupati da prigionieri arrivati in precedenza. La rigida
divisione in classi e in categorie faceva sì che anche all'interno dei lager si mantenessero intatte le
rivalità nazionali così come i pregiudizi, soprattutto nei confronti degli ebrei. Così spesso i
prigionieri finivano per scagliarsi contro altri prigionieri senza capire che i veri responsabili dello
loro terribile situazione erano i nazisti.
Ovviamente l'appartenere a una determinata categoria era importante anche per l'assegnazione alle
diverse squadre di lavoro, il ricoprire una carica, anche bassa all'interno della gerarchia del Lager,
poteva significare un cambiamento di status notevolissimo. Ovviamente quanto più un prigioniero
godeva di una posizione di rilievo nella gerarchia del campo tanto più era circondato da altri
prigionieri che si ponevano al suo servizio per poter godere della sua protezione. Infatti i notabili
del campo potevano disporre di cibo, di un letto singolo, di un armadio, di vestiti adeguati. Coloro
che vivevano nell'orbita di costoro potevano accedere, anche se in misura inferiore, al suo benessere
e in virtù di questo potevano sperare di sopravvivere. Facevano parte della gerarchia del campo tutti
i prigionieri che, per il lavoro che svolgevano, potevano avere accesso alle cucine o ai magazzini
dove venivano ammassati i beni dei prigionieri. In questo modo potevano introdurre nel campo quei
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beni che potevano essere scambiati con razioni di pane: nei lager infatti vigeva l'arte del baratto e
dello scambio.
Ai vertici della società concentrazionaria c'erano i criminali comuni e i politici: fra questi gruppi
infuriavano vere e proprie lotte per la conquista del potere, al di sotto si collocavano i testimoni di
Geova, i prigionieri nord europei, gli spagnoli (dal 1943) i belgi, gli olandesi e i polacchi. Sotto
ancora c'erano i francesi e gli italiani e infine tra le categorie più basse c'erano i prigionieri di guerra
sovietici, gli zingari, i civili russi, gli omosessuali e gli ebrei.
All'interno del campo le SS entravano raramente, gestivano il potere attraverso un meccanismo di
delega: affidavano ad alcuni prigionieri il potere sugli altri. In questo modo si creava una élite che
esercitava un potere pressoché assoluto su una massa di prigionieri inermi. I prigionieri a cui
venivano affidati posti di comando erano tenuti all'obbedienza assoluta nei confronti delle SS e
spesso agivano imitando i loro padroni; altre volte invece cercavano di aiutare i propri amici e
compagni.
Al vertice della complessa gerarchia di autogoverno del lager c'erano gli "anziani" del lager
nominati dalle SS a cui rispondevano. Poi c'erano i responsabili dei vari blocchi: gli anziani del
lager nominavano un capo baracca per ogni blocco. A loro volta i capi baracca nominavano dei loro
assistenti: insomma c'era una notevole varietà di prigionieri che disponeva di un certo potere sugli
altri. Analoga era la struttura delle squadre di lavoro: al vertice c'erano i capisquadra che erano
sottoposti alle SS. Le squadre di lavoro di notevoli dimensioni avevano un capo superiore e
numerosi sottocapi. Rivestivano una notevole importanza anche i prigionieri che lavoravano negli
uffici; essi prestavano servizio sia negli uffici della fureria sia in quelli della statistica del lavoro.
Questa struttura che si reggeva sull'autogoverno dei prigionieri si mantenne sostanzialmente intatta
fino alla fine:
è difficile immaginare un potere più grande di quello che riesce a fare delle proprie vittime i carnefici di se stesse.31
31
Wolfgang Sofsky, op. cit., p. 216.
16
Punizioni e morte
Come si è detto, nei lager era in vigore un regolamento, composto nel 1933 da Eicke e poi
progressivamente esteso a tutti i campi. In realtà le punizioni erano del tutto arbitrarie e servivano
solo a mantenere il terrore fra i detenuti. Inoltre spesso venivano emanate norme contraddittorie,
oppure venivano fatte richieste impossibili, al solo scopo di poter esercitare un potere vessatorio nei
confronti dei prigionieri. Essi, se volevano sopravvivere, dovevano cercare di rendersi il più
possibile invisibili. Le punizioni venivano spesso eseguite sul posto ed erano sorveglianti o i Kapos
a infliggerle, ossia erano prigionieri che infierivano su altri prigionieri. Per le punizioni corporali
ufficiali c'era bisogno invece dell'autorizzazione dell'Ispettorato dei campi per gli uomini e di
Himmler stesso per le donne. La punizione più diffusa consisteva nel somministrare al prigioniero,
sdraiato su un cavalletto e denudato, 25, 50 o 75 colpi. Il prigioniero doveva contare i colpi. Molto
spesso la violenza dei colpi era tale che il detenuto non sopravviveva. Tali punizioni venivano di
solito eseguite durante l'appello della sera e tutti i prigionieri dovevano presenziare.
La pena capitale, che di solito consisteva nell'impiccagione, era riservata a chi era accusato di aver
compiuto atti di sabotaggio, di resistenza o per aver tentato la fuga. C'erano poi infinite varianti di
torture utilizzate sia dalle sezioni politiche, soprattutto per smascherare i nuclei di resistenza che si
vennero costituendo all'interno dei campi, sia da singoli sorveglianti o uomini delle SS,
particolarmente sadici.
Infine alcune categorie di detenuti venivano sistematicamente sottoposte a una violenza maggiore: i
sovietici, gli ebrei, gli omosessuali.
Praticamente in ogni Lager c'erano luoghi deputati alle uccisioni: si trattava sia di persone arrestate
che la Gestapo faceva eliminare all'interno dei KL sia di prigionieri del campo destinati alla morte.
L'esistenza di un crematorio, presente quasi ovunque, non significa necessariamente che il campo
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fosse dotato di una struttura di messa a morte mediante gas venefico. Infatti i forni crematori
vennero costruiti in quasi tutti i campi per smaltire l'alto numero di cadaveri. Le camere a gas
furono attive e operanti in tutti i campi dell'Aktion Reinhard, a Auschwitz-Birkenau, e in tali campi
lo sterminio assunse una dimensione industriale: erano stati pensati e progettati per questo scopo; a
Mauthausen, a Gusen, a Ravensbrück, Natzwailer, Stutthof, Sachsenhausen, Neuengamme furono
installate delle camere gas, ma la loro dimensione fa escludere che siano state utilizzate per
compiere stermini di massa, anche se furono usate soprattutto nelle fasi finali della guerra. A
Dachau furono costruite, ma non furono utilizzate.
Infatti in questi campi, generalmente, i prigionieri indesiderabili erano inviati nei centri per
l’eutanasia sparsi nel Reich: fin dal 1941 i prigionieri dei lager considerati inabili e indesiderati
vennero eliminati facendo ricorso all'azione 14f13: essi, dopo una sommaria visita medica,
venivano inviati verso tali strutture e eliminati nelle camere a gas. A intervalli regolari nei campi
avvenivano delle selezioni che avevano il compito di eliminare le bocche inutili.
Gli italiani nel sistema concentrazionario nazista
Gli italiani entrarono relativamente tardi nei campi, tuttavia a partire dal luglio 1943 fino alla
Liberazione più di ottocentomila32 si trovarono a essere rinchiusi nelle strutture del Terzo Reich.
Occorre però fare subito dei distinguo: solo circa quarantamila di essi entrarono nei KL o nei campi
di sterminio. Infatti occorre ricordare che c’erano in Germania migliaia di lavoratori che avevano
accettato, attratti dalle condizioni economiche migliori, di andare a lavorare in Germania.33 Il 27
32
Cfr. Brunello Mantelli, Deportazione dall’Italia, in Enzo Collotti, Frediano Sessi, Romano Sandri (a cura di)
Dizionario della Resistenza, vol. I, Storia e geografia della Liberazione, Einaudi, Torino 2000, pp. 124-140.
33
Sulle vicende dei lavoratori italiani n Germania si veda il volume di Brunello Mantelli, “Camerati del lavoro”. I
lavoratori italiani emigrati nel Terzo Reich nel periodo dell'Asse 1938-1943, La Nuova Italia, Firenze 1992 e il lavoro
di Cesare Bermani, Al lavoro nella Germania di Hitler, Bollati Boringhieri, Torino 1998.
18
luglio 1943 Himmler con un decreto li bloccò nel territorio del Reich, trasformandoli in lavoratori
coatti. A questi si aggiunsero altri centomila lavoratori rastrellati dai tedeschi o dalla Repubblica di
Salò. Essi vennero portati in Germania come lavoratori coatti e alloggiati negli Arbeitslager, gestiti
dalle industrie che li utilizzavano oppure dagli Uffici del Lavoro. Sebbene essi, dopo l’8 settembre,
siano stati vittime di soprusi e di angherie e abbiano sofferto molte privazioni, la loro sorte non è
affatto paragonabile a quella di coloro che entrarono nel circuito dei KL o nei campi di sterminio
direttamente dipendenti dalle SS.
Bisogna poi ricordare i seicentocinquantamila Internati Militari Italiani34: soldati e ufficiali italiani
che furono catturati dalla Wehrmacht nel momento in cui fu reso noto l’armistizio e l’esercito
italiano, privo di ordini, era allo sbando. Grazie alla formula di IMI i tedeschi li sottrassero alla
Convenzione di Ginevra. Fino all’agosto 1944 gli IMI furono rinchiusi in campi di prigionia
militare, gli ufficiali negli Oflager e i soldati nei cosiddetti Stalag. Questi campi erano gestiti
dall’autorità militare e non erano dipendenti dalla SS. Soltanto un sesto di loro accettò di arruolarsi
nelle file di Salò, pur sapendo che in questo modo avrebbero potuto lasciare la Germania.35
Nell’agosto del 1944 essi furono trasformati in lavoratori civili coatti e vennero trasferiti nei campi
di lavoro.
Infine circa quarantamila persone furono arrestate e inviate nei campi di concentramento o di
sterminio. Va ricordato in questo quadro l’alto numero di uomini e donne che furono deportati in
seguito agli scioperi del marzo 1944.36
Dall’Italia e dai territori che allora facevano parte del Regno d’Italia. partirono 123 trasporti37, il
primo da Merano il 16 settembre con destinazione Auschwitz, l’ultimo il 22 marzo 1945 per
Dachau.
34
Cfr. Gabriele Hammermann, Gli internati militari italiani in Germania 1943-1945, il Mulino, Bologna 2004.
G. Hammermann, op. cit., p. 18.
36
Cfr. Gli scioperi del marzo 1944, a cura di Claudio Dellavalle, Consiglio Regionale del Piemonte, ANED-Franco
Angeli, Milano 1986 e Laura Danese, Maria Paola Del Rossi, Edmondo Montali, La deportazione operaia nella
Germania nazista. Il caso di Sesto San Giovanni, Edizioni Ediesse, Roma 2005.
37
Per una ricostruzione sulle deportazioni dall’Italia in generale si veda Brunello Mantelli, Deportazioni dall’Italia, in
AA. VV., Dizionario della Resistenza, vol. I, Storia e geografia della Liberazione, Einaudi, Torino 2000, pp. 124-140.
Sui trasporti e la loro composizione Italo Tibaldi, Compagni di viaggio. Dall'Italia ai Lager nazisti. I "trasporti" dei
deportati, Consiglio Regionale del Piemonte-Aned-Franco Angeli, Milano 1994.
35
19
I trasporti più numerosi in partenza dal territorio italiano furono indirizzati verso tre campi: Dachau,
Auschwitz, Mauthausen. Un numero minore di trasporti fu inviato a Buchenwald, Ravensbrück,
Bergen-Belsen38, Flossenbürg.
Occorre tenere presente che a Auschwitz furono inviati soprattutto i deportati per motivi razziali, 39 i
politici che vi giunsero rimasero nel campo poche settimane o pochi mesi e furono poi trasferiti. Gli
ebrei giunti a Auschwitz furono sottoposti alla selezione all’arrivo e la grande maggioranza di essi
fu sterminata immediatamente.
I deportati verso gli altri campi erano immatricolati e sottoposti a una vita durissima che
comportava nel giro di poco tempo l’eliminazione di tutti coloro che non erano idonei al lavoro.
I trasporti più numerosi partirono da Trieste, Bolzano, Carpi, Verona, Milano, Roma.
38
Il campo situato ad un centinaio di chilometri da Amburgo ha una storia alquanto singolare. Esso fu aperto nel 1941
per ospitare i prigionieri di guerra ed aveva la funzione di ospedale (Lazarettlager). Nell’inverno 1941-42 vi furono
internati soprattutto prigionieri di guerra russi. Nel 1943 il Lager passò sotto la giurisdizione delle SS e iniziarono i
lavori di ampliamento. Qui furono internati migliaia di ebrei con passaporto straniero per essere usati in caso di
scambio, in realtà tali scambi furono pochissimi. A partire dal 1944 Bergen-Belsen diventò un campo di raccolta per
prigionieri malati e inabili al lavoro provenienti da altri campi. Verso la fine del 1944 il campo divenne la meta di
numerosissime marce della morte così come di micidiali trasferimenti e a causa del sovraffollamento scoppiarono
tremende epidemie di tifo. Qui arrivarono Anne e Margot Frank provenienti da Auschwitz-Birkenau e qui morirono nel
marzo del 1945. Il campo fu liberato dagli inglesi il 15 aprile 1945. Moltissimi prigionieri morirono anche dopo la
liberazione. Dal momento che le SS in fuga hanno distrutto tutta la documentazione è molto difficile stabilire il numero
di deportati passati per Bergen-Belsen nonché il numero delle vittime. Sulla liberazione del campo si veda: Ben
Shepard, Dopo l’alba. La liberazione di Bergen-Belsen, 1945, Corbaccio, Milano 2005.
39
Per una analitica ricostruzione delle deportazioni degli ebrei dall'Italia, si veda Liliana Picciotto, Il libro della
memoria, Mursia, Milano 2002².
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