Riformista 10 Luglio 2010 - Pangea News – America Latina

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Riformista 10 Luglio 2010 - Pangea News – America Latina
Mondo
SABATO
10 LUGLIO 2010
11
! PYONGYANG ESULTA. Il
Consiglio di Sicurezza non incolpa
la Corea del Nord per l’affondamento di Cheonan, la corvetta di Seul.
Degno finale a Vienna
di un farsesco remake
della Guerra Fredda
SPY SWOP. All’aeroporto del mitico nido di spie, va in scena un classico scambio di prigionieri. Nel baratto ci guadagnano gli americani, ma l’epopea del
“Colonnello Abel” è lontana. L’happy ending voluto da Obama e Medvedev
conferma il rilancio dei rapporti tra Russia e Stati Uniti. E i suoi rischi.
!
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
U
ndici giorni dopo l’annuncio dell’Fbi sulla scoperta di una squadra di
“illegali” russi infiltrati nella società americana, la spy story si è
conclusa così, senza danni apparenti al “reset” dei rapporti Stati
Uniti-Russia fortemente voluto
da Barack Obama.
Lo scambio di ieri è il tassello che mancava a questo remake
della Guerra Fredda. E a occhio
e croce, il baratto è stato vantaggioso per gli americani, che hanno ottenuto il rilascio di prigionieri “seri”, specie se confrontati con il grottesco network di
aspiranti spie rispedite a Mosca.
Per chiudere rapidamenta la vicenda, il presidente russo Dmitri
Medvedev ha dovuto concedere
la grazia a quattro uomini condannati per spionaggio, tre dei
quali veterani del Kgb. Il colonnello (decorato) Alexander Zaporozhsky stava scontando una
condanna di diciotto anni ai la-
vori forzati per avere rivelato l’identità di una ventina di spie russe che operavano negli Stati Uniti. Al colonnello Sergei Skripal,
invece, mancavano nove anni di
galera dei tredici comminati per
aver passato informazioni agli
inglesi. L’anziano maggiore
Gennady Wasilenko è una figura
minore. Il quarto prigioniero, lo
scienziato nucleare Igor Sutyagin, è forse l’elemento più interessante. Sutyagin ha passato gli
ultimi undici anni in una prigione nell’estremo nord della Russia - rivendicando la sua assoluta
innocenza - dopo essere stato
condannato per aver passato
informazioni alla Cia. Nessuno
di loro, sia chiaro, ha la statura
del dissidente Nathan Sharansky
- oggi un politico di primo piano
in Israele - protagonista dell’ultimo grande scambio di prigionieri della Guerra Fredda, nel 1986
a Berlino. Ma perlomeno sono
dei professionisti, rispetto ai dilettanti russi.
I dieci agenti di Mosca sono
decisamente sprovvisti della gravitas del Colonnello del Kgb Rudolf Abel - lui sì in grado di mettere in piedi un network di spie
negli Stati Uniti - che fu scambiato sul ponte berlinese di Glienicke nel 62 con Gary Powers,
pilota dell’aereo-spia U-2 abbattuto nei cieli sovietici. Ai dieci
russi tornati ieri a casa, la giustizia americana ha negato perfino
la qualifica di spie. Nel corso della loro unica pubblica apparizione, giovedì, davanti a una
corte newyorkese, gli imputati sono stati accusati - e hanno rapidamente confessato - di «avere agito come agenti non registrati di un Paese
straniero».
In
quella
mancata “registrazione”
è stato riassunto e
liquidato il mito degli “illegali”,
orgoglio dei servizi sovietici,
che si nascondevano dietro biografie inventate, senza la protezione che garantisce la copertura
diplomatica. Di quella tradizione
sono rimasti alcuni strumenti - l’inchiostro simpatico,
le comunicazioni in morse,
gli scambi di valigie nei parchi - ridotti a orpelli, usati
con straordinaria incompetenza. E una bellissima donna,
la rossa Anna Chapman.
Ma la Chapman, Vladimir
Guryev alias Richard Murphy,
sua moglie Lydia alias Cynthia e
gli altri sette compari di pseudospionaggio hanno fatto assai poco per dare lustro alla loro missione. In tanti anni - i più anziani erano lì dagli anni 90 - non sono riusciti a far arrivare in Russia un solo documento top secret. E non hanno mai neanche
provato a penetrare il governo
americano, limitandosi a qualche timida incursione nel mondo
dei think-tank. Il poco materiale che sono riusciti a raccogliere - secondo l’avvocato della
Chapman - era facilmente rintracciabile su Internet. Hanno
vissuto il sogno della middleclass americana - la casa nel
New Jersey, una buona
istruzione per i figli - a
spese del contribuente russo. E
per questo colpisce la perdurante volontà di Mosca di investire
ingenti capitali per operazioni di
questo tipo, improbabili e diplomaticamente assai delicate.
Questa “spy story” ha avuto
una tempistica micidiale. L’annuncio dell’ Fbi è arrivato pochi
giorni dopo il “burger summit”
americano tra Medvedev e Obama, che aveva celebrato il rilancio dei rapporti bilaterali. La rapidità con la quale russi e americani hanno risolto la vicenda ha
confermato la nuova era di collaborazione. Ma malgrado l’happy
ending, il campanello d’allarme è
suonato. Non stupisce che russi e
americani continuino a spiarsi. Ci
si spia anche tra amici, perché intelligence e diplomazia seguono
percorsi diversi. Ma l’imbarazzo
di una pubblica rivelazione può
complicare il gioco diplomatico.
Ora - ad esempio - potrebbe rallentare la ratifica del tratto New
Start sul disarmo in esame al Senato degli Stati Uniti. E rimane il
sospetto che qualcuno, a Mosca o
a Washington, questa strampalata storie di spie l’abbia voluta
raccontare proprio per far deragliare la nuova amicizia russoamericana, cara a Medvedev e
Obama, ma non a tutti.
LUIGI SPINOLA
Fariñas interrompe lo sciopero
«Ora lotta per la sopravvivenza»
VOCI DA CUBA. Dopo una notte in ospedale, la
blogger Yoani Sanchez parla al “Riformista”. E le
! DISSIDENTE. Se i prigionieri non saranno liberati riprenderà lo sciopero
!
I
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
l dialogo aperto dalla Chiesa
Cattolica cubana con il regime di Raul Castro inizia a dare i primi risultati e la notizia della futura liberazione di 52 prigionieri politici - la scarcerazione
maggiore avvenuta dal 1998 deve avere regalato a Fariñas un
momento unico.
«La decisione di Guillermo è
una notizia fantastica per noi Dame in Bianco - dichiara al Riformista Berta Soler, moglie del detenuto politico Ángel Moya e
portavoce dell’organizzazione
insieme a Laura Pollán, capo del
movimento - eravamo andate a
Santa Clara per chiedergli di interrompere il suo sciopero dopo
il comunicato del governo in cui
si parlava della liberazione».
Ma Coco, come viene affettuosamente chiamato dagli amici, non ha mollato subito la pro-
testa. Del resto, come affermato
in un’intevista al Riformista il 16
aprile scorso, era pronto ad andare avanti fino alla morte: tutto
pur di smascherare la dittatura
dei fratelli Castro. «Lui chiedeva
la liberazione di 26 prigionieri
malati invece sì è duplicato il numero rispetto a quello che chiedeva e per noi questo è molto importante - continua Soler - Perché siamo donne che amano la
vita, la famiglia e la nostra patria.
E in questo caso, siccome amiamo la vita, vogliamo salvare la
vita di Fariñas. Noi siamo contro
lo sciopero ma abbiamo rispettato la sua decisione».
Ora però Cuba dovrà aspettare più o meno quattro mesi per
avere i suoi figli di nuovo liberi.
E la preoccupazione di molti è
proprio ciò che potrebbe accadere ai prigionieri durante tutto
questo tempo. «I nostri prigionieri convivono con detenuti al-
Dame in Bianco hanno paura per i loro uomini.
tamente pericolosi e che potrebbero fargli qualcosa - afferma
Soler - Mio marito fa parte dei
47 che saranno liberati ma adesso è ancora in prigione e ieri al
telefono mi ha detto che è molto
preoccupato per la sua vita». Ma
Berta non molla, non mollerà
mai. Lei e le altre donne sono
determinate a continuare fino a
che anche «l’ultimo uomo non
sarà rilasciato». Come Fariñas
del resto. «È un uomo di principio, risoluto e coraggioso. E sono sicura che se in quattro mesi
questi uomini non saranno tutti
liberi per strada, lui riprenderà
la sua protesta». Sempre se riuscirà a sopravvivere a quella appena conclusa.
L’apertura del governo di
Raúl Castro era nell’aria, ma
probabilmente la mobilitazione
globale in favore della dissidenza cubana ha avuto la sua influenza. «Il gesto del governo ha
avuto un tale risalto a livello politico internazionale che ora sono
obbligati a liberarli - continua
Yoani Sánchez - ad ogni modo
Guillermo ha dato tempo fino al
7 novembre, quando scadranno i
quattro mesi previsti, e poi riprenderà lo sciopero. Ma tutti
speriamo non sia necessario».
In sostanza il mondo si è reso conto di ciò che davvero succede sull’isola. «In passato la repressione c’era però non era così seguita - dichiara Soler - Ma
dopo la tortura psicologica e fisica che ci hanno inflitto per settimane, più la morte del nostro
fratello Orlando Zapata, più lo
sciopero di Guillermo le persone hanno iniziato a chiedersi:
che sta succedendo a Cuba?. In
tutta l’America Latina ci sono
state dimostrazioni di solidarietà. In Venezuela, in Brasile e
in Cile donne vestite di bianco ci
hanno appoggiato».
Di tutto questo però non c’è
traccia sul quotidiano del regime.
Certo, il Granma cita l’importanza della Chiesa cattolica locale nella trattativa, e in particolare del suo capo il cardinale Jaime
Ortega, ma non una parola è spesa per Fariñas, le Dame in Bianco e in generale tutti coloro che
continuano a lottare per la libertà
nel Paese. Per il governo loro
continuano a non esistere. Ma
per l’Europa invece si.
Per questo il ministro degli
Esteri spagnolo Miguel Ángel
Moratinos è andato in visita all’Avana: senza un serio impegno per la democrazia i 27 non
riconsidereranno la Posizione
Comune adottata nel 1996. Che
subordina le relazioni con Cuba al progresso democratico e
all’osservanza dei diritti umani.
Per il momento la decisione
sulla questione è stata rimandata a settembre, proprio in virtù
del dialogo aperto dalla Chiesa
con Castro.
Se però tra quattro mesi questi prigionieri dovessero misteriosamente scomparire, oppure
morire in un incidente sospetto,
tutto tornerebbe come prima. E
Fariñas riprenderebbe il suo
sciopero. Senza preoccuparsi che
la sua protesta possa morire con
lui perché ci sono già altri pronti a sostituirlo nella sua lotta come lui ha fatto per Orlando Zapata Tamayo. «Bisogna concedere al governo cubano un margine di credibilità - ha dichiarato Fariñas al quotidiano spagnolo El Mundo - questa è una porta che ormai si è aperta e non potrà essere chiusa di nuovo».
GIULIA DE LUCA