L`UOMO COL CAPPELLO «IL MIO BISNONNO AMICO DI PELLIZZA»

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L`UOMO COL CAPPELLO «IL MIO BISNONNO AMICO DI PELLIZZA»
LA PROVINCIA
59
GIOVEDÌ 17 DICEMBRE 2015
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L’UOMO COL CAPPELLO
«IL MIO BISNONNO
AMICO DI PELLIZZA»
ralmente per farlo avevo bisogno di immagini, figure di sfondo, dialoghi e dunque sì, qua e là
ho dovuto inventare, ma senza
mai stravolgere l’essenza dei fatti. Si può essere certi che i fatti
più inverosimili sono quelli realmente accaduti.
Ha sempre saputo di avere un avo
famoso?
Sì, anche se nessuno lo ha mai
considerato “famoso”. Semplicemente, a “nonno Giovanni”,
come lo si è sempre chiamato in
famiglia, è capitato di essere lì,
a Volpedo, quando Pellizza sviluppava la sua arte e di diventarne amico, perché, come lui stesso scrisse al nonno, la loro amicizia era “frutto di uguale sentire”:
di passioni, idee e intenti comuni.
Dunque esiste davvero il diario del
bisnonno?
Certo! Lo conserva mio papà.
Non è però, come nel romanzo,
esteso anche agli anni in cui viveva a Volpedo. Nel suo diario
Giovanni ripercorre l’esperienza garibaldina della guerra dei
Vosgi (1870-71) e ricorda, con
dovizia di particolari, le giornate
più importanti e difficili. Io ho
usato il diario per i capitoli sulla
vicenda garibaldina, le fonti orali e l’articolo comparso su
“L’Opinione liberale” per quelli
ambientati a Volpedo.
YLENIA SPINELLI
er Maria Vittoria Gatti il
“Quarto Stato” non è, come per tutti noi, semplicemente il famoso quadro che Pellizza da Volpedo dipinse tra il 1899 e il 1901 e conservato a Milano nel Museo del
Novecento. Per la giornalista,
che insegna al Master in Editoria
dell’Università Cattolica di Milano, è molto di più: rappresenta
infatti un pezzo di storia della
sua famiglia. Sì, perché l’uomo
con la barba e il cappello al centro del dipinto è il suo bisnonno
Giovanni Gatti, farmacista di
Volpedo (Alessandria) e amico
intimo dell’artista. Lo racconta
lei stessa nella biografia romanzata dal titolo “L’uomo col cappello. Storia inedita di un protagonista”, uscita nei mesi scorsi
per Nomos edizioni.
P
È curioso che Pellizza abbia scelto
un farmacista in un quadro che dove
rappresentare proletari…
Entrambi, seppur provenienti
da due esperienze di vita completamente diverse, condividevano gli ideali socialisti e ritenevano che la classe operaia andasse aiutata a tirar fuori la propria
voce.
Come nasce l’idea di questo libro?
Perché la scelta di una biografia romanzata? Ci sono dunque personaggi o fatti di fantasia?
Volevo raccontare una storia vera e per farlo avevo ottime fonti:
il diario del mio bisnonno, un’in-
Da quanto le risulta, gli altri modelli
furono davvero tutti proletari?
restituire
le emozioni che
aveva dovuto
provare a 17 anni
C’erano operai, contadini, impiegati comunali. Tutti furono
pagati a giornata da Pellizza,
tranne due: la moglie, giovanissima contadina analfabeta, che
andò a scuola per imparare a
scrivere al marito quando lui era
in viaggio - vera “ancora” della
sua vita, nonché musa ispiratrice della sua arte e Giovanni Gatti. Questa assenza dal registro
dei pagamenti che Pellizza tene-
Uno scorcio dell’Albergo Diurno
cembre, 9-16-23 gennaio, dalle 10 alle 18. Per informazioni
www.fondoambiente.it).
Sarà così possibile fare un
salto nel passato, in un luogo
inaspettato e sorprendente,
che ospitava, oltre alle terme e
ai bagni pubblici, anche negozi di barbiere, manicure, lavanderia, stireria, senza dimenticare il fotografo e l’agenzia di viaggi.
Si rimarrà affascinati dal
magnifico salone a colonne,
nonché dai rivestimenti e dalle preziose decorazioni originali, per non parlare degli oggetti ancora chiusi nelle vetrine e per lunghi anni rimasti
sotto la polvere del tempo. Il
centro servizi del Portaluppi
comprende infatti uno dei ba-
Al centro del famoso quadro, l’uomo con cappello e barba, è il farmacista Giovanni Gatti
tervista da lui rilasciata nel 1907,
all’indomani dalla morte di Pellizza a Giuseppe Cavaciocchi,
direttore del giornale vogherese
“L’Opinione Liberale” e molti
racconti orali di mio papà e dei
miei zii. Ma non volevo che fosse
un saggio, volevo provare a restituire le sensazioni, le emozioni
che aveva dovuto provare Giovanni, quando a 17 anni avanzava nella notte verso un nemico
ben più forte e temibile di lui o
quando, ormai uomo, restava ore
a chiacchierare con l’amico Pellizza; per non parlare del giorno
in cui seppe dell’improvvisa,
drammatica morte di lui. Natu-
1 «Volevo
L’Albergo Diurno Venezia
tesoro segreto dell’Art Decò
La riscoperta
Grazie al Fai torna a rivedere
la luce l’elegante centro
servizi per viaggiatori sotto
piazza Oberdan
Milano è ricchissima
di opere d’arte a cielo aperto,
ma anche il sottosuolo cittadino nasconde gioielli che non ti
aspetti. Come l’Albergo Diurno Venezia, una vera e propria
Spa di inizio Novecento, na-
A cura di Federico Roncoroni
Certi rimorsi pesano,
ma con civetteria
Leo Longanesi
Cultura: Mario Schiani [email protected], Massimo Romanò [email protected], Umberto Montin [email protected], Mauro Butti [email protected], Pietro Berra [email protected],
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Lilliana Cavatorta [email protected], Antonella Crippa (Lecco)[email protected], Sara Baldini (Sondrio)[email protected]
L'INTERVISTA MARIA VITTORIA GATTI. Nel famosissimo “Quarto stato”
è ritratto Giovanni Gatti, farmacista. La nipote lo racconta in un libro
Per caso, chiacchierando con
due amiche davanti a una riproduzione di “Quarto Stato”. A loro
la storia del mio bisnonno è piaciuta da subito e non hanno avuto dubbi: era da raccontare.
MASSIMARIOMINIMO
scosta sotto piazza Oberdan.
L’elegante centro servizi
per viaggiatori, realizzato tra
il 1923 e il 1925 su progetto di
Piero Portaluppi, venne chiuso nel 2006 dopo decenni di
degrado e di abbandono.
Nel maggio scorso il Comune di Milano e il Fai - Fondo
Ambiente Italiano hanno firmato una convenzione per il
recupero e la valorizzazione di
questo splendido luogo, crocevia di moltissimi viaggiato-
VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfU2VzYWFiIyMjbS5zY2hpYW5pIyMjTGEgUHJvdmluY2lhIGRpIENvbW8jIyMxNy0xMi0yMDE1IyMjMjAxNS0xMi0xOVQxMjoyMDoyM1ojIyNWRVI=
ri. Ora, dopo una prima fase di
messa in sicurezza e la riqualificazione di piazza Oberdan
con l’apertura dei lucernari, il
bagno diurno, splendida testimonianza di Art Déco, può
nuovamente fare bella mostra
di sé al pubblico. A novant’anni dall’inaugurazione, grazie
alla delegazione milanese del
Fai, sarà possibile visitare
questo tesoro nascosto in occasione di una delle quattro
aperture straordinarie (19 di-
va puntualmente è stato il principale motivo, per gli storici dell’arte, di dubitare della presenza
di Giovanni nel quadro ed è invece, come testimonia la dedica e
anche il quadro che Pellizza regalò al nonno e che lo ritrae nella
stessa posa di “Quarto Stato”,
una prova della loro reale, profonda amicizia.
È vero che per dipingere “l’uomo col
cappello” fu usato anche un altro
uomo di Volpedo? E che c’era un po’
di competitività tra i due modelli?
A posare furono certamente in
due: il nonno e un certo Giovanni Zarri, ma di quest’ultimo non
ci sono testimonianze, né parenti diretti, quindi è difficile sapere
che rapporto ci fosse tra i due. Il
mio bisnonno non ha mai raccontato aneddoti su questo e all’indomani del suicidio di Pellizza, al giornalista che gli chiedeva
di “Quarto Stato”, si limitò a dire:
«Per la figura centrale posammo
io e Giovanni Zarri». Io nel libro
racconto più che altro di un certo fastidio che la presenza del
mio bisnonno poteva suscitare
negli altri modelli, perché in effetti lui, non essendo contadino
e neppure volpedese, doveva essere percepito da molti come un
“corpo estraneo” in quel quadro.
Dal diario e dunque dal suo libro si
evince qualche motivazione o confidenza personale in più sulla tragica
morte di Pellizza?
Tutto quello che nel libro racconto in “presa diretta” rispetto
alla morte di Pellizza è contenuto nell’intervista rilasciata dal
mio bisnonno a Cavaciocchi; infatti questa, anche per gli storici,
è la fonte principale. Da qui apprendiamo come fu ritrovato il
corpo di Pellizza, ovvero appeso
all’alta scala a pioli del suo studio
e i principali motivi di quella
profonda depressione che lo
portò al suicidio. In essi si mescolano delusioni professionali
(l’accoglienza tiepida riservata
al suo “Quarto Stato” all’esposizione di Torino del 1901), ferite
profonde (la morte della moglie
e dell’ultimo nato a pochi giorni
dal parto) e la paura, a causa
della demenza senile paterna
che continuamente progrediva,
di dover rinunciare alla propria
arte per seguire l’azienda di famiglia.
gni diurni meglio conservati
d’Italia e uno dei pochi a non
aver subito modifiche strutturali.
Questo centro sotterraneo
disponeva di due scalinate
d’ingresso collocate sui due lati corti di piazza Oberdan:
quella più vicina a corso Buenos Aires è stata abbattuta e
sostituita dall’accesso alla metropolitana, mentre quella opposta è ancora visibile con la
sua tettoia di ferro, in pieno
stile Liberty. Sulla piazza sono
poi presenti le due colonne
che nascondevano i camini
della caldaia e i due lucernari,
che erano stati murati, ma che
oggi sono tornati ad illuminare i locali sottostanti.
Y. Spi.