Una leggenda chiamata Orient Express

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Una leggenda chiamata Orient Express
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Voci dal Sud
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Anno IX° nr. 10 Ottobre 2013
Una leggenda chiamata
Orient
Orient Express
Express
Così il cinema e la letteratura lo raccontano! Libri, riviste, film, documentari. Non c’è mezzo di comunicazione che non
gli abbia dedicato spazio. Lo spazio che merita un pezzo di storia, quella che nell’immaginario collettivo resta una vera e
propria opera d’arte in movimento, simbolo e sinonimo di modernità, velocità, ricchezza, potere. Il potere di attraversare
velocemente l’Europa, di poter domare le ore, i minuti, le larghe distanze. E chissà quanto doveva essere affascinante
intraprendere un viaggio a bordo dell’Orient Express: l’eccitazione di scoprire luoghi esotici e misteriosi, dove vivere,
magari, nuove avventure. Il primo riferimento letterario al mitico treno lo si legge già nel 1897 in “Dracula” di Brani Stoker:
mentre il vampiro della Transilvania fugge dall’Inghilterra via mare, la cabala che ha giurato di ucciderlo arriva a Parigi
proprio a bordo dell’Orient Express, precedendolo a Varna. La citazione più [ famosa però resta indiscutibilmente I
“Assassinio sull’Orient Express” di Agatha Christie, tutto ambientato sul Simplon Orient Express, da cui fu tratto poi
l’omonimo film cult con protagonista l’ancor più famoso Hercule Poirot.
Più recentemente troviamo la fuga diJamesBondin “Agente 007 - Dalla Russia con amore”, anch’essa ambientata sul
celebre treno, e persino un episodio de “Le nuove avventure di Lupin III” è ambientato qui.
Dal primo sbuffo, dunque, fu luogo e set itinerante di intrighi, complotti, cospirazioni e racconti d’azione: l’idea
dell’Orient Express sarà sempre associata a quella della corsa verso l’altro, l’ignoto, sospesi senza tempo sui binari, in
bilico tra passato e futuro. (nu.cap. - L’ora della Calabria)
Gli scompartimenti luminosi di
velluto in seta perfetti come quadri
fiamminghi, l’aria dolce delle colonie lussuose, delle pellicce di
cincillà; la gioia argentina delle donne imbellettate, incipriate,
imperlate, la allegra decadenza di
una nobiltà ossidata nei beni, ma
dai titoli ancora lucidi, accomodata sui damaschi a gambe accavallate.
L’ora del the, le argenterie di
pregio, le cene a lume di candela, i taccuini
allora Costantinopoli.
Era la prima volta che una macchina su rota-
gualciti degli scrittori di passaggio, il burro fran- ia attraversava l’intera Europa correndo dritta
cese, il foie gras, le bollicine del vagone risto- verso Oriente.
rante.
L’ultimo tratto i passeggeri avrebbero dovu-
Ancora, i paesaggi occidentali che dalle ver- to farlo usando il traghetto che da Giurgiu pordi vallate francesi portavano agli spunzoni aspri tava a Ruse, in Bulgaria, dove li aspettava un
delle catene montuose di un Est misterioso e altro treno per Varna e da lì il traghetto per
affascinante.
Il 4 ottobre del 1883, l’Orient Express, tra
Costantinopoli.
Il treno fu messo su rotaie dalla Compagnia
sbuffi neri e cigolii di rodaggio lasciava la sta- Internationale des Wagons-Lits e rimase
zione di Parigi promettendo l’arrivo a Instanbul, fermo in stazione per le guerre mondiali fra il
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1914 e il 1921 e fra il 1939 e il 1945.
Il design interno, fu opera dell’estro di un
giovanissimo George Nagemackers che concepì i vagoni interni come stanze di lusso su
rotaie, un luogo non dissimile da ristoranti
adatti più a star del cinema che a viaggiatori
impenitenti.
Volti da belle epoque colorarono quegli
scompartimenti in cui l’oro e il rosso acceso
rendevano festose anche le lunghe notti attraverso le silenti brughiere.
Nei corridoi le discussioni sulla guerra si sostituivano a quelle sulla letteratura, sui poeti
del momento, sulla musica.
Le chiacchiere sul futuro si stemperavano
nel cognac servito nella cristalleria intagliata
e nel fumo dei sigari aromatizzati.
Un non luogo che ospitò amori e divoranti
passioni, lunghe una corsa di sola andata, brevi come una fermata d’addio.
L’Orient Express fu più di un treno, fu uno
status symbol, una metafora della voglia di
spingersi al di là, di scoprire, conquistare,
ghermire esperienze e territori, profumi e spezie, vite e cieli.
Ma come ogni treno che si rispetti anche
questo ha conosciuto il capolinea.
Era il 1977, il lusso su rotaia fu scalzato da
un paio d’ali e dal sogno di Icaro che vola sul
mondo.
Ma lì, nelle cabine a molte miglia dalla terra,
il profumo del brandy non è lo stesso.
Alessia
Anno IX° nr. 10 Ottobre 2013