Stabili le preferenze degli adolescenti italiani per quello che

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Stabili le preferenze degli adolescenti italiani per quello che
Società Italiana di Pediatria
“Abitudini e stili di vita degli adolescenti italiani”
Rapporto Indagine 2007
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Dr.. Maurizio Tucci, Giornalista, curatore dell’indagine
Responsabile della Comunicazione della Società Italiana di Pediatria
Il binomio “calciatore – ballerina” resta ancora saldamente in testa nei desideri degli
adolescenti riguardo il loro “progetto di vita”. Ma mentre i maschi non mostrano cenni di
flessione sulla vocazione alla “pedata”, le femmine, più pragmatiche, col tempo stanno
preferendo alla ballerina tout court un più versatile “personaggio famoso”, senza
preoccuparsi più di tanto delle ragioni che dovranno portarle alla ribalta delle cronache. E
proprio tra le ragazze sono sempre più frequenti le risposte doppie, con abbinamenti
anche stravaganti: velina o magistrato; ballerina o medico. Una “subordinata”, insomma:
“se non sfondo con perizoma e tacchi a spillo, posso sempre mettere la toga o il camice”.
Ma cosa viene considerato importante per poter riuscire a raggiungere l’obiettivo lavorativo
che ci si propone? Se “buona volontà” e “impegno” sono fortunatamente considerati molto
importanti da oltre il 90% degli intervistati e lo studio dall’85%, il 72,2% ritiene, anche, che
siano molto importanti “raccomandazioni-amicizie influenti”. Mentre per il 66% è molto
importante “l’aiuto della famiglia”, per il 53,1% “la fortuna” e per il 51,1% “i soldi”.
Più cinici, rispetto alla media dei loro coetanei, gli adolescenti che vivono nelle grandi città:
l’importanza delle raccomandazioni/amicizie influenti sale all’84,4% e della fortuna al
56,%, mentre scende la fiducia riposta in buona volontà, studio e impegno.
Selezionando solo le risposte di ragazzi e ragazze che da grandi vorrebbero fare il
calciatore, lo sportivo o diventare un personaggio famoso, e confrontandole con quelle di
chi è orientato verso mestieri e professioni meno da “ribalta”, assistiamo al crollo
dell’importanza dello studio da 91,8% a 63,9% (- 27,9%) e un parallelo aumento
dell’importanza attribuita alla fortuna che passa da 47,9% a 76,5% (+ 28,6%) e alle
raccomandazioni/amicizie influenti che passano dal 68,4 all’85,8% (+ 17,4%).
Comunque calciatori o veline non si diventa a 26 anni, dopo una laurea e magari un
master, ma il tempo stringe: se a 14 anni non sei già, almeno, il campioncino della
polisportiva di quartiere o se in discoteca non ti sei già spogliata e truccata a sufficienza
per potere salire, almeno una volta, su un cubo, le chance si riducono terribilmente. E loro
– generazione megastore – lo sanno benissimo ed hanno fretta.
Fretta di provare, di essere, di apparire. Al ritmo degli spot televisivi, che nella fascia oraria
dedicata agli adolescenti durano meno di 20 secondi, ma sono ripetuti decine, centinaia di
volte; sempre uguali, ipnotizzanti. E, non a caso, l’84% di loro (ma le femmine arrivano al
91%) dichiara di desiderare le cose viste nella pubblicità televisiva.
Ma quanta pubblicità passa in televisione? L’ultimo monitoraggio effettuato dalla SIP nella
fascia oraria cosiddetta protetta (15.30 – 18.30) sulla rete televisiva “Italia 1” (scelta
perché risulta essere la più seguita dai giovanissimi in questa fascia oraria), dà questi
risultati: 47 gli spot trasmessi ogni ora, per una durata complessiva di 15.36 minuti (oltre il
25% del tempo). La durata media dello spot è di 20 secondi. Questo significa che uno
spettatore che guardasse per due ore al giorno l’emittente televisiva “Italia 1” - nella fascia
oraria compresa tra le 15.30 e le 18.30 - vedrebbe, in un anno, oltre 33.500 spot
pubblicitari di cui circa 5.200 che pubblicizzano alimenti. I medesimi rilevamenti erano stati
effettuati dalla SIP già nel 2000 e nel 2004 e – effettuando la medesima simulazione – si è
passati dai 26.000 spot del 2000 ai 31.500 del 2004, fino agli attuali 33.600.
Ma di tempo davanti alla TV molti adolescenti ne passano ben più di due ore. Il 25%
dichiara di guardare più di tre ore di TV al giorno e la percentuale aumenta se si
considerano solo i maschi (26,7%) o solo il Sud (32,6%). Un dato che va anche preso per
difetto, perché nella risposta a questa domanda i ragazzi sono portati a indicare solo la
quantità di tempo che dedicano “attivamente” alla visione della TV (ovvero quando sono
direttamente interessati alla visione) e non il tempo totale in cui la TV è accesa in casa e,
con maggiore o minore attenzione, comunque viene guardata. Come, ad esempio, può
capitare a pranzo e a cena quando - sempre secondo i dati della nostra indagine - è
l’87% delle famiglie ad avere la TV accesa.
E preoccupa molto anche l’atteggiamento dei giovanissimi davanti alle scene di violenza
trasmesse dalla TV. Il 64% degli adolescenti afferma che la TV trasmette molte immagini
violente, ma la reazione che queste suscitano è essenzialmente “indifferenza”. Si dice
“indifferente” il 24% delle femmine e addirittura il 66,6% dei maschi. Solo l’11% dei maschi
e il 24% delle femmine sceglie di non guardarle. Prova “fastidio” il 17,8% dei maschi e il
38,5% delle femmine e “paura” il 3,8% dei maschi e il 12,2% delle femmine.
La crescente indifferenza (il dato è in costante aumento nel corso degli anni) nei confronti
di scene violente trasmesse dalla TV è un preoccupante indice di assuefazione, che può
portare a considerare la violenza normale e quindi a praticarla con sempre maggiore
facilità. E non conforta certamente sapere che il 52,8% afferma di imitare i comportamenti
dei personaggi televisivi preferiti.
D’altra parte, il 68% dei maschi dichiara di “fare a botte” e il 12% dice che spesso è
necessario farlo. Un dato naturale (i ragazzi hanno sempre fatto a botte) o preoccupante?
Su questo aspetto drammatizzatori e sdrammatizzatori hanno entrambi da dire la loro. Noi
registriamo soltanto che il 72% (75,6% dei maschi) dichiara di aver assistito a prepotenze
subite da un amico o amica e il 18,5% dei maschi dice che ciò capita spesso. Anche
questo, un dato in costante crescita da quando abbiamo iniziato a monitorarlo.
E se il 70% dichiara di giudicare negativamente un bullo (62% dei maschi), c’è anche un
consistente 26,6% (32% dei maschi) che dice che se le prepotenze non è lui
personalmente a subirle non ha nulla da eccepire sul comportamento del bullo. Senza
contare che, tra gli adolescenti delle grandi città, c’è un pericoloso 4,7% che considera il
bullo un tipo (o una tipa) in gamba.
Così come, seppure il 79% degli adolescenti intervistati dichiari che “fa la cosa giusta”
colui che denuncia ad un adulto un atto di bullismo subito, è aumentata, negli anni, la
percentuale di chi considera questo comportamento da fifone o da spia: oggi è il 20,5% e,
se ci si riferisce solo ai maschi, sale al 26%.
Ma, al di là della teoria, di fronte ad una prepotenza subita il 64% (74% dei maschi) si
guarderebbe bene dal riferirlo ad un insegnante o ai genitori. Infatti, il 47,3% (60,4% dei
maschi) si difenderebbe da solo; il 10% (5,4% dei maschi) informerebbe al massimo un
amico e il 4,6% (5,7% dei maschi) subirebbe in silenzio le prepotenze se non dovessero
essere eccessive.
Il bullismo, inoltre, si conferma non essere una prerogativa dei maschi. Il 59,2% sostiene
che fanno i bulli sia i maschi che le femmine e sono proprio le femmine (69,1%) a
sostenerlo maggiormente.
Sulle motivazioni per le quali si fa il bullo è sempre al primo posto l’essere ammirato
all’interno del gruppo di amici (lo sostiene l’82% dei maschi e l’86% delle femmine), quindi
diventare il leader del gruppo (77% dei maschi e 81% delle femmine), essere attraente
per le ragazze o per i ragazzi (68,8% dei maschi e 71,2% delle femmine).
Questo la dice lunga anche su quanto sia sincero il giudizio negativo espresso dalla
maggioranza degli adolescenti nei confronti di chi fa il bullo. Il “bullo” è, nel loro
immaginario, un personaggio positivo, più ammirato che temuto, e le motivazioni per le
quali si agisce da bullo sono comunque considerate dei valori positivi. Solo il 45% afferma
che si fa il bullo soltanto per divertirsi alle spalle di qualcuno, mentre il 61% dice che un
motivo per fare il bullo è non rischiare di diventare vittima. Una sorta di bullismo
preventivo. Ma ha ragione di scandalizzarsi una società che fa o avalla addirittura le
guerre preventive?
Generazione megastore, dicevo, perché la genericità, l’omologazione e la mediocrità dei
centri commerciali che accerchiano le nostre città fotografa benissimo i loro giovanissimi
frequentatori e…clienti. Lo scorso anno ho svolto per un Comune della provincia di Milano
un interessantissimo lavoro: interpellare, attraverso la realizzazione di focus group, gli
adolescenti della città per chiedere loro cosa avrebbero gradito che il Comune realizzasse
per venire incontro alle esigenze di aggregazione dei giovani. Queste le risposte
prevalenti: Un Mc Donald’s, un centro commerciale di 7 piani (sic!), una discoteca, un
capannone (da affittare) per fare le feste private. In uno dei focus group realizzati
nell’ambito dell’indagine SIP sugli adolescenti, una delle partecipanti (13 anni) ha detto
che il suo passatempo preferito era “lo shopping”.
Con quali soldi? La tradizionale “paghetta” sta scomparendo; oggi i genitori sono una sorta
di “cassa continua”. Genitori che saldano il debito di coscienza che sentono di avere con i
propri figli, per il poco tempo che riescono a dedicare loro, attraverso il soddisfacimento di
tutti i loro desideri materiali, attraverso una assoluta difesa di ufficio nelle querelle che si
verificano con la scuola, attraverso la diluizione di qualunque regola. Credo che questa
generazione megastore sia la prima generazione di adolescenti che in larghissima
maggioranza (circa il 70%) non considera eccessive le regole che i genitori impongono. E
c’è anche un 5% che le ritiene troppo poche. Un solo dato: il 58% va a dormire dalle 23 in
poi.
Ma i genitori sono davvero così assenti come da anni andiamo ripetendo? A sentire i figli,
no: il 61% considera sufficiente il tempo che trascorre con loro e quel 24% che vorrebbe
trascorrerne di più è in parte bilanciato da un 14% che dice di trascorrerne anche troppo.
Forse è più un’assenza qualitativa che quantitativa, se la grande maggioranza degli
adolescenti non si rivolge a loro per un aiuto o un consiglio né – lo abbiamo visto quando subisce atti di bullismo, né quando ha un problema più generico. Gli interlocutori
privilegiati degli adolescenti sono gli amici (si rivolge spesso a loro il 44,3% e il 57,2%
delle femmine). La mamma viene consultata dal 40%, il papà dal 18% (9,2% delle
femmine) e gli insegnanti dall’1,3%.
Il gruppo dei pari si conferma il riferimento principale con il quale si deve essere
costantemente in contatto. Innanzi tutto, attraverso gli SMS. Il 17% (19,5% delle femmine)
ne riceve più di 20 al giorno (nel 2004 era l’8%). SMS che stanno comunque lasciando il
posto a strumenti più evoluti come gli MMS, attraverso i quali si riescono ad inviare foto e
filmati che ormai anche il più banale dei telefonini riesce a realizzare.
E dal filmato, da rivedere tra gli amici, a You Tube il passo è breve e quasi indispensabile
per una generazione abituata a considerare “importante” solo ciò che è “documentato” e
“condiviso”. L’incidente mortale occorso qualche settimana fa ad una giovane studentessa
di Modena – immediatamente videofilmato dai suoi compagni di scuola e messo sui loro
blog – è solo un esempio della galleria degli orrori a cui ci stanno abituando questi spietati
Truffault in erba.
Il desiderio di trasgredire, la provocazione, il senso di invincibilità e una buona dose di
cinismo hanno sempre fatto parte del bagaglio comportamentale di un’età difficile e di
transizione come l’adolescenza. Ciò che oggi sembra però inquietantemente cambiato è la
“soglia” della trasgressione, della provocazione, del cinismo. Il 55% (60% delle femmine)
vorrebbe dimostrare più anni di quelli che ha per apparire adulto, ma adulti non sono e si
trasformano in sinistre maschere che dell’adultità recitano solo gli aspetti peggiori.
Lo spaccato che dà dell’adolescenza il recente libro “Ho 12 anni, faccio la cubista mi
chiamano Principessa”, scritto da una giornalista di un importante quotidiano che ha
lavorato a lungo su queste problematiche, è inquietante. Personalmente, ritengo che il
fenomeno descritto – che è reale e documentato – sia oggi minoritario, ma non è
allarmismo sostenere che, se non frenato sul nascere, possa velocemente dilagare.
La nostra indagine non ha mai affrontato in modo diretto gli aspetti legati alla sessualità
degli adolescenti, ma i dati in nostro possesso non sono confortanti se si valutano alla luce
di quanto compare nei forum in rete frequentati dagli adolescenti, di cui proprio il libro “Ho
12 anni, faccio la cubista mi chiamano Principessa” dà ampio resoconto. Secondo i nostri
dati, il 70,3% degli adolescenti afferma di avere, riguardo al sesso, tutte le informazioni
che sono necessarie, ma il 73,6% riferisce di aver acquisito queste informazioni da amici e
compagni di scuola. Mentre la mamma, ad esempio, è consultata dal 18,5% dei maschi e
dal 36,6% delle femmine e va ancora peggio per il papà (informatore del 20% dei maschi e
del 11,5% delle femmine).
Ho voluto trarre dal libro appena citato proprio alcuni messaggi che compaiono sui forum
in rete, dai quali emerge quale sia la reale consapevolezza degli adolescenti italiani sul
sesso e a chi si affidino per colmare le loro lacune.
“Se fai sesso ad 11 anni ed hai le mestruazioni puoi rimanere incinta? Risposta urgente x
favore!”
“Ho fatto sesso con una mia compagna. Abbiamo quasi 13 anni, lei è già sviluppata e io
non avevo il preservativo… ke faccio?”
“Ho 13 anni ho fatto sesso ed ora sono incinta e ho paura sia dei miei sia di abortire… […]
che devo fare!?!?…Help!!!”
“Ho quasi 11 anni e vorrei sapere come devo fare senza farlo scoprire ai miei genitori a
prendere la pillola… non voglio farlo sapere al medico di famiglia xké nn mi fido… ke
faccio?”
E, se è pur vero che dalla nostra indagine risulta che l’82% degli adolescenti considera
“rischioso” avere rapporti sessuali non protetti (ma nel 2006 era l’84,9%), non ci conforta
sapere che il 62,4% afferma di fare volontariamente “cose rischiose”.
Perché gli adolescenti di oggi sono così? E’ semplicistico dire che sono sempre stati così;
che anche noi, in fondo, ci comportavamo allo stesso modo. Che il bullismo c’è sempre
stato, che sigarette e “spinelli” (una volta si chiamavano così) hanno sempre circolato. In
parte è vero, ma in parte no. Al di là dei numeri e delle statistiche, la mia esperienza
decennale nel progettare e seguire questa indagine e nel realizzare decine di focus group
con gli adolescenti mi porta a registrare una realtà profondamente mutata in questi 10
anni.
La voglia di trasgressione è sempre esistita ma, come ho già detto, è un problema di
“soglia”. 10 anni fa fumare una sigaretta, rigorosamente di nascosto dai genitori, era una
trasgressione. Oggi una dodicenne, in uno degli ultimi focus realizzati: ha detto: “fumavo
tantissimo, ma da un anno ho smesso” con la stessa naturalezza con la quale direbbe la
stessa cosa un quarantenne. E i genitori? Nella maggior parte dei casi lo sanno, ma
hanno difficoltà a tener testa a figli che dicono: “perché tu puoi fumare e io no?” . Oggi di
nascosto si fumano le “canne”.
Dieci anni fa si “pomiciava”, oggi si “tresca”, ma non è solo una differenza lessicale. Dieci
anni fa Internet non era utilizzato come oggi, ma non credo proprio che i dodicenni di
allora affidassero ai loro diari col lucchetto considerazioni e interrogativi come quelli che gli
attuali dodicenni scrivono nei loro blog e nei loro forum. Traggo ancora dal libro “Ho 12
anni, faccio la cubista…”:
“Ciao siamo due ragazze di 13 anni e tutte e due abbiamo perso la verginità già da un po’
e adesso abbiamo un problemone: vogliamo provare cose nuove. Una di noi ha
provato…[…]”
“Ho 12 anni e scopo con le ragazze dove capita… i bagni delle discoteche o del Mc
Donald’s, addosso a qualche palazzo in qualche angolo buio […]”
“Ho fatto sesso x la prima volta l’anno scorso a 12 anni l’ho fatto x scommessa e devo dire
la verità ke mi è piaciuto tantissimo […]”
“Un mio compagno porta a skuola il Viagra… Ma cos’è? Alcuni dicono che serve per
allungare il pene, altri per godere… Vorrei comprarlo anch’io. Voi lo sapete?”
E allora: perché gli adolescenti di oggi sono così?
Una grande responsabilità si è sempre attribuita ai media, in particolare alla televisione, e
ai modelli di riferimento che propongono e impongono agli adolescenti. E anche le nostre
indagini hanno sempre confermato una evidente e negativa influenza della televisione.
Confrontando i comportamenti degli adolescenti che guardano meno di 1 ora di TV al
giorno con i comportamenti di chi la TV la guarda per più di 3 ore al giorno ci troviamo di
fronte a due realtà comportamentali drasticamente differenti. Per alcuni aspetti è più che
prevedibile: non ci sorprende che chi guarda più TV sia più influenzato dalla pubblicità
(92,2% vs 80,9%) o sia più spinto a imitare i comportamenti dei propri eroi televisivi
(64,1% vs 39,3%). Ci sorprende, invece, come il tempo trascorso davanti alla TV abbia
correlazione, ad esempio, con le abitudini alimentari. Più TV si guarda, più si mangiano
solo le cose che piacciono (46,1% vs 26,4%), più aumenta nettamente il consumo di
merendine confezionate (25,8% vs 15,2%), mentre cala considerevolmente il già basso
consumo di verdura (23,4% vs 36%) e aumenta il consumo di dolci (25,1% vs 20,2%) e
salumi (32,5% vs 27,5%). Naturale conseguenza è che più TV si guarda più si è
insoddisfatti del proprio aspetto fisico (vorrebbe essere più bello il 69,2% vs il 51,1% - più
magro il 52,9% vs il 45,5%); più diete si fanno (24,4% vs 17,4%) e più ce le si
autoprescrive (51,3% vs 43,1%). E poi: più TV si guarda più si beve (vino 41,7% vs 36% birra 54,9% vs 39,9% - liquori 18,7% vs 12,3%), più ci si ubriaca (13,9% vs 10,1%), più si
fumano sigarette (30,2% vs 20,8%), più si fumano canne (5,3% vs 3,4%), più si considera
accettabile prendere integratori o farmaci per migliorare le prestazioni sportive (23,7% vs
16,9%) e si ritiene che la cosa più importante nello sport sia vincere (14,9% vs 10,7%).
Per non parlare della predisposizione alla violenza. Anche la frequenza con la quale si fa a
botte è proporzionale al tempo passato davanti alla TV (54,9% tra chi la guarda più di 3
ore vs 37,6% tra chi la guarda meno di 1); così come diminuisce il giudizio negativo su chi
fa il bullo (59,3% vs 78,1%); aumenta la scelta dell’autodifesa nel caso si subisca una
prepotenza (59,7% vs 39,9%); aumenta il giudizio negativo (spia o fifone) nei confronti di
chi decide di riferire ad un adulto le prepotenze subite (26,1% vs 16,9%). Così come, nei
grandi fruitori di TV, cala nettamente la percezione del rischio e aumenta altrettanto
nettamente la percentuale di chi assume comportamenti che considera rischiosi (72,3% vs
56,2%). E l’elenco potrebbe continuare a lungo.
Una responsabilità della TV nella formazione dei comportamenti adolescenziali c’è
sicuramente - e noi lo abbiamo sempre sostenuto - ma credo abbia anche senso
chiedersi se la TV sia davvero la sola e maggiore responsabile. Abbiamo più volte
sostenuto come una latitanza dei genitori possa portare gli adolescenti a prendere la
televisione come modello di riferimento al quale ispirarsi, facendo proprio il sistema
valoriale proposto da essa. In parte è così, ma guardiamo un po’ noi stessi: guardiamo con
un occhio un po’ più critico la nostra generazione che è proprio quella dei padri e delle
madri delle adolescenti cubiste e degli adolescenti che filmano le ragazzine investite da un
auto.
Guardiamo i nostri comportamenti sul lavoro, negli affetti, nei consumi. Guardiamo alla
società che abbiamo creato dove tutto o è “estremo” o “non è”. Dove non è ammesso
perdere o, soltanto, essere secondi; dove è meglio essere furbi che onesti.
Quale sistema valoriale, messo che abbiamo la voglia e il tempo per farlo, trasmettiamo ai
nostri figli? Quanto è più sano di quello proposto dalla televisione? Non ci piaceva la
famiglia prescrittiva nella quale abbiamo vissuto ed è stato giusto cambiarla, ma non si
può lasciare il vuoto. I dictat vanno sostituiti con l’esempio. Le figlie anoressiche sono
tanto figlie delle modelle taglia 38 che delle mamme ossessionate da due chili di troppo. I
figli bulli sono tanto figli della violenza televisiva che dei padri, eterni adolescenti, pronti a
difenderli e giustificarli sempre e comunque.
In definitiva, quale alternativa al modello televisivo abbiamo da proporre ai nostri figli?
Abbiamo parlato di pubblicità televisiva: una bella pubblicità che la RAI sta mandando in
onda proprio in questi giorni recita:
“Non vogliamo farti assomigliare alla televisione. Vogliamo una televisione che somigli a
te”.
Ecco, non vorrei che così facendo peggiorassero le cose.