La microfinanza a Wall Street La seconda rivoluzione del

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La microfinanza a Wall Street La seconda rivoluzione del
Tariffa Pagata P.D.I.
Autorizzazione
DRT/DCB Vicenza/PDI/254/2004
valida dal 12/01/2004
Microfinanza
BOLLETTINO PER LO SVILUPPO PLURALE
N. 5 - 15 novembre 2004
U n
n u m e r o
2
e u r o
La microfinanza a Wall Street
La seconda
rivoluzione del
microcredito
È una metafora per evocare l’impegno – per ora scarso – dei mercati borsistici nella finanza dei poveri. Oppure è una notizia di cronaca: il 18 novembre 2004, giornata inaugurale dell’Anno internazionale del microcredito proclamato dall’Onu per il 2005, Fatimata Lonfo, microimprenditrice ivoriana rifugiata negli States, inaugura simbolicamente la
seduta del New York Stock Exchange. Invece la microfinanza spunta fuori a sorpresa nel cuore della maggiore Borsa
mondiale, nel suo listino, dove dal 28 marzo 2000 è quotata Icici Bank, la seconda maggiore banca dell’India e la
prima istituzione privata nel sostegno alle banche di microcredito e quindi ai piccoli produttori indiani. L’altro volto della crescita dell’Asia.
Malcolm Harper*
Trenta anni fa ha preso il via una rivoluzione tranquilla nel
mondo della finanza. Un piccolo gruppo di pionieri scoprì che i
poveri hanno bisogno di servizi finanziari e che si poteva fornirglieli in modo sostenibile. Nasceva la microfinanza. Oggi è
in corso una seconda rivoluzione: le banche cominciano ad accorgersi di questa opportunità.
T voluzione tranquilla nel mondo del-
renta anni fa ha preso il via una ri-
la finanza. Non ha avuto sul piano
finanziario l’impatto massiccio che
hanno avuto gli hedge funds – i fondi
di investimento ultraspeculativi – i
prodotti derivati o la piena convertibilità delle valute, ma sul piano dello
sviluppo umano è stato probabilmente il maggior cambiamento degli ultimi cinquant’anni. In Bangladesh, in
Indonesia, in India, in alcuni paesi
dell’America Latina un piccolo gruppo
di coraggiosi pionieri scoprì che i poveri avevano bisogno di servizi finanziari come molti di coloro che sono
più ricchi, e soprattutto che potevano
e volevano pagare per ottenerli.
Microfinanza: principi semplici ma innovativi
Alcuni dei pionieri tentarono di suscitare
l’interesse delle banche tradizionali per
questo nuovo mercato, ma senza successo. Così dovettero avviare nuove organizzazioni specializzate che divennero note come istituzioni di microfinanza
(Mfi). Le Mfi seguivano principi semplici
ma innovativi, tra cui prestare soprattutto alle donne, in genere attraverso qualche forma di metodo di gruppo, prestare
somme molto piccole, per brevi periodi,
e spesso insistere nel raggiungere clienti
che fossero veramente poveri.
Inizialmente le organizzazioni di microcredito lo facevano per cercare di
Italia, tre milioni di famiglie escluse dal sistema finanziario
Europa, le radici territoriali del credito solidale
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Icici Bank, India
Da Pothaipalli a New York, passando per Milano
I bre, più di due dozzine di donne ve-
n una nebbiosa mattina di settem-
stite nei loro colorati sari, con piccoli
libretti in mano, siedono nel terrazzo
di una casa privata nel villaggio di
Pothaipalli, in una zona rurale povera
dell’Andhra Pradesh, Stato dell’India
centrale. Un giovane raccoglie pazientemente denaro da ciascuna donna e
segna l’operazione nel suo libro dei
crediti. Le donne stanno pagando le
rate di piccoli prestiti a Share Microfin, una istituzione di microfinanza di
Hyderabad che fornisce servizi finanziari a 415 mila nuclei familiari in
quattro Stati indiani.
[segue a pag. 4]
* Malcolm Harper, professore emerito alla
Cranfield School of Management (Gran
Bretagna), dopo aver insegnato per anni
economia dell’impresa, dal 1995 lavora
nell’ambito della microfinanza, soprattutto in India dove dirige la microfinanziaria
Basix Finance.
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Fatimata Lonfo, la microimprenditrice ivoriana che inaugura a New York l’Anno internazionale del microcredito,
gestisce a Staten Island la Windyla’s Boutique, aperta
grazie anche ad un prestito dell’organizzazione di
microfinanza statunitense Accion New York ■
Stavolta però c’è una novità. Come
nota la corrispondente di Business
Week da Bombay, Manjeet Kripalani,
«le donne di Pothaipalli sono collegate al mercato globale dei capitali». I loro microcrediti infatti sono entrati a
far parte insieme a migliaia di altri di
una delle prime operazioni di securitization di portafogli di istituzioni microfinanziarie, e certamente della maggiore
finora avviata nel mondo. In sostanza
una banca partner emette delle obbligazioni, garantite e finanziate dal portafoglio microfinanziario di una o più
Mfi, e le vende sul mercato a investitori istituzionali per raccogliere nuovo
capitale per le organizzazioni del microcredito.
La banca partner di Share Microfin è
Icici Bank e l’operazione vale 4,3 milioni di dollari. Contemporaneamente
Icici conduce un’operazione analoga
da 1 milione di dollari con Basix Finance, la più antica delle istituzioni di
microfinanza indiane. La banca incassa
i pagamenti dei clienti delle Mfi, affacciandosi in tal modo nel nuovo mercato dei microimprenditori poveri, ma lascia che siano le microfinanziarie, che
conoscono il territorio e i piccoli produttori, a continuare a svolgere il ruolo
di agenti di raccolta. Le organizzazioni
di microfinanza, dal canto loro, ricevono i nuovi capitali sottoscritti tramite
le obbligazioni e quindi hanno, in questo caso, oltre 5 milioni di dollari di
nuove risorse per espandere l’attività.
Icici sta per Industrial Credit and
Investment Corporation of India e
nasce nel 1955 come finanziaria per
lo sviluppo promossa dal Governo
indiano insieme a rappresentanti dell’imprenditoria industriale e alla Banca Mondiale. Nel 1994 parte Icici
Bank che rapidamente diventa la seconda banca indiana in termini di attivo. Nel 2000, dopo le Borse indiane,
l’approdo a Wall Street, dove Icici è il
primo titolo tra le istituzioni finanziarie asiatiche, Giappone escluso.
[segue a pag. 2]
Microfinanza 5 15 novembre 2004
1
I dati della Banca d’Italia sui bilanci familiari nel 2002
Italia, tre milioni di famiglie escluse dal sistema finanziario
Donne, anziani, operai, nuove partite Iva: la mappa di chi non ha neanche un conto in banca
Francesco Terreri
L’ lare, alla fine del 2002, di almeno
85,9% delle famiglie italiane è tito-
una attività finanziaria. Ad esempio, il
77,9% ha un deposito bancario, il
16,9% un deposito postale, il 9,4% titoli di Stato, il 14% obbligazioni e quote di fondi comuni di investimento.
Ma il restante 14,1% delle famiglie
– quasi tre milioni su un totale di 21,2
milioni – non è titolare di nessuna attività, neanche nelle forme più semplici
del conto corrente bancario o postale.
Anche se non necessariamente povero,
è escluso dal sistema finanziario.
I dati sono contenuti nel Supplemento al Bollettino Statistico della Banca
d’Italia “I bilanci delle famiglie italiane
nell’anno 2002”, uscito quest’anno a
marzo. Esaminando le caratteristiche
riferite al “capofamiglia”, cioè al maggior percettore di reddito all’interno
della famiglia, otteniamo una vera e
propria mappa dell’esclusione finanziaria in Italia. Ci riferiamo in particolare al più diffuso strumento finanziario, il deposito bancario, che in larga
misura – per quasi i tre quarti del totale – è deposito in conto corrente. In
qualche caso, come nei piccoli centri
o nel Mezzogiorno, altre attività come
i depositi postali sembrano attenuare
l’effetto di esclusione. Viceversa, per
le attività finanziarie più sofisticate le
disuguaglianze tra gruppi sociali e territori appaiono più accentuate.
In primo luogo l’esclusione finanziaria riguarda le donne: il 30,1% di esse
non possiede un deposito in banca
contro il 18,7% di uomini. Le quote
degli esclusi sono in aumento rispetto
alla rilevazione precedente del 2000:
allora non aveva un deposito bancario
il 29,6% delle donne e il 17,9% degli
uomini.
Sono maggiormente esclusi gli anziani: non possiede un deposito in banca
il 38% degli ultrasessantacinquenni,
mentre nelle altre fasce di età gli
esclusi sono sempre sotto il 20%, con
l’eccezione dei più giovani (fino a
trent’anni) che vedono un 22,8% di
loro senza conto in banca. L’esclusione, inoltre, cresce al diminuire del livello di istruzione: è privo di un deposito il 63,8% delle persone senza titolo
di studio e il 36,1% di coloro che hanno la licenza elementare, mentre la
quota si riduce sotto il 20% per chi ha
concluso la scuola dell’obbligo, sotto
il 10% per i diplomati e al 4,2% per i
laureati.
Sono più escluse le famiglie a basso
reddito: non ha depositi bancari il
67,7% di quelle con reddito fino a 10
mila euro annui e il 33% di quelle con
reddito tra 10 mila e 20 mila euro. Sopra i 30 mila euro l’esclusione si riduce al 5%. Ci sono differenze anche tra
i settori produttivi e le condizioni
professionali. Il 21,2% dei capofamiglia contadini non ha un deposito
bancario mentre nell’industria e nel
terziario la quota scende sotto il 15%
Il risparmio dei poveri: 12 miliardi di dollari
nelle istituzioni di microfinanza
Anche l’Africa riesce a risparmiare.
K-Rep, Kenya Rural Enterprise Program, è la maggiore delle istituzioni di
microfinanza africane. È attiva dal
1984 nel sostegno ai piccoli produttori della città e della campagna keniota.
Da poco è diventata una vera e propria
banca, sia pur “micro”.
Quasi 39 mila contadini, artigiani e
commercianti poveri, più della metà
donne, hanno finora ricevuto un credito da questa istituzione. Il portafoglio a rischio oltre i 30 giorni è appena
il 2% del totale. Ma il dato forse più
clamoroso è che i clienti di K-Rep hanno depositato in banca l’equivalente
di 5 milioni 930 mila dollari: il risparmio dei poveri. ■
L’Ifad e le microbanche,
dall’India all’Armenia
L’ larmente impegnata nel campo della microfinanza. Tra l’altro collabora in India con
Ifad, il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo, è un’agenzia dell’Onu partico-
Icici Bank e in Armenia con Acba, Agricultural Cooperative Bank of Armenia, anch’essa
presente a Milano il 18 novembre al convegno “Investire in microfinanza”.
Acba è un’organizzazione di microcredito che è cresciuta fino a diventare una banca cooperativa. Con Acba l’Ifad in Armenia è impegnato nell’Agricultural Services Project, un
progetto da 20 milioni di dollari di sostegno ai produttori agricoli poveri. Il progetto ha
raggiunto circa 33 mila famiglie con il supporto e il credito alla piccola impresa rurale,
mentre i benefici degli interventi per l’irrigazione e la produzione e certificazione dei semi potrebbero estendersi fino a 230 mila famiglie in tutto il paese. ■
S Manfred Zeller (Università di Göttinecondo uno studio di Cécile Lapenu e
Da Pothaipalli a New York,
passando per Milano
[segue da pag. 1]
Attualmente Icici Bank – presidente
Narayanan Vaghul, amministratore
delegato Vaman Kamath – raccoglie
risparmio per 681 miliardi di rupie
(15 miliardi e mezzo di dollari) e ha
un volume di impieghi di 621 miliardi di rupie (14 miliardi di dollari),
raggiungendo con i suoi 13.600 addetti un’ampia clientela sia di famiglie che di imprese.
Ma Icici ha anche un’importante sezione di iniziative sociali: salute dei
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Microfinanza 5 15 novembre 2004
bambini, istruzione, supporto alla
microfinanza.
Ed è in questo campo che sperimenta
prodotti innovativi, dal campo assicurativo alle nuove forme di finanziamento delle microbanche come la
securitization.
Anil Kumar, Chief manager di Icici
Bank, è ospite il 18 novembre a Palazzo Mezzanotte in Piazza Affari a
Milano al convegno “Investire in microfinanza. Il ruolo delle banche” organizzato da Ifad, l’Agenzia dell’Onu
per lo sviluppo rurale, Abi, Associazione Bancaria Italiana, Federcasse,
Federazione delle Banche di credito
cooperativo, e Microfinanza. ■
e nella pubblica amministrazione sotto il 10%.
Tra i lavoratori dipendenti sono maggiormente esclusi gli operai (23,2%) rispetto agli impiegati (7,5%). Tra i lavoratori autonomi, soprattutto di nuova
generazione, è senza deposito in banca
il 14,4% delle famiglie, mentre la quota scende a meno del 2% per imprenditori e liberi professionisti. Il dato dei
pensionati – 32,5% di esclusione –
conferma le difficoltà delle famiglie
con persona di riferimento anziana.
Altre indicazioni riguardano la composizione del nucleo familiare e la
localizzazione. Sono maggiormente
escluse dal sistema finanziario due tipi di famiglie: quelle con 1 componente (non ha il conto il 35,7%) e le
famiglie con 5 o più componenti
(25,7% senza deposito). La mancanza
di conto in banca è più frequente
quando in famiglia c’è un solo reddito: 32,2% di esclusi.
L’esclusione è maggiore nei piccoli
centri: è senza deposito il 23,9% delle
famiglie che abitano in Comuni fino a
20 mila abitanti e il 23,1% di quelle
dei Comuni fino a 40 mila abitanti.
Sono maggiormente escluse le famiglie del sud e delle isole: il 44,9%, contro il 15% dell’Italia centrale e l’8,7%
dell’Italia settentrionale. ■
gen) per l’International Food Policy Research Institute (Ifpri), 1.500 istituzioni
di microfinanza in 85 paesi prestano
complessivamente 17 miliardi 452 milioni di dollari a circa 23 milioni di clienti poveri, ma raccolgono da loro 12 miliardi 270 milioni di dollari di risparmio.
Del resto l’Undp, il Programma delle
Nazioni Unite per lo Sviluppo, calcola
che il 20% più povero della popolazione mondiale – le persone che vivono
con meno di un dollaro al giorno a cui
fa capo appena l’1,4% del reddito
mondiale – risparmi complessivamente 44 miliardi di dollari, il 15,8% del
proprio reddito.
La ricerca “Microfinanza in Europa”, coordinata dalla professoressa Laura Viganò,
è in fase di pubblicazione presso Giuffrè
Editore. Per maggiori informazioni si possono consultare il sito della Fondazione
Giordano Dell’Amore (www.fgda.org) e
quello della Fondazione Europea Guido
Venosta (www.fondazionevenosta.it).
Le radici territoriali della microfinanza europea
A cura della Fondazione Giordano Dell’Amore
S
ituazioni di incertezza e fragilità economica caratterizzano oggi le
economie in via di sviluppo così come
i segmenti storici e nuovi delle economie industrializzate. La rilevanza dei
flussi migratori, il decadimento di interi settori, la perdita di utilità delle
competenze storicamente acquisite, la
difficoltà di inserimento per nuove
realtà economiche, così come l’incertezza caratterizzante il mercato del lavoro, sono alcune delle ragioni alla base dello sviluppo in chiave “moderna”
della microfinanza in Europa.
Le nuove povertà
Il fenomeno in realtà ha origini più
profonde di quanto spesso si pensi. Le
forme di sostegno a favore delle fasce
sociali più deboli in Europa risalgono
infatti alla fine dell’800, con le piccole banche di villaggio prussiane basate
sulla responsabilità solidale create da
Raiffeisen e le banche popolari in
ambiente urbano, ideate da SchulzeDelitzsch.
Sulla scia di queste prime esperienze,
nel vecchio continente si assiste all’inizio del secolo scorso alla diffusione di
forme istituzionali basate su un modello di tipo cooperativo e mutualistico
che in relazione ai differenti contesti di
applicazione assumeva connotazioni
differenti: le banche di credito cooperativo in Italia; le lending charities inglesi;
le Loan Fund Institutions irlandesi; le
Mutuas Montepìo Geral in Portogallo.
Nonostante il contesto storico e socioeconomico europeo sia notevolmente
cambiato negli ultimi cinquanta anni,
il fenomeno dell’esclusione finanziaria anche se in forma diversa e per motivi distinti rimane uno dei fattori che
accompagna la marginalizzazione economica in molti segmenti della società moderna.
Queste forme di marginalità sono prevalentemente concentrate in quei
gruppi di popolazione che soffrono
una condizione di povertà e di esclusione sociale identificabili in forme
molto diverse tra loro. In Europa,
considerando che le piccole e medie
imprese costituiscono la maggior parte delle realtà economiche esistenti, la
capacità del sistema bancario di servire le aziende più piccole è un elemento cruciale per il raggiungimento di
una migliore condizione generale in
termini socio-economici. L’esclusione
dai servizi bancari, e dal credito in
particolare, costituisce un ostacolo insormontabile per lo sviluppo di imprese che possono presentare profili
reddituali futuri anche molto interessanti ma che non dispongano di sufficienti garanzie (reali o patrimoniali) o
delle qualità specifiche richieste dal
sistema bancario tradizionale.
In un contesto che presenti tali caratte-
I programmi di microcredito in Europa occidentale censiti dalla Fondazione G. Dell’Amore
Belgio
Belgio
Belgio
Finlandia
Francia
Francia
Francia
Germania
Germania
Germania
Germania
Gran Bretagna
Gran Bretagna
Gran Bretagna
Gran Bretagna
Gran Bretagna
Irlanda
Irlanda
Irlanda
Italia
Italia
Italia
Italia
Italia
Italia
Italia
Italia
Italia
Italia
Portogallo
Spagna
Spagna
Spagna
Spagna
Spagna
Spagna
Spagna
Spagna
Spagna
Svezia
Svezia
Brusco
Credal
Netwerk Vlaanderen
Finnvera plc
Adie
Paris Love and Money
Socodem
Enigma
Investitions Bank Berlin
Lawaetz
Projekt Enterprise
Art
OneLondon
Salford MoneyLine
Street Uk
Weetu
Aspire
First Step
Western Development Commission (Wdc)
Banca Popolare Etica
Banca Popolare Etica – Progetto Caritas Treviso
Cgm Finance
Fondazione Antiusura S. Maria del Soccorso
Fondazione San Carlo
Mag 2 Finance
Mag 4 Piemonte
Mag Venezia
Mag Verona
Regione Toscana
Andc
Acciò solidaria contra l’atur (Barcellona)
Associazione Reas net
Coop57
Fidem
Fundacion La General para el Desarollo Solidario Granada
Fundacion Laboral Wwb en España (Flwwbe)
Fundacion Un sol mon (Caixa Catalunya)
Ico (Instituto de Credito Oficial)
Instituto Municipal de Formacion y Empleo - Imfe (Granada)
Almi
Swedish Jobs and Society
ristiche, lo sviluppo della microfinanza
da parte di banche commerciali così come da parte di altri intermediari finanziari e istituzioni diverse potrebbe rappresentare una soluzione per colmare
le lacune evidenziate.
I crediti sono ripagati
In questo senso, la ricerca “Microfinanza in Europa”, risultato di un progetto
in collaborazione tra la Fondazione
Giordano Dell’Amore e la Fondazione
Europea Guido Venosta, indagando lo
stato dell’arte della microfinanza europea – intesa come Unione Europea a 15,
prima dell’allargamento del 1° maggio
2004 – ha cercato di evidenziare quale
sia il ruolo odierno delle istituzioni impegnate nel settore, delineandone i tratti caratteristici ed evidenziandone le
possibilità di sviluppo.
Pur nell’eterogeneità delle esperienze e
le diverse forme istituzionali identificate (cooperative; istituti finanziari; fondazioni, associazioni o ong) prevale un
modello operativo che si avvale della
collaborazione con le organizzazioni
che lavorano a stretto contatto con le
popolazioni obiettivo nel territorio. In
generale, emerge che le istituzioni di
microfinanza operano in ambito principalmente urbano, offrendo prevalentemente servizi di credito ai quali spesso si affianca un’attività di consulenza
e di accompagnamento del cliente. Le
istituzioni presenti nel campione indagato presentano tassi di rimborso sui
crediti in media abbastanza buoni e si
rivolgono a una clientela molto eterogenea finanziando capitale circolante e
di investimento delle attività economiche già esistenti, oltre all’avviamento
di micro e piccole imprese.
Viene inoltre evidenziato che, nell’offerta di servizi microfinanziari sostenibili in un’ottica di lungo periodo, le
istituzioni “vincenti” tendono a specializzarsi nella fornitura di soli servizi
finanziari (approccio minimalista);
usufruiscono di sussidi solo nel medio
periodo nel tentativo di essere autosufficienti orientandosi alla piena sostenibilità finanziaria nel lungo; determinano il prezzo dei propri prodotti
e servizi con l’obiettivo di coprire i costi di gestione; considerano l’innovazione un elemento cruciale nel processo di sviluppo e, infine, utilizzano
prevalentemente la tecnologia di credito individuale, considerando eventualmente la possibilità di utilizzare il
credito di gruppo.
È però evidente che, nonostante alcune delle precedenti indicazioni siano
valide per quasi tutte le realtà in ambito europeo, saranno poi la finalità
perseguita e la sensibilità dell’operatore gli elementi determinanti per la
concretizzazione nel contesto operativo; non bisogna, infatti, dimenticare
che la forza della microfinanza risiede
nella capacità di inserirsi nel contesto
locale sfruttandone le peculiarità esistenti, eventuali sinergie e utilizzando
strumenti e risorse finora poco considerate dagli istituti tradizionali di credito. Per questa ragione, le conclusioni emerse vogliono essere delle linee
guida e non rappresentare delle specifiche indicazioni operative. ■
Esclusione in Europa, un’enorme terra
di nessuno
trebbe comprendere tra i 2 e i 4 milioni
o sviluppo della microfinanza è stato
■
L largamente guidato nei paesi in via di diDapersone.
“A Western Perspective on Eastern
sviluppo dall’agenda della lotta alla povertà e nelle economie in transizione
dell’Europa orientale dall’agenda dello
sviluppo dell’impresa. In Occidente invece la microfinanza è stata introdotta
come strumento per combattere l’esclusione sociale e finanziaria di una parte
della società che sta tra i poveri e i nonpoveri: di quella parte di popolazione
cioè che è fuori dal raggio di azione delle banche commerciali ma sopra il limite dell’assistenza. È un’enorme “terra di
nessuno” che solo in Gran Bretagna po-
Europe” a cura di Street Uk (Gran Bretagna)
Microcredito nella Nuova Europa
I dati del Microfinance Centre for Central and
Eastern Europe and the New Independent States
(2003)
Numero Mfi
Portafoglio crediti complessivo
(milioni di dollari)
Numero di clienti attivi
Prestito medio (in dollari)
Portafoglio a rischio (30 giorni)
63
321,3
281.325
1.637
3,3%
I maggiori programmi di microfinanza nelle economie in transizione
per dimensioni del portafoglio (in milioni di dollari, 2003)
Hungarian Foundation for Enterprise Promotion
Vwi Eki, Bosnia Herzegovina
Mikrofin, Bosnia Herzegovina
Opportunity Bank Montenegro
Partner, Bosnia Herzegovina
Besa Foundation, Albania
Agroinvest, Serbia e Montenegro
Sunrise, Bosnia Herzegovina
Fundusz Mikro, Polonia
XAC Bank, Mongolia
47,9
19,2
17,8
16,7
15,3
15,1
12,2
8,7
8,5
8,4
Microfinanza 5 15 novembre 2004
3
I nuovi servizi del mercato della microfinanza
Quasi 200 le microbanche col rating
S tuzioni di microcredito a cui è stato
ono 194 al 5 novembre 2004 le isti-
attribuito un rating da una delle 12
agenzie di valutazione accreditate presso
il Cgap, Consultative Group to Assist
the Poor, il consorzio di 28 istituzioni
internazionali, tra cui agenzie Onu, organismi governativi di cooperazione
(c’è anche il Ministero degli esteri italiano), banche regionali di sviluppo,
che sta promuovendo la diffusione delle informazioni e la trasparenza nel nascente mercato della microfinanza.
La metà delle 12 organizzazioni di «raters» riconosciuti sono filiali di agenzie di rating ufficiali, come Standard &
Poor’s Argentina o Fitch Cile, che hanno fatto solo qualche singola esperienza di valutazione di microbanche.
Una, Accion International, è in realtà
un network di istituzioni di microfi-
nanza e quindi rischia un possibile
conflitto di interessi. Ma gran parte
dei rating fanno capo a sole cinque organizzazioni: la francese Planet Rating, la statunitense MicroRate, due
indiane, Crisil (agenzia formale con
sezione specializzata) e M-Cril, e l’unica italiana, Microfinanza srl.
In tre anni di lavoro Microfinanza ha
valutato o sta completando la valutazione di 36 istituzioni microfinanziarie
in 16 paesi, con una forte presenza in
Europa orientale (Balcani, Russia), Asia
centrale (dall’India al Kyrgyzstan),
America Latina (dal Messico all’Ecuador). Meno ampio per ora il lavoro in
Africa, ma un forte impulso alla crescita in quell’area sta arrivando dalla
collaborazione avviata con l’Ifad, l’agenzia delle Nazioni Unite per lo sviluppo rurale.
Il rapporto di valutazione è utile in primo
luogo alla stessa istituzione di microfinanza,
perché costituisce un
check-up completo della banca dei poveri, con
l’individuazione dei
punti di forza e di debolezza. Ma il rating
aiuta anche i potenziali investitori in microfinanza a individuare
le organizzazioni da finanziare, come già
stanno facendo alcuni
fondi specializzati, promossi non solo da organizzazioni non profit ma anche da
banche (nessuna italiana). D’altra
parte il rapporto costa all’istituzione
Le banche alla prova della microfinanza
Malcolm Harper
[segue da pag. 1]
aiutarli, ma presto si resero conto che
l’iniziativa acquistava anche il significato di un buon affare. I poveri risparmiavano più regolarmente, utilizzavano i crediti più responsabilmente e
rimborsavano con maggiore affidabilità. Le stime variano, ma qualcosa come quindici o venti milioni di persone, soprattutto donne, accedono ora
ai servizi finanziari delle Mfi.
I limiti della crescita
Ci sono tuttavia molte rilevanti difficoltà che impediscono alle Mfi di svilupparsi come dovrebbero per raggiungere i miliardi di persone che hanno
bisogno dei loro servizi. Sono difficoltà
che, inoltre, limitano la stessa qualità e
sicurezza dei servizi forniti.
Alcuni dei precursori tra le Mfi sono ora
molto grandi e sono, come si usa dire,
sostenibili, che vuol dire capaci di ge-
Bollettino per lo sviluppo plurale
n. 5 - 15 novembre 2004
Autorizzazione del Tribunale di Vicenza n. 1016/2002
Direttore responsabile Francesco Terreri
In redazione: Mameli Biasin
Hanno collaborato: Fabio Malanchini, Aldo Moauro, Malcolm Harper,
Kamlita Reddy (Ifad), Paolo Vitali (Fondazione Giordano Dell’Amore)
Editore: Associazione Microfinanza e Sviluppo
via Monticello di Fara 13/b 36040 Sarego (VI)
tel. 3351284571 e-mail: [email protected]
Stampa: Publistampa Arti grafiche, Pergine (TN)
Abbonamento per venti numeri: 40 euro.
Versamento sul conto corrente postale n. 23482177
intestato a Associazione Microfinanza e Sviluppo
via Monticello di Fara 13/b 36040 Sarego (VI).
Indicare con precisione nome e indirizzo.
Tra le banche europee che si sono affacciate nel settore della microfinanza, oltre agli istituti della finanza etica, ci sono: Abn Amro (Olanda), attraverso nuove società partecipate
insieme ad associazioni non profit, finanza di comunità, organismi della cooperazione che
investono in istituzioni di microfinanza; Deutsche Bank con il Microcredit Development
Fund; Dexia (franco-belga) con il Dexia Microcredit Fund, un vero e proprio fondo di investimento gestito insieme alla società di microfinanza svizzera Blue Orchard; Rabobank
Foundation (credito cooperativo Olanda); Société Générale con alcune filiali nei paesi poveri che sostengono microbanche. Bank of Ireland, dal canto suo, è partner di First Step
nel microcredito alla nuova imprenditoria irlandese, mentre da ottobre 2004 Bnp-Paribas
collabora con la francese Adie (Association pour le Droit à l’Initiative Economique) nel microcredito ai disoccupati che creano nuove imprese in Francia. In Italia il Credito cooperativo ha avviato il progetto Microfinanza Campesina con l’Ecuador.
nerare profitti marginali, cioè un reddito operativo. Hanno tuttavia richiesto
un consistente sussidio per essere avviati e molti di loro dipendono ancora in
qualche modo da sussidi, come capitale
o prestiti «socialmente responsabili» o
formazione e consulenze gratuite.
Altre Mfi, come Bancosol in Bolivia o
Grameen Bank in Bangladesh, sono divenute esse stesse banche commerciali
completamente sviluppate e devono
adattarsi alle medesime regole delle altre
banche. Ma la maggior parte delle istituzioni di microfinanza non sono regolate e molte sono gestite non da professionisti finanziari ma da operatori
sociali. I poveri, inoltre, hanno bisogno
di un luogo sicuro e accessibile per risparmiare non meno che per ottenere
credito e molte Mfi violerebbero la legge
se accettassero i risparmi dei loro clienti.
Le autorità chiudono un occhio e i pochi fallimenti successi fin qui sono
stati salvati dagli imbarazzati donatori
che avevano inizialmente promosso
l’istituzione, ma un maggior numero
di problemi di questo genere è destinato a capitare in futuro.
Le banche tradizionali hanno mantenuto il loro scetticismo per vari anni.
Molte di loro hanno avuto amare esperienze con i progetti speciali di credito
per la riduzione della povertà, finanziati da governi, Banca Mondiale o altri
donatori esteri, ed erano convinte che
lavorare con i poveri fosse costoso e ad
alto rischio. Quello che non avevano
valutato nella giusta misura era che le
persone povere, come chiunque altro,
si comporteranno responsabilmente se
vengono trattate responsabilmente e se
i prodotti finanziari sono opportunamente progettati e commercializzati
per soddisfare le loro necessità.
L’ora delle banche
Fortunatamente ora è in corso una seconda rivoluzione. Alcune banche
commerciali lungimiranti si sono rese
conto di essersi lasciate sfuggire una
grande opportunità. Molte hanno
centinaia o anche migliaia di filiali
sottoutilizzate e sono esposte ad una
crescente concorrenza da parte delle
banche multinazionali e delle boutiques finanziarie dedicate alla clientela
corporate (grandi società) e ai privati
con consistenti patrimoni.
I milioni di microimprenditori poveri
urbani e rurali rappresentano un vasto
e accessibile mercato. Le banche tradizionali possono non solo ottenere
profitti da esso ma anche offrire ad esso un servizio più sicuro e professionale, non dipendente dal governo o
dall’assistenza dei donatori esteri.
Banque du Caire in Egitto, ad esempio,
era una tipica banca del settore pubblico. È entrata nel mercato della microfinanza nel 2001 e attualmente presta a
65 mila persone, che prima non si sarebbero permesse neanche di entrare in
un istituto di credito. L’Agricultural
Bank of Mongolia, controllata dallo
Stato, perdeva denaro ed era sotto minaccia di chiusura. Il management ha
deciso nel 2000 di non operare tagli e
invece di puntare a raggiungere il vasto
numero di pastori nomadi non bancarizzati e altri che richiedessero servizi
valutata, ma il Cgap
mette a disposizione
un apposito fondo che
finanzia fino all’80%
del costo del rating.
«Il mercato degli investimenti in microfinanza sta nascendo ma per
attrarre maggiori flussi
ed investimenti ha bisogno di rafforzare il livello di trasparenza e di
informazione. Il rating
professionale di istituzioni di microfinanza
va esattamente in questa direzione» afferma
Aldo Moauro, che dirige la divisione rating di Microfinanza
srl. I rapporti di rating sono disponibili sul sito www.mfirating.org ■
bancari formali. La banca ha ora 128
mila nuovi clienti e la sua performance
finanziaria è totalmente cambiata. Recentemente l’Agricultural Bank è stata
privatizzata con successo e i nuovi proprietari sono determinati a continuare e
ad espandere l’offerta della banca ai cittadini meno benestanti del paese.
State Bank of India, la più grande
banca del mondo in termini di impiegati e di numero di filiali, è stata sempre un’istituzione conservatrice, come
ci si poteva aspettare dati i suoi 196
anni di storia. Recentemente però State
Bank ha iniziato a rivolgersi ai milioni
di poveri rurali dell’India e oltre 2 milioni e mezzo di donne dei villaggi
stanno ora ottenendo credito attraverso gruppi di mutuo aiuto che a rotazione depositano risparmio e prendono a
prestito dalla banca. Banco Solidario
in Ecuador ha avuto un successo simile
e oggi ha quasi 100 mila clienti poveri.
La Commercial Bank of Zimbabwe,
nonostante le difficili condizioni di
quel paese, ha scoperto che i suoi clienti microfinanziari sono tra i più affidabili del suo portafoglio.
Qualche banca come Icici Bank, la seconda dell’India in termini di attivo,
Sonali Bank in Bangladesh e un numero molto piccolo di banche multinazionali non hanno le reti di filiali
necessarie per raggiungere direttamente le masse di esclusi dal credito.
Tuttavia questi istituti riconoscono il
potenziale del nuovo mercato della
microfinanza e negli ultimi anni vi
hanno più o meno partecipato indirettamente, fornendo fondi alle Mfi o
affidando la gestione dei loro portafogli di microcredito a Mfi o ad altre organizzazioni non governative, pur
conservando i prestiti nei loro libri
contabili. In tal modo si sono creati
portafogli profittevoli di svariate centinaia di milioni di dollari e questa
componente delle loro attività cresce
più rapidamente delle altre.
Le Nazioni Unite hanno proclamato il
2005 Anno del microcredito. C’è da
augurarsi che un numero molto maggiore di banche commerciali, incluse
quelle con sede nei paesi più ricchi,
comprenda il messaggio che fare banca con i poveri significa operare bene,
e al tempo stesso fare del bene. ■