Working Paper n. 2007-09 - Università degli Studi di Milano

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Working Paper n. 2007-09 - Università degli Studi di Milano
MICROFINANCE IN LDCS:
MULTIPURPOSE NGOS LINKAGE MODELS
CHIARA SANSEVERINO
Working Paper n. 2007-09
MARZO
2007
DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE AZIENDALI E STATISTICHE
Via Conservatorio 7
20122 Milano
tel. ++39 02 503 21501 (21522) - fax ++39 02 503 21450 (21505)
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E Mail: [email protected]
Pubblicazione depositata ai sensi della L. 106/15.4.2004 e del DPR 252/3.5.2006
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INDICE
Introduzione
3
PARTE I
1. Il problema dell’accesso ai servizi finanziari nei PVS
4
2. Il Paradigma del Credito Diretto: il DCP
6
3. La finanza informale
8
PARTE II
4. La microfinanza
11
5. Le principali caratteristiche dei programmi di microfinanza:
5.1. Target
12
5.2. Servizi finanziari
14
5.2.1.
Credito
14
5.2.2.
Risparmio
15
5.3. Servizi non finanziari
16
5.4. Principali tipologie istituzionali
18
5.5. Tipologie di offerta
21
PARTE III
6. ONG e Microfinanza
29
7. Partenariati e reti per la microfinanza
33
8. I quattro partenariati:
8.1. Partenariato CARE – CBZ (ZIMBABWE)
33
8.2. Partenariato COSPE - Unicredit-Zagrebačka – LiNK (BOSNIA)
35
8.3. Partenariato ACRA - FINCAFE – ANED (BOLIVIA)
37
8.4. Partenariato RBI/NABARD/Canara Bank-Dhan Foundation
39
9. Le ONG multipurpose nei quattro partenariati: ruolo e strumenti
40
Conclusioni
45
Bibliografia
46
Tabelle
I-VIII
1
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LISTA ACRONIMI
ACRA – ASSOCIAZIONE DI COOPERAZIONE RURALE AFRICA E AMERICA LATINA
ASCRAs – ACCUMULATING SAVINGS AND CREDIT ASSOCIATION
BDS (O EDS) – BUSINESS (OR ENTERPRISE) DEVELOPMENT SERVICES
BLFs – BLOCK-LEVEL ASSOCIATIONS
CBZ – CENTRAL BANK OF ZIMBABWE
CGAP – CONSULTIVE GROUP TO ASSIST THE POOR
CLAs – CLUSTER-LEVEL ASSOCIATIONS
COSPE – COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO PER I PAESI EMERGENTI
CU – CREDIT UNIONS
DPC – DIRECT CREDIT PARADIGM
FI – FINANZA INFORMALE
FFP – FUNDO FINANCIERO PRIVADO
IF – ISTITUZIONI FINANZIARIE
IFF – ISTITUZIONI FINANZIARIE FORMALI
MFI – ISTITUZIONI DI MICROFINANZA
ONG – ORGANISMI NON GOVERNATIVI
PVS – PAESI IN VIA DI SVILUPPO
ROSCAs – ROTATING SAVINGS AND CREDIT ASSOCIATIONS
SBP – SUSTAINABLE BANKUNG WITH THE POOR
SHGs – SELF-HELP GROUPS
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Introduzione
Il settore della microfinanza1 è cresciuto notevolmente nell’ultimo decennio, sia in termini di numero di
soggetti raggiunti, sia in termini di popolarità acquisita. Lo dimostra il percorso recente che, a partire dal
Microcredit Summit del 1997 e dalla successiva risoluzione ONU, ha portato al riconoscimento del
microcredito e della microfinanza come strumenti efficaci per combattere la povertà attraverso la lotta
all’esclusione finanziaria. Alla luce della recente popolarità, la microfinanza suscita curiosità e desiderio di
approfondimento.
In questa sede ci si concentrerà sulle esperienze di microfinanza nei PVS, sebbene non sia trascurabile
l’entità che i programmi di microfinanza vanno assumendo anche in contesti sviluppati.
Questo lavoro si pone tre obiettivi che corrispondono alla suddivisione in tre parti: analizzare le principali
problematiche e le strategie di accesso ai servizi finanziari da parte delle fasce di popolazione a basso
reddito dei PVS, illustrare le tipicità della microfinanza ed infine mostrare le potenzialità delle ONG nella
promozione dei partenariati per la microfinanza. Questa tipologia di Microfinance Institution (MFI), nelle
molteplici forme in cui si incontra, risulta interessante per il ruolo strategico che ricopre all’interno delle
reti di attori che si occupano di sviluppo economico e sociale nei PVS, in particolare riguardo alla
promozione dei servizi finanziari. L’analisi parte da una panoramica delle principali barriere di accesso ai
servizi finanziari nei PVS, per poi analizzare gli interventi governativi di Credito Diretto realizzati fino agli
anni ‘80 e le caratteristiche salienti della finanza informale, a cui la microfinanza grandemente attinge. Si
illustreranno poi le caratteristiche rilevanti che contraddistinguono gli interventi e gli attori del settore della
microfinanza, per poi arrivare a trattare il ruolo delle ONG nei partenariati per la microfinanza attraverso
l’analisi di quattro casi in contesti tra loro molto diversi: Zimbabwe, Federazione di Bosnia-Herzegovina,
Bolivia e India.
Questo lavoro è rivolto ad operatori della cooperazione allo sviluppo e a studenti con provenienza
multidisciplinare che intendano acquisire alcuni strumenti tecnici e approfondire gli aspetti teorici
maggiormente rilevanti in questo ambito.
1
Il termine è di recente coniazione e si distingue da quello di microcredito per alcune caratteristiche che più avanti saranno
analizzate. Per esigenze di trattazione saranno qui di seguito utilizzati come sinonimi.
3
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PARTE I
1. Il problema dell’accesso ai servizi finanziari nei PVS
Nei mercati finanziari dei Paesi in Via di Sviluppo (PVS) si genera un fenomeno di esclusione dai servizi
finanziari formali a danno di ampie fasce di popolazione a basso reddito; si parla infatti dell’esistenza di
una frontiera finanziaria (Von Pischke, 1991) che divide gli utenti delle Istituzioni Finanziarie Formali
(IFF) dalla vastissima fetta di popolazione considerata ‘non bancabile’.
Le origini di tale esclusione risiedono, da un lato, nei ‘fallimenti del mercato’ generalmente associabili al
mercato finanziario2 e dall’altro, nell’accresciuta onerosità e rischiosità delle transazioni finanziarie nei
PVS per ragioni legate in particolar modo al contesto.
Le attività economiche nei PVS, caratterizzate dal basso livello tecnologico, dalla scarsa dotazione
infrastrutturale e dalla penuria di personale qualificato hanno luogo per la maggior parte in contesti
marginali urbani e in ambito rurale, dove si concentra la maggioranza della popolazione.
La marginalità geografica, economica, sociale e culturale legata al contesto incide in misura significativa
sulla scelta delle IFF di razionare il credito3 a causa della eccessiva rischiosità dei clienti e degli elevati
costi di transazione4 che sono costrette a sostenere.
In primo luogo, sotto il profilo della rischiosità, nei contesti marginali dei PVS se ne riscontra un aumento
per effetto della inadeguatezza delle garanzie (collaterals). Le garanzie patrimoniali infatti sono scarse e,
laddove presenti, hanno un basso valore commerciale5 e sono di incerta appropriabilità6, in quanto situate
in contesti remoti oppure prive di titoli di proprietà.
2
Stiglitz & Weiss, 1981.
3
Si verifica razionamento del credito quando sussistono due condizioni indicate da Stiglitz & Weiss (1981, pp. 394-395): «(a)
among loan applicants who appear to be identical some receive a loan and others not, and the rejected applicants would not
receive a loan even if they offered to pay a higher interest rate; or (b) there are identifiable groups of individuals in the population
who, with a given supply of credit, are unable to obtain loans at any interest rate, even though with a lager supply of credit, they
would».
4
I costi di transazione sono quel complesso di oneri che i soggetti interessati all’attività finanziaria debbano sostenere per
decidere, configurare e gestire le operazioni (Mauri, 2000b). In particolare sono: costi di ricerca delle opportunità operative, costi
di valutazione e selezione delle controparti, costi di esecuzione dello scambio, costi di gestione del rapporto e di recupero dei fondi
prestati.
5
Nei contesti rurali o informali, ai fini della copertura a garanzia dei prestiti, gli immobili vengono sotto-valutati rispetto al loro
valore commerciale, già di per sé basso. A volte, quindi, anche in presenza di beni immobili, è necessario ricorrere a garanzie
complementari.
6
Il primo requisito necessario affinché un bene sia idoneo a fungere da garanzia è l’appropriabilità del bene posto a garanzia del
prestito, ovvero la possibilità del creditore di appropriarsene facilmente in caso di insolvenza. Gli altri due requisiti sono l’assenza
di rischio, ovvero la condizione per cui la garanzia non perda di valore durante il suo periodo contrattuale e il rendimento, ovvero
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In secondo luogo, in ambito rurale l’esito delle produzioni agricole è reso incerto in quanto esposto a
notevoli rischi economici ed ambientali di natura covariante7.
Per quel che concerne la determinazione dei costi di transazione, in primo luogo c’è da considerare
l’eccessivo peso dei costi di valutazione e selezione delle controparti (screening) a causa della forte
presenza di asimmetrie informative8: le principali difficoltà riguardano infatti la valutazione della clientela
marginale a causa dell’assenza di una storia creditizia dei candidati (credit history) e della mancanza di
documenti d’identità. In secondo luogo vi sono i costi di gestione del rapporto inerenti l’esecuzione dello
scambio, il monitoraggio (monitoring)9 e il recupero dei fondi prestati10. In ambito rurale possono essere
particolarmente elevati, in virtù della grande dispersione geografica, unita alla bassa densità abitativa e alla
ridotta mobilità. Tali costi, aumentando al crescere del numero di prestatari, riducono il rendimento medio
dei prestiti per effetto della frammentazione della domanda in un grande numero di prestiti di ammontare
esiguo11.
Sul versante della domanda di servizi finanziari, d’altro canto, si riscontra l’esistenza di notevoli barriere
all’accesso agli operatori finanziari formali. Tra queste ritroviamo l’esistenza di irregolarità formali nelle
attività economiche come l’assenza di bilanci e registri contabili (Baydas, Graham & Valenzuela, 1997),
fattori di ordine economico legati alla scarsa convenienza degli scambi formali12, nonchè fattori di tipo
socio-culturale quali:
che il debitore possa appropriarsi dei rendimenti derivanti dal bene offerto in garanzia durante il periodo corrispondente alla durata
del contratto (Viganò, 2004).
7
Il principale rischio covariante, dovuto alla scarsa diversificazione produttiva, è quello legato alla volatilità del rendimento della
produzione a causa della fluttuazione dei prezzi delle materie prime sui mercati internazionali o al verificarsi di calamità naturali in
zone di monocoltura (Yaron, 1992). Il carattere di stagionalità della produzione rende inoltre necessario utilizzare pratiche
particolari come piani di rimborso lunghi e ampi periodi di grazia iniziali.
8
Il primo problema che affronta il prestatore riguarda l’attività di screening dei prestatari, ovvero il problema di ‘selezione
avversa’ (adverse selection), che si verifica ex-ante rispetto alla transazione, e riguarda la scelta di finanziare o meno un prestatario
(Stiglitz & Weiss, 1981).
9
Un altro problema che il prestatore deve affrontare riguarda la fase successiva alla transazione ed è rappresentato dal rischio di
comportamenti sleali del prestatario tenuti a danno del prestatore (moral hazard). E’ pertanto opportuno condurre una costante
attività di monitoraggio sull’utilizzo del prestito da parte del prestatario al fine di minimizzare eventuali attività rischiose che
possano compromettere la capacità di rimborsare.
10
Il terzo problema è quello di incentivare il rimborso attraverso meccanismi che inducano i prestatari al rispetto dei contratti
(enforcement).
11
L’incidenza di tali costi tende a diminuire all’aumentare delle dimensioni del prestito. “Thus the borrowers of small amounts
bear relatively higher incidence than the borrowers of larger amounts” (Nimal, 1988). Prestiti molto piccoli hanno quindi costi di
gestione molto elevati.
12
Si pensi, ad esempio, ai lunghi tempi di attesa e alle spese associate alle fasi di istruttoria delle richieste di prestito. In fase di
istruttoria, infatti, l’attività di selezione dei candidati è oggetto di accurate analisi che seguono un iter molto lungo che riguarda
l’istruttoria della documentazione del candidato, soprattutto nel caso del primo prestito. I costi di transazione a carico del
richiedente possono dunque essere molto elevati (Adams & Ahmed, 1989).
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- la scarsa cultura del credito (scarsa conoscenza delle IFF e scarsa alfabetizzazione finanziaria);
- il basso livello di scolarizzazione;
- la sfiducia nelle IFF13. La pratica di depositare in banca il denaro è poco comune; vengono piuttosto
privilegiate pratiche più tradizionali come l’uso di nascondigli domestici e il ricorso a prestatori informali o
a fenomeni di tesoreggiamento14;
- vincoli legati a ruoli e discriminazioni; dal disagio nel varcare la soglia delle IFF, ad esempio,
all’impossibilità per le donne di allontanarsi da casa15.
2. L’approccio governativo ai problemi di finanza per lo sviluppo: il DCP
In risposta alle problematiche dell’accesso al credito e della scarsità di risorse finanziarie per la popolazione
dei PVS, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale e per le successive tre decadi, i governi, la
comunità internazionale e i teorici della finanza rurale hanno proposto soluzioni legate all’immissione di
capitali dall’esterno del circuito finanziario locale, in virtù della teoria supply-leading (Leibenstein,1957 e
Patrick, 1966).
Per molti anni si sono succeduti quindi programmi di credito su grande scala16, realizzati da banche di
sviluppo locali e governative spesso create ad hoc17, che agivano come canalizzatori di fondi pubblici
indirizzati ad un target predefinito di beneficiari, attraverso la fornitura di credito in forma diretta, erogato a
condizioni molto vantaggiose18. Questa strategia rispondeva al Paradigma del Credito Diretto (Directed
Credit Paradigm, DCP)19 che, partendo dall’assunto dell’esistenza delle imperfezioni di mercato e dalla
13
Le IFF nei PVS, infatti, risentono di tutti gli elementi di instabilità macroeconomica, deregolamentazione legislativa e interventi
governativi che hanno avuto effetti di ‘spiazzamento’ e indebolimento sulle IFF locali. Questa dinamica viene aggravata da episodi
di corruzione e truffe a danno dei piccoli risparmiatori.
14
“Il tesoreggiamento è un fenomeno diffuso soprattutto nelle società contadine dell’Africa e dell’America Latina a causa di una
serie di motivazioni non sempre di indole irrazionale come comunemente si tende a credere tra cui si ricorda la tradizione, il
prestigio sociale, l’esigenza di liquidità…sono oggetto di tesoreggiamento beni non deperibili appartenenti sia alla categoria dei
beni di consumo che a quella dei beni strumentali come gioielli, bestiame, armi e munizioni, tessuti, sale, conchiglie, pellami
ecc..il concetto non è tanto legato alla natura intrinseca dei beni quanto allo scopo dell’accumulazione” (Mauri, 1989).
15
Dankelman & Davidson, 1988.
16
Alcuni esempi prodotti nel corso degli anni ’80 furono: l’Integrated Rural Development Program in India; il Banrural in
Messico; il Social Development Fund in Zimbabwe; il BIMAS (Agricultural Diversification Programme) in Indonesia.
17
Le prime banche di sviluppo nacquero negli anni ’60 e ’70 con lo scopo di fornire servizi finanziari a basso costo ai settori
definiti prioritari o più depressi nei PVS (Viganò, 2004).
18
Il credito veniva sussidiato attraverso pratiche come l’applicazione di tassi d’interesse preferenziali (concessionary), la
cancellazione totale o parziale del debito (loan or credit forgiveness), di loan guarantee programmes (in cui parte del rischio e dei
costi, a questo associati, sono trasferiti su un soggetto terzo).
19
Il DCP ha rappresentato l’approccio dominante ai problemi di finanza rurale fino agli anni ’80. Dapprima solo focalizzato sul
settore agricolo per poi estendersi anche alle attività di natura non agricola (Vogel & Adams et alt, 1997).
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scarsità di risorse finanziarie locali, considerava il credito come input strategico per stimolare il circuito
virtuoso dell’incremento del reddito, crescita degli investimenti e formazione del risparmio.
In realtà, i programmi di credito sussidiato, soffrendo fin dall’inizio di scarsa autonomia decisionale ed
operativa (Viganò, 2004) e dipendendo in maniera eccessiva dai donatori internazionali, diedero luogo ad
una serie di distorsioni sul mercato del credito ampiamente riconosciute dalla letteratura successiva agli anni
’8020, la quale individuò pesanti criticità, riassumibili come segue :
Fallimento e indebolimento delle istituzioni eroganti per effetto degli alti tassi di default21 e della
-
eccessiva dipendenza dai sussidi22;
-
Aumento dei costi di transazione a danno di prestatori (causato dall’aumento delle spese di monitoraggio
e reporting) e di prestatari con aggravio, per questi ultimi, delle condizioni di razionamento in particolare
quelle non legate al prezzo ma piuttosto a fattori quali le lunghe attese, la lunga burocrazia, i costi di
preparazione della documentazione, nonché a episodi di corruzione finalizzati ad influenzare le decisioni
di prestito;
Effetti peggiorativi sulla distribuzione del reddito (regressivity)23. Quando vengono imposti i tetti sui
-
tassi d’interesse, infatti, le IF non sono in grado di coprire i costi di transazione; per questo motivo
effettuano razionamenti del credito manipolando le condizioni dei contratti di prestito diverse dal tasso
20
Le prime critiche rilevanti al DCP risalgono alla fine degli anni ’70. Si ricordano quelle di USAID (1973) e di Shaw, McKinnon
(1973) seguite poi dalla conferenza FAO del 1975 e dal meeting a Washington sponsorizzato dalla Banca Mondiale nel 1981
(Adams & Von Pischke 1992). Si veda anche Vogel & Adams (1997).
21
Le principali ragioni dei fallimenti sono ascrivibili a diversi fattori:
-
copertura inadeguata dei costi associati all’attività di prestito a causa dell’imposizione di tetti ai tassi d’interesse;
-
presenza di tassi d’inflazione molto elevati e conseguente tendenza dei tassi d’interesse reali a diventare negativi;
-
bassi livelli di rimborso dovuti agli scarsi incentivi a rimborsare e a meccanismi di enforcement inefficaci (cfr. parte II, 5.2.1).
Laddove sono invece state riscontrate condizioni che incentivano la restituzione, come a Taiwan e in Corea del Sud, si sono
verificati i pochi casi di successo: “These systems' high recovery rates have frequently been ascribed to strong village
cooperative systems and social cohesiveness which have provided repayment incentives and enforcement mechanisms. Together
with a small number of successful projects in other parts of the world, these systems have shown that although agriculture is
subjected to higher risks than other sectors, satisfactory repayment rates can be achieved if the right incentive and enforcement
structure exists” (Yaron, 1992, p. 14).
22
“Specialized agricultural credit institutions which depend almost exclusively on external funds have to follow government
directives when allocating their funds. These directives frequently include administrative allocation of funds to certain target
groups and exclusive lending for agriculture. The financial intermediaries have limited ability to diversify their loan portfolio, to
use creditworthiness criteria, and to implement adequate risk management policy” (Yaron, 1992, p. 10).
23
Tali effetti sono sintetizzati da Gonzalez-Vega (1989) nella ‘legge ferrea delle restrizioni al tasso d’interesse’: le politiche di
‘repressione finanziaria’ (McKinnon, Shaw, 1973) consistenti nell’applicazione di tassi d’interesse bassi attraverso l’imposizione
di tetti peggiora le situazioni di razionamento e la distribuzione aumentando la concentrazione dei prestiti nelle mani di pochi
grandi prestatari (classe di prestatari non razionati) che usufruiscono, così, della maggior parte dei benefici derivanti dal sussidio.
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d’interesse24. Inoltre, i sussidi attirano i rent-seeker che sono i più favoriti nel catturare le opportunità di
finanziamento agevolato25;
-
Disincentivo alla mobilizzazione del risparmio. L’applicazione di tassi d’interesse bassi sui prestiti
costringe gli intermediari ad abbassare i tassi d’interesse sui depositi riducendone l’attrattiva;
-
Inefficacia governativa nell’incentivare determinati settori. Diversioni o sostituzioni nella destinazione
furono molto frequenti anche a causa della larga scala che non consentì adeguati controlli sull’uso
effettivo dei prestiti26.
3. La Finanza Informale
A fronte della strutturale esclusione di alcune fasce di popolazione dal mercato finanziario formale, esiste
una domanda di servizi finanziari estremamente variegata27 e consistente28 che viene per la maggior parte
soddisfatta da attori della realtà finanziaria informale. Il grande ricorso alla Finanza Informale (FI)29 si
inserisce all’interno del fenomeno del ‘dualismo finanziario’ ovvero la coesistenza della finanza formale o
istituzionale con la finanza informale inserita in larga misura nel comparto informale o sommerso dei
sistemi economici in via di sviluppo (Mauri, 2000b). La FI è un ambito molto esplorato da chi si occupa di
finanza rurale. Il fenomeno, inizialmente guardato con diffidenza30, è stato a lungo osservato e da esso
24
Una IF può agire su una delle tre determinanti di un prestito: la dimensione, il tasso di interesse, le condizioni diverse dal tasso
incluse nel contratto di credito. Quando vengono imposti tetti massimi sui tassi, coloro che offrono prestiti sono costretti ad
aggiustare le altre condizioni del contratto o a ridurne l’importo. Il risultato è che ai prestatari vengono offerte condizioni meno
favorevoli di questi tre aspetti, e i profitti delle IF diminuiscono. Il benessere di entrambi potrebbe migliorare eliminando i tetti
(Gonzales -Vega, 1989).
25
Vogel & Adams (1997).
26
Per effetto della fungibilità della moneta, prestatari razionali dirigono la liquidità addizionale sull’alternativa maggiormente
desiderabile tra quelle disponibili. “Additional loan funds may thus generate only a partial increase in investment, especially if the
profitability of agriculture is low and farmers have other, more attractive investment or consumption opportunities” (Yaron, 1992,
p.7). A tal proposito è interessante notare come in paesi produttori della foglia di coca, come la Bolivia, il Plan de Desarrollo
Alternativo, promosso dal Governo e sostenuti dagli Stati Uniti e volto allo sradicamento della coltivazione della coca attraverso la
diversificazione delle colture, ha avuto esiti contrari a quelli sperati. Dopo aver ricevuto i crediti per investire sulla
diversificazione, infatti, la maggior parte degli agricoltori li utilizzano per incrementare la coltivazione di coca che è coltura più
sicura e che ha la resa per ettaro maggiore rispetto ad altre.
27
I principali bisogni finanziari sono legati a tre sfere: life-cycle events, bisogni d’emergenza, e opportunità d’investimento
(Rutherford, 1999). Sono inoltre da includere tutte le strategie preventive di riduzione della vulnerabilità (CGAP, 2000).
28
In Pakistan, ad esempio, la finanza informale soddisfa l’83% della domanda di credito (Arbab, 2005).
29
Anche Unorganized Finance, Unistitutional Finance, Parallel Finance o Unofficial Finance (Mauri , 2000a)
30
La diffidenza è sempre stata associata al timore che la mancanza di trasparenza e di controllo nei confronti delle condizioni di
accesso ai servizi finanziari, problema che nasce dalla mancanza di regolamentazione e supervisione, possa alimentare abusi e
intimidazioni che in alcuni casi vengono anche documentati (Robinson, 2001, pp. 178-179). Mauri (2000a e b) sostiene invece che
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sono state mutuate, attraverso processi di adattamento, molte delle metodologie di credito praticate dalle
Microfinance Institution (MFI)31, in particolare quelle che utilizzano metodologie di credito di gruppo
(group lending).
Gli attori finanziari informali risultano da sempre molto efficaci nel colmare le carenze di settori finanziari
spesso incapaci di dialogare con i settori economici informali e di rispondere ai bisogni della
popolazione32; questa abilità potrebbe essere collegata alla loro caratteristica di agire a livello locale e, in
una sorta di estraneità alla sfera pubblica, di utilizzare i canali creati dai legami di fiducia e reciprocità33.
Degli attori informali risulta molto difficile fornire una vera e propria classificazione nonostante i numerosi
e autorevoli tentativi (Germidis, Kesseler & Meghir, 1991). Tra gli attori classificati come individuali,
alcuni esempi ne sono i moneylenders,i pawnbrokers, i savings-collectors, i proprietari terrieri, i datori di
lavoro, gli usurai ma anche i familiari e i conoscenti. Gli attori a carattere associativo o mutualistico,
particolarmente diffusi in Africa Occidentale e Asia, genericamente sono definiti Self-Help Groups34:
tipiche sono le Associazioni Rotative di Risparmio e Credito (o ROSCAs)35 e le Associazioni Cumulative
a causa della molteplicità e varietà attraverso cui si esprime, la FI ha spesso assunto un’accezione negativa. In realtà, lungi
dall’essere una pratica disordinata, priva di regole, campo fertile per soprusi, ingiustizie ed azioni illegali, è semplicemente ‘autoregolamentata’.
31
Le MFI, Microfinance Institution comprendono istituzioni di tipo sia profit che noprofit, come più avanti si vedrà.
32
“Alle strutture finanziarie informali, già esistenti nei PVS, si sovrapposero nel tempo istituzioni di intermediazione finanziaria
insediatesi nei territori dominati con il preciso intento di soddisfare i bisogni dei coloni europei, svolgendo quindi in prevalenza
attività di supporto al commercio internazionale” (Viganò 2004). Da qui la percezione delle IFF come corpi estranei ‘inseriti in
modo traumatico dai colonizzatori europei nel contesto economico-sociale dei territori assoggettati’ (Mauri, 2000). Gli attori della
finanza informale, invece, procedendo secondo un demand following path riescono a soddisfare le esigenze della clientela a basso
reddito (Viganò 2004).
33
Per motivi di vicinanza, conoscenza, consuetudini, idioma, transazioni interlinked, e reputazione legata al fatto stesso di
appartenere alla stessa comunità.
34
I Self-Help Groups (SHGs) sono associazioni volontarie di base che “interagiscono a diversi livelli con attori istituzionali del
mercato del credito in relazioni di tipo interlinked (Llanto, 1990).
35
Le ROSCAs sono una particolare forma di SHGs. I gruppi, formati da almeno 5 membri, sono a numero chiuso e gestiscono un
fondo di credito rotativo. I membri sono uniti da legami di conoscenza ma non di parentela. Generalmente si riuniscono un numero
di volte uguale al numero dei soci, quasi sempre dopo la fine del ciclo la ROSCA si estingue. Esistono almeno 4 tipologie di
ROSCA (Random, Bidding, Rating, Discrete, Viganò 2004) a secondo dei meccanismi di attribuzione dei fondi che adoperano.
Sono state molto studiate dai teorici della finanza informale. La loro nascita si fa risalire precedentemente all’avvento della
moneta, esistono in ogni PVS conosciute con nomi diversi a seconda della zona e dell’idioma locale. A titolo di esempio (Bouman,
1977 e 1995, Mauri, 2000a e 2000b):
-
Tontine in Benin (anche Ndjonu), Burkina (anche Tibisiliggbi), Cameroon (anche Djanggi, Ngwa,), Senegal (Nath in
wolof), Cambogia, Singapore (anche Kutu);
-
Ikub (o Ekub) in Etiopia; Susu o Nnoboa in Ghana; Pari in Mali,
-
Kameti, Kuri, Vishi (Gujarat), Chit Fund e altri in India,
-
Pasanaku in Bolivia, Chuchubal in Guatemala, Pandero in Perù
9
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di Credito e Risparmio (o ASCRAs)36. E’ interessante notare che, nel caso di organismi collettivi,
l’appartenenza non è dettata solo dall’esigenza di poter disporre di un vantaggio economico, ma anche dal
desiderio di consolidare i legami sociali all’interno della comunità37.
Nel caso di attori individuali profit-oriented, il livello dei tassi d’interesse praticati, è piuttosto elevato38.
Questo dipende, come già visto, dalla scarsità di garanzie e dal fatto di venire comunemente rapportato a
quello artificiosamente basso praticato dagli intermediari finanziari formali che, nei paesi emergenti,
applicano prezzi spesso amministrati39. In alcuni casi, come quello dei moneylender, i tassi d’interesse
praticati sono particolarmente alti40 e le ragioni di ciò sono oggetto di accesi dibattiti41.
Interessante è notare inoltre come il tasso d’interesse non sia la variabile che incide maggiormente sul
costo totale effettivo del servizio finanziario che è invece legato, in misura significativa, ai costi di
transazione determinati dalle condizioni di accesso diverse dal tasso d’interesse nominale: costi di
trasporto, tempi di attesa, ore di mancato lavoro, attività di preparazione della documentazione e così via.
L’attività di credito sul mercato informale include costi di transazione molto bassi e questo la rende più
conveniente per i prestatari rispetto al credito istituzionale (Adams & Ahmed, 1989).
36
Nelle ASCRAs non c’è rotazione ma piuttosto accumulazione di un fondo sociale che viene depositato presso una banca o una
IF formale. I fondi accumulati vengono utilizzati per attività creditizie (a condizioni agevolate per i soci) o assicurative (in questo
caso svolgono funzioni mutualistiche: ad esempio sono destinate ad indennizzare i parenti in caso di decesso del socio), per i soci
la garanzia richiesta è la quota associativa, per i non soci può essere richiesta una garanzia reale o personale e i tassi applicati sono
più alti. Alla liquidazione le quote sono restituite ai soci. In questa tipologia di gruppo informale la tendenza è quella di integrare i
fondi raccolti dai soci con finanziamenti ottenuti da IF formali, spesso le stesse presso cui il fondo è depositato.
37
L’iscrizione ad organismi di questo tipo comporta anche obblighi di natura non finanziaria: la partecipazione alle riunioni indette
è spesso obbligatoria, e diventa occasione di incontri conviviali frequentati anche dalle persone abbienti che non di rado pur di
parteciparvi versano le loro quote pur non richiedendo le prestazioni.
38
I tassi d’interesse praticati sui prestiti in microfinanza tendono ad essere, normalmente, superiori a quelli praticati sul mercato
finanziario formale ma inferiori a quelli praticati sul mercato finanziario informale. Ai fini della sostenibilità, infatti, il tasso
d’interesse nominale sui prestiti, al netto dell’inflazione, dovrebbe essere abbastanza elevato da coprire tutti i costi di natura sia
operativa che finanziaria associati all’attività di prestito. La struttura di tali costi è di triplice natura: costo opportunità del capitale
(esogenamente dato, indipendente dalla dimensione dei prestiti e uguale per tutte le classi di debitori), costi amministrativi e
premio per il rischio (Fernando, 1988, Gonzalez-Vega, 1989).
39
40
In quanto ‘fissati d’imperio dalle autorità competenti sulla base di politiche di repressione finanziaria’, (Mauri, 2000b, p. 19).
E’ difficile ottenere una media precisa del tasso d’interesse praticato dai moneylender per problemi di reperimento delle
informazioni e per le differenze legate al contesto. Per approfondimenti si rimanda a Sharma & Chamala (1998) e allo schema
‘examples of moneylenders’ reported interest rates converted to monthly effective interest rates, 1980s and 1990s’ (Robinson,
2001, pp. 199-201).
41
Germidis, Kessler & Meghir (1991), Von Pischke, 1991. Tra le possibili spiegazioni a tassi d’interesse così alti troviamo: a) la
rendita di tipo monopolistico (o oligopolistico) derivante dalla frammentazione del mercato in segmenti geograficamente isolati
associata alla scarsa mobilità, alla scarsità di capitale, al carattere stagionale della domanda e agli alti costi amministrativi b)
l’assenza di alternative, c) l’esistenza di rapporti di tipo esclusivo alimentati da un basso livello culturale, d) l’esistenza di costi di
transazione praticamente nulli per il richiedente associati a tempi di attesa molto brevi.
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PARTE II
4. La microfinanza
All’inizio degli anni ’80, alla luce del fallimento dei programmi di credito sussidiato, maturò la convinzione
di quanto fosse importante garantire l’accesso al credito, e non credito a buon mercato. Prese così il via
quella che è stata definita una vera e propria rivoluzione: la ‘Microfinance Revolution’42.
Gli agenti protagonisti di questa rivoluzione si fecero promotori di programmi finanziari innovativi per la
popolazione rurale, basati sulla sperimentazione di nuove metodologie di credito e finanziariamente redditizi,
capaci di generare alti tassi di rimborso. Le metodologie adottate erano spesso il frutto di adattamenti di
modelli di istituzioni finanziarie informali, alla cui osservazione, nel frattempo si era profondamente rivolta
l’attenzione di numerosi ricercatori; come più avanti si vedrà, si può infatti dire che la microfinanza si
colloca in una posizione intermedia tra i settori finanziari formali e informali ed è la risultante di una serie di
loro caratteristiche43.
Il termine ‘microfinanza’ abbraccia oggi tutte le forme di fornitura di assistenza finanziaria per la
popolazione a basso reddito esclusa dai canali finanziari formali. Il termine è stato coniato in anni recenti
sostituendosi a quello di ‘microcredito’, più noto e di significato più ristretto. Il primo Summit su queste
tematiche, tenutosi a Washington nel 1997 (Microcredit Summit), fa riferimento al ‘microcredito’ come
strumento efficace nell’aiutare migliaia di persone, soprattutto donne, a uscire da situazioni estreme di
povertà e sfruttamento attraverso l’aumento dell’acceso al credito.
Il microcredito, a differenza della microfinanza, si focalizza prevalentemente sulla fornitura del credito44 e
prevede solo in via residuale la fornitura di tutti gli altri servizi finanziari, inclusa la raccolta del risparmio.
La distinzione tra i due termini, riconducibile alla disputa concettuale tra self-sustainability approach e
poverty-lending approach45, comunemente viene aggirata attraverso il loro uso come sinonimi. I due termini
esprimono forme diverse di intermediazione finanziaria46 e intermediazione sociale47, entrambe volte
all’inclusione finanziaria dei soggetti considerati ‘non bancabili’ e allo sviluppo del mercato finanziario.
42
Morduch (1997), Robinson (2000).
43
Viganò (2004).
44
Secondo un approccio ‘credit-plus’ ovvero programmi che offrono in via prioritaria servizi di credito, a cui si aggiungono altri
tipi di servizi prevedendo combinazioni diverse che includono servizi di risparmio (savings facilities), formazione, supporto alla
creazione di reti (networking) e supporto tra pari (peer support).
45
L’enfasi sulla sostenibilità finanziaria delle MFI, contrapposta all’obiettivo di lotta alla povertà, è il terreno di scontro per uno dei
dibattiti più spinosi in microfinanza: quello tra ‘istituzionalisti’ e ‘welfaristi’. A tale contrapposizione Morduch (2000) si riferisce
parlando di ‘scisma della microfinanza’.
46
Ovvero ‘trasferimento intertemporale di capitale e liquidità da soggetti in surplus a soggetti in deficit nel mercato del credito’
(Onado, 1992).
47
L’intermediazione sociale può essere definita come ‘un processo di costruzione del capitale umano e sociale necessario al
funzionamento dell’attività di intermediazione finanziaria con la popolazione a basso reddito in modo sostenibile’ (Bennett, 1997).
11
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Nella sua forma più tradizionale e socialmente orientata, la microfinanza è un’attività di intermediazione
finanziaria strettamente legata a quella di intermediazione sociale alla quale si accompagna per preparare
gruppi o individui non bancabili ad entrare in relazioni solide e durevoli con le IF: è un processo che si fonda
e va ad alimentare il legame fiduciario tra prestatore e prestatario48.
L’approccio alla microfinanza, nel corso degli anni, si è molto evoluto: durante gli anni ’70 e ’80 l’attività
svolta dalle MFIs consisteva nella gestione di pacchetti integrati di servizi di credito e formazione. A partire
dalla fine degli anni ’80, alla luce dell’esempio sorprendente in termini di performance e risultati delle prime
MFI49, il settore si è evoluto ed ha visto il moltiplicarsi del numero degli attori, la nascita di nuove tipologie
istituzionali e un grado sempre maggiore di specializzazione funzionale.
5. Le principali caratteristiche dei programmi di microfinanza
5.1. Target
Per una MFI, la scelta del target destinatario dei programmi di microcredito risulta collegata ad elementi di
natura sia interna, che esterna: mission, storia istituzionale, assetto proprietario, rete degli attori presenti sul
territorio, quadro normativo e macroeconomico di riferimento.
E’ importante sottolineare due elementi di criticità da non sottovalutare nella scelta del target:
-
la decisione non dovrebbe mai tralasciare gli aspetti legati ai mercati di sbocco e alla capacità debitoria
(debt capacity)50 del target individuato. Il credito, infatti, è un input desiderabile solo in presenza di
scarsità di capitale da un lato, e di reali possibilità di investimento e opportunità di mercato dall’altro.
-
La modalità di selezione dei singoli individui all’interno del gruppo target non è priva di conseguenze: la
modalità di scelta del target, infatti, può incidere molto sul risultato finale del programma. E’ possibile
selezionare il target in base a dei criteri predefiniti (targeting diretto) o lasciare che, una volta stabiliti i
48
L’intermediazione sociale, che nella sua forma più classica è rivolta ai gruppi, si fonda tipicamente sulla costruzione della
capacità istituzionale del gruppo e sull’investimento nelle risorse umane che ne prendono parte. I benefici di tale intermediazione
sono particolarmente visibili nelle metodologie di group lending (cfr. annesso 1), in cui produce il rafforzamento del gruppo in
termini di coesione e auto-gestione; questo ha poi ‘ripercussioni positive molto forti in termini di riduzione dei costi di transazione
e di aumento dei tassi di rimborso’ (Bennett, Hunte & Goldberg, 1995).
49
Il primo e più noto è quello della Grameen Bank, considerata da molti la prima esperienza di microcredito a livello mondiale.
Nata come progetto nel villaggio di Jobra, in Bangladesh, nel 1976, nel 1983 è stata poi trasformata in una banca a proprietà mista
grazie all’emanazione di una legge speciale. Il fondatore, considerato il padre del microcredito, è l’economista prof. Mohammad
Yunus, noto a livello mondiale per il libro ‘Il banchiere dei Poveri’, e per il premio Nobel per la Pace, ricevuto nell’ottobre del
2006.
50
Un buona misura della capacità di indebitamento di un individuo può essere il rapporto tra ammontare del prestito e reddito pro-
capite.
12
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requisiti di base, il target si auto-selezioni (pratica molto come nel caso di prestiti di gruppo) in base alla
motivazione e all’attitudine personale. Tale pratica, risulta molto efficace poiché i poveri, saggiamente,
si auto-selezionano in quanto hanno delle resistenze ad indebitarsi se non hanno certezza della loro
capacità di ripagare.
Il target tipico dei programmi di microfinanza è generalmente la popolazione a basso reddito51, vulnerabile
in quanto esposta a molti rischi imponderabili e covarianti e soggetta a scarsità di liquidità: in assenza di
risparmi di facile liquidazione, infatti, esiste un problema di mancata coincidenza tra i flussi di reddito e
quelli di spesa52.
I destinatari dei programmi di microfinanza sono caratterizzati da una grande eterogeneità, tuttavia è
possibile individuarne un duplice profilo:
1) famiglie che, in assenza di liquidità, si trovano impossibilitate a svolgere attività ordinarie o straordinarie
di consumo (livelihood activities), a far fronte a emergenze legate a particolari eventi del ciclo di vita (come
ad esempio, funerali o matrimoni)53 o commerciali (per esempio il recupero di stock di merce perduta o
l’accoglimento di una occasione d’investimento)54;
2) individui e microimprenditori che svolgono attività generatrici di reddito, già avviate o di nuova
costituzione55, in forma di auto-impiego56. Il finanziamento può essere finalizzato alla creazione d’impresa o
51
Questa definizione è molto generica e si presta ad un ampio margine interpretativo. Alcuni approcci assumono come target di
riferimento i poveri definiti dalla letteratura come ‘economically active poor’ distinguendoli dagli ‘extremely poor’ sulla base della
capacità di generare reddito, altri scelgono come criterio di individuazione del target la fissazione di una soglia di povertà di
riferimento; in quel caso si può scegliere di lavorare con soggetti che si collocano appena al di sotto di quella soglia (o appena al di
sopra ma comunque considerati a rischio), oppure fortemente al di sotto di essa. Il Comitato Organizzativo del Microcredit
Summit, per esempio, ha scelto di rivolgersi al target più povero adottando, per definirlo, la classificazione in ‘poorest’ e ‘poor’
utilizzata dal CGAP. In uno studio molto discusso Robinson (2001) suggerisce di concentrare l’intervento sugli ‘economically
active poor’ invece che sugli ‘extremely poor’ (Polin, 2003). Gli economically active poor vengono definiti coloro che vivono in
una situazione di indigenza estrema, ma possiedono capacità tecnica e attitudine all’imprenditoria che permettono loro di
sviluppare un’attività in proprio o di avere, perlomeno, flussi di denaro costanti per ripagare debiti contratti o risparmiare
(Gonzalez-Vega, 1998). Gli ‘extremely poor’ sono invece quelli che si collocano al di sotto della soglia di sussistenza ovvero
coloro che non raggiungono l’apporto calorico minimo quotidiano e coloro che non possono lavorare per mancanza di potere, di
mezzi o di lavoro (Mayhew, 1861).
52
Matin, Hulme e Rutherford, 2002.
53
In quest’ultimo caso il microcredito svolge una funzione assicurativa che resta una delle sue vesti più comuni (Morduch, 2000).
54
Lupone (2003).
55
La maggior parte delle MFI preferiscono rivolgersi ad imprese già esistenti perché meno rischiose, mentre altre offrono sostegno
alla creazione di nuove imprese svolgendo un’azione più incisiva per la riduzione della povertà ancorché più rischiosa (Polin,
2003).
56
La maggioranza di queste attività economiche di auto-impiego è di piccola e piccolissima scala. Definite ‘attività generatrici di
reddito’ (Income Generating Activities, IGAs) o micro-imprese, sono in buona parte non registrate, senza dipendenti (ETIMOS), a
bassa produttività e alto tasso di mortalità (SBP). Si tratta di una scala inferiore a quella che convenzionalmente si attribuisce alle
‘piccole imprese’ (meno di 50 dipendenti, BEI).
13
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alla fase di start-up, all’incoraggiamento dell’innovazione, alla trasformazione d’impresa, alla costituzione e
rafforzamento di consorzi e settori produttivi di nuova formazione o in crisi.
5.2. Servizi finanziari
La gamma di prodotti e i servizi finanziari promossi nell’ambito dei programmi di microfinanza varia molto
a seconda della tipologia istituzionale che li eroga, della metodologia adottata e delle caratteristiche dei
beneficiari. Accanto all’offerta di prodotti di credito e risparmio, sempre più si assiste all’offerta di prodotti
diversificati e innovativi57.
5.2.1. Credito
Le determinanti delle condizioni di prestito (ovvero l’ ammontare, il tasso, la durata, le commissioni, e così
via) variano molto in funzione della destinazione d’uso per cui vengono richiesti i finanziamenti. I prestiti
offerti in microfinanza possono essere rivolti alla produzione, alla fornitura di servizi, ma anche al
consumo58. L’ammontare medio dei prestiti è generalmente minore se rapportato a quelli praticati sul
mercato finanziario formale; questo dipende dalla scala ridotta delle attività, dalla esigua capacità di
indebitamento e da eventuali restrizioni legali che stabiliscono degli ammontari massimi59. L’ammontare
medio dei prestiti è molto variabile in funzione della metodologia di credito adottata, del contesto e
dell’attività cui è destinato il credito60.
57
Microwarrants, fondi di garanzia, leasing, carte di credito, servizi di pagamento, cambio valuta ecc…
58
La concessione di crediti al consumo avviene di frequente per l’acquisto di cibo, per le spese scolastiche, per l’apporto di
migliorie abitative e per la cura della salute (Lupone, 2003).
59
Alcune tipologie di MFI non sono autorizzate a prestare oltre una certa soglia per ogni tipologia di prestito: è questo il caso delle
MFI etiopi (massimo 600$ o il 6% del reddito pro capite), pakistane (massimo 1.725$ e 4.1% del reddito pro capite), nepalesi (da
650$ a 2.600$ per le istituzioni rurali e da 6.500$ a 26.000$ per le istituzioni urbane rispettivamente 2.6%-10.4% e 26%-104% del
reddito pro capite), ugandesi (2.700$ e 13.500$ rispettivamente per prestiti individuali e di gruppo, ovvero 9.6% e 48.2% del
reddito pro capite). Staschen, GTZ (1999).
60
L’ammontare medio dei prestiti destinati ai gruppi è generalmente inferiore a quello individuale, è a breve termine (dai 3 mesi a
1 anno) ed è spesso volto a finanziarie il capitale operativo (working capital). I prestiti di medio e lungo termine (fino a 60 mesi),
sono tipicamente individuali e rivolti ad attività d’investimento, come acquisto di beni mobili o immobili per l’attività produttiva o
a migliorie abitative, ad esempio lavori di ristrutturazione; in questi casi la dimensione dei prestiti, pur variando molto, è da 2 a 4
volte superiore a quella dei prestiti per il capitale circolante come, ad esempio, nel caso dell’ “housing microfinance”, ovvero
«loans to low-income people for renovation or expansion of an existing home, construction of a new home, land acquisition, and
basic infrastructure. Traditionally, has been part of a slum upgrade or urban development strategy, with the financial service
accompanied by construction assistance or land rights advocacy » (CGAP, 2006).
La durata dei prestiti è generalmente legata all’ampiezza dei cicli produttivi delle attività finanziate: le attività commerciali,
particolarmente sviluppate in ambito urbano e spesso appannaggio di donne, sono a ‘ciclo corto’ (generalmente trimestrale o
semestrale); richiedono quindi finanziamenti ridotti, continui e veloci. Viceversa, le attività agricole sono a ‘ciclo stagionale’ con
14
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A causa dei problemi legati all’enforcement dei contratti si ricorre all’uso degli incentivi dinamici e al
progressive lending61 per incentivare la restituzione dei prestiti: i piani di esborso e di rimborso, infatti, sono
tra loro combinati in quanto l’esborso avviene normalmente suddiviso in tranche progressive vincolate alle
quote da rimborsare. Le modalità e i tempi di rimborso dipendono dal piano di ammortamento: buona prassi
prevede che il piano di ammortamento del prestatario scaturisca da una attenta analisi del suo cash flow
annuale che include anche le principali spese annuali del suo nucleo famigliare.
5.2.2. Risparmio
Nonostante la scarsa attenzione ricevuta62, i servizi di risparmio rivestono un ruolo molto importante, forse
ancora più importante di quello del credito. La domanda di servizi di risparmio, infatti, è superiore a quella di
servizi di credito (Matin, Hulme & Rutherford, 2002) ed è costante durante l’arco dell’anno, a differenza di
quella di credito che è limitata ad alcuni periodi. Il risparmio consente inoltre di ridurre la vulnerabilità a cui
è esposta la popolazione a basso e bassissimo reddito e costituisce un’ottima strategia economica in quanto
può evitare il ricorso alla vendita o al prestito su pegno di beni per fronteggiare eventi legati al ciclo di vita,
emergenze e opportunità (Rutherford, 1996).
I programmi di microfinanza non sempre includono l’attività di raccolta del risparmio; questo avviene per
motivi legati all’instabilità del contesto legislativo e istituzionale, a scelte di tipo strategico, ma anche per
limiti strutturali o impedimenti di carattere normativo: molte organizzazioni, in maniera più stringente
ammontari medi più elevati e piani esborso e di rimborso molto lunghi (generalmente annuali), che prevedono periodi di grazia
iniziali lunchi e rate di rimborso uniche e posticipate.
61
Cfr. Anche nota 22. Si parla di ‘quick access to lager repeated loans’ (Matin, Hulme & Rutherford, 2002). Gli incentivi
dinamici risultano indispensabili ad assicurare il rispetto degli accordi contrattuali che è messo a rischio da molti fattori tra cui
l’esistenza di sistemi giudiziari spesso inefficienti. Per tanto, i programmi dovrebbero precludono l’accesso a crediti futuri in caso
di inadempienza o cominciano erogando piccole somme ed aumentandone l’entità secondo scaglioni predeterminati a mano a
mano che il prestito viene restituito. La quota successiva viene erogata solo in caso di restituzione della precedente e questo
pattern ripetuto può essere utilizzato per prevenire eventuali problemi informativi e aumentare l’efficienza (Morduch, 1999).
Quando gli incentivi sono via via crescenti si parla di progressive lending, tecnica che dà inoltre la possibilità di conoscere
progressivamente i prestatari. Morduch (1999) sostiene che gli incentivi dinamici diano risultati positivi se il tasso d’interesse sui
prestiti, in presenza di più prestatori, è più concorrenziale rispetto ad altre fonti di finanziamento e se ci si trova in un contesto di
mobilità limitata.
62
La mobilizzazione delle risorse finanziarie locali, contrapposta alla grande enfasi sul credito, ha spesso ricevuto una scarsa
attenzione in virtù di una analisi distorta dei bisogni in ambito finanziario rurale. Per molto tempo infatti i programmi hanno
sottovalutato l’aspetto del risparmio dando raramente ai propri clienti l’opportunità di risparmiare (Caramia, 2000). Il risparmio è
stato pertanto definito la ‘metà dimenticata della finanza rurale’ (Vogel, 1984).
15
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rispetto a quanto avviene per il credito, sono sottoposte a normative restrittive in materia di raccolta del
risparmio (Morduch 1999)63.
Qualora la raccolta di depositi di risparmio sia prevista dal programma, può avvenire su base volontaria o
obbligatoria e viene trattenuta in fase di esborso, in misura proporzionata all’ammontare prestato. Il
risparmio obbligatorio riveste una doppia valenza per la IF: finanziaria e sociale. Dal punto di vista
finanziario, nelle organizzazioni a carattere collettivo member-owned, i versamenti di quote servono a
capitalizzare l’associazione, in quelle di tipo mutualistico hanno natura previdenziale mentre più in generale,
in assenza di beni adeguati, possono assurgere a garanzia (cash collateral) trattenuta in caso di
inadempienza. I depositi di risparmio, inoltre, hanno il vantaggio di alimentare il sentimento di ownership e il
legame fiduciario nei confronti delle IF (Ledgerwood, 1999)64 e possono incidere in maniera significativa sui
tassi di rimborso.
Esistono però alcune criticità legate alla raccolta dei depositi; affinché sia attrattivo, infatti, il risparmio deve
essere sicuro, facilmente e velocemente accessibile e conveniente (Rutherford, 1996)65. Esiste inoltre il
rischio di fuga di capitali, a danno del mercato locale e a vantaggio di altre aree, laddove la MFI non abbia
obblighi di re-investimento degli utili nella stessa area di raccolta dei risparmi.
5.3. Servizi non finanziari
Quando i programmi di microfinanza sono di tipo massimalista o integrato, includono l’attività di
intermediazione sociale accanto a quella di intermediazione finanziaria. I due tipi di intermediazione,
tuttavia, non sempre vengono svolti dalla stessa MFI; in molti PVS, infatti, specialmente in Africa
Occidentale66 e in Asia, esistono MFI la cui mission è migliorare le condizioni generali di vita della
popolazione locale, contribuendo in maniera sostenibile al loro sviluppo, attraverso la creazioni di una serie
di condizioni di vita, tra cui è rinvenibile l’accesso a servizi finanziari adeguati e convenienti. In questi casi,
la MFI persegue l’obiettivo di promuovere la microfinanza svolgendo attività di sensibilizzazione,
63
Molte istituzioni non sono infatti autorizzate a raccogliere i risparmi del pubblico (non-deposit taking institution), altre sono
soggette a restrizioni quantitative variabili in base alla tipologia istituzionale e alla normativa nazionale. Le restrizioni più comuni
sono sul tipo di servizio di deposito e sulla durata (si veda il caso del Ghana, del Nepal, dell’Uganda). Staschen, GTZ, 1999.
64
E’ molto interessante notare che il fatto di possedere quote di una MFI genera, nei soci-clienti, un accresciuto sentimento di
appartenenza all’istituzione stessa.
65
La convenienza è espressa da tassi d’interesse abbastanza elevati e da meccanismi di protezione dal rischio di erosione legato
all’inflazione. La mobilizzazione del risparmio risulta infatti strettamente correlata ad indicatori di tipo macroeconomico (Paxton,
1996): esiste per esempio una correlazione negativa tra gli indici di deposito e il tasso d’inflazione e una correlazione positiva tra
l’ammontare di depositi mobilizzati da un lato, e crescita del reddito medio pro-capite e densità di popolazione dall’altro.
66
Si veda, ad esempio i casi del Social Fund in Benin, Empretec in Ghana, della Dhan Foundation e del CFTS in India, dei Rural
Support Programmes (RSP) in Pakistan.
16
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formazione e canalizzazione della popolazione a basso reddito verso il sistema finanziario formale (Johnson
& Rogaly, 1997).
I servizi non finanziari possono essere distinti in quattro categorie:
Business Development (o Management) Service (BDS)67: supporto al miglioramento dell’efficienza
-
dell’attività economica. Includono servizi di business planning, amministrazione, contabilità, gestione
finanziaria, gestione del personale, pricing.
-
Assistenza tecnica: volta ad assistere i clienti nel miglioramento della produttività dell’attività. Viene
offerta attraverso corsi di formazione collettivi, consulenza individuale o informazione legata
all’innovazione tecnologica.
-
Sevizi di marketing: volti ad assistere i clienti nell’incremento delle vendite. Il servizio viene erogato
attraverso corsi, studi di mercato, accesso alle informazioni, assistenza nell’organizzazione di consorzi e
così via.
-
Servizi di orientamento: volti a fornire informazione sui servizi correlati all’attività economica
(assistenza legale, amministrativa o fiscale).
Il tipo di servizi non finanziari erogati si può trasformare nel tempo; non di rado i beneficiari dei programmi
di microfinanza appartengono ad organizzazioni informali o semi-formali di piccola entità che vengono
accompagnate, in un arco di tempo molto lungo, in processi di trasformazione68. Per molte MFI69 la scelta di
supportare le comunità con l’assistenza tecnica e imprenditoriale è altrettanto importante che fornire servizi
finanziari: i servizi non finanziari sono indispensabili in quanto finalizzati alla costruzione del ‘capitale
sociale’70 e alla riduzione della povertà ai diversi livelli in cui si esprime (Sen, 1981, Rahnema, 2004).
Se alcuni71 evidenziano i rischi di scarso impatto sul miglioramento della qualità della vita dei beneficiari di
programmi di credito che non includono la componente non finanziaria, secondo altri72 la tendenza alla
esclusiva fornitura di servizi finanziari sarebbe dovuta all’eccessiva pressione a diventare auto-sostenibili
finanziariamente: è di rilievo notare che, la maggioranza delle istituzioni profit-oriented adottano approcci
minimalisti che escludono la fornitura di servizi non finanziari. Il problema è infatti, che l’assistenza non
finanziaria risulta molto costosa, scarsamente redditizia e non può essere fornita a pagamento a causa delle
67
USAID li divide in servizi di Enterprise Formation e Enterprise Transformation (Ledgerwood, 1999).
68
Si può partire dalla fornitura di servizi di base come quelli di assistenza tecnica, per arrivare a quelli di marketing passando per
la fornitura di BDS. Si può infine fornire supporto alla creazione di federazioni, categorie e associazioni di produttori e stimolare, a
quel punto, l’offerta di prodotti finanziari innovativi da parte delle IF locali o incoraggiare il coinvolgimento istituzionale
svolgendo azioni di lobbing o advocacy.
69
Alcuni esempi ne sono il Women’s World Banking, FINCA International, BRAC, SEWA.
70
Quello del capitale sociale è un ambito molto esplorato dalla letteratura sociologica (Bourdieu, 1986, Coleman, 1988, Lin,
2001).
71
Jani & Pedroni (1997).
72
Dichter (1999), Bhatt & Tang (2001).
17
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forti resistenze da parte degli utenti finali. Generalmente, quindi, è oggetto di sussidio attraverso i fondi
raccolti dalle MFI che la gestiscono.
L’ipotesi di questo lavoro, come più avanti si vedrà, è che una possibile soluzione risiede in tutte quelle
sperimentazioni, sempre più frequenti, finalizzate alla creazione di strutture di partenariato che garantiscano,
nel lungo periodo, la fornitura di tutti gli aspetti necessari ad un buon programma di microfinanza.
5.4. Principali tipologie istituzionali
Il settore della microfinanza nei PVS, come in parte già visto, vede come promotori e gestori istituzioni di
tipo informale, semi-formale e formale: la finanza informale risulta infatti strettamente legata a quella
formale rendendo difficile una classificazione precisa dell’ambito in cui si muovono gli attori che ne fanno
parte; si parla quindi di finanza semi-formale in relazione ad un’’area grigia’ in cui il carattere
dell’informalità può assumere dimensioni molto diverse. La matrice elaborata da Srinivas e Higuchi (1996)
risulta molto interessante per analizzare gli attori del mercato finanziario dei PVS in quanto individua
l’esistenza di un continuum dell’informalità del credito visualizzabile su due assi cardinali:
Tab. I – Il continuum dell’informalità del credito secondo Srinivas & Higuchi (1996).
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Ogni quadrante rappresenta il mix di formale-informale degli attori in funzione di alcune variabili scelte. Il
quadrante in basso a sinistra rappresenta la maggiore informalità, viceversa quello in alto a destra il
maggior grado di formalità73. I quattro gruppi di attori sono :
i.
I prestatori casuali. Principalmente parenti e amici che prestano occasionalmente denaro
generalmente senza richiedere alcun tasso d’interesse.
ii.
I prestatori ‘transazionali’ ovvero prestatori individuali quali i moneylender o i
pawnbrockers. Hanno la caratteristica di erogare il credito molto velocemente a condizioni
però poco flessibili. In alcuni paesi come l’India, l’attività di queste categorie è soggetta ad
una specifica regolamentazione (come il Pawn Broker Act e il Moneylender Act).
iii.
I prestatori formali. Sono istituzioni finanziarie specializzate, riconosciute dalle autorità
monetarie, esempi classici sono le banche commerciali o di risparmio;
iv.
I prestatori a carattere mutualistico infine, sono organizzazioni registrate o meno, i cui
clienti sono generalmente gli stessi membri che per prenderne parte sono invitati a
risparmiare sotto forma di versamento di quote associative.
E’ utile soffermarsi sul terzo e quarto quadrante per analizzare quelli che sono gli attori a carattere collettivo
(istituzioni) che ne prendono parte e quali quelli che si collocano nell’ ‘area grigia’. L’introduzione di questa
categoria risulta particolarmente interessante in quanto permette di comprendere la genesi e il
posizionamento delle MFI all’interno del settore finanziario dei PVS.
Mentre nel primo gruppo, quello degli attori informali, rientrano infatti tutte le forme istituzionali già
descritte nel paragrafo 3, nel gruppo delle istituzioni semi-formali ritroviamo, ad esempio, le finance
corporation indiane, le credit union, le savings and credit cooperative (SACCOs) etiopi, le cooperatives
d’espargne et de credit dello Zaire (Mauri, 2000a) e la maggior parte delle cosiddette MFI o non-bank
financial istitution, su cui ci si intende qui soffermare. L’universo delle MFI74 è vasto ed eterogeneo e le
classificazioni proposte sono estremamente variegate75. La loro evoluzione parte dagli anni in cui l’Ohio
73
Gli attori collocati nella parte superiore del quadrante ovvero quelli del secondo e terzo tipo, generalmente richiedono garanzie,
agiscono in aree geografiche ampie, forniscono prodotti e servizi piuttosto standardizzati, hanno bisogno di una specifica
autorizzazione per operare e sono orientati al profitto. Gli attori invece collocati nella parte inferiore non richiedono garanzie,
operano a livello locale, solo con taluni beneficiari e con prodotti molto personalizzati, non sono orientati al profitto e non
posseggono alcuna autorizzazione specifica (a meno di quella richiesta alle associazioni noprofit e che viene conseguita alla
registrazione). Gli attori posti invece nella parte destra del quadrante si distinguono da quelli posti alla sinistra per la fornitura di
credito di gruppo, per la struttura organizzativa molto forte e formalizzata, per l’assetto proprietario collettivo. Il continuum
evidenzia molto bene la relazione di continuità e similitudine che lega tra loro questi attori così diversi.
74
Sarebbero più 7000 al livello mondiale secondo il tentativo di inventario condotto nel 1995 dal Sustainable Banking with the
Poor (SBP) della Banca Mondiale.
75
Le variabili istituzionali più utili alla classificazione risultano essere il grado di formalizzazione, la finalità lucrativa, la mission
istituzionale, il tipo di prodotti e servizi erogati, la metodologia di credito adottata. Il primo tentativo di classificarle risale al 1995
ad opera del SBP che divideva le MFI in 4 categorie: ONG (73%), Credit Union (13,6%), Banche Commerciali (7,8%) e Banche di
Risparmio.
19
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State University76 criticava gli interventi finanziari in ambito rurale; fu allora che una serie di nuove
istituzioni a carattere innovativo iniziarono a nascere dalla Bolivia, al Bangladesh, all’Indonesia. Si trattava
prevalentemente di organizzazioni noprofit come ONG (Organizzazioni Non Governative) e member-based
come le Credit-Union77. Oggi alla categoria delle MFI appartengono anche credit-only institution78, Apex
organization79, banche a statuto speciale (come la Grameen Bank) ma anche organizzazioni di Development
Service.
La caratteristica di questo gruppo di istituzioni finanziarie, è quella di non essere regolamentate dalle Banche
Centrali, quanto piuttosto da leggi speciali80 che ne delimitano l’attività prevedendo alcune restrizioni come
l’obbligatorietà del carattere noprofit (come ad esempio in Bosnia e Honduras), i limiti sul tipo e sulla durata
dei depositi di risparmio e quelli sull’ammontare dei prestiti (sia in valore assoluto, sia in proporzione al
capitale)81. Spesso le MFI sono riunite in forum o consorzi regionali82. Alcune organizzazioni entrano a far
parte di questa categoria in seguito a processi evolutivi dallo stadio informale83.
Nell’ultimo gruppo rientrano invece tutte le Istituzioni Finanziarie Formali (IFF) regolamentate e soggette
alla supervisione della Banca Centrale, suddivisibili in almeno quattro categorie (Baydas, Graham &
Valenzuela, 1997): banche commerciali private, banche governative, società finanziarie e banche
specializzate e, infine, banche nate dalla trasformazione di ONG o microbanks (Zeller, 2003)84.
76
77
Adams et al., 1984.
Secondo il WOCCU (World Council of Credit Union) le CUs a livello mondiale sarebbero circa 43.000 e sarebbero
particolarmente diffuse – dopo gli USA (9.200 CU) - in molti paesi dell’Asia, soprattutto Sri Lanka (8.440 CU), Thailandia (1.839
CU), Filippine e Bangladesh e in Africa, principalmente in Kenya (3000 CU), Etiopia (1.088 CU), Ghana e Benin ma anche in
America Latina e Carabi.
78
Ad esempio FINADEV, PADME, PAPME nel caso del Benin.
79
Dette anche quasi-governmental organization. Una Apex institution è un’organizzazione di secondo livello che canalizza fondi
(donazioni, prestiti e garanzie) a molteplici istituzioni di microfinanza in un singolo paese o regione. Il finanziamento può essere
fornito con o senza assistenza tecnica. Esempi ne sono il BRDB in Bangladesh o il PPAF in Pakistan.
80
Alcuni esempi ne sono la PARMEC Law in Benin, il Decreto Supremo 24000 del 1995 (per i FFP) e il Decreto Supremo 24439
del 1996 (per le CACs) in Bolivia, la Law on Microcredit Organizations del 2000 in entrambe le entità della Federazione di Bosnia
e Herzegovina, la Microfinancing Institution Proclamation n.40 del 1996 in Etiopia, la Financial Institution (non-banking) Law
del 1993 in Ghana, la Microfinance Institution Ordinance del 2001 in Pakistan (Staschen, GTZ, 2003).
81
Per maggiori dettagli si rimanda al paper “Regulatory Requirements for Microfinance” (Staschen, GTZ, 2003).
82
Ad esempio il Credit Development Forum (CDF) in Bangladesh, il consorzio ALAFIA in Benin (che racchiude 26 MFI), il
Pakistan Microfinance Network, PMN, l’ADAB in Bangladesh, FINRURAL in Bolivia.
83
Ad esempio quello delle RoSCAs che si trasformano in chit fund in India (Matin, Hulme & Rutherford, 2002).
84
Il processo di crescita della istituzione da informale a semi-formale e da semi-formale a formale è noto come ‘trasformazione’ o
up-grading. I percorsi di up-grading possono anche nasce dalla conversione di programmi di credito sussidiato, come ad esempio
avvenuto nel caso di Bank Rakyat Indonesia (BRI) figlia del programma BIMAS. A partire dal primo e più noto caso della
trasformazione di BancoSol in Bolivia, sempre maggiore è il numero di MFI che decidono di erogare esclusivamente servizi
finanziari diventando delle vere e proprie istituzioni commerciali (Calles, 2005). Secondo uno studio recente della società di rating
‘MicroRate’ (MicroRate, 2001), condotto su un campione delle 29 MFI più grandi in otto paesi dell’America Latina, vi sono alcuni
trend abbastanza evidenti nel settore della microfinanza, tra cui quello della conversione su grande scala delle ONG in istituzioni
20
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A partire dagli anni ’90, il processo di liberalizzazione dei mercati finanziari ha incentivato il processo di
commercializzazione della microfinanza, ovvero il consistente ingresso delle banche nel settore attraverso
processi di commercial down-scaling85, di fusioni con MFI o acquisizioni di portafogli di microfinanza86.
Le peculiarità delle IFF sono quelle di lavorare prevalentemente con metodologie di credito individuale, con
un target numeroso e meno povero - l’ammontare medio del prestito rapportato al PIL pro-capite dei clienti è
più alto rispetto a quello dei clienti delle MFI87- e, a differenza delle altre tipologie istituzionali, di operare
principalmente in ambito urbano88.
Questa vasta gamma di giovani e vecchi provider sta sempre più contribuendo all’innalzamento del livello di
competitività nel settore della microfinanza nei PVS. La accresciuta dinamica competitiva, all’interno dell’
‘industria della microfinanza’ in molti PVS, ha dei risvolti interessanti in termini di posizionamento
strategico: sempre più si assiste ad un abbassamento del livello nei tassi d’interesse, ad una espansione
geografica dell’attività anche nelle aree rurali (a fronte di una saturazione in aree urbane) e ad una tendenza
all’aumento della gamma di
prodotti e servizi attraverso sperimentazioni volte all’innovazione e alla
diversificazione.
5.5. Tipologie di offerta
I programmi di microfinanza si incontrano in molte forme tra loro spesso molto distanti89. La distinzione
generale che può essere fatta, è tra programmi in forma minimalista, ovvero limitati alla sola offerta di
di microfinanza formali. Tali conversioni, nascono principalmente dalla necessità di capitalizzarsi sia attraverso l’accesso a
maggiori finanziamenti sul mercato dei capitali, sia attraverso la possibilità di raccogliere risparmio. Lo stesso studio afferma che
la media del costo del capitale per MFI deposit-taking è più bassa di circa il 3% rispetto a MFI non-deposit-taking.
85
Generalmente supportato da banche internazionali, il processo di down-scaling (Baydas, Douglas & Valenzuela, 1997; Viganò
2004), che procede nel verso opposto a quello di up-grading, prevede l’introduzione di prodotti e servizi microfinanziari
all’interno della gamma di offerta di strutture commerciali già impegnate nell’attività di intermediazione finanziaria. Si rimanda ai
numerosi casi promossi dalla International Development Bank (IDB) in America Latina e dalla European Bank for Recostruction
and Development (EBRD) nei New Indipendent States, a partire dalla Russia del 1994. Un buon esempio ne è il caso del
partenariato DFID-CARE-CBZ analizzato più avanti.
86
Si veda, ad esempio, il caso di ICICI Bank in India o Banco Solidario in Ecuador.
87
Cfr. tabella 3.
88
In Bangladesh, ad esempio, dove la popolazione rurale rappresenta il 74% della popolazione totale, su un totale di 77 IFF, la
proporzione urbana/rurale di depositi è di 19:81, mentre per quanto riguarda i prestiti, la proporzione è di 12:88 ovvero i prestiti in
ambito rurale sono circa un decimo di quelli urbani (Awal & Azad, 2005).
89
Yunus (2003), ad esempio, parla di dieci forme di microcredito associabili a dieci diverse tipologie istituzionali:
1.
Traditional informal microcredit;
2.
Microcredit based on traditional informal groups (such as tontines, ROSCA, etc.);
3.
Activity-based microcredit through conventional or specialised banks;
21
Microfinance in LDCs: Multipurpose NGOs Linkage Models - Chiara Sanseverino - [email protected]
servizi finanziari, e massimalista o socially-oriented o integrated (Ledgerwood, 1999) nel caso in cui
includano tutta una serie di servizi a carattere non finanziario90.
Nella tavola che segue troviamo le quattro diverse declinazioni dei programmi di microfinanza in parte già
visti, classificati a seconda dell’approccio utilizzato: dall’approccio minimalista che prevede l’erogazione di
servizi riconducibili all’attività di intermediazione finanziaria pura, eventualmente accompagnata dalla
intermediazione sociale, all’approccio massimalista, che può includere – in forma e misura diversa a seconda
della mission istituzionale – servizi di intermediazione finanziaria, sociale, Business Development (o
Enterprise Service)91 e servizi sociali:
4.
Rural credit through specialised banks;
5.
Cooperative microcredit;
6.
Consumer microcredit;
7.
Bank-NGO partnership based microcredit;
8.
Grameen type microcredit or Grameencredit;
9.
Other types of NGO microcredit;
10. Other types of non-NGO non-collateralized microcredit.
90
Viganò (2004) le suddivide in 4 categorie sulla base dei prodotti e servizi offerti, delle metodologie creditizie adottate e del
livello di sostenibilità finanziaria:
91
1.
Specializzate, commerciali e minimaliste;
2.
Socially oriented o massimaliste;
3.
ONG, associazioni o fondazioni creditizie che operano secondo un approccio minimalista;
4.
Cooperative e istituzioni mutualistiche come le Credit Union, le cooperative di credito e le banche popolari.
Cfr. cap. 5 paragrafo c.
22
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Tab. II – I diversi tipi di intermediazione che possono essere forniti nei programmi di microfinanza a seconda
della strategia ‘minimalista’ o ‘massimalista’ che la MFI persegue: Intermediazione Finanziaria,
Intermediazione Sociale, Enterprise (o Business) Development Service e servizi sociali (Ledgerwood, 1999).
Nella tabella 3 sono invece rappresentati i diversi approcci di offerta da parte di diverse tipologie
istituzionali, principalmente banche e ONG, in quattro paesi tra quelli di maggiore interesse per la
complessità posseduta dal settore della microfinanza. La tabella permette di comparare le variabili principali
tra le diverse MFI e permette di estrapolare alcune utili considerazioni92.
92
Risulta interessante notare che: 1.Le tre MFI più antiche si concentrano in Bangladesh e raggiungono il maggiore Outreach (cfr.
nota 95) in termini di numero di clienti; 2.L’ammontare medio dei prestiti erogati dalle banche risulta maggiore rispetto alle altre
MFI (colonna 5); 3.Ad eccezione della Grameen Bank, le banche sembrano prediligere metodologie di credito individuali (colonna 3
e 4); 4.Le istituzioni che hanno un target di riferimento femminile utilizzano metodologie di group lending (colonne 3 e 4); 5.La
gamma di servizi finanziari offerti dalle banche è più ampia (colonna 6) di quella delle non-bank MFI mentre per la gamma di servizi
non finanziari accade il contrario (colonna 7).
23
TIPOLOGIE DI OFFERTA A CONFRONTO: PRINCIPALI BANKS, NON-BANK E NO PROFIT MFI IN BOLIVIA, PERU’,
BANGLADESH E INDONESIA
tipology
BOLIVIA
infl. rate 4.44%
GNI per cpt 960
tot.pop. 8.986
rural pop. 36.13%
pop.density 8
name
target
Metodology
average
loan
$
non
financial
services
Outreach
(n. active
borrowers and %
women)
Banks
BancoSol (1992)
microenterpreneurs with
at least 1 year
experience
individual credit
1518
Loans
voluntary savings,
microinsurance, utilities
collection, wire transfers,
funeral expenses
training and
consulting
71,609
(women 49.70%)
Non-Bank
FIs
FFP PRODEM
(1986 e 1999)
rural and urban
group lending
(fase I)
1550
Loans
training and
consulting
55,876
(woman 52.50%)
commercial
services
(noprofit)
ONG
FADES (1986)
productive sectors
urban and rural
poorest
voluntary savings
individual lending
(fase II)
1. ‘credito
asociativo’
2. individual
loans
3. group credit
877
loans
1. 3.000-60.000
2. 50-10.000
3. 150-7500
transfer services
n.a.
20,897
(women 35%)
PRO MUJER
(1990)
women living a El
Alto (marginal
urban)
3000 comunal
banks (25-30
women each)
147
Loans
50-600$
voluntary savings
10% compulsory
BDS, Health
and
empowerme
nt
48,496
(women 95%)
Others
CRECER (1990)
poor women living
in rural and
marginal urban
areas
Village banking
(consisting in
credit and savings
associations)
161
Loans in local currency,
voluntary savings,
compulsory saving (10% at
beginning)
education,
health
55,617
(women 100%)
Bank
MiBanco (1992)
microbusiness
n.a.
1134
loans, individual and
solidarity group lending
form 100 to 100.000 (from
3 to 60 months)
voluntary savings
n.p.
113,505
(women 60,30%)
(noprofit)
ONG
FINCA PER (1993)
women
Village banking
145
Loans
integrated
approach
6,666
(women 91%)
PERU
infl. rate 3,66%
GNI pc 2,360
tot.pop. 27,547
rural pop.25,77%
pop.density 22
financial services
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Bank
BANGLADESH
GRAMEEN BANK
(1983)
women
solidarity group
lending
91
loans,
n.a.
3,700,000
(women 95,70%)
training and
consulting
3,993,525
(women 98,70%)
n.a.
2,772,719
(women 96,70%)
training and
consulting
3,210,678
(women 50%)
n.a.
12,335
(women 100%)
voluntary savings
infl. rate: 3,16%
GNI per cap: 440
tot.pop.: 140.494
rural pop: 75,37%
pop.density: 1,079
insurance
(noprofit)
ONG
BRAC (1972)
poorest
n.a.
61
ASA (1979)
microenterpreneurs
n.a.
73
Women and man
loans,
voluntary savings
loans,
Small enterprise lending
Education loans
Small loans
voluntary savings
Bank
BRI (1985)
INDONESIA
small and medium
enterprises
n.a.
637
insurance
loans,
voluntary savings,
Infl. Rate: 6.24%
GNI p.c.: 1.140
Pop. Tot.; 217.588
Rural pop.: 53%
Pop. Density: 120
middle and low
income people
(noprofit)
ONG
GANESHA
MICROFINANCE
FOUNDATION
(2003)
rural area and
small towns
fund transfer services
n.a.
34
Loans
poorest
households
Tab. III – Fonte: propria elaborazione da dati World Development Indicators e The MIX Market (2006). Sono state scelte 11 istituzioni appartenenti a tipologie istituzionali
diverse per ciascuno dei paesi selezionati. Tutti i valori monetari sono espressi in US$. Tutti i dati si riferiscono all' anno 2004. L’ Outreach (Navajas, Schreiner, Meyer,
Gonzalez-Vega & Rodriguez-Meza (2000) rappresenta il valore sociale generato da un programma di microfinanza, in questo caso misurato dal numero di clienti raggiunti
(breath) e la proporzione femminile all’interno di questi.
1
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PARTE III
6. ONG e microfinanza
La storia delle ONG all’interno del settore della fornitura di servizi finanziari per la popolazione a basso
reddito le vede protagoniste, a partire dalla seconda metà degli anni ’80, di un ‘movimento indipendente di
lotta alla povertà che identifica nella creazione di auto-impiego attraverso la fornitura di credito la propria
strategia di punta’ (Rahman, 2006)93. Dal quadro realizzato dal Sustainable Banking with the Poor (SBP) nel
corso degli anni ’9094, emergeva che le ONG in microfinanza rispetto ad altre tipologie di MFI, pur
rappresentando la categoria più consistente per numero (73%), gestivano la fetta minore nel portafoglio
complessivo dei prestiti (4%).
DISTRIBUZIONE DEL PORTAFOGLIO DI MICROCREDITI A
LIVELLO MONDIALE
'A worldwide inventory of MFIs', Sustainable Banking for The
Pooor, World Bank, 1996
80
60
% 40
20
0
Quantità di MFIs
ONG
Credit Unions
Ammontare prestiti
erogati
Banche Commerciali
Banche di Risparmio
Tab. IV – Distribuzione del portafoglio di microcrediti a livello mondiale.
Fonte: elaborazione propria da dati Paxton (1996).
Le caratteristiche della loro offerta erano sintetizzabili come segue:
-
focalizzazione sul target più povero che si declina in un outreach profondo e ristretto95 e nel focus
sul target femminile;
93
Nella prima conferenza mondiale sulle microimprese che si svolse a Washington nel 1987 (Levintsky 1989), in virtù della
grande motivazione e posizione privilegiata nel raggiungere il target group, le ONG si presentarono come le organizzazioni più
adatte a risolvere i due problemi della fornitura di credito e della individuazione dei canali più appropriati per distribuirlo, a quel
settore dinamico che è la piccola e media impresa informale (Schmidt & Zeitinger, 1996).
94
Ci si riferisce al famoso inventario sulle MFI condotto da Paxton (1996) e alla successiva analisi di Dichter (1999).
95
Navajas, Schreiner, Meyer, Gonzalez-Vega & Rodriguez-Meza (1998) identificano sei dimensioni che qualificano l’outreach,
che è una buona misura d’impatto di un programma di microfinanza e rappresenta il valore sociale generato da un programma:
29
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-
specializzazione nella fornitura di servizi non finanziari;
-
focus sulla esclusiva offerta finanziaria di prodotti di credito;
-
offerta di prestiti di breve termine e destinati prevalentemente a finanziare il settore commerciale e
manifatturiero;
-
forte dipendenza da capitale sussidiato (circa il 60% del capitale).
Da tale sintesi emergono alcuni limiti e potenzialità delle ONG nel settore della microfinanza.
Da un lato si verifica una elevata dipendenza dai sussidi, dovuta alla loro radici storico-istituzionali, ai
vincoli normativi che incontrano nell’attività di raccolta del risparmio e alle resistenze ad applicare tassi
d’interesse di mercato. Tale dipendenza nel lungo termine genera problemi di squilibrio finanziario,
mettendo a rischio l’accessibilità permanente ai servizi finanziari da parte degli utenti finali oltre a incidere
enormemente su strategie e obiettivi istituzionali96. Vi sono poi altre criticità legate alla scarsa
regolamentazione in materia finanziaria, causata dalla mancanza di supervisione da parte della Banca
Centrale, alla esigua gamma di prodotti e servizi finanziari offerti, alla scarsa rete infrastrutturale di cui le
strutture dispongono, alla scarsa presenza di personale tecnico qualificato in materia finanziaria e
all’abitudine a promuovere programmi di microcredito e/o microfinanza di tipo tradizionale, ovvero
caratterizzati dalla fornitura di ‘pacchetti’ di assistenza tecnica e credito diretto, che si servono di fondi di
credito rotativo per finanziare attività di nuova introduzione e prevedendo l’applicazione di bassi tassi
d’interesse uniti a deboli meccanismi di enforcement.
Per altri versi, esistono alcune vitali specificità che non appartengono ad altre tipologie di MFI: la
capacità di creare capitale sociale, di dialogare con il territorio e con le comunità in una relazione di tipo
fiduciario e di essere presenti laddove altre istituzioni non arrivano. Vi è poi la specializzazione
-
la profondità (depth), ovvero il valore sociale del programma misurato dal livello di povertà del target identificato;
-
l’utilità per gli utenti (worth to users), ovvero quanto un prestatario è disposto a pagare un prestito;
-
il costo per l’ utente (cost to users) ovvero il costo totale del prestito per il prestatario, include sia il prezzo del prestitoquota capitale e interessi- sia i costi di transazione;
-
la larghezza (breadth) ovvero il numero degli utenti;
-
la lunghezza (length) ovvero quanto una MFI è in grado di essere sostenibile nel lungo periodo;
-
lo scopo (scope) ovvero il numero di tipi di contratti finanziari offerti. Una MFI con un buon livello di outreach eroga
prodotti di credito ma offre anche servizi di risparmio di ammontare ridotto.
96
Se si guarda infatti alle fonti di finanziamento del capitale utilizzato per le attività di prestito dalle ONG, si nota che laddove la
componente dono, governativa o internazionale, predomina, il reporting system tende a riportare i dati che più soddisfano le esigenze
del donatore piuttosto che a riportare in modo finanziariamente genuino i dati necessari ad una buona gestione finanziaria (solvibilità,
liquidità, redditività, efficienza). La forte dipendenza dai sussidi trasferisce interamente il rischio dai prestatari ai donatori. Viceversa,
in presenza di fonti di finanziamento commerciali (presi da istituzioni finanziarie formali a tassi di mercato) o da capitale di rischio
(provenienti dai risparmi dei membri) o da un mix tra le due fonti, il rischio è suddiviso in modo proporzionale (Von Pischke, 1996).
30
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nell’offerta di servizi non finanziari, aspetto trascurato da altri tipi di MFI e che, come già visto, risulta
indispensabile integrazione all’offerta finanziaria.
D’altra parte, sebbene efficace, è per altri versi una forzatura delineare un profilo unico di una categoria
istituzionale che appare molto variegata e complessa. Il ruolo dell’ONG nei credit linkage model può
infatti variare considerevolmente al variare della sua tipologia istituzionale, della sua mission, del disegno
del progetto e della rete delle IF locali.
Le declinazioni in cui si incontrano le ONG impegnate nella promozione di programmi di microfinanza,
infatti, sono almeno cinque (Dichter, 1999):
-
tipo A: Single Method Microcredit Replication Networks (ad esempio ACCION, FINCA
International, Women’s World Banking, ecc…);
-
tipo B: Multipurpose International NGOs che includono anche alcune componenti di microfinanza
e microcredito (ad esempio World Vision, Plan International, Save the Children, CARE,
ActionAid, ecc…);
-
tipo C: Multipurpose National NGOs che includono alcune componenti di microfinanza e che non
appartengono ad alcuna ‘famiglia’ di microfinanza, sebbene abbiano molti legami informali (ad
esempio CARD, Philippines, Myrada, India, SEWA);
-
tipo D: Microfinance-Dedicated National NGOs che sono diventate delle MFOs (Microfinance
Organizations) specializzate, nate da ONG internazionali, o dal supporto consistente di donatori
internazionali (ad esempio ABA, Egypt, K-REP, Kenya, Pradan, India, PPPCR, Burkina Faso);
-
tipo E: National, localized, and sometimes community-based (membership) NGOs, generalmente
molto piccole, con pochi o nessun legame con altre organizzazioni.
7. Partenariati e reti per la microfinanza nei PVS
Tra le forme più interessanti e innovative di interventi di microfinanza vi sono quelli strutturati in reti e
partenariati. Il punto di partenza è l’esistenza di un fondo da destinare ad attività di microfinanza e la
costituzione di un network di attori che agiscono a diversi livelli, ciascuno secondo le proprie specificità. Le
strutture di partenariato per la microfinanza si esprimono in una grande varietà di forme raggiungendo livelli
di complessità molto diversi ed articolati. Tipicamente nascono da una ‘triangolazione’ di questo tipo:
Promotore/i. Generalmente questo ruolo è svolto da organismi noprofit che operano a livello locale97. Se
-
il partenariato si inserisce all’interno di interventi di cooperazione allo sviluppo, il promotore locale è
supportato (tecnicamente e/o finanziariamente), da organismi internazionali governativi e/o nongovernativi. Il promotore si occupa di costituire la rete e, essendo impegnato ‘sul terreno’ con le
97
Fondazioni, ONG, cooperative, associazioni di categoria, enti locali ed altre organizzazioni.
31
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comunità, funge da filtro con il territorio per la selezione e l’accompagnamento dei beneficiari98. Per il
suo ruolo di intermediazione, il promotore può esercitare anche una funzione di controllo sul gestore dei
fondi e sui beneficiari.
-
Istituzione finanziaria presso cui è depositato il fondo; può essere profit o noprofit, formale o semiformale ma deve necessariamente essere specializzata nell’intermediazione finanziaria. Ha il compito di
erogare i finanziamenti ai beneficiari, alle condizioni concordate con il soggetto promotore, formalizzate
e regolamentate da convenzione o contratto che stabiliscono modalità e termini di amministrazione e
erogazione dei fondi. Il gestore generalmente conduce l’istruttoria totalmente o parzialmente, effettua gli
esborsi e il monitoraggio dei clienti, gestisce i rimborsi e l’attività di recupero dei crediti in caso di
insolvenza.
-
Beneficiari (target). La scelta del target si traduce nell’individuazione di uno o più criteri di accesso al
programma: genere, collocazione geografica, appartenenza ad un gruppo, ad una determinato comparto o
settore, ad una compagine sociale e così via.
-
Vi possono poi essere altri soggetti che completano la rete in relazione all’apporto di altri tipi di servizi,
come quelli non finanziari. Le attività di formazione, consulenza e capacity building agli attori ai vari
livelli della rete, può essere a carico di un soggetto esterno specializzato (una ONG, come in alcuni dei
casi che si vedranno) oppure a carico di un organo interno al promotore, una sorta di ‘comitato di
accompagnamento al credito’ che supporta il richiedente nella fase preparatoria l’istruttoria99 ma anche
nella gestione ordinaria, ad esempio negli aspetti fiscali e contabili.
Strutture di partenariato di questo tipo, qui definite linkage model (Seibel, 1985 e 1999) per la
microfinanza, si esprimono in una molteplicità di forme.100
98
In alcuni schemi, come si vedrà, è pertanto possibile che la prima selezione delle richieste di credito sia a suo carico. In questo
caso un organo di valutazione interno, composto da rappresentanti dei soci e da altri autorevoli soggetti, analizza le richieste di
credito. Le richieste approvate vengono inviate alla IF, che procede nell’istruttoria.
99
Dalla formazione del gruppo, alla preparazione dei documenti, alla formulazione della richiesta di credito e del business plan,
alla registrazione dell’attività imprenditoriale (laddove, ad esempio, la registrazione dell’impresa è un requisito d’accesso), come si
vedrà nel caso dell’associazione LiNK a Mostar.
100
In India, ad esempio, sono stati implementati tre diversi linkage model basati su una struttura di partenariato Banca-ONG
(Bank-NGO partnership based microcredit):
1.
Bank-SHG-Members: The bank itself acts as a self-help group promoting institution (SHPI);
2.
Bank-Facilitating Agency-SHG-Members: Facilitating agencies like NGOs, government agencies, or other communitybased organizations form groups;
Bank-NGO-MFI-SHG-Members: NGOs act both as facilitators and microfinance intermediaries. First they promote groups,
nurture them, and train them, and then they approach banks for bulk loans for lending to the SHGs. “The second model, where
SHGs were formed and nurtured by the NGOs, was more popular among the bankers. Banks opened saving accounts and then
provided credit directly to the SHGs, while NGOs acted as facilitators. This approach has been widely accepted by the
practitioners partly because of the large scale participation of state government through development agencies like the District
Rural Development Agency (DRDA), District Women Development Agency (DWDA), and also because of special initiatives of
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8. I quattro partenariati
Le quattro strategie di partenariato scelte hanno luogo in quattro paesi appartenenti a regioni geografiche
molto diverse: Zimbabwe, Federazione della Bosnia-Herzegovia, Bolivia e India.
8.1. CARE/DFID - CBZ
In Zimbabwe circa il 90% degli imprenditori informali non ha accesso ai servizi finanziari (Rufasha, 2005,
p.131). La CBZ (Commercial Bank of Zimbabwe), nata dalla ristrutturazione della BCCI per mano
governativa, è stata la seconda Banca, nel 1996, ad entrare nel settore della microfinanza e nel 2003
diventa la terza banca in Zimbabwe per ammontare di depositi di risparmio gestiti.
Il partenariato prevede lo stanziamento, da parte del DFID (Department of International Development of
the UK Government), di un fondo di garanzia di 750.000$, gestito da CARE, e depositato presso la CBZ
(Commercial Bank of Zimbabwe). Il meccanismo del partenariato è incentrato sul ‘community banking
model’ del CBZ: il fondo è posto a copertura del rischio di mancato rimborso garantendo la copertura
dell’80% delle perdite per i nuovi prestatari e del 60% a partire dal secondo prestito. Il target è costituito
da microimprenditori, organizzati in gruppi auto-selezionati (da 5 a 10 membri). Il gruppo ha l’obbligo di
apertura di un conto corrente presso la CBZ e di deposito di 15$ che verranno restituiti alla chiusura del
conto. Per prestiti di gruppo la garanzia è solidale, per prestiti individuali possono essere utilizzati beni
mobili come macchinari o effetti personali che restano in possesso del debitore finchè non si solleva
l’istanza di mancato rimborso. Addizionalmente, viene mantenuto almeno il 20% del valore iniziale del
prestito su un conto di risparmio finchè tutti i membri del gruppo non hanno rimborsato. Per il primo
prestito l’ammontare varia da 85$ a 1300$ (da 3 a 6 mesi) ed il tasso è del 7% più l’1% flat. A partire dal
secondo prestito, l’ammontare può aumentare fino a 1720$ (fino a 18 mesi). Non sono previsti periodi di
grazia. La struttura di cui si è dotata la banca è suddivisa in tre diversi livelli organizzativi (tab. 4):
Tab. V – Ruoli e funzioni del personale della CBZ nella nuova divisione di microfinanza
RUOLO
agenti di credito (loan
officers)
direttore di microfinanza
(head of microfinance)
direttore di filiale (branch
manager)
-
FUNZIONI
apertura conti, formazione clienti, valutazione delle
domande di credito, esame della documentazione, esborso,
monitoraggio
approvazione/respingimento credito
verifica le condizioni di aperture del conto, firma
congiunta con il direttore di microfinanza sulle
approvazioni
-
Gli agenti di credito svolgono attività di formazione alla gestione finanziaria e una forte azione di direct
marketing con i clienti, attraverso visite periodiche, distribuzione di materiale informativo e
organizzazione di eventi e premi come il premio per l’‘imprenditore dell’anno per il settore informale’.
Il tasso d’interesse sui depositi è passato dal 12% al 20% tra il 1999 e il 2003 e il coefficiente
depositi/prestiti sui prodotti di microfinanza è stato del 167% nel 2001 e del 273% nel 2002; ciò vuol dire
che la banca riesce a finanziare totalmente il portafoglio di microcrediti con i depositi degli stessi
prestatari. Inoltre, visti gli alti coefficienti di deposito, sta pensando di ampliare la gamma dei prodotti da
NABARD. 16% of the SHGs were credit linked under the third model where NGOs acted as facilitators as well as microfinance
intermediaries. Under this model, NGOs formed SHG federations and then facilitated them to assume the role of MFI. This model
is expected to gain wider recognition with smaller banks venturing into large scale financing of SHGs. Under the first model SHG
linkages were facilitated through NABARD’s policy of converting regional rural banks (RRBs) into self-help promoting
institutions, SHPIs” (Bansal, 2003).
33
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offrire ai clienti di microfinanza. Al Dicembre 2003 il numero (cumulato) di prestiti erogati è di 11.822 di
cui il 70% a prestatari femminili (tabella 5).
Tab. VI – Indicatori di outreach dei programmi di microfinanza della CBZ (dicembre, 2003)
-
numero (cumulato) di prestiti erogati
numero di depositi di risparmio
proporzione di preatatari femminili
posti di lavoro creati
-
11.822
11.691
70%
10.796
In questo caso, configurabile come commercial down-scaling,101 supportato dai fondi di un
organismo di cooperazione, la banca si è dotata di una struttura interna specifica per la
gestione dei servizi di microfinanza (embedded microfinance operation) e, sfruttando le sue
caratteristiche di istituzione bancaria,102 riesce ad ottenere ottimi risultati in termini di
outreach e performance. L’ONG riveste qui il ruolo di prestatore di garanzia finanziaria e
assistenza tecnica La partnership con una ONG fa poi in modo che siano rispettate le buone
prassi, che venga formato il personale in maniera specifica e che venga salvaguardata la
mission originaria attraverso il monitoraggio del target.
L’accordo prevede che CARE faciliti l’implementazione del programma, occupandosi di:
- supervisionare il funzionamento del meccanismo di garanzia (gestione del fondo e delle
richieste di garanzia sui mancati rimborsi);
- formare il personale bancario,
- fornire rapporti periodici di performance;
- fornire assistenza tecnica al personale della banca sulle best practice in microfinanza e sui
principi del group-based lending;
- formare i clienti all’attività imprenditoriale.
101
Cfr. par. 5. 4, nota 85.
102
«Ownership, financial disclosure, capital adequacy, fisical and financial infrastructure, well-established internal control and
accounting system » (Bansal, 2003).
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8.2. COSPE/MAE – LiNK - Banca Unicredit-Zagrebačka
L’ONG toscana COSPE dal 2003 ha avviato un processo di capacity building a favore dei
microimprenditori della città di Mostar e dal 2004 ha inserito la componente del microcredito.Il
partenariato nasce dall’affidamento di un fondo del Ministero degli Affari Esteri italiano (MAE) al
COSPE, da destinare ad attività di credito a favore dei microimprenditori di Mostar. Il fondo viene posto a
copertura dei crediti richiesti dai microimprenditori soci di LiNK in qualità di garanzia. Link, che è
proprietario e gestore di parte del fondo, è un centro servizi locale per l’imprenditoria e il lavoro
costituitosi attraverso il supporto di un precedente progetto COSPE. L’altra parte del fondo di garanzia è
di proprietà della banca che decide sugli affidamenti, eroga i prestiti, conduce il monitoraggio e si occupa
del rimborso e dell’eventuale recupero dei crediti.
Il processo di istruttoria è organizzato in due fasi: una di analisi qualitativa (volta a valutare le
caratteristiche dell’imprenditore, dell’impresa, del settore in cui opera, le credenziali dei garanti, ecc…),
l’altra di analisi quantitativa (storia creditizia, bilanci, ecc…) realizzata dalla banca. La prima fase è
suddivisa in due ‘step’: il primo gestito dal personale di LiNK che effettua la prima visita sul campo,
verifica i requisiti esistenti e supporta gli imprenditori nell’acquisizione dei requisiti richiesti laddove
mancanti (registrazione dell’impresa, business planning ecc…) e aiuta nella preparazione della richiesta di
prestito. Il secondo passaggio riguarda la valutazione delle domande di credito da parte del Comitato di
Garanzia, costituito da soci membri che vi siedono a rotazione. In caso di esito positivo, trasmettono la
richiesta alla banca che effettua la seconda fase dell’analisi ed ha l’ultima parola sull’affidamento.
Le condizioni di gestione del fondo, negoziabili annualmente, sono regolate da una convenzione che
prevede che:
- la banca offre un moltiplicatore pari a due, per cui il fondo di 300.000 KM (circa 150.000 €) messo a
disposizione da COSPE e LiNK copre crediti fino a 600.000 KM grazie al contributo della banca;
- il Fondo di Garanzia garantisce il 50% del credito erogato a un’impresa esistente, e fino al 70%
erogato a una nuova impresa (registrata da meno di un anno);
- la banca offre un tasso di interesse passivo pari all’1% sul fondo di 300.000 KM depositato su conto
corrente presso la stessa banca.
Le condizioni di credito concordate, formalizzate nella convenzione, sono molto favorevoli rispetto al
mercato bosniaco (Antenucci, 2005):
Tab. VII - LiNK-UNICREDIT Zagabria: condizioni di credito pattuite
Ammontare di credito
Termine massimo di rimborso
Periodo di Grazia
Tasso di interesse
Provvigione
per
l’elaborazione
della
richiesta di credito
Provvigione per la garanzia concessa
dall’associazione LiNK
a 5.000 a 20.000 KM (circa 2.500 – 10.000
€)
5 anni (incluso il periodo di grazia)
da 3 a 6 mesi
EURIBOR (stabilito su base annua) + 4%
1% pagata alla Banca (sull’ammontare del
credito approvato)
da 1% a 1,5% (in base alla durata del
credito), calcolata sull’ammontare del
credito garantito
Il programma finanzia imprese già avviate e di nuova costituzione, l’ammontare medio dei prestiti è di
16.752 KM (8.565 euro). La percentuale di prestatari che rispettano la scadenza è molto alta (98%) e su 51
beneficiari 14 sono donne103. L’attività di formazione è garantita dal COSPE in maniera continua: per gli
imprenditori beneficiari attraverso corsi di formazione in loco, per i funzionari di LINK attraverso stage
presso associazioni italiane di categoria (CNA, consorzio fidi Finartfidi, Cooperativa Picena di Garanzia)
e affiancamenti al personale tecnico della banca.
103
Dati estrapolati dalla ricerca condotta da UCODEP nell’ambito del progetto “Finanza per lo sviluppo” condotto nel corso del
2005.
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In questo caso, che si inserisce in un più ampio intervento di institutional building,
l’ONG disegna un intervento che riesce ad aumentare l’accesso al credito attraverso il
superamento del problema della mancanza di garanzie patrimoniali104. Grazie al
supporto ai clienti da parte dello staff di LiNK, si ottiene una riduzione dei tempi di
istruttoria e grazie all’istruttoria a due fasi, si ottiene l’aumento dell’efficacia del
meccanismo a garanzia dei crediti e la riduzione dei costi a carico della banca.
L’ONG, inoltre, incoraggia lo scambio di conoscenze e buone pratiche creando
momenti altamente formativi e svolge un ruolo propulsivo nello sviluppo locale
attraverso l’azione di coinvolgimento degli enti locali.
L’ONG qui non svolge l’attività di intermediazione finanziaria vera e propria, ma si
occupa di supportare tutti gli attori che ne prendono parte attraverso una costante
fornitura di assistenza tecnica. In particolare si occupa di avviare il fondo di garanzia a
favore delle PMI locali e trasferire conoscenze e capacità all’associazione che sarà
responsabile del fondo, della sua gestione e del coinvolgimento futuro di altri attori.
104
In questo caso si è potuto scegliere il fondo di garanzia in quanto il mercato finanziario è piuttosto maturo e vi sono molti
piccoli imprenditori, privi di garanzie reali, ma abbastanza ‘avviati’ da necessitare di crediti individuali di ammontare troppo
elevato per il tradizionale microcredito.
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8.3. ACRA/MAE- ANED - FINCAFE
FINCAFE (Fondo Financiero Cafetalero) è una associazione di servizi finanziari, nata dal raggruppamento di circa
105
20 cooperative di produttori –esportatori di caffè del dipartimento dello Yungas, Provincia di La Paz (Bolivia).
Le cooperative socie - riunite in una grande federazione, la FECAFEB - sono suddivise in socie passive (al di sotto di
2.500$) e attive. Lo scopo dell’associazione è di canalizzare risorse finanziarie per i produttori di caffè della zona.
Il capitale di FINCAFE è costituito da tre fondi di credito: uno di proprietà dei soci (costituito dalla sottoscrizioni di
quote capitale), il secondo ricevuto in usufrutto dal consorzio di ONG di cui ACRA è capofila, il terzo è frutto della
donazione di un consorzio di ONG (AyA, Q’HANA e CARITAS) che operano nella stessa area.
FINCAFE eroga crediti rurali sia associativi che individuali: il primo fondo è destinato esclusivamente a prestiti
associativi, destinati a finanziare attività ordinarie quali la pulizia dei campi, i costi di manodopera e trasporto del caffé.
Il terzo fondo, gestito da un comitato di gestione separato, viene destinato ai prestiti individuali, rivolti alle esigenze
familiari e abitative dei soci. Il secondo fondo infine finanzia prestiti sia individuali che associativi. L’ammontare
complessivo dei tre fondi, di circa 400.000$ (dicembre 2005), è dato in amministrazione ad una ONG finanziaria,
Asociacion Nacional Ecumenica de Desarrollo (ANED) che li gestisce sulla base di un ‘contratto di
amministrazione’ sottoscritto con FINCAFE, che stabilisce:
un moltiplicatore di 1:2 sui fondi prestati (in tal modo la quantità di credito offerta raddoppia e soddisfa la domanda
complessiva di credito che è stato stimato essere di circa 900.000$);
il tasso d’interesse annuale del 4.5% corrisposto a FINCAFE sui fondi I e II. Tali introiti vengono destinati
rispettivamente al mantenimento di FINCAFE e alla capitalizzazione delle cooperative socie (la ripartizione avviene in
proporzione alla quota di capitale sottoscritta da ciascuna);
il tasso d’interesse annuale del 4.5% sul fondo III che viene destinato alla capitalizzazione del fondo stesso come da
accordi con le ONG donanti;
l’obbligo di ANED di fornire rapporti semestrali sulla composizione e consistenza del portafoglio prestiti;
i tipi di prodotti di credito e le condizioni di prestito (oggetto di continue negoziazioni in base alle esigenze espresse
dai soci). La gamma di prodotti offerti da FINCAFE-ANED è molto ampia: credito associativo di capitale operativo e
per investimento, credito familiare sia operativo che per investimento, credito per investimento in migliorie abitative,
microleasing e microwarrant (tab.7):
Tab. VIII – Gamma di prodotti di credito offerti da FINCAFE-ANED (Dicembre 2005)
Credito
Associativo
operativo
Credito
associativo per
investimento
Credito
Investimento per
migliorie abitative
Credito Familiare:
-Operativo
- Investimento
Micro Leasing
Ammontare: a seconda della capacità di rimborso e delle garanzie
presentate
Garanzia: ipotecaria
Tasso 14% (socie attive) – 16% (socie passive)
Durata: max 48 mesi – linea di credito
Ammontare: a seconda della capacità di rimborso e delle garanzie
presentate
Garanzia: ipotecaria
Tasso 13% (socie attive) – 15% (socie passive)
Durata: 60 mesi–
Ammontare: 10.000 $
Garanzia: Ipotecaria, Beni mobili, Fideijussione
Tasso: 16%
Durata: 60 mesi
Ammontare: 3000$
Tasso: 18%
Garanzia: Ipotecaria, Beni mobili, Fideijussione
Durata: 60 mesi
Ammontare: 5.000 $-100.000 $
Garanzia: macchinario stesso
L’ammontare medio dei prestiti per capitale operativo associativo è molto alto viste le grandi quantità di
caffé mobilitate su base annua dalle cooperative socie. Anche in considerazione di questo motivo
permangono alcuni ostacoli all’accesso al credito legati alle garanzie richieste. FINCAFE ha quindi deciso
di avviare la sperimentazione del Micro Warrant (Ammontare: 50%-75% del valor e del caffé, Garanzia:
Beni mobili, Tasso: 12%-14%, Durata: 12 mesi) con FONDECO, un’altra ONG Boliviana esperta di
questo tipo di strumento.
Dal momento che ANED è una ONG finanziaria e non è quindi autorizzata a offrire servizi di risparmio,
la raccolta del risparmio è gestita da una IF locale per conto di FINCAFE.
105
Tutti i dati e le informazioni presentate si riferiscono al periodo di ottobre-dicembre 2005.
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L’organigramma di FINCAFE è composto da un’assemblea, un organo direttivo (tre membri eletti
all’interno dell’assemblea dei soci), un organo di vigilanza (composto dai tre membri del direttivo della
FECAFEB), un amministratore e una segretaria. Il direttivo è composto da tre membri ed è eletto ogni 3
anni. Alla fine del 2005, viene ristrutturato il processo di istruttoria che mostra alcuni problemi di
funzionamento; le fasi di esborso e recupero prestiti vengono attualmente realizzate da ANED sotto la
supervisione di FINCAFE, mentre l’istruttoria viene realizzata in due fasi: nella prima FINCAFE controlla
l’esistenza dei requisiti e, in caso di esito positivo, trasferisce la pratica a ANED che decide
dell’approvazione finale.
I compiti istituzionali di FINCAFE prevedono l’attività di analisi della domanda di credito dei soci,
l’informazione ai soci sui nuovi prodotti, la formazione alla gestione finanziaria e la promozione sul mercato
finanziario nazionale e internazionale. FINCAFE si occupa anche di monitorare l’andamento di esborsi e
rimborsi. La sostenibilità finanziaria di FINCAFE viene garantita dal tasso corrisposto da ANED e dalle
quote associative versate annualmente dalle cooperative.
Questo caso risulta particolarmente complesso date le dimensioni della federazione di
cooperative (che esporta – in valore- circa il 30% del caffè prodotto in Bolivia), dato
l’ammontare complessivo della loro domanda di credito annuale (molto elevata anche
solo per capitale operativo, senza considerare quindi la domanda per investimenti106),
la grande eterogeneità delle cooperative socie per anzianità, portata commerciale e
dotazione di capitale e data, infine, la complessità organizzativa107.
FINCAFE sorge quindi dal bisogno di creare un organo di coordinamento che sia
rappresentativo delle molteplici istanze finanziarie delle diverse cooperative socie e
che sia in grado di negoziare condizioni favorevoli di finanziamento e prestito per i
soci. In questo caso, emerge il ruolo strategico di capacity building a favore di una
gruppo di produttori-esportatori. ACRA supporta infatti l’attività di FINCAFE:
- finanziariamente: l’accordo tra le parti prevede l’apporto della dotazione finanziaria
di base (fondo II) in qualità di usufrutto. Se entro il termine prestabilito tale fondo
trova riscontro in una uguale dotazione di capitale proprio (processo di
capitalizzazione) ne viene trasferita la proprietà da ACRA a FINCAFE;
- istituzionalmente: verso l’interno attraverso l’attività di capacity building e verso
l’esterno attraverso il sostegno al coordinamento con gli altri donatori
- operativamente: assistenza tecnica a FINCAFE nelle attività di informazione dei
soci, di formazione dei dirigenti, di trasferimento di buone prassi contabili e gestionali
allo staff, nell’affiancamento alla negoziazione con le IF.
106
In virtù della elevata produttività e della dinamica positiva di vendita del caffè sul mercato internazionale attraverso il canale
del commercio equo, l’ammontare medio dei prestiti a carattere associativo è di circa 25.000$ all’anno. La fonte primaria di
finanziamento per le cooperative è il fondo FINCAFE I di proprietà dei soci raddoppiato per effetto del moltiplicatore di 1:2.
Essendo le cooperative socie 18 (dato del dicembre 2005), per molte di loro, questa cifra non è sufficiente a coprire la domanda
totale di credito operativo annuale; pertanto, quando possibile, tutte ricorrono a forme alternative di finanziamento come
anticipazioni fornite dai compratori internazionali sulle forniture.
107
Il partenariato si basa in questo caso su due non-bank financial institution a carattere noprofit: una ONG finanziaria (non
deposit taking MFI), ANED e una associazione di servizi finanziari, FINCAFE, che, pur avendo una mission di canalizzazione
verso il sistema finanziario formale e un’azione di promozione e raccolta fondi, è molto simile ad una associazione a carattere
mutualistico member-owned dal punto di vista del funzionamento operativo (la restrizione associazionistica, l’appartenenza dei
membri ad un’unica categoria produttiva (produttori di caffé), la sottoscrizione obbligatoria minima di quote capitale).
38
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8.4. RBI/NABARD/Canara Bank-Dhan Foundation
Il SHG-Bank Linkage Programme (SHLP) indiano108, iniziato nel 1992 con l’obiettivo di collegare il settore
finanziario informale a quello formale, ha prodotto dei risultati molto soddisfacenti in termini numerici: nel
marzo 2004, in tutto il paese si contavano circa 1 milione e 100 mila SHGs (Kulkarni, 2005). In India
esistono molte ONG (ne sono state calcolate 718 solo nel periodo 1999-2000) specializzate nel supporto
istituzionale ai SHGs. Una di queste ONG, la Dhan Foundation ha avviato un community banking
programme insieme alla Banca Canara nella regione Sud dell’India (nel distretto del Tamil Nadu), dove si
concentra la maggior parte dei SHLPs. La Dhan Foundation ha formato più di 10.000 SHGs che operano il
3.400 villaggi nella regione. I SHGs sono aggregati in associazioni di secondo livello (Cluster Level
Associations o CLAs) e terzo livello di SHGs (Block-Level Federations o BLFs) formate da gruppi di CLAs.
I tre livelli istituzionali sono tra loro autonomi ma interdipendenti. Le BLFs si occupano di ricercare
finanziamenti (NABARD, SIDBI, HUDCO e Banche Commerciali come la Canara) ridistribuiti poi ai CLAs
e ai SHGs e da questi ai singoli membri. Il costo della formazione iniziale dei SHGs (principalmente la
formazione di membri e leader) fino al take-off è stimato intorno ai 200$ per SHGs. Questa fase gode di una
serie di finanziamenti alla Dhan Foudation da parte della Ford Foundation, la Sir Ratan Tata Trust di
Mumbai e NOVIB (Olanda). Successivamente al take-off, i costi di mantenimento sono a carico dei SHGs, e
vengono ripartiti in proporzione all’ammontare complessivo dei prestiti al gruppo. Le banche decidono di
finanziare i SHGs in base al livello di risparmio del gruppo, pertanto i gruppi giovani riescono ad accedere
solo una o due volte al prestito finchè non accumulano altro risparmio. I membri che formano i comitati dei
CLAs hanno il compito di monitorare l’uso del credito da parte dei singoli membri e di verificare che il loro
livello di indebitamento non superi la capacità di rimborsare.
Nel caso di DHAN Foundation, l’ONG diventa agente di cambiamento (change agent) per
il tessuto sociale ed economico informale di un’intera regione e partner strategico della
banca nell’accesso ad un nuovo mercato. DHAN si occupa esclusivamente dell’attività di
intermediazione sociale che riguarda la costituzione dei gruppi (capacity building) e la loro
formazione, mentre la banca gestisce l’attività di intermediazione finanziaria e si accolla il
rischio di credito. Questo schema è basato sull’esternalizzazione delle attività di selezione
e monitoraggio che ha il vantaggio di ridurre costi e rischi a carico della banca109.
In questo caso l’ONG svolge il ruolo di ‘agente di cambiamento’ (change agent) nei
confronti dei beneficiari motivando e organizzando la popolazione rurale alla creazione dei
SHGs e canalizzandola verso le banche. Le attività che l’ONG svolge, di grande valore
strategico, sono tutte riconducibili ad una intermediazione di tipo sociale rivolta ai gruppi:
- motivare e organizzare la popolazione rurale in SHGs, CLAs e BLFs;
- promuovere la cultura della mobilizzazione delle risorse finanziarie e del risparmio;
- formare i membri alla gestione finanziaria;
- facilitare i contatti con le banche;
- contribuire all’empowerment delle socie.
108
In India la Reserve Bank (RBI) e la National Bank for Agricolture and Rural Development (NABARD) incentivano le banche a
destinare il 40% del portafoglio prestiti a settori cosiddetti ‘prioritari’. Tra questi è stato recentemente incluso il sostegno ai gruppi
di credito e risparmio informali, i SHGs (Self-help Groups). Nel caso indiano, i SHGs sono formati dai 15 ai 20 membri in
prevalenza donne (90%), legate tra loro da rapporti di vicinato. I SHGs nascono per fronteggiare difficoltà legate alle attività
economiche in contesti rurali e rappresentano validi strumenti di lotta alla debolezza e all’isolamento, considerate le due principali
cause di povertà (El-Mahdi, 2005). La formazione del gruppo ha l’obiettivo di contribuire allo sviluppo delle comunità creando
legami con banche e organizzazioni ‘apex’. I gruppi, inizialmente, sono formati e supportati da ONG (Kulkarni, 2005).
109
In questo particolare tipo di linkage model, una ONG multipurpose locale agisce da intermediario tra una banca ed un numero
molto grande di associazioni di credito informali: nella sola area di Alanganallur la Dhan Foundation ha portato alla creazione di
348 SHGs. Sebbene esista una normativa della Banca Centrale che invita a realizzare questo tipo di operazioni, quello che colpisce
immediatamente è la grande scala e la capacità di replicare efficacemente un modello su un numero così ampio di casi. Inoltre,
attraverso l’azione della Dhan Foundation e il meccanismo rappresentativo costruito in clusters e federazioni, Canara Bank riesce
ad ottenere un grande vantaggio esternalizzando la maggior parte dei costi di transazione dei prestiti.
39
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9. Le ONG multipurpose nei quattro partenariati: ruolo e strumenti
Nonostante la complessa diversità dei quattro casi, è possibile ricavare da essi alcune osservazioni che
potrebbero contribuire ai processi di costruzione di partenariati per la microfinanza promossi da ONG
multipurpose110 attraverso l’individuazione di alcune variabili strategiche.
Uno degli aspetti più interessanti è che le ONG hanno scelto di facilitare l’attività di intermediazione
finanziaria in modo indiretto ovvero occupandosi di creare le condizioni di accesso ai servizi finanziari
attraverso l’intervento nelle fasi che precedono l’erogazione vera e propria
111
. Si parla in questo caso di
strategia di ‘promozione’ invece che di ‘fornitura’ (Johnson e Rogaly, 1997) di microfinanza, declinabile
in diversi modi112.
In tutti e quattro i casi visti la strategia della promozione utilizza un linkage model Banca-ONG113. Le
quattro ONG sono partite dall’analisi dei financial provider presenti a livello locale (analisi dell’offerta)
che potessero assurgere a intermediari finanziari. In tre casi su quattro l’intermediario è una banca, nel
caso della Bolivia, invece, è una ONG finanziaria. In due dei quattro casi (COSPE ed ACRA) l’ONG ha
scelto di appoggiare il processo di formalizzazione del gruppo target e di supportarne il rafforzamento
attraverso un’azione di capacity building. Entrambe le associazioni (LINK e FINCAFE), infatti, nascono
da precedenti progetti che hanno dotato le due strutture di una forma organizzativa, di personale tecnico
(attraverso le attività di formazione) e di un capitale iniziale114. In due casi su quattro (COSPE e CARE) il
fondo a dono115 viene destinato alla costituzione di fondi di garanzia.
110
Cfr. classificazione par. 6.
111
In una sorta di ideale ‘filiera’ dell’accesso al credito e ai servizi finanziari, le 4 ONG analizzate di occupano di tutte le attività
preliminari e accessorie all’erogazione.
112
Nei casi visti si traduce in attività di:
-
fornitura di assistenza tecnica e di garanzia finanziaria ad una IF commerciale finalizzata al suo ingresso nel settore della
microfinanza attraverso l’apertura di una divisione specifica per un target a basso reddito e privo di garanzie (caso
CARE);
-
rafforzamento e canalizzazione di un dato target verso una istituzione finanziaria formale (caso COSPE);
-
raggruppamento di istanze finanziarie di una categoria omogenea di produttori organizzati, finalizzata all’aumento delle
risorse finanziarie a loro disposizione, della loro visibilità e della loro forza negoziale (caso ACRA);
-
intermediazione sociale rivolta a collegare il settore finanziario formale e l’economia informale attraverso attività di
mobilizzazione del capitale sociale e formazione finanziaria di base finalizzata alla costruzione di associazioni
finanziarie informali (caso DHAN).
Vi possono poi essere altre modalità quali la facilitazione all’introduzione di tecnologie di credito interne ai gruppi già esistenti più
sofisticate (ad esempio Friends of Women’s World Banking in India, Johnson and Rogaly, 1997) e la trasmissione di informazioni
da una categoria all’altra di attori coinvolti nel settore finanziario (ad esempio creando un collegamento tra piccole istituzioni e
network internazionali come il World Council of Credit Unions (WOCCU) come nel caso di SANASA (Johnson & Rogaly, 1997).
113
I modelli di partenariato di riferimento sono quelli elencati nel par. 7.
114
Il capitale iniziale nasce qui dalla donazione della linea di microcredito inclusa nel precedente progetto finanziato dal MAE.
Particolarmente interessante risulta l’analisi delle diverse ‘strategie di uscita’ (exit strategy) da progetti di microfinanza. Che fare
40
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Dai quattro casi emerge l’obiettivo di collegare domanda e offerta di credito e di facilitare il primo accesso
al mercato finanziario, contribuendo all’espansione della cosiddetta ‘frontiera finanziaria’ (Von Pischke,
1991). Per raggiungere tale obiettivo ciascuna organizzazione ha fatto ricorso ad alcuni strumenti, che
possono essere utilizzati in maniera alternativa o complementare:
•
Metodologia di credito: la tipica metodologia utilizzata in microfinanza è quella del group-lending
(Besley & Coate, 1995) in quanto consente di aumentare l’accesso al credito. L’IF infatti
interagisce con il gruppo come se fosse un unico prestatario, minimizzando così i costi di
transazione e aumentando le economie di scala. I vantaggi sono anche legati alla grande riduzione
dei rischi.116 Esistono però alcune criticità associate al group lending: i gruppi hanno strutture
piuttosto gerarchiche, gli ufficiali di credito infatti raramente interagiscono con i singoli membri
ma piuttosto con i leader. Se così facendo si riducono i costi di gestione, è d’altra parte possibile
che aumenti il potenziale di corruzione e che il venir di leader particolarmente carismatici minacci
la coesione del gruppo. Inoltre esiste un rischio associato alla scarsa possibilità di diversificazione:
soggetti che posseggono caratteristiche omogenee sono esposti al rischio di ‘contagio’ (Viganò
2004) o ‘effetto domino’ (Ledgerwood, 1999) in caso di inadempienza di uno o più membri.
Inoltre, alcuni autori (Huppi e Feder, 1990) sostengono che l’interazione con il gruppo aumenta
piuttosto che ridurre i costi di gestione del prestito, poiché i costi di formazione ai gruppi sono
molto alti ed inoltre non vi è la possibilità di costruire relazioni durevoli nel tempo con i singoli
clienti. Al group lending è tipicamente associato un target femminile, un basso e bassissimo
reddito e l’informalità dell’attività economica. Molto diffusa è anche la metodologia del credito
individuale (individual lending)117, di frequente associata a quello di gruppo118. In tutti i casi visti,
del fondo di microcredito alla fine del progetto? Nei due casi COSPE e ACRA, il fondo, oggetto di una buona gestione, non è stato
eroso ed è cresciuto. Pertanto, resta di proprietà della ONG e della neo-associazione e viene destinato al finanziamento del fondo
iniziale per dar vita ad un nuovo progetto. In altri casi, laddove il progetto precedente non abbia previsto la costituzione di una
associazione di canalizzazione fondi, è possibile che venga donato ad altre istituzioni di microfinanza locali, come avvenuto nel
caso del fondo III di FINCAFE, frutto della donazione da parte di una ONG spagnola che, alla chiusura del progetto, ha trasferito i
fondi a FINCAFE vincolandone la destinazione a favore degli ex-beneficiari del suo progetto.
115
In tutti e quattro i casi proviene da organismi di cooperazione: MAE nel caso del COSPE, MAE-UE nel caso di ACRA, Ford
Foundation, la Sir Ratan Tata Trust di Mumbai e NOVIB nel caso di DHAN FOUNDATION e DFID nel caso di CARE.
116
La maggior parte dei problemi di selezione avversa (ex-ante) vengono minimizzati attraverso l’auto-selezione dei membri del
gruppo (Ledgerwood, 1999) che devono posseder caratteristiche omogenee. I problemi legati all’azzardo morale (ex-post) vengono
minimizzati attraverso meccanismi di monitoring basati sul controllo reciproco dei membri (peer monitoring). Il gruppo costituisce
un unico garante che si assume la responsabilità di rimborsare (sistema della responsabilità congiunta o joint-liability) in caso di
insolvenza dei singoli membri.
117
Le attività target tipiche dell’individual lending sono le microimprese. I crediti sono di scala maggiore rispetto a quelli di
gruppo e le attività sono più spesso collocate in contesti urbani. Nel caso del prestito individuale è più frequente il ricorso a
meccanismi di garanzia bancaria: è infatti più facile che i debitori siano in possesso di beni patrimoniali ed inoltre l’entità dei
prestiti richiesti può essere piuttosto elevata (osservare le dimensioni medi dei prestiti nella tabella comparativa III). Le garanzie
41
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la creazione di strutture collettive multi-livello permette di replicare i vantaggi tipici del group
lending su una scala più grande che agisce a cascata.
•
Fondi di garanzia: tali strumenti finanziari facilitano l’ingresso nel mercato finanziario risolvendo
il problema della scarsità e inadeguatezza delle garanzie reali. La copertura del rischio di mancato
rimborso viene suddivisa tra la IF, cliente e terzo garante in una misura variabile che dipende dalle
caratteristiche del beneficiario, dal tipo di accordo e dalla storia creditizia del cliente: le condizioni
di accesso infatti migliorano a partire dal secondo prestito quando il prestatario è considerato già
meno rischioso (si veda il caso CARE e il caso COSPE). Il fondo di garanzia è uno strumento
molto efficace in contesti economici strutturati in cui operano imprese dal grado di
formalizzazione piuttosto avanzato e che esprimono una elevata domanda unitaria di credito.
•
Moltiplicatore: accordi di questo tipo consentono di negoziare aumenti nell’offerta di credito
complessiva a partire da una data disponibilità finanziaria; questo permette di ridurre il trade-off
tra profondità (depth) e ampiezza (breadth) dell’outreach. E’ uno strumento utilizzabile solo in
presenza di una convenzione con una IF o MFI specializzata, che si rende necessario in caso di un
grande numero di prestatari e di un ammontare medio dei prestiti elevato. Ovviamente, i benefici
aumentano all’aumentare della grandezza del fondo iniziale e della capacità negoziale e devono
essere formalizzati nella convenzione con l’IF119.
•
Risparmio: come in parte già visto (par. 5.2.2.) il risparmio riveste un ruolo centrale nel processo
di accesso al credito; sia a livello individuale che associativo. Nei casi visti viene prevista una
quota obbligatoria di risparmio in forma di deposito obbligatorio, versata in qualità di garanzia,
tramite apertura di conto corrente (caso CARE e DHAN) o di apporto di quote associative (caso
ACRA) per accedere ai prestiti. In alcuni casi la misura del risparmio obbligatorio è fissa, in altri è
richieste sono generalmente beni patrimoniali, beni mobili (macchinari e attrezzi, per esempio, acquistati in leasing), fideijussioni,
fondi di garanzia a copertura della quota capitale e, totalmente o parzialmente, della quota interessi (Galati, 2006).
118
Alcune MFIs prevedono un percorso di affidamento in diverse fasi: inizialmente, al primo ciclo di prestiti, viene adottata la
metodologia di group lending, successivamente, all’aumentare dell’ammontare dei prestiti, si passa all’individual lending (si veda,
ad esempio, il caso di PRODEM in tabella III). E’ interessante infatti osservare una tendenza alla variazione della domanda di
credito da collettiva a individuale al variare dello stadio evolutivo dell’attività economica per cui si richiede il finanziamento.
Ovvero all’aumentare dell’ammontare del prestito diminuisce l’interesse a far parte di un gruppo di credito in quanto il fabbisogno
finanziario del microimprenditore aumenta. L’abbandono del gruppo di credito al crescere dell’attività economica avviene di
frequente, a meno che, le ragioni che spingono il singolo a restare nel gruppo di credito non siano diverse da quelle legate alla
convenienza economica, ma ad esempio di natura sociale e morale. Inoltre, diminuisce il tempo a disposizione per partecipare a
riunioni e assemblee che si ripetono con cadenza periodica e ravvicinata, e la cui partecipazione, nella maggior parte degli schemi
di group lending è obbligatoria.
119
Nella convenzione vengono indicate tutte le condizioni concordate ovvero:
-
Condizioni di credito per i beneficiari (ammontare, durata, periodo di grazia, tasso);
-
Moltiplicatore (fondi che la banca aggiunge, in misura fissa di 1:2 o 1:3, per aumentare il plafond totale di credito);
-
Eventuali provvigioni sui crediti erogati (importanti ai fini della sostenibilità finanziaria dell’intervento);
-
Tasso d’interesse passivo da corrispondere ai proprietari del fondo.
42
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variabile e incide sull’ammontare di credito che può essere richiesto (caso DHAN). L’attività di
raccolta del risparmio può grandemente incidere sulla sostenibilità finanziaria dell’intervento nel
suo complesso: l’aumento dei depositi può infatti ridurre la percentuale di capitale sussidiato,
garantire la diversificazione nelle fonti di finanziamento e contemporaneamente contribuire alla
‘fidelizzazione’ dei clienti costituendo, per la IF, un’ottima strategia di finanziamento di lungo
termine in grado di contribuire alla sostenibilità finanziaria. Inoltre, per le organizzazioni partner
che forniscono servizi non finanziari, la sostenibilità finanziaria è garantita dalla stipula di accordi
che prevedono il versamento di quote associative da parte dei gruppi di beneficiari (caso DHAN e
ACRA) o il riconoscimento di un tasso d’interesse sui fondi apportati da parte della IF ai
proprietari del fondo (caso ACRA e COSPE). Addizionalmente, il fondo potrebbe aumentare nel
tempo per affetto del coinvolgimento di finanziatori istituzionali, come ad esempio enti locali e
fondi internazionali, interessati a supportare determinate realtà economico-produttive o sociali
(caso COSPE e DHAN).
•
Struttura di governance e regole: in interventi dalla struttura particolarmente complessa come
quelli visti, le regole di gestione e controllo sui fondi a disposizione delle associazioni di
beneficiari dovrebbero essere accuratamente progettate, formalizzate e monitorate in quanto hanno
un impatto decisivo sul risultato del programma. Non dovrebbero quindi essere lasciate al caso
tutte le scelte che riguardano la proprietà del fondo, la trasparenza dei dirigenti nel passaggio di
informazioni alle basi, i meccanismi sul monitoraggio e controllo sull’uso dei fondi, la quantità e
natura degli organi interni (boards), il numero e le caratteristiche dei membri che li compongono,
le modalità di elezione, i tempi di carica previsti e il controllo di performance sul loro operato,
l’esistenza di eventuali conflitti d’interesse all’interno degli organi direttivi, la trasparenza nelle
procedure e nella documentazione prodotta, la dipendenza da forti ‘personalità-chiave’o dai
partner-donatori (Campion & Frankiewiez, 1999). I membri della commissione di valutazione, ad
esempio, potrebbero essere democraticamente eletti secondo criteri di competenza, eterogeneità e
disponibilità. Buona prassi potrebbe essere quella di prevedere, una periodica rotazione dei membri
per minimizzare eventuali conflitti d’interesse (come avviene nel caso COSPE) e di stabilire
rimborsi spesa più che compensi per minimizzare eventuali comportamenti opportunistici.
•
Esternalizzazione di funzioni strategiche: e’ interessante osservare che in tutti e quattro i casi la
componente di servizi non finanziari è presente e molto consistente. Questo è reso possibile, nei tre
casi COSPE, ACRA e DHAN, dalla presenza di organizzazioni specializzate nell’intermediazione
sociale con il gruppo target. Tale peculiarità permette all’IF di ridurre i costi di transazione
esternalizzando le attività finalizzate alla riduzione delle asimmetrie informative e al rischio120. Nel
caso di CARE invece, così come visto, le stesse attività vengono internalizzate (embedded)
120
Ad esempio la formazione dei beneficiari, la predisposizione della documentazione, la preparazione della richiesta di credito, l’
analisi dei business plan, del cash-flow e dei bilanci, il monitoraggio dei clienti.
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attraverso il processo, finanziato dal DFID, di costituzione di una divisione di microfinanza in cui
lavora uno staff bancario formato alle buone prassi in microfinanza dall’ONG.
•
Tassi d’interesse e prodotti finanziari: se l’erogazione del servizio finanziario avviene ad opera di
una MFI specializzata, il tasso d’interesse sui prestiti non può essere agevolato ma viene fissato
alle condizioni di mercato. Questo garantisce che il tasso vada a contribuire al raggiungimento
della sostenibilità finanziaria del programma nel lungo periodo attraverso la copertura di tutti i
costi associati all’attività di prestito; in questo modo il fondo iniziale non si erode ma piuttosto
cresce. Infatti, come già visto, ai fini della sostenibilità il tasso d’interesse nominale sui prestiti, al
netto dell’inflazione, dovrebbe essere abbastanza elevato da coprire tutti i costi di natura sia
operativa che finanziaria associati all’attività di prestito. Di contro, eventuali aumenti ingiustificati
del tasso possono essere mitigati dall’azione negoziale dell’ONG a beneficio del target del
programma di microfinanza. A differenza di quanto avviene nel caso di erogazione di fondi di
credito standardizzati da parte di istituzioni non specializzate nell’intermediazione finanziaria,
l’utilità dei clienti è inoltre migliorata dalla possibilità di accedere ad una gamma di prodotti e
servizi ampia e innovativa, in grado di accompagnare l’evoluzione della loro attività economica.
•
Scambio di know-how: la possibilità di inserire nei progetti attività di scambio con realtà ed
esperienze in cui esistono competenze e buone prassi maggiormente consolidate, contribuisce ad
aumentare le competenze del personale coinvolto nella gestione del programma con importanti
effetti sul risultato. Buoni esempi ne sono i viaggi di formazione, i corsi e l’assistenza tecnica al
personale bancario come rispettivamente avviene nei casi COSPE e CARE.
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Conclusioni
La microfinanza è un settore giovane, in continua evoluzione e pieno di potenzialità attraverso il quale
possono essere sperimentate molte soluzioni innovative e efficaci per lo sviluppo sostenibile. Tuttavia, la
microfinanza già possiede una maturità tale da conoscere le lezioni apprese: il fenomeno è infatti divenuto
‘di massa’ quando sulla base delle esperienze del passato nel campo della finanza rurale esisteva già un
corpus consolidato di strategie, prassi e limiti affinché lo sviluppo finanziario contribuisse in maniera
efficace a quello reale. Molte organizzazioni di donatori e operatori stanno affrontando cambiamenti di
strategia e hanno individuato delle best practices nel tentativo di evitare errori già commessi in passato.
Le ONG, che hanno avuto un ruolo cruciale nel processo di sviluppo della microfinanza, possiedono molte
potenzialità in questo settore in virtù della loro flessibilità, capacità di innovare, responsabilità sociale,
abilità a lavorare a livello comunitario in una relazione di tipo fiduciario che costituisce l’humus
indispensabile ad ogni rapporto di credito. Tuttavia, continuano a sperimentare molte criticità
nell’implementazione di progetti di inclusione finanziaria, per loro natura complessi e problematici.
La scelta di mostrare quattro casi virtuosi di partenariati per la microfinanza realizzati da ONG, risponde
all’obiettivo di contribuire al dibattito in merito alle strategie più efficaci di inclusione finanziaria che
utilizzino pienamente le potenzialità delle ONG in questo settore. Oggi, forse, quel ruolo va ripensato alla
luce del mutamento di un settore che oramai ha assunto le dimensioni di vera e propria ‘industria’. Il nuovo
ruolo, come visto, potrebbe partire dalla scelta di promuovere partenariati strategici come quelli analizzati
in alternativa alla erogazione diretta di servizi finanziari alla popolazione target.
Le istituzioni finanziarie formali, infatti, sono ancora molto caute a lavorare direttamente con clienti privi
di storia creditizia e di garanzie mentre, d’altro canto, sono in cerca di nuovi mercati. D’altra parte, la loro
eccessiva preoccupazione verso la sostenibilità finanziaria e la redditività può essere efficacemente
mitigata dalle ONG attraverso il costante sforzo di preservare la mission originaria della microfinanza,
ovvero l’inclusione finanziaria della fasce più deboli della popolazione nei PVS.
I linkage model, attraversando l’intera ‘filiera di accesso ai servizi finanziari’ possono canalizzare soggetti
non bancabili verso il sistema finanziario formale massimizzando il beneficio derivante dalla maggiore
divisione funzionale del lavoro, valorizzando le competenze e contribuendo alla sostenibilità di lungo
periodo attraverso il coinvolgimento della rete di attori locali finanziari, istituzionali, e della società civile.
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