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Prospettive in Pediatria Aprile-Giugno 2015 • Vol. 45 • N. 178 • Pp. 115-122 Obesità infantile Gianni Bona1 2 Flavia Prodam 1 2 3 Roberta Ricotti1 2 Obesità in età evolutiva: news and update dal 2013 al 2015 1 Clinica Pediatrica, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara 2 I.C.O.S. (Interdisciplinary Center for Obesity Study), Novara 3 Endocrinologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Traslazionale, Università del Piemonte Orientale, Novara Si propone una revisione di letteratura aggiornata (2013-2015) nel campo dell’obesità in età evolutiva, affrontando le seguenti tematiche: impatto epidemiologico, novità circa i fattori di rischio ed il ruolo del microbiota, linee guida, interventi di modificazione dello stile di vita, strategie farmacologiche e chirurgiche. Riassunto Authors offer a review of the updated literature (2013-2015) in the field of pediatric obesity, by evaluating the following topics: epidemiological impact, news on the risk factors and the role of the microbiota, guidelines, interventions on modification of lifestyle, pharmacological and surgical strategies. Summary Metodologia della ricerca bibliografica La ricerca degli articoli rilevanti per preparare la seguente Review è stata effettuata mediante ricerca bibliografica su Medline utilizzando come motore di ricerca PubMed e come parole chiave “obesity”, “children”, “adolescents”, “epidemiology”, “risk factors”, “microbiota”, “diet”, “physical activity”, “drugs”, “bariatric surgery”, “ guidelines, consensus, statement”, selezionando le citazioni più rilevanti pubblicate nell’arco temporale compreso tra il 2013 e il 2015. Introduzione Lo scopo di questa Review consiste nell’offrire ai lettori una overview ragionata nel campo della obesità pediatrica, proponendo aggiornamenti dal 2013 ad oggi. Prevalenza e trend epidemiologico Se nel sovrappeso e nell’obesità si riconosce, secondo la Healthy People 2010, un indicatore di salute della popolazione, aggiornamenti in termini di prevalenza e trend epidemiologico si rendono essenziali per quan- tificare gli effetti sullo stato di salute ed identificare le priorità di azione in campo sanitario. A renderci conto delle dimensioni del problema e del conseguente impatto sulla salute pubblica, sono da enumerare i dati epidemiologici, che a partire dagli anni ’70 ed in particolare nelle ultime due decadi, ne hanno documentato un incremento “epidemico” anche in età evolutiva, in un arco temporale di osservazione relativamente breve. Dal 1980 al 2013, la prevalenza combinata di sovrappeso ed obesità in età pediatrica è aumentata, su scala mondiale, del 47,1% (Ng et al., 2014). Nei Paesi sviluppati, è stata descritta, in bambini, adolescenti e giovani al di sotto dei 20 anni di età, una prevalenza di eccesso ponderale pari al 23,8 ed al 22,6%, rispettivamente in maschi e femmine, contro il 16,9 ed il 16,2%, percentuali registrate nel 1980. Simili incrementi sono stati riportati anche nei Paesi in via di sviluppo, con percentuali di sovrappeso ed obesità, nel 2013, del 12,9 e del 13,4%, rispettivamente in maschi e femmine, contro l’8,1 e l’8,4% nel 1980. È stato inoltre confermato un gradiente di distribuzione socio-economico, osservando una tendenza alla stabilizzazione nei dati di sovrappeso ed obesità nei Paesi sviluppati nell’arco degli ultimi anni, al contrario, di quanto verificatosi nei Paesi in via di sviluppo (Ng 115 G. Bona et al. et al., 2014; Wabitsch et al., 2014). Infatti, le più alte percentuali di sovrappeso ed obesità tra i bambini e gli adolescenti sono state descritte proprio nelle regioni del Medio Oriente e del Nord Africa, nonché in alcune isole del Pacifico e nei Caraibi. In particolare, si stimano tra i 42,5 ed i 52,8 milioni di bambini ed adolescenti in sovrappeso ed obesi in America Latina, ovvero il 20-25% della popolazione pediatrica totale (Rivera et al., 2014). Dallo studio IDEFICS (Identification and prevention of Dietary - and lifestyle-induced health Effects in Children and infantS) condotto, negli anni 2007-2010, su una delle più ampie casistiche di bambini europei in età pre-scolare, la prevalenza dell’eccesso ponderale è risultata declinare linearmente e significativamente all’aumentare del livello economico in alcuni Paesi di Europa, quali Belgio, Germania, Spagna e Cipro (Ahrens et al., 2014). Nel complesso, è emersa in Europa una prevalenza di sovrappeso ed obesità rispettivamente del 12,8% e del 7%, riportando anche un gradiente nord-sud con i dati più allarmanti registrati in Spagna (21,2%), a Cipro (23,4%) ed in Italia (42,4%). Tale riscontro trova ragione anche in un ulteriore studio IDEFICS condotto in parallelo, nel corso del quale sono state indagate le abitudini alimentari ed in particolare l’aderenza alla dieta Mediterranea in bambini europei di età compresa tra i 2 ed i 9 anni (Tognon et al., 2014). Sorprendentemente, il maggiore consumo di frutta, verdura e cereali è stato osservato in Svezia, seguita da Italia e Germania, mentre una minore aderenza alla dieta Mediterranea è stata riportata proprio nelle regioni mediterranee, in particolare nell’isola di Cipro. Simile distribuzione geografica è stata confermata nel 2010 anche in Italia, dove la più alta prevalenza di stati di obesità severa viene riportata nelle regioni del Sud (dal 4,1 al 6,6% a seconda dei criteri di definizione utilizzati, rispettivamente IOTF [International Obesity Task Force] e WHO [World Health Organization]) (Lombardo et al., 2014). Globalmente, la situazione epidemiologica si configura comunque critica su tutto il territorio italiano. Nel 2013, infatti, sono state registrate, in bambini, adolescenti e giovani fino all’età di 19 anni, percentuali di sovrappeso pari al 29,9 ed al 24,3%, rispettivamente in maschi e femmine, con una distribuzione di obesità del 8,4% nei maschi e del 6,2% tra le femmine (Ng et al., 2014). Viene così confermato anche dagli ultimi aggiornamenti un dato epidemiologico drammatico in età evolutiva, che si traduce in un importante impegno economico. L’obiettivo, dunque, che l’Unione Europea si propone, attraverso la Childhood Obesity Surveillance Initiative dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), di fronte alla questione obesità, è in primo luogo una prevenzione primaria, come migliore approccio, attraverso programmi di sensibilizzazione e l’organizzazione di campagne educative volte a promuovere uno stile di vita attivo ed una corretta alimentazione. Con l’Action Plan on Childhood Obesity 116 2014-2020, anche l’Italia partecipa, insieme agli altri Paesi dell’Unione Europea, al fine di contrastare il trend in crescita di sovrappeso ed obesità in bambini ed adolescenti entro il 2020 (http://www.euro.who.int/ en/health-topics/noncommunicable-diseases/obesity; http://www.euro.who.int/en/health-topics/diseaseprevention/nutrition/news/news/2014/03/eu-adoptsaction-plan-on-childhood-obesity-2014-2020). Fattori di rischio L’obesità riconosce nel 95% dei casi una genesi funzionale, piuttosto che una nota patogenesi organica, e viene definita “essenziale” in quanto conseguenza di uno squilibrio in termini energetici tra apporto e consumo, come primum movens. Lo sviluppo di un fenotipo obeso si configura dunque come processo multifattoriale in cui entrano in gioco sia una predisposizione genetica sia fattori ambientali. In particolare, insieme al contributo di un’origine “poli-geneticamente” determinata, si sono identificate determinanti “modificabili” che intervengono in epoca sia prenatale sia postnatale. La disponibilità di alimenti preconfezionati ad alto contenuto calorico in combinazione con la loro facilità di distribuzione, costituisce un fattore in grado di influenzare notevolmente l’introito calorico causando ipernutrizione. Tuttavia, se una correlazione diretta tra il dilagare del consumo di “fast food” tra bambini ed adolescenti ed il rischio di eccesso ponderale è sempre stata sospettata, non sempre unanimi sono i risultati riportati in letteratura. A sostegno di tale ipotesi si inserisce un recente studio osservazionale ad estensione internazionale con evidenza di una associazione tra elevati valori di indice di massa corporea ed abituale consumo di “fast food” in bambini tra i 6 e 7 anni, nonostante non sia stato comprovato un nesso di causalità (Braithwaite et al., 2014). Al contrario, è stato confermato come il pattern dietetico Mediterraneo, già riconosciuto dall’UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) come patrimonio immateriale dell’umanità nel 2010, sia inversamente associato allo sviluppo di sovrappeso ed obesità, configurandosi come fattore protettivo in età evolutiva (Tognon et al., 2014). Tra i fattori geografici potenzialmente implicati nello sviluppo dell’obesità è stato annoverato il livello di urbanizzazione quale indicatore indiretto di sedentarietà. Infatti, dallo studio IDEFICS condotto nel Sud Italia su un’ampia casistica di bambini in età pre-scolare e scolare, è emersa una associazione significativa tra i livelli di adiposità ed il grado di urbanizzazione, ipotizzando, per i bambini delle aree urbane, una maggiore limitazione nell’esercizio di una libera attività fisica all’aperto, rispetto a coloro che risiedono in aree rurali, nonostante l’evidente facilità di accesso a strutture e servizi sportivi attrezzati (Donatiello et al., 2013). Nei quartieri più disagiati, invece, là dove le opportunità di Obesità in età evolutiva: news and update dal 2013 al 2015 attività fisica sono compromesse da stati di degrado sociale, è dimostrata un’associazione negativa con il peso corporeo nei soggetti di sesso femminile durante l’epoca di transizione dall’infanzia all’adolescenza (Hoyt et al., 2014). Inoltre, se la sedentarietà espressa in ore trascorse davanti al televisore o al computer, spesso accompagnate dall’abitudine a mangiare, rappresenta ancora un noto e robusto fattore di rischio per lo sviluppo di obesità in età pediatrica, altrettanto aggravanti risultano i comportamenti degli stessi genitori; in particolare, il venire meno del controllo e della supervisione da parte dei genitori sulle attività sedentarie dei propri figli, è risultato essere in grado di predire un loro guadagno ponderale durante l’infanzia (Tiberio et al., 2014). Inoltre l’incremento occupazionale materno che si è verificato negli ultimi anni, almeno in Europa, è risultato influenzare negativamente lo sviluppo e la crescita dei figli, incentivando stili di vita scorretti e promuovendo anche gli stati di eccesso ponderale (Gwozdz et al., 2013). Anche la qualità nonché la durata del sonno, talora inficiate dalla sempre maggiore presenza del televisore nelle camere da letto di bambini ed adolescenti, sembrano influenzare negativamente il peso corporeo. (Appelhans et al., 2014). L’ipotesi di un ruolo cruciale dei meccanismi neuronali, implicati in particolare nei processi di gratificazione e ricompensa, nella regolazione del comportamento alimentare, trova evidenza in un recente studio; quest’ultimo ha permesso infatti di descrivere, in seguito alla somministrazione di acqua e saccarosio in soggetti obesi di età pre-adolescenziale rispetto ai coetanei normopeso, una maggiore attivazione delle aeree nervose di amigdala ed insula, a sostegno del fatto che un’aumentata suscettibilità sensoriale in risposta al cibo possa essere un precoce fattore di rischio per lo sviluppo di obesità (Boutelle et al., 2015). L’identificazione di potenziali fattori di rischio ha luogo a partire già dall’epoca gravidica e peri-natale, in cui si riconoscono come determinanti: la nutrizione ed il peso materno, il fumo di sigaretta, il consumo di caffeina, il parto per taglio cesareo ed un basso peso alla nascita (Bammann et al., 2014; Li et al., 2014; Yang et al., 2013). Inoltre i nati da madri nullipare, pur presentando tassi di crescita fetale inferiori rispetto ai figli di madri multipare, riconoscono un aumentato rischio di sviluppare eccesso ponderale in epoca infantile con un peggiore profilo cardio-metabolico. Non completamente chiariti i meccanismi sottostanti, tuttavia le madri multipare sembrerebbero offrire, mediante rimodellamento vascolare acquisito nel corso delle precedenti gravidanze, un più favorevole ambiente intra-uterino (Gaillard et al., 2014). Ampiamente riconosciuto il ruolo protettivo dell’allattamento materno (Yan et al., 2014) e, per quanto riguarda l’allattamento artificiale, delle formule a più basso contenuto proteico per contrastare lo sviluppo di obesità durante l’infanzia (Weber et al., 2014). Inoltre, tra i fattori in grado di influenzare in futuro le scelte alimentari e conseguentemente il peso corporeo, sono state chiamate in causa anche le modalità di svezzamento nonché la tipologia di alimentazione oltre il primo anno di vita, concludendo come un elevato introito calorico in proteine, per lo più animali, si associ ad un precoce guadagno ponderale ed allo sviluppo di sovrappeso ed obesità nell’età successive (Betoko et al., 2013; Pearce e Langley-Evans, 2013). Recentemente l’interesse scientifico si è concentrato sullo studio dell’esposizione ad agenti chimici ambientali, cosiddetti interferenti endocrini, ovvero sostanze in grado di interferire con il sistema endocrino, direttamente e non, già in epoca pre-natale. Si tratta di agenti ubiquitariamente presenti categorizzati in prodotti farmaceutici, pesticidi, sottoprodotti industriali e fumo di sigaretta, la cui precoce esposizione si associa ad incremento ponderale nell’età successive (Khalil et al., 2014). In particolare, tra gli agenti annoverati in qualità di promotori di un fenotipo obeso, sono stati descritti diclorodifeniltricloroetano (DDT) e gli idrocarburi policiclici aromatici, prodotti dalla parziale combustione di materiali organici, non necessariamente in combinazione al fumo di sigarette (HyunWoo et al., 2014; Warner et al., 2014). Si delinea per l’obesità essenziale un’eziopatogenesi, solo parzialmente chiarita, in cui interagiscono in maniera sinergica molteplici fattori così da determinare un contesto obesogeno. Identificazione di nuovi regolatori: microbiota intestinale ed obesità Recentemente, è stata avanzata l’ipotesi di un potenziale ruolo da parte del microbiota intestinale nella patogenesi dell’obesità e della sindrome metabolica (Kovatcheva-Datchary e Arora, 2013). In letteratura, si riportano sempre maggiori evidenze secondo le quali i batteri intestinali ed i loro prodotti metabolici sembrano in grado di modulare: la secrezione e l’azione di ormoni a produzione intestinale e non, la sintesi di neurotrasmettitori, enzimi ad azione digestiva, vitamine e cofattori, il sistema immunitario, lo stato infiammatorio, il trofismo e la motilità intestinale. In condizioni di eubiosi, il microbiota intestinale è costituito da ceppi microbici prevalentemente aerobici nel tratto superiore ed in maggioranza con attività anaerobica nel tratto inferiore; tale equilibrio funzionale è necessario così da garantire il mantenimento delle corrette funzioni gastrointestinali di digestione ed assorbimento di nutrienti e minerali, e così da consentire la piena funzionalità del sistema immunitario e prevenire, infine, il possibile sviluppo di complicanze metaboliche, quali obesità e diabete mellito di tipo 2. La variazione della composizione microbica intestinale sembrerebbe inoltre influenzare spesa energetica, sazietà ed assunzione di cibo, condizionando conseguentemente le modifiche ponderali. Evidenze scien117 G. Bona et al. tifiche suggeriscono, infatti, un ruolo chiave del microbiota intestinale nell’ambito dell’omeostasi energetica, promuovendo l’estrazione calorica dagli alimenti ingeriti ed il loro successivo immagazzinamento nei tessuti adiposi. È stato dunque ipotizzato che il microbiota intestinale di ciascun individuo presenti un’efficienza metabolica specifica e che sue determinate caratteristiche di composizione possano predisporre o meno all’insorgenza dell’obesità, probabilmente influenzando la quantità di energia ricavata dalla dieta (Cox et al., 2014). Nei pazienti obesi è stata descritta, infatti, una flora microbica intestinale differente rispetto ai controlli normopeso, identificando una concentrazione maggiore di Staphylococcus aureus e batteri Gram-negativi, a discapito soprattutto dei ceppi di Bifidobacterium spp (Cox et al., 2014). La letteratura scientifica va così delineando un profilo di microbiota intestinale che sembrerebbe mostrare un effetto protettivo nei confronti dello sviluppo dell’obesità e delle sue complicanze. La colonizzazione del tratto gastroenterico subisce notevoli modifiche dall’epoca neonatale a quella adulta nonché l’influenza di diversi fattori, tra cui la flora microbica materna, l’allattamento al seno o artificiale e la dieta. Il rischio di eccesso ponderale nei nati da madri affette da obesità, trova dunque probabilmente spiegazione proprio nella trasmissione alla prole di un microbiota intestinale obesogeno (Galley et al., 2014). A tal proposito, inoltre, è stata riconosciuta tra i fattori di rischio per l’eccesso ponderale l’esposizione agli antibiotici, sia in epoca prenatale sia precocemente durante la prima infanzia, in qualità di modificatori della composizione microbica intestinale (Bailey et al., 2014; Mueller et al., 2014; Saari et al., 2015). Sulla base delle precedenti considerazioni, si è di recente affacciata l’ipotesi di manipolazione della composizione del microbiota intestinale con la dieta ed i farmaci, in particolare prebiotici, probiotici e simbiotici. Studi, sia in modelli animali sia in modelli umani, hanno infatti riscontrato una correlazione positiva tra supplementazione con prebiotici, ovvero sostanze non digeribili di origine alimentare quali l’oligofruttosio e la crescita di Bifidobacterium spp, descrivendo un migliore profilo glico-insulinemico con regressione del tono infiammatorio. Ancora scarsi e talora controversi risultano invece i dati ottenuti nell’uomo dopo somministrazione di probiotici, ovvero integratori alimentari consumati sotto forma di prodotti di latte, yogurt, o farmaci, e definiti come “microrganismi vivi” che, quando somministrati in quantità adeguate, conferiscono benefici per la salute dell’ospite (Okeke et al., 2014). La supplementazione dietetica con probiotici, in particolare con Bifidobatteri, nei modelli sia animali sia umani, sembra tuttavia modificare ed arricchire il contenuto microbico intestinale, modificandone la composizione ed influenzando la conversione dei suoi metaboliti, quali gli Acidi Grassi a Catena Corta (acetato, propionato, butirrato), non solo nutrienti es118 senziali ma anche molecole coinvolte nel signalling di regolazione dei processi di omeostasi energetica e nei meccanismi di integrità della mucosa intestinale (Cox et al., 2014; Kimura, 2014; Kovatcheva-Datchary e Arora, 2013). Al contrario, si attribuisce ai batteri Gram-negativi, associati prevalentemente ad una dieta ricca di grassi, la responsabilità dei livelli di Lipopolisaccaride, derivato in grado di alterare la permeabilità intestinale ed attivare la cascata di espressione di citochine, promuovendo così uno stato di infiammazione cronica a basso grado, risposta associata ad un incrementato rischio di obesità e disordini metabolici (Cox et al., 2014). Si evince infine un emergente ed importante ruolo del microbiota intestinale nell’insorgenza dell’obesità e nello sviluppo dei disordini metabolici e cardiovascolari. Tuttavia ancora da esplorare e da chiarire completamente i pathways coinvolti. Stile di vita, strategie farmacologiche e chirurgia bariatrica L’approccio clinico al trattamento dell’obesità in età pediatrica prevede il ricorso a programmi dietetici e di esercizio fisico volti a promuovere uno stile di vita sano. Si tratta in primis di affrontare un intervento educazionale, considerando la minima aderenza alle raccomandazioni per un corretto stile di vita che è emersa da uno studio IDEFICS condotto in Europa su una casistica di bambini di età pre-scolare (Kovács et al., 2014). Le attuali evidenze sottolineano come l’obiettivo primario di un intervento dietetico consista in una riduzione dell’introito calorico, adattandolo alle esigenze metaboliche proprie dell’età evolutiva, indipendentemente da una specifica distribuzione dei macronutrienti principali (carboidrati, proteine e grassi) (Gow et al., 2014), promuovendo tuttavia un pattern dietetico Mediterraneo (Tognon et al., 2014). In bambini ed adolescenti obesi, lo svolgimento di esercizio fisico è risultato da solo in grado di migliorare il quadro ponderale ed il profilo lipidico e glico-insulinemico, quando è previsto un impegno quotidiano di almeno un’ora in un’attività aerobica moderato-intensa associata ad attività intensa in almeno 3 occasioni alla settimana; le attività proposte dovrebbero inoltre essere divertenti, appropriate per sesso ed età ed il più possibile diversificate (Kelley et al., 2014). Inevitabilmente, l’efficacia di un programma combinato che includa l’aderenza ad un adeguato regime alimentare e lo svolgimento costante di attività fisica, è stata ampiamente riconosciuta anche in età pediatrica nonché confermata da più recenti studi, in termini di riduzione della componente di massa grassa e miglioramento del profilo metabolico a breve termine (Basterfield et al., 2014; Harder-Lauridsen et al., 2014) ed a distanza di un anno (Blüher et al., 2014a; Blüher et al., 2014b; Bock et al., 2014). Obesità in età evolutiva: news and update dal 2013 al 2015 A supporto dei programmi dietetico - comportamentali, è stata altresì proposta la possibilità di intervenire sull’eccesso ponderale ricorrendo a strumenti farmacologici anche in età evolutiva. Tuttavia i farmaci a disposizione per l’età pediatrica sono limitati, in quanto la loro sicurezza ed efficacia non è completamente chiarita. Tra i vari farmaci, negli ultimi anni, è stata prescritta off-label nel trattamento dell’obesità in bambini ed adolescenti, la Metformina. Si tratta di una biguanide il cui attuale utilizzo, in bambini con età superiore ai 10 anni, è stato approvato dalla U.S. Food and Drug Administration (FDA) nella terapia del diabete mellito di tipo 2. Gli eventi avversi maggiori associati alla somministrazione di Metformina, quali acidosi lattica, nefropatia ed insufficienza cardiaca, non sono stati finora riportati in età pediatrica. Da una recente revisione della letteratura, è stato dimostrato un miglioramento ponderale con la Metformina, in combinazione con modificazioni dello stile di vita, seppure di modesta consistenza e non sicura evidenza del beneficio a lungo termine; tra coloro che potrebbero beneficiarne maggiormente sono risultati quei soggetti con più elevati indici di massa corporea, età intorno ai 12 anni ed aderenti in precedenza agli interventi comportamentali (McDonagh et al., 2014). Sono tuttavia necessarie ulteriori valutazioni, anche se, il calo di appetito ed il conseguente ridotto introito alimentare, descritti in corso di trattamento con Metformina, in presenza di un buon profilo di sicurezza, rendono tale farmaco un ulteriore strumento terapeutico da proporre in particolare a quei soggetti obesi con segni di insulino-resistenza (Adeyemo et al., 2014; Ho et al., 2014). In seguito all’incremento in prevalenza dei casi di obesità severa, è recentemente aumentata la percentuale di adolescenti obesi sottoposti alla chirurgia bariatrica. I programmi di intervento chirurgico negli adolescenti obesi devono includere, a maggior ragione, una multidisciplinarietà espressa da un team di diversi specialisti, identificati in particolare nelle figure del pediatra, del dietista, dello psicologo, e di un esperto di attività fisica (Michalsky et al., 2014). Attualmente la chirurgia bariatrica si avvale più comunemente della laparoscopia e la tecnica più utilizzata, negli adolescenti, consiste nel bypass gastrico con ansa alla Roux. Si annoverano anche altre procedure chirurgiche, seppur con più limitati campi di applicazione, quali, ad esempio, la gastrectomia verticale parziale ed il bendaggio gastrico, quest’ultimo, però non approvato dalla FDA per pazienti di età inferiore ai 18 anni (Zitsman et al., 2014). La valutazione dei risultati attesi dalla chirurgia bariatrica richiede il monitoraggio del calo ponderale, delle co-morbidità associate e la durata del beneficio, a fronte dei rischi. In età pediatrica, soprattutto, la sicurezza dell’intervento rappresenta un punto cardine sia per le professionalità mediche sia per le famiglie dei pazienti. A tal proposito, il gruppo di ricerca del Teen- LABS (Longitudinal Assessment of Bariatric Surgery consortium) ha recentemente dimostrato, in un primo studio multicentrico, un favorevole profilo di sicurezza negli adolescenti sottoposti a bypass gastrico, gastrectomia verticale parziale e bendaggio gastrico, riportando un dato di complicanze sovrapponibile a quello osservato nella popolazione adulta (Inge et al., 2014). Attualmente le Istituzioni rappresentate dalla American College of Surgeons e dalla American Society for Metabolic and Bariatric Surgery sono impegnate nello sviluppo di un programma con l’obiettivo di definire, a livello nazionale, degli standard per la chirurgia bariatrica, rivolgendo particolare attenzione agli adolescenti obesi (Zitsman et al., 2014). Sono infatti ancora poco studiati gli effetti, a breve e lungo termine, dell’intervento chirurgico nel trattamento dell’obesità severa nei pazienti di età pediatrica. Preliminari evidenze suggeriscono tuttavia una attenuazione del craving per gli alimenti ad elevato contenuto calorico negli adolescenti sottoposti a correzione per intervento di bypass gastrico; tale effetto, descritto come non-lineare, è risultato preponderante nei 6 mesi successivi mentre minimo negli ulteriori 18 mesi, ipotizzando comunque un trend di stabilizzazione (Cushing et al., 2015). Ad oggi, la scelta della chirurgia bariatrica da rivolgere ad adolescenti affetti da obesità severa comporta una complessa decisione medica e psicologica. Una recente revisione scientifica delle diverse linee guide, attualmente in uso negli Stati Uniti ed in Canada, ha evidenziato unanime consenso nell’identificare tra i candidati quei soggetti che abbiano raggiunto la maturazione puberale. Controversa rimane invece la definizione dei criteri richiesti di indice di massa corporea ed eventuali comorbidità associate. Rimangono ancora da indagare pienamente la motivazione dei soggetti direttamente coinvolti nonché l’opinione dei genitori, elementi essenziali nella decisione finale (Brei e Mudd, 2014). Linee guida, Consensus, Statement L’individuazione, la valutazione e la gestione del sovrappeso e dell’obesità negli adulti, nei giovani e nei bambini sono attuale oggetto di un parziale aggiornamento delle linee guida del 2006, messe a punto nel 2014 dalla Guideline Development Group (GDG), promosse dal National Institute for Health and Care Excellence (NICE). In tale occasione viene ribadita l’importanza di un approccio multi-disciplinare che combini dieta, attività fisica, supporto psicologico ed eventuale intervento farmacologico o chirurgico, nel contesto di uno stretto follow-up (Partial update of CG43, 2014). Negli ultimi anni si è assistito ad un drammatico incremento in prevalenza di casi di obesità severa anche in età pediatrica. In mancanza di una definizione chiara e condivisa dalla comunità scientifica, nel 2013, l’American Heart Association ha diffuso un enunciato con l’obiettivo di raggiungere un consenso unanime nella definizione di obesità severa in bambini ed adolescenti col fine di individuare un percorso diagnostico119 G. Bona et al. terapeutico appropriato. Rimane tuttavia molto discussa nei soggetti affetti da obesità grave, per lo più di età adolescenziale, l’opzione chirurgica, in considerazione dei modesti benefici prodotti dagli interventi di modificazione dello stile di vita e della limitata disponibilità farmacologica (Kelly et al., 2013). A tale proposito, si inserisce, nel 2014, anche la posizione assunta da un gruppo di esperti rappresentanti delle principali società scientifiche europee (Fried et al., 2014). Indagando altre potenziali strategie a disposizione, da un lato, per contrastare il dilagare dell’eccesso ponderale e, dall’altro, per gestire efficacemente bambini ed adolescenti obesi, l’American Heart Association ha suggerito alcuni interventi a promozione della salute basati anche sull’utilizzo di social-network e media (Li et al., 2013). L’obiettivo cardine di fronte alla questione obesità prevede in primo luogo atti di prevenzione primaria. In merito alla educazione ed alle abitudini alimentari dei bambini di età compresa tra i 2 e gli 11 anni, si è recentemente espressa la statunitense Academy of Nutrition and Dietetics, diffondendo raccomandazioni dietetiche ed indicazioni all’attività fisica, tali da promuovere uno stile di vita sano per una adeguata crescita, in particolare in età evolutiva, contrastando lo sviluppo di eccesso ponderale e le conseguenti alterazioni metaboliche (Ogata e Hayes, 2014). Box di orientamento • Cosa sapevamo prima Nelle ultime due decadi si è verificato un incremento “epidemico” dell’obesità in età evolutiva. Nel delineare un fenotipo obeso contribuiscono in maniera sinergica molteplici fattori sia genetici sia ambientali. L’approccio clinico al trattamento dell’obesità in età pediatrica prevede principalmente il ricorso a programmi dietetici, ispirandosi alla dieta Mediterranea, e di esercizio fisico volti a promuovere uno stile di vita sano. • Cosa sappiamo adesso Nella patogenesi dell’obesità è stato ipotizzato che il microbiota intestinale di ciascun individuo presenti un’efficienza metabolica specifica e che sue determinate caratteristiche di composizione possano predisporre o meno all’insorgenza dell’obesità, modificando la quantità di energia ricavata dalla dieta. A supporto dei programmi dietetico - comportamentali, è stata altresì proposta la possibilità di intervenire sull’eccesso ponderale ricorrendo a strumenti farmacologici ed alla opzione chirurgica. • Quali ricadute sulla pratica clinica La manipolazione della composizione del microbiota intestinale con la dieta ed i farmaci, in particolare prebiotici, probiotici e simbiotici, potrebbe influenzare la conversione dei suoi metaboliti coinvolti nel signalling di regolazione dei processi di omeostasi energetica contrastando così il rischio di disordini metabolici. Nel trattamento dell’obesità si va delineando sempre più una multidisciplinarietà espressa da un team di specialisti, in particolare nei soggetti affetti da obesità grave, per lo più di età adolescenziale, ai quali si inizia a proporre la chirurgia bariatrica. Bibliografia Adeyemo MA, McDuffie JR, Kozlosky M, et al. Effects of metformin on energy intake and satiety in obese children. Diabetes Obes Metab 2014;17:363-70. 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