Alpin 39.pub - ANA Gruppo Alpini Milano Centro

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Alpin 39.pub - ANA Gruppo Alpini Milano Centro
Numero 39 - Anno VIII/1 - Febbraio 2007
Fotocopiato in proprio da: Associazione Nazionale Alpini - Sezione di Milano - Gruppo Milano Centro “Giulio Bedeschi”
Redazione: Via Vincenzo Monti 36 - 20123 Milano - tel. 02 48519720 - Responsabile: Alessandro Vincenti - Inviato gratis ai Soci
ASSEMBLEA DEL GRUPPO MILANO CENTRO “GIULIO BEDESCHI” 21 GENNAIO 2007
RELAZIONE MORALE PER L’ANNO 2006
È consuetudine, prima di dare lettura della mia relazione morale, l’ultima del mio
secondo mandato, con la quale sottopongo
alla Vostra approvazione l’opera del Consiglio e mia nel corso dell’anno appena
trascorso, invitarVi ad un minuto di raccoglimento per ricordare coloro che ci hanno
lasciato. Anche quest’anno desidero ricordare non solamente coloro che “sono andati avanti” nel corso del 2006, ma tutti i Soci del Gruppo che non ci sono più. Come
precisato lo scorso anno, in mancanza di
un momento proprio del Gruppo per ricordare i propri defunti, ritengo che
l’Assemblea, il momento più solenne
dell’anno, sia l’occasione più opportuna.
Nel corso dell’anno sono “andati avanti” –
e mi scuso se per avventura dovessi dimenticare qualche nome – Remo Perfetti, Girolamo Gaino, Ferdinando Rossi, Luigi Tarchini. Permettetemi quindi di rivolgere un
pensiero particolare al decano del Gruppo,
Bruno Anselmi, che è mancato proprio nei
primi giorni dell’anno. Sognava di festeggiare il secolo proprio il giorno della Adunata a Cuneo, sfilando con noi, ma il Signore ha disposto diversamente.
Di prammatica, ma atto non formale e
assolutamente doveroso e sincero è il ringraziamento che voglio rivolgere a tutto il
Consiglio, i cui membri si sono attivati,
ciascuno nell’ambito dei compiti loro affidati, esclusivamente nell’interesse del
Gruppo, supportandomi ed aiutandomi in
questi sei anni, e contribuendo in maniera
determinante ai successi del Gruppo. E
così, Paul Wilcke, Vice Capo Gruppo e
Segretario, ha gestito egregiamente la segreteria, tempestando tutti i Soci, e non
solo loro, con le comunicazioni relative
alla vita associativa. Luca Geronutti, insieme a Paul, ha curato la realizzazione di
“Alpin del Domm”; Gian Luca Marchesi
ha ricevuto quest’anno il riconoscimento
che annualmente il Gruppo assegna ad un
proprio socio, perché è stato artefice delle
nostre grandi iniziative passate e perché
prosegua, anche per il futuro, ad idearne e
realizzarne di nuove; Giancarlo Ravizzotti
ha continuato a vessarci e taglieggiarci, per
raggiungere la sempre agognata
“quadradüra”; Roberto Celotta, fra l’altro,
ha iniziato a riordinare i locali e gli armadi
della segreteria, e l’opera, a buon punto,
verrà senz’altro ultimata nel corso del presente anno; Bepi Bona, impegnato anche
nel Consiglio Sezionale, è stato utilissimo
sul piano organizzativo e, assieme a Bepi
Zammuner ha contribuito alla ottima riuscita della iniziativa del Banco Alimentare;
Bruno De Gregorio, pronto a tamponare
laddove si rendeva necessario.
Ma il Gruppo cresce, e non solo numericamente: sempre di più, infatti, sono i Soci
che, spontaneamente o un po’ spintanea-
Ehi hai visto che cappello nuovo hanno
messo qui? Capisco che lo usino come
puntale, chi mai avrebbe il coraggio di
metterselo in testa? Guarda guarda,
ma è da artigliere, ora capisco ...
mente, dedicano parte del loro tempo alle
attività di Gruppo o sezionali. Oramai consolidata è la presenza di numerosi Soci alle
varie manifestazioni, quali, in primis,
l’Adunata Nazionale, e quindi quella del
Secondo Raggruppamento, a Ponte Selva,
alla ciliegiata e alla castagnata. Ma è anche
confortante constatare sempre di più che
numerosi sono i Soci, (Corvée in testa),
che si presta a dare una mano quando se ne
presenta la necessità, ad esempio il mercoledì sera per imbustare, etichettare, francobollare e spedire giornali e circolari che,
numerose, raggiungono i nostri soci. Se
prima queste attività avvenivano un po’
brontolando, ora lo si fa, e sempre con una
partecipazione maggiore, tutti insieme e
quasi in allegria. Anche a loro, in questo
momento di consuntivo, un mio sentito
“grazie”.
Annualmente si ripresenta questo momento, che è il più solenne per ogni associazione: i soci si riuniscono per approvare
o cassare l’operato di coloro che avevano
eletto, per dire loro di continuare o di lasciare il posto ad altri, ritenuti più meritevoli: la solennità di questo momento, anche per una piccola realtà quale è il nostro
gruppo, farebbe auspicare una partecipazione totalitaria, ma ciò, ovviamente, è mera utopia. In ogni caso, plauso a chi è presente ed una benevola tiratina d’orecchie a
chi è assente senza giustificato motivo.
Ritengo la presenza di estrema importanza
non per il fatto in sé, ma perché chi partecipa ha la possibilità anche di formulare
critiche, dalle quali, e sempreché siano costruttive e non solamente distruttive, il
Consiglio può trarre spunti per migliori
iniziative.
Come sopra precisato, il Gruppo, pur in
periodo di magra, determinato anche dalla
abolizione della leva obbligatoria, continua
a crescere: i Soci del Gruppo sono passati
da 138 a 147, e gli Amici da 37 a 43: ben
Alpin del Domm – 1
quindici unità in più rispetto al 2005, che pure
aveva registrato un incremento
notevole. Se
questo è un
segnale
di
approvazione
di
quanto
stiamo facendo, deve riteI mammasantissima della nersi anche
Sezione di Milano se la ri- uno sprone
operare
dono. Il pelato poi è stato ad
rieletto - ha sbaragliato sempre meglio. Come
tutti i suoi rivali.
ho già fatto
presente negli scorsi anni, dalle cifre sopra
riportate sono già stati decurtati coloro che
hanno scelto di non essere più con noi, di
non condividere il nostro cammino, o perché non consenzienti, o perché non più interessati.
Le iniziative del Gruppo, quest’anno, si
sono parzialmente differenziate da quanto
svolto negli anni precedenti. Sono state,
infatti, ma solo temporaneamente, accantonate, le grandi iniziative che nel passato
hanno più volte riempito sale teatrali, ma è
ferma intenzione del Consiglio riprenderle
quanto prima: anche in questo spirito abbiamo assegnato il riconoscimento di Natale a Gianluca Marchesi, perché riprenda ad
ideare e a realizzare nuove importanti iniziative.
Ma il Gruppo non è rimasto immobile, a
dormire
sugli allori:
abbiamo
infatti ideato, e realizzato, in
un paio di
occasioni
anche con
l’aiuto del
L'ilarità di Rezia (classe 1915!)
maestro
invitato a contattare i suoi coscritti per rimpolpare la lista M a s s i m o
degli iscritti alla Sezione. I Soci Marchesotlo esortano a non perdersi d'ani- ti del Coro
ANA
di
mo!
Milano
(con il quale continua una sempre fattiva
collaborazione), i giovedì culturali, nei
quali si sono avvicendate, sino ad ora, personalità ad alto livello, quali il dottor Franco Cologni, manager di una importante
società multinazionale, il professor Massimo De Leonardis, docente all’Università
Cattolica di Milano, che ha parlato della
guerra di liberazione, il dottor Paolo Biscottini direttore del Museo Diocesano, che
ci ha introdotto in questa recentissima realtà dei musei milanesi, infine il dottor Beni2 – Alpin del Domm
gno Mörlin direttore della Veneranda Fabbrica del Duomo, che pochi giorni prima
della nostra Messa di Natale ci ha fornito
interessantissime notizie sulla architettura
del Duomo stesso.
È questa una iniziativa che, a mio parere,
ha incontrato l’interesse dei Soci, tanto
che, sino ad ora, la sala della Sezione si è
sempre riempita. Abbiamo già in programma un numero così ingente di incontri, e
con estrema frequenza se ne individuano
altri, da avere riempito il calendario per
diversi anni. Speriamo che i Soci continuino a dimostrarci il loro interesse.
Il Gruppo ha quindi organizzato, grazie
anche alla collaborazione di Pierluigi Pizzocaro, una gita di alcuni giorni all’Alpe
Motta, che in tanti Milanesi suscita ricordi
di anni passati: partecipazione discreta,
tanto da invogliare a continuare ad pensare
a brevi soggiorni di fine settimana in varie
località: vedremo.
Anche quest’anno, e guai se non fosse
così, per quanto è stato possibile il Gruppo
si è attivato nella cura del sociale: come ho
riferito in precedenza, diversi nostri soci
sono iscritti alla Protezione Civile, e partecipano alle esercitazioni che periodicamente vengono effettuate e agli interventi nei
quali la Protezione Civile viene mobilitata.
Alcuni di loro, nell’ambito della Protezione Civile, fanno poi parte della SIA, Squadra di Intervento Alpino, di cui Marco Pellaio è divenuto responsabile di maglia.
È bello, quindi, constatare come le nostre
cene mensili del giovedì sera siano intensamente frequentate. La partecipazione è
sempre allegra ed entusiasta, ed i commensali si allontanano già dandosi appuntamento per la cena successiva, con un sincero piacere di partecipare e di essere insieme. La frequenza si è attestata sulle sessanta unità, che arrivano sino alle cento in occasione della cena di Natale. Anche
quest’anno, in occasione della cena di Natale, abbiamo ripetuto due iniziative che,
presumibilmente, diventeranno una tradizione: la gara delle torte e lo scambio di
regali. Ciascuno doveva portare un regalino che, anonimo, veniva inserito in un sacco e, quindi, alla fine, tutti i pacchetti sono
stati, a caso, distribuiti. L’importante non
era certo il valore del dono, quanto, in pieno spirito natalizio, il piacere di donare.
Fiore all’occhiello è sempre il nostro periodico “Alpin del Domm”: ideato, realizzato, impaginato a cura di Luca e Paul, cui
non è certo mancato il contributo di Soci e,
occasionalmente, di personaggi illustri,
quali ad esempio il professor De Leonardis, il nostro notiziario, uscito quest’anno
in sei numeri, alcuni anche con interessantissimi inserti, ha raggiunto quell’alto livello che gli ha consentito, per la seconda volta in questi pochissimi anni, di aggiudicarsi
l’ambito riconoscimento di miglior periodico della Sezione. Rispetto allo scorso
anno, il numero
delle
persone
cui viene inviato il giornale si
è ancora incrementato, con la
inversione del
sistema di trasmissione: circa
200 copie vengono inviate per
posta ordinaria,
mentre altre 450
Che bello! Ci voleva
vengono
tra- l’assemblea per rivedere il
smesse via mail. nostro caro Gianni. DovreRammentiamo
mo farla più spesso ...
che i destinatari
sono, oltre ai Soci e agli amici, anche tutte
le Sezioni, i Consiglieri Nazionali, tutti i
Gruppi della Sezione, Soci di altri Gruppi,
talvolta anche dei semplici simpatizzanti
che ce ne fanno specifica richiesta.
Ovviamente, oltre alla qualità che ritengo
il giornale abbia, lo stesso, unitamente alle
circolari che con tanta solerzia, via e-mail
o per posta, Paul invia, costituisce un importantissimo ed indispensabile strumento
di contatto e di informazione con tutti i
Soci.
Sul conto economico vi intratterrà subito
dopo il Tesoriere. A Voi il compito di approvarlo, ma mi sembra che si possa essere
moderatamente soddisfatti, e senza che ciò
comporti un abbassamento della guardia da
parte del Consiglio sul contenimento delle
spese comunque inevitabili. Ma è questa
l’occasione giusta per ringraziare tutti i
Soci che nel corso dell’anno hanno con
pazienza sopportato le mie continue questue, sostenendo il
Gruppo: e che questo
sostegno mai ci venga
meno!
Si conclude, con oggi, il mio secondo
mandato per cui, più
che negli anni passati,
è momento di consuntivi: mi auguro di bene
avere operato, ed ov- L'occhio socchiuso
viamente mia è la re- di chi ne ha già viste
sponsabilità se qualtante.
che cosa non è filata
come avrebbe dovuto. Il mio auspicio è
che il consuntivo di questi tre anni faccia
pendere il piatto della bilancia a mio favore, per quanto ho potuto realizzare anche e
soprattutto con il supporto dei Consiglieri
tutti.
VIVA IL GRUPPO,
VIVA LA SEZIONE,
VIVA L’ASSOCIAZIONE,
VIVA GLI ALPINI.
Il vostro sempiterno Capogruppo
Alessandro Vincenti
(Continua a pagina 5)
IL SOGNO DI BRUNO
A maggio dello scorso anno, poco prima
dell’Adunata Nazionale, ho ricevuto un
biglietto dal nostro Bruno Anselmi che mi
annunciava che non sarebbe potuto venire
ad Asiago.
Lette le prime righe ho subito pensato a
qualche problema di salute ma lo stesso
Bruno mi aveva subito tranquillizzato informandomi che doveva partecipare al battesimo di un suo bis bis nipote e che
l’avvenimento familiare rivestiva una tale
importanza da non consentirgli la partecipazione alla nostra Adunata Nazionale.
Si leggeva, tra le righe, una punta di disappunto: il giorno della sfilata avrebbe compiuto 99 anni e gli sarebbe piaciuto festeggiare l’evento nell’incredibile atmosfera
dell’Adunata.
Ma, con la solita nota di ottimismo che ne
ha sempre contraddistinto la figura, terminava il biglietto dicendo: “Vabbè vorrà
dire che verrò a Cuneo a compiere i 100”.
Non vi era nelle sue parole alcuna ironia,
ma solo la certezza che a Cuneo avrebbe
potuto compiere il secolo, festeggiandolo
con i trecentomila Alpini presenti in città.
Immediatamente dopo l’adunata di Asiago
il buon Luca Geronutti mi pregava di mettermi in azione per la prenotazione della
camera. Cosa che ho immediatamente fatto, senza minimamente pormi la questione
dell’opportunità.
Se il Bruno voleva la camera a Cuneo,
l’avrebbe avuta.
E da allora abbiamo incominciato anche
noi a sognare l’evento: sognavamo di poterlo portare in sfilata con uno striscione al
testo del quale stavamo ancora lavorando
ma che più o meno avrebbe detto “compio
oggi 100 anni e sono qui !”
Un bel sogno caro Bruno, un sogno che
purtroppo non si è realizzato perché
all’inizio del 2007 (anno emblematico per
Bruno avvolto da ciò che più amava
te che eri nato nel
1907) hai lasciato
questa vita.
Lo hai fatto in punta
di piedi, come in
punta di piedi hai
vissuto tutta la tua
esistenza, senza disturbare, senza creare trambusto.
E così abbiamo incominciato l’anno partecipando al tuo funerale, caro Bruno,
senza tristezza ma Padre e figlio: Valori
condivisi
con infinita malinconia .
La tua non è stata un’esistenza comune e tu
non sei mai stato un uomo comune e il tuo
funerale ne è stato la prova.
Quando si è così anziani, di solito, solo
pochi amici sono rimasti per l’estremo saluto.
Ma per te, caro Bruno, le cose sono andate
In testa alla Sezione, sfilando, dopo la Messa in
Duomo, verso il Sacrario.
diversamente. La chiesa era stracolma, tanti, tantissimi Alpini, ma anche tanta gente
senza cappello, segno che la tua figura era
apprezzata e amata da tanta gente.
Ciao Bruno!
Quest’anno sfileremo a Cuneo senza di te e
senza lo striscione che avevamo sognato.
Ma sfilando sapremo che tu sarai lì con
noi, sentiremo forte la tua presenza.
Forse anagraficamente i cent’anni non li
compirai, ma siamo certi che accompagnerai il nostro passo per le vie della città al
suono del trentatre.
E sorriderai … e noi con te.
Cesare Lavizzari
L’ultimo saluto al Labaro, al Sacrario di
Sant’Ambrogio, domenica 17 dicembre 2006
Lei non sa
chi sono Io!
Quando il 16 dicembre una delegazione
del Gruppo è andata a Villa d’Adda per
fornire a Bruno Anselmi la Bandiera
che egli voleva donare alla Casa di Riposo che lo ospitava, Bruno mi ha preso
da parte e mi ha raccontato di avere già
sognato la sua Adunata a Cuneo. Spero
di rammentare bene:
aveva sognato che era stato ospitato –
per ragioni logistiche e di età – al castello di Racconigi. Da lì era stato condotto con un pulmino alla sfilata, che si
era fatto in carrozzella, spinta dai giovani, alla testa del suo Gruppo.
Mi ha descritto esattamente l’ imbandieramento, la folla, la piazza
(Galimberti?), e – finalmente - la tribuna. Lì giunto si era fermato, aveva fatto
voltare la carrozzella verso il Labaro, si
era alzato in piedi ed aveva salutato.
Mentre sentiva lo speaker che lo salutava, e diceva che in quel momento
l’Alpino Anselmi compiva 100 anni, ecco arrivare verso di lui il Presidente
Nazionale e alcuni Consiglieri per fargli festa.
Questo – più o meno – il sogno. Per me,
e credo anche per molti del Gruppo,
Bruno Anselmi il 13 maggio sarà presente a Cuneo, proprio come aveva desiderato. Solo che sarà un po’ più in
alto. Speriamo che trattenga un po’ la
solita pioggia, e noi ci potremmo fermare un attimo (un microsecondo, per non
interrompere la sfilata) davanti al Labaro e pensare a lui.
Tante altre cose mi ha raccontato in
quell’occasione, anche circa precedenti
sue Adunate a Cuneo. E ha messo in
chiaro un episodio: si trovava dietro
alla tribuna con un suo amico ufficiale
(mi viene il nome Prezioso, ma sicuramente la mia memoria falla) e volevano
andare oltre uno sbarramento presidiato da un militare che assolutamente non
voleva dare loro il passo. Allora
l’ufficiale dice: “Lei non sa chi sono
io” – “No” –
“Sono il padre
del Milite Ignoto” – “Ah, mi
scusi, passi…”
Per anni questa
battuta è stata
attribuita
a
Bruno stesso.
Prima di andare avanti ha
voluto mettere a
posto
questa
cosetta.
Madunina tuta d’oro,
Paul Wilcke
tègn de cünt el noster
ghisa alpin
Alpin del Domm – 3
Continua la collaborazione con il Dottor.
Massimo Maraviglia, consulente filosofico
(www.arete-consulenzafilosofica.it) esperto
in filosofia politica. Co-dirige la rivista telematica “Ekpyrosis” (www.ekpyrosis.it). Ci
presenta uno spunto di riflessione circa la
tematica attuale dell’ingresso della Turchia
nella Unione Europea, individuando nella
definizione territoriale e politica di
quest’ultima, e nella conseguente determinazione dei suoi interessi, l’argomento nodale
della questione. Questo articolo potrebbe
sembrare antiamericano. Non ci sembra così: è pro-europeo. Citando il testo:
“distinzione non vuol dire conflitto, bensì
autonomia e autodeterminazione”.
LA TURCHIA
IN EUROPA
STRANIERI?
Indubbiamente la Turchia non è straniera.
Malgrado l’immagine opaca che ci consegnano gli adagi popolari (mamma li Turchi!) e le
paure dell’epoca moderna, quando gli Ottomani giunsero a minacciare il cuore
dell’Europa cristiana, non si può non considerare che quelle terre e quei luoghi hanno
rappresentato e rappresentano la culla dello
spirito, della religione e quindi della cultura
del Vecchio Continente. “Qui infatti, nel territorio compreso tra Ponto a nord-est, Misia e
Bitinia a nord-ovest, Fenicia (Cipro e Siria
costiera), Cilicia, Panfilia e Caria a sud, il
cuore tra Cappadocia, Galazia, Frigia e Licaonia, già ‘patria’ di Abramo e di alcune importanti tappe del cammino veterotestamentario del popolo di Dio, il
‘kerygma’, il cuore dell’annuncio di Cristo,
raggiunge le genti pagane e, attraversando
culture e lingue eterogenee, si configura progressivamente nelle forme, nei simboli di
fede che oggi conosciamo, dopo aver lambito
e assorbito differenti espressioni del sapere
umano: non solo le formule della confessione
di fede comunitaria, ma anche la tradizione
liturgica e l’elaborazione teologicodottrinaria avranno in Asia Minore il proprio
luogo di nascita e di primo sviluppo” (P. Castellani, Geografia dello spirito, “Eurasia” 2
[2006], pp. 13-52, qui p. 18). Questa è la terra dei primi martiri Ignazio e Policarpo, qui
si svolge la secolare vicenda di Costantinopoli e dell’oriente cristiano. Credo ce ne sia
abbastanza per opporre un netto rifiuto a coloro che ad ogni piè sospinto innalzano il
vessillo di Lepanto, contrabbandando una
versione immunitaria e preventivamente aggressiva dell’identità cristiana (ivi, p. 14).
Queste persone non si accorgono che a minacciarla non sarà mai la Turchia in Europa,
ma, forse, quella stessa cultura secolarista
che oggi in mancanza di appoggi e giustificazioni strumentalizza la fede per farne una
religione civile, buona a tenere in piedi compagini politiche in difetto di legittimazione,
ma incapace di alcuna salvezza e priva di
ogni futuro.
4 – Alpin del Domm
LA CULTURA, I DIRITTI UMANI, L’ARMENIA E LE
CHIESE DI CIPRO
Dall’ottobre 2005, mese in cui si diede inizio
ai negoziati per l’ingresso dello Stato vicinoorientale nell’Unione Europea, l’argomento
egemone per gli avversari di detto ingresso,
almeno in Italia, occhieggia pericolosamente
al religioso. In un ambito invece più propriamente culturale viene fatta rientrare la questione dei diritti umani (in particolare del
trattamento delle minoranze curde e armene)
e dell’omogeneità legislativa in tema per esempio di pena di morte. Simili argomenti
tuttavia possono avere un peso solamente
provvisorio, dati gli sforzi che il governo turco guidato dal primo ministro Erdogan (capo
del Partito della Giustizia e dello Sviluppo a
tendenza mussulmano-moderata) sta facendo
per superare le principali e più evidenti disparità giuridiche tra il suo paese e il resto
d’Europa. Con maggiore peso, dal punto di
vista della memoria storica e culturale, rimane aperta la questione armena, in merito alla
quale il nazionalismo turco è ancora restio ad
ammettere il genocidio perpetrato a partire
dagli anni 1915-1916 contro le popolazioni
armene, sospettate di tenere un atteggiamento
scarsamente fedele alla Turchia, quando non
filorusso, proprio nel momento in cui i Russi,
nel quadro del primo conflitto mondiale, sferravano una grande offensiva, sconfiggendo
l’esercito ottomano a Sarikamish (gennaio
1915). Altrettanto, se non più importante, è la
questione cipriota. Nell’isola, prima sotto
dominazione ottomana, poi dal 1925 colonia
del Regno Unito, avevano sempre convissuto
Greci e Turchi, i primi cristiano-ortodossi e i
secondi mussulmani. “Nel 1960, con
l’indipendenza dagli Inglesi, fu eletto presidente [di Cipro] l’arcivescovo Makarios,
mentre il turco Kükük divenne vicepresidente. Nel 1964 Makarios stava instaurando rapporti sempre più stretti con la Grecia e, poiché la violenza tra i due gruppi etnici era in
aumento, le nazioni Unite inviarono
nell’isola le loro forze di pace. La Grecia
continuava a coltivare il sogno di annettersi
l’isola e il 15 luglio 1974 un colpo di Stato,
organizzato da un partito estremista locale
filo-ellenico e appoggiato dalla CIA, depose
Makarios e lo rimpiazzò con un presidente
fantoccio. La Turchia, ritenendo che la minoranza turca dell’isola fosse in pericolo rispose con l’invasione dell’isola” (M. Zambon,
La Turchia è vicina. Viaggio in un paese dai
mille volti, Àncora, Milano, 2006, p. 147).
Nonostante il rapido ritiro dei Greci, i Turchi
procedettero all’occupazione di un terzo
dell’isola, 180 mila Greco-ciprioti furono
costretti ad abbandonare le loro case e a rifugiarsi nella parte rimasta in mano ad Atene,
in cui si costituì una Repubblica di Cipro indipendente anche se filo-ellenica, ora parte
della Unione Europea, alla quale si contrappose uno Stato filo-turco denominato Repubblica di Cipro del Nord riconosciuto solamente dal governo di Istambul. Tra i problema per noi più evidenti, in ordine
all’occupazione turca e di là dai torti e dalle
ragioni, vi è, oltre al persistere di una forte
contrapposizione etnico-nazionale alimentata
dai rispettivi revanchismi, il destino delle
testimonianze storiche della presenza cristiana in quei territori, oggi messe fortemente a
ri s c h i o d a l d i s p r e z z o n azi o n a l fondamentalista per tutto ciò che ricorda i
Greci: “Nei tremila chilometri quadrati della
parte dell’isola occupata dai Turchi, 520 edifici tra chiese, cappelle e monasteri sono stati
saccheggiati, demoliti, oltraggiati, e ora questo patrimonio artistico della Chiesa ortodossa giace in uno stato di abbandono indecente,
oppure è riutilizzato come moschee, hotel,
ristoranti sontuosi, casinò di lusso. Per la precisione, di questi edifici ben 151 sono diventati stalle o night club, 68 sono stati trasformati in moschee” (ivi, p. 150). E’ chiaro che
non è pensabile nessun cedimento di fronte a
questo scempio e che la Turchia, per una
questione di giustizia umana prima ancora
che politica, non può divenire partner di popoli (ancora) cristiani senza porvi rimedio.
D’altro canto sarebbe veramente triste se gli
Europei, a prescindere dal loro grado di secolarizzazione, accettassero tra loro i portatori
di un furioso e incivile virus iconoclasta. Ciò
sia detto, ovviamente, senza nessuna concessione ai programmi para-politici che auspicano scontri di civiltà e agitano spauracchi islamofobici.
USA E/O EUROPA
Il problema di Cipro è grave, almeno sotto il
profilo simbolico, ma non è ancora quello
centrale. Proviamo adesso ad analizzare ciò
che riteniamo fondamentale. L’Unione Europea nasce come un’alleanza economica, politica e anche timidamente militare.
Un’alleanza destinata nelle migliori delle
ipotesi a costituire un medesimo soggetto
continentale che molti vorrebbero però ridurre a semplice coalizione economica e luogo
di libero scambio delle merci e delle culture
(in questo preciso ordine di importanza). Nel
primo caso si porrebbe il problema
dell’identità di questo soggetto, nel secondo
sarebbe cosa superflua se non incapacitante.
Escludendo per ottimismo questa seconda
possibilità bisogna vedere quali siano le condizioni dell’emergere di un’identità europea.
Per identità qui s’intende qualcosa di primigenio e di geopolitico, non ancora qualcosa
di culturale. L’Europa insomma bisogna che
ci sia dal punto di vista territoriale e politico,
e se c’è in tale senso, i suoi interessi si distinguono da tutti gli altri soggetti che risiedono
in altri territori e costituiscono diverse unità
politiche. In particolare essa si distinguerà
dagli Stati Uniti, dagli Stati continentali asiatici, e da tutti gli altri soggetti planetari. Distinzione non vuol dire conflitto, bensì autonomia e autodeterminazione, possibilità di
costruire il proprio destino politico economico e, infine, anche culturale. Ora, è noto che
all’identità europea si oppone come sua concorrente un’altra forma di solidarietà, quella
occidentale a guida statunitense. Rispetto alla
prima, questa manca però del dato territoriale, ossia, in linea con un’ impostazione tipica
degli imperi marittimi (come nella storia lo è
stato la Gran Bretagna e come lo sono attualmente gli USA), tende a non considerarlo
importante. Ciò che conta sembra essere solamente il sistema economico e le possibilità
di dominio e controllo dei mercati. Ciò malgrado l’elemento terra è inaggirabile, giacché
è proprio una diversa collocazione geografica
a stabilire differenti vocazioni politiche, differenti interessi economici e differenti strategie di legittima affermazione e promozione
della propria causa. Per esempio il rapporto
con i popoli arabi e mediorientali è essenziale
per uno Stato che si affaccia sul Mediterraneo come l’Italia, meno per uno Stato atlantico,
che perciò si sentirà più libero di agire: se gli
USA bombardano Tripoli, i missili di Gheddafi non sfioreranno Washington ma Lampedusa; nei confronti dell’Iran eventuali sanzioni creerebbero un forte danno economico
all’Italia, mentre sarebbero assolutamente
ininfluenti per gli USA. La questione geopolitica era del tutto presente a Charles de
Gaulle quando “convinto che fosse indispensabile [un] recupero della Francia e
dell’Europa [...] rispetto all’egemonia di USA e URSS [...], decise giustamente di porre
il veto nel 1963 all’ingresso britannico nella
comunità, perché il suo allargamento [...]
avrebbe impedito l’approfondimento
dell’integrazione e avrebbe frenato il processo di emancipazione dell’Europa dalla tutela
americana” (S. Pistone, L’Europa comunitaria, in M. L. Salvadori [cur.], La Storia, UtetBiblioteca di Repubblica, Torino-Milano,
vol. XIV, pp. 368-407, qui p. 385). Infatti la
solidarietà marittima e a vocazione capitalistica anglo-americana, ancora troppo forte
rispetto a quella euro-continentale terranea e
sociale, avrebbe perpetuato una sostanziale
sudditanza del continente rispetto all’alleato
d’oltreoceano, di cui l’Inghilterra si sarebbe
resa in qualche modo garante. Le successive
riserve inglesi, una volta superato il veto
francese, ad ogni strappo “autonomistico” da
Washington hanno sostanzialmente confermato la diagnosi gollista.
UN ATLANTISMO DA DISCUTERE
Ebbene la stessa cosa accadrebbe con la Turchia. Essa è da anni fedele alleato degli Stati
Uniti d’America, è membro importante della
NATO dal 1952 e svolge il ruolo di sua testa
di ponte in Oriente. Pertanto costituisce un
grande, sebbene non sempre docile, fattore di
influenza militare americana nella regione e
ciò avviene anche attraverso una salda alle-
anza economico-militare con Israele, sancita
nel 1996 e nel 2004. Dunque si può ben comprendere che, nell’accogliere la Turchia in
Europa, si inserirebbe in una compagine già
politicamente debole, incerta sulle strade da
percorrere per l’unificazione e dilaniata tra
una duplice e contraddittoria fedeltà agli USA e a se stessa, un ulteriore fattore di annacquamento della soggettività politica. Il tutto a
vantaggio degli Stati Uniti che troverebbero
al proprio fianco un’Unione incapace di
svezzarsi ed emanciparsi dall’Occidente atlantico e quindi più facilmente incline a non
ostacolare e anzi a facilitare, anche contro i
propri interessi, i progetti di egemonia globale americana. Infatti due sono i modi di sopprimere un’identità politica: impedendole di
nascere e soffocandola con mezzi economici
e pressioni politiche e/o militari, e questo non
fu possibile all’inizio perché agli USA servivano partners forti per contrastare il blocco
sovietico; oppure, una volta nata, facendola
scoppiare per obesità, mediante il continuo
inserimento di corpi estranei e disunificanti,
ed è questo il tentativo oggi in atto;
un’opzione che, dopo l’entrata della Turchia,
culminerà con l’ingresso di Israele, che diventerebbe al contempo cinquantunesimo
Stato americano dislocato in Medio Oriente e
ventisettesimo Stato europeo.
Di fronte a questo tentativo che vorrebbe
condurre alla totale insignificanza politica
dell’Europa, l’opposizione alla Turchia non
si configura come la difesa miope del proprio
orticello o come una forma di integralismo
neo-cristianista, bensì come una strategia che
non chiude le porte definitivamente, bensì si
colloca su un prudente piano di attesa e confida nella non-necessità e non-eternità della
vocazione atlantica della Turchia (per la quale valgono le medesime ragioni dell’Europa).
Le alleanze, le amicizie e le vicinanze tra
soggetti di politica internazionale non sono,
grazie a Dio, stabilite una volta per tutte e
non attengono all’“essenza” dei popoli e delle nazioni coinvolte, bensì, una volta dato
alla terra ciò che è della terra, dipendono dalle decisioni sul proprio futuro che ognuno
liberamente e responsabilmente prende. Di
qui la possibilità di auspicare, senza passare
per utopisti, la fine della Turchia targata USA. Allora, e solo allora, con la sua entrata in
Europa ci si porterebbe a casa il profumo dei
limoni del Mediterraneo, e non, per
l’ennesima volta, l’odore di fritto degli hamburger.
Massimo Maraviglia
TENETEVI PRONTI!
A metà marzo terremo la
consueta festa del Gruppo. Comunicheremo per
tempo data, località, orari
e iniziative
(Continua da pagina 2)
Brevissimo resoconto
dell’Assemblea del Gruppo.
Elezione del Capogruppo:
- Alessandro Vincenti 50/53
Elezione di sei Consiglieri:
- Giuseppe Bona 50/53
- Luca Geronutti 51/53
- Gianluca Marchesi 49/53
- Pierluigi Pizzocaro 45/53
- Paul Wilcke 53/53
Ha preso voti:
Daniele Gariboldi 3/53
Nel corso della discussione sono stati
presentati i seguenti argomenti:
- Ravizzotti: per contrastare il calo
delle iscrizioni: ipotesi che ogni Alpino contatti i propri coscritti
- Marchesi: predisporre brochure
informativa su Alpini e ANA
- Bona: necessario dare disponibilità
per l’iniziativa – già di Bruno Anselmi – per l’onore alle penne mozze; segnala che nel 2008 ci sarà il
90° della fine della Prima Guerra
Mondiale e l’80° della fondazione
della Sezione di Milano; nel Sacrario presso S. Ambrogio manca, tra
le targhe delle Associazioni d’Arma,
quella dell’ANA. La sollecitazione è
immediatamente raccolta dal Presidente Sezionale Giorgio Urbinati.
Te la levi la camisetta? - La camisetta no-no, no-no! E se tu
non te la vuoi levare, io te la
comprerò. Il dottor Giovanni è
radioso per avere finalmente la
sua camicia Sezionale. Solo la
sciarpa Burberry stona un po'
con i quadretti verdi e blu.
Un’attenta lettrice ci segnala che
nel numero di Natale sono saltati i
nomi degli autori dei quadri raffigurati. Ce ne scusiamo con Lei e coi
lettori tutti.
• pag. 1 Giorgione Natività
Allendale, Washington,
National Gallery
• pag. 3 Anonimo ungherese del
XIX La battaglia di Belgrado
• pag. 4 Velásquez, La resa di
Breda, particolare, Madrid,
Prado.
Alpin del Domm – 5
il “Toni Covre” di Bedeschi in prima serata
Io c’ero. Si dice così quando si è
fatto parte di un evento. Io c’ero il
13 gennaio 2007 a Roma, presso
gli studi di Cinecittà, per partecipare, cappello alpino in testa, alla
trasmissione della Rai “Fratelli di
test”, condotta in diretta alle 21 da
Carlo Conti. Le buone premesse
c’erano tutte: finalmente gli alpini
avevano uno spazio in Rai e potevano forse far capire chi erano, che
cosa li legava, i loro Valori. Per di
più era la prima puntata, nessuno
sapeva esattamente di cosa trattasse la trasmissione. La produzione,
che mi aveva contattato per sapere
se avessi voluto partecipare
(avevano fatto le selezioni a Milano,
un mese prima dell’evento), era
stata parca di spiegazioni: “ … è un
test, non un quiz, ci saranno varie
categorie di italiani … si parlerà
dell’Italia, di come la vedono gli italiani …”. Alle 14 sono a Roma,
all’hotel che mi è stato assegnato
dalla Rai, insieme ad alcuni volti
amici e a tanti alpini di tutte le
parti d’Italia. Siamo cinquanta. Ci
sono rappresentanti di Vicenza, Torino, L’Aquila, Roma, perfino Catania, Bergamo e Milano ovviamente,
Alle 15 siamo a Cinecittà. Per uno
che ama i film come me, è
un’emozione; pezzi di set di film
storici, la basilica di Assisi ricostruita in cartapesta, astronavi, catapulte romane, templi greci …
presi da queste visioni, e cantando
(pensando a Beppe Parazzini che
avremmo voluto con noi) “figli di
nessuno”, entriamo in un capannone – non riscaldato – pieno di belle
donne. Erano le nostre concorrenti:
vigilesse, parrucchiere, guide turistiche, che, insieme ai tassisti e agli Isolani (quelli che abitano sulle
isole), giunti dopo, avremmo sfidato a chi meglio conosceva la nostra
gloriosa Italia. Dopo ore al freddo la trasmissione sarebbe stata in
diretta alle 21 - inizio a capire cosa
mi aspetta. Schiere di inutili ragazzini e ragazzine di vent’anni anni
che mi danno sistematicamente del
“tu” per comunicarmi banalità,
mancanza di coordinazione in ogni
cosa, nessuna notizia sulla trasmissione. Ricordo solo alcuni bei
momenti fatti di qualche cantata e
della conoscenza degli altri alpini e
di qualche racconto di naja dei veci. Alle 18 rancio. Proprio così, ran6 – Alpin del Domm
cio. Ovvero: in fila - scaglionati, come in caserma – per entrare in una
mensa dove ogni pietanza era fredda e dove la scortesia regnava sovrana. Sono perplesso; ma noi non
siamo gli ospiti della trasmissione?
(insieme ai vips che vedremo a pochi minuti dall’inizio: il senatore
Giulio Andreotti, Lamberto Sposini,
Nino Frassica, Maria Grazia Cucinotta, miss Italia 2006, uno sconosciuto comico di cui non ricordo il
nome, l’opinionista Renato Mannheimer, Tosca d’Aquino e Paolo
Brosio). Che ingenuità, ora che tutto è finito, mi ritrovo a pensare; eravamo il semplice pubblico che
stava lì per colorare lo studio (con
le divise delle vigilesse, i capelli alpini, le “messe in piega” stravaganti delle parrucchiere), altro che ospiti, altro che Valori alpini, motivi
che ci legano, solidarietà e tutto
quello che siamo, sono proprio un
credulone. Si avvicina l’ora fatidica
e ci fanno entrare nello studio: luci, colori, telecamere, gente che si
muove vorticosamente, schermi
con immagini colorate. Anche qui
non siamo esentati dalla nostra razione - propinata con il solito “tu” e
da gente inconcludente - di “non
sei nessuno, qua comando io”, al
punto che un vecio, di 80 anni, abruzzese, che si rifiuta di togliersi
il giubbotto e rimanere 30 minuti
fuori dallo studio al freddo, risponde una frase abruzzese che non
posso riportare per motivi di censura, alla “gentile” richiesta del ragazzino di turno, così formulata:“ ‘a
nonno, te lo devi da levà er giubbotto che poi mica entrà in trasmissione così”. Non sono più de-
Fotografia di fortuna ripresa con un
cellulare in una pausa pubblicitaria.
Con non poca fantasia si possono
scorgere Cesare e Gianluca
luso. Adesso sono arrabbiato. Entro nello studio sedendomi nel posto assegnato, col viso teso, senza
alcuna curiosità, senza interesse;
ho capito. Siamo lì per rappresentare una iconografia: l’alpino beone
e caciarone. Non vi racconto il gioco perché l’avrete visto e comunque
era noioso. Domande banali sulla
storia d’Italia, sulla musica,
sull’arte, di quella spicciola però:
“chi ha dipinto la Cappella Sistina?” rispondo come tutti e spero
che il conduttore, Carlo Conti parli
un po’ di alpinità e di alpini. Lo farà, con tre interventi in tutta la trasmissione: “ve piase el vin?....
anche a me”, “vi piace la Ventura?
la procace co-conduttrice”, “anche
agli alpini piace giocare a carte vero?”. Unica nota positiva, alla fine
della terza pausa pubblicitaria, il
buon Lavizzari mi comunica, dal
suo posto di comando, che, forse,
canteremo qualcosa; ci accordiamo
tutti per “sul capello”. La canteremo in effetti: 11 secondi, li ho contati. Ma poi all’improvviso capisco
tutto e il senso di tutto. Per caso
sono seduto alla sinistra di un reduce di guerra. È marchigiano, mi
pare. Lo conoscono tutti, perché
alle Adunate suona la fisarmonica
in modo sublime, senza conoscere
la musica. Mi ha raccontato di essere andato da Roma a Milano a
piedi con il suo mulo in tempo di
guerra, di aver patito la fame, il
freddo, di aver rischiato di morire.
È una persona umile, ha le mani
grandi, di chi lavora la terra, la
parlata dialettale. Lui, a differenza
mia, ride, applaude, si diverte,
guarda tutto e tutti con ammirazione - anche Andreotti - mi dice che
al suo paese sono tutti riuniti alla
sede del gruppo per guardarlo e
che anche a casa sono tutti davanti alla tv per lui: il Reduce che va in
televisione, a Roma. Ecco perché è
stata una buona cosa questa trasmissione. Eravamo lì per lui, per
farlo felice, e per fare felice tutti
quelli che avevano già un età e avevano visto tante brutture nella vita
e adesso, finalmente, erano in televisione, alla RAI, e quando la telecamera li inquadrava fugacemente,
salutavano a casa.
Adesso che ho capito, il resto non
conta più niente.
Davide Virardi
Seguendo il nostro fil rouge (ormai è
già una matassa aggrovigliata) circa
le novità nel mondo degli Alpini, ad un
anno dalle Olimpiadi Invernali di Torino, Vi proponiamo questo articolo
dell’amico Michele Bossi (gran sciatore!) che è partito dalla Sardegna, ove
lavora, per prestare qualche settimana
di servizio in Piemonte, coniugando la
passione per la neve con la passione
per gli Alpini. Ciò che scrive, oltre ad
essere una lieve cronaca, ci deve far
riflettere sul fatto che gli Alpini in armi
oggi non sono e non possono essere gli
Alpini di ieri. Mi riferisco ovviamente
ai compiti (sempre più internazionali),
agli equipaggiamenti (o mamma mia!
hanno mandato in pensione l’obice da
105/14: come faremo adesso!!!)
Quanto poi al reclutamento, se le lingue parlate dagli Alpini in armi di oggi
hanno certe inflessioni dialettali e non
altre, si potrebbe anche chiedere ai
rampolli dei Veci veneti, furlani, piemontesi, lombardi etc. perché non intendono prestare un paio d’anni di servizio per la Patria.
OLIMPIADI TORINO 2006 CON GLI ALPINI DI OGGI, DI IERI, DI SEMPRE
Febbraio. Appena un anno fa ero immerso tra le montagne piemontesi in
mezzo agli alpini, quelli in armi. I professionisti di questo nuovo secolo. Tutto era cominciato il 7 novembre 2005 a
Pinerolo, esattamente dieci anni dopo
la partenza per Merano, per il temuto
C.A.R. al Battaglione Alpini “Edolo”,
11° scaglione ’95. Chi mai poteva pensare di riuscire a rientrare in armi dopo
tanti anni? Un’esperienza bella, fantastica, dura ed indescrivibile allo stesso
tempo. Certo! Sono e rimango della
Tridentina, dell’Undicesimo Reggimento Alpini, Battaglion “Trento” e la
mia Compagnia rimarrà sempre la 144a
“la Bandera”, ma gli attimi passati al
Terzo rimarranno sempre impressi nella mia mente. Come si può non ricordare con piacere i bei momenti vissuti
a Novembre prima e durante le Olimpiadi poi? Inutile descrivere quello che
ho provato a rivestire il grigioverde.
Chissà cosa avrà pensato il magazziniere vedendo lo sguardo felice e
quell’espressione un po’ ebete quando
con tipico fare da vecio mi ha sbattuto
in testa il mio nuovo Cappello Alpino!
Tante cose sono cambiate nell’esercito,
nelle sue strutture e tante sane abitudini sono andate perdute … Non nascondo un certo magone per tutto ciò e sicuramente qualche vecio avrà letto negli occhi di noi richiamati quel velato
sentimento di orgoglio per aver vissuto
quello che significava essere alpini appena una decina di anni fa. Difficile
dimenticare i visi un po’ straniti dei
“nuovi” alpini curiosi di capire cosa ci
facevamo noi là con loro a spalar neve
o a tirar su reti giorno e notte, col vento, sotto la neve o con il freddo …
Sembra retorica, ma ogni minuto passato al Terzo per me ha assunto un significato difficile da spiegare. Belle
persone questi “nuovi” alpini, bravi
ragazzi … L’ idea del Comandante di
sparpagliarci in tante squadre diverse
ha avuto successo. Ad un iniziale distacco “culturale” ha fatto seguito la
spontanea amicizia che viene fuori da
ragazzi abituati ad aiutarsi l’uno con
gli altri. Mi sono trovato bene con tutti
e quando ho lasciato Oulx, felice di
rientrare nei fidi tetti, una sensazione
di aver lasciato qualcosa mi ha tenuto
compagnia per tutto il viaggio …
Probabilmente è inutile esprimere il
mio giudizio sulle scelte di esercito che
vengono dall’alto ed ovviamente sappiamo bene che il patrimonio che veniva dalle nostre valli alpine ormai è destinato a sparire … in Tridentina avevo
imparato a distinguere il bresciano dal
bergamasco, il trentino, dal varesotto,
il comasco dal lecchese, il valtellinese
dal bergamasco delle valli … si respirava un’aria diversa nelle caserme e la
complicità che veniva a crearsi difficilmente potrà tornare come una volta.
Quello che ho visto ora vivendo la 34a
Compagnia è comunque un senso di
sicurezza e di saper quello si deve fare.
Questi alpini sono chiamati a compiti
diversi rispetto una volta e vedere
sguardi sicuri mi ha lasciato una sensazione di consapevolezza dei propri doveri.
Questa volta ho imparato a capire il
leccese, le sfumature del campano,
l’abruzzese, il siciliano, il lucano, ho
imparato a distinguere il sardo del nuorese dal gallurese e dal campidano (va
be’, sono facilitato dal fatto che vivo e
lavoro in Sardegna). Gli alpini sono
cambiati, hanno facce diverse, modi di
dire ed origini diverse, ma le nostre
montagne rimangono sempre là, sono
sempre le stesse e saranno in grado di
temprare alla stessa maniera le nuove
leve professioniste (contraddizione di
termini!). Spetta come sempre ai veci
(ufficiali e sottufficiali) l’arduo compito di mantenere vivo lo spirito alpino e
la professionalità che ha sempre reso le
truppe alpine uno dei reparti militari
più invidiati almeno nel mondo occidentale.
Michele Bossi
(ovviamente Alpino!)
Alpin del Domm – 7
Canta che guadagni!
BOLLINO 2007
Caro Giancarlo le tue esibizioni canore hanno
fruttato dei bei soldini Bravo! Mi sorge però un
sospetto: che gli amici della Corvée t’abbiano
pagato per non sentirti troppo spesso gorgheggiare?… Vedi sotto
Invitiamo Soci ed Amici a rinnovare
l’adesione alla Associazione entro il mese di marzo (2007, si intende), anche per
non compromettere ulteriormente la salute del Tesoriere che soffre di sbalzi di
pressione e – peggio – di umore. Il Segretario ed il Tesoriere sono presenti,
praticamente tutti i mercoledì sera in
Sezione ad attenderVi, per farVi festa ed
Avvolto da luci celesti e da sacri arredi, il
alleggeriVi le tasche.
presidente Urbinati ci ricorda che
l’assemblea sezionale si terrà domenica 11
marzo presso l’Aula Magna dell’Istituto dei
Tumori in via Venezian 1. Il presidente è qui
ritratto mentre legge la Preghiera
dell’Alpino alla Messa sezionale, 11 novembre 2006 presso la chiesa di Santa Maria
Segreta
Si comunica che il 4 marzo a Schilpario,
(BG)si terrà il campionato sezionale di
sci di fondo. Per le iscrizioni rivolgersi al
Gruppo di Giussano (solo il venerdì sera,
dopo le 21) al 0362 850411
Nella foto: Il Conte Aldo Bonacossa (a
sinistra) con un suo alpino in tenuta da
skiatore – Fronte Adamello 1916
(Archivio Società Storica Guerra Bianca)
Giovedì 22 febbraio 2007:
6 maggio 2007: Festa dell’Esercito a Milano. Si chiede l’intervento delle Associazioni
d’Arma e la partecipazione dei loro iscritti.
Sopra: Tavola di Beltrame, quarta di copertina della “Domenica del Corriere”,
n.22, 30 maggio - 6 giugno 1915. Ci sono
un po’ tutte le armi riunite. Grazie Andrea
per aver scovato l’immagine
5° appuntamento di “Incontriamoci a Milano”
Il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia
Leonardo da Vinci
Il Direttore, dottor Fiorenzo Galli (alpino), ci intratterrà sulla trasformazione da Museo “vecchio stile” a luogo vivo di studio e comprensione di leggi e
misteri della Scienza e della Tecnica, con la possibilità, oltre che di vedere,
anche di toccare, sentire e sperimentare.
Appuntamento Giovedì 22 febbraio 2007,
ore 21.00 presso la sede di via Rovani.
Sopra modello della
“Vite aerea” di Leonardo
Fonte: www.museoscienza.org
8 – Alpin del Domm
Si prevede, in primavera, di organizzare una visita guidata al Museo e, soprattutto, al sottomarino “Enrico Toti”