Alpin 59.pub - ANA Gruppo Alpini Milano Centro

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Alpin 59.pub - ANA Gruppo Alpini Milano Centro
Numero 59 - Anno XI/1 - Febbraio 2010
Fotocopiato in proprio da: Associazione Nazionale Alpini - Sezione di Milano - Gruppo Milano Centro “Giulio Bedeschi”
Redazione: Via Vincenzo Monti 36 - 20123 Milano - tel. 02 48519720 - Responsabile: Alessandro Vincenti - Inviato gratis ai Soci
ASSEMBLEA DEL GRUPPO MILANO CENTRO “GIULIO BEDESCHI”
ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINI — SEZIONE DI MILANO
28 GENNAIO 2010. RELAZIONE MORALE PER L’ANNO 2009
Prima di dare lettura della mia relazione
morale, desidero, come consuetudine vuole, invitarVi ad un minuto di silenzio e di
raccoglimento per ricordare gli amici che
“sono andati avanti”, non solamente
nell’anno che ci ha appena lasciato, ma
anche negli anni trascorsi. Come ho fatto
negli ultimi anni, desidero ricordarli tutti,
affettuosamente ma anonimamente.
Siamo giunti ancora una volta al momento culminante della nostra vita associativa, l’Assemblea del
nostro Gruppo, che per
quanto mi riguarda, chiude
il mio terzo mandato, senza,
con ciò, pretendere di personalizzare un evento che
appartiene in via esclusiva
al Gruppo. E’ quindi questa
la sede in cui si devono,
rectius, si dovrebbero approfondire tutte le problematiche positive e negative
nel nostro nucleo, ma anche
per criticare o approvare
quanto il Gruppo ha fatto
nell’anno appena trascorso,
tramite i propri rappresentanti, i Consiglieri che
l’Assemblea ha designato, e tramite il
Capogruppo, che deve essere il destinatario finale di critiche o di eventuali approvazioni.
Come ho sempre sostenuto anche nelle
mie precedenti relazioni morali, qualsiasi
entità non può funzionare se non vi sono
le persone che lavorano, che si sacrificano, che sottraggono anche tempo alla famiglia nel perseguimento dei risultati: a
tutti, che mi sopportano, e supportano le
mie iniziative anche in sede di Consiglio,
che bonariamente accettano anche qualche
mia stravaganza, un grazie di cuore.
Al termine di questo mio terzo mandato
desidero quindi rivolgere un caloroso ringraziamento a tutti i Consiglieri che si sono
succeduti, e che hanno consentito al Gruppo
di acquisire la notorietà e il legittimo apprezzamento anche ben al di fuori della Sezione di Milano: da Geronutti, primo Capogruppo, da Wilcke, vicecapogruppo e segretario, gravato del compito di tenere sistematicamente informati i Soci tempestandoli di
comunicazioni, da Ravizzotti, rigoroso teso-
riere, da Marchesi, coordinatore delle nostre
iniziative culturali, da Pizzocaro, curatore
della operazione “tappi”, da Celotta, da
Gandola, da Zammuner, ma anche da quelli
che non sono più in carica, Monti, Androni,
Virardi, Bona, “andato avanti” lo scorso
anno.. Il nostro periodico, Alpin del Domm,
uscito in occasione della cena di Natale con
il numero 58, continua il suo cammino di
gloria, sempre più diffuso in tutte le Sezioni
del mondo e sempre più apprezzato. Di tanto, onore e merito a Luca e Paul, nonché al
“consulente storico” Andrea.
Il nostro Gruppo vive un tranquillo tran
tran: il numero dei soci è sostanzialmente
immutato (127 soci e 46 amici) nonostante
alcune perdite, dovute a cause naturali o
semplici defezioni, grazie a continua nuova linfa che ci giunge, anche e soprattutto
composta da giovani. Le attività del Gruppo, nell’anno trascorso, si sono forse un
poco rallentate, quasi come se avessimo
preso il fiato per nuove importanti iniziative che il presente anno, nel quale festeggeremo i nostri primi dieci
anni, senz’altro riserverà, ma
non sono state, per questo,
meno importanti. Rammento
così il concerto del Coro ANA organizzato (e di tanto
ringraziamo il Presidente
Ghioldi, il Maestro Marchesotti ed i coristi tutti) presso
la Parrocchia di San Giuseppe della Pace, la seconda
ed izio ne d ella serata
“milanesa” al Circolo Volta,
la visita al Toti e la conferenza sulle Foibe. Se riusciremo
a rispettare i programmi che
abbiamo sino ad ora abbozzato, il 2010 sarà senz’altro
denso di interessanti e coinvolgenti iniziative.
Prosegue anche l’operazione “tappi”:
poco prima di Natale abbiamo toccato
quota 2.000 chili consegnati. Sempre doverosi sono i ringraziamenti ai nostri Soci
che periodicamente si offrono alla donazione di sangue, ma soprattutto ai nostri
Soci ed Amici che volontariamente fanno
parte della Protezione Civile, quest’anno
elemento importantissimo nell’opera di
soccorso nella tragedia abruzzese. Il numero si è recentemente incrementato con
(Continua a pagina 2)
Alpin del Domm – 1
(Continua da pagina 1)
alcuni giovani provenienti dalla
“mini-naja” e addirittura con un
elemento della unità cinofila.
Ho volutamente contenuto
questa prima parte del mio intervento in quanto,
nell’accingermi a redigere queste note, sono stato assalito ancora una volta dall’amletico
dubbio: che cosa deve intendersi per “relazione morale”?
Fermo restando che ritengo
comunque doveroso informare i
Soci meno attenti di quanto il
Gruppo ha svolto nell’anno trascorso, ed
eventualmente di cosa ha in mente di fare
per quello a venire, sono altresì convinto
che ciò non possa ritenersi “relazione morale”. Mi convinco sempre di più che, per
contro, in questa relazione debbano trovare spazio predominante le considerazioni,
le valutazioni su fatti ed avvenimenti anche esterni e generali, che però coinvolgono, indirettamente o direttamente, il Gruppo.
Argomento di primaria importanza è
indubbiamente il primo importante anniversario che festeggeremo quest’anno, i
nostri primi dieci anni. Mi sia consentito
rubare un concetto del Presidente Nazionale Corrado Perona: questo deve essere
un anno di gioia e di felicità di tutti gli
appartenenti al Gruppo, Soci ed Amici.
Dobbiamo essere orgogliosi di questi primi dieci anni, nei quali abbiamo, da subito, fatto passi da gigante, realizzando iniziative decisamente significative, riuscendo ad occupare un posto importante nella
Associazione. Milano Centro, con il suo
giornale, con le sue iniziative, con il suo
2 – Alpin del Domm
farsi conoscere in tutto il Paese grazie soprattutto ad alcuni suoi elementi di spicco
(Vice Presidente Nazionale, responsabile
del giornale, responsabile delle attività culturali, eccetera) è stato presente dappertutto,
è in contatto con tutti, è conosciuto da tutti
(o quasi).
Ma questo importantissimo traguardo, che
comunque ci deve rendere orgogliosi, deve
spingere tutti a partecipare a questa festa,
proprio perché è festa di tutti, è la festa di
ciascuno di noi: quello che riusciremo a
realizzare quest’anno deve essere sentito
come un patrimonio globale. Chi di noi deliberatamente rifiuta l’invito alla festa di
compleanno di un amico, senza un briciolo
di rimorso?
Nel corso dell’anno appena trascorso si è
verificato un evento preannunciato: da tempo promesso, organizzato quindi forse un
poco affrettatamente, si è svolto a settembre
l’esperimento della cosiddetta mini naja, il
progetto Pianeta Difesa. L’esperimento ha
suscitato consensi e critiche.
I consensi derivano indubbiamente dal
rilevare l’entusiasmo che questi giovani,
ragazzi e ragazze, hanno genericamente
dimostrato sia nell’aderire a questa iniziativa che nel vivere il “dopo congedo”. Nonostante il periodo infelice in cui il bando è
uscito, in piena estate e con le sezioni chiuse, le domande sono state il doppio di quelli
che erano i posti disponibili, per cui più di
cento ragazzi, dopo la selezione, non sono
stati ammessi. Quelli che hanno partecipato
alla iniziativa, hanno vissuto quindici giorni
di naja, con marce, istruzioni di varia natura, una vita di caserma. Nessuno si è lamentato, al termine alcuni hanno presentato domanda come volontari a ferma breve, altri
sono stati accolti nelle Sezioni di appartenenza. La Sezione di Milano li ha immediatamente iscritti come “amici”. E il loro entusiasmo li ha portati a continuare a frequentare la Sede, a partecipare ad alcune nostre
importanti manifestazioni, prima fra tutte la
cerimonia della beatificazione di don Gnocchi, ad iscriversi alla Protezione Civile. Non
possiamo che augurarci che questo entusiasmo non venga meno e che continuino ad
essere vicini alla Associazione, condividendo e sempre più apprezzando i nostri ideali.
Ma, come detto, non mancano i mugugni, dovuti soprattutto al fatto
che, al termine dei quindici giorni,
l’Esercito ha consegnato a questi
giovani il Cappello Alpino, che loro
indossano con ostentato orgoglio,
pur consci, quando vengono raggiunti da qualche critica, di essere
diversi dagli Alpini.
Che dire? Innanzi tutto, dobbiamo
partire dal presupposto che questo è
stato un esperimento, oltretutto
monco, in quanto avrebbe dovuto
avere una durata di un mese. Ritengo che tutti siano perfettamente coscienti che Pianeta Difesa non sia lo strumento che potrà risolvere i problemi derivanti dalla sospensione della leva obbligatoria. Ma indubbiamente bisogna anche
attendere i futuri “reclutamenti”, che peraltro, allo stato, neppure si sa se verranno
affidati ancora agli Alpini. Presumibilmente, nei futuri “reclutamenti”, come del
resto avviene per tutti gli esperimenti,
dovranno essere apportate delle modifiche, a cominciare dalla durata, per un periodo più significativo. Ma certamente
l’esperimento ha fornito spunti per considerazioni positive, che ne consigliano la
prosecuzione, quali il desiderio di questi
giovani di inserirsi fattivamente nella nostra famiglia, per cercare di comprendere i
nostri valori (che in più di una occasione
sono stati tramandati da parenti Alpini), e
quindi di condividerli.
Ma il problema che più mi sta a cuore, e
più significativo dell’anno trascorso è la
modifica effettuata dalla Sede Nazionale
agli articoli 8, 8bis e 8ter del Regolamento
per l’esecuzione dello Statuto.
Come è noto, il Presidente Corrado Perona si era diffusamente soffermato, in un
suo intervento del 2008, sullo status degli
amici degli Alpini, ravvisando la opportunità di una modifica, anche in rapporto al
contributo di molti di essi alla vita dei
Gruppi, delle Sezioni e, quindi, della Associazione. Il Presidente aveva quindi
chiesto il parere dei Soci. Con delibera del
18 aprile 2009, il CDN ha approvato le
modifiche al regolamento.
A mio avviso, però, il risultato è stato
inferiore alle (mie?) aspettative, un po’
come il famoso topolino partorito dalla
montagna. E’ noto che le opposizioni a
modifiche dell’argomento erano numerose
e pesanti: ma o si seguivano queste critiche, e si decideva di non fare nulla, o – e
sempre a mio avviso - bisognava decidere
di fare di più, di apportare modifiche sostanziali al regolamento.
Come ritengo sia a tutti noto, ribadito
che gli amici non hanno la qualifica di
socio ordinario, ribadita una serie di divieti, primo fra tutti quello di indossare il
nostro cappello, e di limitazioni, cosa che
fa apparire lo status di amico quasi in negativo, il Regolamento modificato introduce una nuova categoria di amici, gli
“aiutanti”. “Il socio aggregato che vanti
una iscrizione consecutiva di almeno tre
anni e che per tale periodo abbia fattivamente collaborato con la Sezione o con il
Gruppo nelle attività associative, può presentare domanda
per il passaggio
alla categoria di
socio aiutante.
Tale domanda,
da redigersi su
apposito modulo
- (la burocrazia
deve pur essere
rispettata) – predisposto
dalla
Associazione,
controfirmata dal
Capogruppo e da almeno due soci ordinari, sarà valutata dal CDS, previo parere
della Giunta di Scrutinio”.
Non comprendo, innanzi tutto, la procedura: se questa nuova qualifica deve ritenersi quale gratificazione per l’attività
svolta, come è possibile che debba essere
concessa su domanda dello stesso interessato? E se, per mera ipotesi, la collaborazione dell’aiutante, dopo il riconoscimento, viene meno, questo riconoscimento
deve essere revocato? Escluso, ovviamente, che la domanda di revoca debba essere
proposta dallo stesso aiutante, chi deve
farsi carico della revoca? Ma comunque,
da quando una medaglia – tale dovrebbe
apparire il riconoscimento, la promozione
ad aiutante – viene concessa su richiesta
dello stesso “medagliando”? Per quale
motivo il Capogruppo, che meglio di tutti
conosce la realtà storica del candidato
aiutante, deve limitarsi a controfirmare la
domanda, senza avere la possibilità di fare
commenti, in positivo o in negativo, demandando ogni decisione al Consiglio
Sezionale, e al parere della Giunta di
Scrutinio, necessariamente lontani dalla
realtà locale, e che magari neppure conoscono il candidato? E quale conseguenza
ha il passaggio alla categoria di aiutante,
se non la mera iscrizione in un albo diverso da quello dei semplici amici aggregati?
E chi viene a conoscenza, anche
nell’ambito del Gruppo stesso, di questo
(pseudo) riconoscimento, privo come è di
manifestazioni esteriori, quale il “baffo” da
caporale?
Quante critiche, quante perplessità, possono essere poste a queste cinque righe del
regolamento, tanto da auspicare che, quanto
prima, vengano apportate ulteriori modifiche, più sostanziali. Mi auguro che si possa
adottare una politica dei piccoli passi, in
luogo di quella dei micro passi.
L’amico aspirante aiutante difficilmente
chiede qualche cosa: è pronto ad aiutare, a
lavorare, ad inserirsi fattivamente nella vita
di Gruppo e sezionale, ma poi è costretto, ad
esempio, guardare, presumibilmente con un
po’ di magone, dalle transenne, nelle nostre
sfilate, soci che per diritto sfilano, magari
senza mai essere apparsi nella vita societaria, o senza mai aver mosso un dito per una
qualsiasi attività o iniziativa. E, ricordiamoci, il cappello è senz’altro un
falso problema: coloro che meritano un riconoscimento, coloro che veramente collaborano, a
tutti i livelli, con
l’Associazione, ben comprendono il significato ed il valore del
nostro cappello, sanno che ci è
stato consegnato dall’Esercito, a
fronte di un servizio militare,
per cui nessun altro è autorizzato a consegnarlo. Ma i veri amici si accontenterebbero di un
“grazie” che, al di là dei rigorosi divieti e
dalle ferree proibizioni nelle quali si imbattono sia leggendo il regolamento dello Statuto Nazionale, sia addirittura sulla
tessera associativa, mi parrebbe opportuno apparisse
non da una semplice registrazione burocratica che
conferisce loro un anonimo
e non palese titolo di aiutanti, ma da più sostanziosi
riconoscimenti e concessioni.
Peraltro, allo stato, assistiamo ad una disparità di trattamento fra
persone che possono vantare i medesimi
meriti e diritti. L’ultimo comma
dell’articolo 8 ter del citato regolamento
afferma testualmente: “L’opera per la quale
il socio aiutante dovrà avere prestato la sua
collaborazione potrà riguardare una qualunque delle diverse attività associative. A mero titolo esemplificativo si indicano: la Protezione Civile, l’Ospedale da campo, i Cori
e le Fanfare dell’Associazione, le attività di
recupero dei siti e della memoria storica, la
stampa associativa, le attività culturali e
divulgative, l’attività sportiva, la logistica di
Gruppi e Sezioni”.
Orbene, nel mentre gli aggregati (rectius,
gli amici), anche non inquadrati come aiutanti, che partecipano alle sopra indicate
realtà, hanno riconoscimenti ufficiali e
partecipano di diritto alle nostre iniziative,
sfilando ad esempio (e talvolta addirittura
con il cappello alpino) insieme ai reparti
di appartenenza, per quale motivo altri,
figli di un dio minore, non possono godere
di questi privilegi?
Sono, questi, concetti sui quali mi sono
diffuso altre volte e che ritengo di estrema
importanza. In attesa di quanto auspichiamo possa avvenire in seguito, e speriamo
non troppo in là nel tempo, ho ritenuto,
adeguandomi a queste modifiche statutarie
Nazionali, e forse facendo un piccolo passettino in avanti, di proporre al Consiglio
di Gruppo due iniziative, che il CDG ha
fatto proprie deliberando di conseguenza.
Il primo passettino è stato quello di estendere ufficialmente l’invito a partecipare a questa nostra Assemblea annuale,
riservata come è noto ai Soci Ordinari,
anche a tutti gli amici, ovviamente senza
poter concedere loro il diritto di voto.
La seconda iniziativa è stata quella di
consentire al Consiglio di convocare nelle
proprie periodiche riunioni
anche un amico, scelto periodicamente tra quelli che hanno i requisiti per ottenere i
gradi da caporale, di amico
aiutante (già acquisiti o meno). Anche in questa situazione, non è stato possibile, come logica vuole, attribuire il
diritto di voto. Il primo amico
individuato dal Consiglio, e
che quindi parteciperà già al
prossimo Consiglio di Gruppo, è Silvio Anselmi. Mi riservo, ovviamente, in presenza di auspicabili nuove
decisioni della Sede Nazionale, di proporre nuove iniziative. Concludo, e finalmente direte Voi. Ringrazio tutti coloro che,
nel corso dell’anno, hanno voluto generosamente sostenere le asfittiche finanze del
Gruppo, facendo così trarre sospiri di sollievo al nostro cerbero Tesoriere. Ma non
posso certamente terminare senza fare a
tutti Voi i migliori auguri per questo nostro primo importante compleanno, con
l’invito ad essere tutti vicini al Gruppo, in
tutte le manifestazioni che il Consiglio
riuscirà a realizzare.
VIVA IL GRUPPO, VIVA LA SEZIONE,
VIVA L’ASSOCIAZIONE,
VIVA GLI ALPINI.
Alpin del Domm – 3
Assemblea del Gruppo Milano Centro
“Giulio Bedeschi”
VERBALE
28 gennaio 2010
Presidente dell’Assemblea: Edo Biondo
Segretario: Paul Wilcke
Scrutatori: Filippo Vezza, Roberto Magistri,
Daniele Gariboldi
Presenti: 33
Deleghe: 18
(Pochi ma buoni? Abbiamo sbagliato orario? Ai soci l’assemblea non interessa un …
tubo?)
Dopo la Relazione morale del Capogruppo
in scadenza (riportata su questo foglio) e lo
snocciolamento di numeri del sempreverde
Tesoriere, si è aperta la discussione, caratterizzata dall’importante intervento del Vicepresidente Nazionale Cesare Lavizzari
che ha offerto alcuni chiarimenti sulla questione degli Amici degli Alpini “aiutanti”.
1 è a disposizione delle Sezioni – da novembre – il modulo per richiedere la qualifica
di aiutante; la firma richiesta al Capogruppo non è solo una presa d’atto … anzi il
Capogruppo può sollecitare gli avanzamenti di grado
2 su L’Alpino è segnalato che il CDN ha
licenziato il logo ed il modello di copricapo
per gli aiutanti
3 sulla natura dell’aiutante: già Bertagnolli
diceva che era colui che collaborava fattivamente. Oggi gli “amici” sono 70.000
circa e ve ne sono alcuni che effettivamente
collaborano, altri che si limitano a simpatizzare (il che non guasta). Necessario quindi fare un po’ di ordine, distinguendo tra le
due “categorie”
4 il fatto che gli amici non sfilino
all’Adunata Nazionale dipende dal dettato
dello Statuto (che al momento non si vuole
cambiare); negli altri sfilamenti (sezionali,
di gruppo) è importante garantire l’ordine
5 nella sfilata dell’Adunata Nazionale gli
amici possono sfilare con la Protezione
Civile, se vi sono inquadrati
6 in futuro: si vedrà
7 le realtà locali delle Sezioni – in Italia e
nel mondo – sono molto diverse e si è cercato
di
“tenere
insieme”
tutta
l’Associazione.
Intervengono sul tema anche Gorrieri, Celotta, Anselmi, Eller.
Al termine degli interventi vengono approvate all’unanimità sia la Relazione morale
sia la Relazione del Tesoriere. Non essendoci informazioni aggiornate dalla Sezione,
non si prevedono modifiche all’importo
della quota associativa (anche questo approvato all’unanimità!). Le elezioni hanno
dato i seguenti risultati: il Capogruppo rieletto, i Consiglieri Zammuner e Celotta confermati, e Gariboldi che ha preso voti sia
come eventuale Capogruppo sia come eventuale Consigliere.
Il segretario: Paul Wilcke
4 – Alpin del Domm
Osservazioni del Capogruppo
in merito alla questione aiutanti
Preso atto, doverosamente e rispettosamente, delle osservazioni rese dal Vicepresidente Nazionale, con goliardica irruenza, alla mia Relazione Morale alla assemblea
di Gruppo, osservo,
1) dal modulo per richiedere la qualifica di aiutante, apparso in Sezione, miracolosamente, il giorno successivo alla assemblea stessa, appare senza ombra di dubbio che
il Capogruppo deve limitarsi a firmare il modulo stesso, senza poter apporre alcuna
nota aggiuntiva. Mi sembra quindi indiscutibile che, ove il Capogruppo riceva una
domanda da parte di un amico, altro non possa fare che inoltrarlo in Sezione, per il
vaglio della Giunta di scrutinio e la decisione del Consiglio di Sezione. Se è vero che
può quindi “sollecitare” la presentazione di qualche domanda, è altresì vero che non
può opporsi alle domande “spontanee”.
2) Mi è chiaramente sfuggita la notizia riportata su l'Alpino del copricapo degli aiutanti e del logo: ma ho ben precisato che il copricapo non costituisce problema cardine della questione.
3) Ritenevo e ritengo che quanto da me precisato nella mia relazione morale fosse
esattamente in linea con quanto a suo tempo aveva detto Bertagnolli: chi effettivamente si da’ da fare, condividendo i nostri ideali ed i nostri scopi, è assolutamente
legittimo che riceva una ricompensa “morale”, ma effettiva, e non solamente la iscrizione in un registro particolare.
4) Dove si è ritenuto, si è modificato Regolamento, Statuto e quant'altro, adattandoli
alle mutate esigenze associative. Quello che io auspico è che qualche cosa in tal senso, col tempo, possa accadere anche per gli amici.
Come si suol dire, “il futuro è sulle ginocchia di Giove”
Ratifica delle elezioni e attribuzione di incarichi
Il Consiglio di Gruppo ha ratificato il risultato delle elezioni assembleari.
Nel Consiglio di Gruppo del 18 febbraio 2010 sono stati assegnati i seguenti incarichi ai vecchi e nuovi consiglieri:
Alessandro Vincenti – Capogruppo: rapporti con la Sezione di Milano (tra cui Segreteria Sezionale, Sede e sua gestione)
Paul Wilcke – Vice Capogruppo: Segretario del Gruppo, coredattore Alpin del
Domm, decennale del Gruppo
Roberto Celotta: fureria, programmazione serate culturali, autoparco
Alessandro Gandola: Protezione Civile del Gruppo, rapporti con PC Sezionale, rapporti con Segreteria Sezionale
Luca Geronutti: Direttore Alpin del Domm, decennale del Gruppo, contatti con Sede Nazionale
Gianluca Marchesi: Responsabile cultura, decennale del Gruppo, contatti con Sede
Nazionale
Pierluigi (Pier) Pizzocaro : Raccolta Tappi, logistica
Giancarlo Ravizzotti: Tesoriere
Giuseppe (Bepi) Zammuner: Banco Alimentare, Madonna del Don, approvvigionamenti, assicurazioni.
È confermato l’incarico di Alfiere a Daniele Gariboldi.
È coredattore dell’Alpin del Domm Andrea Bianchi.
Al Consiglio di Gruppo ha partecipato l’Amico degli Alpini Silvio Anselmi, designato in Assemblea.
Ecco Luca, in qualità di caporedattore dell’Alpin del Domm,
che consegna al Presidente Nazionale Co rr ado P erona
l’ingrandimento del “fumetto”
che chiudeva il numero 56 del
luglio 2009, ove si spiegavano
le fatiche necessarie per scrivere
u n l i b r o s u g l i Al p i n i .
L’occasione per la consegna?
La cena del CDN prima della S.
Messa di Natale.
L’ANA HA DECRETATO: UNA NORVEGESE PER OGNI “AMICO DEGLI ALPINI” !!!
A questa inaspettata notizia il sottoscritto,
sobbalzato per la gioia, ha chiesto immediate delucidazioni per ottenere questa
Norvegese… Ho pensato: se la danno agli
Amici degli Alpini, non possono certo
negarla ad un Alpino, eh! …
Ho dunque cercato notiziole per arrivare
prima possibile alla prenotazione, avendo
così l’opzione di scelta, per ‘sta bella norvegesotta …
Purtroppo chi va indagando, per la maggior parte delle volte, si trova deluso delle
scoperte che fa. Ed è così che:
a) La norvegese in oggetto non è l’essere
animale di specie umana, sesso femminile
… (lo so che molti di voi, a solo leggere il
titolo di questo mio scritto, sono corsi a
dire alle rispettive mogli, fidanzate, compagne: “Vado fuori a prendere le sigarette”) …, ma – ahinoi – trattasi del noto
copricapo che noi alpini di naja usavamo
nelle uscite tattiche;
b) Nessuna documentazione è ancora apparsa ufficialmente dagli oscuri e abbottonatissimi uffici burocratici della Sede Nazionale che illustri il copricapo e il suo
fregio.
Solo vaghe notizie, dunque: certo è che il
copricapo è quello noto agli alpini. Facile
da usarsi, comodo da mettere nello zaino,
di dimensioni ridotte rispetto al cappello
alpino, di panno simil lana color caki.
Insomma, il classico berretto alla norvegese, parente prossimo del mod. 1952 …
Per il fregio non ci sono anche qui immagini, né indicazioni certe: qualcuno parla
di un’aquila “evanescente”, stilizzata;
quindi dovrebbe essere senza i fucili, i
cannoni incrociati o altro simbolo di specialità. All’interno della cornetta, al posto
del classico numero reggimentale, dovrebbe essere apposto il logo dell’ANA. Il
materiale del fregio? Mah, gli stilisti ufficiali dell’ANA stanno con la giacca abbot-
nel bronzo nemico”; la maggior parte, visto
il periodo di crisi, si sbilancia a parlare di
plastica nera; i più nostalgici, ma anche
patriottici, affermano che sarà di stoffa ricamato da sapienti mani femminili italiane,
assicurando il rilancio del “made in Italy” e
l’ottima qualità …
Quale sarà il commento del “popolo alpino”
allargato ai diretti interessati “Amici”, nes-
cappello. L’attuale berretto, se non pesa di
più del cappello grigio non è certamente
più leggero e per di più, a differenza del
cappello, non ripara né il sole, né l’acqua,
quindi forma solo un indumento di più da
portare.
Al cappello toglierei la penna, poiché anche lasciata corta sotto la tenda si rompe
facilmente; nel passare tra i boschi si perde, si rompe, si riga, non sta mai a posto.
Lascerei però la fascia esterna alta come
quella dell’attuale cappello poiché questa
fascia serve assai bene a coprire alquanto
le macchie di sudore che presto si formano. Toglierei il sottogola che è perfettamente inutile in un cappello floscio che si
adatta bene alla testa, mentre è molto noioso a portarsi.
Sul cappello non metterei nessun trofeo,
ma solo il numero del reggimento, se si
vuole in panno verde; oppure – meglio –
sottoforma di piccola spilla in alluminio
attaccata alla fascia.”
Mentre vi lascio meditare su berretti, cappelli e fregi, io chiudo queste mie osservaIl nuovo stemma da giacca del socio aiutante
zioni e tolgo il disturbo: vado a provare la
mia norvegese che di nome fa Viky Johansuno lo sa per ora: mugugni a parte di quelli sonn…
che non si sono rassegnati ad intendere nor- HEJ !
vegese come berretto invece di bella ValkiAbbì
ria nordica, offro agli amici lettori che mi
han seguito fin qua, delle testimonianze 1. Perrucchetti dando la preferenza al
d’epoca proprio relativamente all’adozione “berretto”, automaticamente escludeva che
di un cappello/berretto per gli Alpini. La l’alpino portasse penna, nappina, coccarda
diatriba si svolse in occasione degli esperi- ecc., insomma, se avessimo seguito le indimenti del Plotone Grigio nel 1906/7, esperi- cazione del Perrucchetti il nostro copricapo
menti atti a sviluppare una nuova uniforme avrebbe fattura ed ornamenti ben diversi dal
per il Regio Esercito e – conseguentemente modello attuale, approvato il 20 maggio
– un nuovo copricapo per gli alpini in sosti- 1910. Il sottoscritto tornerà a scrivere su
questo giornale un articolo commemorativo
tuzione del cappello “bombetta”: si provaroper i cento anni del nostro glorioso copricano vari cappelli (duri, molli, flosci, ecc.) e
po.
berretti in lana di varie fogge.
2. Tradotto dal norvegese in italiano:
Ecco a voi, dunque, due commenti autore- ARRIVEDERCI !
voli, uno pro berretto e l’altro pro cappello
senza “fronzoli”:
Tenente Generale Giuseppe Perrucchetti,
Torino 23.06.1907
“… Sarei solo in dubbio per dare la preferenza al cappello piuttosto che ad un berretto munito di alette da applicarsi a guisa di
soggolo. Fra la tormenta, le bufere, il nevischio io ho trovato un gran beneficio, soprattutto nella cattiva stagione a far uso di
un tale berretto, mentre è facile con una
copertina di tela, foggiata a coprinuca, di
ripararsi anche dal sole, senza avere bisogno
di due oggetti, cappello e berretto per copriEcco finalmente svelato il segreto del nuovo
capo”.
copricapo. Pesante feltro grigioverde per
Rammentiamo agli aspiranti soci aiutanti,
Tenente E. Bassignano, V Alpini, Anfo, che la norvegese della foto NON è comnon essere da meno dei fratelli alpini …
29.05.1907
presa nella confezione e NON è acquistatonata, mantenendo il più assoluto riserbo: “… Per conto mio desidererei che per noi bile a parte … NON è nemmeno il premio
c’è chi si pronuncia per il metallo “coniato ufficiali si avesse un copricapo unico, cioè il
per il primo socio aiutante
Alpin del Domm – 5
RICORDANDO MONSIGNOR ANTONIETTI
La domenica di Cristo Re 29 novembre
2009 è stata celebrata una Santa Messa per
ricordare il fondatore della Casa
dell’Orfano.
Gli Amici della Corvée e altri sono, logicamente, sempre presenti a questa cerimonia con il Gagliardetto del Gruppo Milano
Centro e portano un omaggio floreale alla
tomba di Monsignor Antonietti.
L’occasione crea motivo di un raduno tra
amici per trascorrere qualche giornata in
quella stupenda pineta, logicamente, tra i
monti della Valseriana.
Già il venerdì eravamo presenti alla Casa
per ossigenarci, aspettando gli Amici che
sarebbero arrivati nella mattinata di domenica per partecipare alla S. Messa.
Come da tradizione, logicamente, non
poteva mancare l’arte culinaria. Tra un
piatto e l’altro l’amico Silvio, buon poeta
e dicitore milanese, ha declamato una simpatica poesia:
LA CORVEE
Compagnia de grand malnatt
Poussè che passa ij ann, pousse ne fànn!
Adess ormai, che i poussè giovin
Han già desmentegàa i sessanta
Ghe basta pù el week-end!
Partissen van via, se porten dedreevia
La branda, el lenzoeul de carta
La cassoeula, i pesciòou
La verza e el sgandalin de cusina
E vegnen chì a Ponte Selva,
sta masnada meneghina,
come i fioeu d’ona volta
a recordas i amis, a faà cagnara!
Tii a vedet tout ciapàa,
Comincien tri mes prima
A met in movement
Tutta la soa manfrina.
Per la fin de Novembre, sti dannaà
G’han de vess chì, gìè nient de faà.
L’è un grand moment
L’è un grand piasè, vedèe sti ex sbarbaà
Un poeu in de per lor
Un poeu cont i mièe.
Che in stì dì chì ritournen giovin
Alegher e content
Col spirit di vint ann … come nient!
che avij voursù adottam,
fam ciapà el post del me papà
ve disi cari amis: “stì atent bagaij che
Dio permettendo, ammoò per un quei ann
Ve sarà difficil … scaregamm”
Questo appuntamento, logicamente, a
Ponte Selva resta e resterà un grande ricordo per quelli della Corvèe che per tanti
anni hanno voluto e organizzato quel rancio che è passato alla storia.
Grazie amici della vostra partecipazione a
questo raduno che ogni anno verrà riproposto, sperando alla prossima di vedervi
sempre più numerosi.
RAV., ANS., WIL
E adess, ti care l me Nodar, ti Quadratura
Ti Italo, ti Gariboldi, ti Rocco, ti Giorgio
E tutta la bella compagnia,
A V V I S I
Il Gruppo ha prenotato presso la Sezione n° 20 medaglie per l’Adunata di
Bergamo, che saranno poste in vendita
il mercoledì sera tra i Soci. In caso di
esaurimento sarà possibile rivolgersi
direttamente al banco della Sezione.
Il 7 marzo si terrà l’ASSEMBLEA Sezionale. I soci sono invitati a partecipare e, se
impossibilitati, a dare delega sul talloncino
inviato a casa dalla Sezione. Si segnala
che poiché il 3° Raggruppamento non ha
rappresentanti candidati, il terzo eletto del
1° Raggruppamento sarà assegnato al 3°
Raggruppamento.
Si segnala che in oc casione
dell’Adunata di Bergamo, il Gruppo di
Cassano organizza una camminata da
Cassano a Bergamo (25 km), con la
previsione di arrivare il venerdì contemporaneamente alla Bandiera di
Guerra. Manifestare il proprio interesse
entro il 15 marzo 2010.
Il Gruppo di Paderno Dugnano organizza per settembre un “Camino de
Compostela” di 30 giorni e 770 km.
Manifestare il proprio interesse al Capogruppo di Paderno Dugnano.
Sono state fissate le date delle “feste” sezionali:
22 e 23 maggio 2010 Cigliegiata.
6 giugno 2010 Ponte Selva
25 e 26 settembre 2010 Festa dell’Uva e
delle Mele (ex castagnata)
Per i milanesi che si spostano coi mezzi non inquinanti o pubblici:
28 febbraio 2010 al Famedio cerimonia UNIRR
28 febbraio 2010 Chiesa di S. Giuseppe commemorazione Beato don Gnocchi con coro ANA Milano.
L’angolo di Brontolo
Prossima CENA DI GRUPPO:
11 marzo 2010. Prenotarsi da Luca
Geronutti o Paul Wilcke.
6 – Alpin del Domm
Alla cena del gruppo
per gli auguri di Natale,
i soliti assenti erano
tanti
La missione ISAF in Afghanistan: una riflessione
Konrad H. Herborn è un ufficiale della Riserva dell’esercito Tedesco. Ha già scritto
un articolo per l’Alpin del Domm in occasione di un’ascensione in Adamello. Lo ringraziamo per questo nuovo scritto.
Il boato di un’esplosione, attorno a me
polvere e sporcizia. I feriti urlano il loro
dolore, in giro al veicolo colpito dalla
mina degli indigeni dai vestiti variopinti
corrono come invasati gesticolando vivacemente.
Per fortuna questo non è né Kabul né
Kundus, ma l’area addestrativa di Wildflecken, dove con tali simulazioni si
viene preparati a ciò che potrebbe succedere in Afghanistan e che in alcune regioni purtroppo è la triste quotidianità.
Mi sembra che così il tema della morte e
dell’essere feriti entri nelle Forze Armate Tedesche (Bundeswehr), pur rimanendo un argomento ambivalente, difficile,
che volentieri si rimuove.
Dopo alcuni impieghi nei Balcani credevo di avere acquisito esperienza sulle
missioni e in un certo senso di averci
fatto l’abitudine, tanto più sono rimasto
sorpreso dall’enorme quantità di misure
con cui cercavamo di garantire la sicurezza della missione. I campi base sono
di cemento e filo spinato, prima di ogni
uscita si ripetono i briefing, si cerca di
essere pronti ad ogni evenienza. Molti
commilitoni non lasciano quasi mai il
campo, ed è quindi difficile valutare
correttamente la situazione del paese ed
il sentimento della popolazione. Il mondo che si incontra dall’altra parte di un
vetro blindato rimane estraneo. Ovviamente molti di noi si chiedono cosa si
aspettino veramente da noi gli Afgani, e
cosa pensino della missione ISAF. Ho
fatto esperienza sia dell’avversione, sotto forma di lancio di sassi contro i nostri
veicoli, sia di persone che salutano con
gentilezza mostrano il pollice verso in
segno di approvazione. Purtroppo la mia
funzione non mi ha permesso nessun
contatto con il cosiddetto “uomo della
strada”. Gli interlocutori nei ministeri afgani in parte avevano un’educazione occidentale, molti avevano studiato negli USA
ed alcuni facevano trasparire il desiderio
di fare avanzare il loro Paese, di modernizzarlo e di vincere il terrorismo talebano. Per me questi incontri di servizio erano assai motivanti, anche se a causa della
differenza di cultura la traduzione in opera
dei progetti durava più che da noi. Se
l’ISAF dovesse ritirarsi adesso e i talebani
riconquistassero il potere, queste persone
impegnate e moderne sarebbero probabilmente le prime vittime.
Non mi permetto di giudicare se si possono giustificare i Caduti delle nazioni impegnate nell’ISAF, di fronte al perdurare
della corruzione e del clientelismo che
perdura in misura massiccia. Quali soldati
non abbiamo problemi nel tradurre e dare
forma ad una volontà politica. Ma, da soldato, ciò che non mi piace è non ricevere
istruzioni chiare dalla Politica, che si possano poi implementare. Oggi mi manca
una dichiarazione esplicita di dove ci debba portare questo viaggio. Si sente parlare
molto di una rete della sicurezza e di un
“desired end-state”. Tuttavia la sua traduzione lascia, secondo me, molto spazio per
dei miglioramenti. I corsi di alfabetizzazione, soprattutto per le donne, hanno
grande valore, però finché la comunità
internazionale spende molti soldi per la
politica di genere, ma mancano le infrastrutture moderne e non ci sono quasi né
corrente elettrica né acqua, sarà difficile
vincere a sé i cuori degli Afgani. Una città
con sei milioni di abitanti come è Kabul
non ha depuratori, le fogne sono quasi
assenti, l’elettricità ce l’ha chi ha i soldi
per permettersi un generatore. Da qui si
dovrebbe iniziare: dal miglioramento delle
condizioni di vita. Gli Afgani forse non
sapranno leggere le statistiche, ma sanno
dire con precisione se rispetto a qualche
anno fa oggi stanno meglio, o meno. Da
soldato si pensa ogni giorno al famoso
Sisifo: il Paese è infinitamente grande,
non ci sono quasi strade, pochi mezzi di
comunicazione,
dopo
trenta
anni
l’amministrazione e l’economia sono a
pezzi. Da dove iniziare? Il motivo di questa domanda, come si sa negli Stati Mag-
giori, deriva dalla consapevolezza che un
miglioramento delle condizioni di vita
probabilmente sottrarrebbe linfa ai talebani. In ogni uscita si vede una povertà infinita, tanto che veramente non si sa come
fare fronte a questo impegno. A ciò si
aggiunge un senso di insicurezza costante.
Ci si può abituare al lancio sporadico di
razzi, però il pensiero “vedrai che andrà
bene” non può reggere per sempre.
Anche se la maggior parte di noi non esce
in pattuglia e non è esposta agli attacchi di
tutti i giorni, ci si chiede naturalmente per
chi e perché si offrano queste vittime sacrificali. Per questo io penso si giusto e
buono se ora si parla di uno stato simile
alla guerra. Trovavo fosse giuridicamente
corretto ma vergognoso dal punto di vista
umano, che per via della clausola di guerra, nelle assicurazioni sulla vita dei soldati
si parlasse solo di missioni di stabilizzazione. Ciò poteva essere vero nei primi
anni della missione, ora non è più così.
Nel Sud, nell’Est e in parte nelle regioni a
Nord attorno a Kundus c’è la guerra. Questo si deve riconoscere con realismo e
sobrietà, come lo fanno i nostri camerati
americani. Non è appropriato sminuire o
abbellire la situazione. Ovviamente
l’ISAF può anche costruire scuole e perforare pozzi, non si deve però dimenticare
che in alcune aree si deve eliminare lo
stato di guerra prima di potersi dedicare a
tali attività. Per raggiungere ciò si deve a
volte intervenire massicciamente. Per questo sono molto infastidito quando l’ISAF è
vista come un occupante. L’azione avviene su mandato delle Nazioni Unite, e non
può esserci legittimazione più alta per un
intervento militare: su ciò vorrei che la
discussione avvenga a toni pacati e con
pragmatismo. Potremo considerare assolto
il nostro compito e ritirarci quando le forze di sicurezza afgane basteranno ad occuparsi del loro Paese. L’esercito e la polizia
debbono essere potenziati, allora potrà
funzionare. Quanto più si investisse nelle
forze armate afgane, tanto prima si potrebbe ragionare di un ritiro. Secondo me
l’Afghanistan non è ancora perduto.
Konrad Herborn
Konrad H. Herborn, OTL d.R.
Analyst, VG 22
Alpin del Domm – 7
LA GUARDIA AI MULI
Dovete sapere che sono un alpino di pianura, anzi di mare. In realtà. quando arrivai alla Scuola Allievi Ufficiali e Sottufficiali di Artiglieria (SAUSA di Foligno)
col mio bel fogliettino in mano, ero convinto di fare la naia in Artiglieria, pesante,
pesante campale o da campagna. Fu un caso e un'ispirazione del momento che mi spinse
a scegliere la specialità “da
montagna” quando un ufficiale
venne a chiedere chi voleva
offrirsi volontario: io non ero
mai stato in montagna (se non
con gite dell’oratorio) e lì per
lì decisi che avrei colmato
questa lacuna a spese dello
Stato. Bastava essere più alti
di un metro e 70, e io raggiungevo un metro e 73. Non erano
necessari altri requisiti, se non
quello, mi sembra, di essere
nati al di sopra della linea gotica (e io lo ero per un pelo, essendo spezzino).
“Ma ci sono i muli”. A sentire questa storia, non mi agitai più di tanto. Per me i
muli erano animali mai visti, che reputavo
di taglia simile agli asinelli sardi, che una
volta cavalcati ti fanno strusciare le scarpe
per terra. Immaginate lo stupore allorché
vidi spuntare un paio di orecchie d'asino
da dietro un muro alto un paio di metri.
“Ma quello è un elefante”. “Tranquillo,
devi sapere che ci sono tre categorie di
muli e quelli dell'artiglieria da
montagna sono di prima categoria; l'asino padre è uno stallone
alto m. 1,80 al garrese”.
“Bene, giovani, oltre ai turni di
guardia ordinari alla caserma e
alla polveriera, è prerogativa
dell'artiglieria da montagna
montare anche la guardia ai
muli. Si tratta di un lavoro semplice e romantico da svolgere
alle scuderie. Si fanno i soliti
turni e quando il mulo finisce di
digerire e molla il malloppo
sulla lettiera, dovete, con un
agile colpo di forcone, far rimbalzare la pallottola odorosa e prenderla al
volo con una pala. Poi riponete il tutto in
una carretta costituita da un paio di bidoni
del tipo di quelli degli spazzini (chiamata
pomposamente ‘jeep’). Quando i bidoni
sono pieni, spingete la jeep di corsa su per
una breve salita al termine della quale ne
rovescerete il profumato contenuto in un
grosso letamaio (doveva essere merce
preziosa) avendo però l'accortezza di non
cascarci dentro. All’alba avrete cura di
spargere della paglia fresca sulle lettiere
che devono essere immacolate, poiché il
8 – Alpin del Domm
colonnello comandante ama sdraiarcisi sopra (in realtà non lo ha mai fatto, non era
mica scemo). Insomma si tratta di spalare
merda per 24 ore. Al lavoro ragazzi e ricordatevi: davanti ai muli, dietro ai pezzi e
lontani dai superiori”.
Potete immaginare poi le condizioni igieniche del corpo di guardia. Per il riposo dei
turni c’erano triple colonne di letti a castello
sistemati in una puzzolente stanzetta in fondo alle scuderie, con una finestrella chiusa
da una rete lercia con impigliate alcune decine di mosche. Quando poi si smontava e si
tornava in camerata, riponevi gli scarponi
sommariamente ripuliti dentro l’armadietto
in dotazione, con il risultato di un vago odor
di merda che impregnava tutti i vestiti con
conseguenze deleterie per ogni tentativo di
avvicinare una ragazza. Insomma, già era
difficile a Foligno vedere una fanciulla che
non fosse una cassiera di bar, figuratevi poi
se, avvicinandoci, l’alone romantico che ci
circondava evocava letamai e altre scene di
serena vita dei campi.
In più, ci fecero acquistare il “Manuale del
mulattiere” (che non trovo più, chissà dove
me lo hanno nascosto) che conteneva notizie utilissime sul governo di questi animali,
sulle loro caratteristiche e le loro malattie;
in realtà due sole: la colica, che è una specie
di blocco intestinale di esito spesso mortale,
e la precipitazione da un dirupo, che non è
una malattia, ma ha ugualmente un esito
mortale. C’erano poi dei bei disegni sui fini-
menti e i relativi nomi tecnici, per non
parlare delle parti del corpo del quadrupede (garrese, groppa, ecc.) e delle sue abitudini. Tutte notizie da mandare a mente e
che ho dimenticato, tranne l’affascinante
comando “mollare le braghe e tirare i pettorali”, se si andava in salita, e viceversa
se si andava in discesa. Ricordo anche che
si doveva far scivolare il basto
dal capo verso la coda per lisciare
il pelo, prima di legarlo con un
nodo particolare, detto nodo del
mulattiere, che si poteva sciogliere con un semplice strappo. Il
mulo infatti, che non è un asino,
ama scansare le fatiche più gravose e si butta per terra per essere
liberato dal carico (guai a farlo
rialzare senza averlo prima scaricato!), ma si butta sempre dalla
parte giusta, cioè col nodo verso
l’alto, in modo che possa essere
sciolto facilmente. Tenere presente, infine, che il mulo quando
viene imbastato gonfia la pancia
non amando corregge troppo strette (che
invece sono indispensabili per non far
muovere il basto ed evitare fiaccature).
Perciò si deve stringere la correggia una
prima volta, poi quando il mulo non se
l'aspetta, tirargli una ginocchiata in pancia
e dare un ulteriore stretta a tradimento.
Così erudito sul governo dei muli, iniziai i
miei turni di guardia. Non era poi così
dura. In fondo si stava presso le scuderie a
studiare le librette o a chiacchierare con i
commilitoni. La menata era la notte.
Col passare del tempo e il maturare
dell'esperienza, mi resi conto che i
muli, che mangiavano e bevevano
tutti alla stessa ora, cagavano più o
meno alla stessa ora dando però un
breve preavviso che consisteva nel
sollevare la coda. Escogitai così un
marchingegno che mi consentiva
di tenere le lettiere pulitissime per
il colonnello: una latta vuota da
cinque chili di pomodori pelati
legata ad un bastone. Appena un
mulo sollevava la coda, mi precipitavo con il mio recipiente e raccoglievo la pallottola al volo, senza
neanche farla arrivare sulla lettiera.
Insomma, a ripensarci, mi sembra incredibile: ero tormentato da una selva di grosse
natiche e di code rialzate che mi facevano
correre qua e là come un deficiente con
quella fetente pentolaccia. E questo per un
paio d’ore e più volte al giorno e più volte
alla settimana. Per forza mi ricordo ancora
i nomi di quegli adorabili animali padroni
di quelle code rialzate: il paziente Sipo, il
focoso Vulcano, il catarroso (aveva la
tosse) Zanzarone, la gigantesca Velina, e
poi Ettolitro (nome evocativo), Lario e
altri compagni di nottate indimenticabili.
Vittorio Riccio