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ASPETTI DELLA SICUREZZA SOCIALE
Modelli relativi
a un reditto minimo garantito
Ripercussioni sociopolitiche ed economiche
Rapporto die ricerca n° 15/03
Nella sua collana „Aspetti della sicurezza
sociale“, l’Ufficio federale per le assicurazioni
sociali pubblica studi e risultati di ricerche su
temi di attualità nel settore della sicurezza
sociale, rendendoli così accessibili ad un ampio
pubblico ed offrendo al contempo materia di dibattito
e riflessione. Le analisi offerte non
riflettono necessariamente le opinioni
dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali.
Autore: Heidi Stutz, Tobias Bauer
Büro für Arbeits- und sozialpolitische Studien
BASS
Konsumstrasse 20
3007 Bern
Tel. +41 (0)31 380 60 80
[email protected]
Informazioni: Géraldine Luisier Rurangirwa
Ufficio federale delle assicurazioni sociali
Effingerstrasse 20
3003 Berna
Tel. 031 322 42 31
Fax 031 322 78 80
E-mail: [email protected]
ISBN: 3-905340-78-X
Copyright: Ufficio federale delle assicurazioni sociali
Ch-3003 Berna
La riproduzione limitata è ammessa a condizione che non se
ne faccia uso commerciale e se ne citi la fonte, allegando un
esemplare giustificativo, all’Ufficio federale delle
assicurazioni sociali.
Distribuzione: UFCL, Distribuzione pubblicazioni, CH-3003 Berna
www.ufcl.admin.ch/bundespublikationen
Nodi ordinazione: 318.010.15/03 i 5.03 110
Modelli di reddito minimo garantito
Ripercussioni sociopolitiche ed economiche
Ricerca bibliografica commissionata dall’Ufficio federale delle assicurazioni sociali
Heidi Stutz, Tobias Bauer
Berna, febbraio 2002
BASS
BÜRO FÜR ARBEITS- UND SOZIALPOLITISCHE STUDIEN
TOBIAS BAUER, DR.ÈS SC.ÉC. . STEFAN SPYCHER, DR. . KILIAN KÜNZI, LIC.PHIL.HIST.
KONSUMSTRASSE 20 . CH-3007 BERN . TEL +41 (0)31 380 60 80 . FAX +41 (0)31 398 33 63 . [email protected] .
WWW.BUEROBASS.CH
Prefazione dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali
Nel termine generico di reddito minimo garantito (RMG) sono compresi modelli di protezione sociale molto diversi, sia dal punto di vista della forma sia da quello degli obiettivi. Numerosi studi teorici e alcune esperienze pratiche alimentano da decenni il dibattito
sull’RMG. Così, la risposta fornita al postulato Reddito minimo vitale, inoltrato dalla Commissione speciale del Consiglio nazionale « Programma di legislatura 1999-2003 », presuppone che venga definita una tipologia dei sistemi e che vengano analizzati i lavori già
realizzati in merito.
In risposta al postulato, l’UFAS ha fatto aggiornare e completare un precedente studio bibliografico sui modelli di reddito minimo garantito. Il presente rapporto offre un esame
completo delle forme di RMG e dei loro effetti, segnatamente in termini d’efficacia nella lotta contro la povertà, di efficienza e di ripartizione del lavoro e dei redditi.
Géraldine Luisier Rurangirwa
UFAS, Settore Ricerca e sviluppo
i
Foreword by the Federal Social Insurance Office (OFAS)
The generic term “guaranteed minimum income” (GMI) covers a wide range of social protection
models, the form they take and their aims. For many years, theoretical studies and empirical
evidence have fuelled the GMI debate. Thus, the response to the motion entitled “Guaranteeing a
Basic Minimum Income” put forward by the Swiss National Council’s special “1999-2003 legislative
planning” commission presupposes the classification of the different GMI schemes and an analysis
of existing work in this area.
In response to this motion, the OFAS has updated and completed an earlier literature survey on
guaranteed minimum income. The present report provides a comprehensive examination of the
different forms of GMI and their effects on combating poverty, on economic efficiency, and on
employment and income distribution.
Géraldine Luisier Rurangirwa
OFAS, Research and Development Section
The study is available in German, French and Italian.
iii
Indice
Prefazione dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali
i
Foreword
iii
Indice
v
Riassunto
vii
Summary
xi
1
Introduzione
1
2
Termini utilizzati
4
3
Panoramica sulle questioni legate al reddito minimo garantito
10
3.1
Sunto del dibattito sul RMG
10
3.2
Questioni relative al reddito minimo garantito
15
3.3
Metodi
18
4
I principali modelli e le relative discussioni
20
4.1
Imposta negativa sul reddito
4.1.1
Discussione internazionale
4.1.2
Discussione in Svizzera
20
22
23
4.2
Crediti fiscali
4.2.1
Discussione internazionale
4.2.2
Discussione in Svizzera
24
28
29
4.3
Sovvenzioni salariali
4.3.1
Discussione internazionale
4.3.2
Discussione in Svizzera
30
32
33
4.4
Dividendo sociale
4.4.1
Discussione internazionale
4.4.2
Discussione in Svizzera
34
36
37
4.5
Sicurezza di base orientata sul fabbisogno
4.5.1
Discussione in Germania
4.5.2
Discussione in Svizzera
38
39
40
4.6
Reddito minimo reintegrativo
4.6.1
Discussione in Francia
4.6.2
Discussione ed esperienze in Svizzera
45
46
47
5
Le problematiche più importanti
51
5.1
Ripercussioni del reddito minimo garantito sulla povertà (efficacia)
5.1.1
Problematiche
5.1.2
Risultati
5.1.3
Valutazione e prospettive
51
51
51
54
v
Reddito minimo garantito
5.2
Ripercussioni di un reddito minimo garantito sull’efficienza della sicurezza sociale
5.2.1
Problematiche
5.2.2
Risultati
5.2.3
Valutazione e prospettive
55
55
55
58
5.3
Ripercussioni di un reddito minimo garantito sull’occupazione
5.3.1
Problematica
5.3.2
Risultati
5.3.3
Valutazione e prospettive
58
58
59
63
5.4
Ridistribuzione del reddito e del lavoro
5.4.1
Problematica
5.4.2
Risultati
5.4.3
Valutazione e prospettive
63
63
64
68
5.5
Ulteriori mutamenti comportamentali indotti da un reddito minimo garantito
5.5.1
Problematiche
5.5.2
Risultati
5.5.3
Valutazione e prospettive
69
69
69
71
5.6
Ripercussioni macroeconomiche di un reddito minimo garantito
5.6.1
Problematiche
5.6.2
Risultati
5.6.3
Valutazione e prospettive
71
71
71
73
5.7
Ammontare del RMG e finanziabilità
5.7.1
Problematiche
5.7.2
Risultati
5.7.3
Valutazione e prospettive
73
73
73
75
5.8
Compatibilità con il contesto più ampio
5.8.1
Problematiche
5.8.2
Risultati
5.8.3
Valutazione e prospettive
75
75
75
77
6
Aspetti comuni, divergenze e questioni aperte
78
7
Elenco bibliografico commentato
81
7.1
Monografie
81
7.2
Panoramiche
101
7.3
Miscellanee e contributi in volumi miscellanei
104
7.4
Articoli apparsi su riviste
112
8
Elenco bibliografico non commentato
127
8.1
Fonti d’informazioni su Internet
127
8.2
Progetti di ricerca in corso in Svizzera
127
8.3
Letteratura successiva al 1995
127
8.4
Letteratura fino al 1995
137
vi
Reddito minimo garantito
Riassunto
Nel giugno 2000 il Consiglio nazionale ha
accolto, sotto forma di postulato, una mozione sulle linee direttive presentata dalla
sua commissione speciale «Programma di
legislatura 1999-2003» concernente un
reddito di base atto a garantire l’esistenza.
L’intervento parlamentare sollecitava un
rapporto che presentasse le ripercussioni
sociali ed economiche di diversi modelli di
un reddito di base atto a garantire l’esistenza e illustrasse in che misura questi
modelli fossero idonei a far fronte alle crescenti disparità riscontrabili nella società.
Poiché una ricerca bibliografica dello Studio BASS (Büro für arbeits- und sozialpolitische Studien) del 1995 adempiva già
gran parte delle richieste del postulato,
l’Ufficio federale delle assicurazioni sociali
ha ritenuto sufficiente un suo aggiornamento e completamento. Oltre alla letteratura più recente, si è in generale tenuto
conto dei nuovi sviluppi e modelli nonché
delle esperienze fatte negli ultimi anni
all’estero e in Svizzera. Un’attenzione particolare è stata riservata agli effetti di distribuzione. La ricerca del 1995 comprendeva poco meno di un centinaio di pubblicazioni. Con la presente rielaborazione se
ne sono aggiunte altrettante.
Tenuto conto della povertà persistente e
dei problemi cronici di finanziamento da
parte dello Stato sociale, la maggior parte
delle pubblicazioni concorda nel diagnosticare l’insufficienza dei sistemi tradizionali della sicurezza sociale e nel riconoscere nelle forme di reddito minimo garantito (RMG) una possibilità di migliorare
l’effettività e l’efficienza della sicurezza
sociale. È praticamente indiscussa anche
la conflittualità tra l’ammontare del RMG e
gli incentivi al lavoro, da un lato, e la finanziabilità di un programma RMG,
Riassunto
dall’altro. Negli ultimi anni, gli effetti occupazionali sono divenuti un argomento im portante sia dal punto di vista dell’offerta
che da quello della domanda (si pensi ad
esempio alla disoccupazione e ai working
poor). Anche una flessibilizzazione delle
condizioni di lavoro è generalmente ritenuta imprescindibile. A questo riguardo si
pone il problema di come la flessibilità
possa essere assicurata a livello sociale
(nozione di “flexicurity”).
Lo studio non è strutturato in funzione delle singole pubblicazioni, bensì secondo i
modelli e le problematiche principali. Per
ciascuno di questi modelli e problematiche
vengono presentati i risultati di diverse
pubblicazioni. Allo scopo di consentire un
accesso alla materia anche mediante singole pubblicazioni, è stato allegato un elenco bibliografico commentato.
In un primo momento, le problematiche
sono presentate in forma compendiata.
Da ciò si evince che già i citati problemi
iniziali sono molto eterogenei, il che si
ripercuote sugli obiettivi che si intendono
raggiungere per mezzo di un RMG. Quali
modelli più importanti vengono quindi
presentati nel dettaglio l’imposta negativa
sul reddito (INR), i crediti fiscali, le sovvenzioni salariali, il dividendo sociale
(spesso indicato nella letteratura con il
termine inglese „basic income“), la sicurezza di base orientata sul fabbisogno e il
reddito minimo reintegrativo (sul modello
del RMI francese). Per ogni modello ci si
sofferma anche sulle discussioni e le esperienze fatte in Svizzera e all’estero.
Mentre i modelli dell’INR e di un dividendo
sociale versato incondizionatamente, entrambi a suo tempo oggetto delle più vivaci discussioni, non sono stati realizzati in
alcun Paese come strumenti di sicurezza
di base, i crediti fiscali (che sono affini
all’INR) hanno goduto di una crescente
vii
Riassunto
popolarità nei Paesi angloamericani, mentre molti Paesi membri dell’UE e la Svizzera hanno finora attuato piuttosto elementi della sicurezza di base orientata sul
fabbisogno e del reddito minimo reintegrativo.
Un altro aspetto prioritario è costituito dalla valutazione di diversi modelli con
l’ausilio dei seguenti criteri: efficacia nella
riduzione della povertà (effettività), raggiungimento economico dell’obiettivo (efficienza), ripercussioni sul mercato del lavoro, ripercussioni sulla ripartizione del
lavoro e dei redditi, altri mutamenti comportamentali, effetti macroeconomici, ammontare del RMG, finanziabilità e compatibilità con il sistema fiscale e sociale.
In questa valutazione è rispecchiato costantemente il conflitto fondamentale tra la
lotta alla povertà e il mantenimento degli
incentivi al lavoro. Alcuni degli autori studiati definiscono addirittura legge ferrea il
fatto che i programmi che finanziano uno
standard di vita sufficiente implicano un
incentivo negativo per il lavoro. Il dilemma
può essere acuito al punto che un Paese
si trova a dover scegliere tra tassi di disoccupazione elevati e tassi di working
poor elevati. Stando alle ricerche più recenti, l’ipotesi secondo cui con opportuni
incentivi al lavoro sarebbe possibile integrare molti bisognosi nel mercato del lavoro si è inoltre rivelata sbagliata. È difficile
pensare che qualcuno scelga di propria
volontà di vivere al minimo esistenziale.
Quale ulteriore risultato si può dire che, in
sede di attuazione, per la maggior parte le
proposte di riforma non si rivelano più economiche rispetto all’assistenza sociale
tradizionale se non abbassano il livello
delle prestazioni. Questo dato di fatto induce lo studioso americano Solow, premio
Nobel per l’economia, a concludere nel
suo studio sulla riforma americana “Welfa-
viii
Reddito minimo garantito
re-to-Work” che la Nazione si è illusa: non
esistono soluzioni economiche nella sicurezza di base.
Una tendenza più recente vede già realizzato il reddito minimo garantito nell’attuale
assistenza sociale in Svizzera, adducendo
come motivazione che il diritto alla sicurezza esistenziale nelle situazioni d’emergenza è ora sancito, dal 1999, dalla nuova
Costituzione federale. Questa argomentazione sorvola sul fatto che soltanto la metà circa degli aventi diritto ricorre
all’assistenza sociale, in quanto la stigmatizzazione, il ricorso a parenti più agiati e
l’obbligo di restituzione rappresentano in
molti luoghi «barriere arcaiche», come le
definisce
criticamente
l’OCSE
in
un’indagine condotta nel 1999.
Tuttavia, non vi è nemmeno un modello
RMG, tra quelli esaminati, che si offra
quale ricetta infallibile. Ciascuno di essi
presenta vantaggi e svantaggi specifici:
l’imposta negativa sul reddito ha il vantaggio, grazie al versamento automatico,
di raggiungere anche i bisognosi che vivono in povertà latente. Essa non prevede
tuttavia alcun aiuto all’integrazione. Inoltre
o mantiene gli incentivi al lavoro o assicura il minimo vitale, ma per motivi finanziari
non è in grado di offrire contemporaneamente le due cose. Per tutti questi motivi,
contrariamente a un mito assai diffuso,
allo stesso livello di prestazioni una INR
non è più economica dell’assistenza sociale tradizionale.
I crediti fiscali permettono di ridurre, in
modo mirato e senza grande dispendio, la
povertà nelle persone con reddito modesto. Nel caso dei redditi molto bassi, tuttavia, l’aiuto risulta spesso minimo e non
garantisce l’esistenza. È dimostrato che il
programma più grande, l’«Earned Income
Tax Credit» (EITC) americano, ha aumentato anche il tasso di occupazione tra i
Reddito minimo garantito
beneficiari di prestazioni assistenziali, ma
per la maggior parte si tratta di madri con
scarse qualifiche professionali che educano da sole i propri figli, le quali sono state
spinte in condizioni di lavoro precarie in
seguito alla riforma parallela “Welfare-toWork”. Questo risultato non può quindi
essere generalizzato.
Le sovvenzioni salariali raggiungono in
maniera mirata le persone con salari bassi. Se sono legate a quote salariali, non
garantiscono l’esistenza, ma aumentano
proporzionalmente all’incremento del salario. E ciò indipendentemente dal fatto che
una persona viva o no in un’economia
domestica povera. Chi non esercita
un’attività lucrativa è del tutto escluso dalle sovvenzioni salariali. Vi è inoltre il pericolo che la pressione salariale dovuta alla
promozione del settore dei salari bassi
renda bisognosi nuovi gruppi con redditi
modesti.
Solo i Paesi ricchi possono permettersi,
aprioristicamente, un dividendo sociale
generale. Grazie al fatto che verrebbe versato in maniera incondizionata, anche il
dividendo sociale raggiungerebbe le
persone che vivono in povertà latente; e
oltretutto, contrariamente all’INR, esplicherebbe i suoi effetti già prima del conteggio fiscale. Se il dividendo sociale deve
garantire il minimo esistenziale, il volume
di ridistribuzione diviene sproporzionatamente elevato. Se non copre il minimo
esistenziale, non apporta un granché. Sarebbero presumibilmente proprio i più bisognosi a vedere peggiorare la propria
situazione rispetto ad oggi. A livello politico, un reddito di base incondizionato sarebbe praticamente irrealizzabile, in quanto contrasterebbe con la corrente norma
di reciprocità. La situazione si presenta
leggermente diversa per quanto concerne
le prestazioni universali per determinati
Riassunto
gruppi target, quali ad esempio gli assegni
per figli.
In Svizzera sono già stati fatti esperimenti
con riforme del tipo della sicurezza di
base orientata sul fabbisogno e del
reddito minimo reintegrativo. In questo
contesto hanno assunto una funzione pionieristica i Cantoni romandi e il Ticino, ma
anche alcune città della Svizzera tedesca.
Dal momento che nelle riforme nostrane i
modelli orientati sul fabbisogno sono quasi sempre stati vincolati al principio della
controprestazione, queste due strategie
convergono in ampia misura. Entrambe
consentono in modo generalizzato, con un
onere finanziario modesto, di garantire il
minimo esistenziale. Per entrambi i modelli la sfida consiste nel ridurre la povertà
latente, ossia nel raggiungere quei bisognosi che, pur avendovi diritto, non fanno
capo all’assistenza.
Come emerge dalle sempre più numerose
esperienze, tutti i modelli di base per la
realizzazione di un reddito minimo garantito comportano quindi difficoltà specifiche,
dilemmi e effetti collaterali indesiderati.
Per ciascun modello risulta determinante
lo specifico assetto concreto. Da parecchio tempo, ormai, anche gli studiosi del
problema hanno abbandonato la ricerca di
soluzioni di tipo manicheo, investendo
sempre più i loro sforzi nell’individuare la
commistione di modelli che possa esplicare effetti ottimali.
Alla fine della presente ricerca bibliografica, ampio spazio è dedicato a due elenchi
bibliografici, di cui uno commentato. Questa bibliografia, che rimanda anche a siti
Internet e progetti di ricerca in corso, permette di approfondire autonomamente
l’argomento servendosi di singole pubblicazioni.
ix
Guaranteed minimum income
Summary
In June 2000 the Swiss National Council
submitted to the Federal Council a motion
of its special “1999-2003 legislative planning” commission concerning a basic income guarantee in the form of a postulate. A report was demanded on the social and economic effects of different
minimum income guarantee models and
on the extent to which these models
could serve to counter growing social
inequalities.
Since a 1995 literature review by BASS
(Büro für arbeits- und sozialpolitische
Studien) covered most of this ground, the
Federal Office for Social Insurance decided that rather than commission a new
report, it would be sufficient to update and
complete the above study. In addition to
updating the literature survey, the new
report covers theoretical extensions, new
models and recent empirical evidence
from Switzerland and abroad, focusing
mainly on distributional effects. The 1995
research reviewed 100 publications; the
revised work looks at twice as many.
Most sources agree that, given continued
poverty and the financial problems of the
welfare state, traditional social insurance
systems are inadequate, and that forms
of guaranteed minimum income (GMI)
systems are an opportunity to improve
the effectiveness and efficiency of basic
social security. The study highlights, on
the one hand, the trade-off between the
level of a GMI and work incentives, and,
on the other hand, the affordability of a
GMI programme. In the last few years,
attention has shifted to the effects on the
demand and supply sides of the labour
market (key issues: unemployment, working poor), and there have been growing
calls for more flexible working conditions.
Summary
But are flexibility and guaranteed social
security mutually exclusive (key word:
Flexicurity)?
The study is structured not according to
individual publications, but according to
the most important models and issues,
and it reports the principal published results. An annotated bibliography is provided to facilitate direct access to individual publications.
An overview of the issues shows that the
initial problems are extremely heterogeneous, which has a bearing on the aims
of a GMI programme. The report closely
looks at the most important models:
negative income tax (NIT), tax credits,
wage subsidies, basic income, meanstested basic social security as well as social/occupational integration minimum income (along the lines of the French RMI).
Each model is examined and relevant
practical experiences in Switzerland and
abroad are discussed.
Previously, the most widely debated
model was the NIT and an unconditional
basic income guarantee, which to date no
country has adopted as basic social security instruments. However, tax credits (related to NIT) have become increasingly
popular in Britain and America, while
many EU countries and Switzerland have
opted for elements of means-tested basic
social security and social/occupational
integration minimum income.
A further focus of the literature review is
the evaluation of different models, based
on the following criteria: effectiveness in
reducing poverty, cost-effective target achievement (efficiency), effects on the
labour market, the distribution of employment and income, other market reactions, macroeconomic effects, the level of
GMI and its affordability, as well as com-
xi
Summary
patibility with tax and social security systems.
This assessment generally reflects the
underlying conflict between combating
poverty and maintaining work incentives.
Some authors claim that programmes
which provide an adequate standard of
living do not necessarily reduce the n
icentive to work. This implies a trade-off
according to which a country has to decide between high unemployment and
high numbers of working poor. Recent
research refutes the assumption that, with
the necessary work incentives, many of
the needy can be integrated in the job
market. Almost no one freely chooses a
life on the poverty line.
The latest findings reveal that if benefit
levels were not lowered, most proposed
reforms would prove no cheaper than traditional social welfare. The American economist and Nobel prizewinner Robert
Solow concluded in a study on US welfare-to-work reform that the American
experience proved that there are no
cheap alternatives to basic social security.
One recent tendency has been to treat
existing social welfare in Switzerland as a
Guaranteed Minimum Income system, on
the grounds that since 1999 the Federal
Constitution enshrines a right to a subsistence income for the needy. This overlooks the fact that social welfare is only
claimed by around half of the eligible
population. Stigmatisation, financial help
from family and the repayment obligation
represent “archaic entry barriers” for
many; the OECD has already criticised
this situation in its 1999 study.
None of the GMI reform models offers a
magic solution. All have their specific advantages and disadvantages. Thanks to
automatic payout, the Negative Income
Tax can reach the hidden poor. However,
xii
Guaranteed minimum income
it contains no integration assistance. It
also faces the inherent dilemma (due to
inevitable financial constraints) of either
maintaining work incentives or guaranteeing the subsistence minimum. Therefore,
contrary to widely held belief, an NIT is no
cheaper than traditional social welfare, if
the benefit levels remain the same.
Tax credits offer cost-effective targeted
poverty reduction among the low paid. In
the case of very low incomes, however,
the benefits tend to be smallest and often
do not meet subsistence levels. The biggest programme, the American “Earned
Income Tax Credit” (EITC), has clearly
raised employment levels among transfer
recipients, who are largely poorly qualified single mothers, who against the
backdrop of the parallel Welfare-to-Work
reform, were pushed into precarious
working conditions. Hence, this result
cannot be generalised.
Wage subsidies reach the target group of
the low paid. Although linked to pay levels, they do not guarantee subsistence,
but increase commensurate with earnings
regardless of whether the recipient lives
in a poor household or not. The unemployed do not receive wage subsidies.
The danger is that as a result of the removal of wage pressure, the low wage
sector will expand and create new needy
low-income groups.
A general social dividend is only feasible
in rich countries. It would reach the hidden poor through its unconditional benefits, and this not only after the filing of tax
forms, as in the case of the NIT. If a social dividend were to guarantee a minimum subsistence income, the redistribution cost, however, would be prohibitively
high. If it does not aim to guarantee minimum cover, it is not much use. The
most destitute would probably then be in
Guaranteed minimum income
Summary
an even worse position than they are today. Politically, it would be difficult to introduce an unconditional basic income
because it runs against current reciprocity
norms. The situation is different for universal benefits for certain target groups,
such as children’s allowances.
Switzerland has already experimented
with reforming means-tested basic social
security and social/occupational integration minimum income. The cantons in
West Switzerland, as well as Ticino and
some Swiss German cities have led the
way. Since means-tested models were
mostly linked to the counter-contribution
principle in these reforms, both these
strategies converge to a great degree.
With reasonable financial resources, both
models generally guarantee a subsistence minimum. Both attempt to reduce
hidden poverty and to reach every person
in need.
As experience shows, all basic models for
a minimum income guarantee have specific difficulties, dilemmas and undesired
side effects. It turns out that the decisive
factor is how they are implemented in
practice. Rather the discussion has shifted to finding an optimal combination of
the various available models.
At the end of this literature survey are annotated and simple bibliographies, both of
which are extensive. They also list internet addresses and current research projects. This should facilitate better access
to relevant individual publications on this
subject.
xiii
Reddito minimo garantito
1 Introduzione
1 Introduzione
Mandato
Nel 1995 lo Studio BASS, su incarico dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali
(UFAS), ha elaborato una ricerca bibliografica sui modelli relativi a un reddito minimo garantito. 1 Nel giugno del 2000, il Consiglio nazionale ha accolto, sotto forma di postulato, la
mozione 00.16 del 29 maggio 2000, presentata dalla sua Commissione della sicurezza sociale e della sanità. Questo intervento parlamentare sollecitava un rapporto che presentasse le ripercussioni sociali ed economiche di diversi modelli relativi a un reddito di base atto
a garantire l’esistenza (imposta negativa sul reddito, reddito minimo garantito RMG, prestazioni complementari intese a garantire l’esistenza ecc.) e illustrasse in che misura tali
modelli fossero idonei a far fronte alle crescenti disparità riscontrabili nella società.
Poiché la ricerca bibliografica dello Studio BASS del 1995 adempiva già gran parte delle
richieste del postulato, l’UFAS ha ritenuto sufficiente un suo aggiornamento e completamento. In concreto si è trattato di:
n integrarvi la letteratura più recente (pubblicazioni apparse dopo il 1995);
n descrivere i nuovi modelli teorici e in che modo sono stati sviluppati i modelli già noti, in
particolare per quanto riguarda le prestazioni supplementari destinate a gruppi di persone
(prestazioni complementari per famiglie ecc.);
n valutare le esperienze fatte con i modelli attuati nella prassi (p. es. sistemi cantonali relativi al reddito minimo);
n fare il punto della situazione per quanto riguarda la discussione sul reddito minimo garantito in Svizzera e all’estero (spostamento delle priorità con il mutare della situazione
congiunturale ecc.);
n aggiornare e completare l’analisi dei modelli già presentati nel 1995 (in particolare considerando maggiormente la letteratura in lingua francese) privilegiando specialmente gli effetti di ridistribuzione (lotta alle crescenti disparità di reddito).
Letteratura analizzata
Ai fini della presente ricerca si è fatto ricorso soprattutto alle seguenti raccolte di documenti:
n SIDOS, Servizio svizzero d‘informazione e archiviazione di dati per le scienze sociali, e
relativi link internazionali
n Institut für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung (IAB) della Bundesanstalt für Arbeit (mandato di ricerca)
n Biblioteca dell’International Labour Office (ILO) a Ginevra (mandato di ricerca nella banca dati LABORDOC)
n MISSOC, Mutual Information System on Social Protection in the EU Member States and
the EEA
n EconLit, Journal of Economic Literature, su CD-ROM
n Social Sciences Citation Index (SSCI), su CD-ROM
1
Bauer, Tobias (1995): Literaturrecherche: Modelle zu einem garantierten Mindesteinkommen. Bern, BSV, Forschungsbericht No. 2/95.
1
1 Introduzione
Reddito minimo garantito
n Sociological Abstracts, su CD-ROM
n Mediante accesso Internet alle principali biblioteche, in particolare IDS Berna/Basilea,
IDS Università di Zurigo, NEBIS (Biblioteca centrale di Zurigo, Biblioteca del Politecnico
federale di Zurigo) e RERO (Réseau Romand)
n Mediante motore di ricerca (Google) in Internet
n Diversi siti Internet, p. es. Banca mondiale, OCSE, Commissione europea, BIEN (Basic
Income European Network)
In generale si è tenuto conto dei contributi pubblicati dal 1980 in poi. In alcuni casi abbiamo
considerato contributi precedenti che risultano interessanti in particolare per il compendio
storico. La nostra attenzione è rivolta alla letteratura scientifica. Tuttavia, visto che la questione del reddito minimo garantito interessa fortemente anche la discussione (socio)politica, non è sempre facile distinguere tra pubblicazioni scientifiche e pubblicazioni
d’attualità politica.
Principali punti comuni e divergenze
La ricerca del 1995 comprendeva poco meno di un centinaio di pubblicazioni. Con la presente rielaborazione se ne sono aggiunte altrettante. Tenuto conto della povertà persistente e dei problemi cronici di finanziamento da parte dello Stato sociale, la maggior parte delle pubblicazioni concorda nel diagnosticare l’insufficienza dei sistemi tradizionali della sicurezza sociale e nel riconoscere nelle diverse forme di reddito minimo garantito una possibilità di migliorare l’effettività e l’efficienza della sicurezza sociale. È praticamente indiscussa
anche la conflittualità tra l’ammontare del RMG e gli incentivi al lavoro, da un lato, e la finanziabilità di un programma RMG, dall’altro.
Negli ultimi anni, il ruolo del mercato del lavoro è divenuto un argomento sensibilmente più
importante, il che non stupisce affatto se solo si pensa alla crescente disoccupazione e alle
percentuali sempre più elevate di working poor. Considerato l’acuirsi della pressione concorrenziale in seguito all’integrazione europea e alla globalizzazione, è generalmente ritenuto imprescindibile flessibilizzare le condizioni di lavoro. A questo riguardo si pone il problema di come la flessibilità possa essere assicurata a livello sociale (nozione di “flexicurity”).
I modelli proposti presentano enormi divergenze quanto al loro assetto. Tali divergenze si
spiegano da un lato con le ambizioni intimamente differenti perseguite con i singoli modelli
e che vanno dalla soluzione neutra, dal punto di vista del mercato, del problema della povertà alla trasformazione radicale dell’attuale società del lavoro. Dall’altro lato, l’ampio ventaglio è anche dovuto al fatto che gli effetti esplicati dalle diverse forme di reddito minimo
garantito non sono ancora stati sufficientemente chiariti, nonostante l’intensa ricerca a livello teorico ed empirico.
Fino ad oggi, nessuna delle proposte di riforma si è affermata come ricetta infallibile. Tutte
comportano, come emerge dalle sempre più numerose esperienze, difficoltà specifiche,
dilemmi ed effetti collaterali indesiderati. Da parecchio tempo, ormai, anche gli studiosi del
problema hanno abbandonato la ricerca di soluzioni di tipo manicheo, investendo sempre
più i loro sforzi nell’individuare la commistione di modelli che possa esplicare effetti ottimali.
2
Reddito minimo garantito
1 Introduzione
Struttura dello studio
Lo studio non è strutturato in funzione delle singole pubblicazioni, bensì secondo i modelli
e le problematiche principali. Per ciascuno di questi modelli e problematiche vengono presentati i risultati di diverse pubblicazioni. Allo scopo di consentire un accesso alla materia
anche mediante singole pubblicazioni, sono stati allegati due elenchi bibliografici, di cui uno
commentato.
Entrando nei particolari, lo studio è strutturato nel modo illustrato qui di seguito. Nel capitolo 2 sono definiti i principali termini utilizzati. Le questioni alla base della ricerca sono compendiate nel capitolo 3. La panoramica bibliografica sui principali modelli RMG è affidata al
capitolo 4, quella sulle principali questioni al capitolo 5. Nel capitolo 6 sono riassunti i punti
comuni, le divergenze e le questioni insolute che sono emersi dalla ricerca bibliografica. Il
capitolo 7 presenta una bibliografia commentata, strutturata secondo i tipi di pubblicazione.
Nel capitolo 8, infine, sono elencate in ordine alfabetico, senza commento, le pubblicazioni
di cui si è tenuto conto (con rinvii a fonti d’informazione su Internet e a progetti di ricerca in
corso).
3
2 Termini utilizzati
Reddito minimo garantito
2 Termini utilizzati
Nell’ambito della discussione sui modelli di reddito minimo garantito, i diversi termini vengono utilizzati in modo abbastanza divergente. Qui di seguito forniamo quindi una definizione dei principali termini utilizzati nell’illustrare la ricerca bibliografica. 2
n Reddito autonomo
Sinonimo: reddito primario
Per reddito autonomo si intende il reddito proprio di una persona conseguito dal processo
economico (dal lavoro e dalla sostanza). Corrisponde al reddito quale si presenta prima dei
provvedimenti di ridistribuzione statali.
n Sicurezza di base orientata sul fabbisogno
La sicurezza di base orientata sul fabbisogno consta di due elementi. Da una parte, essa
comprende l’inserimento di una garanzia esistenziale minima nel sistema vigente delle assicurazioni sociali (potenziamento delle prestazioni delle assicurazioni sociali fino a raggiungere il minimo esistenziale e/o garanzia di base supplementare destinata a colmare le
lacune tra le assicurazioni sociali). In questo contesto, il principale criterio di prestazione è
costituito dal fabbisogno. Dall’altra parte, essa comprende una riforma dell’assistenza sociale quale viene delineata sotto la nozione di «assistenza sociale intesa a garantire il fabbisogno di base » (vedi sotto).
n Flexicurity
Questo termine, coniato nei Paesi Bassi, ingloba misure di riforma che tentano di assicurare dal punto di vista sociale sia i modi di vita divenuti molteplici sia le condizioni di lavoro
sempre più elastiche. Una simile riforma implica uno sganciamento, almeno parziale, della
sicurezza sociale dal lavoro retribuito. Tendenzialmente essa sostituisce anche sistemi di
sicurezza causali (l’assicurazione contro la disoccupazione paga in caso di disoccupazione, l’assicurazione per la maternità paga in caso di maternità ecc.) con sistemi finalizzati, il
che significa che il fabbisogno dimostrato di prestazioni sociali diviene il criterio di prestazione determinante.
n Reddito minimo garantito (RMG)
Sinonimo: reddito di base inteso a garantire l’esistenza
Inglese: minimum income guarantee
Questo termine riassume tutte le prestazioni statali volte a garantire l’esistenza, il diritto alle
quali sussiste senza previo versamento di premi. Questo diritto può esistere per tutta la
popolazione o per parti di essa. Il reddito minimo garantito può essere complementare al
sistema delle assicurazioni sociali oppure prenderne il posto.
n Modelli di controprestazione
Numerosi modelli di riforma della sicurezza sociale di base prevedono controprestazioni
dei beneficiari di prestazioni assistenziali. Lo scopo è quello di evitare la cosiddetta “trappola della povertà”, vale a dire situazioni di povertà e dipendenza permanenti, dalle quali le
2
A questo proposito differenziamo le diverse sfaccettature del reddito minimo garantito soltanto nella misura in cui ciò appaia necessario ai fini del presente lavoro. Per una strutturazione molto più differenziata si veda Parker (1993).
4
Reddito minimo garantito
2 Termini utilizzati
persone colpite non riescono più a liberarsi. In questo contesto si individuano due tendenze: da una parte si può porre l’accento sull’integrazione degli emarginati e puntare su uno
stato sociale attivo, come prevedono ad esempio i programmi RMI francesi. L’esigenza che
lo Stato sia efficiente e che i costi vengano ridotti al minimo può tuttavia anche costituire
uno stimolo a integrare quanto prima i beneficiari di prestazioni nel mercato del lavoro.
Questa seconda tendenza si osserva nei modelli Workfare. In Svizzera, inoltre, i progetti di
riforma cantonali utilizzano spesso la controprestazione come veicolo per abolire sia
l’assistenza da parte dei parenti, prevista dall’assistenza sociale, sia l’obbligo di restituzione.
n Assistenza sociale intesa a garantire il fabbisogno di base
L’assistenza sociale è caratterizzata da una commisurazione delle prestazioni in funzione
del fabbisogno personale, la quale può avere esiti diversi a seconda della regione e del
margine discrezionale dell’autorità competente. In genere, in questo contesto il reddito autonomo viene computato nella misura del 100 per cento. L’assistenza sociale può essere
impiegata a complemento di salari e prestazioni di assicurazioni sociali che non garantiscono l’esistenza, come pure in caso di mancanza di prestazioni di assicurazioni sociali.
L’espressione «assistenza sociale intesa a garantire il fabbisogno di base» sta ad indicare
una riforma dell’assistenza sociale tradizionale in direzione di un rafforzamento del principio dell’approvvigionamento. Ciò presuppone due innovazioni fondamentali: un diritto inequivocabile alle prestazioni (anziché “questua”) e l’introduzione di aliquote di prestazione
forfetarie (anziché margini discrezionali delle autorità).
n In-Work-Benefits
Da un lato, la disoccupazione, i salari bassi, le condizioni di lavoro flessibilizzate, ma anche
l’aumento delle famiglie monoparentali con limitate possibilità temporali di lavoro, fanno sì
che sempre più persone in età lavorativa dipendano dall’assistenza sociale. Dall’altro, si
dovrebbe evitare in generale che i beneficiari di prestazioni dell’assistenza sociale vengano
dissuasi dall’assumere impieghi limitati nel tempo o a tempo parziale, o dall’intraprendere
un’attività indipendente poco sicura, riducendone le prestazioni nella misura dell’intero reddito conseguito. Per questi due motivi, molte riforme prevedono cosiddetti In-WorkBenefits, cioè prestazioni sociali intese a garantire l’esistenza per le persone che in linea di
principio esercitano un’attività lucrativa. Gli In-Work-Benefits comprendono le sovvenzioni
salariali, l’imposta negativa sul reddito e i crediti fiscali.
n Compensazione degli oneri per figli
Sinonimo: Compensazione degli oneri familiari
La compensazione degli oneri per figli comprende, all’interno della politica familiare, i trasferimenti di reddito alle economie domestiche con figli. Tali trasferimenti hanno lo scopo di
coprire una parte degli oneri/prestazioni delle famiglie e di correggere, secondo i criteri della giustizia orizzontale e verticale, la distribuzione del reddito dovuta al mercato. In Svizzera la compensazione degli oneri per figli si compone in particolare degli assegni per figli e
delle deduzioni fiscali per figli. Alcuni Cantoni prevedono inoltre prestazioni commis urate al
fabbisogno destinate a famiglie con redditi bassi. A seconda dell’assetto specifico, i prov-
5
2 Termini utilizzati
Reddito minimo garantito
vedimenti legati alla compensazione degli oneri per figli possono assumere le funzioni di un
reddito minimo garantito per famiglie.
n Sovvenzione salariale
Sinonimo: salario combinato, supplementi salariali
Negli ultimi dieci anni, le persone con scarse qualifiche professionali, che lavorano nel cosiddetto settore dei salari bassi, sono state esposte in modo particolarmente forte alle
pressioni salariali. Non solo guadagnano meno di altre, ma normalmente lavorano in condizioni particolarmente precarie e rischiose, perdono il lavoro con una frequenza superiore
alla media e corrono in misura maggiore il rischio di rimanere disoccupate a lungo termine.
Per questo motivo, le sovvenzioni salariali vengono sostenute quali provvedimenti ideali
per questo gruppo di persone. Esse possono essere impostate in maniera molto differente,
possono ad esempio essere scaglionate, avere limiti superiori e inferiori, riferirsi a salari
orari o al guadagno globale, essere versate al datore di lavoro o al dipendente ecc.
n Reddito minimo reintegrativo
Francese: revenu minimum d'insertion (RMI)
Il reddito minimo reintegrativo rappresenta una sicurezza di base per le persone
disoccupate non coperte dall’assicurazione contro la disoccupazione ed è orientato
sull’incoraggiamento dell’iniziativa personale e all’integrazione sociale dei beneficiari. Lo
Stato e i beneficiari delle prestazioni assistenziali concludono un contratto che comprende
(oltre ai versamenti veri e propri) due elementi: l’obbligo del beneficiario abile al lavoro di
fornire una controprestazione da definire meglio e l’obbligo dello Stato di assicurare corrispondenti offerte di lavoro, formazione continua e partecipazione. In Svizzera, i Cantoni di
Ginevra e Vaud stanno sperimentando simili modelli.
n Imposta negativa sul reddito (INR)
Inglese: Negative Income Tax (NIT)
L’imposta negativa sul reddito combina prestazioni fiscali e prestazioni sociali. Essa si basa
su un sistema esistente d’imposizione del reddito. La sua caratteristica fondamentale consiste nell’estendere il vigente tariffario fiscale alle classi di reddito più basse, facendo però
sì che, diversamente dall’imposizione del reddito vera e propria (dai contribuenti allo Stato),
a partire da un determinato livello di reddito le prestazioni pecuniarie prendano la direzione
opposta (dallo Stato ai contribuenti). Considerati i suoi effetti, l’imposta negativa sul reddito
è quindi un versamento diretto, dipendente dal reddito autonomo, versato dallo Stato a singole economie domestiche allo scopo di livellare i redditi e di lottare contro la povertà. Analogamente al settore dell’imposizione positiva, anche nell’ambito dell’imposizione negativa
vi è un’aliquota fiscale marginale. Quest’ultima corrisponde alla percentuale del reddito autonomo supplementare che va allo Stato (o come prestazione fiscale positiva o come riduzione del trasferimento dell’imposta negativa).
n Potenziamento delle prestazioni delle assicurazioni sociali
Diversi modelli prevedono di inserire un’assicurazione di base nelle assicurazioni sociali
esistenti. Ciò significa che le prestazioni delle assicurazioni sociali che non coprono il fabbisogno esistenziale vengono potenziate fino a raggiungere un livello d’assicurazione di
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Reddito minimo garantito
2 Termini utilizzati
base definito in maniera uniforme per tutte le assicurazioni sociali. Questa impostazione si
distingue dall’assistenza sociale intesa a garantire il fabbisogno di base per il fatto che il
potenziamento delle prestazioni avviene all’interno delle assicurazioni sociali e non facendo ricorso a un’assistenza sociale supplementare.
n Dividendo sociale
Sinonimo: reddito di base, rendita di base, rendita dei cittadini, “demogrant”
Inglese: social dividend, basic income, demogrant
Francese: allocation universelle, revenu de citoyenneté
Un dividendo sociale viene versato con identico ammontare a tutti i cittadini, senza tener
conto del reddito autonomo e senza obbligo di fornire una controprestazione. Il dividendo
sociale è computato nel reddito imponibile, ma l’obbligo di pagare imposte scatta soltanto a
partire da un reddito imponibile situato al di sopra di questo importo. Di conseguenza, coloro che dispongono di un reddito autonomo percepiscono prestazioni e nel contempo pagano imposte. In tal modo il volume di ridistribuzione diviene molto grande. Per questo motivo
si prevede in parte anche la possibilità di compensare il dividendo sociale con impegni fiscali (cfr. imposta negativa sul reddito). Un dividendo sociale può essere concepito a complemento del sistema delle assicurazioni sociali, sostituirne alcune parti o essere visto come strumento principale della sicurezza sociale.
n Credito fiscale
Inglese: Tax Credit
Un credito fiscale rappresenta una deduzione dalla somma fiscale dovuta allo Stato (mentre una deduzione fiscale è operata sul reddito imponibile). Per la maggior parte, i programmi di credito fiscale prevedono il versamento dell’importo del credito fiscale che eventualmente eccede il debito fiscale (credito fiscale da pagare). In genere il credito fiscale
viene inoltre concesso soltanto alle economie domestiche con redditi modesti. A questo
proposito esistono diversi schemi per la determinazione dell’importo del credito fiscale, a
dipendenza del reddito derivante da un’attività lucrativa e dalla situazione familiare.
n Principio della sussidiarietà
Le prestazioni della sicurezza sociale minima che non dipendono dal versamento di contributi possono essere pagate in ogni caso oppure soltanto se tutte le altre fonti di denaro (p.
es. aiuto all’interno della famiglia, assicurazioni sociali) sono esaurite. La seconda variante
corrisponde al principio della sussidiarietà: lo Stato si assume soltanto quei compiti che le
unità subordinate (la famiglia, le assicurazioni sociali ecc.) non sono in grado di adempiere.
Le prestazioni generalizzate, come il dividendo sociale, non corrispondono al principio della
sussidiarietà.
n Modelli Workfare
Sinonimo: modelli Welfare-to-Work
Per modelli Workfare si intendono i sistemi della sicurezza di base che combinano il diritto
a prestazioni con un obbligo di lavorare per i beneficiari abili al lavoro (il termine Workfare è
una combinazione di Work e Welfare). Negli Stati Uniti i modelli sono stati oggetto di intensi
dibattiti soprattutto nel 1996, nel quadro della riforma Welfare di Bill Clinton. Questa riforma, che ha limitato anche temporalmente il diritto a prestazioni Welfare, persegue
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2 Termini utilizzati
Reddito minimo garantito
l’obiettivo di integrare vieppiù nel mercato del lavoro le madri che educano da sole i propri
figli.
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Reddito minimo garantito
2 Termini utilizzati
n Working Poor
I working poor sono persone che esercitano un’attività lucrativa e che vivono, in
un’economia domestica, al di sotto della soglia di povertà. In Svizzera la soglia di povertà
viene generalmente definita sulla base delle direttive della Conferenza svizzera delle istituzioni dell’azione sociale (COSAS). I working poor nel nostro Paese rappresentano
all’incirca il 7,5 per cento di tutte le persone che esercitano un’attività lucrativa. In questa
categoria non rientrano soltanto persone che percepiscono salari bassi, bensì anche molti
indipendenti, per lo più senza impiegati, nonché persone che educano da sole i propri figli,
famiglie numerose e lavoratori in condizioni di lavoro precarie (ausiliari con contratti a tempo limitato, persone che lavorano su chiamata ecc.). Le donne vi sono rappresentate in misura superiore alla media. I working poor pongono nuovi problemi alla sicurezza sociale di
base.
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3 Panoramica sulle questioni legate al reddito minimo garantito
Reddito minimo garantito
3 Panoramica sulle questioni legate al reddito minimo garantito
Il presente capitolo 3 serve da quadro di riferimento per la successiva illustrazione dei risultati della ricerca bibliografica. Nella sezione 3.1 sono delineate le principali linee dell’attuale
dibattito sul RMG. Le questioni sollevate a proposito del reddito minimo garantito sono presentate in maniera sistematica nella sezione 3.2. Infine, la sezione 3.3 ragguaglia circa i
metodi d’analisi impiegati nella letteratura inerente al RMG.
3.1
Sunto del dibattito sul RMG
Compendio storico
Come mostrano i numerosi compendi storici riscontrati nella letteratura studiata (p. es.
Jäggi/Mächler 1992, 34 seg.; Gerhardt/Weber 1984, 37 segg.; Milano 1989, 5 seg.; Wohlgenannt/Büchele 1990, 40 segg.), le questioni legate alla garanzia esistenziale del reddito sono state oggetto di discussione in tutte le epoche. Il sistema Speenham, introdotto in
Inghilterra nel 1795, rappresenta il primo reddito minimo garantito dell’Europa industrializzata. L’inizio dell’odierno dibattito è riconducibile alla proposta, avanzata nel 1942 in Inghilterra da Lady Rhys-Williams, d’introdurre un dividendo sociale (Rhys-Williams 1942). Richieste più recenti relative a un dividendo sociale fanno spesso riferimento a John Rawls
«A Theory of Justice» (1971). L’idea fondamentale di un reddito minimo garantito ai sensi
di un diritto a un aiuto nelle situazioni d’emergenza è stata fatta sua dall’OIL negli anni Ottanta, per esempio nel rapporto «Sicurezza sociale nell’anno 2000» (1984). In Svizzera
l’idea è divenuta principio costituzionale nel 1999, anno della nuova Costituzione federale
(art. 12).
Negli Stati Uniti, negli anni Sessanta, la discussione è ruotata in particolare sul concetto di
imposta negativa sul reddito, propugnato con sfaccettature diverse da noti economisti quali
Friedman e Tobin (Friedman 1962, Tobin 1966). Nel 1968, oltre mille economisti firmarono
una risoluzione, all’attenzione del Congresso americano, in cui si chiedeva di dare un nuovo orientamento al sistema della sicurezza sociale che andasse nella direzione di
un’imposta negativa sul reddito (INR) (cfr. Gerhardt/Weber 1984, 39 seg.). Nella campagna
elettorale per le presidenziali del 1972, il candidato democratico McGovern sosteneva il
modello relativo a un dividendo sociale (McGovern 1972). Nel 1968 il Governo statunitense
iniziò a sperimentare nella prassi l’imposta negativa sul reddito. Vennero eseguiti quattro
grandi esperimenti sociali, che diedero luogo a numerose pubblicazioni scientifiche sulle
ripercussioni di tali esperimenti (si vedano i principali compendi dettagliati in: Danziger et
al. 1981, 1987, Robins 1985). L’idea di un’imposta negativa sul reddito generalizzata fu
abbandonata in seguito alle esperienze fatte negli esperimenti sociali. A partire dagli anni
Settanta furono tuttavia realizzati modelli INR parziali, sotto forma di crediti fiscali. Il cosiddetto «Earned Income Tax Credit» (EITC), introdotto da Ronald Reagan dapprima in California, venne esteso all’intero Paese nel 1982 e fortemente potenziato nel 1992 da Bill
Clinton. Esso rappresenta attualmente il principale programma di ridistribuzione degli Stati
Uniti per le persone in età lavorativa.
Mentre la discussione in Gran Bretagna è paragonabile a quella vista negli Stati Uniti, il dibattito nel resto dell’Europa ha avuto esiti ben diversi. In Danimarca, Germania e Paesi
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Reddito minimo garantito
3 Panoramica sulle questioni legate al reddito minimo garantito
Bassi, il diritto a una sicurezza esistenziale minima è stato sancito già all’inizio degli anni
Sessanta, in Belgio nel 1974 («Minimex»), in Lussemburgo e in Francia negli anni Ottanta.
Nel 1992 l’UE ha emanato una raccomandazione in cui chiedeva ai suoi Stati membri di
adottare siffatte normative. 3 (Guibentif 1997)
Tabella 1: Garanzie minime in età lavorativa in altri Paesi europei
Prestazioni
Principi fondamentali
Beneficiari
Determinazione degli importi
Analogamente
al reddito garantito per persone anziane
Disponibilità a Provvedimenti
lavorare
integrativi
Belgio
Garanzia del
minimo esistenziale
Individuo o
coppie di coniugi che vivono assieme
Danimarca
Provvedimenti
di attivazione
e/o prestazioni
pecuniarie in
caso
d’insufficienza
di mezzi
Sussidiario,
dipendente dal
fabbis ogno,
importo differenziale, diritto
legale,
non arbitrario
Sussidiario,
importo differenziale, diritto
legale, con
margine discrezionale
Deve essere
dimostrata, nel
caso di coppie
di coniugi, da
entrambi
All’avvio di un’attività
lucrativa gli introiti
non sono computati
integralmente
Individuo, coppie di coniugi (i
figli godono di
un proprio diritto)
60 – 80 per
cento delle
prestazioni per
disoccupati
Provvedimenti quali
riconversione professionale, jobtraining, formazione
ecc.
Individuo o
coniuge dipendente
Aliquote regolamentari calcolate su base
statistica e
orientate sulle
spese
Deve essere
dimostrata la
ricerca esauriente di lavoro,
nel caso di
coppie di coniugi da entrambi. Richiesta la disponibilità a partecipare a programmi di attivazione.
Deve essere
disposto a
esercitare
un’attività lucrativa ragionevolmente
esigibile
Germania
Garanzia del
minimo esistenziale
Sussidiario,
dipendente dal
fabbis ogno,
importo differenziale,
diritto legale,
non arbitrario
Francia
Garanzia del
minimo esistenziale
Sussidiario,
dipendente dal
fabbis ogno,
importo differenziale,
diritto legale,
non arbitrario
Irlanda
Aiuto settimanale per finanziare il sostentamento
Italia
In parte prestazioni assistenziali a f avore di gruppi
della popolazione con redditi al di sotto
del minimo
esistenziale
Sussidiario,
dipendente dal
fabbis ogno,
importo differenziale,
diritto legale,
con margine
discrezionale
Sussidiario,
dipendente dal
fabbis ogno,
importo differenziale,
diritto legale,
non arbitrario
All’avvio di un’attività
lucrativa i supplementi e gli introiti
non sono computati
integralmente. Creazione di opportunità
lavorative, consulenza e sostegno ecc.
Individuo, teDa parte del
Deve mettersi
Provvedimenti intenendo conto
Governo
a disposizione grativi. All’avvio di
della situazione
per provvediun’attività lucrativa i
in cui si trova
menti di forma- supplementi e gli
l’economia
zione, occupa- introiti non sono
domestica
zione o intecomputati integralgrazione
mente. Versamento
una tantum per
l’avvio di un’attività
indipendente.
Individuo, sup- Da parte del
Solo per perSostegno determiplementi a
Governo
sone che eser- nante ai disoccupati
dipendenza
citano
di lunga durata che
della situazione
un’attività luavviano un’attività
in cui si trova
crativa. I disoc- indipendente. Pr ol’economia
cupati hanno
grammi occupaziodomestica
diritto ad altro
nali comunali, jobdenaro.
training ecc.
Individuo
Norme diffeDeve parteciProvvedimenti forrenti a seconda pare a provve- mativi in particolare
delle Regioni
dimenti intesi a per giovani e donne
migliorare la
propria situazione
3
Raccomandazione del Consiglio del 24 giugno 1992 in cui si definiscono i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni
sufficienti nei sistemi di protezione sociale (92/441/CEE)
11
3 Panoramica sulle questioni legate al reddito minimo garantito
Reddito minimo garantito
Paesi Bassi
Sostegno f idiritto legale,
nanziario a
aliquote nomipersone al di
nali
sotto del minimo esistenziale
Individuo, coppie nella stessa
economia domestica
Aliquota standard vincolata
a un reddito
minimo netto
Deve cercarsi
un lavoro ed
essere annunciato alla disoccupazione
Svezia
Copertura del
sostentamento
necessario
In parte determinati, in parte
sovranità comunale
Deve costantemente cercare lavoro
Inghilterra
Programmi
Importo differelativi al credi- renziale
to fiscale per
persone senza
occupazione a
tempo pieno e
con reddito
basso
Individuo,
tenendo conto
della situazione
in cui si trova
l’economia
domestica
Individuo o
economia domestica
Da parte del
Governo
I disoccupati
beneficiano
dell’assistenza
ai disoccupati,
e non
dell’assistenza
sociale
Sussidiario,
diritto soggettivo
Un piano d’azione
individuale definisce
i provvedimenti integrativi. All’avvio di
un’attività lucrativa
gli introiti non sono
computati integralmente.
Provvedimenti attivi
finalizzati
all’integrazione nel
mercato del lavoro
Gli introiti derivanti
da attività lucrativa
non sono computati
integralmente. Pr ogramma per
l’integrazione di persone che educ ano
da sole i propri figli.
Aiuti pagati ancora
per 15 giorni dopo
l’inizio di un’attività
lucrativa.
Fonte: MISSOC (Mutual Information System on Social Protection in the EU Member States and the EEA), stato: 2001
Nel frattempo si sono registrate tendenze alla convergenza: i Paesi del Sud hanno iniziato
a istituire sistemi RMG improntati al diritto a un aiuto in situazioni d’emergenza, mentre altrove la sicurezza minima di base viene sempre più spesso vincolata – sul modello del RMI
francese – a provvedimenti integrativi (p. es. Belgio, Danimarca, Paesi Bassi) (Paugam
1999, 25 segg.). Nella Tabella 1 è illustrato lo stato attuale della sicurezza di base in alcuni
Paesi europei.
Nel luglio 1999 la Commissione europea ha proposto una «Strategia concertata per modernizzare la protezione sociale» (COM (1999) 347), in quanto la libera circolazione delle
persone, l’unione monetaria e la strategia occupazionale concertata, lanciata in precedenza, avevano vieppiù fatto della protezione sociale una preoccupazione comune. Fra gli obiettivi sanciti figurano l’esigenza che valga la pena esercitare un’attività lucrativa e che il
reddito sia garantito nonché l’impegno a favorire l’integrazione sociale (Commissione UE
2000: Rapporto sulla sicurezza sociale 1999). Un RMG dovrà quindi essere realizzato mediante prestazioni orientate sul fabbisogno e concesse in virtù del principio della sussidiarietà.
A livello nazionale vi sono comunque differenze nei dibattiti e nelle soluzioni. In Gran Bretagna la strategia del benessere di New Labour punta fortemente sugli incentivi al lavoro.
Nei suoi programmi sociali, i crediti fiscali occupano una posizione importante (p. es. il
Working Families Tax Credit). In Germania si sono sviluppate nuove discussioni negli anni
Ottanta. Da un lato, con il termine di «Bürgergeld» («denaro dei cittadini»), la parte liberalconservatrice ha sollecitato un’imposta negativa sul reddito (p. es. Mitschke 1985).
Dall’altro, i Verdi hanno sviluppato modelli per la sicurezza di base che miravano a sganciare il reddito dal lavoro ed erano in primo luogo orientati verso un dividendo sociale (p.
es. Grözinger 1986, Ulrich Beck 1999). Scostandosi dalle posizioni menzionate, i sindacati
hanno sviluppato il modello relativo a una sicurezza di base orientata sul fabbisogno (cfr.
WSI 1987a e WSI 1987b). Inoltre, negli anni Novanta, le sovvenzioni salariali, designate
12
Reddito minimo garantito
3 Panoramica sulle questioni legate al reddito minimo garantito
dal termine «Kombilohn» («salario combinato»), sono state un tema assai controverso. In
Francia il dibattito ruota, da un lato, fortemente attorno al rapporto tra sicurezza di base e
lavoro. Ha ampiamente varcato i confini francesi la posizione di Gorz, che combinava la
base esistenziale garantita con un obbligo di lavorare riferito anche ad attività non retribuite
e con una sensibile riduzione del lavoro retribuito esercitato sull’arco della vita (Gorz 1984).
Nelle sue pubblicazioni più recenti, l’autore si è tuttavia fatto paladino di un dividendo sociale incondizionato (Gorz 2000). D’altro canto, nella discussione politica francese è venuto
a occupare una posizione centrale il tema dell’emarginazione. Il «revenu minimum d'insertion» (RMI), introdotto nel 1988, vincola la garanzia del minimo esistenziale a provvedimenti integrativi i quali, tuttavia, non hanno sempre dato buone prove nella realtà. Anche il RMI
ha dato luogo a numerose pubblicazioni critiche (p. es. Paugam 1993, 1998, 1999). In Danimarca, nei Paesi Bassi e in Belgio, i dibattiti su un reddito minimo garantito sotto forma di
dividendo sociale sono stati molto vivaci.
In Svizzera la riscoperta della povertà nella seconda metà degli anni Ottanta (Enderle
1987, Buh-mann 1988) ha acceso le discussioni relative alla garanzia del minimo esistenziale. I numerosi studi sulla povertà realizzati da allora (Leu/Burri/Priester 1997, Liechti/Knöpfel 1998, Streuli/Bauer 2001 ecc.) stanno a dimostrare la crescente consapevolezza del problema. Si è constatato che il problema centrale non è più costituito dalle persone anziane, a proposito delle quali la sicurezza esistenziale data dall’AVS e dalle prestazioni complementari sembra funzionare. Oggi la povertà colpisce in primo luogo persone in
età lavorativa e bambini. I principali nuovi fattori di rischio sono la disoccupazione di lunga
durata, i salari bassi e i figli. Infatti, il “salario del sostentatore” che basta per tutta la famiglia corrisponde sempre meno alla realtà sociale. Sono particolarmente esposte al rischio
di cadere nella povertà le persone che educano da sole i propri figli – nella stragrande
maggioranza dei casi, donne.
La crescente disoccupazione degli anni Novanta ha evidenziato un altro punto debole del
sistema sociale svizzero. Le persone, sempre più numerose, il cui diritto a prestazioni
dell’assicurazione contro la disoccupaz ione si estingueva venivano rinviate all’assistenza,
disciplinata dai Cantoni e spesso attuata dai Comuni, la quale non è concepita per adempiere questo compito. I costi dell’assistenza sociale hanno così conosciuto una forte im pennata, nonostante il sistema dell’assistenza sociale eserciti un’azione dissuasiva su molte persone che potenzialmente avrebbero diritto a beneficiarne: soltanto il 50 per cento circa degli aventi diritto percepiscono prestazioni dell’assistenza sociale (Leu et al. 1997). Le
barriere sono per esempio costituite dal ricorso a parenti più agiati da parte delle autorità e
dall’obbligo di restituzione, vigente in linea di principio (OCSE 1996).
Già agli inizi degli anni Novanta, anche in Svizzera è stata formulata la richiesta di garantire su tutto il territorio nazionale, al posto dell’assistenza sociale, un reddito di base inteso
ad assicurare l’esistenza. Nel 1991 la Caritas ha organizzato una giornata di studio su
questo tema, il Partito socialista svizzero (PSS) ha istituito un gruppo di esperti denominato
«Reddito minimo garantito » e nel quadro di un programma di ricerca del Fondo nazionale
per la ricerca scientifica (PNR 29) sono state elaborate proposte di riforma, presentate nella miscellanea Fragnière/Sommer/Wagner (1994) (Wagner 1999, 157). Diversi autori hanno sollecitato modelli per una sicurezza minima garantita per tutta la popolazione:
13
3 Panoramica sulle questioni legate al reddito minimo garantito
Reddito minimo garantito
l’estensione a tutti delle prestazioni complementari quali esistono nell’AVS/AI (Enderle
1987), un’imposta negativa sul reddito (p. es. il Partito ecologista svizzero), un modello dei
tre cerchi che sostituisca sia l’assistenza sociale che le assicurazioni sociali e privilegi la
sicurezza di base (Rossi/Sartoris 1995). Altre proposte sono impostate in modo analogo a
una sicurezza di base orientata sul fabbisogno. A questo proposito vanno ad esempio
menzionate le proposte per una Svizzera più sociale nell’anno 2000 di Füglistaler/Pedergnana (1993) o le proposte di Gilliand (1990), orientate sul RMI. In questa categoria rientrano anche i modelli presentati dal PSS (gruppo di lavoro RMG 1991, PSS 1996).
Nell’ambito di un rapporto del 1995 concernente l’ulteriore sviluppo delle assicurazioni sociali, il Dipartimento federale dell’interno si è espresso in merito alla questione se il sistema
della sicurezza sociale debba essere integrato o sostituito con una sicurezza di base (Dipartimento federale dell’interno 1995). Rifiutati l’imposta negativa sul reddito e il dividendo
sociale, il Dipartimento ritiene invece opportuno esaminare sia una sicurezza di base orientata sul fabbisogno sul modello delle prestazioni complementari sia le prestazioni destinate
alla reintegrazione. A proposito di una sicurezza di base analoga per singoli gruppi della
popolazione erano già state avanzate proposte, in particolare per i figli (p. es. Blattmann/Meier 1992; Spycher et al. 1995).
La sicurezza di base intesa a garantire l’esistenza viene tuttavia usata come motto anche
da coloro che ritengono che lo Stato sociale abbia già assunto dimensioni sproporzionate.
Il prototipo di questa corrente è costituito dal cosiddetto «Libro bianco» di de Pury, Hauser
e Schmid (1995), che intendeva ridurre l’intera sicurezza sociale al minimo esistenziale,
lasciando alle assicurazioni complementari private il compito di garantire il livello dello
standard di vita.
Linee argomentative teoriche
Le linee argomentative teoriche a sostegno dei modelli RMG e della loro impostazione
possono essere suddivise nelle seguenti correnti principali:
ν La linea argomentativa orientata sull’economia di mercato individua nel reddito minimo garantito un mezzo più efficiente per assicurare l’esistenza rispetto ad altri strumenti
della sicurezza sociale. Essa tiene in modo particolare a far sì che il comportamento dei
beneficiari del RMG rispetto al mercato venga influenzato in maniera minima (mantenimento dell’incentivo a lavorare grazie a un livello piuttosto basso della sicurezza di base ed al
conteggio solo parziale del reddito da lavoro).
ν La linea argomentativa fondata sui diritti umani considera la garanzia del minimo es istenziale un diritto umano il cui rispetto è imprescindibile per una società civile.
ν La linea argomentativa postindustriale parte dal presupposto che, in seguito ai continui incrementi della produttività, nella nostra società si stia estinguendo il lavoro retribuito.
In questa ottica, il reddito minimo garantito è visto da un lato come una sorta di indennità
per omissione di lavoro, dall’altro come una possibilità di finanziare attività autodeterminate.
ν La linea argomentativa ecologica sollecita un reddito minimo garantito come mezzo per
sganciare il lavoro rimunerato dal reddito. Al di là della sensatezza o dell’assurdità dei pro-
14
Reddito minimo garantito
3 Panoramica sulle questioni legate al reddito minimo garantito
dotti, la costrizione a estendere continuamente la produzione in modo tale che tutti possano lavorare a tempo pieno sarebbe in contrasto con l’obiettivo della sostenibilità.
ν La linea argomentativa orientata sulla giustizia distributiva giunge a risultati diversi a
seconda del concetto di giustizia posto a fondamento dell’argomentazione. Se ci si basa in
particolare sulla teoria di John Rawls (1971), il reddito minimo garantito è ritenuto uno
strumento ragionevole per migliorare la giustizia sociale.
3.2
Questioni relative al reddito minimo garantito
Una sistematizzazione delle questioni relative al reddito minimo garantito deve prendere le
mosse proprio dai problemi di partenza che con esso si vogliono affrontare. Come mostra
la Figura 1, alla pagina seguente, i problemi di partenza menzionati nella letteratura sono
caratterizzati da una grande eterogeneità, la quale si ripercuote a sua volta su una eterogeneità altrettanto grande degli obiettivi. Se nei problemi di partenza predominano
l’inefficienza e la mancanza di trasparenza dell’attuale sicurezza sociale, preoccupazioni
finanziarie e la crescente pressione concorrenziale, allora gli obiettivi prioritari saranno costituiti da agevolazioni amministrative, dalla riduzione al minimo del numero delle persone
dipendenti dall’assistenza sociale (concetto di Workfare) e dall’assicurazione di condizioni
di lavoro flessibilizzate. Se il punto di partenza è rappresentato dalla nuova povertà, si tratterà dapprima di migliorare la sicurezza esistenziale dal punto di vista materiale. Se si parte dalla disoccupazione di lunga durata e dal timore che questa possa persistere in seguito
al mutamento strutturale che significherebbe «la fine della società del lavoro », allora il
reddito minimo garantito avrà lo scopo di premiare l’omissione di lavoro retribuito e di permettere di sganciare il lavoro dal reddito, contribuendo magari a costruire un «quarto settore» di attività socialmente utili. Obiettivi ancora diversi si hanno invece se il problema di
partenza consiste nella distribuzione asimmetrica di lavoro e reddito tra uomo e donna. In
questo caso il reddito minimo garantito avrebbe lo scopo di aiutare a ridistribuire equamente il lavoro tra uomini e donne e di impostare la sicurezza sociale in maniera più confacente
alla parità dei sessi. Dal punto di vista ecologico, il reddito minimo garantito è inoltre legato
all’obiettivo di promuovere l’attività economica in reti di dimensioni minori, ritenuta più sostenibile. Il fatto che una simile pluralità di obiettivi possa essere fonte di contraddizioni tornerà spesso nelle spiegazioni fornite nel seguito.
I problemi di partenza e gli obiettivi influiscono anche sulla scelta dei modelli d’attuazione.
Se, ad esempio, l’obiettivo prioritario consiste nell’indurre il maggior numero possibile di
beneficiari di prestazioni assistenziali a esercitare un’attività lucrativa, ci si concentrerà su
modelli che prevedono incentivi positivi al lavoro, anche se questi non adempiono in modo
altrettanto soddisfacente il compito di garantire l’esistenza dal punto di vista materiale. Chi
invece parte dalla premessa che una certa disoccupazione strutturale permanga al di là di
brevi oscillazioni congiunturali, non costringerà altre persone ancora a trovarsi in condizioni
di lavoro precarie, ma porrà l’accento sull’assicurazione e l’integrazione delle persone che
non esercitano un’attività lucrativa.
15
3 Panoramica sulle questioni legate al reddito minimo garantito
Reddito minimo garantito
Figura 1: Problemi di partenza e obiettivi del reddito minimo garantito
Problemi di partenza
Mancanza di trasparenza,
inefficienza della sicurezza
sociale
Finanziabilità dello
Stato sociale
Crescente
pressione concorrenziale
dovuta alla globalizzazione
Nuovi gruppi di poveri
(famiglie, chi educa da solo i
propri figli, working poor)
Disoccupazione di lunga
durata
Fine della società del lavoro
Agevolazioni
amministrative,
Stato sociale “light”
Aumentare la quota d’occupaz.,
ridurre al minimo i dipendenti
dall’assistenza sociale,
"make work pay"
Assicurare la flessibilizzaz.
delle condizioni di lavoro
(Flexicurity)
Garanzia dell’esistenza dal
punto di vista materiale
Sganciare il lavoro dal reddito
von Einkommen
Costruire un "quarto
settore" di lav. poco
retribuito, ma
socialmente utile
Il sistema sociale basato sul
salario del “sostentatore”
svantaggia le donne
Sicurezza sociale confacente
alla parità dei sessi
Disuguaglianza
della distrib.
della di lavoro e reddito
redditotra uomo e donna
Aumentare la quota
lavorativa delle donne,
equa ripartizione di
reddito e lavoro tra i sessi
Carico ecologico,
sviluppo sostenibile
16
Obiettivi
Attività economica in
piccole reti
Reddito minimo garantito
3 Panoramica sulle questioni legate al reddito minimo garantito
Vengono qui presentati nel dettaglio sei modelli di base (per le relative definizioni, cfr. il capitolo 2): imposta negativa sul reddito (INR), crediti fiscali, sovvenzioni salariali, dividendo
sociale, sicurezza di base orientata sul fabbisogno, reddito minimo reintegrativo. Ciascuno
dei modelli di base può essere impostato in maniera molto differente. Le decisioni essenziali riguardano i seguenti principi d’impostazione:
n Rapporto con le assicurazioni sociali: il reddito minimo garantito deve sostituire o
completare il sistema delle assicurazioni sociali esistente?
n Rapporto con l’assistenza sociale: l’assistenza sociale è ancora necessaria o viene
sostituita dal reddito minimo garantito?
n Aventi diritto al RMG: il reddito minimo garantito deve estendersi a tutta la popolazione
o solo a singole categorie?
n Livello per il diritto al RMG: chi deve avere diritto al RMG, l’individuo o l’economia
domestica?
n Condizioni per il diritto al RMG: per poter beneficiare del reddito minimo garantito occorre soddisfare condizioni? Può essere rilevante la condizione che non vi siano altri diritti
anteposti (principio della sussidiarietà) o che la persona in questione sia disposta a esercitare un’attività o a partecipare a provvedimenti reintegrativi.
n Ammontare delle prestazioni RMG: il livello della sicurezza di base deve essere fissato
a un livello basso (al livello esistenziale fisico o persino al di sotto di esso) o alto (a un minimo socioculturale)?
n Incentivo al lavoro: l’incentivo al lavoro deve essere potenziato o affievolito?
n Costi: è prioritario avere costi bassi o si è disposti ad accettare costi più elevati avendone in cambio prestazioni migliori?
n Finanziamento: a quali fonti di finanziamento si deve attingere?
n Misure d’accompagnamento: il programma della sicurezza di base finanziaria è accompagnato da altre misure (misure reintegrative, ridistribuzione del lavoro)?
Dagli obiettivi, dai modelli d’attuazione e dai principi d’impostazione risultano i seguenti
principali ambiti di problemi in sede d’impostazione, determinanti quali criteri di valutazione per la strutturazione tematica della ricerca bibliografica, in particolare nel capitolo 5 (cfr.
Tabella 2).
n Il modello d’attuazione riduce efficacemente la povertà?
n Raggiunge i suoi obiettivi in maniera economica e quindi efficiente?
n In che modo il modello d’attuazione si ripercuote sul mercato del lavoro?
n In che modo influisce sulla ripartizione del lavoro e del reddito?
n Quali altri cambiamenti comportamentali implica il modello d’attuazione?
n Quali sono i suoi effetti a livello macroeconomico?
n In che termini si presenta la finanziabilità del modello d’attuazione a seconda
dell’ammontare del RMG su cui si fonda?
n Il modello d’attuazione è compatibile con il contesto istituzionale esistente?
17
3 Panoramica sulle questioni legate al reddito minimo garantito
Reddito minimo garantito
Tabella 2: Criteri di valutazione
Ambiti tematici
Indicatori
Efficacia nel r idurre la povertà
Tasso di povertà
Minimo esistenziale
Fabbisogno speciale
Raggiungimento degli aventi diritto
Puntualità del versamento
“Trappola della povertà”
Economicità e quindi efficienza nel raggiungere gli obie ttivi
Circoscrizione dell’obiettivo
Onere amministrativo
Produttività macroeconomica
Ripercussioni sul mercato del lavoro
Offerta di lavoro
Domanda di lavoro
Flessibilizzazione delle condizioni di lavoro
Ripercussioni sulla ripartizione del lavoro e del reddito
Rapporto della distribuzione tra uomini e donne
Condizioni familiari
Emarginazione e integrazione
Attività socialmente utili
Ulteriori cambiamenti comportamentali
Comportamento in tema di formazione
Responsabilità individuale, spirito imprenditoriale
Stabilità del matrimonio
Tasso di natalità
Comportamento migratorio
Effetti a livello macroeconomico
Salari
Comportamento rispetto ai consumi
Ridistribuzione
Stabilizzazione, garanzia del cambiamento
(globalizzazione, integrazione europea)
Investimenti
strutturale
Ammontare del RMG e finanziabilità
Compatibilità con il contesto istituzionale esistente (as sicurazioni sociali, assistenza sociale, sistema fiscale)
3.3
Metodi
Per trattare le questioni descritte, la letteratura scientifica utilizza metodi differenti che
possono essere riassunti, operando una semplificazione, in tre gruppi.
Riflessioni teoriche qualitative
Le riflessioni teoriche qualitative sono a loro volta suddivisibili in tre sottogruppi:
ν Riflessioni fondate sulla teoria macroeconomica: in questo contesto vengono spesso
utilizzate situazioni decisionali fortemente semplificate (p.es. un semplice diagramma “reddito/tempo libero”). In questo modo si possono sì individuare le tendenze d’azione fondamentali, ma non è possibile trarre conclusioni valide circa il comportamento effettivo. La
problematica è illustrata sull’esempio della reazione dell’offerta di lavoro (sezione 5.3).
ν Riflessioni fondate su relazioni definitorie: nell’attuazione di modelli RMG vi sono in
parte relazioni definitorie tra singole grandezze. È per esempio importante, a proposito del
modello relativo all’imposta negativa sul reddito, la relazione esistente tra garanzia di base,
aliquota marginale dell’imposta negativa e livello Break-Even (cfr. sezione 4.1).
ν Riflessioni fondate su considerazioni generali di plausibilità: queste riflessioni entrano in gioco in particolare quando si esce dal quadro ristretto dei modelli. Quale esempio ci
si può riferire alla riflessione secondo cui il solo reddito minimo garantito non può impedire
18
Reddito minimo garantito
3 Panoramica sulle questioni legate al reddito minimo garantito
la povertà, in quanto in molti casi particolari un reddito esistenziale forfetario non è in grado
di coprire le spese inevitabili.
Risultati empirici
Viste le riserve formulate nei confronti delle riflessioni teoriche, la valutazione dei modelli
realizzati assume una grande importanza. A questo proposito da un lato si può effettuare
un raffronto „prima-dopo“, il quale non consente tuttavia di formulare enunciati attendibili
poiché la condizione ceteris paribus non può essere rispettata. Dall’altro, veri e propri esperimenti sociali permettono invece di operare una valutazione degli effetti in condizioni
controllate. Concretamente ciò avviene osservando simultaneamente un gruppo sperimentale (al quale si applica il modello) e un gruppo di controllo (che permane in condizioni immutate). Tra il 1969 e il 1980, negli Stati Uniti sono stati eseguiti quattro grandi esperimenti
sociali con l’imposta negativa sul reddito, compendiati in Weber (1991): 1. New Jersey/Pennsylvania, 2. Iowa/North Carolina, 3. Gary (Indiana) e 4. Seattle/Denver. I singoli
esperimenti comprendevano tra gli 800 e i 4800 partecipanti. Nella media degli esperimenti
sono state utilizzate la soglia di povertà (9255 dollari americani nell’anno 1981) quale garanzia di base e un’aliquota dell’imposta negativa pari al 50 per cento.
Occorre tuttavia precisare che anche nei confronti dei risultati di esperimenti sociali di questo genere va usata una certa cautela (Weber 1991, 64 seg.). Gli esperimenti sono infatti
limitati nel tempo (di regola tre anni), per cui le reazioni osservate non possono essere ritenute del tutto rappresentative delle reazioni che si avrebbero in caso d’introduzione definitiva del modello. E si può dire con certezza che i risultati sono influenzati da fattori culturali
(si sono ad esempio constatate notevoli differenze tra gruppi etnici diversi). I risultati degli
esperimenti americani non possono quindi essere proiettati incondizionatamente sui Paesi
europei.
Simulazioni
Servendosi di modelli teorici e di parametri comportamentali ricavati dall’osservazione empirica si possono eseguire simulazioni sugli effetti di singoli modelli. Il ventaglio delle possibilità va dai semplici calcoli ad hoc concernenti un modello alle raffinate simulazioni al
computer. Tuttavia, considerato che tali simulazioni devono per forza basarsi sui due gruppi precedenti, vanno in linea di principio formulate riserve analoghe nei confronti della loro
attendibilità.
19
4 I principali modelli e le relative discussioni
Reddito minimo garantito
4 I principali modelli e le relative discussioni
Nel presente capitolo viene esposta la letteratura sulle modalità funzionali fondamentali dei
modelli più importanti. Si tratta dell’imposta negativa sul reddito, del credito fiscale, delle
sovvenzioni salariali, del dividendo sociale, della sicurezza di base orientata sul fabbisogno
e del reddito minimo reintegrativo. Nella misura del possibile sono pure illustrati gli aspetti
finanziari. Vantaggi e svantaggi dei singoli modelli sono discussi nel capitolo 5.
4.1
Imposta negativa sul reddito
Il modello dell’imposta negativa sul reddito (INR) si basa su un sistema esistente
d’imposizione del reddito. La sua caratteristica fondamentale consiste nell’estendere il vigente tariffario fiscale alle classi di reddito più basse, facendo però sì che a partire da un
determinato livello di reddito (reddito Break-Even) le prestazioni pecuniarie prendano la direzione opposta (dallo Stato ai contribuenti): chi ha un guadagno superiore a questo livello
paga, chi ne è al di sotto riceve. I redditi inferiori al livello Break-Even non vengono computati integralmente, in modo da mantenere l’incentivo al lavoro. Considerati i suoi effetti,
l’imposta negativa sul reddito rappresenta un versamento diretto, dipendente dal reddito
autonomo, versato dallo Stato a singole economie domestiche. Leu/Eisenring (1998) indicano tre obiettivi perseguiti con l’imposta negativa sul reddito: la lotta alla povertà, la riduzione degli incentivi negativi per il lavoro rispetto al tradizionale sistema dell’assistenza sociale nonché l’efficienza dal punto di vista dei costi.
Le modalità funzionali dell’imposta negativa sul reddito sono illustrate dettagliatamente in
diverse pubblicazioni. Buone spiegazioni si trovano ad esempio in Gerhardt/Weber (1984),
Milano (1989), Weber (1991) Leu/Eisenring (1998), Mitschke (2000, 52 segg.).
L’importo di trasferimento (T) è definito come la differenza tra la garanzia di base (G) e
il reddito autonomo (A) moltiplicato per l’aliquota dell’imposta negativa (t):
T = G - t*A
(1)
Generalmente la garanzia di base viene fissata per economia domestica (cfr. Parker 1993).
Dall’equazione definitoria (1) si può anche calcolare il livello Break-Even (B), raggiunto il
quale si estingue il diritto a versamenti di sostegno, vale a dire che l’importo di trasferimento T è pari a zero. Questo si verifica nel caso di un reddito autonomo A che corrisponde a
G/t:
T=0 ?
A = G/t = B
(2)
Al di sopra del livello Break-Even, le economie domestiche subiscono aggravi; in tal caso
l’aliquota fiscale può comunque essere fissata attorno all’imposta (positiva) normale,
indipendentemente dagli elementi descritti.
L’imposta negativa sul reddito costituisce un calcolo netto: il volume di ridistribuzione lordo
viene abbassato al livello della ridistribuzione netta. I suoi fautori adducono infatti come
vantaggio principale il fatto che l’obiettivo della garanzia esistenziale automatica viene raggiunto per tutti con un volume di ridistribuzione minimo (e quindi intervenendo in misura
minima sull’economia di mercato) (p. es. Van Parijs 1989).
20
Reddito minimo garantito
4 I principali modelli e le relative discussioni
La seguente Figura 2 presenta, servendosi di un esempio numerico semplificato, le modalità di funzionamento dell’imposta negativa sul reddito.
6'000
Imposta positiva (da reddito da lavoro)
Reddito netto da lavoro (dopo deduzione imposte)
Imposta negativa
Ammontare del reddito disponibile
Franchi al mese
5'000
4'000
3'000
2'000
1'000
0
0
500
1'000
1'500
2'000
2'500
3'000
3'500
4'000
Raddito da lavoro (franchi al mese)
Figura 2: Esempio numerico semplificato per il funzionamento dell’imposta negativa sul
reddito
Parametri scelti: garanzia di base di 1’000 franchi; aliquota dell’imposta negativa pari al 50 per cento; aliquota dell’imposta
positiva pari al 50 per cento, livello Break-Even fissato a 2’000 franchi.
Rappresentazione propria
Per avere successo nella lotta contro la povertà, la garanzia di base G deve essere sufficientemente elevata affinché sia possibile condurre una vita dignitosa. Allo scopo di favorire l’incentivo al lavoro, l’aliquota dell’imposta negativa t deve essere fissata al livello più
basso possibile. Infine, per tenere bassi i costi legati all’imposta negativa, anche il livello
Break-Even B deve essere il più basso possibile. Dalla semplice equazione (2) è deducibile
il «dilemma politico fondamentale» (Leu/Eisenring 1998, 440) dell’imposta negativa sul
reddito. Se si vuole avere una garanzia di base elevata (ad esempio G = 3’000), tenendo
bassi i costi (ad esempio B = 3’500), l’incentivo al lavoro risulta esiguo (t = B/G = 0,86). Se
si vuole combinare una garanzia di base elevata (G = 3’000) con un forte incentivo al lavoro (t = 0,2), il programma diventa molto costoso (B = G/t = 15'000). Infine, se si cerca di
avere costi non troppo elevati (B = 3’500) e un forte incentivo al lavoro (t = 0,2), sarà possibile ottenere soltanto una debole garanzia di base (G = t*B = 700). I tre obiettivi sono incompatibili tra di loro (Leu/Eisenring 1998, 440).
Considerato che le classi di reddito sono scarsamente rappresentate all’estremo più basso
e che sono sempre più folte man mano che ci si avvicina al reddito medio, i costi di un pro-
21
4 I principali modelli e le relative discussioni
Reddito minimo garantito
gramma INR lievitano in maniera sproporzionata con l’aumentare del livello Break-Even.
Visto che nel contempo diminuisce il numero di coloro che al netto vanno ancora sottoposti
ad aggravio, un programma INR giunge ben presto ai limiti della finanziabilità (Milano 1989,
Meinhardt et al. 1994). Per questi motivi l’imposta negativa sul reddito, a suo tempo da molti
ritenuta una soluzione infallibile, ha subíto una considerevole relativizzazione
(Leu/Eisenring 1998, 439). In nessun Paese è stata impiegata quale strumento universale
della politica sociale.
Nella letteratura più recente, diversi autori presentano modelli che Barr (1998) chiama
«modelli INR small-scale» e Mitschke (2000, 47 segg.) definisce «modelli INR del tipo poverty-gap». Il loro scopo non è più quello di garantire il minimo esistenziale, bensì soltanto
di colmare parzialmente la lacuna della povertà. Questi modelli vengono discussi soprattutto negli Stati Uniti allo scopo di mantenere gli incentivi al lavoro.
4.1.1 Discussione internazionale
Quale modello inteso a sostituire l’intero sistema della sicurezza sociale, l’imposta negativa
sul reddito è stata discussa soprattutto negli Stati Uniti, dove negli anni Settanta sono stati
eseguiti quattro esperimenti sociali. In questi esperimenti il livello di sicurezza era stato fissato a un livello relativamente basso (tra il 75 e il 100 per cento della soglia di povertà),
mentre l’aliquota dell’imposta negativa era stata stabilita in media al 50 per cento. Sui costi
di una riforma INR per l’intero Paese vi sono stime divergenti, calcolate secondo una «microdata simulation methodology» (Gerhardt/Weber 1984, 44 seg.). Keely et al. (1978) hanno dimostrato che la variante più cara (aliquota fiscale 50 per cento, garanzia di base = soglia di povertà = 5000 dollari americani all’anno per una famiglia di quattro persone nel
1974) comporterebbe ingenti costi supplementari, mentre la variante più economica (aliquota fiscale 70 per cento, garanzia di base = metà della soglia di povertà) permetterebbe
addirittura di realizzare risparmi rispetto allo statu quo di allora. Betson et al. (1981) hanno
ipotizzato considerevoli costi supplementari di un programma INR rispetto ai provvedimenti
da esso sostituiti. Gli esperimenti sociali non sono stati trasformati in programmi permanenti. Si è rinunciato ad allargarli a tutto il Paese.
Tra i diversi modelli INR discussi in Germania, quello più diffuso è il cosiddetto modello
«Bürgergeld» (denaro dei cittadini), presentato originariamente da Mitschke. Mitschke
(1985) prevede una garanzia di base scaglionata in funzione dei tipi di economia domestica, che nel 1982 ammontava in media a 7000 DM all’anno. I redditi inferiori alla garanzia di
base vengono computati soltanto per il 50 per cento, allo scopo di mantenere l’incentivo al
lavoro. Al di sopra del livello Break-Even viene applicata un’aliquota fiscale unica pari al 30
per cento. Mitschke ritiene che questo sistema possa essere finanziato senza intaccare il
bilancio. Nella sua variante di base, il modello «Bürgergeld» riunisce in sé assistenza ai
disoccupati, assistenza sociale, assegni per l’abitazione, BaföG (legge federale tedesca
per la promozione della formazione), assegni per figli e accrediti per compiti educativi e importi esenti da imposizione. Questo modello è stato ripreso all’inizio degli anni Novanta da
associazioni vicine alla CDU. Nel 1994 il programma di principio della CDU ha fatto sua
l’integrazione del sistema fiscale e di assistenza sociale, nel 1997 è stata la volta della
FDP. Nel 1998 persino la Fondazione Friedrich Ebert, vicina ai sindacati, ha sostenuto il
22
Reddito minimo garantito
4 I principali modelli e le relative discussioni
modello «Bürgergeld» di Mitschke, ma non lo ha ritenuto politicamente realizzabile al momento. Pertanto ha presentato anche altre opzioni di riforma in tema di sicurezza di base.
Una buona panoramica della varietà delle proposte d’imposta negativa sul reddito in Germania è data da Kaltenborn (1998, 2000), Gern (1999), Becker (1995) e Trapp/Bach
(1999). Le discussioni sui diversi modelli sono analizzate anche da una miscellanea della
Fondazione Ludwig Erhard (1996), da Krause-Junk (1997), Meinhardt et al. (1996), Offermann (1997) e Pelzer (1996).
Per i diversi modelli vi sono anche varie stime dei costi: Meinhardt et al. (1994) evidenziano
da una parte i problemi pratici che possono sorgere se si vuole combinare l’imposta negativa sul reddito con il sistema fiscale esistente. Un innalzamento dell’importo esente da imposizione al livello Break-Even comporta ingenti perdite fiscali che si ripercuotono in maniera molto più pesante rispetto alle spese per i versamenti legati all’INR. Basandosi su
modelli fiscali del Deutsches Institut für Wirt-schaftsforschung (DIW), gli autori calcolano, a
seconda della variante scelta, costi netti derivanti da un’imposta negativa sul reddito situabili tra i 65 e i 170 miliardi di DM (per il 1995), il che corrisponde a un valore tra il 2 e il 5,5
per cento del prodotto interno lordo. Va sottolineato che queste stime sono molto ben documentate e fondate. Nella sua analisi comparativa del 1995, Becker giunge alla conclusione che le stime allora disponibili non forniscono risposte inequivocabili. Le previsioni
vanno dalla neutralità del bilancio a una lacuna finanziaria del 20-30 per cento del gettito
fiscale derivante da salari e redditi. Correggendo le premesse ottimistiche, il modello «Bürgergeld» risulterebbe abbastanza costoso, vale a dire che implicherebbe costi supplementari piuttosto che risparmi se il suo scopo è quello di assicurare un reddito di base inteso a
garantire l’esistenza. Gern (1999) vorrebbe far seguire l’INR da un esame della necessità,
dicendosi sicuro che ne deriverebbe una netta riduzione dei costi. Basandosi sulle sue simulazioni, l’autore parte dal presupposto che molte persone avrebbero diritto a prestazioni
assistenziali pur non avendone la necessità. Secondo lui, il modello «Bürgergeld» può essere introdotto in maniera economica soltanto se il minimo esistenziale non viene garantito
in modo generalizzato. Kaltenborn (1999, 182) stima che l’introduzione di una sicurezza di
base mediante un’imposta negativa sul reddito comporti costi supplementari di oltre 17 miliardi di DM se si sceglie una variante che prevede un esame della necessità. Egli ritiene
questa prospettiva «fiscalmente economica».
4.1.2 Discussione in Svizzera
Per quanto riguarda la Svizzera, nella letteratura si trovano alcune proposte per un’imposta
negativa sul reddito:
n Rossi (1991a) delinea un «modello per un reddito di base differenziale differenziato inteso a garantire l’esistenza». Per il 1982 egli fissa un reddito minimo disponibile di 13'900
franchi all’anno per una persona singola (ciò corrispondeva al reddito garantito grazie alle
prestazioni complementari, compreso il supplemento per l’affitto e il riscaldamento). Quale
tasso di computo per redditi propri di modesta entità egli prende il 75 per cento (un valore
molto elevato rispetto agli altri modelli). In tal modo risulta un livello Break-Even pari a
18'530 franchi all’anno. Ciò significa che nel 1982 questo modello d’imposta negativa sul
reddito avrebbe comportato costi globali per 1'630 milioni di franchi. Rossi corregge questo
23
4 I principali modelli e le relative discussioni
Reddito minimo garantito
importo, per motivi di distorsione statistica, a 1'350 milioni di franchi, che corrispondevano
allo 0,7 per cento del prodotto interno lordo. L’autore giunge alla conclusione che le cifre
corroborano effettivamente la risposta intuitiva secondo cui un reddito di base inteso a
garantire l’esistenza può essere finanziato in Svizzera senza grosse difficoltà finanziarie
(Rossi 1991a, 101). Evidentemente Rossi tiene conto unicamente dei costi concernenti il
versamento del reddito, trascurando le perdite fiscali derivanti dall’adeguamento del limite
di esenzione fiscale al livello Break-Even. In sintonia con Meinhardt et al. (1994) ci si deve
attendere che i costi globali ammonterebbero a un multiplo di quanto previsto da Rossi.
n Anche Zweifel et al. (1996, 143) sostengono la compensazione sociale grazie a un sovvenzionamento mirato e riferito al soggetto, mediante l’imposta negativa sul reddito.
Quest’ultima assicurerebbe i più poveri pur mantenendo l’incentivo al lavoro, e sarebbe inoltre facile da attuare. Gli autori sono tuttavia cauti a proposito della finanziabilità, problema che necessiterebbe di ulteriori approfondimenti scientifici.
n Il Partito ecologista è l’unico partito politico a sostenere, in una prospettiva a lungo
termine, la garanzia del minimo esistenziale mediante un’imposta negativa sul reddito. Lo
fa in particolare nel suo recentissimo documento «Trasformare anziché smantellare – posizione dei Verdi in merito al lavoro e alla sicurezza sociale » (2001). Esso vorrebbe aggregare, lasciandole al livello attuale, l’assistenza sociale e le prestazioni complementari. I
redditi da lavoro sarebbero computati soltanto a metà e esentati dalle imposte fino
all’importo del minimo esistenziale. I beneficiari dell’INR (ad eccezione degli anziani, degli
invalidi e dei casi di rigore) sarebbero tuttavia obbligati a fornire una controprestazione che
può andare dal lavoro educativo e assistenziale all’attività lucrativa (sostitutiva) mediante
collocamento, passando attraverso il perfezionamento professionale. In caso di rifiuto, le
prestazioni verrebbero decurtate. Gli argomenti addotti dai Verdi in favore di un’imposta
negativa sul reddito sono gli incentivi al lavoro intatti, l’incentivo a creare nuovi posti di lavoro a bassa retribuzione, le uniformazioni e standardizzazioni a livello amministrativo.
Il PSS e i sindacati respingono l’imposta negativa sul reddito. Altrettanto fa l’Associazione
dei datori di lavoro in un comunicato stampa del 19.6.1997, in cui dichiara di ritenere irragionevole, difficilmente attuabile e soggetto a abusi il modello del reddito minimo garantito
sulla base di un’imposta negativa sul reddito. Nel maggio 2000 il PLR ha invece rilanciato
l’imposta negativa sul reddito quale aiuto ai working poor (comunicato stampa del
25.5.2000).
Ma il sistema fiscale svizzero è poi adatto ad accogliere l’introduzione di un sistema integrato di trasferimento fiscale? Wagner (1999, 165 seg.) risponde affermativamente spiegando che le imposte sul reddito vengono riscosse a livello comunale e cantonale, vale a
dire gli stessi livelli cui compete anche la sicurezza sociale definitiva. Altri autori esprimono
dubbi in quanto le molteplici possibilità di deduzione fiscale, diverse da Cantone a Cantone, alterano il quadro dei redditi.
4.2
Crediti fiscali
Le prestazioni assistenziali versate mediante crediti fiscali vengono computate, come nel
caso dell’imposta negativa sul reddito, con le imposte sul reddito. Per questo motivo, la letteratura studiata non distingue sempre in modo netto i due modelli, ma talvolta considera i
24
Reddito minimo garantito
4 I principali modelli e le relative discussioni
crediti fiscali come un’INR parziale. Al di là dei punti comuni, i due modelli di sicurezza di
base presentano però importanti differenze che possono anche condurre a effetti divergenti. In primo luogo, l’interazione fra il credito fiscale e l’imposta positiva è meno chiara rispetto all’imposta negativa sul reddito. In una determinata fascia di reddito vengono comunque
pagate imposte positive, nonostante si facciano valere crediti fiscali. In secondo luogo, nella maggior parte dei programmi relativi a crediti fiscali è richiesta un’attività lucrativa minima. Di conseguenza, coloro che (nel giro di un anno intero) non realizzano alcun reddito
(p. es. i disoccupati) non possono usufruire di questa prestazione. In terzo luogo, infine,
una parte dei crediti fiscali rinuncia volutamente a una garanzia di base e, nella fascia di
reddito più bassa, fa aumentare il credito fiscale a partire da zero, di modo che viene esercitata una pressione estremamente forte perché venga esercitata un’attività lucrativa.
L’esempio più noto di un simile programma di credito fiscale è costituito dall’«Earned Income Tax Credit» (EITC) per le famiglie statunitensi con redditi bassi. Come evidenzia la Figura 3, nell’ambito dell’EITC l’importo del credito fiscale aumenta in una prima fascia di
reddito (fascia Phase-In). Nella seguente fascia di reddito rimane costante e in quella successiva (fascia Phase-Out) va riducendosi progressivamente via via che aumenta il reddito.
Altri programmi, come ad esempio il Working Families Tax Credit (WFTC) britannico, non
presentano per contro una fascia Phase-In, ma, al di sotto della fascia Phase-Out, mantengono il credito fiscale al livello costante di una garanzia di base (Figura 4).
Nella prassi i crediti fiscali sono più diffusi rispetto all’imposta negativa sul reddito. Essi
vengono impiegati in primo luogo per combattere la povertà presso i working poor. Burkhauser/ Couch/Glenn (1996), ad esempio, li considerano molto più idonei a raggiungere in
maniera mirata i veri working poor che non i salari minimi. Il più grande programma di credito fiscale è l’EITC negli Stati Uniti, con circa 20 milioni di economie domestiche beneficiarie e un volume di prestazioni di circa 30 miliardi di dollari all’anno. La Figura 3 è basata su
Leu/Eisenring (1998, 451 segg.), Werner (1999), Wilke (1999) e Bontout (2000). L’EITC
persegue lo scopo di migliorare in particolare i redditi delle famiglie a basso reddito e delle
persone che educano da sole i propri figli nonché «to make work pay», conformemente
all’indirizzo di base della politica sociale americana. L’EITC non offre alcuna sic urezza di
base alle persone senza alcun reddito proprio da lavoro, che dipendono così dai programmi di assistenza pubblica (limitati nel tempo).
Analogamente a quanto accade con l’imposta negativa sul reddito, al di sotto di un determinato reddito gli aventi diritto non pagano alcuna imposta sul reddito, ma ricevono un
supplemento che devono tuttavia richiedere. Questa è una differenza concettuale riscontrabile in tutti i programmi di credito fiscale rispetto all’imposta negativa sul reddito, la quale
viene invece pagata automaticamente. L’esperienza fatta con l’EITC americano ha mostrato che le quote dei beneficiari sono ciononostante relativamente elevate: a seconda
dell’indagine, si situano tra il 66 e l’85 per cento (in Svizzera: il 66 per cento per quanto riguarda le prestazioni complementari all’AVS/AI, circa il 50 per cento per l’assistenza sociale).
Per una famiglia con due figli, il credito fiscale annuo massimo ammonta a 3'756 dollari
(dati del 2000). La fascia Phase-In è compresa tra 1 e 9'720 dollari di reddito annuo da lavoro. In questa fascia di reddito il credito fiscale per ogni dollaro guadagnato è di 40 cents.
25
4 I principali modelli e le relative discussioni
Reddito minimo garantito
Tra 9'700 e 12'700 dollari di reddito da lavoro il credito fiscale rimane invariato all’importo
massimo di 3'888 dollari. Al di sopra di questo limite si riduce di 21 cents per ogni dollaro
guadagnato (fascia Phase-Out). Raggiunto un reddito annuo di 31'152 dollari, il credito fiscale decade. L’effetto esercitato dai crediti fiscali sull’offerta di lavoro dei beneficiari varia
a seconda della fascia: nella fascia Phase-In è simile all’effetto delle sovvenzioni salariali ai
lavoratori (vedi più avanti). Nella fascia di reddito media assume una funzione analoga a
una prestazione forfetaria indipendente dal reddito.
26
Reddito minimo garantito
4 I principali modelli e le relative discussioni
Figura 3: Credito fiscale sul modello dell’EITC negli Stati Uniti
6'000
Imposta positiva (da reddito da lavoro)
Reddito netto da lavoro (dopo deduzione imposte)
Credito fiscale
Ammontare del reddito disponibile
Franchi al mese
5'000
4'000
3'000
2'000
1'000
0
0
500
1'000
1'500
2'000
2'500
3'000
3'500
4'000
Reddito da lavoro (franchi al mese)
Parametri scelti: Credito fiscale massimo di 1'000 fr.; Phase-In per redditi da lavoro tra 0 e 500 fr.; Phase-Out per redditi da
lavoro tra 1'000 e 3'000 fr.; aliquota dell’imposta positiva pari al 50 per cento (della parte di reddito che supera i 2'000 fr.),
«livello Break-Even» (effetto netto allo zero) fissato a 2'500 fr. Rappresentaz ione propria (ispirata all’Institut der deutschen
Wirtschaft 1998)
Figura 4: Credito fiscale sul modello del Working Families Tax Credit in Gran Bretagna
6'000
Imposta positiva (da reddito da lavoro)
Reddito netto da lavoro (dopo deduzione imposte)
Credito fiscale
Ammontare del reddito disponibile
Franchi al mese
5'000
4'000
3'000
2'000
1'000
0
0
500
1'000
1'500
2'000
2'500
3'000
3'500
4'000
Reddito da lavoro (franchi al mese)
Parametri scelti: Credito fiscale con garanzia di base pari a 1'000 fr. (senza Phase-In); Phase-Out per redditi da lavoro tra
1'000 e 3'000 fr.; aliquota dell’imposta positiva pari al 50 per cento (della parte di reddito che supera i 2'000 fr.); «livello
Break-Even» (effetto netto allo zero) fissato a 2'500 fr. Rappresentazione propria (ispirata all’Institut der deutschen Wirtschaft
1998)
27
4 I principali modelli e le relative discussioni
Reddito minimo garantito
Nella fascia Phase-Out, dove la somma delle prestazioni cala sproporzionatamente con
l’aumentare del lavoro, l’effetto è simile a quello di un’imposta negativa sul reddito. Il bilancio di questi effetti sull’offerta di lavoro rimane poco chiara. È lecito pensare che le persone
che già esercitano un’attività lucrativa ridurranno le loro ore di lavoro per poter beneficiare
del credito fiscale. Per quanto riguarda l’EITC, l’80 per cento dei beneficiari ha un reddito
nella fascia Phase-Out, dove si presenta lo stesso dilemma politico conosciuto a proposito
dell’imposta negativa sul reddito (Leu/Eisenring 1998).
4.2.1 Discussione internazionale
Negli Stati Uniti l’«Earned Income Tax Credit» era stato introdotto nel 1972 da Ronald Reagan in California e allargato nel 1982 a tutto il Paese. Nel 1993 Bill Clinton l’ha ampliato in
maniera massiccia. Con questo programma viene realizzata gran parte della sicurezza sociale delle famiglie: su 20 milioni di economie domestiche beneficiarie, oltre 16 milioni hanno figli; nel 70 per cento dei casi si tratta di famiglie monoparentali. Le prestazioni si muovono su tre livelli: per economie domestiche senza figli (tetto massimo del reddito nel 2000:
10'380 dollari / importo massimo della prestazione: 353 dollari), economie domestiche con
un figlio (27'413 dollari / 2’353 dollari) ed economie domestiche con almeno due figli
(31'152 dollari / 3'888 dollari). Le prestazioni a cui si ha diritto vengono calcolate per la fine
dell’anno. Per quanto riguarda le economie domestiche con figli sono tuttavia possibili anche versamenti anticipati di un anno, di modo che l’EITC è immediatamente a dispos izione
se i redditi (considerati sull’intero arco dell’anno) si trovano al di sotto dei tetti massimi indicati.
I programmi di credito fiscale vengono attuati soprattutto negli Stati anglo-americani, ma si
estendono anche oltre. Uno studio dell’OCSE (1998) menziona, accanto all’EITC, altri sei
programmi di credito fiscale per persone che esercitano un’attività lucrativa: un «Work Income Supplement» in Canada, un «Family Income Supplement» in Irlanda (diritto alla
prestazione a partire da 19 ore di lavoro settimanali), la «Independent Family Tax Credit»
in Nuova Zelanda, il «Working Families Tax Credit»4 in Gran Bretagna, un credito fiscale
per persone che esercitano un’attività lucrativa per più di 16 ore alla settimana in Spagna e
un credito fiscale familiare per persone che esercitano un’attività lucrativa in Italia. Altri
modelli di credito fiscale si trovano in Australia (destinato alle famiglie) e dal 1997 nei Paesi Bassi, dove il credito sostituisce una deduzione fiscale per le persone al 70-130 per
cento del salario minimo (Mitschke 2000).
Come emerge da questo elenco, i crediti fiscali vengono spesso utilizzati quali strumenti di
politica familiare. Secondo Mendelson (2001), in tutti i Paesi anglo-americani da lui analizzati (Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Australia) i crediti fiscali costituiscono attualmente
lo strumento più importante per la sicurezza sociale delle famiglie. In parte sono stati soppressi assegni universali per figli, a favore di versamenti di credito fiscale più elevati per le
famiglie con redditi modesti. La ridistribuzione orizzontale è quindi stata indebolita a beneficio della ridistribuzione verticale. Negli ultimi due decenni in tutti i Paesi analizzati i programmi sono stati considerevolmente sviluppati. Mendelson non tiene ancora conto del
4
A partire dal 1999, precedentemente «Family Credit».
28
Reddito minimo garantito
4 I principali modelli e le relative discussioni
«Working Families Tax Credit» (WFTC), introdotto da New Labour in Gran Bretagna, in sostituzione del «Family Credit» nel 1999. Questo credito ha più che raddoppiato il numero
delle economie domestiche beneficiarie (da 600'000 a 1,5 milioni), ma si limita alle famiglie
in cui un componente lavora almeno 16 ore alla settimana. Il WFTC prevede un assegno
per l’educazione dei figli. Anche per questo motivo l’effetto di ridistribuzione è maggiore rispetto al precedente Family Credit. Un’importante innovazione è anche costituita dalle modalità amministrative: i datori di lavoro «pagano» l’indennizzo fiscale direttamente ai lavoratori. In tal modo il sistema risulta semplificato e più efficiente (Delarue 2000; per
un’illustrazione più ampia della nuova politica sociale inglese, si veda Hyde/Dixon/ Joyner
1999).
4.2.2 Discussione in Svizzera
In Svizzera vi sono alcune proposte relative a crediti fiscali nell’ambito della sicurezza di
base:
n Blattmann/Meier (1992) considerano un credito fiscale (da esse designato come INR
parziale) come una possibilità per garantire il minimo esistenziale ai figli (al posto degli attuali assegni per figli). Le autrici reputano un simile RMG per figli uno strumento importante
per uscire dal concetto del „salario del sostentatore“, il quale è fortemente discriminatorio
per le donne nel mondo del lavoro.
n Anche Spycher et al. (1995) propongono, a proposito della riforma della compensazione
degli oneri per figli, una sorta di credito fiscale. Il loro modello «deduzione fiscale» parte
dalla considerazione fondamentale che nella fascia di reddito più bassa si debbano compensare integralmente le spese medie per i figli, mentre al livello dei redditi medi non vi
debba essere più alcuna compensazione. Tra le due categorie, le prestazioni nette diminuiscono. Per essere efficace ed efficiente, il modello deve essere finanziato mediante imposte dirette e trasferire le prestazioni ai beneficiari mediante deduzioni fiscali pagabili o
assegni per figli esenti da imposizione. Le spese nette sono stimate per il 1994 tra i 6 e gli
8 miliardi di franchi (contro i circa 5 miliardi di franchi di spese lorde dell’odierno sistema
della compensazione degli oneri per figli). Questa proposta è sostenuta anche da
Leu/Eisenring (1998, 439 segg.), i quali la designano come la più idonea possibilità
d’impiego di un’INR parziale in Svizzera, in quanto implicherebbe una considerevole semplificazione amministrativa: le circa 850 casse di compensazione familiare attualmente esistenti potrebbero essere soppresse.
n Anche Leu/Burri/Priester (1997), nel loro grande studio sulla povertà in Svizzera, propongono di accordare ai poveri che esercitano un’attività lucrativa supplementi salariali sotto forma di un credito fiscale, da essi ritenuto lo strumento più opportuno per combattere
questo genere di povertà (cfr. pag. 442).
n In un articolo apparso sulla NZZ, Aymo Brunetti, responsabile del settore «Analisi e politica economica» in seno al Segretariato di Stato dell’economia (Seco), e il suo collega
Eric Scheidegger formulano la richiesta di esaminare, anziché salari minimi legali, supplementi sul reddito a favore dei working poor (Eric Scheidegger, Aymo Brunetti: Einkommenszuschüsse statt Minimallöhne, Den «Working poor» soll geholfen werden – aber wie? NZZ
del 24.5.2000). L’americano «Earned Income Tax Credit» sarebbe un provvedimento relativamente efficace per combattere la povertà senza incentivi negativi per il lavoro. Sebbene
29
4 I principali modelli e le relative discussioni
Reddito minimo garantito
– diversamente dai salari minimi – vi sarebbero spese per lo Stato, non si possono trascurare i possibili risparmi realizzabili nell’assicurazione contro la disoccupazione. L’esame di
questi nuovi modelli dovrebbe tuttavia essere subordinato alla condizione della neutralità
dal punto di vista della quota delle uscite della Confederazione. Nella stessa direzione mira
l’argomentazione di Kappeler (2001, 93), anch’egli fautore dell’«Earned Income Tax
Credit» americano quale modello per la Svizzera. Altri autori, per esempio Werner (1999) o
Wilke (1999), dubitano tuttavia che questo programma possa essere applicato alle condizioni europee. Sulla base del sistema sociale meno arcaico, essi prospettano effetti minori
sia a proposito degli incentivi al lavoro sia per quanto riguarda la diminuzione della povertà.
Negli Stati sociali europei un reddito minimo è già in larga misura garantito grazie
all’assistenza sociale. Per questo motivo, un supplemento destinato a raggiungere un effetto incentivante a lavorare dovrebbe essere di un’entità considerevole – e non sarebbe
quindi finanziabile.
n A proposito della riforma dell’imposizione delle famiglie, il Partito socialista (PS svizzero 2001) chiede di trasformare le deduzioni fiscali per figli in «accrediti fiscali», corrispondenti a crediti fiscali forfetari e indipendenti dal reddito. Tali accrediti fiscali sgraverebbero
le famiglie con redditi bassi (alti) in maniera maggiore (minore) che non le attuali deduzioni
fiscali. In una prospettiva più ampia in tema di politica familiare, il PS mira a integrare gli
accrediti fiscali in una rendita per figli (cfr. sezione 4.2.2).
In questa sede rinunciamo ad approfondire un’altra proposta per un credito fiscale
nell’ambito dell’AVS, avanzata da Kirchgässner/Savioz (1995).5
4.3
Sovvenzioni salariali
Con l’aumentare della disoccupazione negli anni Novanta, la discussione sui modelli di sicurezza di base si è estesa anche alla politica occupazionale e del mercato del lavoro. In
tutta Europa, il contingente principale dei disoccupati era costituito da persone scarsamente qualificate. Nella percezione economica tradizionale, questo dato di fatto dipende dalla
disparità tra costi tariffali del lavoro e contributo produttivo del lavoratore, per usare la formulazione di Mitschke (2000, 17). Visto che i provvedimenti di qualifica avrebbero un successo estremamente limitato e, soprattutto, non attecchirebbero a breve termine, le misure
proposte mirerebbero alla flessibilizzazione, deregolamentazione e riduzione dei salari, in
particolare nel settore dei servizi. Questo, sempre secondo Mitschke, avrebbe un effetto
preventivo e non di riparo, e quindi contribuirebbe a ovviare all’emarginazione sociale. Infatti, afferma l’autore, se il fisco finanzia prestazioni assistenziali compensative del salario,
esso finanzia il lavoro anziché la disoccupazione, a patto che il sistema sia impostato in
maniera idonea (2000, 17).
La richiesta di sovvenzioni salariali è formulata in modo sostanzialmente più tendente
all’emancipazione da Edmund Phelps (1997): dagli anni Settanta a questa parte, negli Stati
Uniti la forbice salariale tra lavoratori con reddito basso e quelli con reddito medio si è aperta considerevolmente. Il «reward» dei lavoratori semplici è diminuito, facendo così calare il loro «job attachment» e l’occupazione in generale, il che è poi stato ulteriormente acui5
Kirchgässner, G.; Savioz, M. (1995): Einheitsrente und Finanzierung über eine Energiesteuer: Mögliche Wege zur Reform
der AHV, in: Aussenwirtschaft 50, S. 519-542.
30
Reddito minimo garantito
4 I principali modelli e le relative discussioni
to dal diritto a prestazioni assistenziali. Le conseguenze (maggiore criminalità, droga ecc.)
sarebbero costose per tutti. «Earning a respectable wage to foster self-worth and responsibility» è quanto Phelps ritiene prioritario (1997, nel risvolto). Ma oggi sono richieste conoscenze e capacità professionali, e non lavoro duro dal punto di vista fisico. Il sistema economico e quello politico devono trovare il modo di assicurare un salario ragionevole ai lavoratori meno produttivi, allo scopo di integrarli nel “mainstream” economico. Phelps propone
quale soluzione uno schema di sovvenzionamento graduale per le imprese che impiegano
persone con salari bassi. Considerato che il livello salariale aumenta se le imprese impiegano un numero maggiore di questi lavoratori, il programma si autofinanzierebbe in ampia
misura. Verrebbero inoltre realizzati risparmi nell’assistenza sociale, in relazione alla criminalità e nell’assistenza sanitaria, mentre il fisco potrebbe beneficiare di un gettito maggiore.
Tutte le sovvenzioni salariali perseguono l’obiettivo di stimolare nelle imprese la domanda
di lavoro scarsamente retribuito e di aumentare nel contempo i redditi dei lavoratori con
reddito basso, incrementandone così anche l’incentivo a esercitare un’attività lucrativa. Le
sovvenzioni salariali non sono un vero e proprio reddito minimo garantito, bensì
un’assicurazione di base per i casi in cui l’intero salario da attività lucrativa non riesce più a
coprire il minimo esistenziale. Per quanto riguarda molte cause di povertà (grandezza della
famiglia, disoccupazione, famiglia monoparentale) le sovvenzioni salariali non esplicano a
priori effetti positivi, motivo per cui sono comunque necessari altri strumenti a titolo complementare.
L’obiettivo stesso delle sovvenzioni salariali è criticato ad esempio da Alstott/Ackerman
(1999). Gli autori scrivono a proposito di Phelps: «His centerpiece is job creation at the bottom, not equal opportunity for all.» (207). Soltanto la disparità delle occasioni condurrebbe
tuttavia a ciò che è fatto da Phelps oggetto del problema. Pertanto, per Alstott/Ackermann
le sovvenzioni salariali non rimarrebbero altro che «secularized charity» (207).
I supplementi salariali possono essere impostati in maniera molto diversificata. In parte
viene definita come sovvenzione salariale già la circostanza, attualmente usuale in Svizzera, che i salari più bassi vengono integrati con mezzi dell’assistenza sociale. Talvolta anche
la distinzione dai crediti fiscali è piuttosto vaga. E infatti, ad esempio, Leu/Burri/Priester
(1997) propongono per il nostro Paese supplementi salariali sotto forma di un credito fiscale (vedi sopra). In questa sede non ci occuperemo di queste forme. La seguente illustrazione di altre forme di sovvenzioni salariali è basata su Leu/Eisenring (1998, 447-459).
Un’importante caratteristica distintiva è costituita dal fatto che la sovvenzione venga versata ai datori di lavoro o ai lavoratori. Se è versata ai datori di lavoro, la sovvenzione mira ad aumentare la domanda di lavoro; se i lavoratori la ricevono direttamente, l’accento è
posto sugli incentivi sul versante dell’offerta di lavoro. Le sovvenzioni salariali versate ai
lavoratori possono avere come base di calcolo il salario all’ora o anche il reddito
dell’economia domestica; in caso di versamento ai datori di lavoro, si parte dal salario
all’ora o eventualmente al mese, mentre la situazione dell’economia domestica non può
essere considerata. In entrambi i casi, i supplementi possono essere impostati e graduati in
diversi modi.
Come osserva Mitschke (2000, 445 segg.), le sovvenzioni versate ai datori di lavoro possono avere il carattere di supplementi salariali concessi a rami industriali o imprese in diffi-
31
4 I principali modelli e le relative discussioni
Reddito minimo garantito
coltà se si tratta di evitare licenziamenti oppure possono essere pagati a imprese che, come contropartita, impiegano disoccupati e beneficiari di prestazioni dell’assistenza sociale.
Mitschke designa la seconda variante come “salario combinato”.
Gli effetti esplicati dalle sovvenzioni salariali dipendono fortemente dai rapporti di elasticità
tra offerta e domanda di lavoro. Se la domanda di lavoro è relativamente rigida, una sovvenzione salariale non esplica praticamente alcun effetto occupazionale, ma fa sì che lo
Stato si assuma una parte dei costi salariali dell’impresa. L’incentivo, indesiderato, per i datori di lavoro ad abbassare i salari rappresenta in effetti uno degli svantaggi più discussi
che presentano le sovvenzioni salariali. Un’altra critica riguarda l’inconveniente che la manodopera più costosa viene sostituita da quella mal retribuita e che le persone meglio qualificate vengono rimpiazzate con lavoratori sovvenzionati. Phelps propone pertanto di fissare un limite inferiore al di sotto del quale non viene versata alcuna sovvenzione. Una possibilità a questo riguardo è costituita da regole inerenti al salario minimo. Un altro aspetto
criticato concerne i segnali sbagliati che emanano dalle sovvenzioni salariali: nelle imprese
vengono mantenute in vita strutture che senza sovvenzioni non sarebbero in grado di sopravvivere sul mercato. E, inoltre, i lavoratori non si preoccupano sufficientemente di seguire un perfezionamento professionale a causa dell’incentivo artificiale ad accettare cosiddetti «dead-end-jobs», senza prospettive di sviluppo.
È parimenti controverso se le sovvenzioni salariali raggiungano i bisognosi. I loro fautori
sostengono che con questo modello vengono aiutati in modo mirato i più deboli. I critici sottolineano che le sovvenzioni salariali calcolate sulla base del salario all’ora giungano anche
ad economie domestiche che dispongono di redditi sufficienti e che nel contempo, attraverso la pressione sui salari che esse provocano, vengono a crearsi nuovi gruppi di working
poor.
Per concludere, vediamo altre tre forme di sovvenzioni salariali. La prima consiste nei
supplementi di lavoro quali li propone Keane (1995) (di cui rendiamo qui conto sulla base
di Leu/Eisenring 1998). Secondo questo modello, un supplemento forfetario viene versato
a determinati gruppi, ad esempio le persone che educano da sole i propri figli, se esercitano un’attività lucrativa per un determinato numero di ore alla settimana. L’importo si riduce
proporzionalmente all’aumentare del reddito da lavoro. La seconda forma sono i supplementi ai costi fissi del lavoro. Anche a proposito di questi si pensa soprattutto alle persone che educano da sole i propri figli, ad esempio da parte di Lerman (1988). Rientra nelle sovvenzioni salariali anche la terza forma, che consiste nella riduzione o cancellazione
dei costi salariali accessori per le persone con redditi modesti. Esistono già numerosi
supplementi salariali, per esempio sotto forma di aiuti al reinserimento per disoccupati o
beneficiari di prestazioni dell’assistenza sociale. Normalmente simili programmi sono tuttavia limitati nel tempo. I fautori delle sovvenzioni salariali si attendono invece effetti realmente positivi sulla situazione occupazionale soltanto da programmi permanenti.
4.3.1 Discussione internazionale
I supplementi salariali – in parte, tuttavia, anche sotto forma di crediti fiscali – sono conosciuti in Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada, Italia, Nuova Zelanda e Irlanda. Belgio,
Paesi Bassi e Francia hanno soppresso i salari minimi elevati e abbassato i costi salariali
32
Reddito minimo garantito
4 I principali modelli e le relative discussioni
accessori per le persone con redditi modesti. Questi Paesi conoscevano per la maggior
parte già prima salari minimi legali oppure li hanno introdotti assieme ai programmi di supplementi salariali (p. es. Stati Uniti e Gran Bretagna).
In Germania è da diverso tempo controverso il cosiddetto salario combinato (“Kombilohn”),
termine per il quale si intendono tuttavia concetti differenti (cfr. Bäcker/Hanesch 1997, Buslei/Steiner 1999, Dreger 1998, Karr 1999, Kolb 1998, Miscellanea Schäfer 2000, Schelkle
2000 oppure Sitte 1998). Uno dei primi fautori di questo modello, e forse il più conosciuto,
è Fritz Scharpf – di cui in questa ricerca vengono citati uno studio del 1997 e un contributo
nella miscellanea «Basic Income on the Agenda» di Van der Veen/ Groot 2001. La richiesta di un salario combinato è stata adottata, sotto forme differenti, da diverse correnti politiche. Nelle sue tesi economiche del 1998, presentate quale candidato alla carica di cancelliere, Gerhard Schröder prevedeva supplementi salariali per persone con redditi bassi sotto
forma di un credito fiscale. Nello stesso anno, la CDU/CSU ha sottoposto un proprio modello di salario combinato, finanziato dall’assistenza ai disoccupati. Le associazioni padronali hanno professato la loro adesione all’obiettivo di una maggiore divaricazione dei salari
allo scopo di aumentare l’occupazione nella fascia salariale inferiore (Trapp 1999, 35 seg.).
E un salario combinato non è più rifiutato categoricamente nemmeno dai sindacati
(Leu/Eisenring 1998, 436 seg.).
Attualmente diverse varianti di salario combinato vengono sperimentate a livello regionale.
Dal marzo 2002 si prevede di estendere a tutta la Germania il cosiddetto modello di Magonza. Quest’ultimo comprende un supplemento, limitato a tre anni, ai contributi delle assicurazioni sociali dei disoccupati e dei beneficiari di prestazioni dell’assistenza sociale, se
questi esercitano un’attività lucrativa per almeno 15 ore settimanali e guadagnano tra 325 e
897 euro al mese (con un limite superiore più alto di conseguenza per le coppie e le famiglie). Si tratta quindi di un programma minimo che difficilmente sarebbe in grado di arginare
sensibilmente la disoccupazione: le stime più ottimistiche parlano di 30'000 beneficiari,
contro i quattro milioni di disoccupati. I 20 milioni di euro riservati nel 2002 per queste sovvenzioni (50 milioni nel 2003) risultano modesti di fronte, ad esempio, ai 4 miliardi di euro
destinati ai provvedimenti intesi a procurare occasioni di lavoro. I Verdi, partner nella coalizione di governo, chiedono infatti mezzi finanziari più consistenti per le sovvenzioni salariali, concretamente almeno 1,4 miliardi di euro all’anno (Robert Mayer: «Der umstrittene
Kombilohn kommt», Tages Anzeiger del 15.1.2002).
4.3.2 Discussione in Svizzera
Nella discussione politica in Svizzera non vi è praticamente nessuno che difenda le classiche sovvenzioni salariali versate sui salari orari. Da questo modello si distanzia anche il
presidente delle associazioni padronali Peter Hasler (Soziale Sicherheit 3/2001). Vi sono
invece, come menzionato, richieste miranti a fare esaminare se sia opportuno introdurre
supplementi salariali sotto forma di crediti fiscali (vedi sopra). È per principio contrario ad
ampliare la fascia dei salari bassi il professore di economia ginevrino Yves Flückiger. I salari bassi avrebbero, in linea generale, effetti inibitori rispetto alla produttività e inoltre sarebbero spesso collegati con condizioni di lavoro poco attrattive. In questo settore si sarebbe da tempo dovuto procedere ad adeguamenti strutturali che hanno tuttavia subíto ritardi
33
4 I principali modelli e le relative discussioni
Reddito minimo garantito
in seguito alla politica migratoria della Svizzera. Secondo l’autore, non sarebbe compito
dello Stato mettere a disposizione risorse pubbliche per settori che non sono promettenti
per la Svizzera (vedi Soziale Sicherheit 3/2001, 118).
L’Unione sindacale svizzera (USS) è contraria a un ampliamento della fascia salariale
bassa finanziato dallo Stato (vedi «Expertenbericht Mindestlöhne», 2000, 83). La sua critica ai supplementi salariali si articola in tre momenti: 1. Verità dei costi: gli oneri finanziari
delle imprese vengono spostati agli enti pubblici, il che corrisponde a un sovvenzionamento
indiretto delle imprese che pagano salari bassi; 2. Concorrenza falsata in Svizzera; 3.
Competitività messa in pericolo rispetto all’estero, in quanto i settori con salari bassi vengono tenuti in vita artificialmente (spesso facendo affluire manodopera a basso costo
dall’estero), anziché puntare su una strategia rivolta al futuro e improntata all’innovazione e
a un elevato plusvalore. Per l’USS il mezzo più efficace per migliorare la situazione dei
working poor è costituito dai salari minimi: essi non gravano sul bilancio dello Stato, aumentano l’incentivo al lavoro, possono essere amministrati in modo semplice e sgravano la
società dalle spese sociali.
4.4
Dividendo sociale
Con il dividendo sociale (spesso designato nella letteratura con il termine inglese di «basic
income») ogni cittadino riceve un reddito sociale primario concesso nel rispetto della parità
dei diritti e in maniera incondizionata, indipendentemente dal proprio reddito o patrimonio.
Alla base di questo modello si trova l’idea secondo cui tutti hanno il diritto di partecipare al
benessere sociale raggiunto (da generazioni passate) e all’utilizzazione delle risorse naturali di un Paese. A questo proposito, l’importante economista John Rawls («A Theory of
Justice», 1971) parlava di un nuovo contratto sociale. Diversi autori prevedono un dividendo sociale standard, mentre altri differenziano in funzione dell’età dei cittadini (giovani,
pensionati, altri). Partendo dall’equazione (1) il dividendo sociale può essere caratterizzato
come un caso particolare d’imposta negativa sul reddito, in cui l’aliquota dell’imposta negativa è 0 e l’importo della prestazione assistenziale corrisponde quindi sempre, indipendentemente dal reddito autonomo, alla garanzia di base. In tal modo, contrariamente
all’imposta negativa sul reddito, il dividendo sociale può essere trasferito ex ante ai cittadini. L’obbligo fiscale ha inizio con un reddito al di sopra del dividendo sociale, di modo che
tutti i cittadini con un reddito autonomo paghino le imposte. Considerato che la maggior
parte della popolazione percepisce il dividendo sociale e contemporaneamente paga imposte, questa forma di sicurezza di base genera per tutta la popolazione un ingente volume di
distribuzione lordo.
La Figura 5 illustra, servendosi di un esempio numerico semplificato, il modo in cui agisce
un dividendo sociale. L’effetto netto generato corrisponde a quello dell’imposta negativa sul
reddito.
Anche se l’effetto netto della prestazione assistenziale corrisponde a quello di un’imposta
negativa sul reddito (INR), il fautore del «basic income» Van Parjis (1995, 2000, 2001) individua comunque differenze determinanti: 1. I ritardi nel versamento impliciti nel sistema
dell’INR non costituiscono alcun problema nel modello del dividendo sociale. 2. Visto che
un dividendo sociale è un diritto individuale e non è versato, come nel caso dell’INR, in
34
Reddito minimo garantito
4 I principali modelli e le relative discussioni
funzione della situazione dell’economia domestica, esso può meglio combattere le disuguaglianze all’interno dell’economia domestica. 3. Un «basic income» evita le «unemployment trap» di altri programmi: spesso gli economisti non considerano la paura razionale
davanti all’insicurezza: chi accetta un impiego ma non sa se potrà tenerlo a lungo termine,
o chi intende mettersi in proprio senza garanzia di successo, rischia di ritrovarsi con lacune
amministrative nelle prestazioni assistenziali. In questi casi un dividendo sociale
rappresenta una base più sicura.
Se si vuole che serva quale reddito minimo garantito, il dividendo sociale deve corrispondere al minimo esistenziale. In tal caso, tuttavia, a causa dell’enorme volume lordo esso
troverebbe grosse difficoltà a imporsi a livello politico. Questo vale in particolare se il dividendo sociale è destinato a completare il sistema della sicurezza sociale. A ciò si aggiunge
il fatto che il calcolo in funzione delle persone rende il dividendo sociale, anche nella prospettiva netta, potenzialmente più costoso del calcolo in funzione dell’economia domestica
proprio dell’imposta negativa sul reddito. Come afferma Solow (in Van Parjis 2001), una
simile «zero-sum policy» necessita di un ampio consenso in quanto produce sempre sia
vincitori che perdenti. L’autore vede in questo dato di fatto un grave problema poiché una
prestazione versata incondizionatamente viola la norma di reciprocità, profondamente radicata.
Alcuni autori, come ad esempio Atkinson (1995), hanno pertanto vincolato il «basic income» a una controprestazione, ridefinendolo come «participation income». Il fatto di vincolare prestazioni pecuniarie dello Stato a una controprestazione non è tuttavia un’idea peculiare alla sinistra. Per esempio, anche la Commissione per le questioni del futuro (Kommission für Zukunftsfragen) degli Stati Liberi di Baviera e di Sassonia, notoriamente conservatrice, propone un «Bürgerarbeit» («lavoro dei cittadini») orientato sul benessere comune,
che sarebbe combinato con un diritto a un «Bürgergeld» («denaro dei cittadini») per coloro
che ne hanno un bisogno esistenziale. I beneficiari del «Bürgergeld» non dovrebbero essere a disposizione del mercato del lavoro (Kommission für Zukunftsfragen 1998, 31 seg.). In
seguito alla discussione su pretese di controllo al di là di un simile lavoro eseguito gratuitamente, Gorz (2000), che a suo tempo difendeva un modello analogo, ha invece abbandonato l’idea di una controprestazione e sollecita oggi un dividendo sociale incondizionato.
35
4 I principali modelli e le relative discussioni
Reddito minimo garantito
Figura 5: Esempio numerico semplificato a illustrazione degli effetti del dividendo sociale
6'000
Imposta positiva (da reddito da lavoro)
Reddito netto da lavoro (dopo deduzione imposte)
Dividendo sociale
Ammontare del reddito disponibile
Franchi al mese
5'000
4'000
3'000
2'000
1'000
0
0
500
1'000
1'500
2'000
2'500
3'000
3'500
4'000
Reddito da lavoro (franchi al mese)
Parametri scelti: dividendo sociale di 1'000 fr.; aliquota dell’imposta positiva pari al 50 per cento (del reddito da lavoro), «livello Break-Even» (effetto netto allo zero) fissato a 2'000 fr.
Rappresentazione propria (ispirata a iw -trends (1998))
Molte proposte relative a un dividendo sociale vedono oggi nella garanzia dell’esistenza
tutt’al più un obiettivo a lunga scadenza. Almeno per la breve scadenza si prevedono im porti più bassi (anche Van Parjis, 2001). Numerosi autori vorrebbero vincolare l’ammontare
dell’importo versato allo sviluppo del prodotto nazionale: se quest’ultimo si abbassa, diminuisce anche il dividendo sociale – il che rischia tuttavia di pregiudicare la sicurezza nei
periodi d’emergenza. Per una buona panoramica sullo stato delle discussioni si vedano lo
studio introduttivo «Freedom and Security» (1999) di Fitzpatrick nonché la miscellanea
«Basic Income on the Agenda» di Van der Veen/ Groot (2001).
Il dividendo sociale non ha per obiettivo soltanto la sicurezza di base, bensì anche, citando
il titolo di un libro del suo insigne fautore Van Parjis, una «real freedom for all» (1995). La
sicurezza di base costantemente a disposizione deve rendere possibile un lavoro socialmente utile che sinora non è stato retribuito, assicurare periodi di formazione e perfezionamento e ammortizzare socialmente la flessibilizzazione del mercato del lavoro. Per Van
Parjis, mediante un dividendo sociale sono realizzabili anche rivendicazioni femministe ed
ecologiste quali lo sganciamento del lavoro retribuito dal reddito, la ridistribuzione del lavoro tra uomo e donna e lo sgravio del mercato del lavoro.
4.4.1 Discussione internazionale
L’unico dividendo sociale (almeno tra quelli conosciuti) effettivamente versato a tutta la popolazione è il versamento di 680 dollari annui a tutti gli abitanti dell’Alaska a titolo di partecipazione alle locali trivellazioni petrolifere (Van Parijs 2001). Quest’importo non corrispon-
36
Reddito minimo garantito
4 I principali modelli e le relative discussioni
de ovviamente al minimo esistenziale. Gli effetti di questo sistema, sorprendentemente,
sono stati studiati pochissimo. Negli Stati Uniti, nel 1972 James Tobin convinse il candidato alla presidenza George McGovern a entrare in campagna elettorale con la proposta di
un «demogrant». Negli anni successivi il dividendo sociale non è più stato oggetto
d’attenzione nella politica statunitense. Dalla fine degli anni Settanta, il modello ha invece
animato la discussione politica in alcuni Paesi europei. La proposta è spesso stata introdotta nel dibattito politico dai partiti ecologisti. Nei Paesi Bassi vi è stata un’intensa discussione, durata decenni, su un reddito di base incondizionato. Nel 1994 sia il ministro per
l’economia che quello per le finanze avevano dimostrato il loro interesse per la questione,
ma da allora nessuno, a parte gli ecologisti, se n’è più occupato. Un’iniziativa mirante a introdurre, a titolo sperimentale, un dividendo sociale nella città di Dordrecht è stata un insuccesso politico. La situazione nei Paesi Bassi è stata oggetto di ripetute analisi da parte
di Groot (1997, 1999, 2001). Anche in Danimarca, diverse proposte relative a un dividendo
sociale, in auge nei primi anni Novanta, si sono in definitiva spente per il mancato appoggio
politico (vedi anche Van der Veen/Groot 2001).
Grözinger (1986) ha formulato una proposta per la Germania, dove l’idea del dividendo
sociale non ha tuttavia mai incontrato un grande interesse. Per una panoramica sulle discussioni in Francia si veda Caillé (1996). In questo Paese, diversi autori, quali Bresson
(1993) o Ferry (1995), hanno sviluppato modelli di dividendo sociale – Ferry a titolo di esplicita risposta alle difficoltà della strategia RMI (vedi sotto). In Gran Bretagna è stato
proposto un «Citizen’s Income» dal Citizen’s Income Trust. Anche in Belgio il dividendo
sociale è oggetto del dibattito sulle riforme nella politica sociale. Il relativo epicentro è costituito dall’Université de Louvain, alla quale insegna anche Van Parjis. Le proposte hanno
trovato un ampio consenso presso il ministro degli affari sociali Vandenbroucke, il quale si
era occupato dell’argomento nella propria dissertazione (Vandenbroucke 2001). Van Parjis
è d’altronde anche segretario generale del «Basic Income European Network» (BIEN), la
cui attività è estremamente proficua e il cui indirizzo Internet figura nell’elenco bibliografico.
Una forma di dividendo sociale per singoli gruppi della popolazione è costituita da rendite
di vecchiaia unitarie e indipendenti dai contributi, ma anche da assegni familiari universali.
Questi ultimi sono conosciuti in tutti i Paesi dell’OCSE, tranne gli Stati Uniti, la Nuova Zelanda, la Corea e il Canada (OCSE 1998, 14).
4.4.2 Discussione in Svizzera
L’unico a chiedere un dividendo sociale universale in Svizzera è stato lo studioso di etica
sociale Hans Ruh (1995). Con un importo di base pari a 1'500 franchi, tuttavia, questo dividendo non sarebbe stato sufficiente ad assicurare l’esistenza. E va detto che Ruh non ha
approfondito i calcoli relativi alle conseguenze finanziarie. La proposta non è stata fatta oggetto della discussione politica. In Svizzera svolgono però un ruolo importante i versamenti
incondizionati a singoli gruppi della popolazione:
n Füglistaler/Pedergnana (1993) sostengono una rendita di vecchiaia unitaria e indipendente dai contributi.
n Blattmann/Meier (1992), come pure Spycher et al. (1995), propongono, quale alternativa a una compensazione degli oneri per figli orientata sull’imposta negativa sul reddito (cfr.
37
4 I principali modelli e le relative discussioni
Reddito minimo garantito
sezione 4.1.), una rendita per figli orientata sul dividendo sociale. Le stime quantitative realizzate da Spycher et al. (1995) danno il seguente quadro della situazione: se si fissa una
rendita per figli pari ai costi medi per figli (1100 franchi per figlio al mese), risulta un volume
lordo di prestazioni assistenziali di 17,5 miliardi di franchi (contro gli attuali circa 5 miliardi
per assegni per figli e sgravi fiscali). Con un corrispondente aumento dell’imposta si può
raggiungere il medesimo effetto netto ottenuto con la soluzione orientata sull’imposta negativa sul reddito (6-8 miliardi di franchi).
n Sulla base di un’iniziativa parlamentare presentata nel 1991 dalla consigliera nazionale
Angeline Fankhauser (91.411), la Commissione della sicurezza sociale e della sanità del
Consiglio nazionale ha elaborato un progetto, adottato nel 1998, relativo a un assegno unitario per figli su tutto il territorio nazionale. Nel quadro dei provvedimenti di risanamento del
bilancio della Confederazione, la normativa del Consiglio federale inerente agli assegni familiari è stata sottoposta a una moratoria in vigore fino al 2001 e non è ancora stata presentata al Parlamento. Tuttavia, il progetto si spinge solo poco oltre lo statu quo per quanto
riguarda l’ammontare degli assegni per figli.
n Quale reazione alla lentezza di questo dibattito sugli assegni per figli, nell’autunno 2001
diversi sindacati, capeggiati dalla Federazione svizzera dei sindacati cristiani (FSSC),
hanno lanciato l’iniziativa «Più giusti assegni per i figli!», per la quale vengono attualmente raccolte le firme. L’iniziativa chiede un assegno unitario per figli pari a 450 franchi
per tutta la Svizzera. Contrariamente ad oggi, questo assegno verrebbe pagato per tutti i
figli (secondo il principio «un figlio – un assegno»), anche se i genitori non lavorano o lavorano a tempo parziale oppure sono indipendenti. Secondo i promotori dell’iniziativa, i costi
di un simile assegno per figli ammonterebbero a 9,2 miliardi di franchi all’anno. Il finanziamento sarebbe assicurato mediante trattenute percentuali sul salario uguali a quelle attuali
(4,1 miliardi di franchi), mentre il resto verrebbe assunto dalla Confederazione e dai Cantoni. Visto che per questi ultimi si produrrebbero maggiori introiti fiscali e risparmi nell’ambito
delle prestazioni commisurate al fabbisogno, i costi supplementari netti ammonterebbero a
circa 3,9 miliardi di franchi.
n Nel suo programma di politica familiare, il Partito socialista svizzero chiede che
l’attuale sistema degli assegni per figli e delle deduzioni fiscali, frammentario e ingiusto,
venga sostituito da una rendita per figli, semplice ed equa (PS svizzero 1999, 37). Questa
rendita per figli andrebbe fissata a un importo mensile di 600 franchi per il primo figlio e di
300 franchi per quelli successivi.
Il presidente delle associazioni padronali, Peter Hasler, è contrario a rendite per figli intese
come «assegni federali per figli» (Soziale Sicherheit 3/2001).
4.5
Sicurezza di base orientata sul fabbisogno
La sicurezza di base orientata sul fabbisogno è intesa quale “sicurezza ultima” a complemento delle assicurazioni esistenti e ha lo scopo di sgravare l’assistenza sociale affinché
quest’ultima possa dedicarsi nuovamente alla sua funzione originaria di portare aiuto nelle
situazioni di vita straordinarie. Il modello prevede un potenziamento delle prestazioni esistenti delle assicurazioni sociali fino a raggiungere il minimo esistenziale nonché una riforma dell’assistenza sociale, chiamata sempre più frequentemente a colmare le lacune venutesi a creare tra i singoli rami delle assicurazioni sociali. L’idea di base è di separare
38
Reddito minimo garantito
4 I principali modelli e le relative discussioni
dall’assistenza sociale le fattispecie di bisogno sociale a livello di massa e di riunirle in un
sistema proprio. Da questo modo di procedere ci si aspetta anche che una prestazione forfetaria sia giudicata meno vergognosa e raggiunga quindi meglio gli aventi diritto. Al pari
dell’assistenza sociale, la sicurezza di base orientata sul fabbisogno è indipendente dai
contributi e finanziata con fondi pubblici. Il presupposto per il versamento di prestazioni è
costituito in primo luogo dal bisogno.
In molti Stati sociali europei, l’idea di una sicurezza di base orientata sul fabbisogno è oggetto della discussione sulle riforme. Essa occupa una posizione importante in Germania,
motivo per cui la situazione tedesca è illustrata in dettaglio qui di seguito.
4.5.1 Discussione in Germania
In Germania il modello in questione è difeso soprattutto dalla sinistra. Inizialmente le idee
in questo senso (illustrate in particolare in: WSI 1987a; WSI 1987b, Bäcker 1994) erano
state sviluppate dall’Istituto economico e delle scienze sociali dell’Unione sindacale
tedesca (Wirtschafts- und sozialwissenschaftliche Institut des Deutschen Gewerkschaftsbundes, WSI). Eccone i principi salienti:
n Livello unificato della sicurezza sociale (zoccolo) in tutti i rami delle assicurazioni sociali
e in tutte le normative di diritto sociale e fiscale.
n Assicurazione del fabbisogno socioculturale di base.
n Esiste per principio un diritto individuale a ricevere una prestazione; il calcolo del fabbisogno viene effettuato a livello dell’economia domestica.
n Vi sono obblighi di sostentamento unicamente tra coniugi e tra i genitori e figli minorenni.
n Sulla base di un “paniere di merci” viene determinato il livello in funzione dello standard
socioculturale generale. Redditi propri da lavoro e redditi sociali vanno computati (ad eccezione degli importi esentati).
n Incentivo ad esercitare un’attività lucrativa: nella legge sul promovimento del lavoro è
concesso un livello della sicurezza di base più elevato. In tal modo viene creato un incentivo a mettersi a disposizione del mercato del lavoro. A livello della legge federale tedesca
sull’assistenza sociale non vi è alcun obbligo di lavorare.
Mediante l’esempio dell’assicurazione contro la disoccupazione è possibile mostrare concretamente come possano essere integrati gli elementi di una sicurezza minima:
n La sicurezza di base comprende tutti i disoccupati che non hanno diritto a prestazioni
assic urative o che hanno diritto solo a prestazioni insufficienti.
n Le relative prestazioni vengono versate dagli Uffici del lavoro. Questi ultimi rappresentano, rispetto agli Uffici delle opere sociali, un’istituzione meglio posizionata dal punto di vista
della politica del mercato del lavoro e offrono maggiori garanzie di un trattamento dei disoccupati regionalmente più equilibrato.
n L’integrazione della sicurezza minima nel sistema assicurativo può essere realizzata potenziando le prestazioni dell’assistenza ai disoccupati (“Arbeitslosenhilfe”) fino a raggiungere un livello atto a coprire il fabbisogno.
n L’estensione di una sicurezza di base a tutti i disoccupati presuppone un obbligo assicurativo per tutti coloro che esercitano un’attività lucrativa. Pertanto l’Unione sindacale tede-
39
4 I principali modelli e le relative discussioni
Reddito minimo garantito
sca (Deutscher Gewerkschaftsbund) chiede per gli indipendenti l’introduzione di una tassa
relativa al mercato del lavoro.
n La prestazione deve essere calcolata in modo tale da rendere superfluo attingere a
un’assistenza sociale complementare.
n Il livello della sicurezza di base deve orientarsi sui criteri dell’assistenza sociale in materia di fabbisogno e di prestazioni.
n La sicurezza di base riveste un carattere assistenziale e non assicurativo. Il diritto degli
assicurati a prestazioni di reddito deve essere vincolato alla questione del bisogno e al
computo di eventuali altri elementi di reddito.
n La sicurezza di base non sostituisce le prestazioni dell’assicurazione contro la disoccupazione (“Arbeitslosengeld”) e dell’assistenza ai disoccupati (“Arbeitslosenhilfe”).
Il modello della sicurezza di base orientata sul fabbisogno è difeso anche dalla SPD. Come
indica inequivocabilmente il cancelliere Schröder, per la SPD non esiste tuttavia alcun «diritto all’indolenza» (comunicato stampa, settembre 2001). La sicurezza di base deve entrare in gioco soltanto quando la propria attività lucrativa non può essere esercitata, come nei
casi di inabilità al lavoro, disoccupazione e così via. Mentre negli anni Ottanta chiedevano
ancora un dividendo sociale con lo scopo di sganciare il lavoro dal reddito, nel 1994 i Verdi
hanno anch’essi cominciato a sostenere la sicurezza di base orientata sul fabbisogno. Il
loro modello era fondato innanzitutto su Hanesch/Klein (1988), i quali avevano presentato
una proposta dettagliata di come si possa integrare, nel quadro della legge sul promovimento del lavoro e della legge federale tedesca sull’assistenza sociale, una sicurezza di
base orientata sul fabbisogno. Ecco i punti salienti di questa proposta: nozione uniforme di
reddito e livello uniforme delle prestazioni; computo del reddito da attività lucrativa e da
prestazioni sostitutive del salario nella misura dell’80 per cento, del reddito derivante dalla
sostanza nella misura del 100 per cento (con un determinato limite esentasse). Contrariamente alla SPD, i Verdi rinunciano esplicitamente a un obbligo al lavoro. Lo scopo è quello
di onorare indirettamente il lavoro socialmente utile che non viene eseguito attraverso i canali del mercato. Anche i Verdi prevedono tuttavia prestazioni più elevate se le persone interessate si mettono a disposizione del mercato del lavoro. Anche la PDS si è decisa a sostenere il modello della sicurezza sociale orientata sul fabbisogno. Essa chiede tuttavia che
nel contempo vengano introdotti salari minimi fissati nella legge, allo scopo di impedire il
diffondersi di attività retribuite con salari bassi (Trapp 1999). Lo sviluppo e l’introduzione
graduale di una sicurezza di base orientata sul fabbisogno sono iscritti anche nell’Accordo
di coalizione dell’attuale governo (Mitschke 2000).
4.5.2 Discussione in Svizzera
Un passo in direzione di una sicurezza di base orientata sul fabbisogno è stato compiuto
sancendo un diritto alla sicurezza esistenziale quale è stato riconosciuto per la prima volta
nel 1995, a titolo di diritto non scritto, in una sentenza del Tribunale federale, e trasposto
nel 1999 nella nuova Costituzione federale quale articolo 12. 6 Da questo diritto all’aiuto nei
casi d’emergenza non è tuttavia deducibile alcun diritto a ricevere importi pecuniari concre6
L’articolo costituzionale recita: «Chi è nel bisogno e non è in grado di provvedere a sé stesso ha diritto d’essere aiutato e
assistito e di ricevere i mezzi indispensabili per un’esistenza dignitosa.»
40
Reddito minimo garantito
4 I principali modelli e le relative discussioni
ti. Negli ulteriori sforzi di riforma sono individuabili cinque punti prioritari: 1. ampliamento
del principio delle prestazioni complementari dell’AVS/AI, 2. potenziamento delle prestazioni delle assicurazioni sociali, 3. assicurazione di base per il minimo esistenziale, 4. riforma dell’assistenza sociale e 5. sgravio delle famiglie.
Ampliamento del principio delle prestazioni complementari
Le prestazioni complementari (PC), quali esistono già nell’ambito dell’AVS/AI, sono prestazioni forfetarie versate in caso di bisogno. Le proposte di riforma intendono rendere le PC
accessibili anche ad altri gruppi della popolazione. Anche il Dipartimento federale
dell’interno e la Conferenza dei direttori cantonali degli affari sociali CDAS hanno giudicato
l’idea degna di essere esaminata. Vi sono tuttavia divergenze fra le proposte quanto al
grado di estensione:
n Enderle proponeva già nel 1987 di estendere le PC a tutte le persone domiciliate in
Svizzera. In tal modo sarebbe realizzata un’assicurazione di base per tutte le situazioni della vita. Per ovviare al problema che gli aventi diritto, per ignoranza o per vergogna, non sollecitano le prestazioni complementari, l’autore propone di ricorrere alla dichiarazione delle
imposte: se non è raggiunto un determinato reddito, vengono automaticamente versate le
prestazioni complementari previste. Enderle pone inoltre l’accento sul vincolo tra l’aspetto
pecuniario e un diritto al lavoro (Enderle 1987, 107).
n Nel 1992 il Partito socialista svizzero ha optato per la cosiddetta “variante del catalogo
PC”, vale a dire una graduale estensione del campo d’applicazione delle prestazioni
complementari (PC) fino a raggiungere un’assicurazione di base conformemente
all’odierno sistema delle PC (SP 1996, 35).
n Il Dipartimento delle opere sociali della Città di Zurigo (1997) propone di esaminare il
potenziamento delle PC per famiglie con redditi bassi, disoccupati anziani di lunga durata e
disoccupati che hanno diritto a indennità giornaliere che non garantiscono l’esistenza.
Potenziamento delle prestazioni delle assicurazioni sociali
Un secondo indirizzo di riforma intende potenziare le prestazioni esistenti delle assicurazioni sociali fino a raggiungere il minimo esistenziale, affinché almeno quest’ultimo sia coperto in ogni caso dalla competente assicurazione sociale.
n Füglistaler/Pedergnana (1993) propongono di potenziare le prestazioni assicurative fino a raggiungere il minimo esistenziale per quanto riguarda la compensazione degli oneri
familiari, l’AVS e l’AI (ma non l’assicurazione contro la disoccupazione).
n Bauer/Wyss (1997) vorrebbero realizzare la stessa cosa per tutte le assicurazioni sociali: chi è coperto dalle assicurazioni sociali non deve più avere bisogno dell’assistenza sociale (tranne in casi eccezionali).
Assicurazione di base per il minimo esistenziale
n Zweifel et al. (1996) prospettano a lungo termine un’assicurazione statale obbligatoria
che intervenga ogni qual volta una persona non raggiunge un reddito minimo sufficiente a
41
4 I principali modelli e le relative discussioni
Reddito minimo garantito
garantirne l’esistenza. Secondo gli autori, i rischi coperti in questo modo sarebbero vecchiaia, protezione dei superstiti, malattia, infortunio, invalidità e disoccupazione (155).
n Va più o meno nella stessa direzione una proposta degli economisti Buomberger/Burgstaller (in Harabi 1998, 187), che rappresentano la parte dei datori di lavoro: tutte
le persone devono sottostare a un obbligo relativo a un’assicurazione di base per il minimo
esistenziale in caso di malattia, infortunio, disoccupazione, invalidità e vecchiaia. Le prestazioni assicurative sarebbero unitarie e indipendenti dal reddito e dal versamento di premi.
Per quanto riguarda l’assicurazione dello standard di vita qual’è offerta dalle attuali assicurazioni sociali, entrambi i gruppi di autori prevedono la forma facoltativa e un ruolo più im portante delle assicurazioni private.
Riforma dell’assistenza sociale
Nel corso degli anni Novanta, in Svizzera l’assistenza sociale è stata sempre più sollecitata
a causa della crescente disoccupazione. Pertanto anche i Cantoni hanno dovuto avviare
riforme di politica sociale. Numerose leggi cantonali sull’assistenza sociale sono state rivedute. Inoltre, la revisione della legge sull’assicurazione contro la disoccupazione, nel 1995,
ha fatto sì che si sperimentassero in misura maggiore gli strumenti di un promovimento attivo dell’integrazione o della reintegrazione.
Non sarà una coincidenza che i Cantoni con un tasso di disoccupazione elevato abbiano
portato avanti alacremente una riforma dell’assicurazione minima per le persone che non
possono più beneficiare del diritto a prestazioni dell’assicurazione contro la disoccupazione. Tale è infatti stato il caso dei Cantoni romandi e del Ticino. Modelli espliciti di „revenu
minimum“ sul modello del RMI francese sono stati introdotti nei Cantoni di Ginevra (1995) e
Vaud (1997) (si veda in seguito). Nel Cantone di Friburgo un progetto analogo non ha avuto esito positivo. Ma anche le revisioni delle leggi sull’assistenza sociale nei Cantoni Vallese, Ticino, Neuchâtel e Giura hanno il valore di un avvicinamento progressivo a un diritto
individuale alla garanzia del minimo esistenziale. In tutti i Cantoni menzionati, queste prestazioni sono dipendenti dal fabbisogno e vengono versate a titolo sussidiario, tutti questi
Cantoni rinunciano ad un sostegno da parte dei parenti inteso in senso lato e all’obbligo di
restituzione, tutti prevedono controprestazioni e in tutti la tradizionale assistenza sociale
continua ad esistere accanto ai nuovi modelli. La Conferenza svizzera dei direttori cantonali degli affari sociali CDAS giudica esemplari le riforme attuate dal 1995 nel Cantone Ticino
(compreso lo sgravio delle famiglie, per cui si veda più avanti) (Schöni 2000). Nella Svizzera tedesca, dove i Comuni hanno un ruolo più importante nell’assistenza sociale, si è più
propensi a sperimentare nuove forme di assistenza sociale a livello comunale (per lo più
nelle città) (Wyss/Ruder 1999).
Il fatto che l’assistenza sociale di tipo tradizionale in Svizzera non rappresenta già di per sé
un reddito di base che garantisce l’esistenza è divenuto argomento pubblico anche in seguito alla critica espressa dall’OCSE (OCSE 1996, Schöni 2000). L’OCSE critica in particolare l’incapacità del sistema svizzero dell’assistenza sociale di raggiungere effettivamente
le persone bisognose (soltanto la metà circa degli aventi diritto percepisce prestazioni
dell’assistenza sociale), il che sarebbe riconducibile a «barriere arcaiche», ancora esistenti
42
Reddito minimo garantito
4 I principali modelli e le relative discussioni
in molti luoghi, costituite dal ricorso a parenti più agiati e dall’obbligo di restituzione. Essa
rileva però anche la mancanza di incentivi al lavoro e di aiuti all’integrazione professionale,
la stigmatizzazione e lo spostamento delle persone interessate da un sistema di prestazioni all’altro.
Gli autori specializzati del settore concordano in ampia misura sul fatto che il sistema debba diventare più trasparente mediante un diritto univoco a una determinata prestazione forfetaria e che i margini discrezionali delle autorità debbano essere limitati rispetto ad oggi;
che il ricorso a parenti più agiati e l’obbligo di restituzione debbano essere circoscritti a casi
eccezionali motivati; che un minimo esistenziale definito secondo criteri uniformi sarebbe
importante; che gli incentivi al lavoro debbano essere rafforzati; che l’aiuto attivo
all’integrazione sia necessario e una controprestazione dei beneficiari opportuna. Date
queste premesse, secondo l’opinione più diffusa, un reddito minimo garantito sarebbe realizzabile anche mediante una reimpostazione dell’assistenza sociale.
Una variante speciale ed elaborata è stata proposta nel 1995 da Rossi/Sartoris. I due autori partono dal presupposto che le riforme parziali rendono meno trasparente e più complesso il sistema sociale, il quale andrebbe invece semplificato. La loro proposta consiste
nel distinguere una componente solidale e una componente assicurativa, dando la precedenza alla prima delle due. Il loro cosiddetto modello dei tre cerchi pone al centro questa
sicurezza di base garantita (primo cerchio). Si tratta di una prestazione intesa ad assicurare il minimo esistenziale, non soggetta all’obbligo contributivo ed indipendente dal fabbisogno. Vi hanno diritto tutti gli individui che, per motivi oggettivi, non realizzano alcun reddito
da lavoro. Nel 1994 si avrebbe avuto diritto a prestazioni di 22'000 franchi per adulto e
7'500 per figlio, indipendentemente dalle dimensioni dell’economia domestica. Per finanziare questo modello, Rossi/Sartoris propongono il prelievo di una tassa da tutti i redditi (non
solo dai redditi da lavoro).
Nel secondo cerchio essi prevedono, a titolo complementare, assicurazioni sociali obbligatorie per redditi sostitutivi che vanno oltre il minimo esistenziale, a dipendenza del precedente livello di reddito. Queste assicurazioni andrebbero finanziate mediante contributi dei
lavoratori e dei datori di lavoro. Nel terzo cerchio troveremmo assicurazioni facoltative, da
finanziare a titolo privato, per prestazioni più estese.
Dal punto di vista finanziario, la sicurezza di base del primo cerchio rappresenta la porzione più consistente. Le assicurazioni sociali verrebbero piuttosto sgravate. Rossi/Sartoris
calcolano che il 40 per cento della popolazione residente percepirebbe prestazioni assistenziali. Oltre la metà sarebbe tuttavia rappresentata da bambini e un terzo da beneficiari
di rendite. Secondo gli autori, gli oneri si muoverebbero nell’ambito degli attuali trasferimenti di reddito. La riforma sarebbe quindi fattibile. Ciò è stato messo in dubbio da voci critiche.
A livello politico, il modello dei tre cerchi non è stato ripreso nemmeno dalla sinistra. Nella
sua presa di posizione del 1996 il PS cita i seguenti motivi: una riforma totale acuirebbe la
pressione verso lo smantellamento sociale. Non è chiaro chi paga le prestazioni di fabbisogno speciale. Un sistema ad annaffiatoio che fa del 40 per cento della popolazione beneficiari di prestazioni assistenziali non è orientato sugli obiettivi. La proposta non è compatibile con il sistema sociale delineato nella Carta sociale europea.
43
4 I principali mode lli e le relative discussioni
Reddito minimo garantito
Sgravio delle famiglie
Come indicano Bauer/Streuli (2000), in Svizzera quasi 300'000 bambini sono esclusi dal
sistema degli assegni per figli in quanto il diritto a tali prestazioni è spesso vincolato a un
lavoro salariato esercitato a tempo pieno. In una larga fascia di reddito, il sistema delle deduzioni fiscali per figli conduce, con l’aumentare dei salari, a uno sgravio crescente. In
un’ottica globale, il sistema degli assegni per figli e delle deduzioni fiscali sgrava i redditi
più bassi in modo minore rispetto ai redditi medi e alti e contribuisce poco a impedire la povertà delle famiglie. Il 6,1 per cento delle famiglie vive al di sotto della soglia di povertà,
mentre molte altre famiglie povere si trovano appena al di sopra soltanto grazie
all’assistenza sociale (per un totale annuo di 1 miliardo di franchi). Bauer/Streuli hanno calcolato, servendosi di un sistema di simulazione appositamente sviluppato, i costi e gli effetti
di quattro varianti per una reimpostazione dei versamenti compensativi degli oneri familiari:
deduzione fiscale pura, assegno per figli puro, sistema misto di prestazioni assistenziali
consistente nell’assegno familiare e nella deduzione fiscale nonché il cosiddetto «modello
ticinese», che si ispira al sistema delle prestazioni complementari all’AVS e all’AI.
Quest’ultimo produce i risultati più convincenti: pur richiedendo costi relativamente contenuti, assicura in modo abbastanza efficace i redditi più bassi.
Oltre al Ticino, altri undici Cantoni conoscono già le prestazioni in funzione del fabbisogno
a favore delle famiglie con redditi bassi: AG, FR, GL, GR, LU, NE, SG, SH, VD, ZG, ZH.
Anche la Conferenza svizzera dei direttori cantonali degli affari sociali CDAS raccomanda
di prendere in esame supplementi dipendenti dal fabbisogno per assicurare l’esistenza delle famiglie (Schöni 2000). E persino il presidente delle associazioni padronali, Peter Hasler,
è favorevole a prestazioni in funzione del fabbisogno di questo tipo (Soziale Sicherheit
3/2001). Nella sessione primaverile 2001 è stato dato seguito a due iniziative parlamentari
che intendono introdurre a livello federale prestazioni complementari per famiglie conformemente al «modello ticinese» (iniziativa parlamentare 00.436 Fehr Jacqueline; iniziativa
parlamentare 00.437 Meier-Schatz Lucrezia). La Commissione della sicurezza sociale e
della sanità del Consiglio nazionale dovrà ora elaborare un progetto di legge.
Qui di seguito illustriamo in modo più dettagliato il «modello ticinese». La nostra
presentazione ricalca quella di Carlo Marazza (2001). Nel 1997, in Ticino è entrata in
vigore una nuova legge chiamata legge sugli assegni di famiglia, che colloca la politica
familiare al di fuori dell’assistenza pubblica. L’obiettivo è quello di garantire la libera scelta
di avere figli e di evitare che i costi diretti legati ai figli conducano alla povertà. Accanto agli
usuali assegni per figli, in Ticino esiste un assegno di famiglia orientato sul fabbisogno, che
si compone di un assegno integrativo e di un assegno di prima infanzia. L’assegno
integrativo copre il fabbisogno scoperto dei figli al di sotto dei 15 anni, l’assegno di prima
infanzia copre il fabbisogno dell’intera famiglia se almeno un figlio ha meno di tre anni. Il
livello delle prestazioni corrisponde a quello delle prestazioni complementari all’AVS e
all’AI. Il diritto all’assegno di famiglia spetta al genitore al quale incombe la custodia del
figlio e che dispone di un reddito insufficiente. La persona in questione deve essere
domiciliata in Ticino da almeno tre anni. Riceve l’assegno di prima infanzia il genitore che
non lavora più del 50 per cento. Se, nel caso di una coppia di coniugi, l’altro genitore non
lavora al 100 per cento senza che ve ne sia un motivo giustificato, viene computato un
reddito ipotetico. Le prestazioni vengono versate dalla Cassa cantonale per gli assegni
44
Reddito minimo garantito
4 I principali modelli e le relative discussioni
gono versate dalla Cassa cantonale per gli assegni familiari. Nel 2000 i costi delle prestazioni complementari ammontavano a 17,5 milioni di franchi (versati a circa 1800 beneficiari) e quelli degli assegni di prima infanzia a 4,8 milioni di franchi (versati a circa 300 beneficiari). I costi vengono coperti mediante il trasferimento di altre spese sociali e risparmi realizzati nell’assistenza pubblica (40 per cento), tramite la Cassa cantonale per gli assegni
familiari e il Cantone.
In vista di una prima revisione, il Cantone Ticino ha fatto valutare la legge. La valutazione
ha evidenziato che i beneficiari non possono essere attribuiti ad una tipologia chiara, ma
che comunque sono relativamente spesso divorziati o separati, vivono in famiglie patchwork monoparentali (41 per cento) e non possiedono il passaporto svizzero (66 per cento), cosa che rispecchia la precaria situazione salariale della popolazione straniera. Fra le
famiglie beneficiarie sono più frequenti quelle con due figli, seguite da quelle con un figlio
e, più raramente, da quelle con più di due figli.
Per il futuro professionale delle madri si è rivelata problematica la condizione, legata
all’assegno di prima infanzia, di non lavorare più del 50 per cento e di prevedere un impiego al 100 per cento per il partner. Queste condizioni saranno soppresse nel contesto della
revisione della legge. La valutazione ha inoltre mostrato in che modo funziona la “trappola
della povertà” presso le donne: molte madri vorrebbero riprendere il lavoro, ma i salari offerti non permettono loro di coprire le spese derivanti dalla loro assenza da casa (custodia
dei figli, faccende domestiche). Dalla valutazione è anche emerso che per combattere efficacemente la povertà delle donne sono necessari ulteriori provvedimenti attivi intesi a promuovere la conciliabilità di famiglia e professione: asili nido, provvedimenti di reintegrazione nel mercato del lavoro, orari di lavoro flessibili e così via.
4.6
Reddito minimo reintegrativo
Un reddito minimo reintegrativo ha lo scopo di far fronte presso i disoccupati, mediante
sforzi attivi di reintegrazione, alle tendenze di emarginazione connesse con la povertà. La
lotta contro l’emarginazione sociale assume in questo contesto il valore di un’esigenza
prioritaria, affrontata ponendo al centro la reintegrazione sociale ed economica. L’autorità
preposta alle questioni sociali e i bisognosi concludono un contratto di reintegrazione in cui
entrambe le parti si impegnano a fornire prestazioni specifiche. Lo Stato garantisce un minimo esistenziale e provvede affinché siano a disposizione programmi integrativi. I beneficiari del reddito minimo si impegnano a esercitare determinate attività proprie. Un simile
reddito minimo vincolato a determinate condizioni non può sostituire l’assistenza sociale,
ma può sgravarla. In certo qual modo, la « anticipa ».
L’idea non è del tutto nuova e può svolgere un ruolo in tutti i modelli sinora considerati. Già
il dividendo sociale di Lady Rhys Williams (1942) era per esempio vincolato alla condizione
che tra lo Stato e il beneficiario del dividendo sociale venisse concluso un contratto in cui
quest’ultimo si impegnava a svolgere attività proprie (integrazione nel mercato del lavoro,
perfezionamento professionale, lavoro di assistenza o altre attività socialmente utili). Il modello attualmente ritenuto «prototipo» è tuttavia il «revenu minimum d’insertion» (RMI) praticato in Francia.
45
4 I principali modelli e le relative discussioni
Reddito minimo garantito
4.6.1 Discussione in Francia
Il «revenu minimum d’insertion» (RMI) è stato introdotto in Francia nel 1988, in un primo
tempo a titolo provvisorio per tre anni, quale provvedimento volto combattere la nuova povertà. Nel 1992 è stato confermato, con alcune modifiche, a tempo indeterminato. La seguente descrizione è basata su Jäggi/Mächler (1992), Fayard (1991) e Bohrer/Wallimann
(1999). Per gli sviluppi più recenti si è attinto anche ad Astier (1997), Bode (1999) e Paugam (1999, 43 segg.).
Tutte le persone oltre i 25 anni o che accudiscono figli, il cui reddito si situa al di sotto del
tasso nominale del RMI e che sono disposte, nel quadro di provvedimenti proposti, a impegnarsi per il proprio inserimento nel mercato del lavoro, hanno diritto a versamenti compensativi che corrispondono alla differenza tra il loro reddito e il minimo esistenziale. I tassi
nominali del RMI sono definiti indipendentemente dal salario minimo legale, il quale è volutamente più elevato. Nel 1999, una persona sola riceveva 2429 FF al mese. Per ulteriori
persone conviventi nella stessa economia domestica vengono pagati supplementi in funzione di questa somma: il 50 per cento per la seconda persona, il 30 per cento per la terza
e il 40 per cento per ogni altra persona. Con il RMI sono automaticamente connesse altre
prestazioni: lo Stato assume infatti l’assicurazione malattie e paga un contributo per
l’alloggio. Le entrate derivanti dalle attività integrative non vengono computate. Anche ulteriori redditi propri, fino a un determinato im porto, non vengono computati per un periodo
massimo di sei mesi.
Nei primi tre mesi il sostegno avviene in maniera incondizionata. Nel corso di questo periodo viene elaborato congiuntamente, sulla base di una definizione della situazione, un contratto di reintegrazione personalizzato in cui i beneficiari delle prestazioni definiscono, per
quanto possibile autonomamente, le proprie attività integrative. Il partner contrattuale è costituito dalla locale Commissione d’integrazione, composta dai rappresentanti di diversi
servizi statali e organizzazioni non governative. I versamenti vengono effettuati mediante le
locali casse familiari. Se gli accordi vengono volutamente disattesi, le prestazioni possono
essere decurtate. Per questo motivo, secondo Outin (1996) il RMI rappresenta la variante
francese del “Workfare”. Il RMI impegna non solo i beneficiari, ma anche lo Stato: i Comuni
devono in particolare provvedere affinché siano effettivamente disponibili offerte
d’integrazione.
Il RMI completa le assicurazioni sociali insufficienti, ma non le sostituisce. Esso viene finanziato mediante una speciale imposta supplementare sui grandi patrimoni. Sono stati
intrapresi sforzi considerevoli per far conoscere il RMI e renderlo facilmente accessibile. E
infatti, esso raggiunge le persone bisognose molto meglio che non l’assistenza sociale di
tipo tradizionale: appena il 10 per cento circa degli aventi diritto non percepisce un RMI.
Fino al 1994 il numero dei beneficiari è aumentato ogni anno del 15-20 per cento, in seguito in modo più debole. Nel 1996 erano 903'800 le economie domestiche che ricevevano un
RMI in Francia, e altre 106'700 nei Dipartimenti d’Oltremare. Le sole prestazioni di sostegno finanziario ammontavano nel 2000 a circa 30 miliardi di franchi francesi.
Il RMI ha dato luogo a una serie considerevole di valutazioni (cfr. Vanlerenberghe 1992,
Paugam 1993/1998/1999, Girard 1996). Generalmente il giudizio è in chiaroscuro. Contrariamente alle previsioni iniziali, i versamenti di RMI vanno soprattutto a giovani, persone
46
Reddito minimo garantito
4 I principali modelli e le relative discussioni
che vivono sole e persone che educano da sole i propri figli, poiché spesso le famiglie con
figli raggiungono anche altrimenti il minimo esistenziale, grazie a consistenti assegni per
figli. La maggior parte degli autori ritiene che il RMI rappresenti un netto miglioramento rispetto alla situazione precedente e giudica positivo anche l’orientamento verso una partecipazione sociale. Paugam (1999) menziona anche il fatto che il programma ha fatto assurgere l’emarginazione a tema politico. Il RMI avrebbe inoltre creato una cultura della cooperazione fra le istituzioni statali e quelle private. I due punti maggiormente criticati: in
primo luogo, le autorità non sono sempre state in grado di attuare in maniera adeguata
l’impegnativo programma e di avviare effettivamente sufficienti progetti locali
d’integrazione. In secondo luogo, la reintegrazione in realtà non funziona. Già la valutazione del 1992 aveva evidenziato che i beneficiari sono in parte persone molto emarginate,
senza know-how professionale e senza legami sociali. Per circa il 60 per cento di questi
beneficiari non è stato prospettato, nemmeno a lungo termine, praticamente alcun successo sul mercato del lavoro. Molti di essi avevano problemi di salute (tra cui i problemi di dipendenza). Di conseguenza, tra coloro che lasciano il programma circa il 70 per cento
passa ad altri programmi d’assistenza e soltanto il 30 per cento riesce a compiere il passo
verso l’integrazione professionale. Meno della metà di questi ultimi trova un posto regolare.
Da allora, questo quadro della situazione è rimasto relativamente stabile. Per questo motivo, il RMI viene nuovamente ad essere un’assistenza duratura fonte di stigmatizzazione.
Singoli autori, quale ad esempio Ferry (1995), sono dell’opinione che la strategia integrativa del RMI sia stata un fallimento e che occorra trovare nuove soluzioni.
4.6.2 Discussione ed esperienze in Svizzera
Si è già fatto riferimento agli sforzi di riforma intrapresi nell’assistenza sociale. Qui di seguito illustriamo in modo più dettagliato i progetti RMI veri e propri sperimentati nei Cantoni di
Ginevra e Vaud.
n Cantone di Ginevra
A partire dal gennaio 1995, Ginevra ha partecipato al primo esperimento RMI eseguito in
Svizzera. La relativa legge era stata dapprima introdotta a titolo provvisorio e quindi confermata a tempo indeterminato nel 1999. È appena giunta a conclusione una nuova valutazione del programma, che sarà presto resa accessibile al pubblico. Il Gran Consiglio ginevrino ha approvato nell’autunno 2001 un progetto di revisione ed estensione che tuttavia, in
seguito a un referendum, sarà sottoposto al giudizio del popolo verosimilmente nel giugno
2002. Oltre che su documenti ufficiali, la seguente presentazione è fondata su Fattebert/Mach (1996), Vifian (1996), Royer (1997), Radeff (1997), Rodari (1998) e in particolare
Segond in Rodari (1998), Friboulet (1999), Tecklenburg (in Caritas 1999) e Wyss/Ruder
(1999).
Dal 1995, a Ginevra viene versato alle persone che non hanno più diritto a prestazioni
dell’assicurazione contro la disoccupazione e che vivono a Ginevra da almeno tre anni
(sette anni per gli stranieri) un «Revenu Minimum Cantonal d’Aide Sociale» (RMCAS), che
corrisponde, assieme al sussidio per l’alloggio e all’assunzione dei premi della cassa malati, al minimo esistenziale conformemente alle direttive COSAS. Il RMCAS interviene dopo
l’aiuto cantonale ai disoccupati e prima dell’assistenza sociale. Esso presuppone che una
47
4 I principali modelli e le relative discussioni
Reddito minimo garantito
persona sia collocabile e chiede, in linea di principio, un lavoro compensativo di non più di
20 ore settimanali. Analogamente al RMI francese, il tipo di attività viene stabilito di comune intesa in un contratto.7 In compenso, contrariamente all’assistenza sociale, il RMCAS
non deve essere rimborsato. Vi è inoltre la possibilità di percepire, una tantum, un sussidio
integrativo di 10'000 franchi al massimo per finanziare progetti realistici negli ambiti del perfezionamento professionale, dell’avvio di un’attività lucrativa e della reintegrazione professionale e sociale. Il contratto RMCAS ha una durata di 12 mesi, dopodiché bisogna presentare una nuova domanda. Per attuare il modello, in seno all’Hospice Général (dipartimento
degli affari sociali) è stato creato un apposito «Service du RMCAS». 8 Le decisioni di
quest’ultimo possono essere impugnate presso la Commissione di ricorso in materia di
AVS/AI.
Nell’ottobre 2000 il Governo cantonale ginevrino ha tracciato un bilancio positivo riguardo
all’esperimento (rapporto al Gran Consiglio del 7.10.1999): all’inizio del 1995 il RMCAS ha
accolto 200 persone provenienti dall’assistenza ai disoccupati, 260 dall’assistenza sociale
e 521 dall’ufficio del lavoro. Entro il mese di dicembre del 1996, il numero degli incartamenti è salito a 1328. In seguito al prolungamento del periodo di riscossione nell’assicurazione
contro la disoccupazione, il numero dei beneficiari è calato a circa 1000, ha quindi conosciuto una fase di stabilità, per poi scendere, entro il mese di dicembre del 2000, a 772. Nel
1996 i costi hanno raggiunto il livello più alto, pari a 27,9 milioni di franchi. Con il passare
degli anni, i costi per il singolo incartamento sono venuti ad ammontare a 2000-2300 franchi mensili. I beneficiari del RMCAS erano per il 60 per cento uomini, per due terzi persone
ultraquarantenni e per il 62 per cento cittadini svizzeri. Delle persone che sono uscite dal
progetto nel biennio 1996/1997, il 16 per cento è riuscito a reintegrarsi professionalmente.
Alla fine del 1998, 270 fra aziende, istituzioni e associazioni avevano offerto posti
d’impiego nell’ambito di accordi di cooperazione conclusi con il Service du RMCAS. A
tutt’oggi, il 63 per cento dei beneficiari del RMCAS ha fornito una controprestazione, il che
è molto rispetto al RMI francese. Delle persone non attive, il 36 per cento aveva aderito di
recente al programma o aveva appena concluso un’attività, il 27 per cento aveva problemi
di salute (per lo più di tipo psichico) e il 25 per cento era d’età superiore ai 55 anni.
Per il Governo ginevrino (e in particolare per il competente consigliere di Stato Guy-Olivier
Segond), il RMCAS costituiva un modello di prova per un rinnovamento radicale della politica sociale, che prevede la sostituzione di un sistema passivo con un sistema dinamico
dell’assistenza sociale generalizzata fondata su un diritto individuale. Con il suo messaggio
del 1° febbraio 2001, il Governo cantonale sottopone al Gran Consiglio una legge relativa a
un «revenu minimum de réinsertion» (RMR), destinato a rimpiazzare il RMCAS nonché
una parte consistente dell’assistenza sociale. Nel frattempo questa legge è stata approvata
7
La nozione di controprestazione è molto vasta. Secondo Fattebert/Mach (1996), nel 1996 nelle seguenti categorie si sono
registrate percentuali relativamente elevate: accompagnamento di persone anziane e disabili 13 per cento, assistenza nel
settore sociale (asili nido, centri comunitari) 26 per cento, lavori amministrativi 25 per cento. Nei primi due anni, inoltre, su un
totale di 1013 contratti, 120 erano contratti di formazione, mentre in 24 è stata riconosciuta quale controprestazione un’attività
educativa in seno alla famiglia.
8
Alla fine del 1996, il Service du RMCAS è stato insignito del premio Speyer per le amministrazioni efficienti (Royer 1997,
11).
48
Reddito minimo garantito
4 I principali modelli e le relative discussioni
dal Parlamento cantonale e sarà sottoposta al giudizio popolare nel mese di giugno del
2002.
La nuova legge ricalca la sistematica del RMCAS, ma fa anche tesoro delle esperienze
maturate nell’ambito della sua applicazione. La novità più importante consiste nel fatto che
la cerchia degli interessati non è limitata alle persone collocabili sul mercato del lavoro, ma
comprende anche i beneficiari dell’assistenza sociale che vivono a Ginevra da almeno cinque anni (dieci anni per gli stranieri) e che sono disposti a fornire una controprestazione.
Questi lunghi tempi d’attesa sono stati introdotti allo scopo di prevenire il fenomeno del “turismo sociale”. Ne sono esclusi i minorenni, i beneficiari di rendite, i richiedenti l’asilo, gli
studenti e le persone che lavorano a tempo parziale e che potrebbero lavorare a tempo
pieno, ma non lo fanno per decisione propria. Agli adulti fino ai 25 anni si applica un periodo d’attesa di 120 giorni. Il Governo ginevrino non si attende costi sostanzialmente più gravosi rispetto allo statu quo, nonostante con il RMR le norme materiali inerenti all’assistenza
sociale verrebbero aumentate, per la prima volta in Svizzera, al livello delle prestazioni
complementari (PC).
n Cantone di Vaud
Il «revenu minimum de réinsertion» (RMR) vodese, entrato in vigore nel luglio 1997, era
ispirato alla legge riveduta sull’assicurazione contro la disoccupazione, la quale pone fortemente l’accento sui provvedimenti integrativi. L’introduzione del RMR aveva anche lo
scopo di realizzare risparmi finanziari rispetto alle indennità giornaliere cantonali precedentemente accordate ai disoccupati che non hanno più diritto alle prestazioni
dell’assicurazione contro la disoccupazione.9 Il Governo cantonale vodese, al pari di quello
ginevrino, mira a realizzare una revisione: nel mese di novembre del 2001 ha posto in consultazione una legge sul «revenu d'insertion» (RI), che costituisce un ulteriore elemento di
riforma nel settore sociale. Oltre che su documenti ufficiali, la seguente presentazione è
basata su Fattebert/Mach (1996), Tecklenburg (in Caritas 1999) e Wyss/Ruder (1999). Essa si concentra sugli aspetti divergenti dal modello ginevrino.
Sin dall’inizio, il RMR comprendeva non solo i disoccupati che non hanno più diritto alle
prestazioni dell’assicurazione contro la disoccupazione, bensì tutte le persone bisognose
che come contropartita si erano dichiarate disposte a fornire una propria prestazione integrativa, ossia anche persone che non sono nemmeno contemplate dall’assicurazione contro la disoccupazione. Quale contropartita, il Cantone si impegna ad assicurare un’offerta
d’integrazione. Non hanno accesso al RMR le persone già integrate nel mercato del lavoro,
quali i working poor, che devono far capo all’assistenza sociale per sbarcare il lunario. Le
prestazioni finanziarie corrispondono alle direttive COSAS, cui si aggiunge un supplemento
di 100 franchi mensili. Il diritto di percepire il RMR è limitato a due anni.
Diversamente da Ginevra, nel Cantone di Vaud non è stato istituito alcun servizio proprio
incaricato dell’esecuzione, per evitare doppioni. Il RMR si basa sui servizi sociali e sui servizi per la disoccupazione esistenti. Nei casi in cui l’obiettivo prioritario è costituito
dall’integrazione sociale, la responsabilità per gli incartamenti incombe ai centri sociali regionali. Nei casi in cui si mira soprattutto all’integrazione professionale, la responsabilità
9
Diversamente dal RMCAS ginevrino, il RMR non interviene successivamente all’assistenza ai disoccupati.
49
4 I principali modelli e le relative discussioni
Reddito minimo garantito
spetta per contro al competente Ufficio regionale di collocamento (URC). Nella prassi, questa bipartizione ha generato conflitti. Infatti, quasi tutti i casi sono finiti agli URC, dal momento che nessuno voleva qualificare una persona come definitivamente non più collocabile. E gli URC, dal canto loro, cercavano di riscaricare i casi difficili sui centri sociali. Il RMR
si è di fatto rivelato più economico del sistema precedente. I suoi effetti integrativi sono oggetto di controversie anche nel Cantone di Vaud. Con la prevista trasformazione in un «revenu d’insertion» (RI) si intendono fondere i due sistemi attualmente paralleli costituiti dal
RMR e dall’assistenza sociale di tipo tradizionale. Ulteriori innovazioni riguardano i sistemi
d’incentivazione in caso di occupazione o partecipazione a provvedimenti integrativi.
50
Reddito minimo garantito
5 Le problematiche più importanti
5 Le problematiche più importanti
I seguenti blocchi tematici si conformano tutti a un medesimo modello: in una prima fase
vengono delineate le problematiche, mentre nella parte principale sono illustrati i risultati
riscontrabili nella letteratura. In conclusione proponiamo una valutazione riassuntiva dei
risultati degli studi e ci soffermiamo su questioni suscettibili di alimentare la ricerca.
5.1
Ripercussioni del reddito minimo garantito sulla povertà (efficacia)
5.1.1 Problematiche
In linea generale, porre la questione dell’efficacia significa valutare se con un reddito minimo garantito si possa combattere efficacemente la povertà. In questo contesto si possono
distinguere diversi aspetti parziali: la quota delle persone povere viene ridotta? Il minimo
esistenziale viene coperto? Viene coperto anche il fabbisogno straordinario che sorge in
determinate situazioni di vita? Il reddito minimo garantito raggiunge tutti gli aventi diritto? Il
versamento avviene in maniera sufficientemente tempestiva? Esistono incentivi e aiuti sufficienti a liberarsi dalla dipendenza da un reddito minimo garantito?
5.1.2 Risultati
Leu/Eisenring (1998) individuano un conflitto verosimilmente fondamentale tra la lotta alla
povertà e il mantenimento degli incentivi al lavoro. La lotta alla povertà costituisce quindi un
problema in relazione a tutti i modelli che pongono in primissimo piano gli incentivi al lavoro. Haveman (1996) definisce addirittura «legge ferrea» il fatto che i programmi che finanziano uno standard di vita sufficiente implichino un incentivo negativo per il lavoro.
Leu/Eisenring acuiscono il dilemma affermando che un Paese deve operare una scelta tra
tassi di disoccupazione elevati e tassi di working poor elevati: se questo conflitto dovesse
di fatto rivelarsi inevitabile, occorrerà valutare quale strategia sia quella più vantaggiosa
(Leu/Eisenring 462).
n Quota di povertà
Che un’imposta negativa sul reddito aiuti o no a ridurre la quota di povertà, dipende dal
suo assetto concreto: la garanzia di base è situata al di sopra della soglia di povertà? Continuano ad esistere, accanto all’INR, programmi che coprono il fabbisogno straordinario individuale originato da determinate situazioni di vita? Quali prestazioni sociali esistenti vengono sostituite dall’INR? Continuano ad esistere offerte d’aiuto e provvedimenti integrativi
individuali? Se un’INR viene introdotta ponendo l’accento sul potenziale di risparmio e sugli
incentivi al lavoro, la quota di povertà può benissimo anche aumentare.
Come ha dimostrato ad esempio l’«Earned Income Tax Credit» (EITC) americano, i crediti
fiscali sono in grado di ridurre la povertà tra i working poor e in particolare tra le famiglie
con redditi bassi. Questo dipende tuttavia anche dalla situazione di partenza. In uno Stato
sociale evoluto, gli effetti non sarebbero praticamente comparabili. Inoltre viene quasi
sempre cons iderato unicamente l’aspetto pecuniario. Ci si sofferma invece solo raramente,
ad esempio, sul significato che riveste per le dirette interessate, nella vita quotidiana,
l’aumento del tasso d’occupazione, celebrato come successo, tra le madri che educano da
51
5 Le problematiche più importanti
Reddito minimo garantito
sole i propri figli (Albelda 2001). Inoltre, l’EITC non prevede prestazioni tali da garantire
l’esistenza e non copre i disoccupati.
Le sovvenzioni salariali sono un programma per gruppi target destinato a persone scarsamente qualificate e lavoratori che percepiscono salari bassi, che ha lo scopo di spostare
queste persone dalla disoccupazione e dalla dipendenza dall’assistenza sociale al mercato
del lavoro. Se con ciò viene abbassata o no la quota di povertà dipende dalla misura in cui
aumentano le offerte di occupazione originate dalla sovvenzione. Se dominano effetti di
sostituzione, saranno sostituite soltanto persone un po’ meglio salariate con persone sovvenzionate. Se inoltre interviene lo sperato effetto di una generale riduzione dei salari nella
fascia salariale bassa, vi saranno nuovi gruppi che finiranno in situazioni di bisogno. Per
quanto riguarda i modelli orientati sul Workfare, secondo Solow (1998, 32) bisogna in linea
generale aspettarsi un «nontrivial additional impoverishment of the industrious working poor». Il sacrificio principale sarebbe quindi assunto da coloro che guadagnano male, ma che
sono finora riusciti a tenersi appena al di sopra della soglia di povertà.
Un dividendo sociale potrebbe funzionare come sicurezza minima garantita se fosse
realizzabile al livello del minimo esistenziale. I costi elevati depongono piuttosto a sfavore
di quest’ipotesi. Un dividendo sociale non è inoltre in grado di coprire il fabbisogno
straordinario dovuto a situazioni di vita particolari né il fabbisogno relativo all’aiuto
individuale, e non può quindi sostituire del tutto gli appositi programmi.
A proposito della sicurezza di base orientata sul fabbisogno, per l’effetto sulla quota di
povertà è determinante se si riesce a ridurre la povertà latente e ad aumentare la percentuale degli aventi diritto che percepiscono effettivamente le prestazioni. Ciò presuppone
diritti legali definiti in modo chiaro e semplice, il fatto di renderli pubblici,
un’amministrazione non burocratica delle relative prestazioni, la soppressione di barriere
(come l’obbligo di restituzione) e di effetti di stigmatizzazione. Occorrerebbe inoltre eliminare gli incentivi negativi per il lavoro.
I modelli di controprestazione legati al reddito minimo reintegrativo assicurano esclus ivamente coloro che si convincono a impegnarsi a fornire una controprestazione. Essi non
sono quindi in grado di rimpiazzare interamente l’assistenza sociale. Da esperienze empiriche è tuttavia emerso che i redditi reintegrativi raggiungono meglio gli aventi diritto rispetto
all’assistenza sociale di tipo tradizionale. Anche l’ipotesi dell’integrazione sociale ed economica avrebbe teoricamente il potenziale di ridurre la quota di povertà. Vi è tuttavia
l’inconveniente che nella realtà questo modello non funziona senza problemi. Se però
l’aiuto all’integrazione diviene un aiuto permanente, ciò significa piuttosto assegnare una
nuova denominazione all’attuale assistenza sociale.
n Minimo esistenziale
La risposta alla domanda se un determinato modello garantisca il minimo esistenziale è
strettamente collegata alla definizione di quest’ultimo. In questo contesto, la distanza che
intercorre tra un minimo esistenziale fisico e un minimo esistenziale soc ioculturale è cons iderevole. In materia di assistenza sociale, in Svizzera si sono imposte in ampia misura le
direttive COSAS. Di conseguenza, le proposte specifiche vanno valutate in funzione dei
miglioramenti o peggioramenti che costituiscono rispetto ad esse. Nel modello INR liberale,
la garanzia di base viene spesso fissata volutamente al di sotto dei limiti del fabbisogno
52
Reddito minimo garantito
5 Le problematiche più importanti
esistenziale normalmente usuali nella prassi della politica sociale, allo scopo di generare
una spinta verso l’esercizio di un’attività lucrativa. Vi sono per contro voci critiche che evidenziano il grande pericolo comportato da redditi minimi fissati a un livello basso: questi
ultimi costringono i beneficiari a inserirsi nel mercato del lavoro ricevendo salari estremamente bassi, sovvenzionando così indirettamente le rispettive imprese (p. es. Bäcker et al.
1989, 155). Disponiamo solo di poche ricerche empiriche eseguite per accertare se anche i
modelli che fissano la garanzia di base al di sotto del minimo esistenziale possano ridurre
la quota di povertà. Simulazioni basate sugli esperimenti sociali di Seattle e Denver e che
partono da un livello della garanzia di base compreso tra il 75 e il 100 per cento della soglia
di povertà, riassunte in Danziger et al. (1981, 1016), giungono a risultati che vanno da una
riduzione della quota di povertà (del 16 per cento al massimo) a un suo aumento (del 26
per cento al massimo).
n Fabbisogno straordinario
Gli importi forfetari, che non tengono conto della specificità delle situazioni di vita e delle
spese che necessariamente ne derivano (costi della salute non coperti dall’assicurazione
malattie, soggiorni in case di cura ecc.), tolgono al fabbisogno la sua qualità di unità di misura dell’aiuto. Per questo motivo, in certi casi sono meno idonei dell’assistenza sociale
individuale a combattere la povertà. Ciò significa che, nonostante il reddito minimo garantito, la povertà continua ad esistere e continua ad essere necessaria un’assistenza sociale
che possa tenere conto di situazioni di vita particolari.
n Raggiungimento degli aventi diritto
Le esperienze fatte sinora mostrano che spesso le prestazioni sociali minime alle quali esiste un diritto legale non vengono fatte valere per vergogna (per esempio nel caso
dell’assistenza sociale o delle prestazioni complementari all’AVS/AI). Di conseguenza, tutti
i sistemi in cui gli aventi diritto devono diventare attivi di propria iniziativa sono suscettibili di
essere utilizzati in misura inferiore all’effettivo bisogno, mentre continua ad esistere la povertà latente. A questo proposto, i sistemi che prevedono un versamento automatizzato
(dividendo sociale e imposta negativa sul reddito) presentano un vantaggio rilevante
(Enderle 1987). A ciò può anche essere collegata una decisiva riduzione dello stress presso le persone interessate (Mäder 1991). Singole pubblicazioni sottolineano tuttavia anche
che la rinuncia a far valere questo diritto non dipende tanto dal fatto di dover presentare
una domanda, quanto dalla questione del disbrigo della medesima, che non deve essere
stigmatizzante e deve proteggere la personalità. Per esempio, anche le rendite dell’AVS,
sancite quale diritto „ovvio“, vengono versate soltanto su relativa domanda, senza che ciò
comporti particolari problemi.
Le barriere vere e proprie nell’assistenza sociale sono costituite dall’assistenza assicurata
dai parenti e dall’obbligo di restituzione (OCSE 1999). Le esperienze maturate a livello empirico con i crediti fiscali e con i redditi minimi reintegrativi mostrano che anche con i
programmi che implicano la presentazione di una domanda si possono raggiungere quote
di riscossione più elevate. Ciò che li accomuna è un alto grado di trasparenza: vigono diritti
legali chiari e forfetari, resi noti come tali alla popolazione.
n Tempestività del versamento
53
5 Le problematiche più importanti
Reddito minimo garantito
Il versamento tempestivo del reddito minimo riveste una particolare importanza quando le
circostanze della vita mutano in modo tale da rendere necessario un sostegno. In questo
contesto, un sistema che versa le prestazioni ex ante presenta grandi vantaggi. Questa
tempestività è garantita soltanto dal dividendo sociale e dalle sovvenzioni salariali versate ai datori di lavoro. In tutti gli altri sistemi il versamento avviene ex post, di modo che
viene sempre a prodursi il bisogno di versare anticipi o prestazioni dell’assistenza sociale
finalizzate a superare momenti critici. A questo riguardo, anche un’imposta negativa sul
reddito o un credito fiscale implicano importanti problemi di natura amministrativa. Per
quanto concerne invece l’EITC americano, questi problemi sono stati risolti nel senso che
le famiglie con figli possono percepire il credito già nel corso dell’anno e non solo alla fine
dello stesso, ossia dopo il bilancio conclusivo.
n Trappola della povertà
Uno dei rilievi più pesanti mossi all’attuale sistema dell’assistenza sociale è che esso rappresenta una “trappola della povertà”. Infatti, poiché un reddito supplementare da lavoro
comporta una riduzione proporzionale della prestazione assistenziale, i poveri sarebbero
scoraggiati dall’uscire dalla dipendenza dall’assistenza pubblica esercitando essi medesimi
un’attività lucrativa. In altri termini, si può anche constatare che i ceti con i redditi più bassi
vengono puniti con un’aliquota d’imposta effettiva del 100 per cento se forniscono una prestazione propria. Seppure in misura meno marcata, lo stesso rilievo può essere mosso anche ai modelli relativi a un’imposta negativa sul reddito con un’elevata aliquota fiscale
marginale, mentre i modelli INR con un’aliquota fiscale marginale bassa implicano costi
talmente elevati da rendere necessari introiti fiscali supplementari per assicurarne il finanziamento. Secondo Barr (1998), questo ulteriore onere per l’economia fa sì che questi modelli rappresentino un altro tipo di “trappola della povertà”. A questo proposito, il dividendo
sociale offre un quadro più favorevole in quanto mira a priori a combinare reddito garantito
e reddito proprio. I crediti fiscali e le sovvenzioni salariali, infine, sono concepiti in modo
tale «to make work pay». Spesso ne beneficiano tuttavia soltanto le persone che esercitano già un’attività lucrativa.
Tutti i modelli hanno in comune il fatto di aumentare l’incentivo al lavoro computando solo
in parte i redditi autonomi da lavoro. Altrettanto fa l’AVS applicando un tasso di computo di
due terzi. Tuttavia, la conseguente estensione della cerchia dei beneficiari
nell’assicurazione di base risulta finanziariamente onerosa.
5.1.3 Valutazione e prospettive
Conclusioni relative alla questione dell’efficacia delle proposte di riforma sono più facilmente disponibili laddove sono stati realizzati programmi. È questo il caso degli esperimenti sociali con un’INR negli Stati Uniti, del RMI francese e di diversi crediti fiscali. Le valutazioni
relative al RMCAS ginevrino, al RMR vodese e alla legge ticinese riveduta sull’assistenza
sociale non consentono tuttavia di andare oltre conclusioni puntuali sull’efficacia della lotta
alla povertà. Visto che gli effetti dei programmi andrebbero distinti da molti processi sovrapposti, in particolare l’evoluzione congiunturale, i risultati non sono quasi mai indiscussi.
Negli ultimi anni le connessioni trasversali con il mercato del lavoro sono state fatte, a ragione, oggetto di maggiore attenzione, in quanto la disoccupazione rappresenta in assoluto
54
Reddito minimo garantito
5 Le problematiche più importanti
una delle principali cause della povertà (cfr. sezione 5.3). D’altra parte, la letteratura specializzata ha affrontato in misura maggiore anche gli aspetti non pecuniari, vale a dire i
meccanismi dell’emarginazione e dell’integrazione, ma anche la ridistribuzione del lavoro e
del reddito (cfr. sezione 5.4).
5.2
Ripercussioni di un reddito minimo garantito sull’efficienza della
sicurezza sociale
5.2.1 Problematiche
Porre la questione dell’efficienza significa valutare se l’obiettivo della sicurezza di base
venga raggiunto per tutti con l’onere più contenuto possibile, rispettivamente se l’obiettivo
della sicurezza di base, partendo da un determinato onere, venga raggiunto nel modo più
completo possibile. A questo riguardo si possono formulare due quesiti distinti: 1) quali ripercussioni ha un reddito minimo garantito sull’efficienza del sistema della sicurezza sociale come tale? 2) quali effetti d’efficienza si ripercuotono sull’intera economia (produttività)?
5.2.2 Risultati
In questo settore predominano le riflessioni teoriche generali. Le valutazioni di dati empirici
e di calcoli modello basati su di essi sono quasi sempre poco significativi, visto che risulta
praticamente impossibile effettuare paragoni tra dati dello stesso genere.
n Circoscrizione dell’obiettivo
Una sicurezza sociale di base deve di fatto raggiungere i bisognosi (efficacia), ma, per motivi legati all’efficienza, possibilmente solo loro. È ciò che viene chiamato circoscrizione
dell’obiettivo. Un’elevata precisione è raggiunta dai sistemi di sicurezza soc iale vincolati a
un approfondito accertamento del fabbisogno. Un simile accertamento è tuttavia costoso –
e incute timore. Pertanto, per le prestazioni orientate sul fabbisogno rappresenta fra l’altro
un problema già il fatto stesso di raggiungere i bisognosi. Per questo motivo, la sicurezza
di base orientata sul fabbisogno e il reddito minimo reintegrativo propongono modi di
procedere più standardizzati, che presumibilmente pregiudicano solo marginalmente la circoscrizione dell’obiettivo. L’altro estremo è costituito dal dividendo sociale, che dapprima
viene versato a tutti e che poi dovrebbe essere restituito come imposta dai non bisognosi.
Mitschke (2000), per esempio, rimprovera al dividendo sociale di mancare in ampia misura
i suoi destinatari, poiché sulla base del calcolo individuale rispecchierebbe le situazioni
personali di bisogno ancora meno di un’INR determinata in funzione del reddito
dell’economia domestica. Tuttavia, proprio in Germania la circoscrizione dell’obiettivo sembra costituire un problema anche per l’INR. La maggior parte delle più recenti proposte
concernenti il “Bürgergeld” (“denaro dei cittadini”) parte dall’idea che i dati fiscali potrebbero
essere utilizzati soltanto come base per un accertamento del fabbisogno che ridurrebbe a
meno della metà il numero degli aventi diritto. È quindi determinante in che misura un reddito imponibile rispecchi una situazione di povertà. I crediti fiscali possono avere una mira
relativamente precisa, come sembra confermare l’EITC. Essi rispecchiano tuttavia anche le
ingiustizie del sistema fiscale. L’EITC trascura inoltre i problemi dovuti ai salari bassi e alla
disoccupazione. Le sovvenzioni salariali coprono almeno le persone con salari bassi, ma
55
5 Le problematiche più importanti
Reddito minimo garantito
non garantiscono che queste ultime provengano realmente da economie domestiche bisognose.
In tutti i modelli che, allo scopo di aumentare gli incentivi al lavoro, non computano interamente i redditi realizzati con una propria attività lucrativa vengono effettuati versamenti a
persone che vivono al di sopra della soglia di povertà. Gli importi di questi versamenti dipendono dal reddito di base garantito e dalla percentuale computata. I versamenti ai non
poveri diventano subito molto costosi, in quanto le persone che vivono appena al di sopra
della soglia di povertà sono più numerose di quelle che si trovano nettamente al di sotto.
L’aumento dell’incentivo al lavoro non è quindi mai gratuito.
n Onere amministrativo
I fautori dell’INR, in special modo, sostengono che l’obiettivo della sicurezza di base possa
essere raggiunto in modo molto efficiente con un’imposta negativa sul reddito anziché
con altri sistemi. Grazie al modello INR, affermano, il volume di distribuzione potrà essere
ridotto al minimo, di modo che da un volume dato sarà possibile ricavare il massimo di efficacia. Questa argomentazione non riesce a convincere per due motivi: in primo luogo, il
solo fatto che vi sia un volume lordo più elevato non è di per sé indice di una maggiore inefficienza (presumibilmente un dividendo sociale, nella sua concepibile semplicità, funzionerà in modo altrettanto efficiente). In secondo luogo, i sistemi della sicurezza sociale raffrontati tra di loro perseguono generalmente obiettivi che vanno al di là della questione della sicurezza di base (mantenimento dello stile di vita usuale in situazioni di vita straordinarie).10
I fautori del modello non si stancano di sottolineare la semplicità dell’attuazione di
un’imposta negativa sul reddito tramite il sistema fiscale (già esistente). Per contro, Meinhardt et al. (1994) evidenziano che un’analisi più precisa dell’attuabilità amministrativa fa
sorgere taluni dubbi circa la presunta semplificazione a livello amministrativo. La necessità
di una verifica permanente dei redditi deriva, da un lato, dalla necessità di versare anticipi
(cfr. sezione 5.1.). Inoltre, un sistema di trasferimento fiscale integrato potrebbe offrire
maggiori opportunità di abuso delle prestazioni di quanto non consenta l’attuale sistema
dell’assistenza sociale. Considerato che un’imposta negativa sul reddito si basa sul principio del calcolo al netto, vi sono molteplici possibilità, in particolare per i piccoli indipendenti,
di influenzare il reddito netto mediante annullamenti e manipolazioni. Presumibilmente
un’imposta negativa sul reddito sarebbe confrontata con problemi di controllo in misura almeno uguale a quanto è costretto a fare l’odierno sistema della sicurezza sociale.
10
Schneider (1990), per esempio, calcola a livello nazionale costi per 46 miliardi di franchi per un programma INR che prevede un importo di base di 1500 franchi al mese e un’imposta negativa del 40 per cento circa. Secondo l’autore, questo importo sarebbe solo di pochissimo più elevato rispetto al costo dell’odierno Stato sociale, ossia 44 miliardi di franchi (AVS: 18
miliardi, AI: 4 miliardi, casse pensioni: 20 miliardi, AD e PC: 1 miliardo ciascuno). Di conseguenza, gli obiettivi della sicurezza
sociale potrebbero essere raggiunti molto meglio con un’imposta negativa sul reddito, praticamente a parità di costi, e quindi
si potrebbe migliorare di molto l’efficienza dell’intero sistema. Questa argomentazione risulta poco seria per diversi motivi. In
primo luogo, viene trascurato il fatto che con un sistema INR non vi sarebbe più alcuna prestazione fiscale fino a un reddito
mensile di 4000 franchi. In secondo luogo, e quale motivo ben più importante, l’attuale sistema della sicurezza sociale adempie compiti che vanno ben oltre la mera assicurazione dell’esistenza (mantenimento di uno stile di vita adeguato). Non è possibile effettuare un confronto dell’efficienza, poiché si tratta di prestazioni dissimili.
56
Reddito minimo garantito
5 Le problematiche più importanti
Un’ulteriore domanda che ci si pone è in che misura un reddito imponibile basso rispecchi
effettivamente una situazione di povertà. Occorre tuttavia considerare che se un’INR viene
vincolata, come proposto nelle pubblicazioni più recenti sul «Bürgergeld», a una verifica a
posteriori del fabbisogno, non risulta più evidente la semplificazione amministrativa. I medesimi vantaggi e svantaggi possono esservi anche per i crediti fiscali. Riguardo all’onere
amministrativo legato all’attuazione delle sovvenzioni salariali non è possibile formulare
una valutazione generale, in quanto tutto dipende fortemente dall’impostazione concreta
delle stesse.
La variante più semplice dal punto di vista amministrativo è quindi chiaramente costituita
dal dividendo sociale, anche se quest’ultimo non è in grado di sostituire completamente
l’assistenza sociale. Ma anche la sicurezza di base orientata sul fabbisogno e il reddito
minimo reintegrativo, con le loro standardizzazioni, offrono un certo potenziale di semplificazioni amministrative. Tuttavia, lo scopo d’integrazione del modello della controprestazione implica anche un onere supplementare (intensa consulenza, spese legate a offerte di
corsi, programmi occupazionali ecc.) che viene a crearsi in seguito a una prestazione contenutistica supplementare rispetto a una liquidazione puramente finanziaria e che, nel caso
ideale, verrebbe compensato con un periodo di riscossione più breve.
n Produttività macroeconomica
Quando si confronta l’efficienza di modelli differenti, occorre considerare anche i guadagni
o le perdite che ne derivano in termini di produttività dell’economia. Specie su questa problematica, le opinioni divergono tra la destra oppositrice di un reddito minimo garantito e i
liberali e la sinistra che lo sostengono. Le posizioni di destra temono, in maniera relativamente semplice, che un reddito minimo garantito non faccia altro che premiare l’indolenza
e spinga quindi verso il basso il prodotto nazionale lordo (cfr. diverse posizioni elencate in
Enderle 1987). Sul versante liberale (p. es. Van Parjis), ci si attende da un reddito minimo
garantito che, mediante l’intervento più discreto possibile sul mercato e semplificazioni
amministrative, liberi maggiori risorse per la realizzazione di prodotti utili. La corrente
liberale si aspetta guadagni in termini di produttività anche dalla possibilità di flessibilizzare
e deregolamentare maggiormente il mercato del lavoro.
Van Parijs (1995), fautore del „basic income“, illustra le sue riflessioni anche facendo ricorso a un modello semplice. A fondamento di questo modello egli pone la teoria della giustizia di John Rawls, il quale ammette la disuguaglianza soltanto nella misura in cui
quest’ultima migliori di fatto la situazione di coloro che sono più sfortunati. La ridistribuzione
statale deve essere fissata al livello in cui il possibile reddito minimo viene potenziato al
massimo. Inizialmente, un aumento della ridistribuzione statale incrementerà fortemente i
redditi minimi, in seguito in misura minore. A partire da un certo punto, in seguito
all’indebolimento della produttività economica dovuto all’eccessiva ridistribuzione, calerà
anche il reddito minimo, di pari passo con l’incremento del volume di distribuzione. Non è
tuttavia possibile decidere empiricamente dove sia collocato concretamente un Paese con
la sua quota di prestazioni sociali, cioè se al di sotto o al di sopra del punto ottimale. A tal
fine occorrerebbe dapprima poter rispondere alla domanda circa l’influsso esercitato a lungo termine dalle spese per la politica sociale sulla produttività di un’economia. È vero che
si possono elencare moltissimi effetti che corroborano il valore della politica sociale, ma
57
5 Le problematiche più importanti
Reddito minimo garantito
sull’influsso concreto di questi fattori non si può che speculare. La richiesta di Van Parijs si
riassume nella constatazione che un sistema della sicurezza minima garantita conduce, in
presenza della medesima quota di prestazioni sociali, all’aumento del possibile reddito minimo, in quanto l’efficienza macroeconomica, secondo le precedenti considerazioni, potrebbe essere incrementata.
Dà adito ad animate discussioni la questione circa la capacità delle sovvenzioni salariali,
che promettono nuovi posti di lavoro nella fascia salariale bassa, di aumentare la produttività economica. Da un lato, mancano ricerche che comprovino una larga diffusione di questo
effetto. Dall’altro, sono in molti a chiedersi che senso abbia contrastare una tendenza del
mercato del lavoro che, in seguito al progresso tecnico e alla concorrenza dei Paesi a salari bassi, appieda lavoratori scarsamente qualificati. A lungo termine, concordano queste
voci critiche, sarebbe più opportuno investire in un sistema di formazione che preveda un
perfezionamento ampliato (Grawehr/Knöpfel 2001, 157). Per quanto riguarda la discussione sulla produttività, a proposito di tutti gli altri modelli ciò che importa prioritariamente è in
che misura essi implichino incentivi negativi per il lavoro, a quanto ammontino le spese e in
che misura essi aumentino complessivamente i costi del lavoro e la quota delle uscite della
Confederazione. Tutto ciò dipende soprattutto dall’impostazione concreta dei modelli e dalle modalità del loro finanziamento.
5.2.3 Valutazione e prospettive
In merito a questa problematica emerge chiaramente che le soluzioni che di primo acchito
appaiono sicure perdono buona parte del loro smalto se le si considera più da vicino. Le
riflessioni disponibili, di carattere piuttosto generale, non sono tuttavia di grande aiuto se si
vuole effettuare un raffronto convincente tra modelli di natura differente. Confronti relativi
all’efficienza possono essere eseguiti opportunamente soltanto se si è in presenza di modelli concepiti in maniera molto concreta. Siffatti studi comparativi sono ad esempio stati
allestiti a proposito di diversi modelli relativi al “Bürgergeld” in Germania (p. es. Kaltenborn
1998, 2000 oppure Gern 1999).
In linea generale si constata che, nonostante notevoli sforzi di ricerca su quello che è stato
chiamato il «valore economico della politica sociale» (cfr. Vobruba 1989), la questione degli
effetti della sicurezza sociale di base sull’efficienza macroeconomica è ancora relativamente poco studiata. Alcuni indizi avanzati a questo riguardo sono sottoposti a verifica nelle
sezioni 5.3. - 5.6., nella misura in cui sono atti ad essere verificati empiricamente.
5.3
Ripercussioni di un reddito minimo garantito sull’occupazione
5.3.1 Problematica
La questione relativa all’influsso esercitato dall’introduzione di un reddito minimo garantito
sull’incentivo al lavoro o sull’offerta di lavoro dei beneficiari è una delle problematiche privilegiate nell’ambito della sicurezza sociale di base. Con l’aumentare della disoccupazione vi
si è aggiunta la questione circa il possibile influsso di diversi provvedimenti sulla domanda
di lavoro delle aziende. In questo contesto è stata formulata la richiesta di portare avanti,
58
Reddito minimo garantito
5 Le problematiche più importanti
attraverso sovvenzioni salariali, un’estensione artificiale del settore dei salari bassi. Dai dibattiti sulla pressione concorrenziale dovuta alla globalizzazione e all’integrazione europea
discendono discussioni in merito alla garanzia di condizioni di lavoro flessibilizzate ed alla
problematica dei costi del lavoro gravati dagli oneri sociali.
5.3.2 Risultati
n Offerta di lavoro
Il modo in cui un reddito minimo garantito influisce sugli incentivi al lavoro viene da un lato
analizzato con riflessioni inerenti alla teoria economica, normalmente sulla base di un
semplice diagramma reddito-tempo libero. Grazie ai mezzi ausiliari analitici costituiti da
curve d’indifferenza e rette budgetarie, è possibile ricostruire mentalmente nel diagramma
gli effetti di un reddito minimo garantito. Con un’assicurazione minima indipendente dal
reddito (aliquota fiscale negativa 0 per cento), la retta budgetaria, in presenza delle condizioni usuali, viene spostata parallelamente verso l’alto. Si produce così un effetto del reddito: visto che diviene più ricca, l’economia domestica sceglierà maggiormente il bene costituito dal tempo libero e lavorerà meno. Con una sicurezza minima dipendente dal reddito
(aliquota fiscale negativa situata fra lo 0 e il 100 per cento) viene ad aggiungersi un effetto
di sostituzione: nella prospettiva individuale, l’aliquota fiscale negativa rende più costoso il
lavoro (il tasso del salario effettivo si riduce) e più economico il tempo libero (il che comporta un cambiamento della salita della retta budgetaria). L’economia domestica sostituirà in
misura maggiore il tempo di lavoro con il tempo libero. A proposito dell’imposta negativa
sul reddito, sia l’effetto del reddito che l’effetto di sostituzione agiscono in direzione di una
riduzione dell’offerta di lavoro. Con la sicurezza minima tramite l’assistenza sociale (aliquota fiscale negativa 100 per cento), un’economia domestica con un reddito da lavoro situato
al di sotto dell’importo della sicurezza di base cesserà di esercitare qualsiasi attività lucrativa (“trappola della povertà”). 11
Sono quindi riconoscibili tendenze di principio, ma è impossibile fare affermazioni circa il
comportamento effettivo. In primo luogo, quest’ultimo dipende dalla forma concreta delle
curve d’indifferenza, in secondo luogo l’identificazione del tempo libero con un bene superiore non è sempre scontata e, in terzo luogo, la supposizione che il tempo possa essere
suddiviso soltanto in tempo libero e in tempo dedicato all’attività lucrativa è sbagliata poiché non considera il lavoro non retribuito. Inoltre, l’analisi è irrilevante per i (potenziali) beneficiari che non possono fornire una prestazione lavorativa; non si tiene conto del ripiego
sul lavoro nero (a questo proposito la sicurezza di base indipendente dal reddito presenta
grandi vantaggi rispetto ad altri sistemi); è presumibile che il sistema delle curve
d’indifferenza si trasformi proprio grazie all’introduzione di una sicurezza minima; e l’analisi
statica trascura gli effetti a lunga scadenza (p. es. effetti positivi sulla salute e sulla formazione) (Weeber 1990, 182 seg.).
11
Questo risultato apparentemente chiaro va relativizzato a diversi livelli. Da un lato occorre considerare le premesse di base, che per la maggior parte sono irrealistiche (Weeber 1990, 171): (1) l’economia domestica interessata percepisce unicamente redditi da lavoro, (2) il tempo di lavoro è divisibile e può essere scelto incondizionatamente, (3) reddito e tempo libero
rappresentano beni di sostituzione (entrambi erano considerati superior), (4) si parte da funzioni di beneficio omogenee del
tipo Cobb-Douglas, (5) il versante del finanziamento viene trascurato.
59
5 Le problematiche più importanti
Reddito minimo garantito
Solow (1998, 5) critica la discussione teorica a un altro livello: «The standard discussion
rests on the tacit belief that all the problems lie on the supply side of the labor market (...).
But that is a Panglossian error.» E questo non perché gli incentivi al lavoro non svolgerebbero alcun ruolo. Soltanto la «elementary distinction between desirability and feasilibility is
often neglected» (Solow 1998, 23), in quanto si presuppone che la domanda di lavoro sia
sempre elastica quando i salari possono calare a un livello sufficientemente basso. Questo
quadro semplicistico del mercato del lavoro contrasterebbe tuttavia con la realtà. Shragge
(1997) si spinge un passo ancora più in là e riconduce questo misconoscere la realtà al costrutto ideologico della cosiddetta «common sense revolution». Nel titolo del suo libro egli
definisce Workfare quale «Ideology for a New Under-Class» e evidenzia questa specifica
morale invertendo i termini della questione: «Would the wealthy have more self-esteem if
they worked for their money rather than inherited it?» (testo stampato sul risvolto della sovraccoperta). Anche all’interno della teoria economica è ora stata avviata una discussione
in merito alla questione di come il rapporto tra «welfare» e «work» possa essere concepito
in maniera più ragionevole (p. es. Clark/Kavanagh 1996).
Un secondo livello d’analisi è costituito dai risultati empirici ottenuti grazie agli esperimenti
sociali eseguiti negli Stati Uniti, alle indagini in merito all’EITC e alla riforma americana
“Welfare-to-Work”, introdotta nel 1996. In particolare per quanto riguarda il comportamento
provocato nei confronti dell’offerta di lavoro, gli esperimenti sociali americani sono stati valutati in modo molto intenso (Danziger et al. 1981, Johnson/Pencavel 1982; Keely et al.
1978; Moffitt 1981; Munnell 1987; Robins 1985). La Tabella 3 illustra la media delle reazioni sul totale degli esperimenti sociali. In questo contesto va rilevato che si sono registrate grandi differenze secondo i singoli esperimenti e i singoli gruppi etnici.
Tabella 3: Variazione media dell’offerta di lavoro tenuto conto di tutti gli esperimenti sociali
relativi all’INR
Variazione del tempo di lavoro annuo
Uomini sposati
in ore
- 89
in punti %
- 5,0
Variazione della quota dell’attività lucrativa
in punti percentuali in %
- 0,03
- 3,5
Donne sposate
- 117
- 21,1
- 0,06
- 22,5
Donne che educano da sole i propri figli
- 123
- 13,2
- 0,07
- 15,7
Giovani (fino ai 18 anni)
- 173
- 22,2
- 0,09
- 20,0
Fonte: Robins (1985, 577).
Tendenzialmente si può constatare che mentre il calo del tempo di lavoro e della quota
dell’attività lucrativa degli uomini sposati è modesto, per le donne (quelle che educano da
sole i propri figli e quelle sposate) esso risulta essere nettamente più marcato. Dal confronto con la variazione della quota dell’attività lucrativa si può d’altronde evincere che il calo
del tempo di lavoro non è tanto riconducibile a una corrispondente riduzione del grado
d’occupazione, quanto piuttosto al fatto che una parte di coloro che svolgono un’attività lucrativa è uscita temporaneamente o completamente dalla vita professionale.
Sulla base dei parametri comportamentali ricavati dagli esperimenti sociali, Moffitt (1981)
ha calcolato la reazione dell’offerta di lavoro di fronte ai cambiamenti dell’impostazione
dell’INR. I risultati sono riepilogati nella Tabella 4.
60
Reddito minimo garantito
5 Le problematiche più importanti
Tabella 4: Reazione dell’offerta di lavoro di fronte all’impostazione dell’INR
Uomini sposati
Variazione delle ore di lavoro settimanali in caso di ...
aumento della garanzia di base di
aumento dell’aliquota fiscale
20$/settimana (ca. 10 punti percentuali) di 10 punti percentuali
- 0,4
- 0,3
Donne sposate
- 0,8
- 1,2
Donne che educano da sole i propri figli
- 1,8
+ 0,5
Fonte: Moffitt (1981, 25).
Anche a questo riguardo si osserva che, rispetto a quella degli uomini, l’offerta di lavoro
delle donne reagisce in modo più marcato di fronte ai cambiamenti. Nel caso
dell’innalzamento dell’aliquota fiscale, aumenta l’offerta di lavoro delle donne che educano
da sole i propri figli: l’effetto sul reddito del guadagno che va riducendosi prevale completamente sull’effetto di sostituzione.
Le indagini condotte sull’EITC ripetono continuamente la cifra magica di un milione di
lavoratori supplementari. Ciò che viene trascurato facilmente è che si tratta di una cifra
politica. Non sono infatti considerati gli effetti di sostituzione presso coloro che
guadagnano di più (cosiddetta fascia phase out). A questo riguardo può essere pagante, in
un’ottica individuale, ridurre il grado di occupazione allo scopo di beneficiare di prestazioni
EITC. La letteratura è concorde sul fatto che l’EITC (sullo sfondo della riforma Welfare-toWork!) ha aumentato la partecipazione lavorativa delle madri che educano da sole i propri
figli.
La riforma americana Welfare-to-Work non ha costituito un punto focale della presente ricerca bibliografica. Ciononostante rivestono una certa importanza le affermazioni di Solow
(1998) a proposito degli effetti di questa riforma orientata sull’incentivazione al lavoro.
L’autore riferisce in merito alle indagini empiriche condotte sulle esperienze pratiche maturate nei programmi Welfare-to-Work di singoli Stati federali americani. In tutti questi studi
emerge che gli ex beneficiari di prestazioni dell’assistenza pubblica hanno pochissime possibilità di trovare un lavoro, indipendentemente dal fatto che programmi speciali promuovano o no il collocamento professionale. La grande maggioranza non riesce a guadagnarsi
da vivere in modo regolare. Questo non stupisce in tempi in cui il mercato del lavoro licenzia in gran numero persone non qualificate. Secondo Solow, la riforma non è quindi riuscita, in ampia misura, a soddisfare l’aspettativa secondo cui i beneficiari di prestazioni
dell’assistenza pubblica siano integrabili nel mercato del lavoro. Essa implica pertanto costi
ben superiori di quanto non vogliano credere i suoi fautori. Nella sicurezza di base non vi
sarebbero «cheap answers», afferma Solow (1998).
Il ruolo degli incentivi al lavoro, che la pubblicazione dell’OCSE «Benefit Systems and
Work Incentives» (1998) definiva ancora come il dilemma principale della politica sociale, è
stato fortemente relativizzato dai risultati empirici. «Lazyness is not a principal cause of poverty» afferma il premio Nobel per l’economia Herbert Simon (in Van Parjis, 2001, 34
segg.). Corrisponderebbe piuttosto al vero che l’accesso al capitale sociale è in ampia misura il prodotto di fattori esterni: esso presuppone l’appartenenza a determinate cerchie
sociali e l’interazione con altri membri delle stesse cerchie, che si favoriscono a vicenda.
Simon reputa del tutto possibile ed economicamente opportuno trasferire al fisco i proventi
di questi fattori esterni, assicurando in tal modo ai più poveri un reddito di base atto a garantirne l’esistenza.
61
5 Le problematiche più importanti
Reddito minimo garantito
Con ciò non si è tuttavia ancora risposto alla domanda se ad esempio un’INR implichi minori incentivi negativi per il lavoro rispetto ad altri modelli di sicurezza di base. La risposta
non è certo resa più facile dal fatto che attualmente vi sono anche modelli di assistenza
sociale che riducono la quota dei redditi autonomi computati. Un esempio in proposito è
costituito dal sistem a dell’assistenza pubblica del Cantone Ticino, il quale computa il reddito proprio soltanto in ragione di due terzi. Rossi/Sartoris (1995, 226) propongono addirittura
di adeguare quest’aliquota fiscale marginale alla situazione economica: gli incentivi al lavoro sono praticamente inutili in presenza di un’elevata disoccupazione, di modo che
l’aliquota fiscale marginale potrebbe essere aumentata in quei frangenti.
Riassumendo si può affermare che i risultati empirici hanno confutato il ruolo centrale degli
incentivi al lavoro nei sistemi di sicurezza di base. La gente non vive di propria volontà al
minimo esistenziale. Ciononostante è parimenti indiscusso che l’offerta di lavoro recede
tendenzialmente in presenza di una garanzia di base elevata e di un’aliquota fiscale marginale elevata. Diventa più facile dedicarsi al lavoro a tempo parziale, fare pause, seguire
corsi di perfezionamento e avviare un’attività indipendente. E ciò soprattutto se un reddito
di base viene versato in maniera incondizionata: «With a universal basic income, workers
will only take up a job if they find it suitably attractive, while employer subsidies make unattractive, low-productivity jobs more economically viable.» (Van Parjis 2001, 19). Per questo
autore è chiaro che: «Boosting the labor supply is no aim in itself» (23). Se tutti riducono il
tempo dedicato al lavoro retribuito per accudire figli e anziani, si potrebbero non solo risparmiare penitenziari e ospedali, ma anche migliorare il capitale umano delle prossime
generazioni.
n Domanda di lavoro
Vi sono molte indagini in merito alla reazione della domanda di lavoro. Come scrive Solow
(1998), la reazione sarebbe «disappointingly small». Una riduzione salariale del 2-3 per
cento estende l’occupazione dell’uno per cento. Sarebbe quindi necessaria una riduzione
salariale molto sostanziosa per creare un’occupazione sufficiente per tutti. Tuttavia, che si
opti per riduzioni del salario reale o per una maggiore disoccupazione: «Either way, the
working poor will pay.» (Solow 1998, 4)
Karr (1999) individua in Germania un ulteriore problema se viene creato un settore dei salari bassi. L’ipotesi che siano soprattutto le persone scarsamente qualificate a diventare
disoccupati di lunga durata non coincide necessariamente con la realtà delle statistiche sulla disoccupazione. La scarsa qualifica professionale occupa soltanto il terzo posto nella
classifica dei fattori che pregiudicano la collocabilità dei disoccupati. Sono infatti ancora più
incisivi a questo riguardo l’età (le persone d’età superiore ai 55 anni non possono praticamente più essere collocate) e i problemi di salute. Nel previsto settore dei salari bassi è richiesta una certa costituzione fisica, che non può essere data per scontata presso questo
tipo di disoccupati.
n Flessibilizzaz ione delle condizioni di lavoro
Nessuno degli autori studiati mette seriamente in dubbio la necessità di flessibilizzare il
mondo del lavoro. Per Mitschke (2000, 88) ne consegue che si tratta di stabilire una flessibilità del mercato del lavoro volta a promuovere l’occupazione, istituendo una sicurezza di
base finanziata con risorse fiscali. Garantire questa sicurezza mediante prelievi percentuali
62
Reddito minimo garantito
5 Le problematiche più importanti
sui salari non entra in linea di conto, poiché sono proprio i „più flessibilizzati” che non possono accumulare diritti sufficienti. Qualcuno (p. es. Farago/Füglistaler 1993) esprime tuttavia anche il timore che una siffatta sicurezza di base possa indebolire la coscienza sociale,
favorendo una mentalità improntata al “hire-and-fire”.
Nei Paesi Bassi è stato sviluppato il modello della «Flexicurity», che oggi è raccomandato
anche da pubblicazioni dell’UE e dell’OCSE. Per la seguente presentazione ci siamo basati
su Caritas 2001 (146 segg.). Il modello Flexicurity parte dal presupposto che la biografia
professionale del futuro sarà in misura sempre crescente un’alternanza di fasi lavorative e
fasi non lavorative. Esso definisce sei passaggi, ciascuno dei quali agisce in entrambe le
direzioni: 1. dal lavoro a tempo parziale al lavoro a tempo pieno; 2. dall’attività indipendente
all’attività dipendente; 3. dalla disoccupazione all’occupazione; 4. dal congedo formativo
all’occupazione; 5. dal lavoro domestico e familiare privato al lavoro retribuito; 6. dal lavoro
retribuito alla rendita. Questi passaggi devono essere garantiti a livello istituzionale. A questo scopo Flexicurity punta su provvedimenti esterni all’azienda, ma prevede un obbligo per
le aziende di parteciparvi finanziariamente. L’Unione sindacale svizzera si è già detta favorevole a un simile modello, vincolandolo tuttavia a determinate condizioni. 12
Non è definito il modello di sicurezza di base posto a fondamento della Flexicurity. Tranne
le sovvenzioni salariali, che hanno un pubblico target ristretto, in linea di principio sono
concepibili tutte le varianti menzionate.
5.3.3 Valutazione e prospettive
Sia le ricerche teoriche che quelle empiriche evidenziano che gli incentivi al lavoro non
svolgono quel ruolo centrale che per un certo periodo era stato loro attribuito. Esse insistono tuttavia anche sul fatto che questo aspetto non dovrebbe essere lasciato da parte
quando si confezionano modelli di sicurezza di base.
La maggior parte delle analisi si muove quasi ininterrottamente lungo una linea argomentativa improntata all’economia di mercato e giudicano negativa una riduzione dell’offerta di
lavoro. Sull’altro versante, questo effetto è invece ritenuto auspicabile da molti fautori del
dividendo sociale e dai Verdi (cfr. anche sezione 5.4). Attualmente vi sono soltanto pochi
punti d’incontro tra questi due piani di discussione. Al riguardo sarebbe auspicabile un dibattito più intenso.
5.4
Ridistribuzione del reddito e del lavoro
5.4.1 Problematica
Alcuni autori ampliano il loro orizzonte, oltre la questione della sicurezza di base pecuniaria
(che contiene una ridistribuzione del reddito), alla problematica della ridistribuzione di tutto
12
1. Come contropartita: riduzione del tempo di lavoro; 2. i modelli flessibili devono essere protetti mediante contratti collettivi
di lavoro; 3. devono essere rispettosi della salute e della vita familiare e sociale; 4. devono essere trasparenti e frutto di una
decisione comune; 5. devono aumentare la pianificabilità del lavoro e il controllo del tempo di lavoro; 6. devono contribuire a
distribuire equamente il lavoro retribuito.
63
5 Le problematiche più importanti
Reddito minimo garantito
il lavoro della società. Essi (p. es. AG Neuverteilung der Arbeit 1994) sostengono che una
ridistribuzione del reddito rimanga un’opera incompiuta se non viene ridistribuito anche il
lavoro (tra gli attivi e i disoccupati, ma anche tra uomini e donne). Questa ridistribuzione
concerne i rapporti tra uomo e donna, ma si riferisce anche alla questione della garanzia
del reddito per le famiglie, riguarda la problematica dell’emarginazione e dell’integrazione
e, in maniera generale, suggerisce il dibattito sul rapporto tra lavoro retribuito e lavoro non
retribuito (ma socialmente utile).
5.4.2 Risultati
n Rapporti tra uomo e donna
Secondo una vecchia rivendicazione femminista, il lavoro e il reddito dovrebbero essere
ridistribuiti tra i sessi. La sicurezza esistenziale andrebbe, come sinora, collegata al lavoro
retribuito, il quale dovrebbe tuttavia essere riorganizzato. L’idea che sta dietro questa rivendicazione è quella di distribuire nel modo più equo possibile l’intero lavoro socialmente
necessario, creando così le premesse migliori per un’integrazione nella società (AG Neuverteilung von Arbeit 1994). La sicurezza sociale dovrebbe tuttavia essere sganciata dal
lavoro retribuito.
In che misura i diversi modelli di sicurezza di base sono in grado di realizzare queste rivendicazioni? Uno sganciamento della sicurezza sociale dal lavoro retribuito può essere
realizzato con tutte le varianti, ad eccezione delle sovvenzioni salariali. La prima rivendicazione va considerata in modo più differenziato. L’INR e i crediti fiscali influiscono sulla distribuzione del lavoro nella misura in cui spingono le donne a entrare nel mercato del lavoro (anche quelle con figli piccoli) (cfr. anche Ostner 1999). Non si prestano tuttavia alla ridistribuzione del lavoro non retribuito. Costituiscono un’eccezione al riguardo le proposte di
combinare l’INR o i crediti fiscali con un servizio sociale obbligatorio per tutti. Il modello della sicurezza di base orientata sul fabbisogno non tocca nemmeno il tema, a meno che non
venga combinato con un modello di controprestazione, il che è sempre più spesso il caso.
Ciò che poi risulta decisivo è come viene definita la controprestazione. Questo è il punto
cruciale anche per il reddito minimo reintegrativo. Tendenzialmente anche i modelli di controprestazione spingono le donne a entrare nel mercato del lavoro, ma avrebbero il potenziale di offrire loro una partenza migliore che non i modelli orientati solamente sul Workfare.
L’interesse maggiore l’ha suscitato, tra le cerchie femministe, il dividendo sociale. Van Parjis (2001) sottolinea che questo modello apporta diversi vantaggi alle donne: visto che si
occupano maggiormente di lavoro domestico e familiare, le donne beneficiano in misura
più consistente di un dividendo sociale. Sarebbero meno obbligate ad accettare un impiego
e beneficerebbero tuttavia di una maggiore autonomia materiale all’interno della coppia.
Robeyns (2001) rimprovera a questa argomentazione di essere «gender blind» (Robeyns
2001, 85). Le femministe osserverebbero a ragione che un dividendo sociale potrebbe diventare un buon argomento per far tornare le donne alle faccende domestiche. In Belgio,
per esempio, il cosiddetto «premia», un reddito versato dallo Stato alle persone che intendono sospendere per un massimo di tre anni la loro attività lucrativa, verrebbe percepito
soprattutto da donne con figli piccoli. Gli uomini farebbero capo al «premia» tutt’al più per
64
Reddito minimo garantito
5 Le problematiche più importanti
assicurare l’avvio di un’attività indipendente o il prepensionamento. Un dividendo sociale
potrebbe favorire la ridistribuzione del lavoro non retribuito al massimo se fosse combinato
con un «participation income» (secondo Atkinson). Rischi e benefici andrebbero quindi
considerati in maniera differenziata: le donne nelle situazioni più svantaggiate potrebbero
trarre il maggior beneficio da un dividendo sociale. Gli argomenti addotti da McKay (2001)
sono simili a quelli di Robeyns.
Non si è tenuto conto del fatto che i modelli di sicurezza di base possono comportare riduzioni salariali. Quando ciò avviene, le donne ne sono colpite in maniera molto più marcata,
in quanto sono maggiormente rappresentate nelle fasce salariali più basse. La pressione
salariale più grande proverrebbe presumibilmente dai modelli che spingono sul mercato del
lavoro il maggior numero possibile di persone.
n Condizioni familiari
Negli ultimi decenni il „salario del sostentatore“ è divenuto sempre più un’illusione. In tal
modo si accentua la contraddizione, studiata da Mendelson (2001), tra sicurezza sociale e
mercato del lavoro competitivo: le prestazioni assistenziali sociali corrispondono alle dimensioni delle famiglie, i redditi da lavoro no. Per ovviare all’inconveniente che, per questo
motivo, nelle famiglie con figli numerosi le prestazioni assistenziali sociali sono talvolta più
alte dei redditi da lavoro, negli anni Settanta e Ottanta molti Paesi hanno introdotto prestazioni assistenziali per famiglie che esercitano un’attività lucrativa, i cui importi vengono stabiliti in funzione del reddito da lavoro realizzato. Anche in Svizzera, la metà circa dei Cantoni ha già compiuto questo passo. Come accennato, nei Paesi anglo-americani le prestazioni assistenziali per le famiglie vengono spesso fornite tramite crediti fiscali. Questi ultimi
raggiungono relativamente bene gli aventi diritto, ma non risolvono i problemi esistenziali di
coloro che hanno solo un reddito infimo o che non ne hanno affatto. I programmi attuati in
Svizzera sono strutturati analogamente all’assistenza sociale o alle prestazioni complementari all’AVS/AI, e vanno quindi attribuiti piuttosto al modello della sicurezza sociale orientata sul fabbisogno. Sono già molto diffusi anche dividendi sociali parziali per famiglie
sotto forma dei noti assegni per figli.
n Emarginazione e integrazione
Un reddito minimo garantito che viene versato automaticamente e senza contatto con gli
interessati (come l’imposta negativa sul reddito) oppure in maniera incondizionata (come
il dividendo sociale) implica per Rechsteiner (1998) il rischio di uno sviluppo in direzione
di una società dei due terzi. Che senso viene comunicato a coloro che vengono semplicemente „approvvigionati“ finanziariamente? Essi vivono come in uno zoo. A questo proposito Rechsteiner parla anche di «apartheid del mondo del lavoro» (46). Una simile strategia
conterrebbe ulteriori rischi di abbandono che a loro volta provocano costi. Secondo
l’autore, la prestazione non sarebbe inoltre mai garantita, poiché in definitiva è recepita
come ingiusta dal popolo. Le regole apparentemente generose di un RMG possono quindi
condurre a un consolidamento delle disuguaglianze (si veda anche Radeff 1997). Tendenzialmente questo può essere vero anche per i crediti fiscali e la sicurezza di base
orientata sul fabbisogno senza provvedimenti integrativi. Nel contempo, secondo Gilliand
(1998, 148), i ricchi possono disfarsi della cattiva coscienza dovuta al fatto che molte per-
65
5 Le problematiche più importanti
Reddito minimo garantito
sone non vivono integrate nella loro società. Cita Rosanvallon, che ha definito il dividendo
sociale quale «la condition paradoxale du libéralisme sauvage».
La variante opposta è costituita dal reddito minimo reintegrativo, che pone al centro gli
sforzi finalizzati all’integrazione. Possono agire allo stesso modo anche i modelli di
controprestazione all’interno della sicurezza di base orientata sul fabbisogno. Tuttavia,
proprio l’integrazione è stata un relativo insuccesso nell’ambito del RMI francese: molti non
riescono a reintegrarsi, altri solo dopo moltissimo tempo. Eppure, secondo Rodari et al.
(1998), non vi sono alternative nella lotta all’emarginazione. Anche questa strategia ha
tuttavia i suoi rischi d’emarginazione: vi è il pericolo del dumping sociale, il pericolo che
venga a crearsi un mercato del lavoro grigio e sottopagato.
Phelps (1997) considera le sovvenzioni salariali come programma integrativo: «Selfsupport (vs. dependency), personal growth (vs. disengagement), integration (vs. marginalization) – these are our rallying cries.» (Phelps 1997, 51). Con un dividendo sociale sarebbe più difficile ridurre l’emarginazione, poiché il guadagno autonomo sarebbe importante
per l’autostima. Secondo Phelps il problema non consisterebbe nel fatto che le persone
(specie le donne) devono lavorare, bensì che guadagnano troppo poco. Chi non è retribuito
decentemente rischia di trovarsi in una situazione di dipendenza, inappagamento, depressione ed emarginazione.
n Rapporto con il lavoro retribuito e l’integrazione sociale
Una decisione di fondamentale importanza riguarda la questione del rapporto tra un reddito
minimo garantito e il lavoro retribuito. A questo riguardo occorre distinguere due correnti di
pensiero. Alla prima appartengono coloro che vedono nel lavoro retribuito il fondamentale
meccanismo d’integrazione nella società. In questo ambito rientrano i modelli orientati
sull’incentivazione al lavoro, come l’imposta negativa sul reddito, il credito fiscale e le
sovvenzioni salariali, ma anche la sicurezza di base orientata sul fabbisogno e il reddito minimo reintegrativo. Secondo uno degli argomenti principali addotti da questa corrente, il lavoro retribuito rappresenterebbe una delle colonne portanti della mobilità sociale
e un sistema di sicurezza che rinunciasse al primato del lavoro retribuito cristallizzerebbe le
disuguaglianze (p. es. Radeff 1997). Le voci critiche ritengono che gli sviluppi economici
confutino queste tesi (Knöpfel 1999). In termini reali, la piena occupazione non sarebbe più
data. I datori di lavoro la considerano come obiettivo possibile da mantenere soltanto con
una divaricazione dei salari (riduzione dei salari già bassi), una flessibilizzazione del mercato del lavoro (abbandono del lavoro a tempo pieno, tempo di lavoro annuo e sull’arco
della vita, rapporti di lavoro precari, indipendenti che esercitano soli) e un nuovo modo di
porsi di fronte al lavoro (cambiamenti di posto più frequenti, nomadi del lavoro, l’uomo flessibile). In termini reali, si è insediato un secondo mercato del lavoro basato su salari sociali
appena al di sopra del minimo esistenziale. In termini reali, la crescente attività lucrativa
delle donne riduce il potenziale d’impegno volontario nel settore sociale. V’è chi ritiene anacronistici i salari che garantiscono l’esistenza.
Alla seconda corrente di pensiero appartengono soprattutto ambienti ecosociali e tutti coloro che preconizzano la «fine della società del lavoro» e che ritengono per sempre irraggiungibile l’obiettivo della piena occupazione. A questo proposito si tratta di immaginarsi
meccanismi d’integrazione alternativi che siano possibilmente ancora più rispettosi
66
Reddito minimo garantito
5 Le problematiche più importanti
dell’ambiente rispetto a una «produzione dello spreco» a tutti i costi. I temi chiave in questo
contesto sono lo sganciamento del reddito dal lavoro retribuito, la ridistribuzione del lavoro
retribuito e del lavoro non retribuito e la creazione di un «quarto settore» delle attività socialmente utili. I fautori di questa impostazione (ma non solo loro) puntano su un dividendo
sociale talvolta vincolato a un “tempo sociale” (Hans Ruh, 1995). Tuttavia, negli ultimi anni
anche questi ambienti hanno conosciuto un certo disinganno. Secondo Vobruba (2000,
76), nella sua ‚fase enfatica’ la discussione sul reddito di base è stata abbinata alla discussione sull’economia alternativa. L’idea era quella di disciplinare e sfruttare lo ‚sganciamento
del lavoro dal reddito’, che sembrava inevitabile, in modo tale che il reddito di base sostituisse almeno in parte i benefici materiali del lavoro salariato, creando così le premesse
materiali per lo svolgimento di attività al di fuori del mercato del lavoro. Tuttavia, continua
Vobruba (2000, 77), è stata ben presto abbandonata la speranza che il progresso tecnico
risolvesse il problema della distribuzione legato al reddito di base garantito. Anche nella
discussione successiva, improntata al pragmatismo, è per contro rimasta attuale l’idea che
l’opzione di un reddito di base consenta di rinunciare alla difesa incondizionata dei posti di
lavoro esistenti, e quindi assicuri il necessario margine di manovra per una politica ecologica statale.
Gi autori critici (p. es. Bäcker et al. 1989, 152 segg.) osservano a questo riguardo che una
valorizzazione definitoria del lavoro non retribuito non cambia nulla per quanto concerne le
conseguenze sociali, materiali e psichiche della disoccupazione. E nemmeno il sostegno
sociale del lavoro domestico, educativo e curativo mediante un reddito minimo elimina la
discriminazione delle donne. Anzi, tende piuttosto ad acuirla poiché verrebbe cementata la
distribuzione del lavoro e dei ruoli obbediente a una gerarchia discriminatoria dei sessi e il
lavoro retribuito a pieno titolo, rimanendo immutate le condizioni del rapporto di lavoro
normale, potrebbe essere riservato agli uomini. Non sarebbe inoltre affatto sicuro che il
reddito di base conduca effettivamente a uno sganciamento del lavoro dal reddito. Soprattutto se non venisse fissato a un livello sufficientemente alto, il reddito di base avrebbe
piuttosto l’effetto di spingere i beneficiari a entrare nel mercato del lavoro dove percepirebbero salari infimi, sovvenzionando così indirettamente le imprese. Anche Rodari et al.
(1998) individuano un potenziale di rischio nella creazione di un settore non commerciale
quale contrappeso all’economia mondiale e nel dualismo che ne deriverebbe: le attività informali, anche il lavoro familiare, cadrebbero così sotto il controllo dello Stato. Verrebbero
meno sia la sfera privata che la sovranità personale. Una presa di posizione del Partito socialista svizzero (1996) teme che uno sganciamento del lavoro retribuito dal reddito possa
esercitare pressioni sui salari, abbassare il livello delle prestazioni e incrementare gli incentivi al lavoro nero.
Per quanto concerne la decisione tra le due correnti di pensiero delineate è determinante il
futuro del lavoro retribuito. Mitschke (2000, 150 segg.) ritiene che il declino del lavoro retribuito sia una «leggenda insostenibile». Le alternative avanzate corrisponderebbero piuttosto a uno scambio di posti di lavoro tra il primo e un secondo mercato del lavoro. L’autore
raccomanda di abbandonare le illusioni: nessun modello di sicurezza di base può ovviare
alle cause della disoccupazione e dei salari bassi che mettono a rischio l’esistenza. Nessuna sicurezza di base sostituisce una politica attiva in materia di occupazione e mercato
del lavoro.
67
5 Le problematiche più importanti
Reddito minimo garantito
n Attività socialmente utili
Nei dibattiti sulla ridistribuzione ricorre frequentemente la questione di come le attività socialmente utili, oggi considerate lavoro non retribuito d’importanza marginale, possano essere valorizzate e promosse mediante una sicurezza di base. Il fautore probabilmente più
conosciuto di questa prospettiva di ridistribuzione è André Gorz. Inizialmente egli sosteneva che il reddito dei cittadini dovesse comporsi di due assegni: un reddito salariale e un
reddito sociale supplementare per tutti subordinato a una controprestazione (Gorz 1984).
Lo spunto per le sue riflessioni era dato dalla rivoluzione microelettronica, che conduce a
un rapido calo del lavoro retribuito. Gorz ha sviluppato scenari relativi a una riduzione radicale del tempo di lavoro, resa possibile dal progresso della produttività (Gorz 1991). Il lavoro necessario per la società sarà banale e poco impegnativo, di modo che acquisiranno
un’importanza crescente le attività microsociali e comunitarie a livello locale e le attività
all’interno delle famiglie. Le esperienze fatte con il controllo di stampo conservatore voluto
dai modelli di controprestazione esistenti l’hanno dissuaso dall’idea di un «obbligo sociale».
Nelle pubblicazioni più recenti (2000), Gorz intende concretizzare la sua idea di dividendo
sociale incondizionato.
In Svizzera, questa prospettiva più ampia in materia di ridistribuzione viene concretizzata in
modo diverso da un gruppo di lavoro della Commissione sociopolitica del PS svizzero (AG
Neuverteilung 1994). Il gruppo di lavoro si basa su un piano direttore che prevede una partecipazione paritaria a tutti i settori della vita (lavoro retribuito, lavoro domestico, lavoro assistenziale, attività politiche e culturali, formazione, tempo libero), il quale richiederebbe
una ridefinizione della settimana lavorativa normale. Quest’ultima dovrebbe permettere di
conciliare il lavoro retribuito, il lavoro non retribuito e altre attività e assicurarsi in tal modo
l’esistenza. Secondo il gruppo di lavoro, questo obiettivo può essere raggiunto nel migliore
dei modi nel quadro di una settimana di 25 ore, che comprende circa 25 ore di lavoro retribuito e circa 25 ore di lavoro non retribuito. Il sistema della sicurezza sociale e il sistema
fiscale devono essere adeguati al piano direttore relativo a questa nuova settimana lavorativa normale. Per le persone senza attività lucrativa e i bambini sarebbe previsto un reddito
minimo garantito. Elementi di una ridistribuzione del lavoro retribuito e del lavoro non retribuito sono sostenuti anche da diverse altre organizzazioni in Svizzera. Per una panoramica
in merito si vedano Nadai/Gerber (1997).
5.4.3 Valutazione e prospettive
L’auspicabile ridistribuzione del reddito e del lavoro retribuito si rivela un’impresa tutt’altro
che semplice. Tranne che nella politica familiare, dove con una sicurezza finanziaria minima si sarebbe già raggiunto molto, un RMG può tutt’al più contribuire a creare le premesse
per una ridistribuzione, ma non è in grado di attuarla. Inoltre, a causa del conseguente pericolo della cementazione di disuguaglianze e della pressione salariale, nei casi estremi
esso sarebbe addirittura controproducente. A tutt’oggi, i maggiori successi documentati
nella ridistribuzione del lavoro tra i sessi sono stati realizzati dai crediti fiscali, che in generale hanno portato nel mercato del lavoro, con salari bassissimi, madri scarsamente qualificate che educano da sole i propri figli. Un risultato che non soddisfa all’unanimità le cerchie
femministe (cfr. Ostner 1999). In questo contesto non si prospettano ricette infallibili. Ciò
68
Reddito minimo garantito
5 Le problematiche più importanti
che rimane importante è che la valutazione dei programmi e l’analisi degli effetti tengano
debitamente conto delle tematiche illustrate in tema di ridistribuzione.
5.5
Ulteriori mutamenti comportamentali indotti da un reddito minimo
garantito
5.5.1 Problematiche
Oltre alle ripercussioni di un reddito minimo garantito sul comportamento dei beneficiari nei
confronti dell’offerta di lavoro, è possibile studiare tutta una serie di ulteriori mutamenti
comportamentali. La letteratura si concentra innanzitutto sugli aspetti seguenti: comportamento rispetto alla formazione, senso della responsabilità individuale e spirito imprenditoriale, stabilità del matrimonio, tasso di natalità, comportamento migratorio.
5.5.2 Risultati
n Comportamento rispetto alla formazione
Con la diffusione di una riforma economica postindustriale, il cui vantaggio concorrenziale
determinante consiste nel sapere, hanno acquisito importanza l’apprendimento sull’arco
della vita e quindi anche la questione del suo finanziamento. Quest’ultima è sempre parte
integrante di qualsiasi Flexicurity. Molti modelli di sicurezza di base intendono assicurare
le fasi del perfezionamento. Il modo in cui vengono sfruttati gli incentivi è stato analizzato,
per esempio, a proposito degli esperimenti sociali attuati negli Stati Uniti. In questo contesto un’INR ha avuto ripercussioni chiaramente positive sulla formazione dei partecipanti
(Hanushek 1987). Tra i giovani si è prolungato il periodo scolastico. In particolare in presenza di uno statuto socioeconomico basso si è osservato un aumento significativo delle
facoltà scolastiche (capacità di lettura). Secondo Mitschke, anche altri risultati empirici consentono di concludere che un RMG contribuisce con «stimoli abbastanza forti» a una migliore partecipazione ai processi formativi (Mitschke 2000, 90).
n Senso della responsabilità individuale e spirito imprenditoriale
Spesso vi sono economisti che asseriscono che un RMG mini il senso della responsabilità
individuale e lo spirito imprenditoriale. Emma Rothschild (in Van Parjis, 2001, 44) mostra
che potrebbe essere vero anche il contrario: un dividendo sociale sarebbe del tutto consono all’economia di mercato. Per provare la sua tesi, essa cita Condorcet, J.S. Mill, Hayek e
A. Smith. I classici, infatti, ritenevano la sicurezza individuale il «best foundation for industriousness». Solo chi può fondarsi su una base sicura è disposto ad assumere rischi imprenditoriali. Perché gli imprenditori si muovono tra i due stimoli «hope to rise» e «fear to
fall». Questa base potrebbe tuttavia essere offerta non solo da un dividendo sociale, bensì
da qualsiasi modello in grado di garantire l’obiettivo della sicurezza sociale.
n Stabilità del matrimonio
In seguito all’introduzione di un reddito minimo garantito si possono teoricamente distinguere in particolare due effetti sulla stabilità del matrimonio: l’effetto sul reddito e l’effetto
sull’indipendenza (Weber 1991, 56 seg.). L’effetto sul reddito (sicurezza del reddito e possibilità di aumentarlo) riduce la frequenza dei divorzi. Un sistema RMG che assicura l’aiuto
69
5 Le problematiche più importanti
Reddito minimo garantito
sia alle persone coniugate che ai singoli diminuisce i rapporti di dipendenza all’interno del
matrimonio. Questo effetto sull’indipendenza comporta una maggiore frequenza dei divorzi,
in quanto si riducono i costi d’uscita dall’unione coniugale.
Le precedenti valutazioni degli esperimenti sociali accusavano un netto aumento della frequenza dei divorzi, e in parte parlavano di un’impennata drammatica. Come spiega Wagner (1991, 85), questi risultati hanno provocato forti reazioni negli Stati Uniti e hanno fatto
sì che il Congresso si dimostrasse riluttante di fronte a un ampliamento delle prestazioni
per le persone che educano da sole i propri figli e persino nei confronti di un modello INR.
Adottando metodi statistici più efficaci, Cain/Wissocker (1987) hanno dimostrato che dopo
3 – 5 anni di un piano INR le coppie coniugate non presentano un tasso di divorzio significativamente più elevato di altre coppie coniugate che beneficiano di prestazioni familiari.
Inoltre è emerso che le ripercussioni di un aumento della garanzia di base e di un aumento
dell’aliquota fiscale per le famiglie al di sopra e al di sotto del livello break-even possono
essere diametralmente opposte (Weber 1991, 58). Complessivamente sembrano esservi
indizi sufficienti per formulare l’ipotesi che un programma INR aumenti tendenzialmente il
tasso di divorzio (Weber 1991, 59).
n Tasso di natalità
A livello teorico si tenta di chiarire, mediante una funzione di beneficio della famiglia, la relazione tra RMG e tasso di natalità. Con questo metodo non possono tuttavia essere stabilite inequivocabilmente né l’estensione né la direzione dell’effetto netto. Gli esperimenti sociali effettuati negli Stati Uniti non offrono un quadro chiaro a questo riguardo.
Dall’esperimento di Seattle/Denver risulta un calo statisticamente rilevante delle nascite fra
le donne bianche, un aumento statisticamente rilevante delle nascite fra le donne latinoamericane e una reazione statisticamente irrilevante fra le donne di colore (Weber 1991,
60 seg.).
n Comportamento migratorio
Grazie a un modello di consumo microeconomico della migrazione è emerso che le famiglie con una garanzia del reddito più elevata migrano in regioni con migliori condizioni ambientali e salari reali più bassi (Weber 1991, 63). È stato possibile verificare quest’ipotesi
nel contesto del programma di Seattle/Denver, in quanto le famiglie che hanno lasciato la
regione in cui è iniziato l’esperimento sono comunque rimaste nel programma. Ne è risultato che la migrazione in regioni climaticamente più gradevoli con salari reali più bassi è aumentata in maniera significativa (Weber 1991, 64).
Un altro livello è costituito dal timore che possa esservi una forte immigrazione non appena
viene introdotta una sicurezza di base superiore alla media. In Svizzera, i progetti di riforma
dei Cantoni Ticino e Ginevra, per esempio, sono applicabili solo a persone che dimostrino
di aver vissuto a lungo sul territorio cantonale. Emma Rothschild giudica urtanti simili processi di emarginazione. Si chiede dove sia la dimensione internazionale dei modelli RMG e
sollecita «politics of global inclusion» (in Van Parjis 2001, 50).
70
Reddito minimo garantito
5 Le problematiche più importanti
5.5.3 Valutazione e prospettive
A proposito della questione, qui analizzata, dei mutamenti comportamentali provocati da un
RMG possono essere fatte soltanto poche affermazioni chiare. A ciò si aggiunge che la
stessa valutazione degli effetti può risultare contraddittoria. Ad esempio, il probabile aumento del tasso di divorzio può essere deplorato dal punto di vista conservatore, ma può
anche essere valutato positivamente quale indice del fatto che un reddito minimo garantito
riduce la dipendenza all’interno dell’istituzione del matrimonio. In tutti i settori considerati si
è confrontati con il problema che gli effetti di un programma non possono essere separati
nettamente dai contemporanei sviluppi sociali ed economici.
5.6
Ripercussioni macroeconomiche di un reddito minimo garantito
5.6.1 Problematiche
Quali sono le ripercussioni macroeconomiche di un programma RMG? Vanno distinte le
seguenti problematiche: ripercussioni sui salari, sul comportamento rispetto al consumo,
sulla distribuzione del reddito e del patrimonio, sulla stabilità, sugli investimenti e sulla sostenibilità dello sviluppo economico.
5.6.2 Risultati
n Salari
Come spiegano Leu/Eisenring (1998, 462), molte analisi vengono eseguite su modelli parziali e non considerano affatto che i salari d’equilibrio, risultanti dal rapporto tra domanda e
offerta, subiscono cambiamenti. Senza considerare l’evoluzione dei salari è tuttavia difficile
formulare enunciati circa i cambiamenti del benessere. A questo proposito Leu/Eisenring
riconoscono un campo d’indagine vasto e aperto. Sono pertanto le considerazioni teoriche
e non i risultati empirici che sinora hanno dominato la discussione. I modelli volti a spingere
il numero più alto possibile di persone a entrare nel mercato del lavoro producono una
pressione ad accettare un lavoro mal pagato, e quindi anche una pressione sui salari. Ma
molti vedono un problema anche nella sicurezza in quanto tale: è infatti essa che permette
di ridurre ulteriormente i salari più bassi. I fautori di un dividendo sociale sostengono, in direzione diametralmente opposta, che questo reddito di base aumenta il tasso di riserva al
di sotto del quale i potenziali lavoratori rifiutano un lavoro, mettendoli quindi in una posizione migliore per negoziare salari adeguati (Mäder 2000, 252).
n Comportamento rispetto al consumo
Dal punto di vista keynesiano è da attendersi che un RMG aumenti tendenzialmente il reddito disponibile e quindi sostenga il consumo. La questione è poco analizzata a livello empirico. Con riferimento a Hanushek (1987, 106 segg.) si può affermare che gli esperimenti
sociali effettuati negli Stati Uniti hanno fornito risultati poco eloquenti. Non è stato constatato alcun aumento netto degli acquisti di oggetti e servizi di lusso. Si è invece assistito a un
netto incremento degli acquisti di abitazioni. In Svizzera, da un RMG non ci si dovrebbe
attendere un boom della domanda, poiché esso sostituirebbe in gran parte programmi es istenti e quindi non metterebbe in circolazione nuove e consistenti somme di denaro.
71
5 Le problematiche più importanti
Reddito minimo garantito
n Ridistribuzione
In che modo un RMG accentui o attenui le disparità sociali dipende in gran parte
dall’ammontare delle prestazioni e dalle modalità di finanziamento. Ciò che influisce a livello della politica distributiva è però anche la facilità con cui l’ammontare delle prestazioni
può essere modificato politicamente. Rechsteiner (1998) mette in guardia contro una bipartizione della società in finanziatori e beneficiari di prestazioni sociali. Se si sente soltanto
come “vacca da mungere”, il ceto medio può anche rifiutarsi di pagare. Chi chiede che lo
Stato si concentri su coloro che sono ‘veramente’ deboli e bisognosi trascura un importante
aspetto della dinamica di gruppo: le istituzioni dello Stato sociale possono essere assicurate nel migliore dei modi se includono anche i ceti medi. Altrimenti, secondo l’autore, incombe minacciosamente il ‚welfare-backlash’ (44). Per questo motivo, dal suo punto di vista la
lotta alla povertà può essere condotta nel migliore dei modi prevedendo prestazioni che
combinano prestazioni di base dipendenti dal fabbisogno e diritti legali che rimangono in
vigore anche in caso di redditi elevati, analogamente a quanto avviene a proposito
dell’AVS e delle prestazioni complementari. Questo argomento depone a favore di un aggancio della sicurezza di base alle assicurazioni sociali.
n Stabilizzazione, assicurazione del mutamento strutturale
Se nella retorica ufficiale la politica sociale è definita, ad esempio dall’UE (Commissione
delle Comunità europee 2000a e 2000b) come «fattore di produzione», ciò è dovuto anche
all’effetto di stabilizzazione. Accanto alla generale pacificazione sociale, la stabilizzazione
svolge, da un lato, un ruolo nell’evoluzione congiunturale e, dall’altro, aiuta ad ammortizzare il rapido mutamento strutturale (globalizzazione, integrazione europea, flessibilizzazione
del mondo del lavoro). In entrambi i casi, alla sicurezza sociale di base spetta un ruolo importante. Per questo motivo, Mitschke (2000, 26) la definisce un fattore «morbido» della
piazza economica, con un influsso decisivo sulla produttività e sull’occupazione.
Con riguardo ai loro effetti, vanno distinti i sistemi di sicurezza minima indipendenti dal
reddito (dividendo sociale) da quelli dipendenti dal reddito (i rimanenti). Nel caso dei
sistemi indipendenti dal reddito, l’importo versato rimane immutato indipendentemente
dalla situazione congiunturale e non possono svilupparsi effetti stimolanti mediante la
domanda di consumo, ma il sistema ha un effetto stabilizzante sul versante del
finanziamento, in particolare se quest’ultimo è assicurato tramite imposte sul reddito. Per
contro, i sistemi di sic urezza minima dipendenti dal reddito agiscono come stabilizzatori
automatici, analogamente all’assicurazione contro la disoccupazione. In tempi di ripresa
congiunturale, il numero dei beneficiari diminuisce (diminuzione dei beneficiari disoccupati),
mentre nella recessione aumenta (aumento dei beneficiari disoccupati). Inoltre cambiano
anche gli importi versati. Di conseguenza, il sistema agisce in direzione di una
compensazione del reddito nell’andamento congiunturale e conduce a una stabilizzazione
della domanda di consumo, la quale riduce anche la fluttuazione congiunturale.
n Investimenti
Per quanto concerne gli effetti sugli investimenti (che a loro volta influenzano la crescita in
maniera determinante), vanno teoricamente distinti effetti opposti (cfr. Weeber 1990, 202).
Con una ridistribuzione dall’alto verso il basso aumenterebbe presumibilmente il tasso di
consumo a livello macroeconomico (e si ridurrebbe il tasso di risparmio). Secondo la teoria
72
Reddito minimo garantito
5 Le problematiche più importanti
economica, i tassi d’interesse che di conseguenza aumentano ridurrebbero gli investimenti.
D’altro canto, l’aumento della domanda di consumo e in particolare la sua stabilizzazione
fanno tendenzialmente incrementare e anche perpetuare gli investimenti. Questo teorema
si riferisce tuttavia a un’economia pubblica chiusa. Nella situazione svizzera, un RMG non
avrebbe presumibilmente un influsso decisivo sui tassi d’interesse. Per le decisioni inerenti
agli investimenti potrebbe tuttavia essere importante in che modo un modello concreto si
ripercuote sui costi del lavoro e sul carico fiscale. Va inoltre tenuto conto anche delle osservazioni formulate nella sezione 5.5 a proposito dello spirito imprenditoriale.
5.6.3 Valutazione e prospettive
Quanto precede mostra che un RMG può avere ripercussioni macroeconomiche positive,
ma anche queste ultime dipendono in ogni caso dall’impostazione concreta dei diversi modelli di base. Assieme agli effetti occupazionali, gli effetti macroeconomici rivestono
un’importanza economica determinante. Diversamente dal rapporto «work/welfare», queste
interrelazioni sono tuttavia state sorprendentemente poco studiate a livello empirico. Se si
intende discutere su questioni legate alla distribuzione e valutare lo sviluppo del benessere, allora le analisi degli effetti dovrebbero considerare in particolare lo sviluppo salariale.
5.7
Ammontare del RMG e finanziabilità
5.7.1 Problematiche
In che modo sono collegati tra di loro i modelli RMG, l’ammontare del RMG e il fabbisogno
di finanziamento? Questa è la problematica che ci interessa in questa sede. Non ci soffermeremo invece sulla questione delle fonti di finanziamento (imposte dirette, tasse sul consumo, tasse straordinarie, tasse ecologiche, prelievi percentuali sui salari). Essa esula infatti ampiamente dall’aspetto della sicurezza minima garantita e concerne in maniera generale il finanziamento della sicurezza sociale.
5.7.2 Risultati
n Ammontare del RMG e fabbisogno di finanziamento
Come abbiamo già esposto, dal punto di vista della teoria del modello vi è un netto conflitto
fondamentale tra l’ammontare di una garanzia di base, il mantenimento dell’incentivo al lavoro e la finanziabilità. A ciò si aggiungono trade-offs ampiamente indipendenti dal modello, quali li elenca Mitschke (2000, 20): il rapporto contraddittorio, da un lato, tra gli sforzi
intesi a evitare la povertà e gli obiettivi fiscali e, dall’altro, tra obiettivi occupazionali e obiettivi fiscali. L’abbassamento della quota di povertà dell’1 per cento implica forse un aumento
dei costi fiscali superiore all’1 per cento. Occorre ponderare quale sia la situazione preferibile. L’economia, asserisce Mitschke, non può far altro che palesare conflitti e mettere a
disposizione analisi degli effetti motivate su base empirica.
Nemmeno i fautori del dividendo sociale si attendono che quest’ultimo possa essere introdotto senza difficoltà per tutta la popolazione a un livello sufficientemente elevato. Gilliand (1998, 146 segg.) calcola che nel 1995 un dividendo sociale di 1500 franchi per gli
73
5 Le problematiche più importanti
Reddito minimo garantito
adulti e di 750 franchi per ciascun figlio sarebbe ammontato a un terzo del prodotto interno
lordo, ovvero alla metà di tutti i redditi da lavoro che sono annunciati all’AVS. Esso avrebbe
corrisposto alla totalità delle spese della Confederazione, dei Cantoni e dei Comuni, vale a
dire che sarebbe costato molto di più dell’attuale Stato sociale, senza tuttavia rimpiazzarlo
veramente. Questa critica è condivisa anche da Solow (in Van Parjis 2001, xiii seg.): un
dividendo sociale basso sarebbe economicamente ipotizzabile. Nel medesimo libro, Van
Parjis menziona per gli Stati Uniti la cifra di 150 dollari mensili quale importo di partenza.
Ciò corrisponderebbe al 3,5 per cento del prodotto interno lordo o alla totalità delle spese
militari americane, e sarebbe tuttavia «not enough to buy a lot of ‚real’ freedom». Un livello
situato alla soglia di povertà americana (667 dollari mensili) corrisponderebbe al 16 per
cento del prodotto interno lordo o all’80 per cento di tutte le spese dello Stato centrale. Secondo la definizione europea della povertà, i costi sarebbero ancora più elevati.
Van Parijs (2001) controbatte affermando che considerare solo il volume dei versamenti
non ha alcun significato. Per la maggior parte delle persone in età lavorativa, imposte più
elevate e «basic income» si compenserebbero a vicenda. Ciò che è importante non sono i
costi lordi, bensì l’effetto di ridistribuzione, motivo per cui non andrebbero calcolati i costi
lordi ma i costi netti residui. L’autore è sostenuto da Emma Rothschild (in Van Parjis), la
quale imposta un calcolo semplice: ogni società in cui il reddito medio si situa nettamente
al di sopra del minimo esistenziale può in linea di principio permettersi un dividendo sociale.
Vi sono divergenze circa la finanziabilità di una sicurezza di base mediante un’imposta
negativa sul reddito. Mitschke (2000) parte dal presupposto che sia garantita la neutralità
dal punto di vista del bilancio, mentre Witzel (1998) prevede per la Germania addirittura
risparmi per 100 miliardi di DM. Nella maggior parte dei calcoli seri risultano tuttavia sensibili costi supplementari se il livello della sicurezza di base è fissato al livello dell’attuale assistenza sociale. Leu/Eisenring (1998, 441) giungono alla conclusione che, considerati i
redditi minimi postulati nel dibattito politico, vi sono giustificati dubbi circa la finanziabilità, in
Svizzera, di un’imposta negativa universale sul reddito. Infatti, anche attuando questo modello non si potrebbe comunque prescindere da prestazioni supplementari dipendenti dal
reddito. Anche Zweifel et al. (1996, 131) riconoscono che le accuse relative all’impossibilità
di finanziare un’imposta negativa sul reddito non possono essere confutate a priori. Secondo Rechsteiner (1998), visto che prestazioni forfetarie elevate versate senza accertamento
del fabbisogno comportano problemi di finanziamento, il livello delle prestazioni viene
abbassato e non corrisponde più per niente al fabbisogno reale.
I passi di riforma compiuti in Svizzera nel quadro dei modelli della sicurezza di base orientata sul fabbisogno e sul reddito minimo reintegrativo evidenziano che le innovazioni in questo senso possono implicare sia costi supplementari (Ginevra, Ticino) che risparmi (Vaud). Gli effetti sui costi non sono rilevanti, in quanto in gran parte vengono rimpiazzate prestazioni già esistenti dell’assistenza sociale. Nel nostro Paese, verosimilmente
le sovvenzioni salariali non si scontrerebbero con problemi di finanziamento insormontabili già per il fatto che in molti casi l’assistenza sociale copre già oggi la differenza tra i redditi da lavoro troppo bassi e il minimo esistenziale.
74
Reddito minimo garantito
5 Le problematiche più importanti
Il problema del finanziamento è generalmente meno importante per quanto riguarda i modelli di RMG che si limitano a parti della popolazione, come nel caso dei crediti fiscali.
Ciononostante Radeff (1997) ammonisce, rifacendosi all’esempio dell’EITC americano, che
anche questi tipi di modelli sono messi in discussione a causa dei costi elevati quando ne
dipende il maggior numero di persone.
5.7.3 Valutazione e prospettive
La questione delle conseguenze finanziarie di un reddito minimo garantito è di primissima
importanza per la sua introduzione. Emerge infatti in modo abbastanza chiaro che anche
nei Paesi industrializzati più ricchi i modelli che cercano di combinare un RMG elevato per
tutta la popolazione con un elevato incentivo al lavoro si scontrano ben presto con i limiti
del finanziamento (almeno di quello realizzabile a livello politico). La fascia entro cui si
muovono le stime è tuttavia relativamente larga. Calcoli dettagliati dei costi sono possibili
soltanto in riferimento a singoli Paesi e dipendono fortemente dall’impostazione concreta e
dalle prestazioni sostituite da un RMG. A questo riguardo, gli esperimenti attuati in singoli
Cantoni svizzeri offrono buone opportunità d’apprendimento e quindi dovrebbero essere
accompagnati intensamente da analisi dei costi e degli effetti.
5.8
Compatibilità con il contesto più ampio
5.8.1 Problematiche
Per quanto concerne la compatibilità con il contesto più ampio, occorre distinguere le seguenti problematiche: il rapporto tra un modello RMG e il sistema delle assicurazioni sociali
e dell’assistenza sociale nonché il rapporto con il sistema fiscale.
5.8.2 Risultati
n Rapporto con le assicurazioni sociali
Inizialmente molti modelli di dividendo sociale e di imposta negativa sul reddito erano
impostati in modo tale da sostituire il sistema sociale esistente. Tuttavia, da sempre altri
autori (p. es. Bäcker et al. 1989, 57 segg.) hanno sottolineato che un reddito minimo garantito non può sostituire un sistema differenziato di prestazioni sociali. L’obiettivo, attualmente
perseguito, di mantenere lo standard di vita (p. es. nella vecchiaia) potrebbe essere raggiunto unicamente concludendo assicurazioni complementari. Nella maggior parte delle
proposte, queste assicurazioni complementari sono assegnate al settore privato. Tuttavia,
una privatizzazione della sicurezza sociale potrebbe inasprire, anziché attenuare, la gerarchia dei redditi e la differenziazione delle situazioni di vita (disfacimento del principio di solidarietà). A questo hanno reagito anche i fautori della riforma. Van Parjis (2001), ad esempio, non mira più a sostituire le assicurazioni sociali esistenti con un dividendo sociale: vuole soltanto ridurne il volume.
La critica della desolidarizzazione può essere mossa anche alla posizione diffusa, formulata anche da Buomberger/Burgstaller (in Harabi 1998) come pure da Zweifel et al. (1996),
che chiede una netta separazione della funzione solidale (ridistribuzione) e della funzione
75
5 Le problematiche più importanti
Reddito minimo garantito
assicurativa (compensazione dei rischi). Se si trattasse solo di coprire i rischi sociali, si potrebbe prescindere, in ampia misura o del tutto, da intenti ridistributivi e il finanziamento potrebbe essere assicurato mediante corrispondenti premi assicurativi. Per contro, per ridistribuire il reddito non occorrerebbe un’assicurazione sociale, bensì un semplice sistema di
prestazioni assistenziali. Altri autori evidenziano che proprio in tal modo un sistema RMG
sarebbe molto suscettibile di provocare lo smantellamento sociale – contrariamente alle
assicurazioni sociali, dove gli assicurati hanno acquisito diritti che non possono semplicemente essere soppressi (Kappeler 1999).
In particolare il modello della sicurezza di base orientata sul fabbisogno chiede di non sostituire le assicurazioni sociali, bensì di potenziarne le prestazioni fino a raggiungere il minimo esistenziale e di colmare le lacune esistenti nel settore della nuova povertà. In Svizzera, simili lacune si riscontrano in particolare per i disoccupati che non hanno più diritto
alle prestazioni dell’assicurazione contro la disoccupazione, per le famiglie con redditi bassi
(in particolare le famiglie monoparentali) e in presenza di condizioni di lavoro precarie
(condizioni di lavoro flessibilizzate, attività indipendente esercitata da una singola persona).
n Rapporto con l’assistenza sociale
Nessun reddito minimo garantito è in grado di sostituire integralmente l’assistenza sociale.
Al di là del problema che le prestazioni forfetarie non tengono sufficientemente conto di situazioni di bisogno particolari, i modelli RMG che versano le prestazioni senza avere contatti con i beneficiari non possono nemmeno coprire l’effetto d’integrazione sociale proprio
di un’assistenza sociale combinata con un’attività assistenziale.
Se l’assistenza sociale medesima viene potenziata fino a diventare una sicurezza di base
garantita, come in parte prevedono i modelli della sicurezza di base orientata sul fabbisogno e del reddito minimo reintegrativo, essa non perde la sua importanza, bensì viene a occupare tendenzialmente una posizione più importante – benché sotto nuove forme
– all’interno della sicurezza sociale.
n Rapporto con il sistema fiscale
A questo proposito occorre distinguere tra i modelli, come l’INR, che mirano a un sistema
integrato fiscale e assistenziale, i modelli attuati attraverso l’amministrazione delle contribuzioni, come i crediti fiscali, e i modelli rimanenti che prevedono la coesistenza parallela
del sistema fiscale e di quello sociale. Come mostrano Rossi/Sartoris (1995, 232 segg.), la
separazione del sistema fiscale e di quello sociale può contribuire in misura determinante a
rendere inefficace la lotta alla povertà. Sarebbe irragionevole, secondo gli autori, far pagare imposte a coloro che non raggiungono il minimo esistenziale, per poi restituire loro il denaro sotto forma di prestazioni assistenziali. Se si vuole che il minimo esistenziale sia garantito, appare senz’altro ragionevole prevedere l’esenzione fiscale del minimo esistenziale, come peraltro chiedono Leu et al. (1997) nel loro rapporto sulla povertà in Svizzera.
Un’INR si presta a una connessione del sistema fiscale e di quello assistenziale. Tuttavia,
lamentano Rossi/Sartoris, l’attuazione concreta pone problemi: il reddito imponibile non è
adatto a definire provvedimenti di politica sociale, in quanto non corrisponde al reddito disponibile. La discrepanza è dovuta a deduzioni (p. es. per proprietari di abitazioni) ed esenzioni fiscali parziali per determinati tipi di reddito. La linearità presupposta da un’INR
76
Reddito minimo garantito
5 Le problematiche più importanti
non è data in termini reali. E una revisione del sistema fiscale svizzero, considerata la sovranità fiscale dei Cantoni, sarebbe oltremodo complessa.
Le deduzioni fiscali senza modalità di versamento non si prestano tuttavia a svolgere il ruolo di strumento della politica sociale. I più svantaggiati, infatti, o sono quelli che ne vengono
sgravati di meno o non ne vengono sgravati affatto. Nella migliore delle ipotesi, la ridistribuzione attuata mediante pure deduzioni fiscali si muove in direzione orizzontale (p. es.
dalle non-famiglie alle famiglie, nel caso delle deduzioni per figli), ma nella maggior parte
dei casi essa agisce anche dal basso verso l’alto.
5.8.3 Valutazione e prospettive
Un RMG deve situarsi e inserirsi da qualche parte all’interno del quadro delle assicurazioni
sociali, dell’assistenza sociale e del sistema fiscale. Esso non è in grado di sostituire integralmente né le assicurazioni sociali né l’assistenza sociale. E non può fondarsi senza difficoltà sul sistema fiscale. Questi problemi d’attuazione, specifici ai luoghi, devono essere
analizzati dettagliatamente nei singoli casi e confluire sia nel calcolo dei costi sia
nell’analisi degli effetti, se l’obiettivo è quello di sviluppare un modello ottimale.
77
6 Aspetti comuni, divergenze e questioni aperte
Reddito minimo garantito
6 Aspetti comuni, divergenze e questioni aperte
La letteratura concernente il reddito minimo garantito presenta una grande varietà di valutazioni di base, metodi e risultati. Si possono tuttavia individuare alcuni aspetti comuni a
praticamente tutti i contributi studiati:
n Quasi tutti sono d’accordo che è ragionevole una sicurezza minima garantita che sia in
grado di ammortizzare il rapido mutamento strutturale e la crescente pressione concorrenziale dovuti ai processi di globalizzazione.
n La povertà e la disoccupazione vengono individuate come problemi di fondo che vanno
affrontati.
n Nell’ambito della nuova povertà, l’attuale sistema della sicurezza sociale presenta lacune
che occorre colmare.
n L’attuale sistema della sicurezza sociale dovrebbe diventare più semplice e più trasparente.
n C’è un conflitto fondamentale tra un ammontare generoso del RMG, il mantenimento
dell’incentivo al lavoro e la finanziabilità di un modello RMG.
Divergenze di fondo si manifestano invece a proposito delle questioni seguenti:
n Un reddito minimo garantito fissato al livello dell’attuale assistenza sociale è sostenibile,
a lungo termine, sul piano finanziario ed economico?
n In che rapporto dovrà porsi un RMG di fronte al lavoro retribuito?
n Quali prestazioni dell’attuale sistema delle assicurazioni sociali e dell’assistenza sociale
devono essere sostituite da un RMG?
n Un reddito minimo garantito conduce a un miglioramento dell’efficienza macroeconom ica?
n Quali effetti esplica un reddito minimo garantito sull’integrazione sociale dei beneficiari?
Alla maggior parte di queste domande non possono essere date risposte semplici. In parte
non sono soltanto questioni legate alle conoscenze bensì alla valutazione, per le quali
l’ulteriore ricerca può offrire soltanto aiuti decisionali. Nessun modello di base RMG costituisce una ricetta infallibile che risolve tutti i problemi. Ciascuno di essi ha i suoi vantaggi e
svantaggi specifici, nuovamente riepilogati schematicamente nella Tabella 5. Grazie al
versamento automatico, l’imposta negativa sul reddito ha il vantaggio che raggiunge anche i bisognosi che vivono in povertà latente. Essa non prevede tuttavia alcun aiuto
all’integrazione. Inoltre o mantiene gli incentivi al lavoro o assicura il minimo vitale, ma per
motivi finanziari non è in grado di offrire contemporaneamente le due cose. Per tutti questi
motivi, contrariamente a un mito assai diffuso, allo stesso livello di prestazioni un’INR non è
affatto più economica dell’assistenza sociale tradizionale. I crediti fiscali e le sovvenzioni
salariali permettono di ridurre, in modo mirato e con oneri limitati, la povertà delle persone
con reddito modesto. Nel caso dei redditi molto bassi, tuttavia, l’aiuto risulta spesso minimo
e non garantisce l’esistenza. E i disoccupati non sono affatto raggiunti da questi provvedimenti. Pertanto, in fondo, è sbagliato annoverare questi due modelli tra quelli relativi a un
reddito minimo garantito. Solo i Paesi ricchi possono permettersi, aprioristicamente, un dividendo sociale. Se il dividendo sociale deve garantire il minimo esistenziale, il volume di
ridistribuzione diviene sproporzionatamente elevato. Se non copre il minimo esistenziale,
78
Reddito minimo garantito
6 Aspetti comuni, divergenze e questioni aperte
non apporta molta «real freedom». Sarebbero presumibilmente proprio i più bisognosi a
vedere peggiorare la propria situazione rispetto ad oggi. A livello politico, un simile reddito
di base incondizionato sarebbe praticamente irrealizzabile, in quanto contrasterebbe con la
corrente idea di equità. Non a caso Guy-Olivier Segond, l’allora direttore degli affari sociali
del Cantone di Ginevra, al quale si deve la riforma RMCAS, aveva definito un RMG universale come «un rève» (articolo apparso sul Courrier il 20.1.97).
Tabella 5: Valutazione degli effetti di diversi modelli
Criteri di valutazione
Imposta
Credito finegativa sul scale
reddito
Sovvenzioni Dividendo
salariali
sociale
Sicurezza di
base orientata sul
fabbisogno
Reddito
minimo
reintegrativo
Efficacia nel ridurre la povertà (effettività)
n riduzione della quota di povertà
+-
+-
+-
+-
+
+
n garanzia del minimo esistenziale
+-
+-
+-
-
+
+
n copertura del fabbisogno straordinario
-
-
-
-
+
+
n raggiungimento degli aventi
diritto
+
+
+
+
+-
+-
n tempestività
-
-
+
+
+-
+-
n preserva dalla “trappola della
povertà”
+
+
+
+-
-
+-
Raggiungimento economico dell’obiettivo (efficienza)
n circoscrizione dell’obiettivo
-
-
+
-
+
+
n onere amministrativo esiguo
+
+
+
+
-
-
n produttività macroeconomica
+-
+-
+-
+-
+
+
n offerta di lavoro
+
+
+
-
-
+-
n domanda di lavoro
0
0
?+
0
0
0
n assicurazione della flessibilizzazione
+
+-
-
+
+-
+-
Ripercussioni sul mercato del lavoro
Ripercussioni sulla distribuzione del lavoro e del reddito
n distribuzione tra i sessi
+
+
+
+
+
+
n condizioni familiari
+
+
-
+
+
+
n emarginazione/integrazione
-
-
-
-
-
+
n attività utili
-
-
-
+
+
++-
Effetti macroeconomici
n salari
-
-
-
+-
+-
n ripresa del consumo
0
0
0
0
0
0
+-
+-
-
+-
+-
+-
+
+
?
+
+
+
+-
+-
?
+-
+-
+-
n distribuzione
n stabilizzazione
n investimenti
Nostro riepilogo: + positivo; - negativo; + - effetti possibili in entrambe le direzioni; 0 neutro; ? effetti ignoti.
La situazione si presenta in modo leggermente diverso per quanto concerne le prestazioni
universali per determinati gruppi target, quali ad esempio gli assegni per figli. In Svizzera
sono già stati fatti esperimenti con riforme del tipo della sicurezza di base orientata sul
fabbisogno e del reddito minimo reintegrativo. Dal momento che nelle riforme nostrane
i modelli orientati sul fabbisogno sono quasi sempre stati vincolati al principio della contro-
79
6 Aspetti comuni, divergenze e questioni aperte
Reddito minimo garantito
prestazione, queste due strategie convergono in ampia misura. Entrambe consentono in
modo generalizzato, con un onere finanziario modesto, di garantire il minimo esistenziale.
Per entrambi i modelli la sfida consiste nel ridurre la povertà latente, ossia nel raggiungere
quei bisognosi che, pur avendovi diritto, non fanno capo all’assistenza, sia per vergogna
sia per paura.
Nella letteratura più recente si osserva la tendenza a proporre combinazioni di diversi modelli. Leu/Eisenring (1998, 462), per esempio, ritengono appropriato un credito fiscale nella
copertura delle spese per i figli e propongono inoltre per le persone con redditi bassi una
combinazione di supplementi salariali da parte dei datori di lavoro e dei lavoratori e un
supplemento lavorativo nei mercati del lavoro flessibili. Più la flessibilizzazione è progredita, più grande reputano l’importanza di simili programmi per garantire il reddito dei lavoratori della fascia salariale più bassa. Wagner (1999, 163) ritiene che la soluzione adeguata
per le persone in età lavorativa sia costituita da una combinazione di prestazioni complementari e di un’INR. Kaltenborn (1998), che in un’analisi comparativa dei modelli di sicurezza di base proposti in Germania non ne reputa convincente nemmeno uno, propone
anch’egli quale alternativa una complessa combinazione di provvedimenti che ci dispensiamo dall’illustrare in questa sede.
Laddove la pressione sull’assistenza sociale risultava maggiore, anche in Svizzera i governi cantonali e i municipi hanno aderito a esperimenti di riforma. A questo riguardo alcuni
Cantoni, come Ginevra, hanno puntato sulla strategia di leggi sperimentali che dapprima
vengono poste in vigore soltanto per un periodo limitato e quindi sono sottoposte a valutazione. Le esperienze fatte in questo contesto offrono numerose opportunità
d’apprendimento. È fuor di dubbio che vale la pena sistematizzare questo processo
d’apprendimento mettendo in atto un’intensa ricerca che lo appoggi.
80
Reddito minimo garantito
7 Elenco bibliografico commentato
7 Elenco bibliografico commentato
7.1
Monografie
Dopo il 1995
ACKERMANN, Bruce; ALSTOTT, Anne (1999): The Stakeholder Society, New Haven
& London.
Un quarto di secolo di economia «Trickle-Down» è stato un fallimento. Negli Stati Uniti la disuguaglianza economica è aumentata in maniera drammatica. Partendo da questo presupposto, gli autori sviluppano il cosiddetto piano Ackerman-Alstott: essi propongono di concedere a tutti i cittadini americani che diventano maggiorenni
un «Citizen’s Stake» pari a 80'000 dollari, allo scopo di stabilire un’autentica parità di opportunità. Tutti devono
infatti avere il diritto di partecipare alla ricchezza accumulata dalle generazioni precedenti. Se possibile, il
«Citizen’s Stake» dovrà essere restituito alla fine della vita. I giovani americani potrebbero disporre liberamente
del denaro ricevuto, contrariamente a proposte analoghe formulate ad esempio da James Tobin o Roberto Unger, i quali intendono dotare i giovani di un «capital account» per determinati scopi (come la formazione). Ackerman e Alstott calcolano che il loro provvedimento potrebbe essere finanziato mediante un’imposta sul patrimonio del due per cento. Esso aumenterebbe, secondo gli autori, non solo l’equità, bensì anche la produttività dell’economia americana.
Il piano Ackerman-Alstott si spinge più in là delle riforme dello Stato sociale (segnatamente le sovvenzioni salariali di Phelps), che da questo punto di vista non fanno che combattere i sintomi: l’impostazione «stakeholder»
affronta invece la disuguaglianza che è la causa prima della povertà. Tuttavia, nemmeno una «stakeholder
society» può del tutto fare a meno di reti di sicurezza. Ackerman e Alstott non hanno la pretesa di sostituire lo
Stato sociale con il «Citizen’s Stake». Essi stessi propongono la contemporanea trasformazione
dell’assicurazione rendite in una rendita popolare unitaria. Gli autori spiegano anche perché la loro proposta
sarebbe comunque da preferire a un reddito minimo garantito incondizionatamente, che pur ritengono una proposta di riforma parimenti positiva: il fatto di ricevere d’un sol colpo una grande somma di denaro spiana la
strada a ben altre opportunità.
ASTIER, Isabelle (1997): Revenu minimum et souci d’insertion, Paris.
L’autrice stessa, sociologa, era stata incaricata di accompagnare l’attuazione del RMI in un dipartimento a Nord
di Parigi e di notificare i problemi al ministero competente. In una sorta di osservazione partecipativa ha in primo luogo preso parte agli incontri delle commissioni d’integrazione locali. I dibattiti e i punti controversi, i dilemmi e gli scontri in seno a queste commissioni costituiscono i temi del suo libro. Al di là di questo, l’autrice
tenta di avvicinarsi all’«objet central des débats», ossia la valutazione di individui bisognosi. Isabelle Astier giudica l’aiuto individualizzato mediante un RMI come uno scambio di Storia contro denaro, come «une machine à
produire de la biographie publique» con propri rischi e discrepanze.
ATKINSON, Anthony B. (1995): Public Economics in Action, The Basic Income/Flat
Tax Proposal, Oxford.
Concepita come libro di studio, questa pubblicazione presenta il modello di un reddito minimo garantito incondizionatamente, che sostituisce tutte le deduzioni fiscali e le prestazioni sociali finanziate mediante imposte e che
è esso stesso finanziato mediante un’imposta proporzionale sul patrimonio. Tuttavia, Atkinson si serve di questo esempio soprattutto per presentare cinque recenti approcci economici e per mostrare in che modo questi
ultimi si prestino all’analisi di problematiche attuali e quali siano i loro limiti. Si tratta dell’approccio «optimum
taxation», che analizza le ripercussioni esercitate dai sistemi fiscali e assistenziali sul benessere sociale;
dell’approccio «public choice», un’analisi teorica di processi decisionali collettivi; di impostazioni recenti
nell’ambito della teoria concernente l’equilibrio tra domanda e offerta; di modelli «tax-benefit», che simulano gli
effetti esercitati da diverse proposte di riforma sulla distribuzione del reddito; nonché di indagini econometriche
circa gli effetti incentivanti di diverse proposte di riforma sull’offerta di lavoro.
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7 Elenco bibliografico commentato
Reddito minimo garantito
BARR, Nicholas (1998): The Economics of the Welfare State, Third Ed., Oxford
Rappresentazione dal punto di vista economico, presentata in modo gradevolmente sobrio, di diverse strategie
di riforma dello Stato sociale. Barr equipara, dal punto di vista degli effetti, i redditi minimi garantiti incondizionatamente e l’imposta negativa sul reddito INR (principio del calcolo al lordo risp. al netto) e distingue in compenso tra modelli «large-scale» (reddito minimo pari alla soglia di povertà) e modelli «small-scale» (reddito minimo
al di sotto della soglia di povertà). A questi ultimi egli contrappone una strategia «Back-to-Beveridge» orientata
sulla causalità, che copre i principali rischi di povertà con prestazioni categoriche (senza accertamento dettagliato del singolo caso). L’autore apporta numerosi argomenti a sostegno della tesi che i modelli INR «largescale» implichino inevitabilmente aumenti fiscali e con i loro costi riproducano la “trappola della povertà”, di modo che in definitiva la situazione resta immutata. Egli ritiene che la via più ragionevole sia quella di combinare
modelli INR «small-scale» con altre prestazioni, se l’imposta negativa sul reddito serve a identificare gruppi
poveri della popolazione sinora non raggiunti e a informare in merito a offerte d’aiuto mirate.
BAUER, Tobias; STREULI, Elisa (2000): Modelle des Ausgleichs von Familienlasten.
Eine datengestützte Analyse für die Schweiz. Eidgenössischen Koordinationskommission für Familienfragen EKFF, Bern.
L’attuale sistema di compensazione viene analizzato e giudicato lacunoso: in Svizzera poco meno di 300'000
figli non rientrano nel sistema degli assegni per figli poiché il diritto a tali prestazioni è spesso vincolato a un
lavoro retribuito esercitato a tempo pieno. Anche per quanto riguarda le deduzioni fiscali la ridistribuzione si
muove in direzione orizzontale anziché verticale e praticamente non contribuisce a evitare la povertà delle famiglie. Il 6,1 per cento delle famiglie vive al di sotto della soglia di povertà, mentre numerose altre famiglie povere riescono a vivere appena al di sopra della soglia della medesima soltanto grazie all’assistenza sociale (per
un totale annuo di 1 miliardo di franchi). Servendosi di un sistema di simulazione appositamente sviluppato, gli
autori calcolano i costi e gli effetti di quattro varianti per una reimpostazione dei versamenti della compensazione degli oneri familiari: deduzione fiscale pura, assegno per figli puro, combinazione di prestazioni assistenziali
consistente nell’assegno familiare e nella deduzione fiscale nonché il cosiddetto «modello ticinese», che si ispira al sistema delle prestazioni complementari all’AVS e all’AI. Quest’ultimo produce i risultati più convincenti:
pur richiedendo costi relativamente contenuti, esso assicura in modo abbastanza efficace i redditi più bassi.
BAUER, Tobias (1997): Kinder, Zeit und Geld, Eine Analyse der durch Kinder bewirkten finanziellen und zeitlichen Belastungen von Familien und der staatlichen Unte rstützungsleistungen in der Schweiz Mitte der neunziger Jahre, im Auftrag der Zentralstelle für Familienfragen des Bundesamtes für Sozialversicherungen, Bern.
Allevare figli comporta costi diretti (carico sul bilancio dell’economia domestica) e costi indiretti (onere temporale che presuppone un minore lavoro retribuito). Con la nascita di figli, spesso il reddito disponibile dei genitori
viene quasi dimezzato, il che provoca sovente seri problemi alle famiglie finanziariamente più deboli. In Svizzera i costi legati al fattore temporale sono estremamente elevati a causa dell’infrastruttura rudimentale delle offerte di custodia di bambini complementare alla famiglia (compresi gli orari fissi, le scuole a orario continuato
ecc.). I costi indiretti che fra l’altro ne derivano (attuale rinuncia al lavoro retribuito e futuro pregiudizio in seguito
a peggiori opportunità sul mercato del lavoro) superano i costi diretti e sono sostenuti in ampia misura dalle
madri. Migliorando la conciliabilità della famiglia e della professione si contribuirebbe quindi a evitare la povertà
e in particolare la povertà delle donne. In Svizzera i costi legati ai figli ammontano complessivamente a 47 miliardi di franchi all’anno. I versamenti destinati a compensare gli oneri legati ai figli (assegni per figli, deduzioni
fiscali, assistenza sociale ecc.) coprono meno di un sesto di questa somma: poco se paragonato con l’estero.
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Reddito minimo garantito
7 Elenco bibliografico commentato
BAUER, Tobias; WYSS, Ursula (1997): Sozialhilfe zwischen Sozialabbau und Grundrecht – eine Analyse zu den Voraussetzungen für die materielle Durchsetzung des
Grundrechts auf soziale Existenzsicherung, Studie im Auftrag der Sozialdemokratischen Fraktion der Eidgenössischen Räte, Bern.
Lo studio analizza le relazioni tra assicurazioni sociali e assistenza sociale e individua lacune nella sicurezza
minima in Svizzera: la disparità di trattamento è molto grande nell’assistenza sociale, molte persone non chiedono assistenza pur avendovi diritto (“questua”, stigmatizzazione, sostegno da parte di familiari, obbligo di restituzione del denaro ricevuto). La politica di risparmio nell’ambito delle assicurazioni sociali è collegata a uno
spostamento alla rete sottostante dell’assistenza sociale. Nel contempo, quest’ultima non solo è sempre più
competente per le situazioni di rigore individuali, ma è anche confrontata con persone abbastanza bene integrate che sono per caso interessate da un rischio sociale non assicurato. Bauer e Wyss propongono riforme
immanenti al sistema che vanno in direzione di una sicurezza di base orientata sul fabbisogno: un potenziamento delle prestazioni delle assicurazioni sociali fino a raggiungere il minimo esistenziale, uno sganciamento
dei versamenti della compensazione degli oneri per i figli dal salario da lavoro, criteri uniformi nel quadro
dell’assistenza sociale (minimo esistenziale calcolato in maniera uniforme, eliminazione dei margini discrezionali), obbligo di restituzione solo in casi eccezionali, rafforzamento degli incentivi al lavoro ecc.
BECK, Ulrich (1999): Schöne neue Arbeitswelt – Vision «Weltbürgergesellschaft»,
Frankfurt a.M.
Beck sviluppa ulteriormente le sue note tesi relative al mutamento della società del lavoro in una società del
rischio nonché il suo modello del “lavoro dei cittadini” (“Bürgerarbeit”). Sempre più persone rimangono senza
protezione sociale, lavorano apparentemente come indipendenti o semplicemente in nero. Spesso per sopravvivere sono necessari più impieghi, e i sindacati hanno sempre meno da dire. Con ciò Beck vede in pericolo le
fondamenta dello Stato sociale e della democrazia. La sua tesi: non ha senso voler ritornare ai «bei vecchi
tempi». Ciò che egli auspica è l’abbandono dell’universalismo occidentale della società del lavoro. L’opportunità
del futuro risiede in una società dei cittadini che premia l’impegno con “denaro dei cittadini” (“Bürgergeld”).
Quest’ultimo andrebbe finanziato con l’attuale aiuto ai disoccupati e l’assistenza sociale. Beck cerca ora di internazionalizzare questa idea di base, trasformando la società civile in una «società dei cittadini del mondo».
Questa società sarebbe retta da comunità transnazionali che formano uno «spazio morale di impegni reciproci».
BODE, Ingo (1999): Solidarität im Vorsorgestaat: Der französische Weg sozialer
Sicherung und Gesundheitsversorgung, Frankfurt.
Questa introduzione, molto ben documentata, alla logica francese della solidarietà istituzionalizzata definisce
un reddito sostitutivo con carattere di sicurezza minima quale uno di due punti prioritari. L’opera di Bode si presta fra l’altro a una lettura avvincente anche per il fatto che è scritto coscientemente dalla prospettiva tedesca,
tiene conto delle basi culturali consolidate delle istituzioni sociali e ne illustra i differenti processi d’adattamento
a problem atiche molto simili (disoccupazione crescente, cambiamento tecnologico, globalizzazione). Il libro
offre un’ampia bibliografia.
BOHRER, Isabelle; WALLIMANN, Isidor (1999): Armut: Eingliederung als neue Herausforderung für die Sozialhilfe, Das garantierte Mindesteinkommen (RMI) in Frankreich – Potentiale und Erfahrungen, Schriftenreihe der Arbeitsgemeinschaft der
Schulen für Soziale Arbeit, Band 21.
Breve e semplice introduzione, leggermente superata, al RMI francese e alle relative difficoltà d’attuazione.
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7 Elenco bibliografico commentato
Reddito minimo garantito
BOURGUIGNON, François; BUREAU, Dominique (1999): L'architecture des prélèvements en France: Etat des lieux et voies de réforme, Paris.
Il libro costituisce una chiara e competente presentazione del sistema fiscale e assistenziale francese e dei suoi
problemi. Esso delinea anche la direzione che dovrebbero prendere le riforme. L’autore Bourguignon è uno dei
più illustri economisti francesi ed è membro dello staff di consulenza economica di Jospin, in seno al quale opera anche l’altro autore, Bureau. I due autori menzionano due priorità: 1) una riduzione dei costi per il lavoro poco qualificato mediante deduzioni sociali più basse e 2) il potenziamento degli incentivi finanziari al lavoro per le
persone scarsamente qualificate, riducendo in maniera meno incisiva le prestazioni sociali ad esse destinate
quando aumenta il loro reddito.
BUSLEI, Hermann; STEINER, Viktor et al. (1999): Beschäftigungseffekte von Lohnsubventionen im Niedriglohnbereich, Schrifte nreihe des ZEW, Band 42, BadenBaden.
Il volume presenta i risultati di un progetto di ricerca dall’orientamento tecnico-metodologico. Esso discute dapprima le possibilità d’impostazione delle sovvenzioni salariali e gli effetti teoricamente attesi sull’occupazione in
diversi modelli relativi al mercato del lavoro. Gli autori riferiscono in merito a indagini empiriche esistenti, ma
l’attenzione è rivolta soprattutto allo sviluppo di un proprio modello simulato di trasferimento fiscale, con il quale
possono essere calcolati gli effetti delle alternative di riforma. I risultati dipendono fortemente dalla stima
dell’elasticità dell’offerta e della domanda di lavoro.
CONSEIL SUPERIEUR DE L’EMPLOI, DES REVENUS ET DES COUTS (1997): Minima
sociaux: entre protection et insertion, Paris.
Oltre 3,3 milioni di persone percepiscono in Francia diversi sostegni minimi sociali, per una somma complessiva di oltre 80 miliardi di franchi francesi. Il rapporto del Conseil supérieur de l’emploi, des revenus et des coûts
presenta i diversi sistemi di sicurezza minima, con i rispettivi gruppi di beneficiari e le risorse finanziarie. Comparando questi modelli con esempi esteri, il rapporto individua talune incoerenze nel sistema di sicurezza sociale francese. Un interesse fondamentale è rivestito dalle relazioni tra le prestazioni minime sociali e la situazione
occupazionale.
EIDGENÖSSISCHES DEPARTEMENT DES INNERN (1995): Bericht zur heutigen Au sgestaltung und Weiterentwicklung der schweizerischen Dreisäulenkonzeption der
Alters-, Hinterlassenen- und Invalidenvorsorge, Bern
Il rapporto si esprime in merito alla questione se il sistema della sicurezza sociale debba essere completato o
sostituito da una sicurezza di base. L’imposta negativa sul reddito e il dividendo sociale vengono respinti fornendo quale motivazione che, se si presuppongono prestazioni adeguate, il fabbisogno finanziario è elevato e
gli incentivi al lavoro dei beneficiari delle prestazioni assistenziali sono bassi. Vi sarebbe inoltre un grande stimolo a conseguire con l’inganno le prestazioni assistenziali e quindi il rischio di una crescita del mercato ombra. Andrebbero per contro valutate l’introduzione di una sicurezza di base orientata sul fabbisogno per determinati gruppi della popolazione sul modello delle prestazioni complementari nonché prestazioni finalizzate alla
reintegrazione.
FATTEBERT, Sylvain; MACH, André (1996): Revenu minimum de réinsertion vaudois
et revenu Minimum Cantonal d’aide social genevois: de la dette sociale au droit
individuel? Chavannes-près-Renens.
Interessante presentazione comparativa, leggermente superata, degli esperimenti di „revenu minimum“ effettuati nei Cantoni di Ginevra e Vaud, con una discussione dei rispettivi vantaggi e svantaggi.
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Reddito minimo garantito
7 Elenco bibliografico commentato
FEIST, Holger (2000): Arbeit statt Sozialhilfe: Zur Reform der Grundsicherung in
Deutschland, Tübinge n.
Feist critica il fatto che l’assistenza sociale in Germania sia orientata prevalentemente sul fabbisogno. In tal
modo sarebbero minate sia l’indipendenza che l’iniziativa propria dei beneficiari dell’aiuto, mentre il rapporto
con il mercato del lavoro passerebbe in secondo piano. Egli ritiene fondamentale rafforzare gli incentivi al lavoro delle pers one scarsamente qualificate e quindi vorrebbe suddividere i bisognosi in due programmi distinti:
uno per persone abili al lavoro e uno per persone inabili al lavoro, riducendo le prestazioni corrisposte alle persone abili al lavoro che però non vogliono lavorare. A questo proposito Feist illustra due studi esemplificativi
eseguiti negli Stati Uniti e in un comune pilota tedesco.
FERRY, Jean-Marc (1995): L’allocation universelle: pour un revenu de citoyenneté,
Paris.
Ferry postula un reddito minimo incondizionato per tutti i cittadini dell’UE quale risposta alla disoccupazione
strutturale destinata, secondo lui, a perdurare. Infatti, constata l’autore, la strategia integrativa del RMI francese
è stata un fallimento. Egli vede in una «allocation universelle» un nuovo paradigma distributivo indipendente dal
reddito e un’opportunità per sviluppare un quarto settore che prevede prestazioni di servizio personali non
meccanizzabili. Il finanziamento sarebbe assicurato grazie a una tassa automatizzata su tutte le transazioni
finanziarie, ovvero tramite il sistema bancario anziché tramite introiti fiscali. Altre prestazioni sociali potrebbero
di cons eguenza essere abolite. Il reddito di base deve coprire il minimo esistenziale, ma difficilmente potrà farlo
sin dall’inizio, di modo che deve essere introdotto gradualmente.
FRIBOULET , Jean-Jacques et al. (1997): Scénarios pour une politique en faveur des
chômeurs en fin de droit: état des lieux et analyse prospective à partir de l’éxemple
fribourgeois, Fribourg.
Il Cantone di Friburgo ha incaricato l’Università di Friburgo di presentare proposte relative alla gestione delle
pers one che non hanno più diritto alle prestazioni dell’assicurazione contro la disoccupazione. Sulla base di
una dettagliata analisi della situazione, Friboulet e il suo gruppo di ricerca propongono quattro scenari, tutti fondati su un «Revenu Minimum d’insertion (RMI)». Questo modello non è riuscito a imporsi nella successiva discussione politica.
FRIEDRICH EBERT STIFTUNG, ZUKUNFTKOMMISSION (1998): Wirtschaftliche Leistungsfähigkeit, sozialer Zusammenhalt, ökologische Nachhaltigkeit, Drei Ziele ein
Weg, Bonn.
Nell’ottobre 1995 la Fondazione Friedrich Ebert, legata al Partito socialista tedesco, ha istituito una commissione incaricata di elaborare opzioni e proposte concrete per una via al futuro equilibrata dai punti di vista economico, sociale ed ecologico. La commissione era composta da esperti quali Joachim Mitschke, Ilona Ostner e
Fritz Scharpf. Le proposte prendono lo spunto dall’evidenza che il «modello tedesco», che in passato ha dato
buone prove, si trova oggi confrontato con problemi fondamentali. La commissione si concentra su quattro punti
critici: 1. miglioramento della capacità innovativa e potenziamento delle risorse umane, 2. migliori possibilità
occupazionali per le persone scarsamente qualificate, 3. cambiamenti nell’ambito familiare e disoccupazione
quali sfide per l’integrazione sociale e 4. modi di vita e forme economiche ecologicamente sostenibili.
A proposito del secondo punto, la commissione conclude che la migliore soluzione per una sicurezza di base
senza effetti negativi sull’occupazione sarebbe costituita dal modello relativo al «denaro dei cittadini» («Bürgergeld») di Joachim Mitschke. Il vantaggio principale risiederebbe nel fatto che il reddito proprio viene computato
soltanto fino a una determinata percentuale, mantenendo così gli incentivi al lavoro. Il costo del lavoro delle
imprese verrebbe sensibilmente ridotto in quanto i salari potrebbero cadere sotto il minimo esistenziale. Sarebbe però elevato il costo politico in quanto il modello presuppone modifiche della legislazione in materia fiscale e
sociale nonché del sistema dei contratti tariffali. È per questo motivo che la commissione analizza anche la
proposta di sovvenzione salariale di Fritz Scharpf, di più facile realizzazione. Anche con questo modello i costi
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7 Elenco bibliografico commentato
Reddito minimo garantito
per il lavoro non qualificato verrebbero abbassati in maniera così marcata che potrebbero nascere nuovi mercati per prestazioni di servizio personali, che apporterebbero molti posti di lavoro supplementari.
GEBHARDT, Thomas (1998): Arbeit gegen Armut, die Reform der Sozialhilfe in den
USA, Opladen.
Come mai non è stato possibile, nonostante i numerosi esperimenti sociopolitici, eliminare la povertà negli Stati
Uniti? Quali sono le premesse alla base del «modello americano»? Il libro analizza la politica sociale americana, compresa la discussa riforma del 1996. Esso evidenzia i pericoli e le conseguenze della forte politicizzazione degli sforzi di riforma e spiega perché l’integrazione sociale dei bisognosi, grazie al suo obbligo di lavorare,
sia divenuta in misura sempre maggiore il principale obiettivo della politica americana in materia di assistenza
sociale.
GERN, Klaus-Jürgen (1999): Auswirkungen verschiedener Varianten einer negativen
Einkommenssteuer in Deutschland: eine Simulationsstudie, Tübingen.
Al centro dello studio di Gern si trova la quantificazione delle ripercussioni di diverse varianti di INR. Un altro
aspetto prioritario è costituito dagli effetti incentivanti, che egli analizza dapprima a livello microeconomico e
quindi aggrega in un modello macroeconomico. L’autore illustra in maniera succinta ulteriori aspetti di una “riforma relativa al denaro dei cittadini“ (“Bürgergeldreform”): ripercussioni sulla struttura salariale e sul livello salariale, mutamento delle norme e dei valori sociali nonché la domanda se rispetto al sistema odierno ci si debbano attendere risparmi nell’ambito delle spese amministrative.
GIARINI, O.; LIEDTKE, P.M. (1998): Wie wir arbeiten werden, Der neue Bericht des
Club of Rome, 3. Aufl., Hamburg.
La globalizzazione dei mercati e il passaggio alla società dell’informazione e dei servizi trasformano il mercato
del lavoro in maniera drastica: il mondo del lavoro d’impronta industriale si dissolve cedendo il passo a nuove
forme di lavoro, flessibili e insicure. Il rapporto analizza questa evoluzione e propone soluzioni intese a combattere a medio termine i conseguenti dilemmi occupazionali. Al centro si trova un modello a tre strati detto
dell’«attività produttiva». Gli autori propongono, accanto al settore lavorativo «normale», un mercato del lavoro
che concede a tutti un diritto a circa 20 ore di lavoro settimanali pagate (primo strato). A questo mercato del
lavoro fanno capo tanto meno persone quanto più sono le persone che trovano lavoro nel secondo strato, il
normale sistema occupazionale. Quale terzo strato, Giarini e Liedtke definiscono il lavoro volontario non retribuito.
GILLIAND, Pierre; ROSSINI, Stéphane (1997): La protection sociale en Suisse: recettes et dépenses, 1948-1997: comparaison avec les pays de l’Union Européenne,
Lausanne.
Il libro delinea lo sviluppo storico e la portata attuale dei flussi finanziari che erano e sono collegati alla sicurezza sociale in Svizzera. L’analisi si concentra sui sistemi di finanziamento e sulle fonti finanziarie e li compara
con altri Paesi europei. Lo studio chiede in che misura il finanziamento sia assicurato in futuro, tenuto conto
dell’eccessivo invecchiamento demografico e della disoccupazione strutturale, e in che misura sarebbero finanziabili soluzioni alternative. Da questo punto di vista finanziario, Gilliand e Rossini sottopongono proposte
d’adattamento moderate.
GORZ, André (2000): Arbeit zwischen Misere und Utopie, Frankfurt a.M.
Già tempo addietro André Gorz si era detto favorevole a un reddito minimo garantito, intendendolo tuttavia come controprestazione («reddito sociale») per 20'000 ore di tempo di lavoro sull’arco della vita per un lavoro socialmente necessario. In questo libro lascia cadere questa condizione e aderisce alla tesi di coloro che postulano un diritto incondizionato a un reddito minimo garantito. Motiva la sua scelta affermando che in presenza di
una produzione immateriale e di un’attività indipendente in crescita diventa sempre più difficile misurare il lavo-
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ro in unità temporali. Anche le proposte di Rifkin, Offe e Elson relative all’obbligo di fornire una controprestazione lo inducono a scostarsi dal principio della controprestazione, in quanto una simile costrizione trasforma in
maniera radicale la qualità del lavoro volontario, cui egli aspira. In una società in cui il sapere diventa sempre
più il principale fattore di produzione, tutti dovrebbero inoltre avere la possibilità finanziaria di sviluppare le proprie capacità. Un RMG incondizionato sarebbe il più idoneo a contribuire affinché la ricchezza prodotta collettivamente aiuti a creare tempi da dedicare ad attività diverse da quelle retribuite. Tuttavia, un reddito minimo
garantito potrebbe essere una soluzione soltanto a condizione che sia sufficiente per vivere, cosa che non sarebbe data nelle proposte di Friedman, Mitschke, Bresson e dei conservatori britannici. Per questo motivo, in
queste proposte persisterebbe la pressione a cercare a tutti i costi un lavoro retribuito, cosa che Gorz respinge.
Soltanto un ammontare sufficiente del RMG renderebbe possibile non accettare qualsiasi impiego e libererebbe
pertanto le persone dalle costrizioni del mercato del lavoro.
GROOT, Loek F.M. (1999): Basic Income and Unemployment, Netherlands School for
Social and Economic Policy Research, Amsterdam.
Nella sua dissertazione in economia, Groot mostra che l’attrattività di un dividendo sociale aumenta man mano
che cresce la disoccupazione. Egli approfondisce diversi controargomenti nell’ambito degli effetti incentivanti.
Ampio spazio è occupato anche dall’«impossibility claim», secondo cui un reddito di base sarebbe o troppo
basso per essere socialmente accettabile o troppo alto per essere economicamente sostenibile. Groot propone
di raccogliere esperienze con esperimenti sociali e indica come potrebbe essere impostato un simile esperimento.
HAUSER, Richard et al. (1996): Ziele und Möglichkeiten einer sozialen Grundsicherung, Schriftenreihe Dialog Sozial, Band 1, Baden-Baden.
Lo studio presenta un’accurata rassegna delle tematiche discusse, corredata da una bibliografia esaustiva per
la Germania. Dapprima vengono delineate l’entità e la problematica dell’assistenza sociale, per poi illustrare gli
elementi essenziali della sicurezza di base e discutere possibilità d’impostazione alternative. In una fase successiva vengono presentate e valutate mediante un catalogo di obiettivi e criteri appositamente sviluppato le
proposte di riforma concrete formulate da partiti e associazioni d’interesse sociali. Questo catalogo di criteri non
si limita al lato finanziario, ma tiene conto anche di molteplici aspetti economici e sociopolitici.
HUBER, Joseph (1998): Vollgeld, Beschäftigung, Grundsicherung und weniger
Staatsquote durch eine modernisierte Geldordnung, Berlin.
Per Huber lo Stato sociale, divenuto esso medesimo una causa primaria di abusi, gonfiato fino alla perversione
e tutt’altro che funzionale, è agonizzante. Egli chiede che le competenze e i mezzi finanziari vengano ritrasferiti
dallo Stato ai cittadini e afferma che il ceto medio, «abile al lavoro indipendente dal punto di vista dell’economia
reale», subisce pressioni da due parti: da un lato, dai molti gruppi «aggrappati alla rete sociale e abboccati al
contagocce delle sovvenzioni»; dall’altro, dai gruppi «sempre più adagiati nell’amaca pecuniaria dei crescenti
introiti da capitale e interessi». L’autore vuole fare piazza pulita di entrambi i gruppi descritti introducendo un
dividendo sociale che assicura l’esistenza, finanziato mediante diritti di riscossione su prelievi di nuovi fondi
dalla Banca centrale. Questa trasformazione in materia di politica monetaria, illus trata in modo dettagliato, che
mira ad ostacolare la creazione di denaro attraverso le banche e ad introdurre una moneta scritturale a pieno
titolo («Vollgeld»), rappresenta il fulcro della sua proposta di riforma.
JÄGGI, Christian J. (1995): Wege, Irrwege und Sackgassen der Existenzsicherung,
Meggen.
Tour d’horizon di un cittadino impegnato che affronta diverse pubblicazioni e dibattiti sulla povertà, la disoccupazione e le riforme sociali e riflette in maniera generale su come la situazione dei meno fortunati in tutto il
mondo possa essere migliorata.
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Reddito minimo garantito
JARROSSON, Bruno; ZARKA, Michel (1997): De la défaite du travail à la conquête du
choix, Paris.
Il lavoro è un mito in seno alla nostra società. Ma questo mito risale soltanto alla rivoluzione industriale e non è
infrangibile. Nell’era attuale, affermano Jarrosson e Zarka, in cui una disoccupazione probabilmente irreversibile e un costoso sistema di ridistribuzione, in parte con effetti perversi, hanno condotto in un vicolo cieco, è venuta l’ora di sganciare il lavoro dal reddito. Gli autori propongono un «revenu d’existence» che restituisca
all’individuo un margine d’iniziativa, ovvero la scelta. Tuttavia, questo reddito è situato al di sotto del minimo
esistenziale e anche del livello RMI già inferiore. Jarrosson e Zarka reputano finanziabile soltanto un reddito
minimo incondizionato di 1500 FF: tutti i salari potrebbero essere ridotti di questo importo (400 miliardi di FF),
gli assegni per famiglie, i sussidi di maternità e il sostegno per i disabili verrebbero aboliti (240 miliardi), come
pure tutte le sovvenzioni agricole e quelle specifiche di altri settori (120 miliardi) e il RMI (150 miliardi). I rimanenti 100 miliardi di FF andrebbero convogliati mediante semplificazioni delle procedure amministrative e maggiori entrate fiscali dovute all’attivazione dell’iniziativa privata. Un reddito minimo garantito renderebbe possibile
deregolamentare i salari e gli orari di lavoro. Allo scopo di mantenere l’incentivo al lavoro, il reddito minimo andrebbe fissato in funzione del reddito nazionale: se sono solo pochi a lavorare, quest’ultimo si abbassa così
come il reddito minimo, di modo che risultano rafforzati gli incentivi al lavoro.
JERGER, Jürgen; SPERMANN, Alexander (1998): Ist ein Wohlfahrtsstaat ohne Armutsfalle möglich? Institut für Finanzwissenschaft, Diskussionsbeiträge 70/98, Freiburg i. Br.
Al centro di questo studio si trovano gli incentivi negativi per il lavoro insiti nell’attuale sistema di assistenza
sociale. Il breve documento discute le principali proposte volte a eliminare la «trappola della povertà» rafforzata
da tali incentivi: la decurtazione delle prestazioni assistenziali, l’imposta negativa sul reddito, i salari combinati,
un contributo d’avvio per disoccupati di lunga durata e programmi Welfare-to-Work.
KALTENBORN, Bruno (2000): Reformkonzepte für die Sozialhilfe: Finanzbedarf und
Arbeitsmarkteffekte, Dissertation, Baden-Baden.
Nella sua dissertazione, Kaltenborn calcola le ripercussioni finanziarie di proposte di riforma concretamente
esis tenti in Germania. A questo scopo egli utilizza un proprio modello (SimTrans) finalizzato alla microsimulazione del sistema fiscale e assistenziale tedesco sulla base del panel socioeconomico (SOEP) per la Germania
occidentale e orientale. Le sue conclusioni: i modelli inerenti alla politica del mercato del lavoro (salario combinato, imposta negativa sul reddito) sono verosimilmente inefficaci, se non addirittura controproducenti. Gli altri
modelli (proposte del PDS, dei Verdi e del SPD per un particolare sistema di prestazioni per determinati gruppi
di persone) si rivelano costosi e implicano rischi dal punto di vista della politica occupazionale.
KALTENBORN, Bruno (1998): Von der Sozialhilfe zu einer zukunftsträchtigen
Grundsicherung, Baden-Baden.
L’autore considera anche l’assistenza sociale attualmente esistente in Germania alla stregua di una sicurezza
di base. Egli introduce esaustivamente i parametri costitutivi di una sicurezza di base, partendo dai quali valuta
in maniera sistematica sia le proposte e i modelli che si fanno concorrenza nell’attuale discussione sulla riforma
sia l’odierna assistenza sociale. Questo raffronto diretto è agevolato da compendi tabellari. Per alcuni tipi di
famiglia standardizzati viene simulato il sistema fiscale e assis tenziale tedesco e calcolato il livello di prestazione di diversi modelli di sicurezza di base. Visto che in definitiva nessuna delle proposte di riforma analizzate lo
convincono fino in fondo, l’autore sottopone a discussione un proprio modello di riforma.
KOMMISSION DER EUROPÄISCHEN GEMEINSCHAFTEN (2000a): Sozialpolitische
Agenda, Brüssel.
Come si legge nella prefazione, l’elemento principale dell’Agenda consiste nella modernizzazione del modello
sociale europeo. La politica sociale è intesa quale fattore produttivo chiamato ad aiutare a far fronte al muta-
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7 Elenco bibliografico commentato
mento strutturale. Considerato che la protezione sociale rientra nelle competenze degli Stati membri, si tratta
intanto di form ulare obiettivi strategici comuni impostati a lungo termine. Determinati “paletti” come il principio di
sussidiarietà sono già ancorati nei trattati. Il ruolo importante dell’occupazione (obiettivo consistente nella piena
occupazione e nell’aumento del tasso d’occupazione) viene perpetuato. Ulteriori direzioni di riforma: rendere
possibile seguire riforme propense a favorire l’occupazione, portare avanti l’integrazione sociale, fare in modo
che valga la pena lavorare. L’obiettivo supremo è formulato anche come un nuovo equilibrio tra flessibilità e
sicurezza. L’Agenda sociopolitica non apporta granché di nuovo rispetto al Rapporto sulla sicurezza sociale in
Europa del 1999.
KOMMISSION DER EUROPÄISCHEN GEMEINSCHAFTEN (2000b): Bericht über die
soziale Sicherheit in Europa 1999, Brüssel.
Nel luglio del 1999 la Commissione europea ha proposto una «Strategia concertata per modernizzare la protezione sociale», dopo aver riconosciuto che la libera circolazione delle persone, l’unione monetaria e la strategia
occupazionale concertata, lanciata precedentemente, facevano vieppiù della protezione sociale una preoccupazione comune. Fra gli obiettivi definiti troviamo la volontà di provvedere affinché valga la pena lavorare e il
reddito sia garantito nonché di promuovere l’integrazione sociale. Già nella strategia occupazionale era stata
postulata la maggiore integrazione delle donne nella popolazione attiva, per motivi legati alla parità di diritti ma
anche per assicurare il finanziamento delle opere sociali. Il rapporto analizza i più recenti sviluppi (di riforma) in
funzione di questi obiettivi. Esso sottolinea l’importanza di un congedo per genitori e d’indennità più consistenti
per il lavoro d’assistenza. Il rapporto individua «un certo margine di manovra» per quanto riguarda i provvedimenti integrativi attivi e dichiara le politiche di protezione sociali come importante sostegno della politica occupazionale. La necessità di agire viene riscontrata anche a proposito dei sistemi di protezione sociale quanto alla
loro impostazione più adatta alle specificità dei sessi.
LEU, Robert E.; BURRI, Ste fan; PRIESTER, Tom (1997): Lebensqualität und Armut in
der Schweiz, Bern.
Si tratta del primo grande studio a livello nazionale sulla nuova povertà in Svizzera che è rimasto un’importante
opera di riferimento. Esso è sorto nel quadro del Programma nazionale di ricerca 29 «Cambiamento delle forme
di vita e sicurezza sociale». Lo studio non si sofferma soltanto sull’entità della povertà, ma analizza anche la
compos izione della popolazione povera, le caratteristiche che la distinguono dal resto della popolazione e la
realtà sociale in cui vivono le persone colpite dalla povertà. Nella parte conclusiva vengono abbordati provvedimenti intesi a combattere la povertà. Gli autori si dichiarano favorevoli a un’esenzione fiscale al di sotto del
minimo esistenziale, a provvedimenti volti a ridurre le quote di non riscossione nell’ambito dell’assistenza sociale e delle prestazioni complementari, ad assegni familiari potenziati, a tassi di computo più bassi per redditi
propri modesti allo scopo di ridurre gli incentivi negativi per il lavoro, a supplementi salariali sotto forma di crediti
fiscali per poveri che esercitano un’attività lucrativa nonché all’uniformazione e professionalizzazione
dell’assistenza sociale.
MÄDER, Ueli (2000): Subsidiarität und Solidarität, Habilitation, Bern.
Mäder fa il punto dello stato della ricerca sulla povertà in Svizzera, presenta reti sociali esistenti (compresi la
tradizione cooperativa, il mutuo soccorso, il lavoro volontario ecc.) e mostra come i processi del mutamento
sociale hanno condotto a nuovi rischi di povertà scarsamente coperti. Discute il ruolo di un dividendo sociale
nel dibattito sulla riforma dello Stato sociale. In linea di principio ha un atteggiamento positivo nei confronti di
quest’idea, ma ritiene difficilmente valutabili le conseguenze: aumenterebbero le pigioni? Vi sarebbero meno
inibizioni a licenziare le persone poco efficienti? Per l’integrazione professionale e sociale sarebbero però necessari soprattutto ulteriori provvedimenti. Per lui sono più importanti i miglioramenti che possono essere attuati
oggi: estensione delle prestazioni complementari a ulteriori gruppi della popolazione, uniformazione dei minimi
esistenziali, passaggio dal principio di causalità al principio di finalità, determinazione di un diritto legale a un
livello di prestazione valido per tutti, miglioramento delle condizioni per far valere questo diritto, creazione di
incentivi al lavoro retribuito e all’integrazione, passaggio dal “sostegno dell’oggetto” al “sostegno del soggetto”
nonché una legge quadro che promuova la professionalizzazione dei servizi sociali.
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7 Elenco bibliografico commentato
Reddito minimo garantito
MITSCHKE, Joachim (2000): Grundsicherungsmodelle - Ziele, Gestaltung, Wirkungen
und Finanzbedarf, Baden-Baden.
Joachim Mitschke è stato, negli ultimi 20 anni, uno dei più eminenti fautori tedeschi di un reddito minimo garantito (“denaro dei cittadini”, “Bürgergeld”) sotto forma di un’imposta negativa sul reddito. Il libro ripresenta in maniera sistematica la sua proposta avanzata, per la prima volta nel 1985 (ordinamento fiscale e assistenziale
d’un sol getto). Semplificando fortemente, si tratta di un credito fiscale forfetario pari al minimo esistenziale,
destinato a sostituire le prestazioni assistenziali non vincolate a contributi. Nel contempo, Mitschke analizza la
letteratura più recente e i dibattiti attuali. Si sofferma in particolare sulla diffusa esigenza di creare più posti di
lavoro per persone scarsamente qualificate. I calcoli concreti si riferiscono alla situazione austriaca.
OECD (1999): Bekämpfung sozialer Ausgrenzung: Sozialhilfe in Kanada und der
Schweiz, Bern.
L’OCSE giudica non ottimale il sistema della sicurezza sociale in Svizzera. Quest’ultimo sarebbe sì in grado di
garantire uno standard di vita adeguato, ma non impedirebbe l’emarginazione sociale e l’aumento della povertà. Le barriere sono alte: appena il 50 per cento degli aventi diritto fanno capo all’assistenza sociale. Ciò dipende dall’obbligo di restituzione, ritenuto arcaico dall’OCSE, e dalla possibilità di fare intervenire finanziariamente i
parenti. Nei Comuni piccoli la stigmatizzazione dei beneficiari delle prestazioni dell’assistenza sociale conduce
all’emigrazione. Inoltre, le persone vengono sballottate da un sistema di prestazioni all’altro. E l’integrazione
professionale riveste un’importanza troppo esigua. Occorre in particolare guadagnare terreno per quanto riguarda le offerte di custodia di bambini complementare alla famiglia. L’OCSE critica anche il fatto che le prestazioni possano situarsi anche al di sopra del salario da lavoro, e che i redditi supplementari vengano computati
integralmente. Entrambi gli aspetti dissuadono dall’intraprendere un’attività lucrativa.
OECD (1998): Benefit Systems and Work Incentives, Paris.
Questo studio definisce quale dilemma principale della politica sociale il fatto che le prestazioni assistenziali
possono ridurre gli incentivi al lavoro. Specialmente le famiglie correrebbero il rischio di essere tenute lontane
dal mercato del lavoro da prestazioni sociali che possono essere più elevate del potenziale reddito da lavoro,
trovandosi in definitiva incastrate in una “trappola della povertà”. Il libretto presenta una panoramica sugli elementi dei sistemi fiscali e assistenziali per persone in età lavorativa e compara i livelli di prestazione di diversi
Paesi. Gli enunciati concernenti gli specifici incentivi al lavoro di diverse prestazioni assistenziali sono basati su
calcoli modello e non su esperienze reali.
PHELPS, Edmund S. (1997): Rewarding Work - How to Restore Participation and
Self-Support to Free Enterprise, Cambridge (Mass.).
Phelps parte dalla premessa che dagli anni Settanta negli Stati Uniti i salari si sono fortemente dilatati. Soprattutto il lavoro non qualificato non è più pagato decentemente, ma «earning a respectable wage to foster selfworth and responsibility» ha un’importanza centrale. La motivazione al lavoro delle persone svantaggiate sarebbe stata ulteriormente indebolita da prestazioni assistenziali che consentirebbero anche che la forbice dei
salari si dilati ancora. Tuttavia, le conseguenze di questo sviluppo (criminalità, droga ecc.) comporterebbero
costi elevati per tutti. Phelps difende idee tradizionali dei ruoli. Egli critica infatti anche un «effetto evirante» delle prestazioni dell’assistenza sociale, che rafforzerebbe l’indipendenza delle giovani madri dai padri dei loro
figli. La sua soluzione consiste in una sovvenzione salariale graduale sui salari orari, erogata alle imprese che
impiegano persone con salari bassi. Secondo i suoi calcoli, il programma si finanzierebbe praticamente da s olo,
in quanto il livello salariale aumenta se le imprese impiegano un numero crescente di queste persone, e ciò per
il fatto che diverrebbero possibili risparmi nell’assistenza sociale e che le persone precedentemente disoccupate verrebbero a pagare imposte.
Phelps critica per contro il già esistente «Earned Income Tax Credit», in quanto si concentra sulle famiglie (anziché sui giovani uomini senza prospettive economiche per il futuro) e completa il reddito anziché basarsi sulle
aliquote salariali, motivo per cui potrebbe prodursi una riduzione del tempo di lavoro. L’autore adduce argomenti di natura morale. Ecco perché è contrario a un dividendo sociale, che non contribuirebbe affatto a rivalorizza-
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Reddito minimo garantito
7 Elenco bibliografico commentato
re l’impiego come mezzo dell’autosostentamento, veicolo della crescita personale e garante del sentimento di
appartenenza e di utilità nei confronti degli altri.
RECHSTEINER, Rudolf (1998): Sozialstaat Schweiz am Ende? Zürich.
Secondo Rechsteiner, l’imposta negativa sul reddito e i modelli relativi al “denaro dei cittadini” (“Bürgergeld”)
presentano innumerevoli lacune: egli parla di pressione salariale, “approvvigionamento” finanziario, problemi
specifici insoluti e ulteriore abbandono attraverso l’emarginazione. L’autore critica però soprattutto le prestazioni forfetarie elevate versate senza accertamento del fabbisogno. Da ciò nascono problemi di finanziamento, di
modo che il livello delle prestazioni viene abbassato in maniera tale da non corrispondere più affatto al fabbis ogno reale. Gli uni non hanno veramente bisogno del denaro, per gli altri esso risulta insufficiente. Visto che contraddice il sentimento di giustizia, una simile prestazione non ha alcuna legittimità. Dal suo punto di vista, la
lotta alla povertà può essere condotta nel migliore dei modi prevedendo prestazioni che combinano prestazioni
di base dipendenti dal fabbisogno e diritti legali che rimangono in vigore anche in caso di redditi elevati (cfr.
AVS e PC). Rechsteiner invita a diffidare di riforme sociali che suddividono la società in pers one che beneficiano di prestazioni e persone che pagano contributi. A questo proposito parla di «apartheid del mondo del lavoro». Le istituzioni dello Stato sociale possono essere assicurate nel migliore dei modi coinvolgendo anche i ceti
medi.
RIFKIN, Jeremy (1995): Das Ende der Arbeit und ihre Zukunft, Frankfurt a.M.
Questo libro influente traccia il quadro di un futuro senza lavoro che può condurre a una scissione sociale tra
vincitori e perdenti. Rifkin chiede un nuovo contratto sociale nell’era del dopo-economia di mercato. In questo
contesto, un reddito sociale o minimo per lavori di pubblica utilità potrebbe svolgere un ruolo di rilievo.
ROSSI, Martino; SARTORIS, Elena (1996): Solidarität neu denken, Wirtschaftliche
Veränderungen, Krise der sozialen Sicherheit und Reformmodelle, Zürich.
Questo libro è nato nel quadro della ricerca sulla povertà eseguita presso l’«Istituto di ricerche economiche
(IRE)» del Cantone Ticino. Esso analizza il modo in cui il minimo esistenziale è garantito in Svizzera e le sfide
cui è confrontato questo sistema, che vanta una lunga tradizione. A questo proposito da un lato illustra gli sviluppi registrati in Ticino, dall’altro formula proposte di riforma molto concrete e dettagliate per la sicurezza
sociale a livello cantonale. L’opera deve la sua notorietà al «modello di riflessione» per un riorientamento della
sicurezza sociale su scala nazionale. Rossi e Sartoris propongono un modello dei tre cerchi, il cui primo cerchio
serve a garantire il minimo es istenziale: in esso verrebbero riuniti AVS/AI, casse pensioni, assicurazione contro
la disoccupazione, assicurazione contro gli infortuni, indennità per perdita di guadagno, assicurazione militare e
assegni familiari. Questa sicurezza non implicherebbe alcun obbligo di contribuzione e sarebbe indipendente
dal fabbisogno. Essa interesserebbe all’incirca il 40 per cento della popolazione (per la metà bambini e per un
terzo persone in età AVS). Il secondo cerchio comprende assicurazioni obbligatorie che garantiscono, contro i
rischi principali, redditi sostitutivi proporzionali al reddito da lavoro. E nel terzo cerchio vi sarebbero ulteriori assicurazioni facoltative a discrezione dei singoli. Secondo Rossi/Sartoris, per prestazioni comparabili i costi si
muoverebbero nell’ambito degli attuali trasferimenti di reddito, motivo per cui il modello alternativo sarebbe finanziabile.
SCHWEIZERISCHER GEWERKSCHAFTSBUND (Hg.) (2000): Expertenbericht Mindestlöhne, Bern.
Questo rapporto è stato elaborato in vista di misure d’accompagnamento agli accordi bilaterali con l’UE. Esso
discute il ruolo dei salari minimi nella garanzia dell’esistenza, il loro influsso sull’occupazione, il loro contributo
alla lotta contro la povertà e le ripercussioni macroeconomiche. Vengono presentate anche le normative inerenti al salario minimo usuali nell’UE. Il rapporto peritale si sofferma inoltre su alternative d’azione, in particolare i
supplementi salariali statali. Questa «gut gemeinte Idee» («idea in buona fede», 83) presenta tre gravi lacune:
1. verità dei costi: gli oneri finanziari delle imprese vengono spostati ai poteri pubblici, il che corrisponde a un
sovvenzionamento indiretto delle aziende che pagano redditi bassi; 2. concorrenza falsata in Svizzera; 3. concorrenzialità messa a rischio in quanto i settori con salari bassi vengono tenuti in vita artificialmente (spesso
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7 Elenco bibliografico commentato
Reddito minimo garantito
tramite l’affluenza di manodopera a basso costo dall’estero), anziché puntare su una strategia rivolta al futuro e
improntata all’innovazione e alla creazione di un elevato valore aggiunto.
SOLOW, Robert (1998): Work and Welfare, Princeton.
L’economista e premio Nobel Robert Solow dà un giudizio critico della riforma «welfare to work» negli Stati Uniti. Basandosi su riflessioni economiche, egli dimostra che i costi sociali sono sostenuti in primo luogo dai
working poor, generalmente poco qualificati, per i quali la nuova concorrenza rappresentata dagli ex beneficiari
di prestazioni assistenziali conduce a salari ancora più bassi e a una insicurezza dell’impiego ancora più elevata. Coloro che percepiscono salari più alti profittano invece piuttosto della connessa riduzione del costo delle
prestazioni di servizio personali. Nella seconda parte dello studio, Solow analizza indagini empiriche relative a
esperienze pratiche fatte con programmi «welfare to work» in singoli Stati. Da tutti questi studi emergerebbe
che gli ex beneficiari di prestazioni assistenziali hanno pochissime possibilità di trovare un impiego, indipendentemente dal fatto che programmi speciali promuovano o no il collocamento professionale. La grande maggioranza non riesce a guadagnarsi da vivere in maniera regolare. Di conseguenza, afferma Solow, la riforma in
esame corrisponde in gran parte a una nuova definizione terminologica dei beneficiari di prestazioni sociali, che
ora vengono chiamati disoccupati. Questo non sorprenderebbe affatto in un’epoca in cui il mercato del lavoro
lascia a piedi numerosissime persone non qualificate.
La riforma, continua Solow, ha quindi ampiamente disatteso l’aspettativa dell’integrabilità dei beneficiari di
prestazioni assistenziali nel mercato del lavoro. Per questo essa implica costi di parecchio superiori a quanto
non volessero credere i suoi fautori. In questa situazione non vi sono «cheap answers». Secondo l’autore, i
programmi infrastrutturali pubblici volti a creare posti di lavoro, sul modello del New Deal (anni Trenta), non
costituiscono una soluzione poiché sono attagliati agli uomini, mentre a beneficiare di prestazioni assistenziali
sono prevalentemente donne, che spesso devono accudire bambini. Inoltre, le qualifiche sono richieste nel
settore dei servizi e non in quello edilizio. Egli reputa invece ragionevole, benché costoso, creare posti di
lavoro, in forma adeguata, laddove sono necessari. In ogni caso occorre un sistema misto, un «packaging:
welfare plus earnings». Da parecchio tempo la realtà è tale che molti fanno la navetta tra «work» e «welfare».
Questo fatto dovrebbe essere istituzionalizzato, in quanto dimostrerebbe che gli incentivi sono posti nella giusta
maniera.
SOMMER, Jürg H.; SCHÜTZ, Stefan (1996): Wandel der Lebensformen und soziale
Sicherheit, Ergebnisse aus dem Nationalen Forschungsprogramm 29, Bern.
Il rapporto finale relativo al Programma nazionale di ricerca «Cambiamento delle forme di vita e sicurezza sociale» presenta una sintesi globale dei singoli progetti e ne deduce raccomandazioni all’attenzione dei responsabili a livello politico.
SOZIALDEPARTEMENT DER STADT ZÜRICH (1997): Umbau der sozialen Sicherung
– Für die Sozialpolitik der Zukunft, Zürich.
Il dipartimento degli affari sociali della Città di Zurigo propone di valutare l’ampliamento delle prestazioni complementari per i gruppi target costituiti dalle famiglie con redditi bassi, dai disoccupati anziani di lunga durata e
dai disoccupati con diritto a indennità giornaliere che non garantiscono l’esistenza. Esso vorrebbe inoltre fare
dell’assistenza sociale un elemento a pieno titolo della sicurezza sociale. L’assistenza sociale deve essere basata sul principio della reciprocità, il che presuppone che lo Stato fornisca un contributo finanziario e un aiuto
professionale all’integrazione, ma anche che i beneficiari contribuiscano in prima persona alla loro indipendenza economica e integrazione sociale.
SPERMANN, Alexander (2001): Negative Einkommenssteuer, Lohnsubventionen und
Langzeitarbeitslosigkeit, Finanzwissenschaftliche Schriften 104, Frankfurt a.M.
Disoccupazione di lunga durata e riscossione prolungata di prestazioni dell’assistenza sociale sono indici di una
disoccupazione strutturale. Gli incentivi negativi per il lavoro contribuiscono a prolungare la riscossione
dell’aiuto. Spermann presenta alternative allo statu quo e le discute in maniera critica. Egli sviluppa una propria
proposta di riforma: un contributo d’avvio (“Einstiegsgeld”) per disoccupati di lunga durata. Dal 1999 questo
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Reddito minimo garantito
7 Elenco bibliografico commentato
contributo d’avvio viene sperimentato nella prassi, nell’ambito di esperimenti modello, in 16 località dei Länder
del Baden-Württemberg e dell’Assia.
STREULI, Elisa; BAUER, Tobias (2001): Working Poor in der Schweiz, Eine Untersuchung zu Ausmass, Ursachen und Problemlage, Info social, Bundesamt für Statistik,
April 2001, Nr. 5.
Nel 1999, il 7,5 per cento delle persone attive d’età compresa tra i 20 e i 59 anni apparteneva al gruppo dei
working poor. Ciò corrisponde a 250'000 persone che vivono in economie domestiche con complessivamente
535'000 persone, di cui 232'000 sono bambini. Il rischio di diventare working poor dipende da un lato dalla posizione nel mercato del lavoro e dall’altro dai costi legati alla cura e al sostegno dei figli. Sono particolarmente a
rischio le donne, i cittadini stranieri, i genitori che educano da soli i propri figli, le famiglie biparentali con tre o
più figli nonché le persone con scarsa formazione, gli indipendenti (spesso senza impiegati) e chi lavora nei
settori con salari bassi. Lo studio evidenzia che dipende da un complesso insieme di diversi fattori se qualcuno
è povero nonostante svolga un lavoro, e che pertanto i provvedimenti legati alla lotta contro la povertà devono
essere adottati a diversi livelli (politica del mercato del lavoro e della formazione, maggiore compensazione
degli oneri per le fam iglie, migliore conciliabilità di famiglia e professione).
VAN PARIJS, Philippe (1995): Real Freedom for All, What (if anything) Can Justify
Capitalism? Oxford.
Iniziato come tentativo di analizzare i dibattiti sulla dicotomia capitalismo-socialismo alla luce degli sviluppi storici, questo libro si è trasformato in una giustificazione sistematica e copiosamente argomentata di un’econom ia
di mercato con reddito minimo garantito. Se la giustizia sociale è intesa quale «real freedom for all», afferma
Van Parijs, allora tutti devono ricevere un reddito di base libero da qualsiasi condizione e fissato al livello più
elevato possibile a lungo termine. Nel chiedere un reddito minimo garantito, l’economista Van Parijs è animato
da considerazioni di natura etica sulla giustizia sociale. Egli si muove tuttavia con abilità anche nell’ambito della
teoria economica, come si evince dalla considerevole parte del suo libro, nella quale discute le obiezioni mosse
a un reddito minimo incondizionato per tutti. Quest’opera, di ottima fattura, ha ricevuto sia elogi che critiche e
ha suscitato vivaci dibattiti.
VOBRUBA, Georg (2000): Alternativen zur Vollbeschäftigung, Frankfurt a. M.
Vobruba constata la fine della tradizionale società del lavoro e, partendo da questa premessa, discute i limiti
della politica volta promuovere l’occupazione e le opportunità offerte da «unioni per il lavoro» («Bündnisse für
Arbeit»). Egli analizza la questione concernente i rischi e le opportunità insiti nei recenti modelli di lavoro e reddito e parla di una «costrizione a combinare differenti fonti di reddito», soprattutto nella fascia di reddito più
bassa. A questo proposito l’autore usa l’espressione «Income Mixes». Affinché i futuri margini di manovra possano essere «imbottiti» con la politica sociale, bisogna che prima li si conosca. Pertanto Vobruba non privilegia
aprioristicamente un determinato modello. Per lui è comunque chiaro che i redditi di base devono essere garantiti.
VANDENBROUCKE, Frank (2001): Social Justice and Individual Ethics in an Open
Society. Equality, Responsibility and Incentives. Berlin & New York.
L’autore, ministro belga degli affari sociali, ha pres o un congedo di alcuni anni per concludere a Oxford la sua
dissertazione, che presenta in forma rielaborata in questo libro. Nella sua opera, a tratti alquanto astratta, Vandenbroucke mostra come l’atteggiamento di un «responsibility-concerned egalitarian» lo induca a proporre nella
politica sociale una combinazione di sovvenzioni salariali e dividendo sociale.
WAGNER, Antonin (1999): Teilen statt umverteilen, Sozialpolitik im kommunitaristischen Wohlfahrtsstaat, Bern.
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7 Elenco bibliografico commentato
Reddito minimo garantito
Wagner illustra in maniera dettagliata i meccanismi della sicurezza minima in Svizzera. Egli fa una distinzione
tra elementi relativi al diritto delle assicurazioni sociali (quali la rendita minima nell’AVS/AI, le prestazioni complementari e le indennità per grandi invalidi dell’AVS/AI, l’assicurazione contro la disoccupazione ed i sistemi di
reintegrazione cantonali, compresi i modelli di “revenu minimum” nei Cantoni di Ginevra e Vaud, e le prestazioni familiari) e l’assistenza sociale, che non è basata su un diritto legale a una prestazione prestabilita. Con la
crescente importanza dell’assistenza sociale, questo è divenuto un punto problematico, fatto oggetto di diverse
proposte di riforma (estensione delle prestazioni complementari a ulteriori persone bisognose, reddito di base,
imposta negativa sul reddito). L’autore giunge alla conclusione che gli sforzi intesi a vincolare la sicurezza minima a incentivi al lavoro sono stati fortemente relativizzati dalle esperienze concrete. Egli ritiene molto più
promettente il principio della controprestazione, adottato in misura crescente dalle revisioni delle leggi sociali
cantonali. Per quanto riguarda la sicurezza minima della popolazione in età lavorativa, Wagner si dichiara favorevole a una combinazione di prestazioni complementari e imposta negativa sul reddito, per la quale giudica
adeguato, in linea di principio, il sistema fiscale svizzero.
WITZEL, Ralf (1998): Bürgergeld rettet Arbeitsmarkt, Vom entmündigenden Wohlfahrtsstaat zur postindustriellen Bürgergesellschaft, Bonn.
Uno studente liberale di scienze economiche propone un modello relativo al “denaro dei cittadini” (“Bürgergeld”)
connesso con un radicale smantellamento sociale allo scopo di «superare il nostro Stato sociale interdetto» e di
«istituire una società delle occasioni della giovane generazione». La sua sicurezza minima coprirebbe tutt’al più
il minimo esistenziale materiale. Gli effetti sull’occupazione sono più asseriti che dimostrati, in quanto l’autore
parte dal presupposto che non esista alcuna disoccupazione involontaria, il che significa che la disoccupazione
sarebbe superabile con salari bassi. Il libro si fregia di contributi di personalità eminenti (p. es. Norbert Blüm),
delle quali però non tutte condividono le opinioni di Witzel.
ZWEIFEL, Peter; BONATO, Dario; ZABOROWSKI, Christoph (1996): Soziale Siche rheit von morgen, Ein Vorschlag für die Schweiz, Bern.
Gli autori propongono una rigorosa separazione dell’assicurazione e della ridistribuzione. Un’assicurazione di
base obbligatoria, non più suddivisa secondo i rischi, garantirebbe il minimo esistenziale. Un’ulteriore sicurezza
è facoltativa e va attuata mediante il libero mercato assicurativo. La compensazione sociale avviene tramite
un’imposta negativa sul reddito. Tuttavia, l’accusa relativa all’impossibilità di finanziare un’imposta negativa sul
reddito non può essere confutata a priori, in quanto i calcoli sinora effettuati hanno fornito «risultati che suscitano disinganno» (132). Occorrerebbero maggiore ricerca e valutazioni migliori. Quale ulteriore meccanismo di
ridistribuzione è presa in considerazione l’assistenza sociale, la cui importanza dovrebbe aumentare. Non si
tratterebbe di uno smantellamento sociale, bensì di un trasferimento di competenze. Tuttavia il processo politico potrebbe svolgersi diversamente: nell’attuale sistema, prevalentemente caratterizzato dal principio
dell’annaffiatoio, vincitori e perdenti sono difficilmente riconoscibili. Con le riforme proposte sarebbero facilmente identificabili. Non è però affatto assodato che il gruppo di persone interessato, quello dei più bisognosi, possa organizzare un sostegno politico sufficiente. Zweifel et al. definiscono come primi passi di riforma nella giusta direzione un accesso garantito e semplificato all’assistenza sociale e l’ampliamento delle prestazioni complementari da parte della Confederazione.
Fino al 1995
ALMSICK, Josef van (1981): Die negative Einkommenssteuer - finanztheoretische
Struktur, Arbeitsangebotswirkungen und sozialpolitische Konzeption, Berlin.
L’oggetto di ricerca di questo lavoro è costituito dallo strumento di politica sociale rappresentato dall’imposta
negativa sul reddito e dalla problematica della sua attuazione. Al centro dell’attenzione si trovano l’analisi finanziaria di questa forma di prestazione assistenziale e le ripercussioni stimabili, su basi teoriche ed empiriche,
sull’offerta di lavoro delle persone e delle economie domestiche interessate. L’autore discute diversi piani concreti relativi a un’imposta negativa sul reddito, sviluppati negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Ai piani concreti
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Reddito minimo garantito
7 Elenco bibliografico commentato
per un’imposta negativa sul reddito sono collegate anche la loro attuazione sul piano amministrativo e la problem atica legata ai costi, analizzate nel quarto capitolo.
ARBEITSGRUPPE GME der sozialpolitischen Kommission der SP Schweiz (1991):
Garantiertes Mindesteinkommen (GME); Schlussbericht, Bern (mimeo).
Quale variante privilegiata, il gruppo di lavoro sviluppa un modello in cui tutti hanno diritto a un reddito minimo
purché svolgano un’attività socialmente necessaria (lavoro retribuito, lavoro d’assistenza, formazione) figurante
in un apposito catalogo o siano inabili al lavoro (“reddito minimo garantito secondo la variante con catalogo”). Il
reddito autonomo andrebbe portato al livello della garanzia del reddito minimo delle PC, con computo integrale
del reddito da lavoro. Quale seconda variante si prevede un reddito minimo garantito per l’intera popolazione,
con computo solo parziale del reddito da lavoro (“reddito minimo garantito secondo la variante con incentivo”).
In base a una stima superficiale, risulterebbero costi netti pari allo 0,7 per cento del prodotto interno lordo.
ARBEITSGRUPPE NEUVERTEILUNG der sozialpolitischen Kommission der SP
Schweiz (1994): Neuverteilung von Arbeit und Einkommen; Erster Zwischenbericht,
Bern (mimeo).
Il gruppo di lavoro si basa su un piano direttore che prevede una partecipazione paritaria a tutti i settori della
vita (lavoro retribuito, lavoro domestico, lavoro assistenziale, attività politiche e culturali, formazione, tempo libero), il quale richiederebbe una ridefinizione della settimana lavorativa normale. Quest’ultima dovrebbe permettere di conciliare lavoro retribuito, lavoro non retribuito e altre attività ed assicurare in tal modo l’esistenza. Secondo il gruppo di lavoro, questo obiettivo può essere raggiunto nel migliore dei modi nel quadro di una settimana di 25 ore, che comprende circa 25 ore di lavoro retribuito e circa 25 ore di lavoro non retribuito. Il sistema
della sicurezza sociale e il sistema fiscale devono essere adeguati al piano direttore relativo a questa nuova
settimana lavorativa normale. In questo contesto si punta soprattutto sull'introduzione di meccanismi che creano un incentivo per la ridistribuzione del lavoro, fermo restando che i redditi da lavoro assicurano l’esistenza
(bonus per il lavoro retribuito, bonus per il lavoro non retribuito). Per le persone che non esercitano alcuna attività lucrativa e i bambini sarebbe previsto un reddito minimo garantito.
BÄCKER, Gerhard; BISPINCK, Reinhard; HOFEMANN, Klaus und Gerhard NAEGELE
(1989): Sozialpolitik und soziale Lage in der Bundesrepublik Deutschland, Band 1:
Arbeit – Einkommen - Qualifikation, Köln.
In un capitolo di questo libro di testo sulla politica sociale, gli autori analizzano in maniera critica, dal punto di
vista della sicurezza di base orientata sul fabbisogno, i modelli relativi a un’imposta negativa sul reddito e a un
dividendo sociale (pag. 152 segg.) .
BÄCKER, Gerhard (1994): Soziale Sicherung bei Arbeitslosigkeit - Soziale Ausgrenzung, Negativsteuer und Grundsicherung, WSI-Diskussionspapier 18/1994, Düsseldorf.
Bäcker presenta il modello del WSI relativo a una sicurezza di base orientata sul fabbisogno. Nel sistema delle
assicurazioni sociali vanno integrati in modo mirato elementi della sicurezza di bas e, senza rinunciare al sistema come tale. Una sicurezza di base è necessaria in quanto l’assistenza sociale non è in grado di far fronte alla
povertà e alla disoccupazione. Bäcker si dichiara contrario a una trasformazione del sistema dovuta
all’introduzione di un’imposta negativa sul reddito. Nonostante la sua eleganza formale e la sua semplicità, il
modello relativo a un’imposta negativa comporterebbe tutta una serie di rischi.
BLATTMANN, Lynn und Irène MEIER (1992): Gegen das frauenspezifische Arbeitslos
- Frauen, Arbeitsmarkt und Krise, Zürich.
Le autrici ritengono che una sicurezza esistenziale garantita per i figli (al posto degli attuali assegni per figli) sia
uno strumento importante per rompere con il concetto del “salario del sostentatore”, fortemente discriminatorio
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7 Elenco bibliografico commentato
Reddito minimo garantito
per le donne nel mondo del lavoro. Esse delineano sia un modello di compensazione delle spese per i figli secondo il concetto INR, sia un modello di rendita per figli analoga a un dividendo sociale, senza fissarsi su uno
dei due modelli.
BRESSON, Yoland (1993): L'après salariat - Une nouvelle Approche de l'économie,
2e édition, Paris.
Bresson sviluppa un quadro teorico, fondamentalmente nuovo, relativo a un’economia del tempo. Partendo
dalla premessa che all’interno dell’attuale società del lavoro salariato („salariat“) non sia possibile un ritorno alla
piena occupazione, egli caldeggia l’introduzione di un dividendo sociale che renda nuovamente possibile la
piena occupazione in una nuova forma di società (“après salariat”). Per sommi capi vengono stimati i costi che
comporterebbe per la Francia una soluzione relativa a un dividendo sociale. Si tratta di un approccio teorico
interessante.
BUHMANN, Brigitte I. (1988): Wohlstand und Armut in der Schweiz, Chur/Zürich.
Lo studio rappresenta a tutt’oggi la più completa indagine a livello nazionale sulla distribuzione del reddito e del
patrimonio nonché sulla povertà. I problemi concettuali legati alla commisurazione della povertà sono oggetto di
un’approfondita disamina. Per il 1982 la struttura della povertà viene analizzata in modo differenziato secondo
caratteristiche sociodemografiche. A dipendenza della definizione di povertà, a livello nazionale risulta una quota di povertà situata tra il 2,7 e il 9,3 per cento (dalle 170'000 alle 570'000 persone). L’autrice non si sofferma
sulle proposte di riforma intese a combattere la povertà.
BÜTTIKER, Andreas; BAUER, Tobias und Stefan SPYCHER (1992): Neue Finanzierungsmo delle der Altershilfe im Kanton Bern, Büro für arbeits- und sozialpolitische
Studien, Bern.
Questo studio, eseguito su mandato della Direzione della sanità e dell’assistenza del Cantone di Berna, analizza la questione relativa a modelli di finanziamento alternativi dell’assistenza agli anziani nel Canton Berna (oggi
fortemente orientata sulle istituzioni). Per assicurare in maniera efficiente le persone anziane dal punto di vista
finanziario, gli autori propongono un nuovo strumento, le cosiddette prestazioni pecuniarie forfetarie orientate
sulle spese (“pauschalisiert-ausgabenorientierte Geldtransfers”). Si tratta della combinazione di un reddito minimo garantito (forfetario) e delle prestazioni assistenziali fortemente orientate sul fabbisogno individuale.
Nell’ambito di questo modello, le esigenze specifiche che vanno oltre la misura computata nel reddito minimo
garantito possono condurre, all’interno di margini prefissati, a prestazioni assistenziali supplementari; le condizioni specificamente favorevoli (ad esempio una pigione bassa) possono per contro implicare riduzioni di conseguenza.
EIDG. DEPARTEMENT DES INNERN (Hg.) (1991): 5 Expertenberichte zur Dreisäulenkonzeption der Schweizerischen Alters-, Hinterlassenen- und Invalidenvorsorge,
Bern.
Dei cinque esperti incaricati dal DFI di analizzare la concezione dei tre pilastri della previdenza per la vecchiaia,
i superstiti e l’invalidità in Svizzera, quattro respingono un reddito minimo garantito in quanto temono il sorgere
di incentivi negativi per il lavoro. Gli altri argomenti addotti contro un reddito minimo garantito sono: necessità di
dichiarazioni d’imposta supplementari; onere fiscale; probabili riscossioni indebite di RMG; necessità di effettuare esami del fabbisogno; smantellamento della previdenza esistente; spostamento di manodopera
nell’economia ombra; efficienza lacunosa quanto al raggiungimento dell’obiettivo prefissato; costi estremamente elevati; “trappola della povertà”.
ENDERLE, Georges (1987): Sicherung des Existenzminimums im nationalen und internationalen Kontext - Eine wirtschaftsethische Studie, Bern.
96
Reddito minimo garantito
7 Elenco bibliografico commentato
In questo studio di ampie dimensioni, Enderle analizza la povertà in Svizzera nonché la politica in materia di
garanzia del minimo esistenziale (nell’ordinamento giuridico svizzero, nei disegni di revisione della Costituzione
federale, nel diritto in materia di esecuzione e fallimento, nelle assicurazioni sociali e nell’assistenza sociale).
Secondo Enderle (107), anche se nell’ordinamento giuridico svizzero non esiste la garanzia del minimo es istenziale quale diritto fondamentale autonomo, secondo l’opinione di eminenti giuristi essa è tuttavia riconosciuta a questo titolo. L’autore sviluppa un piano direttore per la garanzia del minimo esistenziale in Svizzera.
FRIEDMAN, Milton (1962): Capitalism and Freedom, Chicago.
In questo libro Friedman si esprime fra l’altro a favore dell’introduzione di un sistema d’imposta negativa sul
reddito, destinato a sostituire in ampia misura i programmi sociali dello Stato (191 segg.). Per Friedman
l’ammontare dell’importo di base dipende dalla somma che la maggioranza della popolazione è disposta a pagare, mediante imposte, per queste prestazioni assistenziali. Da un simile cambiamento di sistema, l’autore si
attende sensibili riduzioni dei costi.
FÜGLISTALER, Peter und Maurice PEDERGNANA (1993): Wege zu einer sozialen
Schweiz - Schweizerische Sozialpolitik nach dem Jahre 2000, Zürich.
Gli autori discutono diverse varianti del reddito minimo garantito (dividendo sociale, imposta negativa sul reddito e prestazioni complementari) e forniscono indicazioni approssimative sui rispettivi costi. Le loro proposte per
una Svizzera più sociale entro il 2000 si ricollegano alle assicurazioni sociali esistenti. Concretamente essi propongono di potenziare le prestazioni minime nella compensazione degli oneri familiari, nell’AVS e nell’AI (ma
non nell’assicurazione contro la disoccupazione). Alle famiglie monoparentali e a quelle con redditi bassi vengono versati aiuti per i figli. Gli aiuti per i figli sono concessi fino ai limiti di reddito previsti dalla legge federale
sugli assegni familiari nell’agricoltura. Nell’ambito dell’assicurazione per la vecchiaia, il primo pilastro verrebbe
potenziato a spese del secondo e la rendita minima verrebbe aumentata (per il 1992 si propongono 1'800 franchi mensili a persona). Nell’ambito dell’assicurazione per l’invalidità, tutte le persone con un grado d’invalidità
del 100 per cento riceverebbero una rendita di 2'160 franchi al mese. A proposito dell’assistenza sociale, gli
autori suggeriscono di sancire per legge il diritto a un minimo esistenziale e di prescrivere come vincolanti le
direttive della Conferenza svizzera delle istituzioni dell’azione sociale (COSAS) concernenti il tipo e
l‘ammontare delle prestazioni. Per l’intero programma si stimano costi supplementari per 500 milioni di franchi
all’anno.
GORZ, André (1991): Und jetzt wohin? - Zur Zukunft der Linken mit Fragen von Otto
Kallscheuer, Berlin.
Nel capitolo “Arbeitszeitverkürzung als Gesellschaftsvertrag” (“Riduzione del tempo di lavoro come contratto
sociale”) Gorz concretizza la sua idea di come il progresso della produttività possa essere impiegato sistematicamente per ridurre il tempo di lavoro sull’arco della vita. Alla riduzione del tempo di lavoro nell’ambito del progresso della produttività verrebbe ad affiancarsi una compensazione del reddito mediante un reddito sociale
(“secondo assegno”). Per quanto riguarda l’attuazione, Gorz attribuisce un ruolo importante alle parti tariffali.
GORZ, André (1984): Wege ins Paradies - Thesen zur Krise, Automation und Zukunft
der Arbeit, Berlin.
Sullo sfondo della rivoluzione microelettronica, Gorz sviluppa l’idea di un tempo di lavoro sull’arco della vita pari
a 20'000 ore e si esprime a favore di un reddito sociale quale mezzo per abolire il lavoro salariato. Il reddito
sociale verrebbe assicurato mediante l’imposizione fiscale delle produzioni automatizzate.
GRÜNE PARTEI (1989): Die Grünen zur materiellen sozialen Sicherung;
Existenzsicherung - ein Grundrecht; Positionspapier.
Secondo il Partito ecologista svizzero, l’obiettivo dichiarato di garantire l’esistenza materiale deve essere raggiunto mediante un reddito minimo garantito per tutti, che copra il minimo esistenziale sociale e conferisca ai
gruppi più deboli il diritto di rifiutare lavori mal pagati o pericolosi. Quale possibilità concreta il PES considera
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7 Elenco bibliografico commentato
Reddito minimo garantito
l’introduzione di un’imposta negativa sul reddito o un annuncio di bisogno presso il Comune che, previo esame
del caso, versa una rendita unitaria.
HANESCH, Walter et al. (1994): Armut in Deutschland, Reinbek bei Hamburg.
Nel rapporto sulla povertà allestito in Germania dal DGB (Unione sindacale tedesca) e dal Paritätischer Wohlfahrtsverband (Associazione paritetica per la solidarietà sociale), per superare la povertà viene proposta
l’introduzione di una sicurezza di base orientata sul fabbisogno. Questo presuppone una riforma dell’assistenza
sociale conformemente ai seguenti principi: prestazioni pecuniarie rigorosamente forfetarie e riduzione degli
esami individuali; limitazione della sussidiarietà familiare al rapporto tra coniugi e tra genitori e figli minorenni;
finanziamento mediante introiti fiscali dello Stato; trasformazione degli uffici sociali in autorità specialistiche
preposte alla riabilitazione sociale.
HÖPFLINGER, François und Kurt WYSS (1994): Am Rande des Sozialstaates - Formen und Funktionen öffentlicher Sozialhilfe im Vergleich, Bern/Stuttgart/Wien.
Il libro contiene i risultati di uno studio empirico sull’assistenza sociale pubblica in Svizzera. In esso vengono
comparate in maniera sistematica forma e organizzazione dell’assistenza sociale pubblica nella loro molteplicità
federalista. Nell’ultima parte si discutono possibili riforme nell’ambito dell’assistenza sociale pubblica. In questo
contesto gli autori discutono anche i vantaggi e svantaggi di un’imposta negativa sul reddito e constatano
l’infondatezza della diffusa affermazione secondo cui un’imposta negativa sul reddito rappresenterebbe
un’alternativa equivalente allo strumento dell’assistenza sociale pubblica.
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Reddito minimo garantito
7 Elenco bibliografico commentato
KLANBERG, Frank und Aloys PRINZ (Hrsg.) (1988): Perspektiven sozialer Mindestsicherung, Berlin.
Il contributo sistematizza le proposte esistenti sulla sicurezza minima sociale e analizza i problemi riscontrabili
in ciascuno dei modelli, soprattutto dal punto di vista della compatibilità rispetto agli n
i centivi, vale a dire
dell’efficienza economica.
MILANO, Serge (1989): Le revenu minimum garanti dans la C.E.E., Paris.
In sede di introduzione, Milano discute le diverse concezioni di reddito minimo garantito per quanto attiene alla
forma (complementare o sostitutivo rispetto al sistema esistente della sicurezza sociale), all’ammontare e al
finanziamento. I diversi modelli di sicurezza minima nei Paesi della CE vengono riuniti in quattro gruppi: (1) gli
antipoli RFT (assistenza sociale all’interno di un sistema bismarckiano delle assicurazioni sociali) e Gran Bretagna (sicurezza di base per tutti all’interno di un sistema beveridgeiano), (2) la combinazione dei due sistemi nei
Paesi Bassi e nel Belgio, (3) il Revenu minimum d'insertion (RMI) in Francia e (4) altri esempi di reddito minimo
(Lussemburgo, Italia).
MITSCHKE, Joachim (1985): Steuer- und Transferordnung aus einem Guss. Entwurf
einer Neugestaltung der direkten Steuern und Sozialtransfers in der BRD, BadenBaden.
Dopo aver fatto criticamente il punto della situazione relativa all’attuale ordinamento fiscale e assistenziale, Mitschke propone un modello di soluzione chiuso che concentra tutti i compiti assistenziali presso l’autorità finanziaria, mediante un’imposta negativa sul reddito. Questo programma INR è impostato nel modo seguente: garanzia di base scaglionata in funzione del tipo di economia domestica, che in media ammonta a 7000 DM
(1982), aliquota dell’imposta negativa pari al 50 per cento, aliquota dell’imposta positiva pari al 30 per cento.
L’autore giunge alla conclusione che questo sistema sia finanziabile tutelando la neutralità dal punto di vista del
bilancio.
PAUGAM, Serge (1993): La société française et ses pauvres - L'expérience du revenu
minimum d'insertion, Paris.
L’autore si concentra in particolare sugli sviluppi sociopolitici degli anni Ottanta. La terza parte del libro è dedicata alla descrizione e valutazione del modello RMI francese. L’idea del RMI viene giudicata positiva, mentre la
sua realizzazione soddisfa finora solo in parte.
RHYS-WILLIAMS, Juliet (1942): Something to Look Forward to, London.
In questo libro viene illustrata la proposta di un dividendo sociale. Il diritto a questa prestazione deve essere
vincolato alla conclusione di un contratto concernente provvedimenti reintegrativi tra lo Stato e i beneficiari. Si
prevede che per chi beneficia di un redditi il dividendo sociale venga messo sottratto dal debito fiscale (di modo
che il dividendo sociale viene versato soltanto ai beneficiari netti).
ROSSI, MARTINO (1989): Minimi vitali nella legislazione sociale e fiscale e nel diritto
esecutivo - Documento di lavoro dell'ufficio delle ricerche economiche, Bellinzona.
Il documento di lavoro fornisce una panoramica sulle quantificazioni del fabbisogno esistenziale usuali in Svizzera nel diritto fiscale, esecutivo, delle assicurazioni sociali e dell’assistenza sociale.
99
7 Elenco bibliografico commentato
Reddito minimo garantito
SPYCHER, Stefan; BAUER, Tobias und Beat BAUMANN (1995): Die Schweiz und ihre
Kinder. Private Kosten und staatliche Unte rstützungsleistungen, Chur/Zürich.
Gli autori calcolano spese medie equivalenti per figli pari a 1100 franchi al mese (1994). Essi propongono due
modelli di riforma della compensazione degli oneri per figli in Svizzera. Il primo modello è orientato sul principio
dell’imposta negativa sul reddito. Questo modello, denominato "deduzione fiscale", parte dalla premessa fondamentale che nella fascia di reddito più bassa le spese medie per figli debbano essere indennizzate integralmente, mentre per i redditi medi non dovrebbe esservi alcun diritto a questa prestazione. Tra questi le prestazioni
nette diminuiscono. Per essere efficace ed efficiente, il modello dovrebbe finanziarsi tramite imposte dirette e
trasferire le prestazioni ai beneficiari mediante deduzioni fiscali o assegni per figli esenti da imposizione. I costi
netti di questo modello sono stimati a 6-8 miliardi di franchi (contro i circa 5 miliardi di franchi di costi lordi
dell’attuale sistema di compensazione degli oneri per figli). Il secondo modello si orienta sull’idea di un dividendo sociale. A tutti i figli andrebbe versata una rendita per figli di un importo pari ai costi medi per i figli. Ne risulta
un volume lordo delle prestazioni pari a 17,5 miliardi di franchi. Mediante un aumento delle imposte adeguato al
finanziamento di queste prestazioni, si potrà fare in modo che soltanto le famiglie con redditi al di sotto della
media ne beneficino al netto e che l’effetto netto corrisponda a quello del primo modello, orientato sull’INR.
STIEFEL, Adrian und Semya AYOUBI (1992): Mindesteinkommen versus Lohnzuschuss - Semi nararbeit Uni Bern.
Sulla base di semplici considerazioni microeconomiche, gli autori esaminano l’efficienza degli strumenti del
reddito minimo e del supplemento salariale. Essi giungono alla conclusione che il supplemento salariale comporti meno incentivi negativi per il lavoro rispetto all’imposta negativa sul reddito e che pertanto sia la soluzione
da preferire.
VANLERENBERGHE P. (1992): RMI: le pari de l'insertion; Rapport de la commission
nationale de l'évaluation du revenu minimum d'insertion, Paris.
Si tratta della valutazione ufficiale dei primi tre anni del sistema RMI in Francia. Viene constatato che i provvedimenti volti a garantire un reddito minimo hanno più successo dei provvedimenti finalizzati alla reintegrazione
nel mercato del lavoro.
VILAR, Esther (1990): Die 25-Stunden-Woche - Arbeit und Freizeit in einem Europa
der Zukunft, Düsseldorf.
L’autrice è favorevole alla settimana di 25 ore, con la quale si potrebbero assicurare lavoro e reddito per tutti.
WEEBER, Joachim (1990): Monetäre Mindestsicherung in der Bundesrepublik
Deutschland - Bestandesaufnahme, Konzeptionen und Folgewirkungen, Frankfurt
a.M.
La dissertazione costituisce un’esaustiva e utile panoramica sulla discussione teorica, empirica e politica sul
reddito minimo garantito. Essa comprende le seguenti parti principali: definizione di una sicurezza minima; assetto istituzionale dei sistemi di sicurezza minima; normative esistenti nella RFT in materia di sicurezza minima;
ipotesi ed esito em pirico relativi all’evoluzione della povertà nella RFT; proposte di singoli gruppi in merito alla
sicurezza minima; ripercussioni dei sistemi di sicurezza minima.
WOHLGENANNT , Lieselotte und Herwig BÜCHELE (1990): Den öko-sozialen Umbau
beginnen: Grundeinkommen, Wien / Zürich.
Nel suo contributo, Wohlgenannt si occupa dapprima della questione di cosa si debba intendere per „reddito di
base“ (tutti i membri di una società vi hanno diritto, assicura l’esistenza, è riferito alla persona, indipendente dal
lavoro, favorevole alla prestazione, non discriminatorio). In seguito l’autrice offre un compendio della discussione internazionale e delinea un modello per l’Austria. Partendo da 6,3 milioni di adulti e da 1,3 milioni di figli,
100
Reddito minimo garantito
7 Elenco bibliografico commentato
essa fa il seguente calcolo: 6,3 milioni di adulti ricevono 12 x 4500 scellini (S), ossia 54'000 S, complessivamente quindi 340 miliardi di S; 1,3 milioni di figli ricevono ciascuno 12 x 3'000 S, ossia 36'000 S, complessivamente quindi 387 miliardi di S, reddito secondo l’autrice non finanziabile. Pertanto un reddito di base deve essere imponibile. Che un siffatto modello divenga in definitiva finanziabile dipende dall’assetto concreto
dell’imposta diretta (limiti d’esenzione, deduzioni). Oltre agli introiti fiscali generali, essa sottopone proposte
relative a un’imposta sulle risorse e a un’imposta sugli utili da capitale. Büchele collega il reddito di base alla
questione ecologica. Egli formula un paradigma per la trasform azione ecosociale e, basandosi sull’esempio
austriaco, menziona alcuni elementi quali la costituzione di un sindacato dei consumatori (esposizione di possibilità alternative di vita e consumo), una riforma fiscale a carattere ecosociale e la costruzione di reti sociali intese a produrre importanti prestazioni di servizio sociali ed ecologiche (aiuto agli anziani e agli ammalati, ad
esempio).
7.2
Panoramiche
Dopo il 1995
FITZPATRICK, Tony (1999): Freedom and Security, An Introduction to the Basic Income Debate, London.
Fitzpatrick offre una panoramica generale sul tema del dividendo sociale e sui dibattiti nati intorno a esso.
L’accurata organizzazione di questa rassegna fa del libro una buona introduzione alla discussione inglese e
anglofona. Nella prima parte vengono discussi criticamente gli argomenti pro e contro un reddito minimo garantito. Nella seconda parte si mettono in relazione alla tematica discussa cinque tradizioni del pensiero politico
(«pro-market and pro-morals radical right», «welfare collectivism», «radical socialist tradition», «feminism» e
«ecologism») giungendo alla conclusione che ciascuna di esse presenta sia componenti che lascerebbero presumere un atteggiamento ostile nei confronti di un dividendo sociale sia componenti che ne suggeriscono
l’accettazione. Il libro collega fra di loro considerazioni d’ordine filosofico, economico, sociologico e politico, affrontando quindi questa «idea di una semplicità disarmante» (citando la prefazione) con un complesso approccio multidisciplinare.
FRIBOULET , Jean-Jacques (1999): Le revenue minimum d’insertion: perspectives
théoriques et réalisations pratiques, papier présenté au congrès annuel de la Société
suisse de statistique et d’économie politique, Fribourg, 25-26 mars 1999.
Friboulet analizza i modelli di Revenu Minimum quali sono stati introdotti negli ultimi anni nella Svizzera romanda (GE, VD, JU, NE, VS, FR) e in Ticino. Egli individua tre caratteristiche di base comuni: 1) tutti i Cantoni prevedono limitazioni (p. es. domicilio nel Cantone da un determinato periodo, limiti d’età); 2) tutti si orientano sui
valori nominali della COSAS per la fissazione dell’ammontare delle prestazioni, anche se alcuni prevedono un
supplemento per chi fornisce controprestazioni; 3) tutti potenziano gli sforzi volti a favorire l’integrazione prevedendo controprestazioni che possono servire all’integrazione professionale o sociale, giustificando in tal modo
la circostanza che le prestazioni non devono essere restituite. Nessuno dei Cantoni ha introdotto un reddito
minimo garantito incondizionato (dividendo sociale). Friboulet riconduce questo fatto alle insufficienze del modello del dividendo sociale per quanto riguarda il finanziamento e gli effetti sul mercato del lavoro. Gli effetti
positivi sul mercato del lavoro sarebbero realizzabili anche con metodi più economici. Secondo l’autore, il modello di controprestazione risulta inoltre più idoneo a far fronte ai fenomeni della stigmatizzazione e
dell’emarginazione.
MENDELSON, Michael (2001): Benefits for Children in Four Anglo-American Countries, Paper presented at the Eighth International Research Seminar of FISS on «Issues in Social Security»,16-19 June 2001, Sigtuna, Sweden.
Mendelson parla di una contraddizione tra sicurezza sociale e mercato del lavoro competitivo: le prestazioni
assistenziali corrispondono alle dimensioni delle famiglie, non così i salari da lavoro. Per ovviare al fatto che,
101
7 Elenco bibliografico commentato
Reddito minimo garantito
per questo motivo, nel caso delle famiglie numerose gli aiuti sociali sono talvolta superiori ai redditi da lavoro,
negli anni Settanta e Ottanta tutti e quattro i Paesi analizzati (Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia) hanno
introdotto assegni familiari per famiglie che esercitano un’attività lucrativa, i cui importi sono fissati in funzione
dei redditi cons eguiti. Tali assegni familiari sono finanziati tramite crediti fiscali (ad eccezione del Regno Unito).
Tutti e quattro i Paesi hanno da allora ampliato i loro programmi. Regno Unito, Canada e Australia conoscono
oggi «Integrated Child Benefits» molto simili tra di loro per tutte le famiglie con redditi bassi. Gli Stati Uniti finanziano le prestazioni fam iliari mediante l’Earned Income Tax Credit (EITC), versando quindi gli assegni familiari
soltanto a chi esercita un’attività lucrativa.
TRABERT , Lioba (1999): Make Work Pay – Kombilohnkonzepte in den USA und
Grossbritannien, ein Literatursurvey, Forschungsreihe des Instituts für
Wirtschaftsforschung Halle, Nr. 7, 1999, S. 81-115.
Il rafforzamento degli incentivi al lavoro per i beneficiari di prestazioni assistenziali si trova al centro
dell’attenzione di molte proposte di riforma poste sotto lo slogan «to make work pay». Trabert presenta l’Earned
Income Tax Credit americano e il Family Credit britannico (nel frattempo rimpiazzato dal Working Families Tax
Credit) e valuta quali effetti avrebbero simili programmi in Germania.
TRAPP, Christian; BACH, Jürgen (1999): Modelle sozialer (Grund-)Sicherung in der
Diskussion, Werkstattbericht 24, Sekretariat für Zukunftsforschung, Gelsenkirchen.
Trapp e Bach riassumono lo stato della discussione politica sulla garanzia del minimo esistenziale in Germania.
Il confronto a livello europeo risulta piuttosto debole.
WEBER, Birgit (1999): Die Sorge um das Gleichgewicht auf dem Arbeitsmarkt der
Zukunft, die Vorschläge der Zukunftskommissionen, in: Arbeiten und lernen, Jg. 8,
Nr. 36, 1999, S. 6-9.
Weber esamina i progetti scientifici sul futuro elaborati dagli Stati Liberi di Baviera e di Sassonia, dal Club of
Rome e dalla Fondazione Friedrich Ebert. L’autrice confronta gli obiettivi, analizza le strategie (strategia di crescita, distributiva e salariale) e individua le differenze e i punti comuni.
Fino al 1995
DANZIGER, Sheldon; HAVEMAN, Robert; PLOTNICK, Robert (1981): How Income
Transfer Programs Affect Work, Savings and the Income Distribution - A Critical Review, in: Journal of Economic Literature, Vol. XIX (September 1981), 975-1028.
L’articolo riassume la letteratura relativa agli effetti esercitati dai trasferimenti di reddito sull’offerta di lavoro,
sull’atteggiamento riguardo al risparmio e sulle disuguaglianze di reddito negli Stati Uniti. Il lavoro tiene conto
anche di diversi esperimenti con modelli di imposta negativa sul reddito.
EUZÉBY, Chantal (1987): A Mimimum Guaranteed Income - Experiments and Proposals, in: International Labor Review, Vol 126, 3/1987, 253-276.
L’articolo fa il punto dei modelli di RMG proposti e di quelli realizzati. L’autrice si esprime a favore di un reddito
minimo garantito, a complemento del sistema della sicurezza sociale, il quale andrebbe combinato con
provvedimenti reintegrativi a livello locale.
FLÜCKIGER, Martin (1992): Auswirkungen einer NIT auf das Arbeitsangebot - Theorie und Empirie, Seminararbeit Uni Bern.
102
Reddito minimo garantito
7 Elenco bibliografico commentato
Il lavoro offre una panoramica sui quattro esperimenti sociali con l’imposta negativa sul reddito effettuati negli
Stati Uniti tra il 1969 e il 1982. Oltre alle ripercussioni sull’offerta di lavoro, viene trattato anche l’aspetto dei
costi derivanti da un’imposta negativa sul reddito.
HÄNNI, Frank (1992): Zur Höhe eines garantierten Mindesteinkommens; Lizenziatsarbeit an der Rechts- und Wirtschaftswissenschaftlichen Fakultät der Universität
Bern, Bern.
Il lavoro presenta tre modelli di reddito minimo garantito (il modello d’imposta negativa sul reddito di Mitschke, il
modello di dividendo sociale di Grözinger e il modello di sicurezza di base orientata sul fabbisogno dei Verdi) e
si sofferma soprattutto sugli aspetti legati al finanziamento. Hänni giudica più idoneo il modello relativo alla sicurezza di base orientata sul fabbisogno. Un’imposta negativa sul reddito non sarebbe in grado di risolvere il problema della povertà, mentre un dividendo sociale per tutti sarebbe impossibile da finanziare.
JÄGGI, Christian J. und Thomas MÄCHLER (1992): Die Sicherung der Existenz ist ein
Menschenrecht. Die Diskussion um ein existenzsicherndes Grundeinkommen - Ein
Überblick und weiterführende Überlegungen, Caritas Schweiz, Dokumentation 4/92,
Luzern.
Lo studio della Caritas Svizzera offre un compendio della garanzia dell’esistenza in Svizzera e illustra in forma
succinta diverse forme di reddito minimo garantito. Una parte importante del testo fa il punto della discussione
sul reddito minimo garantito in Svizzera. Oltre alle idee dei partiti politici, vengono illustrati i modelli di Enderle e
Gilliand, la proposta di Tschudi per un diritto fondamentale a un fabbisogno esistenziale, le proposte di Marazzi
e i calcoli di Rossi per un reddito di base atto a garantire l’esistenza.
SAWHILL, Isabel V. (1988): Poverty in the U.S.: Why is it so Persistent? in: Journal of
Economic Literature, Vol. XXVI (September 1988), 1073-1119.
L’articolo offre una panoramica sulla letteratura che descrive e indaga sulle cause della povertà negli Stati Uniti.
Esso riassume gli effetti, analizzati nella letteratura, esercitati dai trasferimenti di reddito, tra cui anche gli esperimenti con l’INR, sulla povertà, sull’atteggiamento nei confronti del risparmio, sull’offerta di lavoro, sulla compos izione delle famiglie e sui comportamenti.
WEBER, René (1991): Existenzsicherung ohne Fürsorge - Die negative Einkommenssteuer in Theorie und Praxis.
Il libro di Weber offre una buona panoramica sul tema, privilegiando l’imposta negativa sul reddito. Vengono
spiegati l’idea di base e il funzionamento dell’imposta negativa sul reddito e presentati i risultati empirici degli
esperimenti effettuati negli Stati Uniti. Weber considera l’INR un approccio innovativo al problema della povertà,
che affascina per la sua logica economica e la semplicità dell’idea di base. Tuttavia il modello non è sufficientemente aderente alla realtà e non differenzia abbastanza in funzione dei gruppi target. Secondo l’autore (cfr.
pag. 75), è importante riconoscere, soprattutto dal punto di vista sociale, che nessuno strumento di politica sociale, e in particolare nessun versamento diretto di denaro, costituisce da solo la soluzione per i problemi sociali
della società industriale. Considerando la scarsa esperienza con simili programmi su vasta scala, è improbabile
che elementi portanti del sistema di sicurezza sociale che di per sé hanno fornito buone prove (vale a dire le
assicurazioni sociali) siano messi in discussione nei loro fondamenti.
WILLIMANN, Daniel (1990): Die negative Einkommenssteuer - Erkenntnisse aus Theorie und Praxis. Lizenziatsarbeit an der Universität Bern, Bern.
Il lavoro offre un compendio delle concezioni e dei modelli d’imposta negativa sul reddito e illustra le acquisizioni teoriche ed empiriche in merito.
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7 Elenco bibliografico commentato
7.3
Reddito minimo garantito
Miscellanee e contributi in volumi miscellanei
Dopo il 1995
CAILLE, Alain (ed.) (1996): Vers un revenu minimum inconditionnel? Spezialausgabe
der Revue du MAUSS semestrielle 7 (1), 1996, Paris.
Si tratta dell’opera classica sulla discussione relativa a un dividendo sociale in Francia. Inizia con proposte storiche dell’epoca della Rivoluzione francese e introduce all’attuale dibattito sulla socialità negli Stati Uniti, in
Francia e in Belgio. Soprattutto prendono però la parola, con i loro contributi, tutti coloro che hanno animato la
discussione francese negli ultimi anni (Aznar, Bresson, Caille, Castel, Euzeby, Ferry, Insel, Laville, Meda, Van
Parijs ecc.). MAUSS (Mouvement anti-utilitariste dans les sciences sociales) si ispira all’etnologo francese Marcel Mauss e, nella sua tradizione di pensiero, ritiene moralmente giustificato un dividendo sociale quale sistema
indirettamente reciproco. Da questo punto di vista, un dividendo sociale non dovrebbe essere vincolato a controprestazioni concrete (come la disponibilità a lavorare), ma dovrebbe comunque orientarsi sul fabbisogno.
CARITAS (Hg.) (1999): Sozialalmanach 1999: Existenzsicherung in der Schweiz, Luzern.
Questo volume miscellaneo rappresenta la panoramica più aggiornata sulla problematica in Svizzera. A proposito della tematica del reddito minimo garantito interessano soprattutto i contributi di Carlo Knöpfel, che analizza
come il mutamento della società del lavoro abbia generato nuovi problemi esistenziali coperti in maniera insufficiente dall’attuale Stato sociale; di Rosmarie Ruder, che delinea possibili scenari per il futuro dell’assistenza
sociale; e di Ueli Tecklenburg, che illustra le esperienze fatte a livello cantonale con modelli di controprestazione (RMR, RMCAS ecc.).
ERIKSEN, Erik Oddvar & LOFTAGER, Jorn (eds.) (1996): The Rationality of the We lfare State, Oslo-Stockholm-Copenhagen-Oxford-Boston.
In questa raccolta di articoli, dominata dalla presenza scandinava ma in cui sono presenti anche autori come
Bill Jordan (GB) e Claus Offe (D), il tema centrale è spesso costituito dal rapporto fra sicurezza minima dipendente dal fabbisogno e sicurezza minima universale. Fra le molte altre cos e si discute sul perché la Svezia abbia optato piuttosto per la prima variante e perché la Danimarca abbia tendenzialmente preferito la seconda;
perché una sicurezza universale offrirebbe teoricamente una protezione migliore e perché anche la maggioranza della popolazione danese la respinga.
HANESCH, Walter (Hg.) (1995): Optionen der Armutspolitik im Umbau des Sozialstaats, in: ders.: Sozialpolitische Strategien gegen Armut, Opladen (Westdeutscher
Verlag), S. 152-175.
Hanesch individua la disoccupazione quale fattore principale dell’attuale portata della povertà in Germania. Egli
ritiene pertanto che la povertà possa essere combattuta in maniera decisiva grazie all’opportunità di garantirsi
l’esistenza mediante il lavoro retribuito. Per l’autore, le strategie alternative dell’integrazione nel mercato del
lavoro, ad esempio mediante l’ampliamento del settore occupazionale promosso dagli enti pubblici quale «s econdo mercato del lavoro», si trovano quindi allo stesso livello delle strategie alternative della garanzia del reddito. A questo proposito, Hanesch confronta la sicurezza di base orientata sul fabbisogno con l’imposta negativa sul reddito („Bürgergeld” o “denaro dei cittadini”) e giudica la prima come strategia nettamente superiore.
104
Reddito minimo garantito
7 Elenco bibliografico commentato
HARABI, Najib (Hg.) (1998): Sozialpolitik in der Bewährung, Herausforderung an Wirtschaft, Wissenschaft und Politik an der Schwelle zum 21. Jahrhundert,
Bern/Stuttgart/Wien.
Si tratta di una miscellanea contenente articoli di affermati esperti provenienti dalla scienza, dall’economia e
dall’amministrazione su problemi legati allo Stato sociale in Svizzera. Sulla futura garanzia del minimo esistenziale si esprimono Peter Buomberger (UBS), Christian Lutz (Istituto Gottlieb Duttweiler) e Hans Ruh (studioso di
etica sociale). Buomberger vorrebbe separare nettamente la funzione assicurativa e la funzione solidale del
sistema sociale e affidare a un’assicurazione obbligatoria di base soltanto la garanzia del minimo esistenziale.
Lutz vede nel lavoratore del futuro un «imprenditore della vita», che andrebbe assicurato mediante un’imposta
negativa sul reddito, affiancata da un obbligo relativo a un servizio sociale. Hans Ruh parla della fine della società del lavoro in senso tradizionale e chiede un nuovo contratto sociale: una società che, grazie a una disoccupazione strutturale e a una politica dei salari bassi, impedisce alle persone di garantirsi l’esistenza mediante
il lavoro retribuito deve pagare a tutti un salario di base indipendente dal lavoro, nella misura che ritiene finanziabile.
GUIBENTIF, Pierre; BOUGET, Denis (1997): Mindesteinkommen in der Europäischen
Union, ein sozialpolitischer Vergleich, Lissabon.
Questa è la prima rappresentazione comparativa delle normative inerenti al reddito minimo all’interno
dell’Unione europea ed è stata elaborata in seguito a un «Seminario europeo sul reddito minimo» sostenuto
dall’UE che ha avuto luogo a Lisbona nel settembre del 1996. Si trattava di valutare le prime esperienze fatte
da quando, nel 1992, l’UE aveva raccomandato ai suoi Stati membri di introdurre simili redditi minimi. La raccomandazione «in cui si definiscono i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di
protezione sociale (92/441/CEE)» è riportata testualmente nel libro. Guibentif/Bouget giungono alla conclusione
che già oggi i sistemi della sicurezza di base possono essere considerati come nuovo elemento del contratto
sociale europeo (pag. 117). Un ulteriore approfondimento di questi primi sforzi di ricerca è costituito dalla miscellanea edita da Serge Paugam (1999) (cfr. sotto).
HAUSER, Richard (Hg.) (1999): Alternative Konzeptionen der sozialen Sicherung,
Berlin.
Il tema principale è costituito dalla sicurezza nella vecchiaia e nel bisogno di cure. Una sicurezza minima generale non è oggetto di questo libro.
LUDWIG-ERHARD-STIFTUNG (Hg.) (1996): Negative Einkommenssteuer: Gibt es
pragmatische Lösungen? Krefeld.
Il sistema fiscale e assistenziale tedesco è definito come non trasparente, contraddittorio e inefficiente. Nel contempo vi è un’alta disoccupazione, specialmente tra le persone scarsamente qualificate. Partendo da queste
premesse, autori quali Otto Schlecht, Ulrich van Suntum, Joachim Mitschke, Fritz Scharpf e altri scandagliano
opportunità e rischi legati ai modelli di riforma dell’imposta negativa sul reddito e delle sovvenzioni salariali, discutendo pure alternative.
MARAZZA, Carlo (2001): Familiensicherung im Kanton Tessin: Modell, Erfahrungen,
Ausblick, in: Sozialdepartement der Stadt Zürich et al. (Hg.): Armutsrisiko Familie!
Referate, Zusammenfassungen und Hintergrundberichte zur Tagung vom 7. Mai
2001, Zürich, S. 20-24.
Dal 1997 il Cantone del Ticino ha una legge sugli assegni di famiglia che colloca la politica familiare al di fuori
dell’assistenza pubblica. Alle famiglie con redditi bassi viene versato un assegno di famiglia che si compone di
un assegno integrativo (analogamente all’AVS) e di un assegno di prima infanzia. Nel 2000 i costi sono ammontati a 22,3 milioni di franchi, coperti in gran parte grazie a trasferimenti all’interno del sistema sociale. Da
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7 Elenco bibliografico commentato
Reddito minimo garantito
una prima valutazione della legge è emerso che per combattere efficacemente la povertà delle famiglie sono
necessari ulteriori provvedimenti integrativi attivi: asili nido, provvedimenti di reintegrazione nel mercato del lavoro, orari di lavoro flessibili e così via. Marazza trae la conclusione che la politica familiare deve porre le donne
al centro dell’attenzione, se non vuole generare nuove forme di dipendenza.
PAUGAM, Serge (ed.) (1999): L’Europe face à la pauvreté: les expériences nationales
de revenu minimum, Paris.
Questa miscellanea presenta i risultati di una ricerca comparativa pluriennale eseguita dagli autori su Francia,
Inghilterra, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Paesi scandinavi, Spagna e Italia. La ricerca prendeva lo spunto dal
fatto che negli ultimi 20 anni tutti questi Paesi sostengono con prestazioni assistenziali una parte in rapida crescita della popolazione. In questo contesto, un ruolo importante è stato svolto dall’evoluzione della disoccupazione. I sistemi della sicurezza sociale si sono rivelati insufficienti. Ovunque si sono cercate soluzioni nuove per
garantire il minimo esistenziale. In questa miscellanea vengono valutate le esperienze fatte con i redditi minimi
garantiti. A proposito del reddito minimo garantito, conclude Serge Paugam, in Europa non ha ancora preso
corpo una soluzione miracolosa.
RODARI, Sophie; MOACHON, Eric; FRAGNIERE, Jean-Paul (Hg.) (1998): Revenu minimum conditionnel, allocation universelle, revenu de citoyenneté – situation et débats, Genève.
Dopo una breve introduzione al tema, il dossier presenta testi di diversa impostazione, provenienti prevalentemente da autori francesi e romandi (Serge Paugam, Sylvain Fattebert/André Mach, Sandro Cataccin, Chantal
Euzeby, Jean-Pierre Tabin, Bernard Enjolras, Jean-Marc Ferry, Pierre Rosanvallon, Robert Castel, Yoland
Bresson). Appassionanti due contraddittori, di cui il primo si riferisce alla Francia e il secondo alla Svizzera. In
quest’ultimo, Guy-Olivier Segond e Pierre Gilliand si dichiarano contrari a un dividendo sociale, Martino Rossi lo
considera tutt’al più una lontana visione del futuro, mentre Philippe Van Parijs ne difende l’dea.
SCHÄFER, Claus (Hg.) (2000): Geringere Löhne – mehr Beschäftigung? Niedriglohnpolitik, Hamburg.
In Germania vengono sollecitati, quali provvedimenti di politica occupazionale, sia più salari bassi che una minore dilatazione dei salari. Qual è la politica giusta? Dodici autori e autrici studiano l’attuale stato della discussione relativa al cosiddetto settore dei salari bassi.
SCHNEIDER, Hilmar (Hg.) (2000): Europas Zukunft als Sozialstaat, Herausforderungen der Integration, Baden-Baden.
Il volume raccoglie i contributi di un simposio tenutosi nel giugno del 1998 presso l’Institut für Wirtschaftsforschung a Halle. Lo scopo era quello di esaminare le conseguenze dell’integrazione europea per gli Stati sociali.
Prevale l’opinione che i sistemi di sicurezza vincolati al lavoro retribuito saranno posti maggiormente sotto
pressione rispetto ai sistemi indipendenti dal sistema salariale. Gli autori respingono, alla quasi unanimità, l’idea
che a lungo term ine possano persistere standard sociali differenti. Essi si attendono una graduale convergenza
dei sistemi di sicurezza sociale verso modelli orientati sulla sicurezza di base.
SHRAGGE, Eric (ed.) (1997): Workfare: Ideology for a New Under-Class, Toronto.
Questo libro analizza le esperienze fatte con «workfare», valutando i programmi attuati nel Canada e negli Stati
Uniti. Gli autori mostrano che i provvedimenti «workfare» non sono stati in grado di integrare le persone interessate nel mercato del lavoro, in particolare non a lungo termine. Si può quindi dire che questi programmi vengono portati avanti nonostante sia chiaro che non raggiungono il loro obiettivo. Questa circostanza viene spiegata con il latente carattere punitivo del costrutto ideologico della cosiddetta «common sense revolution».
Shragge evidenzia questa specifica morale invertendo i termini della questione: «Would the wealthy have more
self-esteem if they worked for their money rather than inherited it?»
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Reddito minimo garantito
7 Elenco bibliografico commentato
VAN DER VEEN, Robert; GROOT, Loek (eds.) (2000): Basic Income on the Agenda,
Policy Objectives and Political Chances, Amsterdam.
Questo volume miscellaneo presenta i contributi di una conferenza del «Basic Income European Network
(BIEN)». Il punto di partenza è costituito dalla considerazione che gli Stati sociali europei sono confrontati a
difficoltà dovute a disoccupazione permanente, povertà ed emarginazione sociale, flessibilizzazione sul mercato del lavoro, incertezza riguardo all’impiego e maggiore disuguaglianza salariale, ma anche a nuovi modelli di
vita lavorativa e familiare. La domanda che si impone è la seguente: può un reddito minimo offrire una soluzione a questo riguardo? Dopo un’introduzione al dibattito attuale, nella prima parte vengono discussi gli obiettivi
politici che un RMG dovrebbe raggiungere. Un’attenzione particolare a questo proposito è riservata al potenziale di un reddito minimo garantito quale strategia contro la disoccupazione. Autori quali Paul de Beer (econom ista dell’autorità di pianificazione della politica sociale olandese), Frank Vandenbroucke (ministro belga degli
affari sociali), Joachim Mitschke (pioniere tedesco del “Bürgergeld” o “denaro dei cittadini”), Ingrid Robeyns
(economista femminista), Fritz Scharpf (fautore delle sovvenzioni salariali) e Philippe Van Parijs (fautore di un
dividendo sociale e segretario del BIEN) in parte pongono diverse priorità, in parte si attaccano anche duramente. La seconda parte fa riferimento alle esperienze e discussioni politiche concrete in Olanda, Svezia, Irlanda, Germania, Danimarca, Francia e Belgio.
VAN PARIJS, Philippe et al. (2001): What’s Wrong with a Free Lunch? Boston.
In questo volume, Van Parijs (professore all’Università di Louvain in Belgio) sottopone a discussione, nel quadro del «New Democracy Forum» americano, la sua presa di posizione a favore di un dividendo sociale. La
cerchia dei partecipanti alla discussione riveste il carattere di un vero e proprio Who-is-Who: la prefazione è
firmata dal premio Nobel Robert Solow. Hanno fornito commenti, fra gli altri, Anne Alstott («The Stakeholder
Society», Yale), Claus Offe (Berlino), Edmund Phelps («Rewarding Work», Columbia) e Herbert A. Simon, anche lui insignito del premio Nobel per l’economia.
ZILIAN, Hans Georg; FLECKER, Jörg (Hg.) (2000): Soziale Sicherheit und
Strukturwandel der Arbeitslosigkeit, München.
La struttura e l’esperienza della disoccupazione sono sottoposte a un drammatico mutamento, determinato dalla flessibilizzazione e da condizioni di lavoro rese precarie. Che cosa significa tutto ciò per l’impostazione dei
sistemi di sicurezza sociale? Il volume raccoglie contributi individuali nell’ambito della politica del mercato del
lavoro, della politica occupazionale e della politica sociale e illustra le esperienze fatte in diversi Paesi europei.
Fino al 1995
BETSON, David; GREENBERG, David and Richard KASTEN (1981): A simulation
analysis of the economic efficiency and distributional effects of alternative program
structures, in: I.Garfinkel: The negative income -tested transfer programs: A case for
and against, New York.
Gli autori simulano un programma d’imposta negativa sul reddito, destinato a sostituire i programmi "Aid for
Families with Dependent Children" (AFDC), "General Assistance" (GA), "Supplement Security Income" (SSI) e
"Food Stamps" e ne quantificano in 17,5 miliardi di dollari americani i costi supplementari rispetto ai programmi
da esso sostituiti.
CARITAS (Hrsg.) (1991): Existenzsicherndes Grundeinkommen? Tagungsbericht, Luzern.
Il rapporto congressuale contiene otto contributi che offrono una buona panoramica sulla discussione relativa al
RMG negli ambienti ecclesiastici ed ecosociali.
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7 Elenco bibliografico commentato
Reddito minimo garantito
ENDERLE, Georges (1989): Unterschiedliche Haltungen zur Armut in der heutigen
Gesellschaft, in: BUHMANN, Brigitte; ENDERLE, Georges; JÄGGI, Christian und
Thomas MÄCHLER (Hg.) (1989): Armut in der reichen Schweiz - Eine verdrängte
Wirklichkeit, Zürich/Wiesbaden, S. 149-160.
Enderle delinea le posizioni predominanti nella società rispetto alla povertà: la posizione social-tecnica, la pos izione social-darwiniana, la posizione del rigoroso interesse proprio e la posizione che attribuisce la colpa ai
poveri. Scostandosi da quelle menzionate, l’autore sviluppa la propria posizione: la povertà intesa come
violazione della dignità umana richiede una posizione che prenda sul serio i poveri nella loro condizione, li
confermi nella loro andatura “eretta” e restituisca loro i loro diritti.
FAYARD, Daniel (1991): Das Beispiel Frankreich: Das Mindesteinkommen zur Wiedereingliederung, in: Caritas Schweiz: Existenzsicherndes Grundeinkommen.
L’autore descrive le esperienze fatte sinora con il RMI in Francia e propone semplificazioni e miglioramenti.
GERHARDT, Klaus-Uwe und Arnd WEBER (1984): Garantiertes Mindesteinkommen Für einen libertären Umgang mit der Krise, in: Schmid, Thomas (Hg.) (1984), S. 18-67.
Gli autori pongono il reddito di base in relazione alla distruzione ecologica e all’alienazione umana. Essi cons iderano un reddito minimo garantito come complemento allo Stato sociale. Oltre a esigenze sempre ricorrenti
poste a un reddito minimo (che sia finanziabile, non comporti stigmatizzazione ecc.), viene fatto anche il collegamento con il settore informale e riproduttivo. Si intende tener conto della circostanza che anche il lavoro non
retribuito fornisce un contributo positivo alla società. Approcci autonomi e alternativi devono essere sostenuti
allo scopo di introdurre la destatalizzazione e la decommercializzazione. Gli autori valutano in che misura un
reddito minimo sia in grado di sostenere l’autoaiuto e di risolvere la crisi finanziaria delle assicurazioni sociali.
Gli effetti positivi dal punto di vista della politica sociale ed economica risiedono nella riduzione dei costi sociali,
in un attenuamento dei conflitti aziendali dovuti alla crescente insoddisfazione sul posto di lavoro e nel rafforzamento delle reti sociali locali e delle iniziative di autoaiuto.
Il contributo contiene spiegazioni molto utili sul funzionamento dei modelli relativi all’imposta negativa sul reddito e al dividendo sociale nonché sulle principali posizioni sostenute nella discussione sul RMG.
GILLIAND, Pierre (1991): Das existenzsichernde Grundeinkommen - Konzepte und
Realisierungsmöglichkeiten, in: Caritas (1991).
Gilliand delinea la sua posizione, illustrata in modo più dettagliato in Gilliand (1990), a favore di un ampliamento delle assicurazioni sociali e di un reddito reintegrativo sul modello del RMI.
GILLIAND, Pierre (ed.) (1990): Pauvretés et sécurité sociale, Lausanne.
Questa miscellanea comprende 19 contributi sulle questioni legate alla povertà e alla sicurezza sociale. Nella
parte conclusiva, Gilliand formula conclusioni sociopolitiche per la Svizzera. L’autore auspica, oltre ad un miglioramento generale delle assicurazioni sociali, l’introduzione di un reddito integrativo sul modello del RMI
francese. Questo reddito integrativo dovrebbe essere accompagnato da misure che permettano agli interessati
di reintegrarsi nella società (p. es. formazione e perfezionamento). A titolo di controprestazione le persone interessate in età lavorativa dovrebbero impegnarsi a svolgere attività socialmente utili da stabilire in un contratto.
Accanto al RMI, Gilliand propone i seguenti provvedimenti: aumento delle prestazioni complementari
all’AVS/AI, miglioramento della trasparenza e dell’accessibilità delle prestazioni sociali esistenti, potenziamento
del primo pilastro a carico del secondo nella previdenza professionale, miglioramento dello statuto delle donne
e delle famiglie nell’ambito sociale (splitting, accrediti per compiti educativi ecc.).
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7 Elenco bibliografico commentato
GRÖZINGER, Gerd (1986): Finanzierungsaspekte eines garantierten Grundeinkommens, in: OPIELKA, Michael und Georg VOBRUBA (Hg.) (1986).
Il finanziamento di un reddito di base garantito è collegato, all’interno di un programma di riforma integrato, con
il nuovo ordinamento dell’imposta sul reddito. In vista dell’obiettivo della piena occupazione, il reddito di base
consente di ridurre il tempo di lavoro analogamente al congedo sabbatico. I costi stimati per un reddito di base
mensile ammontano a 800 DM per gli adulti e a 400 DM per bambini, giovani e adolescenti, mentre la rendita di
base è stimata a 1000 DM. Vengono inoltre preventivati 199 DM per l’assicurazione legale contro le malattie. Al
risultante volume di spese di 651 miliardi di DM vengono contrapposti diversi risparmi. Con un’aliquota fiscale e
delle assicurazioni sociali integrata pari al 54 per cento è possibile coprire le necessarie entrate dello Stato.
HANESCH, Walter und Thomas KLEIN (1988): Eine integrierte bedarfsorientierte
Grundsicherung in AFG und BSHG, in: OPIELKA Michael und Margherita ZANDER
(Hg.) (1988): Freiheit von Armut, Essen.
Gli autori presentano un piano dettagliato relativo a una sicurezza di base orientata sul fabbisogno nel sistema
dell’assicurazione contro la disoccupazione e dell’assistenza sociale nella Repubblica federale tedesca. A questo riguardo procedono anche a stime approfondite dei costi. I costi globali sono valutati tra i 7,3 e gli 8,21 miliardi di DM. Il documento aveva costituito una base importante per il modello di una sicurezza di base orientata
sul fabbisogno in tutte le situazioni della vita ("Bedarfsorientierte Grundsicherung in allen Lebenslagen") presentato dai Verdi al Bundestag.
HANUSHEK, Eric A. (1987): Non-Labor-Supply-Responses to the Income Maintenance Experiments, in: Munnell, Alicia H. (Hg.) (1987).
Il contributo analizza diversi cambiamenti comportamentali, ad eccezione dell’offerta di lavoro, negli esperimenti
sociali eseguiti negli Stati Uniti.
HINTERBERGER, Friedrich (1994): Für eine differenzierte und konsistente Sozialpolitik - Eine Anmerkung zur Debatte um die negative Einkommenssteuer, in: Wahl, Jürgen (Hrsg.): Sozialpolitik in der ökonomischen Diskussion, Marburg, S. 149-170.
L’autore pone a fondamento delle sue considerazioni la constatazione che lo Stato sociale, cresciuto storicamente, presenta una serie di lacune e doppioni nel suo sistema causale. Per poter tenere analiticamente sotto
controllo legislazioni tanto differenti quali il diritto del mantenimento, il diritto dell’assistenza sociale, la prom ozione dell’alloggio ecc., egli ha sviluppato un quadro generale di valutazione della politica sociale e distributiva
("Allgemeiner Bewertungsrahmen der Sozial- und Verteilungspolitik", ABR). Questo quadro di valutazione sarebbe destinato a semplificare l’analisi e la valutazione del sistema globale di uno Stato sociale.
LEU, Robert E. und Peter KUGLER (1986): Einkommenssteuern und Arbeitsangebot
in der Schweiz, in: SCHELBERT -SYFRIG, Heidi et al. (Hrsg.): Mikroökonomik des Arbeitsmarktes, Bern, S. 205-255.
Nell’ambito del Programma nazionale di ricerca 9 (Meccanismi e sviluppo dell’economia svizzera), gli autori
hanno stabilito i fattori determinanti dell’offerta di lavoro per donne e uomini nel mercato del lavoro della Svizzera. A questo riguardo sono giunti alla conclusione che una riduzione dell’aliquota fiscale marginale aumenterebbe l’offerta di lavoro, in particolare da parte delle donne. Una riduzione dell’aliquota fiscale marginale significa una riduzione del carico fiscale e può pertanto essere paragonata a una prestazione assistenziale indiretta.
Di per sé, il risultante aumento del reddito dovrebbe indurre i lavoratori a s fruttare maggiormente il tempo libero,
quindi a svolgere meno lavoro retribuito (cosiddetto effetto sul reddito). Tuttavia, visto che una riduzione del
carico fiscale aumenta nel contempo il salario, la manodopera è manifestamente disposta a rinunciare al tempo
libero per guadagnare di più e quindi poter consumare di più. Questo effetto sostitutivo conduce a un aumento
dell’offerta di lavoro.
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7 Elenco bibliografico commentato
Reddito minimo garantito
MÄDER, Ueli (1991): Auswirkungen eines existenzsichernden Grundeinkommens, in:
Caritas (1991), S. 105-112.
L’autore formula riflessioni in merito alle ripercussioni di un reddito minimo garantito sul lavoro sociale e
sull’assistenza sociale nonché alle conseguenze psicosociali. Egli confuta le obiezioni mosse contro il reddito
minimo garantito, ad esempio che la prestazione delle persone e la disponibilità alla solidarietà diminuirebbero
o che un reddito minimo garantito comporterebbe isolamento ed emarginazione. Invece, secondo Mäder, il reddito minimo garantito diminuisce lo stress di molte persone colpite dalla povertà e ne rafforza la coscienza di
sé.
MUNNELL, Alicia H. (Hrsg.) (1987): Lessons from the Income Maintenance Experiments; Federal Reserve Bank of Boston and The Brookings Institution, No. 30.
In questo volume miscellaneo, diversi autori esaminano le ripercussioni di esperimenti relativi a un’imposta negativa sul reddito sull’offerta di lavoro, sulla struttura familiare e sul comportamento in relazione al consumo e
alla form azione.
OPIELKA, Michael und Georg VOBRUBA (Hrsg.) (1986): Das garantierte Grundeinkommen - Entwicklung und Perspektiven einer Forderung, Frankfurt a.M.
Il volume comprende 14 contributi nei quali vengono discusse, da un punto di vista prevalentemente ecosociale, le richieste relative a un reddito di base.
PARKER, Hermione (1993): Basic Income or Minimum Income? in: J. BERGHMAN, B.
CANTILLON: The European Face of Social Security, Avebury, 180ff.
L’autrice esegue una strutturazione differenziata dei diversi livelli del reddito minimo garantito partendo dal presupposto che per il momento un dividendo sociale completo (fissato a un importo pari a un terzo del reddito
medio) non sarebbe finanziabile. Sarebbe invece possibile, a titolo di soluzione transitoria, un reddito di base
parziale ("partial basis income"), integrato con supplementi per singoli gruppi della popolazione. Un dividendo
sociale fissato a un importo pari alla metà dell’assistenza sociale per una coppia di coniugi (generalmente 150
£ mensili, 450 £ mensili per i pensionati) potrebbe essere finanziato in maniera neutrale dal punto di vista del
bilancio se si prevede un’aliquota fiscale unitaria del 35 per cento.
ROSSI, Martino (1991a): Wäre ein existenzsicherndes Grundeinkommen finanzie rbar? in: Caritas (1991), S. 89-104.
Rossi verifica se un reddito minimo garantito sarebbe finanziabile in Svizzera. A questo scopo parte da un modello relativo a un’INR (“modello per un reddito di base differenziatamente differenziale inteso a garantire
l’esistenza”). Per il 1982 l’autore fissa un reddito disponibile di 13'900 franchi all’anno per una unità di consumo
(il che corrisponde al reddito garantito grazie alle prestazioni complementari, compreso il supplemento per
l’affitto e il riscaldamento, e si trova leggermente al di sopra della metà del reddito medio). Quale aliquota
dell’imposta negativa egli parte da un 75 per cento (un valore molto elevato rispetto agli altri modelli). In tal modo risulta un livello Break-Even per una unità di consumo pari a 18'530 franchi all’anno. Per il calcolo dei costi
globali, Rossi si basa sulla struttura del reddito e dell’economia domestica di Buhmann (1988). Ne risulta che
nel 1982 questo modello di imposta negativa sul reddito avrebbe comportato costi globali per 1'630 milioni di
franchi. Rossi corregge questo importo, per motivi di alterazione statis tica nei dati di Buhmann, a 1'350 milioni
di franchi, corrispondenti allo 0,7 per cento del prodotto interno lordo dell’epoca. L’autore esamina diverse possibilità di finanziamento (imposte dirette, imposte indirette, tasse sociali, spostamento di spese sociali) e giunge
alla conclusione che le cifre corroborano effettivamente la risposta intuitiva secondo cui un reddito di base inteso a garantire l’esistenza può essere finanziato in Svizzera senza grosse difficoltà (pag. 101).
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Reddito minimo garantito
7 Elenco bibliografico commentato
OPIELKA, Michael (1984): Das garantierte Grundeinkommen - ein sozialstaatliches
Paradoxon? Warum ein garantiertes Einkommen den Sozialstaat zerstören, retten
oder aufheben kann, in: SCHMID, Thomas (Hrsg.) (1984), S. 99-120.
Opielka distingue tre varianti di reddito minimo garantito: (1) un reddito minimo garantito dallo Stato al posto
dello Stato sociale; (2) l’imposta negativa sul reddito INR quale complemento allo Stato sociale (vantaggi: il
volume necessario delle prestazioni assistenziali si muove entro limiti ragionevoli, l’imposta negativa sul reddito
può essere vincolata all’esercizio di un’attività lavorativa); (3) salario dei cittadini garantito (“Garantiertes Bürgergehalt”): ogni persona ha diritto a una prestazione pecuniaria dello Stato – l’ammontare dell’importo dipende
esclusivamente da criteri demografici quali l’età e la composizione dell’economia domestica. Per quanto concerne l’ammontare del salario dei cittadini garantito, Opielka propone 400 DM per figlio, 800 DM per adulto e
1'200 DM a partire dal sessantesimo anno d’età; gli importi si riferiscono al 1984.
SCHMID, Thomas (Hrsg.) (1984): Befreiung von falscher Arbeit - Thesen zum garantierten Mindesteinkommen, Berlin.
La miscellanea si compone di sette contributi che chiedono, da un punto di vista ecosociale, un reddito minimo
garantito per superare la società del lavoro.
SCHULTE, Bernd (1990): Soziale Grundsicherung - Ausländische Regelungsmuster
und Lösungsansätze, in: VOBRUBA, Georg (Hrsg.) (1990): Strukturwandel der Soz ialpolitik, Frankfurt a.M., S. 81-181.
Schulte offre una panoramica sullo stato della discussione sulla sicurezza di base sociale in Germania, Gran
Bretagna, Paesi Bassi, Belgio e Unione europea. L’aspetto più discusso e la soluzione più probabile secondo
l’autore (almeno in Gran Bretagna) è costituito dall’introduzione di un reddito sociale che sarebbe concepito
come soluzione ai problemi occupazionali e come alternativa al sistema delle assicurazioni sociali. Schulte si
mostra molto scettico riguardo all’introduzione di un reddito di base a livello dell’Unione europea, in quanto non
può essere ordinata una trasformazione di conseguenza dello Stato sociale.
SHELDON, George (1983): Die Bestimmungsfaktoren der Dauer der Arbeitslosigkeit
in der Schweiz, in: Schelbert-Syfrig, Heidi (Hrsg.) (1983): Arbeitsmarktstrukturen und
-prozesse, Diessenhofen, S. 219-268.
Nell’ambito del Programma nazionale di ricerca 9 (Meccanismi e sviluppo dell’economia svizzera), Sheldon si è
occupato dei fattori determinanti della durata della disoccupazione. È interessante notare che l’ammontare
dell’indennità giornaliera non rappresenta un motivo determinante significativo. Sembra piuttosto che per la
durata della disoccupazione siano determinanti criteri socioeconomici quali l’età o il sesso.
STANDING, Guy (1989): Arbeitslosigkeit, Unsicherheit und Flexibilität in Europa "News from Somewhere", in: Vobruba, Georg (Hrsg.) (1989), S. 67- 86.
Standing si sofferma sugli argomenti che respingono un reddito minimo garantito a causa delle sue ripercussioni sul mercato del lavoro. A confutazione di tali argomenti egli elenca diversi vantaggi dal punto di vista del
mercato del lavoro. Affinché il reddito minimo garantito non finisca per essere una forma moderna di "panem et
circenses", esso deve essere perseguito, nell’ambito di una strategia integrale e coerente, sulla base della
promozione della crescita economica e dell’accumulazione.
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7 Elenco bibliografico commentato
Reddito minimo garantito
VAN PARIJS, Philippe (1989): Recht auf Einkommen und Arbeit, in: VOBRUBA, Georg (Hrsg.) (1989), S. 197-217.
Fondandosi sulla teoria dell’equità di Rawls, Van Parijs sviluppa la tesi secondo cui con un reddito minimo garantito è possibile aumentare il valore della politica sociale. In presenza di una quota identica di prestazioni sociali, grazie ai vantaggi legati all’efficienza di una soluzione RMG sarebbe possibile realizzare un prodotto sociale più elevato e quindi anche un reddito minimo più elevato.
VOBRUBA, Georg (Hrsg.) (1989): Der wirtschaftliche Wert der Sozialpolitik, Berlin.
La miscellanea comprende undici contributi che si interrogano sul valore scientifico della politica sociale, integrando in parte nelle loro considerazioni anche il concetto della sicurezza minima garantita.
WAGNER, Antonin (1991): Das Phänomen der Armut in einem gesamtwirtschaftlichen Kontext, in: CARITAS (1991), S. 79-88.
Il contributo analizza in maniera critica le obiezioni teoriche ed empiriche mosse contro il reddito minimo garantito. L’autore giunge alla conclusione che, contrariamente all’opinione comunemente diffusa, simili trasferimenti
di reddito non hanno necessariamente ripercussioni negative né sull’offerta di lavoro né sulla stabilità delle
strutture familiari. Si tratta tuttavia di impostare le prestazioni RMG in modo tale da premiare le prestazioni proprie delle economie domestiche.
WSI (1987a): WSI Arbeitsmaterialien 15/1987: Bedarfsorientierte Grundsicherung Ergebnisse der Arbeitstagung des WSI vom 29./30.4.1987, Düsseldorf.
Una serie di relazioni e contributi si occupa del modello concreto del WSI relativo alla sicurezza di base riferita
al fabbisogno.
7.4
Articoli apparsi su riviste
Dopo il 1995:
ALBELDA, Randy (2001): Welfare-to-Work, Farewell to Families? US Welfare Reform
and Work / Family Debates, in: Feminist Economics, 7 (1), March 2001, 119-135.
La riforma „Welfare to Work“ non ha veramente ridotto la povertà, ma ha in compenso fatto sì che i poveri trascorrano più tempo su un posto di lavoro. In tal modo, agli occhi dell’opinione pubblica, da «undeserving poor»
sono divenuti «deserving poor». Albelda parla di un’ossessione nazionale che vuole rendere le madri «job ready». Se i politici attivi nell’ambito delle questioni sociali prendessero sul serio i problemi di queste madri povere, dovrebbero tuttavia anche preoccuparsi di rendere questi posti di lavoro «mother ready». A questo proposito
l’autrice individua una grande necessità di riforme negli Stati Uniti.
BÄCKER, Gerhard; HANESCH, Walter (1997): Kombi-Lohn: Kein Schlüssel zum Abbau der Arbeitslosigkeit! In: WSI-Mitteilungen 10/1007, S. 701-712.
Bäcker e Hanesch giudicano il potenziamento del salario mediante prestazioni dell’assistenza sociale come
«decisamente oneroso dal punto di vista finanziario» e come strumento incerto per compensare le conseguenze dei salari bassi. Essi temono un generale abbassamento dei salari con conseguenze negative per la sicurezza sociale degli interessati. Si attendono effetti occupazionali netti soltanto nell’ambito delle prestazioni di
servizio riferite alle economie domestiche. Gli autori si chiedono però se sia auspicabile una «rifeudalizzazione»
della società, resa possibile in tal modo.
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Reddito minimo garantito
7 Elenco bibliografico commentato
BECKER, Irene (1995): Das Bürgergeld als alternatives Grundsicherungssystem:
Darstellung und kritische Würdigung einiger empirischer Kostenschätzungen, in: Finanzarchiv 52 (3), 1995, S. 306-338.
In questa panoramica vengono presentati diversi studi empirici sugli effetti di un’imposta negativa sul reddito.
Nonostante la maggior parte si orienti sul modello relativo al “denaro dei cittadini” (“Bürgergeld”) di Joachim
Mitschke, i costi stimati divergono sensibilmente tra di loro, anche se non vengono considerati tutti gli effetti di
riforma indiretti. Ciò è in parte riconducibile a differenze concettuali e metodologiche, ma anche alle premesse
specifiche. I costi supplementari rispetto allo statu quo risultano elevati se il livello dell’assistenza sociale è
mantenuto e se si presuppone un’aliquota fiscale negativa pari al 50 per cento. Partendo da un’aliquota fiscale
negativa superiore, i costi supplementari sarebbero inferiori, ma gli effetti d’incentivazione al lavoro perseguiti
dalla riforma sarebbero messi in discussione.
BONTOUT, Olivier (2000): L’earned income tax credit, un crédit d’impôt ciblé sur les
foyers de salariés modestes aux états-unis, in: Economie et statistique, Nr. 335,
2000, 27-46.
Si tratta di una panoram ica, in lingua francese, sulle esperienze fatte con l’Earned Income Tax Credit (EITC).
Eccone il succo: dell’EITC beneficiano soprattutto le economie domestiche con figli. Gli effetti di ridistribuzione
possono essere comparati a prestazioni della sicurezza sociale dipendenti dal reddito. Le ripercussioni
sull’offerta di lavoro sono positive, ma modeste. Non si hanno sufficienti informazioni su come l’EITC si ripercuota sulla domanda di lavoro.
BUCHANAN, James (1997): Can Democracy Promote the General Welfare?, in: Social
Philosophy and Policy 14 (2), 165-179.
La democrazia non produce automaticamente decisioni nell’interesse di tutti. La logica interna della quotidianità
politica tende piuttosto a promuovere gli interessi di parti della coalizione maggioritaria a spese di altre. Ma
questa tendenza può essere tenuta sotto controllo sancendo corrispondenti restrizioni nella Costituzione. Come
propone l’economista e premio Nobel James Buchanan, lo Stato sociale dovrebbe usufruire di questa possibilità iscrivendo nella Costituzione una «generality norm». Grazie a una siffatta norma, tutti i redditi dovrebbero
essere tassati con la stessa aliquota – senza eccezioni, ad esempio, per redditi da capitale o salari bassi. In
compenso le persone riceverebbero «equal-per-head transfer payments, or demogrants». Il Parlamento potrebbe fissare l’ammontare dell’aliquota fiscale e quindi del “demogrant”, ma non prenderebbe altre decisioni. In
tal modo lo Stato sociale potrebbe salvaguardare la propria legittimità, in quanto non discriminerebbe nessuno.
BURKHAUSER, Richard V.; COUCH, Kenneth A.; GLENN, Andrew J. (1996): Public
Policies for the Working Poor: The Earned Income Tax Credit Versus Minimum Wage
Legislation, in: Research in Labor Economics, Vol. 15, 65-109.
In passato gli economisti sconsigliavano i salari minimi adducendo come argomento che tali salari aumentano
la disoccupazione tra coloro che ricevono salari bassi. La ricerca più recente mostra che gli effetti temuti sono
poco rilevanti. Un argomento più recente contro i salari minimi quali mezzi per combattere la povertà descrive i
salari minimi come sempre più inefficienti in quanto coloro che ricevono salari bassi non vivono necessariamente in economie domestiche povere. Mediante simulazioni, gli autori mostrano che a questo proposito l’EITC
raggiunge in maniera decisamente più mirata i veri working poor.
CLARK, Charles M. A.; KAVANAGH, Catherine (1996): Basic Income, Inequality and
Unemployment: Rethinking the Linkage between Work and Welfare, in: Journal of
Economic Issues, 30 (2), June 1996, 399-406.
Si tratta di una buona panoramica che illustra in modo dettagliato perché rappresentanti delle più diverse provenienze ideologiche propongono un reddito di base incondizionato. Si distinguono gli argomenti addotti dagli
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ambienti conservatori, liberali ed ecologisti, pro e contro una simile riforma. Vengono discusse singolarmente le
premesse, poste a fondamento degli argomenti, sui legami tra lavoro retribuito e prestazioni sociali. Secondo
una delle conclusioni tratte dagli autori, un dividendo sociale quale provvedimento isolato non può compiere
miracoli. Gli effetti dipendono fortemente dal contesto politico (sindacati potenti, salari minimi ecc.).
CREEDY, John (1996): Comparing Tax and Transfer Systems: Poverty, Inequality
and Target Efficiency, in: Economica (London) 63, 1996, 163-174.
Quale argomento a favore di una sicurezza minima dipendente dal fabbisogno viene spesso addotta la maggiore efficienza nella lotta contro la povertà, mentre gli effetti incentivanti positivi sono generalmente considerati un
argomento a favore di prestazioni universali (compresa l’imposta negativa sul reddito e i crediti fiscali). Questo
articolo intende dimostrare che, persino se non si considerano gli effetti incentivanti, le pres tazioni orientate sul
fabbisogno non necessariamente danno esiti migliori. Mediante simulazioni con prestazioni dipendenti dal fabbisogno e programmi attuati tramite l’imposta sul reddito, che riducono la povertà in pari misura, Creedy constata che gli effetti ridistributivi legati alle prestazioni universali sono nettamente maggiori.
DELARUE, Véronique (2000): Le working families tax credit, un nouveau crédit
d’impôt pour les familles de travailleurs à bas revenus au royaume -uni, in: Economie
et statistique, No. 335, 2000, 47-61.
Si tratta di un’illustrazione aggiornata del Working Families Tax Credit (WFTC), che nel 1999 ha sostituito il
Family Credit in Gran Bretagna. Il WFTC viene pagato a circa 1,5 milioni di famiglie di cui almeno un membro
esercita un’attività lucrativa per 16 ore settimanali. In esso sono compresi anche aiuti per la custodia di bambini. Un’importante innovazione è costituita dalle modalità amministrative: il versamento avviene direttamente
tramite i datori di lavoro.
DREGER, Christian et al. (1998): Was bringt ein Kombilohn? Eine ökonometrische
Analyse der Arbeitsangebotsreaktionen von Sozialhilfeempfängern und der fiskalischen Effekte für Sozialhilfeträger, in: Mitteilungen aus der Arbeitsmarkt- und Berufsforschung, Jg. 31, Nr. 4, 1998, S. 705-714.
Gli autori cercano di stimare le conseguenze di un salario combinato quale è stato introdotto dal Ministero federale tedesco per la sanità pubblica nella discussione sulle riforme. A questo scopo, essi si servono di un modello Tobit applicato all’esempio del Land della Sassonia-Anhalt. Gli autori reputano quantitativamente esiguo
l’ampliamento dell’offerta di lavoro conseguente alla riforma (2,4 per cento). In quest’ordine di grandezza è
possibile realizzare risparmi, purché non sorgano limitazioni della ricettività del mercato del lavoro. In seguito al
fatto che i redditi propri non vengono più computati integralmente, si producono tuttavia notevoli spese supplementari, dovute a effetti di “trascinamento”, che dovrebbero complessivamente superare i risparmi.
GROOT, Loek F.M.; PEETERS, H.M.M. (1997): A Model of Conditional and Unconditional Social Security in an Efficiency Wage Economy: the Economic Sustainability
of a Basic Income, in: Journal of Post Keynesian Economics 19 (4), Summer 1997,
573-597.
Gli autori mostrano, servendosi di un modello formale relativo al mercato del lavoro, che un dividendo sociale
modesto può implicare, rispetto a una sicurezza di base dipendente dal fabbisogno, una disoccupazione più
bassa, un prodotto interno maggiore e salari lavorativi più elevati, ma che comporta redditi più bassi per coloro
che non esercitano un’attività lucrativa.
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HAUSER, Richard (1997): Armut, Armutsgefährdung und Armutsbekämpfung in der
Bundesrepublik Deutschland, in: Jahrbücher für Nationalökonomie und Statistik, Bd.
216/4+5, S. 524-548.
Questo contributo ha quale oggetto centrale l’estensione e il cambiamento della povertà in Germania dal 1962
al 1995. L’autore constata che dalla metà degli anni Settanta la povertà è aumentata gradualmente e che tra le
generazioni ha avuto luogo uno spostamento concernente le fasce d’età interessate. Oggi ne sono maggiormente toccati i bambini e i giovani adulti. Se si vuole evitare che le riforme della sicurezza sociale acuiscano
ulteriormente il problema della povertà, occorrerà rafforzare la rete di sicurezza più bassa. A questo riguardo
Hauser propone di inserire nei sistemi delle assicurazioni sociali elementi di sicurezza minima orientati sul fabbisogno e finanziati con mezzi fiscali.
HAVEMAN, Robert (1996): Reducing Poverty while Increasing Employment: A Primer
on Alternative Strategies, and a Blueprint, in: OECD Economic Studies, ndeg. 26,
1996, 7-42.
Questo saggio confronta diverse strategie intese a combattere la povertà e la disoccupazione delle persone
scarsamente qualificate – quali i crediti fiscali, un’imposta negativa sul reddito, il dividendo sociale e le sovvenzioni salariali. Secondo Haveman, nessuna delle strategie considerate è in grado di raggiungere da sola simultaneamente i due obiettivi a causa della «legge ferrea» secondo cui i programmi che finanziano uno standard
di vita sufficiente implicano un incentivo negativo per il lavoro. L’autore propone pertanto una combinazione di
diverse strategie – senza avere la pretesa che in tal modo il dilemma si dissolva integralmente. La combinazione proposta comprende un credito fiscale, che garantirebbe a ogni famiglia un reddito pari alla metà o a due
terzi del minimo esistenziale (sotto forma di un’imposta negativa sul reddito), prestazioni arretrate fisse da versare agli anziani, ai disabili e ai disoccupati nonché sovvenzioni salariali sui salari bassi, che andrebbero pagate sia ai datori di lavoro che agli stessi interessati.
HYDE, Mark; DIXON, John; JOYNER, Melanie (1999): «Arbeit, Sicherheit und Bereitstellung von Chancen»: Zur Reform der sozialen Sicherheit im Vereinigten Königreich, in: Internationale Revue für Soziale Sicherheit, Bd.52, 4/99, S. 81-103.
Dopo la sua vittoria elettorale, il Governo laburista britannico ha avviato una riforma radicale dello Stato sociale,
la quale intende tener conto delle obiezioni neoliberali. Questa «terza via» della politica sociale parte dal presupposto che i cittadini hanno diritti e obblighi, tra cui in particolare l’obbligo di lavorare. L’articolo rappresenta
un’introduzione compatta alla nuova politica sociale britannica, che tuttavia critica già nei suoi principi: l’idea
che i poveri non hanno lavoro perché mancano loro gli incentivi sarebbe confutata dai fatti. Inoltre, l’insistenza
sugli obblighi ha carattere coercitivo e potrebbe ulteriormente acuire i contrasti sociali ed economici già esistenti: una strategia che spinge i beneficiari di prestazioni sociali a entrare nel mercato del lavoro dovrebbe anche
provvedere affinché vengano offerti pos ti adeguati ad allontanare definitivamente queste persone dalla povertà.
INSTITUT DER DEUTSCHEN WIRTSCHAFT (2000): Das deutsche Sozialsystem im
Spannungsfeld zwischen sozialer Fürsorge und Hilfe zur Arbeit, in: IDW-Trends, Jg.
27, Nr. 2, S. 57-70.
L’articolo si sofferma sulla carenza di incentivi al lavoro nell’attuale sistema assistenziale e ritiene troppo esigua
la differenza tra prestazioni assistenziali e bassi redditi lavorativi. Quale soluzione viene presentata una strategia relativa al salario combinato.
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JACKSON, W. A. (1999): Basic Income and the Right to Work, in: Journal of PostKeynesian Economics 21 (4), 639-662.
L’autore spiega, da un punto di vista keynesiano, perché un diritto al lavoro garantito dallo Stato e un dividendo
sociale presenterebbero grandi vantaggi. I provvedimenti occupazionali rafforzerebbero l’output e il guadagno,
mentre un reddito di base incondizionato porterebbe a una distribuzione più equa del reddito. A proposito
dell’attuazione, Jackson prevede grandi problemi dovuti alla resistenza opposta dai datori di lavoro e da tutti
coloro che sono contrari a una ridistribuzione verso il basso.
KARR, Werner (1999): Kann der harte Kern der Arbeitslosigkeit durch einen Niedriglohnsektor aufgelöst werden? IAB Kurzbericht, 3/1999.
Karr si esprime criticamente in merito all’obiettivo di riforma tedesco di creare un settore di salari bassi con posti di lavoro sovvenzionati. Egli ritiene irrealistico l’atteso sensibile sgravio nel segmento consolidato della disoccupazione perché una scarsa qualifica non costituirebbe il motivo principale del fatto che le persone diventino e restino disoccupati di lunga durata. Il motivo di gran lunga più importante per questa evoluzione è rappresentato dall’età. Le persone d’età superiore ai 55 anni non possono praticamente più essere collocate. Al secondo posto della classifica dei motivi troviamo i problemi di salute. La scarsa qualifica professionale occupa
soltanto la terza posizione. Spesso sarebbero tuttavia proprio i lavoratori più anziani e quelli di salute cagionevole a non poter occupare questi posti di lavoro „facile“, in quanto questi ultimi comportano di regola determinati
sforzi fisici.
KLAMMER, Ute (2000): Auf dem Weg zu mehr Flexicurity in Europa, in: WSIMitteilungen 5/2000, S. 313-321.
Quali sono le esigenze poste alla sicurezza sociale dalla tendenza generale verso la flessibilizzazione delle
condizioni di lavoro e dalla diversificazione del modo di vivere? L’articolo non si occupa soltanto delle possibilità
di ammortizzare e compensare gli effetti indesiderati, ma chiede anche in che misura le normative sociali possano sostenere attivamente la flessibilizzazione. Quali dimensioni centrali emergono l’accesso ai sistemi di sicurezza sociale delle persone che esercitano un’attività lucrativa in misura minima, una sicurezza minima generalizzata, l’individualizzazione dei diritti (al posto della base costituita dall’economia domestica), l’attivazione e
la garanzia di passaggi relativi al mercato del lavoro. Klammer presenta esempi positivi provenienti da diversi
Paesi, ma mostra anche come talune tendenze di riforma si muovano in una direzione diametralmente opposta
all’obiettivo di combinare la flessibilità e la sicurezza (“Flexicurity”).
KLOPFLEISCH, Roland; SESSELMEIER, Werner; SETZER, Martin (1997): Beschäftigungspolitische Möglichkeiten einer Negativen Einkommenssteuer, in: Konjunkturpolitik, 43 (3), 1997, S. 224-247.
Il contributo analizza in che misura lo strumentario dell’imposta negativa sul reddito possa condurre a una
maggiore occupazione e quale sarebbe l’onere finanziario corrispondente. Gli autori sviluppano un modello che
permette di stimare possibili effetti sull’occupazione di un sistema fiscale e assistenziale integrato e di calcolare
i costi che ne derivano.
KOLB, Jürgen et al. (1998): Kombilohn für Sozialhilfeempfänger, fiskalische Grenzen
eines Reformvorschlags, in: Wirtschaft im Wandel, Nr. 8, 1998, S. 3-9.
Il modello di salario combinato del Ministero federale tedesco per la sanità pubblica mira a fare in modo che per
i beneficiari di prestazioni dell’assistenza sociale valga la pena esercitare un lavoro retribuito, in particolare per
le economie domestiche con figli. Gli autori cercano di stimare, sulla base di un modello microeconometrico, le
cons eguenze per il mercato del lavoro e per le casse dell’assistenza sociale. Ne risultano effetti modesti
sull’occupazione, i quali vengono peraltro esplicati soltanto se il mercato del lavoro è ricettivo nella stessa mis u-
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ra. Ai risparmi massimi possibili si contrappongono costi supplementari, dovuti a effetti di “trascinamento”, per
un ammontare pressoché uguale.
KRAUSE-JUNK, Gerold (1997): Bürgergeld, in: Jahrbücher für Nationalökonomie und
Statistik, 216 (4-5), Juli 1997, S. 549-560.
Secondo l’autore, la versione tedesca dell’imposta negativa sul reddito („Bürgergeld“ o „denaro dei cittadini“)
non rappresenta una soluzione ragionevole. Egli mette in dubbio che si possa trovare una ragionevole base di
calcolo comune per integrare un’imposta negativa sul reddito e prestazioni sociali finanziate con risorse fiscali.
Anche se una siffatta base esistesse, l’autore ritiene discutibile una tariffa corrente, sia dal punto di vista degli
incentivi che da quello fiscale. L’apprezzamento sociopolitico dipende da quali prestazioni debba sostituire il
„Bürgergeld“. Quale sistema onnicomprensivo è troppo grossolano e non raggiunge gli obiettivi. Se dovessero
essere solo poche le prestazioni che si fondono in esso, Krause-Junk ritiene che si tratti di un’”opera di bene
troppo generosa”. Praticamente non si attende effetti positivi sull’occupazione.
LEU, Robert E.; EISENRING, Christoph (1998): Effizienz und Wirksamkeit von Sozialtransfers: Ein Beitrag zur aktuellen Diskussion, in: Aussenwirtschaft, 53 (3), September 1998, S. 435-465.
Leu e Eisenring si ricollegano al dibattito sulla riforma dello Stato sociale e valutano il potenziale di modelli alternativi quali l’imposta negativa sul reddito, i supplementi salariali (versati sia ai datori di lavoro che ai lavoratori), il credito fiscale, il supplemento lavorativo e il supplemento ai costi fissi del lavoro. Gli autori valutano tali
modelli secondo i tre criteri “garanzia del reddito/riduzione della povertà”, “incentivi al lavoro” e “costi”.
L’imposta negativa sul reddito ha subíto una considerevole relativizzazione in quanto i suoi obiettivi (garanzia
dell’esistenza e incentivo al lavoro) sarebbero inconciliabili. L’efficacia dei supplementi salariali dipende in mis ura determinante dall’elasticità della domanda di lavoro e dell’offerta di lavoro. E i crediti fiscali, al pari dei supplementi lavorativi, sarebbero poco mirati. Inoltre, le usuali analisi verrebbero eseguite in modelli parziali che
non considerano che gli interventi modificano anche i salari d’equilibrio, risultanti dal rapporto tra domanda e
offerta. Leu/Eisenring raccomandano una combinazione delle strategie, visto che ciascuna di esse presenta
vantaggi e svantaggi specifici. Essi individuano però anche un conflitto tra il tasso di disoccupazione e il num ero dei working poor: i Paesi con salari minimi più elevati hanno più disoccupati e meno working poor, mentre nei
Paesi con una maggiore flessibilità del mercato del lavoro la situazione è diametralmente opposta: «Se questo
conflitto dovesse di fatto rivelarsi inevitabile, occorrerà valutare quale strategia sia quella più vantaggiosa.»
(462).
McKAY Ailsa (2001): Rethinking Work and Income Maintenance Policy : Promoting
Gender Equality through a Citizens Basic Income, in: Feminist Economics 7 (1),
March 2001, 93-114.
In questo saggio, McKay ripropone i risultati più importanti della sua dissertazione. L’autrice afferma che un
dividendo sociale ha il potenziale per promuovere gli stessi diritti di uomini e donne, in quanto dissolve il vincolo
tra lavoro e reddito. Tuttavia, nella letteratura attualmente disponibile mancherebbe un’analisi convincente delle
ripercussioni specifiche dei sessi e degli effetti sulla disuguaglianza tra uomo e donna. Allo scopo di sviluppare
elementi di una siffatta analisi, l’autrice sceglie principi provenienti dall’economia femminista.
MEINHARDT, Volker et al. (1996): Auswirkungen der Einführung eines Bürgergeldes,
neue Berechnungen des DIW, in: DIW-Wochenbericht, Jg. 63, Nr. 32, S. 533-543.
Agli effetti positivi ipotizzabili di un „Bürgergeld“ („denaro dei cittadini“) sull’occupazione in Germania si contrappongono elevati costi fiscali. Un “Bürgergeld“ con maggiori effetti incentivanti rispetto all’attuale sistema
dell’assistenza sociale potrebbe causare perdite fiscali e versamenti per un importo fino a 300 miliardi di DM.
Se gli effetti incentivanti corrispondessero allo statu quo, bisognerebbe attendersi costi supplementari per circa
90 miliardi di DM.
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OFFERMANN, Volker (1997): Sozialhilfe versus Bürgergeld, Defizite und Perspektiven der Armutsbekämpfung im Wohlfahrtsstaat, in: Arbeit und Sozialpolitik, Jg. 51,
Nr. 5/6, 1997, S. 31-41.
L’autore esamina il modello „Bürgergeld“ („denaro dei cittadini“) considerandone gli obiettivi: lotta più efficiente
contro la povertà (riduzione del numero supposto), maggiore trasparenza e processi semplificati, maggiore incentivo al lavoro e maggiore equità nella distribuzione. Egli mostra che la supposizione popolare secondo cui
un „Bürgergeld“ sarebbe più efficace della tradizionale assistenza sociale è insostenibile e suggerisce di superare gli attuali deficit della prassi dell’assistenza sociale operando riforme all’interno del sistema odierno.
OSTNER, Ilona (1999): Das Ende der Familie wie wir sie kannten, in: Blätter für deutsche und internationale Politik, Nr. 1, 1999, S. 69-76.
Ostner critica la premessa, posta a fondamento della politica (familiare) dell’Europa occidentale, secondo cui le
donne sarebbero obbligate a provvedere autonomamente alla garanzia dell’esistenza e alla sicurezza sociale.
In questa premessa l’autrice riconosce una strategia per superare la crisi dello Stato sociale a scapito delle
donne. La nuova società del lavoro individualizzata rompe con la figura maschile del “sostentatore” principale.
In tal modo, la parità di opportunità tra i sessi verrebbe subordinata agli obiettivi di politica occupazionale e alla
flessibilizzazione del mondo del lavoro, privilegiata dalla politica.
PELZER, Helmut (1996): Bürgergeld - Vergleich zweier Modelle, in: Zeitschrift für
Sozialreform 42 (9), 1996, S. 595-621.
L’autore compara un modello „Bürgergeld“ („denaro dei cittadini“) da lui stesso concepito con quello di Joachim
Mitschke.
RADEFF, Frédéric (1997): Modelle des Mindesteinkommens – Konzepte und Problemfelder, in: Soziale Sicherheit, 1/1997, S. 5-11.
Si tratta di una buona introduzione breve alle discussioni sull’imposta negativa sul reddito INR, al reddito minimo reintegrativo sul modello francese e al dividendo sociale. Radeff sottolinea che tutti i modelli presentano
anche svantaggi: problemi di finanziamento o un basso livello di prestazione nonché una forte importanza degli
incentivi al lavoro nel caso dell’INR, nonostante a livello empirico sia stato chiaramente confutato che le pers one scelgano volontariamente di essere povere; insuccesso dell’integrazione, ritenuta fondamentale, nel caso
del RMI francese e assenza di aiuti all’integrazione nel caso del dividendo sociale.
ROBEYNS, Ingrid (2001): An Income of One's Own, in: Gender and Development 9(1),
March 2001, 82-89.
Dal punto di vista femminile, un dividendo sociale è auspicabile? Robeyns osserva due tendenze opposte, il cui
effetto complessivo non è facile da prevedere: da un lato, le donne sono colpite dalla povertà in misura sproporzionata e sono svantaggiate dalle assicurazioni sociali legate al lavoro retribuito, di modo che beneficiano
fortemente di siffatti provvedimenti generali. Dall’altro, esse corrono il rischio di essere trattenute in un lavoro
scarsamente pagato, in quanto con un dividendo sociale il lavoro e il reddito vengono solo parzialmente ridistribuiti. In tal modo verrebbero ulteriormente rafforzate la tradizionale distribuzione dei ruoli e la conseguente disuguaglianza. Secondo Robeyns sarebbe preferibile la proposta di Atkinson di vincolare il reddito di base, a
mo’ di «participation income», a una controprestazione socialmente utile. Da ciò deriverebbe il diritto di ricevere
almeno un minimo esistenziale garantito per lo svolgimento di un’attività socialmente utile. Secondo l’autrice,
rispetto ad altre proposte di riforma, ad esempio “workfare”, il dividendo sociale costituirebbe per le donne sicuramente la soluzione più vantaggiosa.
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ROSENFELD, Martin (1997): Arbeit statt/und Sozialhilfe? Alternativen für einen institutionellen Neubau der sozialen Grundsicherung in Deutschland, in: Jahrbuch für
Wirtschaftswissenschaften, Bd. 48, Nr. 3, 1997, S. 241-268.
Rosenfeld formula richieste per un nuovo ordinamento della sicurezza sociale di base delineando le alternative
e i loro principali effetti. L’autore giunge alla conclusione che si impone una combinazione di diversi modelli di
riforma. Egli propone inoltre di suddividere l’assistenza sociale in due programmi: uno per i beneficiari di prestazioni assistenziali che esercitano un’attività lucrativa e uno per quelli che non ne esercitano.
ROTHSCHILD, Kurt W. (1997): Basiseinkommen und alternative Motivierungen, in:
Jahrbücher für Nationalökonomie und Statistik, Bd. 216, Nr. 3, 1997, S. 361-367.
Sulla base di un modello economico semplice, Rothschild illustra i problemi che risultano dall’introduzione di un
reddito di base. Egli analizza gli effetti in presenza di diversi livelli di prestazione e di condizioni quadro economiche differenti.
RUDER, Rosmarie (2001): Working Poor und Sozialhilfe, in: Soziale Sicherheit
3/2001, S. 123-125.
In Svizzera, tra il 10 e il 15 per cento dei beneficiari di prestazioni dell’assistenza sociale è costituito da working
poor – il numero degli aventi diritto è sensibilmente più alto. La mancanza di reddito è spesso dovuta ad aspetti
strutturali: il salario derivante dall’attività lucrativa non è sufficiente per coprire alte spese inevitabili. I working
poor non si trovano in una situazione di rigore temporanea, ma hanno bisogno di aiuto a lungo termine.
L’assistenza sociale non è uno strumento adatto per colmare ovunque queste lacune di reddito. A questo proposito, la Conferenza svizzera delle istituzioni dell’azione sociale ritiene prioritari provvedimenti di politica fam iliare.
SCHARPF, Fritz W. (1997): Wege zu mehr Beschäftigung, in: Gewerkschaftliche M onatshefte, Jg. 43, Nr. 4, 1997, S. 203-216.
Scharpf precisa e completa la sua proposta basata su supplementi decrescenti di reddito per lavoratori in condizioni d’impiego caratterizzate da scarsa retribuzione, lasciando peraltro intatto il sistema fiscale e quello delle
prestazioni sociali. Egli parte dal presupposto che questa soluzione possa essere realizzata all’interno
dell’attuale struttura tariffale, senza dover concordare nuove tariffe per i salari bassi.
SCHELKLE, Waltraud (2000): Subsidizing Low Earnings, German Debates and U.S.
Experiences, in: Vierteljahreshefte des Deutschen Instituts für Wirtschaftsforschung,
Jg. 69, Nr. 1, 2000, 5-16.
Schelkle presenta l’Earned Income Tax Credit americano e discute la trasponibilità del modello. L’autrice giunge alla conclusione che simili sovvenzioni sul reddito andrebbero motivate diversamente per la Germania, dove
avrebbero peraltro un’estensione più limitata.
SCHÖNI, Armin (2000): Die Sozialdirektorenkonferenz erlässt Empfehlungen für die
Weiterentwicklung der Sozialhilfe, in: Soziale Sicherheit 6/2000, S. 335-338.
Nel 1998 l’OCSE ha giudicato non ottimale il sistema svizzero dell’assistenza sociale. In seguito, la Conferenza
dei direttori cantonali degli affari sociali ha fatto analizzare approfonditamente i problemi menzionati e ha elaborato raccomandazioni: allo scopo di far fronte alla tendenza di spingere le persone da un sistema di prestazioni
all’altro, essa ritiene esemplare la legge ticinese sull’armonizzazione e il coordinamento delle prestazioni sociali. La Conferenza vorrebbe affrontare il problema costituito dal fatto che proprio nel caso delle famiglie
l’assistenza sociale può essere superiore al salario derivante da un’attività lucrativa sgravando le famiglie in
generale. Per rafforzare i provvedimenti integrativi, essa vorrebbe aprire ai beneficiari di prestazioni
dell’assistenza sociale l’accesso alle misure legate al mercato del lavoro, obbligare tutti i beneficiari a fornire
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controprestazioni e creare nuovi incentivi al lavoro. La Conferenza dei direttori cantonali degli affari sociali vorrebbe infine ammettere soltanto in situazioni straordinarie il sostegno fornito dai parenti e l’obbligo di restituzione, definiti dall’OCSE come «barriere arcaiche».
SITTE, Ralf (1998): Wer nicht genug verdient, dem soll gegeben werden, Subventionierte Niedriglöhne als Innovation in der Beschäftigungspolitik? In: Gewerkschaftliche Monatshefte, Jg. 49, Nr. 1, 1998, S. 36-47.
L’autore analizza l’attuale situazione dei salari bassi e le proposte relative alle sovvenzioni salariali. Ecco la sua
conclusione: dal punto di vista della politica occupazionale, i salari combinati costituiscono una terapia passiva
e miope per curare i sintomi, che non risolve il problema e non modifica le prospettive delle persone interessate. Egli chiede una soluzione mista che combini politica attiva in materia di mercato del lavoro e politica occupazionale.
SOZIALE SICHERHEIT (2001): Schwerpunkt: Die Working Poor im Sozialstaat
Schweiz, 3/2001, S. 112-136.
Il fascicolo presenta succintamente lo studio «Working Poor in der Schweiz» di Streuli/Bauer (2001) e ne fa
discutere i risultati, sotto vari punti di vista, da parte di eminenti rappresentanti di diverse istituzioni e associazioni d’interesse.
TRABOLD, Harald (2000): Zum Verhältnis von Globalisierung und Sozialstaat, Aus
Politik und Zeitgeschichte, Nr. 48, 2000, 23-30
Secondo Trabold, la globalizzazione rende necessario apportare modifiche allo Stato sociale, ma non la sua
soppressione. Anche se in media il livello di benessere aumenta, il processo di globalizzazione genera vincitori
e perdenti. Sono pertanto necessari maggiori sforzi per ridistribuire il reddito. I sistemi della sicurezza sociale
dovrebbero essere riorganizzati nel senso di una sicurezza di base per tutti finanziata con ris orse fiscali.
WILKE, Uwe (1999): The Earned Income Tax Credit – Hat Amerika es besser? Zur
Diskussion um die negative Einkommenssteuer in Deutschland und in den USA, in:
WSI-Mitteilungen, 4/1999, S. 255-260.
Wilke confronta le discussioni tedesche su un’imposta negativa sul reddito con le esperienze fatte con l’Earned
Income Tax Credit (EITC) americano. Una differenza evidente consiste nel fatto che l’EITC ha lo scopo precipuo di prevenire le situazioni di povertà che sopraggiungono drasticamente nelle famiglie con figli. L’aumento
degli incentivi ad avviare un’attività lucrativa sono per contro d’importanza secondaria. Appare come difficilmente realizzabile una trasposizione del modello americano nella situazione tedesca.
WILLIAMS, Andrew (1999): Resource Egalitarianism and the Limits to Basic Income,
in: Economics and Philosophy (Cambridge University Press) 15, 1999, 85-107.
L’articolo critica la giustificazione etica di un dividendo sociale quale è stata formulata da Philippe Van Parijs nel
suo «Real Freedom for All» (1995). Esso mostra inoltre che uguaglianza ed equità non si instaurano automaticamente imboccando questa via e che anche per questo motivo la realizzazione di un «basic income» si trova
confrontata con limiti più ristretti di quanto non emerga da Van Parijs. Williams invita però espressamente a
portare avanti la discussione.
Fino al 1995
ADAMY, Wilhelm und ALFRED Schmidt (1987): Mindestsicherung - Alternative oder
Ergänzung des Sozialstaates, in: WSI-Mitteilungen 2/1987, S. 58-65.
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Sullo sfondo del fenomeno crescente della povertà tra persone che realizzano un reddito, gli autori illustrano
proposte per combattere efficacemente la „nuova povertà“ e ripristinare e ampliare la funzione protettiva del
sistema della sicurezza sociale. In questo contesto vengono formulate proposte concernenti il modo in cui, secondo l’Unione sindacale tedesca (DGB), si possano colmare le lacune della copertura e migliorare la compensazione sociale. Nel contempo viene discusso se e in che misura sia possibile e opportuno integrare elementi
della sicurezza minima nel tradizionale sistema delle assicurazioni sociali.
BÄCKER, Gerhard (1987): Solidarische Alterssicherung statt Altersarmut - Weiterentwicklung der Rentenversicherung mit den Schwerpunkten "Rente nach
Mindesteinkommen" und "Bedarfsorientierte Mindestrente", in: WSI-Mitteilungen
2/1987, S. 75-86.
Il sistema dell’assicurazione delle rendite, con il suo principio del calcolo delle rendite in funzione del salario e
dei contributi, fa sì che in particolare le donne che, a causa dell’educazione dei figli, sono soggette solo per
breve tempo all’assicurazione, sono state impiegate per brevi periodi o hanno guadagnato poco, ricevano una
rendita che non copre il minimo esistenziale socioculturale. In seguito alla disoccupazione di massa e alla flessibilizzazione del rapporto di lavoro normale (diffusione di rapporti di lavoro flessibili e di poca entità), questa
povertà degli anziani minaccia di acuirsi ulteriormente in futuro. Un’alternativa sociopolitica che intenda eliminare efficacemente e subito la povertà degli anziani deve pertanto perseguire l’obiettivo di estendere il carattere
solidale dell’assicurazione delle rendite e di introdurre una rendita di base orientata sul fabbisogno e basata sul
livello di un’assistenza sociale migliorata.
BÄCKER, Gerhard und Jochen STEFFEN (1991): Reichtum im Westen - Armut im Osten? - Neue Gesellschaftsspaltungen machen soziale Mindestsicherung erforde rlich,
in: WSI-Mitteilungen 5/1991, S. 292-307.
La Germania unita è una società polarizzata regionalmente, una società dei due terzi. Nonostante il boom econom ico, nella Germania occidentale la “nuova povertà” ha conosciuto piuttosto un incremento, mentre nella
Germania orientale ci si deve attendere – essendo lo standard di vita e di reddito nel complesso chiaramente
diminuito – un fulmineo aumento del numero dei beneficiari di prestazioni dell’assistenza sociale. Con il trasferimento dell’intera costituzione lavorativa e sociale, sono state trasferite all’ex DDR anche le lacune e i deficit
del sistema delle assicurazioni sociali. Le lacune di questa rete sociale sono grandi e, con una disoccupazione
di massa persistente, sempre più persone saranno costrette a vivere alla soglia della povertà o al di sotto della
stessa. Tenuto conto di questo prevedibile sviluppo, gli autori suggeriscono di riprendere la discussione relativa
all’introduzione di una sicurezza minima nel sistema della sicurezza sociale. In questo contesto, essi precisano
ancora una volta il modello della sicurezza sociale minima orientata sul fabbisogno, modello sviluppato già diversi anni or sono dal WSI. Solo in questo modo sarebbe possibile far fronte in maniera socialmente sostenibile
alla difficile trasformazione economica e sociale della Germania unita.
BORNER, Silvio (1979): Die soziale Sicherung in der Schweiz - Konzeptionelle Probleme und Alternativen aus volkswirtschaftlicher Sicht, in: Wirtschaft und Recht, 31.
Jg., S. 165-177.
Borner chiede che la gestione del settore sociale, mal coordinato, costoso e poco trasparente, sia resa, già per
motivi puramente economici, più semplice, trasparente e sistematica. Egli critica in particolare la commistione,
all’interno dei programmi sociali esistenti, degli obiettivi sociali costituiti dalla distribuzione e dalla compens azione dei rischi. Ai fini della distribuzione del reddito non sarebbe necessaria alcuna assicurazione sociale,
bensì soltanto un semplice sistema di prestazioni assistenziali, che andrebbe finanziato mediante imposte progressive sul reddito. Per quanto concerne invece la compensazione sociale dei rischi, si potrebbe prescindere,
in ampia misura o del tutto, da intenti distributivi e il suo finanziamento potrebbe essere assicurato tramite adeguati premi assicurativi.
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7 Elenco bibliografico commentato
Reddito minimo garantito
BÜTTLER, Hans-Jürg (1984): Ist eine negative Einkommenssteuer auf städtischer
Ebene möglich? in: Zeitschrift für Wirtschafts- und Sozialwissenschaften, 104. Jg., 16/1984, S. 477-488.
Basandosi su un modello a due economie domestiche, l’articolo evidenzia che (1) un’imposta negativa sul reddito è la soluzione ottimale per i redditi bassi nelle città la cui sostanza fiscale consiste in imposte locali sul reddito, (2) le economie domestiche più ricche abitano più vicino al centro della città rispetto a quelle più povere e
(3) il benessere della città è maggiore quanto più è divaricata la forbice dei redditi tra le due economie domestiche.
CAIN, Glen G. and Douglas A. WISSOCKER (1987): Do Income Maintenance Programs break up Marriages? - A reevaluation of SIME-DIME, in: Focus, 4/1987, 1-15.
Gli autori analizzano con spirito critico le asserzioni secondo cui gli esperimenti sociali evidenzierebbero un
notevole aumento dei divorzi. Avvalendosi di metodi statistici migliorati, essi giungono alla conclusione che dopo 3 – 5 anni di un programma relativo a un’imposta negativa sul reddito le coppie di coniugi non presentano
tassi di divorzio significativamente più elevati rispetto alle coppie di coniugi inserite in programmi sociali norm ali.
FORTIN, Bernard, TRUCHON, Michel und Louis BEAUSÉJOUR (1993): On Reforming
the Welfare System - Workfare Meets the Negative Income Tax, in: Journal of Public
Economics 51/1993, 119-151.
Per modelli "Workfare" si intendono sistemi di sicurezza di base vincolati a un obbligo di lavorare cui sottostanno i beneficiari abili al lavoro. L’articolo confronta siffatti modelli „Workfare“ con modelli d’imposta negativa sul
reddito INR, dal punto di vista dell’efficienza e dell’equità. Il risultato principale evidenzia che i sistemi “Workfare” sono superiori ai modelli INR. Gli autori suggeriscono di combinare „Workfare“ e INR.
GEWERKSCHAFTLICHE RUNDSCHAU (1991): Nr. 6/1991, Schwerpunktheft - Zur Diskussion gestellt: Das Garantierte Mindesteinkommen.
Questo numero della collana sindacale comprende sei contributi sul reddito minimo garantito, improntati per
l’appunto all’ottica sindacale.
LEUTHY, Fritz (1991): Ist ein Recht auf Arbeit für alle einem GME nicht klar vorzuzie hen? in: Gewerkschaftliche Rundschau 6/1991, S. 179-183.
Fritz Leuthy, già segretario addetto alla politica sociale dell’Unione sindacale svizzera, ritiene che uno dei compiti principali dei sindacati sia quello di imporre miglioramenti nel settore dei salari bassi, cosa che risulterebbe
praticamente impossibile con un reddito minimo garantito. I sindacati condividono gli importanti obiettivi pers eguiti con un reddito minimo garantito (soppressione di prestazioni assistenziali discriminatorie), ma questi andrebbero realizzati all’interno delle assicurazioni sociali esistenti (assegni familiari, riconoscimento
dell’educazione dei figli ecc.).
HANESCH, Walter (1987): Eine bedarfsbezogene integrierte Grundsicherung für Arbeitslose, in: WSI-Mitteilungen 2/1987, S. 65-74.
Il contributo prende lo spunto da un’analisi della sicurezza sociale per i disoccupati, ritenuta attualmente insufficiente, e in un secondo momento compara diverse proposte per un’estensione della garanzia del reddito. La
parte principale dell’analisi consiste nell’illustrazione del modello di una sicurezza di base per disoccupati dipendente dal fabbis ogno ed integrata che si orienta su questioni o problematiche centrali. In conclusione
l’articolo discute possibili effetti esplicati sul mercato del lavoro da una sicurezza di base per disoccupati e sottolinea il legame necessario tra politica dei redditi e politica occupazionale.
122
Reddito minimo garantito
7 Elenco bibliografico commentato
HAUSER, Richard und Joachim WEEBER (1987): Probleme eines Systems bedarfsbezogener Mindestsicherung, in: WSI-Mitteilungen 5/1987, S. 290-295.
Le proposte di riforma per una sicurezza minima discusse più recentemente sono caratterizzate da una molteplicità di criteri d’impostazione differenti. In questo contributo, diverse possibilità fondamentali vengono presentate e analizzate in funzione di determinati obiettivi settoriali. Ne risulta che le proposte di riforma che divergono
fortemente dai principi d’impostazione dell’attuale sistema della sicurezza sociale devono essere valutate con
occhio critico. Il contributo offre una sinossi di proposte di riforma scelte e in parte discusse approfonditamente.
JOHNSON, Terry R. und John P. PENCAVEL (1982): Forecasting the Effects of a
Negative Income Tax Program, in: Industrial and Labor Relations Review, Vol. 35,
2/1982.
L’articolo sviluppa un modello con il quale è possibile calcolare gli effetti di un’imposta negativa sul reddito INR
sull’offerta di lavoro degli uomini coniugati, delle donne coniugate e di quelle singole. Per l’impostazione del
modello gli autori si basano su dati provenienti dagli esperimenti di Denver e Seattle. Riduzioni significative
dell’offerta di lavoro sono rilevate soprattutto nel caso delle donne coniugate.
KEELY, Michael G.; ROBINS, Philip K.; SPIEGELMAN , Robert G. and Richard W.
WEST (1978): The Labor-Supply Effects an Costs of Alternative Negative Income Tax
Programs, in: The Journal of Human Ressources, Vol VIII(I), 3-36.
In questo studio vengono fra l’altro considerati i costi netti derivanti da un’imposta negativa sul reddito che è
destinata a sostituire, su tutto il territorio degli Stati Uniti, il programma per le madri dipendenti dall’assistenza
sociale e il programma "Food Stamps" (relativo alle marche dei generi alimentari). La variante finanziariamente
più onerosa (aliquota fiscale pari al 50 per cento, garanzia di base = soglia di povertà = 5000 dollari americani
all’anno per una famiglia di quattro persone nel 1974) comporterebbe costi per 30 miliardi di dollari americani.
Vi parteciperebbero circa il 39 per cento di tutte le famiglie biparentali e il 73 per cento di tutte le madri che educano da sole i propri figli. Nel caso più economico (aliquota fiscale pari al 70 per cento, garanzia di base =
metà della soglia di povertà) si risparmierebbero per contro 3,9 miliardi di dollari americani (rispetto agli attuali
programmi sociali). A questa variante parteciperebbero soltanto il 3 per cento delle famiglie biparentali e il 41
per cento delle famiglie monoparentali.
McGOVERN, George (1972): On Taxing and Redistributing Income, in: New York Review of Books, Vol. 18.
Nel 1972, quando era candidato del Partito democratico alla carica di presidente degli Stati Uniti, McGovern si
era impegnato a favore di una riforma fiscale radicale, proponendo l’introduzione di un dividendo sociale. In
questo articolo, l’autore propone, ispirandosi a Tobin, il versamento di 1000 dollari a persona all’anno (indipendentemente dall’età e dalle dimensioni dell’economia domestica).
MEINHARD, Volker; Teichmann, Dieter und Gert Wagner (1994): «Bürgergeld»: Kein
sozial- und arbeitsmarktpolitischer deus ex machina, in: WSI-Mitteilungen 10/1994,
S. 624-635.
Attualmente sono in molti a elogiare un “Bürgergeld” (“denaro dei cittadini”) quale soluzione ai problemi di politica sociale e del mercato del lavoro della Repubblica federale tedesca. Considerato più da vicino, il modello
relativo a un’imposta negativa sul reddito perde tuttavia l’eleganza formale che lo caratterizza in teoria. Il coordinamento fra minimo esistenziale, tasso di computo per i redditi da lavoro dei beneficiari di prestazioni
dell’assistenza sociale e importi di base esentati dalle imposte pone considerevoli problemi nella prassi, che
diventano ancora più grandi se si considera anche lo splitting fra coniugi. O si accettano immense perdite fiscali
o il “minimo esistenziale” deve essere portato a un importo talmente basso da non permettere più di condurre
una vita dignitosa. In fin dei conti, con un “Bürgergeld” si produrrebbero per le finanze pubbliche, a seconda
della variante attuata, costi per un ammontare situabile tra i 65 e i 173 miliardi di DM. Considerando tutti gli a-
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7 Elenco bibliografico commentato
Reddito minimo garantito
spetti legati al bisogno individuale e il fatto che le prestazioni verrebbero pagate mensilmente, l’onere amministrativo sarà verosimilmente maggiore.
MOFFITT, Robert A. (1981): The Negative Income Tax: Would it discourage Work, in:
Monthly Labor Review, 4/1981, 23-27.
L’articolo analizza i cambiamenti dell’offerta di lavoro per quanto riguarda gli esperimenti sociali effettuati negli
Stati Uniti.
NIGGLI, Peter (1992): "Krise des Sozialstaats" und garantiertes Mindesteinkommen,
in: Widerspruch 23/1992 (Krise der sozialen Armut - Sozialpolitik), Zürich, S. 41-54.
Niggli discute criticamente l’idea di riconquistare la piena occupazione mediante una riduzione del tempo di
lavoro. Egli si dice invece favorevole a un reddito minimo garantito. Riguardo alle critiche mosse al reddito minimo garantito, l’autore afferma che esse condurrebbero a una società dei due terzi, che si produrrebbe in generale un “disarmo del lavoro salariato” e che le biografie lavorative diverrebbero più discontinue e più variate.
Alla critica femminista secondo cui il reddito minimo garantito non considererebbe i pregiudizi strutturali subiti
dalle donne nel mercato del lavoro, l’autore risponde delineando provvedimenti che integrano il reddito minimo
garantito dal punto di vista della parità dei diritti (disciplinamento dei rapporti di lavoro parziale nei contratti collettivi di lavoro, aumento sistematico dei gruppi di salari bassi ecc.).
OFFE, Klaus (1994): Vollbeschäftigung? - Zur Kritik einer falsch gestellten Frage, in:
Gewerkschaftliche Monatshefte 12/1994, 796-806.
L’obiettivo della piena occupazione è illusorio. Tuttavia, considerato che nessuno ha il diritto di escludere a lunga scadenza interi segmenti di popolazione dal lavoro retribuito, appare urgentemente necessario riflettere su
nuovi modelli di sicurezza sociale di base finanziati da coloro che rinunciano volontariamente al loro “diritto al
lavoro”.
PRINZ, Aloys (1989): Wie beeinflussen Grundeinkommenssysteme das Arbeitsangebot? in: Konjunkturpolitik, 35. Jg., Heft 1-2/1989.
L’articolo analizza quali strumenti siano più idonei a raggiungere l’obiettivo della sicurezza minima: assistenza
sociale, imposta negativa sul reddito o prestazioni assistenziali forfetarie. Il criterio determinante utilizzato in
questo contesto è costituito dall’influsso sull’offerta di lavoro. Quale strumento migliore si rivelano in ampi settori le prestazioni assistenziali forfetarie con “tacche” nel settore assistenziale (“notch transfer”). A determinate
condizioni, simili prestazioni assistenziali possono anche esplicare effetti positivi per il volume occupazionale
nell’ambito dei salari bassi del settore dei servizi.
ROBERTS, Charles C. (1987): Ein menschenwürdiges Einkommen für Niedrigverdienende - Der Beitrag des Steuer- und Transfe rsystems, in: WSI-Mitteilungen 2/1987,
87-93.
In questo contributo viene analizzato come si presenta l’onere di imposte e tasse per le economie domestiche
di lavoratori con redditi lordi che si aggirano attorno al diritto all’assistenza sociale specifico delle economie
domestiche. L’autore rileva che questo onere spinge il reddito netto dell’economia domestica al di sotto del livello dell’assistenza sociale, anche se si considerano gli assegni per i figli e per l’abitazione. Roberts ne conclude che una riforma fiscale che meriti questo nome dovrebbe impegnarsi a fare in modo che per queste economie domestiche l’onere costituito da imposte e tasse venga nettamente ridotto o persino eliminato.
ROBINS, Philip K. (1985): A Comparison of the Labor Supply Findings from the four
Negative Income Tax Experiments, in: The Journal of Human Ressources, 20. Jg.,
567-582.
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Reddito minimo garantito
7 Elenco bibliografico commentato
L’articolo valuta i quattro esperimenti relativi all’imposta negativa sul reddito effettuati negli Stati Uniti, esam inando i cambiamenti intervenuti di conseguenza nell’offerta di lavoro. I risultati conseguiti in questo contesto
sono sorprendentemente stabili. Infatti, in media gli uomini adulti riducono il tempo di lavoro del periodo corrispondente a due settimane di lavoro a tempo pieno, le donne adulte di tre e i giovani di quattro.
ROSSI, Martino (1991b): Garantiertes Mindesteinkommen und Gewerkschaftspolitik,
in: Gewerkschaftliche Rundschau, 83. Jg., 6/1991.
Rossi collega il suo sostegno all’introduzione di un reddito minimo garantito con riflessioni sullo sviluppo del
futuro mondo del lavoro. Il reddito minimo garantito non deve costituire soltanto un nuovo provvedimento di
politica sociale in senso stretto, bensì rappresentare anche, conformemente al pensiero di Gorz, un mezzo per
liberare vieppiù l’uomo dal lavoro.
SCHARPF, Fritz W. (1993): Von der Finanzierung der Arbeitslosigkeit zur Subventionierung niedriger Erwerbseinkommen, in: Gewerkschaftliche Monatshefte 7/1993,
433-443.
Il sovvenzionamento dei redditi da lavoro bassi al posto dell’attuale sistema del finanziamento della disoccupazione a tempo pieno, con l’ausilio di prestazioni sostitutive del salario e dell’assistenza sociale, non solo garantirebbe una maggiore giustizia sociale, ma offrirebbe altresì ai disoccupati di lunga durata l’opportunità di reintegrarsi nel sistema occupazionale.
SCHNEIDER, Markus (1990): Und wer nicht arbeitet, verdient sein Geld trotzdem Der Staat soll jedem Mann und jeder Frau 1500 Fr. im Monat garantieren; Ein Plädoyer für das Recht auf Einkommen, in: Weltwoche vom 13.9.90
Schneider si dichiara favorevole all’introduzione di un’imposta negativa sul reddito con un importo di base di
1500 franchi e un’aliquota dell’imposta negativa del 40 per cento circa. Una siffatta imposta negativa sul reddito
dovrebbe sostituire l’attuale sistema della sicurezza sociale. Pur prevedendo spese comparabili (circa 46 miliardi di franchi), l’obiettivo della sicurezza di base potrebbe essere raggiunto in maniera molto più efficiente.
TOBIN, James (1966): The Case for an Income Guarantee, in: Public Interest, 4/1966,
New York, S. 31-41.
Tobin sostiene l’introduzione di un’imposta negativa sul reddito da un punto di vista keynesiano.
TSCHUDI, Hans Peter (1990): Soziale Sicherheit - Bekämpfung der Armut, in: Schweizerische Zeitschrift für Sozialversicherungen und berufliche Vorsorge, S. 1-15.
Tschudi caldeggia l’idea di una riforma dell’assistenza sociale. A questo scopo dovrebbe essere sancito a livello costituzionale un diritto fondamentale alla garanzia del fabbisogno esistenziale. Ciò consentirebbe agli interessati, se necessario, di far valere il loro diritto adendo le vie legali.
WEEBER, Joachim (1992): Vermindert die bestehende Sozialhilfe das Arbeitsangebot? in: Konjunkturpolitik, 38. Jg., 2/1992.
L’articolo evidenzia, avvalendosi di considerazioni microeconomiche, che la diffusa opinione secondo cui le
prestazioni assistenziali (e qui in particolare l’assistenza sociale) riducono l’offerta di lavoro trova solo parzialmente riscontro nella realtà. La realtà è piuttosto che, a seconda dei casi, l’assetto concreto delle prestazioni
sociali può addirittura produrre un ampliamento della prestazione lavorativa offerta. Ciò viene mostrato, a titolo
esemplificativo, a proposito di una sicurezza minima destinata all’intera popolazione.
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7 Elenco bibliografico commentato
Reddito minimo garantito
WELZMÜLLER, Rudolf (1987): Sicherung des individuellen Lebensunterhalts durch
Arbeitseinkommen, in: WSI-Mitteilungen 2/1987, S. 94-106.
I redditi derivanti da un’attività lucrativa rappresentano la principale fonte di reddito per assicurare il sostentamento individuale. In particolare coloro che percepiscono redditi da lavoro bassi sono esposti a pericoli e rischi
collegati alla mera garanzia del reddito. I redditi da lavoro bassi non sono soltanto un retaggio di strutture vetuste, ma si ritrovano anche proprio nei settori più recenti. A ciò si aggiunge il fatto che con il nascere di molteplici
forme di condizioni occupazionali instabili cresce anche l’importanza dei redditi da lavoro infimi. La politica
dell’abolizione dei redditi da lavoro bassi deve pertanto orientarsi tanto sui provvedimenti legati alla politica della struttura salariale e alla politica fiscale, quanto sull’imposizione di standard relativi al diritto del lavoro e al
tempo di lavoro.
WENZEL, Gerd (1987): Soziale Grundsicherung und familienrechtlicher Unterhaltungsanspruch, in: WSI-Mitteilungen 2/1987, Seiten 114-125.
In questo contributo viene illustrata la combinazione di normative inerenti al diritto del mantenimento e di una
sicurezza sociale di base integrata nell’assicurazione contro la disoccupazione e nell’assicurazione delle rendite. L’autore descrive l’insufficiente coordinamento tra questi due settori normativi, già oggi esistente, e le relative conseguenze. Egli propone soluzioni per evitare in futuro simili problemi di coordinamento. Sarà in particolare necessario limitare gli obblighi di mantenimento, nel quadro della sicurezza sociale di base, al nucleo familiare più stretto, vale a dire ai coniugi tra di loro ed ai genitori nei confronti dei figli minorenni.
WSI (1987b): WSI-Mitteilungen 2/87, Schwerpunktheft: Die soziale Grundsicherung
neu gestalten, Düsseldorf.
Il fascicolo comprende diversi contributi che si occupano, nell’ottica della sicurezza di base dipendente dal fabbis ogno, dei possibili passi di riforma in direzione della sicurezza sociale di base.
ZWICKY, Heinrich (1992): Die neuen Selbständigen, in: Widerspruch 23/1992 (Krise
der sozialen Armut - Sozialpolitik), Zürich, S. 55-68.
Zwicky analizza gli effetti esplicati da un reddito minimo garantito sugli indipendenti. Per gli indipendenti in
condizioni precarie (relativamente numerosi), la sicurezza sociale limitata costituisce un problema centrale.
L’effetto principale di un reddito minimo garantito potrebbe essere lo sganciamento delle prestazioni delle assicurazioni sociali dal lavoro salariato, cosa che agevolerebbe il passaggio tra attività lucrativa dipendente e attività lucrativa indipendente. Un reddito minimo garantito dovrebbe essere impostato in modo tale da aumentare
l’autonomia e la libera scelta sul mercato del lavoro, senza minare l’attuale livello della sicurezza sociale.
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Reddito minimo garantito
8 Elenco bibliografico non commentato
8 Elenco bibliografico non commentato
8.1
Fonti d’informazioni su Internet
BASIC INCOME EUROPEAN NETWORK (BIEN): http://www.etes.ucl.ac.be/BIEN/bien.html
ASSOCIATION ROMANDE ET TESSINOISE DES INSTITUTIONS D’ACTION SOCIALE (ARTIAS):
www.socialinfo.ch
Sito Internet con link sulla politica sociale in singoli Cantoni, ma anche nell’UE. Vi è pure un link a:
www.guidesocial.ch
Raccolta di leggi e documenti sulla politica sociale, prevalentemente della Svizzera romanda (con motore
di ricerca).
MISSOC (Mutual Information System on Social Protection in the Community):
http://europa.eu.int/comm/employment_social/missoc2001/index_de.htm
Servizio della Commissione europea.
SOZIALE SICHERHEIT WELTWEIT (SSW): www.issa.int/ssw
Banca dati dell’Associazione internazionale della sicurezza sociale, con brevi descrizioni dei sistemi della
sicurezza sociale, le riforme più recenti, rinvii a legislazioni, riferimenti bibliografici (con motore di ricerca).
8.2
Progetti di ricerca in corso in Svizzera
DA CUNHA, Antonio (Leitung): Analyse comparative des politiques sociales cantonales de lutte contre la précarité et de prévention de l’exclusion: l’éfficacité des mes ures d’insertion, Université de Neuchâtel, NFP 45
«Probleme des Sozialstaats».
MÜLLER, Tobias (Leitung): Alternative Forms of Social Security and their Effects on Employment and Welfare,
Université de Genève, NFP 45 «Probleme des Sozialstaats».
8.3
Letteratura successiva al 1995
ACHTENBERG, Wouter (1999): From Sustainability to Basic Income, in: Michael KENNY & James
MEADOWCROFT (eds.): Planning Sustainability, London & New York (Macmillan), 128-147.
ACKERMANN, Bruce; ALSTOTT, Anne (1999): The Stakeholder Society, New Haven & London (Yale University Press).
ALBELDA, Randy (2001): Welfare-to-Work, Farewell to Families? US Welfare Reform and Work / Family Debates, in: Feminist Economics, 7 (1), March 2001, 119-135.
ALSTOTT, Anne L. (1999): Work vs. Freedom: A Liberal Challenge to Employment Subsidies, in: Yale Law
Journal, 108 (5), March 1999, 967-1058.
ASTIER, Isabelle (1997): Revenu minimum et souci d’insertion, Paris.
ATKINSON, Anthony B. (1995): Public Economics in Action, The Basic Income/Flat Tax Proposal, Oxford
(Clarendon Press).
BÄCKER, Gerhard; HANESCH, Walter (1997): Kombi-Lohn: Kein Schlüssel zur Abbau der Arbeitslosigkeit! in:
WSI-Mitteilungen 10/1007, S. 701-712.
BARR, Nicholas (1998): The Economics of the Welfare State, Third Ed., Oxford (Oxford University Press).
BAUER, Tobias (2001): Modelle gegen Familienarmut unter der Lupe: Bilanz und Input für die Umsetzung, in:
Sozialdepartement der Stadt Zürich, Departement Soziales der Stadt Winterthur (Hg.): Armutsrisiko Fam ilie! Referate, Zusammenfassungen und Hintergrundberichte zur Tagung vom 7. Mai 2001, Zürich, S. 2935.
BAUER, Tobias; STREULI, Elisa (2000): Modelle des Ausgleichs von Familienlasten. Eine datengestützte Analyse für die Schweiz, Im Auftrag der Eidgenössischen Koordinationskommission für Familienfragen EKFF,
Bern.
BAUER, Tobias (1997): Kinder, Zeit und Geld, Eine Analyse der durch Kinder bewirkten finanziellen und zeitlichen Belastungen von Familien und der staatlichen Unterstützungsleistungen in der Schweiz Mitte der
neunziger Jahre, Studie im Auftrag der Zentralstelle für Familienfragen des Bundesamtes für Sozialvers icherung, Bern.
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8 Elenco bibliografico non commentato
Reddito minimo garantito
BAUER, TOBIAS; WYSS, URSULA (1997): Sozialhilfe zwischen Sozialabbau und Grundrecht – eine Analyse
zu den Voraussetzungen für die materielle Durchsetzung des Grundrechts auf soziale Existenzsicherung,
Studie im Auftrag der Sozialdemokratischen Fraktion der Eidgenössischen Räte, Bern.
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Schütz, Stefan et al. (1998): Neue Formen der Krankenversicherung: Versicherte, Leistungen, Prämien
7/98 und Kosten. Ergebnisse der Administrativdatenuntersuchung, 1. Teil.
318.010.7/98d
Känzig, Herbert et al. (1998): Neue Formen der Krankenversicherung: Alters- und Kostenverteilungen im
8/98 Vergleich zu der traditionellen Versicherung. Ergebnisse der Administrativdatenuntersuchung, 2. Teil.
318.010.8/98d
Sottas, Gabriel et al. (1998): Données administratives de l'assurance-maladie: Analyse de qualité,
9/98 statistique élémentaire et base pour les exploitations.
318.010.9/98f
Greppi, Spartaco, Rossel, Raymond, Strüwe, Wolfram (1998): Der Einfluss des neuen Krankenver15/98 sicherungsgesetzes auf die Finanzierung des Gesundheitswesens.
318.010.15/98d
Greppi, Spartaco; Rossel, Raymond; Strüwe, Wolfram (1998): Les effets de la nouvelle loi sur
15/98 l’assurance-maladie dans le financement du système de santé.
318.010.15/98f
21/98 Balthasar, Andreas (1998): Die sozialpolitische Wirksamkeit der Prämienverbilligung in den Kantonen.
318.010.21/98d
21/98 Balthasar, Andreas (1998): Efficacité sociopolitique de la réduction de primes dans les cantons.
318.010.21/98f
1/99 Spycher, Stefan (1999): Wirkungsanalyse des Risikoausgleichs in der Krankenversicherung.
318.010.1/99d
2/99 dito Kurzfassung von Nr. 1/99.
318.010.2/99d
2/99 dito Condensé du no 1/99.
318.010.2/99f
Institut de santé et d’économie ISE en collaboration avec l’Institut du Droit de la Santé IDS (1999): Un
3/99 carnet de santé en Suisse? Etude d’opportunité.
318.010.3/99f
Faisst, Karin; Schilling, Julian (1999): Inhaltsanalyse von Anfragen bei PatientInnen- und Versicherten4/99 organisationen.
10/99 Faisst, Karin; Schilling, Julian (1999): Qualitätssicherung – Bestandesaufnahme.
318.010.4/99d
318.010.10/99d
Spycher, Stefan (2000): Reform des Risikoausgleichs in der Krankenversicherung? Studie 2: Empirische
3/00 Prüfung von Vorschlägen zur Optimierung der heutigen Ausgestaltung.
318.010.3/00d
Stürmer, Wilhelmine; Wendland, Daniela; Braun, Ulrike (2000): Veränderungen im Bereich der
4/00 Zusatzversicherung aufgrund des KVG.
318.010.4/00d
Greppi, Spartaco; Ritzmann, Heiner; Rossel, Raymond; Siffert, Nicolas (2000): Analyse der Auswirkungen
5/00 des KVG auf die Finanzierung des Gesundheitswesens und anderer Systeme der sozialen Sicherheit.
318.010.5/00d
Greppi, Spartaco; Ritzmann, Heiner; Rossel, Raymond; Siffert, Nicolas (2000): Analyse des effets de la
5/00 LAMal dans le financement du système de santé et d'autres régimes de protection sociale.
318.010.5/00f
Bundesamt für Sozialversicherung (2000): Arbeitstagung des Eidg. Departement des Innern:
Massnahmen des KVG zur Kostendämpfung / La LAMal, instrument de maîtrise des coûts / Misure della
6/00 LAMal per il contenimento dei costi.
318.010.6/00d
7/00 Hammer, Stephan (2000): Auswirkungen des KVG im Tarifbereich.
318.010.7/00d
Spycher, Stefan; Leu, Robert E. (2000): Finanzierungsalternativen in der obligatorischen Kranken11/00 pflegeversicherung.
318.010.11/00d
Polikowski, Marc; Lauffer, Régine; Renard, Delphine; Santos-Eggimann, Brigitte (2000): Analyse des
effets de la LAMal: Le «catalogue des prestations» est-il suffisant pour que tous accèdent à des soins de
12/00 qualité?
318.010.12/00f
Ayer, Ariane; Despland, Béatrice; Sprumont, Dominique (2000): Analyse juridique des effets de la LAMal:
14/00 Catalogue des prestations et procédures.
318.010.14/00f
Baur, Rita; Braun, Ulrike (2000): Bestandsaufnahme besonderer Versicherungsformen in der
15/00 obligatorischen Krankenversicherung.
318.010.15/00d
Balthasar, Andreas (2001): Die Sozialpolitische Wirksamkeit der Prämienverbilligung in den Kantonen:
2/01 Monitoring 2000.
318.010.2/01d
2/01 Balthasar, Andreas (2001): Efficacité sociopolitique de la réduction de primes dans les cantons.
318.010.2/01f
Peters, Matthias; Müller, Verena; Luthiger, Philipp (2001): Auswirkungen des Krankenversicherungs3/01 gesetzes auf die Versicherten.
318.010.3/01d
4/01 Baur, Rita; Heimer, Andreas (2001): Wirkungsanalyse KVG: Information der Versicherten.
318.010.4/01d
Balthasar, Andreas; Bieri, Oliver; Furrer, Cornelia (2001): Evaluation des Vollzugs der
5/01 Prämienverbilligung.
318.010.5/01d
Balthasar, Andreas; Bieri, Oliver; Furrer, Cornelia (2001): Evaluation de l’application de la réduction de
5/01 primes.
318.010.5/01f
Hammer, Stephan; Pulli, Raffael; Iten, Rolf; Eggimann, Jean-Claude (2001): Auswirkungen des KVG auf
6/01 die Versicherer.
318.010.6/01d
Bundesamt für Sozialversicherung (2001): Persönlichkeitsschutz in der sozialen und privaten Kranken7/01 und Unfallversicherung (Expertenbericht).
318.010.7/01d
Office fédéral des assurances sociales (2001): Protection de la personnalité dans l’assurance-maladie et
7/01 accidents sociale et privée (Rapport d’experts).
318.010.7/01f
Hammer, Stephan; Pulli, Raffael; Schmidt, Nicolas; Iten, Rolf; Eggimann, Jean-Claude (2001):
8/01 Auswirkungen des KVG auf die Leistungserbringer.
318.010.8/01d
Battaglia, Markus; Junker, Christoph (2001): Auswirkungen der Aufnahme von präventiv-medizinischen
9/01 Leistungen in den Pflichtleistungskatalog, Teilbericht Impfungen im Schulalter.
318.010.9/01d
Sager, Fritz; Rüefli, Christian; Vatter, Adrian (2001): Auswirkungen der Aufnahme von präventivmedizinischen Leistungen in den Pflichtleistungskatalog. Politologische Analyse auf der Grundlage von
10/01 drei Fallbeispielen.
318.010.10/01d
Faisst, Karin; Fischer, Susanne; Schilling, Julian (2001): Monitoring 2000 von Anfragen an PatientInnen11/01 und Versichertenorganisationen.
318.010.11/01d
Hornung, Daniel; Röthlisberger, Thomas; Stiefel, Adrian (2001): Praxis der Versicherer bei der Vergütung
12/01 von Leistungen nach KVG.
318.010.12/01d
Haari, Roland; Schilling, Karl (2001): Kosten neuer Leistungen im KVG. Folgerungen aus der Analyse der
13/01 Anträge für neue Leistungen und Unterlagen des BSV aus den Jahren 1996-1998.
318.010.13/01d
Rüefli, Christian; Vatter, Adrian (2001): Kostendifferenzen im Gesundheitswesen zwischen den Kantonen.
14/01 Statistische Analyse kantonaler Indikatoren.
318.010.14/01d
Rüefli, Christian; Vatter, Adrian (2001): Les différences intercantonales en matière de coûts de la santé.
14/01 Analyse statistique d’indicateurs cantonaux.
318.010.14/01f
Haari, Roland et al. (2001): Kostendifferenzen zwischen den Kantonen. Sozialwissenschaftliche Analyse
15/01 kantonaler Politiken.
318.010.15/01d
16/01 Bundesamt für Sozialversicherung (2001): Wirkungsanalyse KVG, Synthesebericht.
318.010.16/01d
16/01 Office fédéral des assurances sociales (2001): Analyse des effets de la LAMal, Rapport de synthèse.
318.010.16/01f
Zellweger, Ueli; Faisst, Karin (2002): Monitoring 2001 von Anfragen an PatientInnen- und Versicherten2/02 organisationen.
318.010.2/02d
Matenza, Guido et al. (2002): Stationen im Prozess der Anerkennung der psychologischen
3/02 Psychotherapie.
318.010.3/02d
14/03 Schönenberger, Urs; Sestetti, Gilberto (2003): Telemedizinische Verfahren: Auf dem Weg zum Standard
318.010.14/03d
Schönenberger, Urs; Bestetti, Gilberto (2003): Les procédés de télémedecine: sur la voie de la
14/03 standardisation.
318.010.14/03f
18/03 Gualtierotti, Antoine (2003): Exploitation de la base de données de la LAMal : rapport relatif à un mandat..
318.010.18/03f
Spycher, Stefan (2003): Risikoausgleich und Poollösungen (Grossrisikopool) in der obligatorischen
19/03 Krankenversicherung.
318.010.19/03d
Spycher, Stefan (2003): Compensation des risques et pools possibles (Pools de hauts risques) dans
19/03 l’assurance-maladie obligatoire.
318.010.19/03f
Balthasar, Andreas (2003): Die sozialpolitische Wirksamkeit der Prämienverbilligung in den Kantonen.
20/03 Monitoring 2002.
318.010.20/03d
Invalidità / handicap
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Bachmann, Ruth; Furrer, Cornelia (1999): Die ärztliche Beurteilung und ihre Bedeutung im Entscheid6/99 verfahren über einen Rentenanspruch in der Eidg. Invalidenversicherung.
318.010.6/99d
Prinz, Christopher (1999): Invalidenversicherung: Europäische Entwicklungstendenzen zur Invalidität im
7/99 Erwerbsalter. Band 1 (Vergleichende Synthese).
318.010.7/99d
Prinz, Christopher (1999): Invalidenversicherung: Europäische Entwicklungstendenzen zur Invalidität im
8/99 Erwerbsalter. Band 2 (Länderprofile).
318.010.8/99d
Aarts, Leo; de Jong, Philipp; Prinz, Christopher (2000): Determinanten der Inanspruchnahme einer
10/00 Invalidenrente – Eine Literaturstudie.
318.010.10/00d
Assicurazione per la vecchiaia / previdenza professionale
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Bender, André; Favarger, M. Philippe; Hoesli, Martin (1994): Evaluation des biens immobiliers dans les
2/94 institutions de prévoyance.
318.010.2/94f
Wüest, Hannes; Hofer, Martin; Schweizer, Markus (1994): Wohneigentumsförderung – Bericht über die
3/94 Auswirkungen der Wohneigentumsförderung mit den Mitteln der beruflichen Vorsorge.
318.010.3/94d
1/95 van Dam, Jacob; Schmid, Hans (1995): Insolvenzversicherung in der beruflichen Vorsorge.
318.010.1/95d
Bundesamt für Sozialversicherung (1996): Berufliche Vorsorge: Neue Rechnungslegungs- und Anlage3/96 vorschriften. Regelung des Einsatzes der derivativen Finanzinstrumente.
318.010.3/96d
Office fédéral des assurances sociales (1996): Prévoyance professionnelle: Nouvelles prescriptions en
matière d’établissement des comtes et de placements. Réglementation concernant l’utilisation des
3/96 instruments financiers dérivés.
318.010.3/96f
Ufficio federale delle assicurazioni sociali (1996): Previdenza professionale : Nuove prescrizioni in
materia di rendiconto e di investimenti. Regolamentazione concernente l’impiego di strumenti finanziari
3/96 derivati.
318.010.3/96i
Wechsler, Martin; Savioz, Martin (1996): Umverteilung zwischen den Generationen in der Sozial4/96 versicherung und im Gesundheitswesen.
318.010.4/96d
Infras (1997): Festsetzung der Renten beim Altersrücktritt und ihre Anpassung an die wirtschaftliche
2/97 Entwicklung. Überblick über die Regelungen in der EU.
318.010.2/97d
Spycher, Stefan (1998): Auswirkungen von Leistungsveränderungen bei der Witwenrente. Im Auftrag der
12/98 IDA FiSo 2.
318.010.12/98d
Bundesamt für Sozialversicherung (1998): Forum 1998 über das Rentenalter / sur l’âge de la retraite
16/98 (Tagungsband).
318.010.16/98df
18/98 Koller, Thomas (1998): Begünstigtenordnung in der zweiten und dritten Säule (Gutachten).
318.010.18/98d
18/98 Koller, Thomas (1998): L’ordre des bénéficiaires des deuxième et troisième piliers (Expertise).
318.010.18/98f
19/98 INFRAS (1998): Mikroökonomische Effekte der 1. BVG-Revision. (vergriffen)
19/98 INFRAS (1998): Effets microéconomiques de la 1re révision de la LPP. Rapport final.
318.010.19/98d
318.010.19/98f
20/98 KOF/ETHZ (1998): Makroökonomische Effekte der 1. BVG-Revision. Schlussbericht.
318.010.20/98d
20/98 KOF/ETHZ (1998): Effets macroéconomiques de la 1re révision de la LPP. Rapport final.
318.010.20/98f
2/00 PRASA (2000): Freie Wahl der Pensionskasse: Teilbericht.
318.010.2/00d
Schneider, Jacques-André (2000) : A-propos des normes comptables IAS 19 et FER/RPC 16 e de la
9/00 prévoyance professionnelle en suisse (Expertise).
318.010.9/00f
Gognalons-Nicolet, Maryvonne; Le Goff, Jean-Marie (2001): Retraits anticipés du marché du travail avant
1/01 l’âge AVS: un défi pour les politiques de retraite en Suisse.
318.010.1/01f
Bundesamt für Sozialversicherung (2001) : Zwei Berichte zum Thema Minimalzinsvorschriften für
Vorsorgeeinrichtungen. Hauptbericht: Über die Möglichkeit, bei den Minimalzinsvorschriften für
Vorsorgeeinrichtungen auf Real- statt Nominalzinsen abzustellen. Ergänzender Bericht: Über den Aspekt
17/01 der Lebensversicherer im Problemkreis Minimalzinsvorschriften gemäss BVG.
318.010.17/01d
Office fédéral des assurances sociales (2001): Deux rapports sur le thème prescriptions de taux
minimaux pour les institutions de prévoyance. Rapport principal : sur la possibilité de se fonder sur les
taux d’intérêts réels et non sur les taux nominaux pour fixer les prescriptions de taux minimaux pour les
institutions de prévoyance. Rapport complémentaire : sur l’aspect de la problématique de la
17/01 réglementation du taux d’intérêts minimal LPP du point de vue des assureurs-vie.
318.010.17/01f
Antille Gaillard, Gabrielle; Bilger, Marcel; Candolfi, Pascal; Chaze, Jean-Paul; Flückiger, Yves (2003):
1/03 Analyse des déterminants individuels et institutionnels du départ anticipé à la retraite. (IDA ForAlt)
318.010.1/03f
Balthasar, Andreas; Bieri, Olivier; Grau, Peter; Künzi, Kilian; Guggisberg Jürg (2003): Der Übergang in
2/03 den Ruhestand - Wege, Einflussfaktoren und Konsequenzen. (IDA ForAlt)
318.010.2/03d
Balthasar, Andreas; Bieri, Olivier; Grau, Peter; Künzi, Kilian; Guggisberg Jürg (2003): Le passage à la
2/03 retraite: trajectoires, facteurs d’influence et conséquences. (IDA ForAlt)
318.010.2/03f
Bonoli, Giuliano; Gay-des-Combes, Benoît (2003): L’évolution des prestations vieillesse dans le long
3/03 terme: une simulation prospective de la couverture retraite à l’horizon 2040. (IDA ForAlt)
318.010.3/03f
Jans, Armin; Hammer, Stefan; Graf, Silvio; Iten Rolf; Maag, Ueli; Schmidt, Nicolas; Weiss Sampietro,
4/03 Thea (2003): Betriebliche Alterspolitik – Praxis in den Neunziger Jahren und Perspektiven. (IDA ForAlt)
318.010.4/03d
Graf, Silvio; Jans, Armin; Weiss Sampietro, Thea (2003): Betriebliche Alterspolitik – Unternehmens- und
4/03.1 Personenbefragung. Beilageband I. (IDA ForAlt)
318.010.4/03.1d
Hammer, Stefan; Maag, Ueli; Schmidt, Nicolas (2003): Betriebliche Alterspolitik – Fallstudien.
4/03.2 Beilageband II. (IDA ForAlt)
318.010.4/03.2d
Fux, Beat (2003): Entwicklung des Potentials erhöhter Arbeitsmarktpartizipation von Frauen nach
5/03 Massgabe von Prognosen über die Haushalts- und Familienstrukturen. (IDA ForAlt)
318.010.5/03d
Baumgartner, Doris A. (2003): Frauen in mittleren Erwerbsalter. Eine Studie über das Potenzial erhöhter
6/03 Arbeitsmarktpartizipation von Frauen zwischen 40 und 65. (IDA ForAlt)
318.010.6/03d
Wanner, Philippe; Gabadinho, Alexis; Ferrari, Antonella (2003): La participation des femmes au marché
7/03 du travail. (IDA ForAlt)
318.010.7/03f
Wanner, Philippe; Stuckelberger, Astrid; Gabadinho, Alexis (2003): Facteurs individuels motivant le
8/03 calendrier du départ à la retraite des hommes âgés de plus de 50 ans en Suisse. (IDA ForAlt)
318.010.8/03f
Widmer, Rolf; Mühleisen, Sybille; Falta, Roman, P.; Schmid, Hans (2003): Bestandesaufnahme und
9/03 Interaktionen institutioneller Regelungen beim Rentenantritt. (IDA ForAlt)
318.010.9/03d
10/03 Schluep, Kurt (2003): Finanzierungsbedarf in der AHV (inkl. EL). (IDA ForAlt)
318.010.10/03d
10/03 Schluep, Kurt (2003): Besoins de financement de l’AVS (PC comprises). (IDA ForAlt)
318.010.10/03f
Müller, André; van Nieuwkoop, Renger; Lieb, Christoph (2003): Analyse der Finanzierungsquellen für die
11/03 AHV. SWISSOLG – ein Overlapping Generations Model für die Schweiz. (IDA ForAlt)
318.010.11/03d
Abrahamsen, Yngve; Hartwig, Jochen (2003): Volkswirtschaftliche Auswirkungen verschiedener
Demographieszenarien und Varianten zur langfristigen Finanzierung der Alterssicherung in der Schweiz.
12/03 (IDA ForAlt)
318.010.12/03d
Interdepartementale Arbeitsgruppe (2003): Synthesebericht zum Forschungsprogramm zur länger13/03 fristigen Zukunft der Alterssicherung. (IDA ForAlt)
318.010.13/03d
Groupe de travail interdépartemental (2003): Rapport de synthèse du Programme de recherche sur
13/03 l’avenir à long terme de la prévoyance vieillesse. (IDA ForAlt)
318.010.13/03f
Gruppo di lavoro interdipartimentale (2003): Rapporto di sintesi del Programma di ricerca sul futuro a
13/03 lungo termine della previdenza per la vecchiaia.(IDA ForAlt)
318.010.13/03i
16/03 Sterchi, Beat; Pfister; Simon (2003): Wirkungsanalyse des Freizügigkeitsgesetzes FZG
318.010.16/03d
16/03 Sterchi, Beat; Pfister; Simon (2003): Analyse des effets de la loi sur le libre passage (LFLP)
318.010.16/03f
Hornung, Daniel; Röthlisberger, Thomas; Gurtner, Rolf; Kläger, Paul (2003): Wirkungsanalyse der
17/03 Wohneigentumsförderung mit Mitteln der beruflichen Vorsorge (WEF)
318.010.17/03d
Hornung, Daniel; Röthlisberger, Thomas; Gurtner, Rolf; Kläger, Paul (2003): Analyse des effets de
17/03 l’encouragement à la propriété du logement au moyen de la prévoyance professionnelle (EPL)
318.010.17/03f
Politica sociale, questioni familiari ed economia
Nr. Autor/inn/en, Titel
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2/95 Bauer, Tobias (1995): Literaturrecherche: Modelle zu einem garantierten Mindesteinkommen.
318.010.2/95d
Farago, Peter (1995): Verhütung und Bekämpfung der Armut: Möglichkeiten und Grenzen staatlicher
3/95 Massnahmen.
318.010.3/95d
3/95 Farago, Peter (1995): Prévenir et combattre la pauvreté: forces et limites des mesures prises par l'Etat.
318.010.3/95f
1/96 Cardia-Vonèche, Laura et al. (1996): Familien mit alleinerziehenden Eltern.
318.010.1/96d
1/96 Cardia-Vonèche, Laura et al. (1996): Les familles monoparentales.
318.010.1/96f
4/97 IPSO und Infras (1997): Perspektive der Erwerbs- und Lohnquote.
318.010.4/97d
Spycher, Stefan (1997): Auswirkungen von Regelungen des AHV-Rentenalters auf die Sozialver5/97 sicherungen, den Staatshaushalt und die Wirtschaft.
318.010.5/97d
Bauer, Tobias (1998): Kinder, Zeit und Geld. Eine Analyse der durch Kinder bewirkten finanziellen und
zeitlichen Belastungen von Familien und der staatlichen Unterstützungsleistungen in der Schweiz Mitte
10/98 der Neunziger Jahre.
318.010.10/98d
Bauer, Tobias (1998a): Auswirkungen von Leistungsveränderungen bei der Arbeitslosenversicherung. Im
11/98 Auftrag der IDA FiSo 2.
318.010.11/98d
Müller, André; Walter, Felix; van Nieuwkoop, Renger; Felder, Stefan (1998): Wirtschaftliche
Auswirkungen von Reformen der Sozialversicherungen. DYNASWISS – Dynamisches allgemeines
13/98 Gleichgewichtsmodell für die Schweiz. Im Auftrag der IDA FiSo 2.
318.010.13/98d
Mauch, S.P., Iten, R., Banfi, S., Bonato, D., von Stokar, T., Schips, B., Abrahamsen, Y. (1998):
Wirtschaftliche Auswirkungen von Reformen der Sozialversicherungen. Schlussbericht der
14/98 Arbeitsgemeinschaft INFRAS/KOF. Im Auftrag der IDA FiSo 2.
318.010.14/98d
17/98 Leu, Robert E.; Burri, Stefan; Aregger, Peter (1998): Armut und Lebensbedingungen im Alter.
318.010.17/98d
5/99 Bundesamt für Sozialversicherung (1999): Bedarfsleistungen an Eltern (Tagungsband).
318.010.5/99d
9/99 OECD (1999): Bekämpfung sozialer Ausgrenzung. Band 3. Sozialhilfe in Kanada und in der Schweiz.
318.010.9/99d
Ecoplan (2000): Neue Finanzordnung mit ökologischen Anreizen: Entlastung über Lohn- und MWST1/00 Prozente?
8/00 Sterchi, Beat; Egger, Marcel; Merckx, Véronique (2000): Faisabilité d’un «chèque-service».
318.010.1/00d
318.010.8/00f
13/00 Wyss, Kurt (2000): Entwicklungstendenzen bei Integrationsmassnahmen der Sozialhilfe.
318.010.13/00d
13/00 Wyss, Kurt (2000): Évolution des mesures d’intégration de l’aide sociale.
318.010.13/00f
Schiffbänker, Annemarie; Thenner, Monika; Immervoll, Herwig (2001): Familienlastenausgleich im inter1/02 nationalen Vergleich. Eine Literaturstudie.
318.010.1/02d
Soland, Rita; Stern, Susanne; Steinemann, Myriam; Iten, Rolf (2002): Zertifizierung familienpolitischer
4/02 Unternehmen in der Schweiz.
318.010.4/02d
Stutz, Heidi; Bauer, Tobias (2003): Modelle zu einem garantierten Mindesteinkommen. Sozialpolitische
15/03 und ökonomische Auswirkungen.
318.010.15/03d
Stutz, Heidi; Bauer, Tobias (2003): Modèles de revenu minimum garanti. Effets sociopolitiques et
15/03 économiques.
318.010.15/03f
Stutz, Heidi; Bauer, Tobias (2003): Modelli relativi ad un reddito minimo garantito. Ripercussioni
15/03 sociopolitiche ed economiche.
318.010.15/03i
Prospettive e evoluzione della sicurezza sociale
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Eidg. Departement des Innern (1995): Bericht des Eidgenössischen Departementes des Innern zur
heutigen Ausgestaltung und Weiterentwicklung der schweizerischen 3-Säulen-Konzeption der Alters-,
10/95 Hinterlassenen- und Invalidenvorsorge
318.012.1/95d
Département fédéral de l’intérieur (1995): Rapport du Département fédéral de l’intérieur concernant la
structure actuelle et le développement futur de la conception helvétique des trois piliers de la prévoyance
10/95 vieillesse, survivants et invalidité.
318.012.1/95f
Dipartimento federale dell’interno (1995): Rapporto del Dipartimento federale dell’interno concernente la
struttura attuale e l’évoluzione futura della concezione svizzera delle tre pilastri de la previdenza per la
10/95 vecchiaia, i superstiti e l’invalidità.
318.012.1/95i
Interdepartementale Arbeitsgruppe „Finanzierungsperspektiven der Sozialversicherungen“ (IDA FiSo 1)
(1996): Bericht über die Finanzierungsperspektiven der Sozialversicherungen (unter besonderer
1/96 Berücksichtigung der demographischen Entwicklung).
318.012.1/96d
Groupe de travail interdépartemental « Perspectives de financement des assurances sociales »
(IDA FiSo 1) (1996): Rapport sur les perspectives de financement des assurances sociale (en regard en
1/96 particulier à l’évolution démographique).
318.012.1/96f
Interdepartementale Arbeitsgruppe „Finanzierungsperspektiven der Sozialversicherungen“ (IDA FiSo 2)
(1997): Analyse der Leistungen der Sozialversicherungen; Konkretisierung möglicher Veränderungen für
1/97 drei Finanzierungsszenarien.
318.012.1/97d
Groupe de travail interdépartemental « Perspectives de financement des assurances sociales »
(IDA FiSo 2) (1997): Analyse des prestations des assurances sociales ; Concrétisation de modifications
1/97 possibles en fonction de trois scénarios financiers.
318.012.1/97f