II. L`ANALISI DELL`AMBIENTE INTERNO

Transcript

II. L`ANALISI DELL`AMBIENTE INTERNO
II. L’ANALISI DELL’AMBIENTE INTERNO: IL RUOLO DELLE
COMPETENZE DISTINTIVE
2.1. L’analisi dell’ambiente interno: impostazione del problema
L’analisi dell’ambiente interno mira a comprendere il legame tra le risorse e le
competenze dell’impresa, le sue scelte strategiche e l’ottenimento di vantaggi
competitivi difficilmente replicabili dai concorrenti.
L’analisi strategica si è tradizionalmente concentrata sull’ambiente esterno, con
particolare riferimento allo studio del contesto settoriale e della posizione
competitiva dell’impresa rispetto agli avversari. L’analisi dell’ambiente interno
all’impresa è invece rimasta per lungo tempo focalizzata sui problemi relativi
all’allocazione delle risorse ed alla massimizzazione della performance delle
funzioni aziendali in termini di efficienza/efficacia: in altri termini le risorse
aziendali venivano ad essere valutate solo ed esclusivamente nella fase di
attuazione della strategia, nel momento in cui venivano considerate le strutture
organizzative, i sistemi di controllo, le risorse umane e gli stili di management,
necessari per perseguire obiettivi strategici precedentemente definiti.
Una maggiore attenzione verso l’ambiente interno come leva cruciale per la
formulazione della strategia è emersa solo negli anni ’90, quando la rapidità dei
mutamenti dello scenario competitivo e la crescente contendibilità dei mercati
hanno reso necessario ricercare parametri più stabili - rispetto al settore di
appartenenza, ai bisogni soddisfatti o al mercato di riferimento - per definire
l’attività dell’impresa.
In questo contesto, le risorse e competenze possedute sono diventate gli
elementi fondamentali per delineare identità e obiettivi strategici delle imprese.
L’impresa viene vista come un insieme eterogeneo di risorse e competenze che
rappresentano la base per la realizzazione di un vantaggio competitivo e la
determinante principale della redditività d’impresa; si individua, quindi un nesso
strettissimo tra risorse, competenze e performance delle imprese e più rapido è il
mutamento dell’ambiente esterno, tanto più risorse e competenze interne devono
essere in grado di sostenere una strategia di lungo periodo (Grant, 1994).
Se, tuttavia, si considera la definizione di strategia come mediazione tra
opportunità e minacce che si generano nell’ambiente esterno e la capacità di
risposta che l’impresa possiede in funzione della dotazione attuale e potenziale di
risorse e di competenze distintive, la valenza dell’ambiente interno ai fini delle
costruzione della competitività è determinata dal rapporto con le caratteristiche
dell’ambiente esterno e, in particolare, dell’ambiente competitivo.
61
Il successo competitivo dipende da quegli elementi dell’ambiente interno, vale a
dire risorse, competenze e capacità che consentono all’azienda di sfruttare o di
creare opportunità di mercato; in altre parole la competitività viene ad essere
influenzata dalla disponibilità di risorse e competenze in grado di fare emergere
l’unicità dell’impresa, in modo coerente ai fattori critici di successo del business.
2.2. Le risorse come base per la formulazione della strategia d’impresa
L’approccio alla strategia fondato sulle risorse, noto come Resource Based
Theory, (Vedi riquadro) è caratterizzato da una valutazione della posizione
competitiva dell’impresa basata su quello che essa è in grado di fare, prima che sui
bisogni che essa cerca di soddisfare.
Secondo gli studiosi della Resource-Based View, la ricerca del vantaggio
competitivo dipende dall’implementazione e dalla formulazione di una strategia
che riconosca e sviluppi le caratteristiche distintive di ogni impresa; solo l’analisi
dei fattori che hanno spinto un’impresa all’adozione di una determinata strategia
può aiutare a comprendere la ragioni del maggior successo che un’impresa ottiene
rispetto ai concorrenti (Wernerfelt, 1984; Barney, 1986).
La logica della strategia non è quella dell’allocazione delle risorse come mero
adattamento ad opportunità che si generano nell’ambiente esterno, ma è costituita
dallo sviluppo delle risorse e delle competenze necessarie per affrontare il contesto
ambientale e per far maturare le opportunità che possono derivare dalle tendenze
emergenti dei business.
Questo orientamento, che assume la centralità dell’ambiente interno per la
formulazione della strategia aziendale, si afferma quasi in contrapposizione
all’atteggiamento delle imprese e degli studiosi assunto nei decenni precedenti.
Negli anni ‘80, l’interesse delle imprese era focalizzato essenzialmente
sull’analisi dell’ambiente esterno (e della concorrenza) e sul posizionamento
dell’impresa nel segmento di mercato scelto. In questa prospettiva, la chiave del
successo aziendale è dove l’impresa decide di competere. Questo orientamento
proposto dagli studiosi di Business Strategy (basti pensare al lavoro di Porter sullo
studio della concorrenza allargata) deriva dalla necessità delle imprese di
fronteggiare alcune modificazioni intervenute nell’ambiente esterno, quali la
progressiva apertura dei mercati e l’aggressione delle imprese Giapponesi su
mercati di tradizionale predominio statunitense, che hanno reso urgente la
comprensione dei fattori determinanti la concorrenza, il posizionamento aziendale
e il vantaggio competitivo
62
Questo approccio, tuttavia, necessita una integrazione necessaria per affrontare,
in modo maggiormente efficace, più recenti cambiamenti che si sono verificati
nell’ambiente competitivo:
1. la proliferazione e la frammentazione dei segmenti di mercato,
determinate dalla saturazione dei bisogni primari e dalla progressiva
sofisticazione delle esigenze della domanda;
2. il progressivo accorciamento del ciclo di vita del prodotto,
conseguenza sia della rapidità dei cicli di innovazione tecnologica sia
dai repentini cambiamenti delle esigenze della domanda;
3. la globalizzazione che frantuma i confini dei mercati e che riduce il
valore della quota di mercato nazionale o regionale.
Tali cambiamenti richiedono che il comportamento delle imprese diventi
maggiormente dinamico “dall’interno”.
Il comportamento delle imprese non deve basarsi solo sulla predisposizione di
azioni necessarie per abbattere la concorrenza (che è sempre meno individuabile) e
per presidiare il posizionamento in un determinato segmento di mercato (i cui
confini sono labili) quanto piuttosto su quegli elementi propri dell’impresa e
difficilmente imitabili dai concorrenti che sono in grado di assicurare il vantaggio
competitivo.
In altri termini, la competizione diventa una guerra di movimento in cui il
successo dipende sulla capacità di anticipare i mercati e di rispondere ai
cambiamenti dei bisogni dei consumatori; l’essenza della strategia non è la
struttura dei prodotti e dei mercati di un’impresa ma le dinamiche del suo
comportamento (Stalk G., et alii, 1992, pag. 62).
63
RIQUADRO. UN MODELLO DI INTERAZIONE TRA LE RISORSE E IL
COMPORTAMENTO AZIENDALE
Secondo alcuni studiosi, il comportamento delle imprese è determinato dall’insieme delle
risorse aziendali che, a loro volta (seguendo lo schema di un circolo che si autoalimenta),
sono alimentate dal comportamento aziendale stesso. In altri termini, il complesso delle
risorse di cui l’impresa dispone sono il risultato di comportamenti messi in atto
dall’impresa in diversi ambiti. A loro volta, quei comportamenti sono il risultato delle
risorse che l’impresa aveva a disposizione nel momento in cui ha deliberato o attuato
l’azione e delle risorse potenziali che l’impresa prevedeva di ottenere con quel particolare
comportamento. Ogni risorsa è contemporaneamente il risultato di risorse precedenti e
l’origine di risorse future.
risorse
comportamenti
comportamenti
risorse
Fonte: Vicari, 1992
Secondo Grant (1998), numerosi sono motivi per i quali le risorse possono
essere considerate il fondamento del comportamento strategico dell’impresa di
lungo periodo.
La strategia deve aver inizio da una dichiarazione dell’identità e degli scopi
dell’impresa, nella forma di un’enunciazione della missione, che corrisponde a
definire il campo di attività aziendale. Poiché alcuni elementi dell’attività
aziendale, quali i clienti, i bisogni da soddisfare, le tecnologie, sono soggetti a
cambiamenti repentini, l’identità dell’impresa potrà essere più precisamente
definita in base alle risorse e alle competenze interne (e questo è l’aspetto che
deriva dai fondamenti della Resource Based Theory).
64
Le risorse, inoltre, rappresentano l’origine della profittabilità dell’impresa, vale
a dire l’attitudine dell’impresa di guadagnare un tasso di profitto superiore al costo
del capitale. La profittabilità dell’impresa dipende da due fattori:
• l’attrattività del business in cui l’impresa è collocata;
• il raggiungimento di un vantaggio competitivo sui competitor nel business di
riferimento1.
L’attrattività del business, che è strettamente connessa alle fonti del potere di
mercato e delle rendite da monopolio, trova la sua origine nelle risorse (Grant,
1991, pag, 118):
1. il prerequisito del potere di mercato risiede nelle barriere all’entrata: le
barriere all’entrata sono basate sulle economie di scala, sui brevetti, sui
vantaggi connessi all’esperienza, sulla reputazione, risorse che le
imprese potenziali nuove entranti possono acquisire solo lentamente o a
costi elevati;
2. il potere di imposizione del prezzo di mercato dipende dalla quota di
mercato che è conseguenza dell’efficienza di costo, della forza
finanziaria dell’impresa, vale a dire delle risorse aziendali.
Una seconda fonte di profittabilità per l’impresa è il raggiungimento di vantaggi
concorrenziali rispetto ai concorrenti: può infatti accadere che imprese che operano
in settori molto attrattivi siano posizionate nel business in modo penalizzante, così
da veder compromessa la capacità di produrre reddito, oppure che imprese in
settori poveri manifestino eccellenti risultati, grazie alla loro vantaggiosa
collocazione strategica relativa.
E’ stato osservato da numerosi studi e indagini empiriche (Grant 1991, pag. 179)
che le differenze nella profittabilità tra imprese all’interno di uno stesso business si
rivelavano molto più accentuate rispetto alle differenze profittabilità tra imprese
appartenenti in business diversi. L’aumento della competizione internazionale, i
cambiamenti tecnologici, la diversificazione delle imprese tra settori diversi, hanno
indotto a riequilibrazioni nel tasso medio di profittabilità, inducendo così a pensare
che non esistono più business – paradisi per la profittabilità2.
1
Porter, 1985: «il vantaggio competitivo nasce fondamentalmente dal valore che un’azienda è in
grado di creare per i suoi acquirenti, che fornisca risultati superiori alla spesa sostenuta dall’impresa
per crearlo. Il valore è quello che gli acquirenti sono disposti a pagare: un valore superiore deriva
dunque dall’offrire prezzi più bassi della concorrenza per vantaggi equivalenti, o dal fornire vantaggi
unici che controbilancino abbondantemente un prezzo più alto»
2
La strategia dovrebbe quindi essere vista non tanto come la ricerca di rendite da monopolista (i
ritorni del potere di mercato), quanto piuttosto come la ricerca di rendite ricardiane (ritorni da risorse
che conferiscono un vantaggio che eccede i costi di queste risorse) – Grant, 1991, pag, 117.
65
E’ la posizione in cui l’impresa si colloca, quindi, a determinare la sua
redditività, che potrà essere superiore o inferiore al tasso medio di profitto del
settore.
figura: Risorse e profittabilità dell’impresa
monopoli
o
Attrattività del
business
Barriere
all’entrata
Potere
contrattuale
verticale
Brevetti
Marca
Capacità
distributiva
Quota di mercato
− Dimensione
aziendale
− Risorse
finanziarie
Tasso di profitto
superiore
Vantaggio di
costo
Vantaggio
competitivo
differenziazione
66
− Tecnologia di
processo
− Dimensione
d’impianto
− Accesso ad input
low cost
− marca
− tecnologia di prodotto
− marketing,
distruzione, e capacità di
servizio
Il vantaggio competitivo, quindi, piuttosto che il “fattore attrattività”, diventa la
fonte primaria dei differenziali tra le imprese: la maggiore focalizzazione sul
vantaggio competitivo rende cruciale la comprensione delle sue fonti.
Nonostante la letteratura in tema di strategia tenda ad enfatizzare la scelta del
posizionamento strategico in termini di costi e differenziazione e la scelta tra
l’ampiezza o la focalizzazione dell’ampiezza del mercato, il fondamento di queste
scelte risiede nelle risorse dell’impresa. La capacità di realizzare un vantaggio di
costo, per esempio, dipende dal possesso di impianti che raggiungano una
dimensione di scala efficiente, da tecnologie di processo più avanzate, dall’accesso
privilegiato agli input necessari, dalla localizzazione delle attività e dalla vicinanza
dei mercati; la differenziazione dipende dal possesso o dal controllo di brevetti, di
marchi, di reti di distribuzione3.
Alla luce di queste considerazioni, l’ambiente interno diventa un punto
estremamente importante ai fini della comprensione delle leve del successo
aziendale, sia in quanto contribuisce a determinare la missione dell’impresa sia in
quanto rappresenta la base per la profittabilità di lungo periodo per l’impresa.
2.3. Le risorse dell’impresa
Le risorse di cui l’impresa dispone sono gli assets specifici dell’impresa,
composti d qualsiasi cosa un’impresa utilizzi al fine di creare, produrre e/o offrire i
suoi prodotti (beni o servizi) sul mercato.
Si differenziano dai fattori produttivi, che sono invece input disponibili in forma
disaggregata come fattori di mercato: terra, lavoro, e capitale sono tipici esempi
(Teece, Pisano, 2000). Il termine risorse deriva dal latino resurgere che ha il
significato di risorgere e rinascere: la caratteristica fondamentale delle risorse
dell’impresa è appunto data dalla loro capacità di autoalimentazione e dal processo
di continua rigenerazione dell’impresa stessa che esse consentono. Ciò implica che
il processo vitale dell’impresa ruota intorno alla sua capacità di generare le proprie
risorse a partire dalle risorse possedute.
Per quanto concerne l’individuazione delle risorse, Hofer e Schendler, hanno
identificato cinque tipi di risorse, sulla base di una classificazione, che può essere
3
Nel breve periodo la competitività di un’impresa dipende dal rapporto qualità/prezzo che è stata in
grado di realizzare rispetto alla concorrenza. In molti settori, tuttavia, i competitori tendono a
convergere verso standards simili e molto elevati di tale rapporto, cosicché questo elemento può
diventare sempre meno importante come fonte di vantaggio competitivo: «Gli aspetti legati alla
qualità, come la solidità e l’affidabilità, si diffondono sempre più e diventano un prerequisito piuttosto
che una fonte di vantaggio competitivo».(R. GRANT, op. cit., pag. 437).
67
utilizzata per comprenderne le caratteristiche principali e definire gli indicatori
delle potenzialità di sviluppo4. Si tratta di:
1. risorse finanziarie,
2. risorse fisiche,
3. risorse umane
4. risorse organizzative,
5. risorse tecnologiche.
Le risorse materiali sono contraddistinte dal fatto di essere supportate da un
elemento fisico e, generalmente, hanno un riscontro quantitativo nel patrimonio
dell’impresa, rappresentato dall’attivo di bilancio.
Le risorse dell’impresa tuttavia, sempre meno sono rappresentate dal bilancio
dell’impresa.
In primo luogo, il valore dei cespiti iscritti a bilancio spesso non riflette il
valore effettivo della risorsa stessa, in quanto il loro valore dipende da effetti di
complementarietà con altri elementi del sistema aziendale, dalla loro
localizzazione, dalla loro flessibilità rispetto agli input utilizzati, ecc : il sistema di
valutazione dei cespiti al costo storico fornisce indicazioni modeste circa il valore
di mercato dei beni che compongono il patrimonio dell’impresa.
Ma soprattutto maggiore rilevanza hanno oggi le risorse immateriali, vale a dire
quelle risorse che sono contraddistinte dall’immaterialità e che difficilmente
possono essere valorizzate nel bilancio dell’impresa: il processo di terziarizzazione
dell’economia ha anzi reso la rappresentazione del patrimonio delle risorse
aziendali nel bilancio non rispondente all’effettivo insieme delle risorse che
compongono le imprese.
La valenza di alcune risorse intangibili (la conoscenza tecnologica dell’impresa,
il marchio aziendale, effetti dell’utilizzo di un software), pur essendo suscettibili di
una valorizzazione in termini monetari, può essere solo in parte tradotta in termini
patrimoniali se non in misura convenzionale in alcuni assets d’impresa, quali per
esempio l’avviamento e/o i brevetti.
Altre risorse (la fiducia del consumatore, il clima sociale, i valori aziendali, la
motivazione del personale) invece, non trovano una precisa collocazione negli
assets del patrimonio dell’impresa.
Questo è il motivo che ha indotto alcuni autori a porsi il problema - a fini della
valutazione della strategia e dell’azienda - di stimare e di evidenziare il valore degli
assets immateriali dell’impresa
4
Hofer C.W.- Schendel D., 1976, pag. 145-148.
68
RISORSE
CARATTERISTICHE
PRINCIPALI
INDICATORI PRINCIPALI
La capacità di indebitamento
dell’impresa e la generazione
interna di fondi determinano la
capacità di investimento e la
capacità di fare fronte alle
fluttuazione nella domanda e nei
profitti
Dimensione,
localizzazione,
livello tecnico e flessibilità
dell’impianto
e
delle
attrezzature
Localizzazioni ed usi alternativi
dei terreni e dei fabbricati
Rapporto fra passività e
consistenze patrimoniale
Percentuale di contante netto per
gli investimenti
Valutazione di solidità del
credito
Entità della tecnologia e
proprietarietà della medesima:
brevetti,
copyright,
segreti
industriali e di esperienza
nell’applicazione
della
tecnologia
Risorse
per
l’innovazione:
laboratori di ricerca, personale
tecnico e scientifico
Reputazione mediante marche,
rapporti con i clienti reputazione
per l qualità dei prodotti e dei
servizi, affidabilità, ecc.
Numerosità e rilevanza dei
brevetti
entrate per vendita di licenze
personale impiegato nella R&S
rispetto al totale
RISORSE TANGIBILI
Risorse finanziarie
Risorse fisiche
Valore di vendita delle attività
immobilizzate
Età mediategli impianti
Scala degli impianti
Flessibilità degli impianti e delle
attrezzature
RISORSE INTANGIBILI
Risorse tecnologiche
Reputazione
RISORSE UMANE
Reputazione dell’impresa con i
fornitori (inclusi i fornitori di
componenti, banche e altri
finanziatori,
dipendenti
e
potenziali dipendenti) con il
governo
e
le
agenzie
governative e con la comunità
L’addestramento e l’esperienza
degli addetti determinato la
capacità disponibili all’impresa
L’addattabilità degli addetti ha
effetti determinanti su aspetti
della
flessibilità
strategica
dell’impresa
L’impegno e la lealtà dei
dipendenti
influisce
sulle
capacità di raggiungere e
mantenere
un
vantaggio
competitivo
69
Riconoscimento della marca
Prezzi superiori alle marche
concorrenti
Percentuale acquisti ripetuti
Livello e solidità dei risultati
Educazione e qualificazione
tecnica dei dipendenti
Livello retributivo rispetto al
settore
Dati sui conflitti
Indice di rotazione del personale
Alcuni autori distinguono le risorse umane sia dalle risorse immateriali sia da
quelle materiali, considerandole quindi una categoria particolare. Esse da un lato
sono contraddistinte da una certa fisicità; dall’altro esse sono significative
soprattutto per il fatto che le risorse umane sono portatrici di capacità e competenze
aziendali.
2.3.1. Le risorse immateriali
Come anticipato, le risorse immateriali appaiono sempre più determinati per il
successo competitivo dell’impresa.
In primo luogo, le risorse immateriali sono dotate di elevata specificità in
quanto derivano dalla storia di ciascuna impresa; la sostenibilità del vantaggio
competitivo, che è connessa alla una inimitabilità, dipende dalle risorse aziendali
immateriali, che, essendo frutto della storia dell’impresa, difficilmente possono
essere imitate. (Vicari, 1992, pag. 131).
Inoltre, le barriere all’entrata non dipendono solo da risorse legate agli
investimenti (per esempio alle economie di scala) ma anche dal patrimonio di
risorse immateriali che si è sedimentato nell’impresa (per esempio la forza del
marchio, la fedeltà alla marca, il rapporto con i fornitori).
Le risorse immateriali possiedono alcune proprietà.
Le risorse immateriali sono accumulabili nell’impresa: in altri termini, le risorse
immateriali tendono a sedimentari con il tempo e nel tempo attraverso diversi
processi che i realizzano all’interno del sistema impresa (per esempio attraverso i
processi di esperienza).
Esse si sviluppano grazie al loro utilizzo: le relazioni con il cliente e con i
fornitori, l’efficacia segnaletica e informativa del marchio, la motivazione del
personale sono risorse immateriali che generalmente si alimentano grazie al loro
utilizzo che tende a generare circoli virtuosi.
Al tempo stesso, tendono a deperire se non sufficientemente gestite
dall’impresa: le risorse tecnologiche dell’impresa, per esempio, possono essere
superate da innovazioni generate da altre imprese, se non continuamente
monitorate e rinnovate; la forza del marchio può perdere la propria efficacia se non
sufficientemente supportata da investimenti pubblicitari; la preparazione e la
motivazione delle risorse umane può esaurirsi se non sostenuta da investimenti in
formazione e in marketing interno, ecc..
Importanza delle risorse immateriali
70
“Idee nuove, prodotti inimitabili: ecco la realtà Ferrero. Un’azienda che ha saputo imporsi
nel mondo con prodotti amati da tutti, che sono diventati nel tempo leader di mercato e
parte integrante della nostra storia.
Una manciata di nocciole, un po’ di cacao, un pizzico di zucchero possono trasformarsi in
un dolce buono, ma non bastano a trasformarlo in una vera “specialità”. Per questo ci vuole
di più. Ci vuole un ingrediente raro e prezioso: la creatività. È la creatività che rende un
prodotto Ferrero unico e diverso da ogni altro e che contrassegna tutte le scelte operate dal
Gruppo: dall’ideazione dei prodotti agli impianti, dalla ricerca alla comunicazione. È
ancora la creatività che ha portato a scelte difficili, a volte controcorrente, che però ha
condotto al successo il Gruppo, ne ha reso unici e forti i marchi, ne ha accelerato
l’espansione internazionale. Fino a far diventare Ferrero uno dei più importanti gruppi
dolciari del mondo”.
Fonte: Brochure Ferrero
Le risorse immateriali, che per loro natura si accumulano all’interno
dell’impresa grazie a processi generati dall’impresa stessa, sono difficilmente
trasferibili da un’impresa ad un’altra: si tratta di risorse imperfettamente mobili.
Anzi, esse non hanno generalmente un mercato di scambio.
Le caratteristiche dell’accumulabilità e della imperfetta trasferibilità delle
risorse intangibili rendono quindi difficile la loro riproduzione per imitazione o
acquisizione da parte di altre imprese. Il patrimonio di risorse dell’impresa, mentre
può essere alimentato grazie a processi di autocreazione – autopoiesi - può essere
limitatamente sviluppato grazie a processi di acquisizione e imitazione da parte di
altre imprese.
RIQUADRO. Il seguente caso analizza l’importanza delle risorse umane e delle
risorse tecnologiche per il successo aziendale
Remco Italia S.p.A. è una società di lunga tradizione, anno di fondazione 1947, che
progetta, produce e distribuisce con il marchio CARDIOLINE® dispositivi medici per la
diagnostica cardiovascolare non invasiva (elettrocardiografi, holters, prove da sforzo,
defibrillatori, sistemi di monitoraggio e sistemi integrati, applicazioni di informatica
sanitaria e telemedicina).
Con una rete distributiva per 1/4 diretta (filiali di Milano, Padova e Bologna più società del
gruppo in Francia, Olanda e USA) e per il resto indiretta (agenti plurimandatari e
rivenditori) raggiunge il mercato interno e straniero sia pubblico che privato in proporzioni
quasi uguali, realizzando circa il 42% delle vendite in esportazione.
71
La società ha 48 dipendenti, di cui solo 9 operai, e si avvale di collaborazioni sia con
professionisti che con Centri di ricerca. Nel '99 ha avuto un fatturato di 14 miliardi di lire,
con
una
crescita
del
10%
rispetto
all'anno
precedente.
I punti di forza della società sono legati a risorse intangibili, quali:
a. un'immagine consolidata del marchio, legata alla solidità ed ergonomia delle linee di
elettrocardiografi, al rapporto qualità/prezzo
b. un solido rapporto di partnership con la rete di vendita, basato su una radicata
cultura del servizio al cliente;
c. una struttura orizzontale e flessibile, con un forte "spirito di squadra";
d. una rete distributiva professionale e stabile nel tempo, ben integrata con le strutture
di sede della società.
Fonte sviluppoimpresa.com,
Tra le risorse immateriali, un approfondimento particolare meritano due tipi di
risorse quali le risorse immateriali di conoscenza e fiducia. La conoscenza è
l’insieme degli schemi cognitivi sufficientemente stabili e diffusi all’interno
dell’impresa, che connotano il comportamento aziendale.
L’importanza delle risorse di conoscenza dipende dal fatto che:
1. la conoscenza ricopre la maggior parte del valore aggiunto;
2. rappresentano le risorse aziendali parte più difficilmente replicabili ed
imitabili dai concorrenti.5
Le risorse di conoscenza sono distinguibili in risorse di conoscenza superficiale
e risorse di conoscenza profonda.
La conoscenza superficiale è quella che deriva dalle routine organizzative
dell’impresa e che è assimilabile al know how dell’impresa. Il valore di queste
routine è legato al fatto che esse producono efficienza nella gestione aziendale,
diventano un meccanismo di comunicazione (e quindi possono essere trasmesse o
comunicate), consentono di evitare comportamenti destabilizzanti
5
La conoscenza può essere implicita o esplicita (codificata): la prima appare molto interessante e
difficile da essere gestita in quanto è generata negli individui e in essi è accumulata: dati i limiti
propri degli individui umani spesso ad un ampliamento dell’ampiezza della conoscenza corrisponde
una riduzione della profondità e viceversa.
Questo pone le basi per una considerazione dell’impresa knowledge based: se la conoscenza è un
fattore critico nella produzione, se l’efficienza richiede che essa sia creata e sedimentata negli
individui in modo specializzato, e se la produzione richiede l’applicazione di molti tipi di conoscenza
specializzata, allora il primo ruolo dell’impresa è l’integrazione delle conoscenza. L’integrazione
delle conoscenze è la essenza delle organisational capabilities , “definite come la capacità
dell’impresa di sperimentare in modo ripetitivo un modello produttivo che è correlato sia direttamente
sia indirettamente alla capacità dell’impresa di creare valore (Grant, 1996, pag. 377).
72
La conoscenza profonda, invece, contribuisce in modo significativo ad
influenzare i comportamenti aziendali: è quella conoscenza che viene utilizzata per
trovare soluzioni a problemi nuovi. E’ una forma di conoscenza tacita che consente
ad una certa impresa che affronta il problema del tutto nuovo di fare appello non
solo ai rimedi sperimentati ma di trovare altre soluzioni che, pur essendo nuove,
mantengono coerenza con la sua storia (Vicari, 1992, pag. 142)6.
Figura. Le risorse immateriali dell’impresa. Conoscenza e fiducia
ESEMPIO DI RISORSE NEL CAMPO DEL MARKETING
CONOSCENZA
PROFONDA
Interpretazione del mercato
SUPERFICIALE
Modalità di selezione del
personale di vendita
FIDUCIA
RELAZIONI INTERNE
Clima organizzativo nella
funzione di marketing
RELAZIONI ESTERNE
Fedeltà alla marca
ESEMPIO DI RISORSE NEL CAMPO DELLA TECNOLOGIA
CONOSCENZA
PROFONDA
Sapere tecnologico
SUPERFICIALE
Procedura di lavorazione
FIDUCIA
RELAZIONI INTERNE
Coesione del personale di
ricerca
RELAZIONI ESTERNE
Contatti con Università
Vicari, 1992, pag. 139
Tra le risorse di conoscenza, la categoria più significativa è rappresentata dalle
conoscenze tecnologiche: esse possono essere analizzate attraverso il possesso di
brevetti, copyright, segreti industriali. In realtà, se tali diritti evidenziano appunto
le conoscenze di proprietà dell’impresa, in modo limitato possono contribuire a
comprendere il valore del patrimonio delle conoscenze tecnologiche dell’impresa.
Pensiamo, infatti, alle conoscenze tecnologiche incorporate dal personale delle
imprese. Inoltre, il potenziale delle conoscenze tecnologiche in termini di
contributo al successo competitivo diventa difficile da valutare: se infatti le
conoscenze sono vicine alla conoscenza di base, il loro potenziale valore in termini
di creazione di nuove opportunità di mercato è difficile da stimare.
6
Essa è difficilmente codificabile : “è rappresentabile in quell’insieme nebuloso, indistinto, difficile
da cogliere,di conoscenze individuali, visioni, opinioni significati, motivazioni – soprattutto delle
relazioni che si instaurano tra di essi – che caratterizzano l’impresa”.
73
La fiducia è rappresentata dall’insieme degli schemi cognitivi attraverso cui
determinati soggetti interni o esterni all’impresa danno una rappresentazione
dell’impresa sufficientemente stabile e definita nel tempo7. La fiducia è alle base
delle relazioni dell’impresa sia quelle che si verificano all’interno sia quelle che si
verificano all’esterno8.
La fiducia è alla base delle relazioni sociali intra-organizzative: basti pensare al
ruolo che l’atmosfera , le norme, i simboli e la cultura giocano nei comportamenti
delle imprese. La fiducia, inoltre, plasma le relazioni esterne dell’impresa:
prescindendo dalle interazioni occasionali che l’impresa intrattiene con altri
soggetti, le interazioni relazionali, di natura continuativa, sono generate e ampliate
appunto dalle risorse di fiducia.
La fiducia accordata dal consumatore all’impresa è alla base delle relazioni
continuative tra il consumatore e l’impresa stessa: ciò diventa la base di una risorsa
9
di fiducia particolare e importante per l’impresa quale la fedeltà alla marca .
Questi due tipi di risorse sono strettamente interrelate in quanto il patrimonio di
conoscenze dell’impresa alimenta la fiducia dei consumatori e di tutti gli
stakeholders che incidono sull’attività dell’impresa e nel contempo le risorse di
fiducia alimentano la conoscenza che si sviluppa all’interno dell’impresa. Per
esempio, da una lato la fiducia accordata da investitori esterni contribuisce a
puntare su nuove conoscenze, dall’altro la fiducia del personale dell’impresa rende
possibile lo sviluppo di nuove conoscenze. Oppure le conoscenze di marketing
dipendono dai processi di apprendimento dell’impresa, ma questi ultimi si fondano
in gran parte sulle possibilità di interazione continuativa con la domanda che a loro
volta scaturiscono dall’esistenza di un rapporto fiduciario con la clientela. Il
rapporto fiduciario con il cliente è riconducibile alle scelte pregresse dell’impresa,
ovvero alle conoscenze di marketing già possedute (Busacca, pag. 22).
2.4. Quali caratteristiche devono avere le risorse affinché siano cruciali per il
vantaggio competitivo aziendale?
L’importanza delle risorse per la generazione di valore e per la costruzione del
successo aziendale dipende dal possesso di alcune proprietà.
7
Secondo Vicari la fiducia “nasce dalla tendenza di un individuo di cercare conferme e da una certa
inerzia cognitiva”(Vicari, 1992, pag. 142). La fiducia non è altro che uno schema cognitivo, un
modello di strutturazione di informazioni, che richiede un minore numero di dati per consentire una
interpretazione (o attivazione della realtà) : Vicari, 1992, pag. 143.
8
“ Le relazioni sono dunque processi cognitivi di creazione di fiducia a partire dalla fiducia
generata nel precedente processo di interazione”.
9
Secondo Johnson bisogna convincersi che “... i profitti derivano da clienti affezionati, non da
vendite di prodotti effettuate una volta tanto (one shot sales)” (H.T. Johnson, op. cit. pag. 87).
74
In una situazione di assenza di concorrenza, la sostenibilità del vantaggio
competitivo deriva dal tasso di obsolescenza e di deprezzamento delle risorse, che
varia considerevolmente da risorsa a risorsa. L’accellerazione del progresso
tecnologico tende ad accorciare la vita utile di alcuni cespiti e dell’insieme delle
conoscenze tecnologiche aziendali. La reputazione legata alla marca è invece
soggetta ad un minore tasso di deprezzamento, nonostante necessiti di alcuni
investimento di mantenimento o di rafforzamento della forza segnaletica.
Se ci si pone in una prospettiva concorrenziale – in cui le imprese lottano
ciascuna contro le altre al fine di potere godere di vantaggi competitivi – le risorse
dovrebbero possedere caratteristiche ulteriori, che consentano all’impresa che ne
dispone di potere usufruire di rendite che non si esauriscano nel breve termine.
Un modello generale proposto da M. Peteraf (1993) (figura) spiega le modalità
con cui le risorse generano posizioni competitive differenti tra imprese e, quindi,
diventano fonti del vantaggio competitivo delle imprese. L’autrice propone quattro
condizioni di base, esse costituiscono le quattro pietre angolari sui cui si fonda la
capacità delle risorse di generare vantaggi competitivi:
1. l’eterogeneità delle risorse
2. i limiti ex ante alla omogeneizzazione delle risorse;
3. i limiti ex post alla omogeneizzazione delle risorse;
4. l’imperfetta trasferibilità delle risorse.
La prima pietra angolare riguarda l’eterogeneità delle risorse: le risorse,
affinchè siano in grado di produrre vantaggi, devono essere eterogenee. La
condizione di eterogeneità consente di comprendere perché le imprese siano
costituite da un sistema di risorse differenziato dai concorrenti, che rende le
imprese stesse diverse tra di loro (alcune superiori e altre inferiori).
Per esempio, alcune imprese sviluppano risorse in grado di produrre a costi
inferiori e/o di soddisfare meglio di altre imprese i bisogni dei consumatori. Queste
imprese sono in grado di sviluppare rendite ricardiane o monopolistiche (vedi
riquadro), mentre le altre rimangono imprese marginali.
RENDITA RICARDIANA: essa è ascrivibile alla scarsità delle risorse ed è frutto di fattori
della produzione difficilmente riproducibili. Le rendite ricardiane si formano in mercato in
cui le imprese non definiscono il prezzo (price taker) ma lo acquisiscono come un dato. Se
il prezzo è un dato, l’impresa gode di una rendita ricardiana se possiede un sistema di
risorse produttive migliori che consentono all’impresa di produrre meglio e in modo più
efficiente. Se, infatti, si pensa la modello di concorrenza perfetta (in cui il costo marginale
eguaglia il prezzo e quindi il produttore non realizza nessun profitto), la generazione di
75
extraprofitti può verificarsi solo nel caso in cui l’impresa abbia risorse migliori che le
consentono di produrre a costi medi inferiori
RENDITA MONOPOLISTICA O SCHUMPETERIANA: essa è il prodotto della capacità
innovativa dell’impresa. Le rendite derivano essenzialmente dal potere di mercato
dell’impresa che consente all’impresa di manovrare il prezzo o la quantità prodotta,
massimizzando così il profitto. Il potere di mercato può derivare dalla differenziazione del
prodotto, dall’unicità dell’impresa che opera in un mercato protetto da barriere all’entrata,
dal vantaggio di essere un’impresa first mover. In questa situazione, l’impresa gode di una
rendita monopolistica finché altre imprese non riescano ad imitare l’innovazione.
La condizione di eterogeneità delle risorse da sola non è sufficiente a garantire
il vantaggio competitivo per le imprese, in quanto imprese concorrenti potrebbero
avere accesso alle medesime risorse o acquisendole o imitandole.
Possono essere evidenziati alcuni fattori (limiti ex ante ed ex post) che limitano
il processo di omogeneizzazione delle risorse tra le imprese.
I limiti ex ante alla competizione per le risorse si manifestano prima che
l’impresa abbia acquisito una posizione di vantaggio ai concorrenti , nel momento
in cui le imprese sono dotate del medesimo mix di risorse. La pietra miliare riferita
ai limiti ex ante necessaria per la creazione di un vantaggio competitivo riguarda
l’esistenza di mercati dei fattori di produzione imperfetti.
Le informazioni relative al valore esatto delle risorse dovrebbero essere
distribuite in modo asimmetrico tra gli attori; in tal modo la competizione per
l’acquisizione delle risorse strategiche viene limitata e, quindi, i prezzi di tali
risorse non incorporano la loro effettiva capacità di generare valore.
Se tutte le imprese fossero infatti informate sul valore superiore di una
determinata risorsa, la competizione che ne deriverebbe potrebbe annullare la
redditività futura delle imprese in quanto il prezzo di acquisto delle risorse sarebbe
superiori alle rendite che la risorsa potrebbe assicurare.
76
ETEROGENEITA’
Rendita da monopolio
Rendita ricardiana
LIMITI EX-POST ALLA
COMPETIZIONE
Inimitabilità
insostituibilità
VANTAGGIO
COMPETITIVO
IMPERFETTA
IMMOBILITA’
Rendite sostenute all’interno
dell’impresa
LIMITI EX-ANTE ALLA
COMPETIZIONE
Imperfezioni del mercato
Fonte: Peteraf, 1993
Le condizioni ex-post si riferiscono alla situazione che si verifica dopo
l’acquisizione della risorsa da parte dell’impresa e dopo la generazione di una
situazione di vantaggio competitivo. Tali condizioni - che permettono alle aziende
di preservare l’eterogeneità delle dotazioni di risorse - sono:
− l’imperfetta sostituibilità: l’imperfetta sostituibilità tra le risorse evita che
risorse sostitutive riducano la rendita associata ad una risorsa.
− l’imperfetta inimitabilità: l’imperfetta imitabilità, invece, deriva dalla
difficoltà di replicare una particolare combinazione di risorse. Spesso questa
caratteristica è alimentata dall’impresa che possiede la risorsa superiore.
Rumelt definisce meccanismi di isolamento per riferirsi a quelle azioni poste in
essere dalle imprese che limitano le riequilibrazioni ex post delle rendite tra
imprese10.
10
Nella teoria dell’uncertain imitability, i meccanismi di isolamento sono riconducibili
all’ambiguità causale. L’incapacità dei soggetti e delle imprese di comprendere le cause
dell’efficienza limita la competizione attrabvero nuove entrate e imitazione (si evita quindi la
concorrenza perfetta) – (Rumel R.P., 1984, pag. 567). Spesso questi meccanismi di solamento sono
associati al first mover. Rumelt giunge quindi a evidenziare una nuovateoria della strategia di
77
L’eterogeneità e la difficile imitabilità o sostituibilità non sono da sole
sufficienti per generare un vantaggio competitivo sostenibile in quanto tali risorse
potrebbero essere perfettamente trasferibili e, pertanto, acquisibili sul mercato.
L’imperfetta trasferibilità – che rappresenta un’ulteriore pietra miliare delle
modello - assicura che le risorse di valore rimangano all’interno dell’azienda. In
particolare, la specificità di una particolare risorsa, rispetto alla dotazione delle
condizioni di produzione di una certa azienda, assicura e protegge il legame tra la
risorsa e l’azienda stessa.
In linea teorica, si potrebbe verificare che tutte le risorse potrebbero essere
scambiate attraverso i meccanismi di mercato.
La specificità delle risorse, invece, rende difficile lo scambio e fa sì che le
risorse abbiano un prezzo di mercato inferiore al valore che esse rappresentano per
l’azienda che le possiede (Conner, 1991; Peteraf, 1993)
Una risorsa umana di una impresa potrebbe essere assorbita anche da altre
imprese. Tuttavia, la risorsa umana acquista un valore maggiore se associata al
contesto strategico e organizzativo in cui si è formata. Le altre imprese potrebbero
assumere tale risorsa umana, ma potrebbero solo in parte sfruttarne le conoscenze
specifiche (in quanto firm specific).
2.5. Il ruolo delle competenze distintive
Mentre il termine risorse attiene allo stock di fattori disponibili, posseduti o
controllabili dall’impresa ed impiegati per la formulazione delle strategie; le
competenza o capacità organizzative riguardano l’abilità dell’impresa di impiegare
e combinare le risorse. Quelle particolari competenze in grado di rendere l’impresa
unica sul mercato in cui opera vengono definite competenze distintive (Selznick,
1957) o core competence11.
impresa: “la strategia d’impresa potrebbe essere speigata in termini di eventi inattesi che creano o
possono creare rendite potenziali insieme a meccanismi di isolamento che le preservano (Rumel R.P.,
1984, pag. 568).
11
Le competenze sono state variamente definite nella letteratura economico-aziendale. Per Teece,
Pisano e Shuen (1994), esponenti della corrente economica, le competenze derivano
dall’assemblaggio di attività specifiche d’impresa in integrati clusters che, abbracciando e
coinvolgendo individui e gruppi, permettono il compimento di attività distintive. Per tali autori le core
competences risultano critiche per la sopravvivenza dell’impresa ed inoltre prospettano opportunità e
minacce per essa.
Leonard-Barton (1995), rappresentante del management della tecnologia, ha definito la core
capability come la conoscenza distintiva dell’impresa grazie alla quale la corporate può raggiungere
il vantaggio competitivo.
Secondo Hamel e Prahalad (1990), invece, esponenti dello strategic management, le core
competences della corporate risiedono nell’apprendimento collettivo sviluppato nell’organizzazione e
78
Le capacità presenti all’interno di un’impresa possono essere individuate
secondo due criteri.
Un primo approccio prevede che le capacità presenti all’interno dell’impresa
vengano individuate per aree funzionali, stabilendo, in relazione alle singole aree
presenti, quali sono le peculiari competenze possedute dall’impresa. Capacità
specifiche dell’area di marketing potrebbero, ad esempio, essere quelle relative allo
sviluppo e alla gestione del marchio, alla promozione o alla comprensione delle
tendenze del mercato; afferenti all’area di produzione risulterebbero, invece, le
competenze relative alla flessibilità o al miglioramento dei processi produttivi.
Il limite di tale approccio risiede nel pericolo di trascurare l’interdipendenza
esistente tra le diverse funzioni: i risultati della funzione produzione, in termini di
qualità del prodotto, ma anche velocità di realizzazione ed efficienza dei processi
produttivi, sono sicuramente influenzati dall’attività della funzione ricerca e
sviluppo e dalle relative competenze, così come da quelli della funzione marketing,
la quale può individuare, attraverso lo studio della domanda, eventuali modifiche
da apportare al prodotto o miglioramenti da realizzare nell’ottenimento degli stessi.
Un criterio diverso è quello che identifica le capacità presenti all’interno
dell’impresa in relazione alle attività della catena del valore12 della stessa. In questo
caso, partendo dal contributo che le singole attività offrono alla creazione del
valore complessivo, si individuano le competenze centrali per l’impresa.
Le core competence di una impresa possono essere, inoltre, definite come
l’insieme di intuiti riguardanti la definizione dei problemi e la risoluzione di questi
(Lei, Hitt e Bettis, 1996); come quelle abilità atte a sostenere coordinati impieghi di
risorse nei modi efficaci al raggiungimento dei traguardi strategici (Sanchez, 1997).
Le competenze distintive possedute, quindi, oltre a riguardare la capacità di
disporre delle risorse materiali ed immateriali necessarie allo svolgimento
dell’attività di impresa, attengono, soprattutto, all’abilità, dei manager, di saper
combinare le risorse disponibili per acquisire maggiore forza o minore debolezza
nei confronti dei concorrenti e degli attori chiave del contesto in cui l’impresa
opera (Calvelli, 1998).
Il vantaggio competitivo delle imprese non dipende, infatti, dal semplice
possesso o controllo delle risorse necessarie ad opere all’interno del business
prescelto, ma dalla capacità dei manager di combinare le risorse disponibili in
modo da acquisire una posiziona unica nel mercato (Grant, 1991).
riferito specificatamente alla coordinazione delle diverse abilità di produzione ed alla integrazione di
multiple correnti di tecnologia; tali autori definiscono le core competences come le fonti del
vantaggio competitivo.
12
Il concetto verrà approfondito nel capitolo successivo.
79
Emerge in tal senso, la natura trasversale delle competenze distintive, le quali
non attengono a singole aree funzionali o attività della catena del valore, ma alla
combinazione di tutte le risorse e capacità presenti nelle attività all’interno
dell’impresa e quanto più forte è l’interazione tra queste, tanto più difendibile
risulta il vantaggio competitivo delle imprese.
Affinché le competenze distintive permettano di acquisire un vantaggio
competitivo sostenibile, esse devono rispettare alcuni requisiti.
Innanzitutto devono essere durevoli, cioè offrire opportunità che durano nel
tempo; sono durevoli le competenze legate alla capacità di innovazione delle
imprese, oppure alle relazioni intra ed inter-organizzative.
Il secondo requisito è la difficile trasferibilità delle competenze; le competenze
meno trasferibili sono quelle firm-specific, cioè sviluppate e radicate all’interno
dell’azienda perché derivanti dall’internazione tra individui diversi, influenzati, nel
loro agire, dai credi e dai valori presenti all’interno dell’organizzazione. Tali
competenze, caratterizzate da una elevata contestualità, sono quindi proprie degli
individui, e quanto più derivano dalla collaborazione tra individui diversi, tanto più
difficilmente potranno essere trasferite all’esterno, anche qualora siano gli stessi
individui a trasferirsi in altre imprese.
La terza caratteristica in grado di assicurare la difendibilità del vantaggio
competitivo acquisito da un’impresa è la difficile replicabilità delle competenze,
che deriva o dal fatto che le capacità risultino basate su routine organizzative
complesse o su credi culturali forti, o ancora dalla possibilità che esse siano il
risultato di investimenti di lungo periodo e che una loro replicazione comporti un
fabbisogno di risorse troppo elevato.
2.6. Competenze distintive e processi di sviluppo delle imprese
L’approccio alla formulazione strategica basato sulle risorse comprende tre
elementi chiave: la capacità dell’impresa di selezionare una strategia che permetta
di sfruttare le risorse e le competenze più significative che l’impresa possiede; la
capacità di verificare che tali risorse e competenze siano sfruttate nel miglio modo
possibile, la possibilità di ampliare le risorse base possedute dall’impresa al mutare
dello scenario competitivo. Si afferma in sostanza il criterio della coerenza come
presupposto fondamentale della formulazione strategica: le strategie devono essere
ben definite nei loro confini spazio-temporali e gli obiettivi devono essere coerenti
con la quantità e qualità delle risorse presenti all’interno.
80
Grant (1991) sottolinea come, per quanto l’individuazione e l’analisi delle
competenze, nella formulazione di una strategia a livello di area strategica di affari
uno schema di riferimento utile risiede nella catena del valore di Porter, che
permette di valutare l’apporto che le diverse attività forniscono alla formazione del
valore dell’output offerto sul mercato. L’articolazione di ogni attività in
competenze e risorse permette di valutare, infatti, secondo quanto evidenziato da
Genco, la posizione competitiva dell’impresa in un determinato business ed offre
anche indicazioni utili in merito alla possibilità di esternalizzare attività per le quali
non si possiedono e non sembra opportuno acquisire competenze distintive.
Riguardo all’ampliamento delle risorse di base, questo elemento si riferisce alla
possibilità che l’impresa verifichi uno scostamento tra risorse necessarie ad operare
in un determinato mercato e risorse possedute. In questo caso l’impresa deve
acquisire le risorse di cui ha bisogno, ma nel valutare le opportunità di
ampliamento del proprio patrimonio deve valutare le opportunità e i rischi delle
diverse alternative. Le risorse possono essere, infatti, ottenute mediante processi di
sviluppo interno o esterno. Nel primo caso, il management dovrà considerare la
possibilità che le capacità consolidate ostacolino gli investimenti in nuove risorse;
può essere questo il caso di imprese altamente diversificate in cui i responsabili
delle singole Sbu non recepiscono le opportunità di realizzare nuovi investimenti o
di presidiare aree di mercato poco proficue dal punto di vissuta della redditività, ma
importanti per lo sviluppo o per il mantenimento di competenze (Hamel e Prahalad,
1989).
Nel secondo caso, invece, sia che lo sviluppo esterno avvenga tramite processi
di acquisizione, sia che si tratti di alleanze, il management deve verificare la
presenza, all’interno dell’impresa, di particolari tipi di competenze, definite di
apertura (Golinelli, 2002), che possono favorire o meno l’integrazione tra capacità
preesistenti e nuove competenze. In particolare, nel caso di alleanze risultano
particolarmente rilevanti le competenze di relazione, relative alla capacità di
instaurare relazioni collaborative durevoli e basate sulla fiducia; nel caso di
acquisizioni e fusioni, invece, particolare importanza spetta alle competenze di
assorbimento, cioè alla capacità di integrare i nuovi saperi con quelli preesistenti.
Nelle analisi ispirate alla RBV, il ruolo delle competenze distintive nella
formulazione delle strategie assume un significato diverso rispetto a quello dei
filoni di studio precedenti. La strategia non viene formulata per allocare le risorse
in un’ottica di adattamento alle opportunità del mercato; lo scopo della strategia è
invece quello di far leva sulle risorse attuali e potenziali per creare vantaggi
competitivi e occasioni di crescita.
81
Deriva da questa considerazione l’esigenza di distinguere le competenze
distintive che consentono all’impresa di presidiare una data area strategica di affari
da quelle capaci di generare e sostenere la crescita futura. E’ necessario, quindi,
secondo Hamel e Prahalad, distinguere le competenze per la crescita dalla mera
condivisione di risorse o dagli investimenti in ricerca e sviluppo, in quanto la prima
è il risultato di un tentativo che viene fatto a posteriori dall’impresa per ottimizzare
l’uso delle risorse, mentre i secondi non è detto che generino nuove competenze
distintive.
Il legame tra competenze distintive e strategie di sviluppo è stato approfondito
da diversi autori. In particolare, la Penrose è stata il primo studioso a sottolineare
che le opportunità di espansione delle imprese derivano dalla presenza di risorse
inutilizzate; mentre Selznick, negli stessi anni, ha teorizzato per primo il legame tra
competenze distintive e successo delle strategie di sviluppo delle imprese.
Le competenze distintive vengono tradizionalmente suddivise in cinque
tipologie: competenze tecnologiche, riconosciute da Hamel e Prahalad come le più
significative, competenze di mercato, competenze organizzative, competenze
finanziarie e competenze di general management. Le ultime due categorie, tuttavia,
sembrano essere quelle meno indicative dei processi di sviluppo seguiti dalle
imprese, visto che risultano collegate a tutte le attività dell’impresa e risultano
coinvolte in qualsiasi processo di ampliamento o riduzione del patrimonio di
risorse delle imprese (Calvelli, 1995).
Le diverse competenze individuate influenzano le strategie di sviluppo delle
imprese da più punti di vista. In primo luogo, esse determinano la propensione del
management ad attuare o meno una determinata strategia; nel rispetto del principio
di coerenza, infatti, le opzioni strategiche a disposizione delle imprese dipendono
dalle risorse di cui essa dispone e dal capacità del management di combinarle per
creare valore (Genco, Ferrara, 1995).
Riguardo ai criteri di valutazione delle competenze, le competenze distintive
vengono considerate rilevanti dal punto di vista strategico se forniscono un
contributo sostanziale al valore percepito dai consumatori; inoltre non devono
essere facilmente imitabili suscettibili, attraverso una loro riorganizzazione creativa
di offrire nuove opportunità di sviluppo (Genco, Ferrara, 1995). Tali concetti
risultano ben enfatizzati negli studi di Hamel e Prahalad sull’analisi del legame tra
competenze distintive e successo delle imprese diversificate. Secondo gli autori la
competitività delle imprese nel lungo periodo deriva dalla capacità di sviluppare in
modo creativo le competenze possedute al fine di realizzare prodotti innovativi,
tale capacità è stata definita da Hamel Corporate Imagination.
82
Più precisamente, gli autori, confrontando le diverse performance di imprese
europee, statunitensi e giapponesi ed indagando le ragioni dei diversi percorsi di
sviluppo seguiti dalle stesse, sono pervenuti alla conclusione che le imprese di
maggior successo sono quelle che si sviluppano in maniera coerente rispetto alle
proprie core competencies; sviluppando prodotti che, dal punto di vista delle
competenze, risultino correlati a quelli precedenti.
Le competenze distintive possono,inoltre, fungere da criterio guida anche per le
strategie di risanamento. Grant evidenzia, infatti, come le strategie di riconversione
siano caratterizzate da maggiori probabilità di successo nel caso in cui le scelte
strategiche delle imprese siano guidate dalla logica delle competenze e non da
quella dei bisogni da soddisfare.
Il caso Iomega può essere d’aiuto per comprendere la relazione che esiste, da un
lato, tra costruzione di nuove competenze e possibilità di sviluppo futuro
dell’impresa; dall’altro, tra arricchimento del patrimonio conoscitivo e capacità di
fronteggiare nuovi ambiti competitivi.
La Iomega Corporation
Fondata nel 1980, la Iomega Corp., leader a livello mondiale nella produzione di
avanzate soluzioni di memorizzazione portatili, tra cui unità e dischi, produce
soluzioni di memorizzazione dati personali in grado di semplificare la
condivisione, la gestione, la protezione e l'uso delle informazioni digitali.
I principali prodotti Iomega per lo storage includono i drive Zip 100MB, 250MB e
750MB, Iomega REV, gli hard drive ad alte prestazioni Iomega HDD Portable, gli
hard drive da desktop Iomega HDD, i Iomega Mini USB Drive, i drive esterni
Iomega CD-RW, i drive Iomega DVD e l’unità portatile Iomega Floppy USBautoalimentata. Iomega rende più semplice la protezione e la condivisione dei dati
grazie ai software Iomega Automatic Backup, Iomega Sync, HotBurn per la
masterizzazione e la tecnologia Active Disk.
Iomega offre agli utenti business e consumer un’ampia gamma di soluzioni per il
data recovering in seguito a danni dell’hardware e al danneggiamento dei file o dei
supporti.
Nel gennaio, 2004 la Iomega Corporation ha annunciato la nuova tecnologia
Iomega® Digital Capture Technology (DCT) che consentirà ai prodotti elettronici
di prossima generazione destinati al mercato consumer di utilizzare dischi dalle
dimensioni di una scatola di fiammiferi e dalla capacità di 1.5 GB. La nuova
tecnologia è stata presentata per la prima volta sotto forma di prototipo in
83
occasione del Consumer Electronics Show (CES) che si è svolto a Las Vegas l'8 e
il 9 gennaio scorsi.
Le potenzialità di successo ed il valore della tecnologia DCT sono legate alla sua
trasversalità, ossia alla pluralità dei possibili impieghi ed applicazioni che spaziano
dalla telefonia mobile, alle telecamere digitali, ai notebook. Per tali ragioni Iomega
ha già iniziato a proporre la sua tecnologia ai diversi produttori.
La tecnologia Iomega DCT offrirà alle aziende che operano nel settore
dell'elettronica di consumo la possibilità di esplorare le nuove frontiere
dell'intrattenimento digitale. I dischi Iomega DCT, di dimensioni estremamente
ridotte e caratterizzati da basso costo e elevata capacità, sono l'ideale per salvare,
leggere, archiviare, condividere e gestire in modo semplice file audio, video o di
qualsiasi altro genere. Le videocamere, i PDA, i lettori audio e video, le
televisioni e i riproduttori video personali sono tra le applicazioni indirizzate da
questa nuova piattaforma storage.
I primi prodotti con integrata la tecnologia Iomega DCT saranno disponibili sul
mercato nel corso della seconda metà del 2004. Inoltre, Iomega ha in progetto di
introdurre una PC Card drive basata su tecnologia DCT e dalla dimensione di una
carta di credito, un drive esterno USB 2.0 (Hi-Speed USB) e un drive OEM.
L'obiettivo che Iomega si prefigge con l'introduzione di DCT è rendere semplice ed
economica agli utenti consumer la condivisione di dischi a basso costo e il
trasferimento dei dati tra i diversi dispositivi di entertainment e il PC". L’idea di
sviluppare la nuova tecnologia è nata dalla constatazione che ciascuno dei quattro
principali supporti attualmente utilizzati (hard disk, tape, dischi ottici e solid state
memory) presenta infatti dei limiti in termini di costo, dimensioni, consumo
energetico e durata. Gli utenti necessitano, inoltre, spesso, di diversi supporti
storage per ciascun dispositivo utilizzato. I drive basati su tecnologia DCT offrono,
al contrario, la possibilità di trasferire i dati, in maniera semplice ed economica, da
un dispositivo portatile all'altro.
Il disco DCT dovrebbe essere, in effetti, in grado di coniugare i vantaggi della
memoria flash (basso consumo energetico e resistenza agli urti e alle vibrazioni) e
le caratteristiche degli hard drive rimovibili (basso costo per gigabyte ed elevata
trasferibilità).
I principali vantaggi offerti dalla nuova tecnologia risiedono nella durata dei dischi
DCT, protetti da un involucro di metallo e, quindi, meno esposti, alle perdite di dati
derivanti da graffi, polvere, impronte e cadute accidentali; la convenienza, il costo
stimabile per un disco da 1.5 GB è di circa 10 dollari; la portabilità, i dischi DCT
hanno le dimensioni di una scatola di fiammiferi e pesano meno di 9 grammi; la
velocità (il livello di trasferimento dati è superiore a 6.7 MB/sec.); l’efficienza, i
84
drive DCT consumano una quantità così esigua di energia da poter essere
alimentati direttamente dalla porta USB e da permettere alle batterie dei dispositivi
portatili di durare molto di più rispetto alle tecnologie tape e hard drive; la capacità
(un solo disco DCT è in grado di contenere circa due ore di dati video - formato
Windows Media Player 9, risoluzione 720x480, 24 frame al secondo e scansione
progressive - e una colonna sonora musicale completa con audio di elevata
qualità).
La tecnologia DCT di Iomega, attualmente in corso di valutazione da parte dei
partner OEM (Original Equipment Manufacturer) e ODM (Original Design
Manufacturer), permetterà inoltre all’azienda di entrare nel settore della telefonia
mobile. La capacità di memoria della tecnologia DCT e le sue caratteristiche
fisiche di compattezza sono coerenti ed in linea con i principi di miniaturizzazione,
che costituiscono un attributo sempre più richiesto nel phone design.
I dischi DCT hanno le dimensioni di una scatola di fiammiferi, grazie alla capacità
di 1.5 GB offerta dai dischi DCT, gli utenti potranno trasferire in tutta libertà video
clip, tracce audio e fotografie da dispositivo a dispositivo; salvare i dati in modo
permanente su dischi resistenti ed economici; cancellare e riscrivere i dischi
ogniqualvolta lo desiderano; gestire tutta la propria vita digitale portando con sé i
file, i film, la musica e i giochi preferiti in qualsiasi luogo, per lavoro o
semplicemente per svago.
Fonte: Banca Dati Iomega Corporation.
Il caso proposto si ricollega anche al principio di coerenza discusso in
precedenza. Il successo della Iomega risulta, infatti, assicurato dalla continua
focalizzazione dell’impresa sulle proprie core competence. Il successo viene cioè
ricercato in business per i quali la Iomega può sfruttare un’esperienza consolidata
nel corso degli anni.
D’altra parte, l’importanza del principio di coerenza, già introdotto in
precedenza, tra obbiettivi perseguiti e competenze possedute non deve tuttavia
indurre ad un’eccessiva staticità dell’impresa. E’ possibile, infatti, che, a seguito di
cambiamenti avvenuti nell’ambiente esterno, la competenza distintiva su cui
l’impresa aveva basato in passato il proprio successo, perda valore o addirittura
trasformarsi in un punto di debolezza per l’impresa, qualora la sua soppressione o
conversione comporti elevati costi13. Per evitare tale situazione l’impresa dovrebbe
13
A tale proposito sembra calzante l’esempio di IBM riportato da Hamilton III, Eskin e Michaels
(1998) secondo il quale la nascita e lo sviluppo nel tempo di operatori specializzati nella spedizione
(Gateway, Dell) ha reso obsoleta e farraginosa la tradizionale rete distributiva di IBM, in passato vero
punto di forza della Corporate; gli elevati costi di dismissione e di spostamento dovuti alla rigidità del
85
alimentare in modo continuo le capacità cognitive del managment che, attraverso la
percezione e l’anticipazione dei cambiamenti, dovrebbe modificare gli obiettivi
strategici e, in base a questi, ridefinire il proprio patrimonio di competenze.
Gli studiosi della RBV si sono concentrati prevalentemente sull’analisi
dell’ambiente interno (Wernerfelt, 1984; Barney, 1986, Hamel e Prahalad, 1989),
trascurando la necessità che le competenze distintive delle imprese siano coerenti
con la necessità di sfruttare le opportunità e fronteggiare i pericoli dell’ambiente
esterno (Genco, Ferrara, 1995). Al contrario una corretta pianificazione della
strategia dovrebbe basarsi su un’attenta analisi sia delle dinamiche interne
all’impresa, che delle dinamiche esterne, al fine di individuare i nodi critici della
strategia che si intende perseguire, individuare i segmenti di mercato/prodotto su
cui si intende operare, definire la migliore allocazione delle risorse possedute ed
individuare le risorse e capacità che l’impresa ha bisogno di acquisire (Ferrara,
1995). Nello stessa direzione si muovono gli studi di Teece e Pisano (1994), i
quali, enfatizzando la natura dinamica delle competenze, introducono il concetto di
capacità dinamiche, per enfatizzare che l’impresa deve avere la capacità di
evolvere e modificare i propri comportamenti al mutare delle caratteristiche del
contesto.
Un’impostazione che permette di analizzare contemporaneamente ambiente
esterno e interno è quella introdotta da Calvelli (1995), la quale considera il
rapporto esistente tra alternative strategiche delle imprese, mutamenti dell’ambito
competitivo e modificazioni del patrimonio di invisibile asset dell’impresa. L’idea
di fondo di tale impostazione risiede nella considerazione che se le scelte
strategiche attuate comportano modificazioni sostanziali dell’ambito competitivo, è
necessario che l’impresa rivisiti i propri comportamenti e sviluppi le competenze
necessarie a competere nel nuovo scenario. In particolare, l’impresa, qualora
intenda perseguire strategie di sviluppo che presuppongono l’ingresso in business
sostanzialmente diversi, per tecnologia, processi produttivi, relazioni, o regole del
gioco competitivo nuove, dovrà essere in grado di acquisire conoscenze specifiche
e di sviluppare le competenze necessarie a fronteggiare la nuova situazione
concorrenziale.
La relazione esistente tra risorse, competenze e strategie risulta, in definitiva,
ben esplicitata nel concetto di coerenza dinamica di Itami (1987). Secondo l’autore,
infatti, strategie e risorse seguono un processo di sviluppo parallelo e sequenziale,
per cui da risorse e competenze possedute deriva la formulazione della strategia,
l’implementazione di quest’ultima permette a sua volta il consolidamento delle
network di IBM hanno ostacolato, tuttavia, la sua riorganizzazione e pertanto la rete di vendita si è
trasformata da fattore critico di successo a punto di debolezza per il colosso.
86
competenze che, incrementandosi, permettono all’impresa di pianificare le scelte
strategiche future.
87