Il trattamento farmacologico nel sovrappeso e nell`obesità
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Il trattamento farmacologico nel sovrappeso e nell`obesità
5 Il trattamento farmacologico nel sovrappeso e nell’obesità & Michele O. Carruba Barbara D’Amico Lorena Falci Steven B. Heymsfield Enzo Nisoli Angelo Pietrobelli RICERCA CLINICA Indice La regolazione del peso corporeo 3 Lorena Falci, Barbara D’Amico Attualità della prescrizione farmacologica nell’obesità e nel sovrappeso 13 Intervista a Michele O. Carruba La ricerca attuale: una panoramica 17 Enzo Nisoli La ricerca attuale: l’esempio della leptina Angelo Pietrobelli, Steven B. Heymsfield 20 La regolazione del peso corporeo Lorena Falci - Barbara D’Amico Scuola di specializzazione in Scienza dell’Alimentazione - Università “La Sapienza” - Roma Il peso corporeo viene regolato fisiologicamente dall’organismo attra verso il controllo delle riserve energetiche. Tale controllo si esplica non solo a livello di apporto di cibo, come generalmente si è portati a cre dere, ma anche a livello di dispendio energetico. Infatti qualsiasi cam biamento di peso corporeo in un animale adulto è esclusivamente do vuto a variazioni della massa adiposa che si verificano in seguito a cam biamenti del bilancio energetico (bilancio energetico = energia intro dotta - energia spesa per il metabolismo e le attività fisiche). REGOLAZIONE DELL’APPORTO DI CIBO E DELL’ APPETITO Molte persone riescono a mantenere nel corso degli anni un peso corporeo relativamente costante grazie all’azione concertata di numerosi fattori interagenti. Nonostante ciò è stato stimato che in media una don na è destinata ad aumentare di circa 11 kg tra i 25 e 65 anni e che tale incremento ponderale è dovuto ad un errore di 750 mg dell’apporto di cibo giornaliero. Considerando che in 40 anni l’apporto di cibo è supe riore alle 18 tonnellate, l’errore che si verifica giornalmente, a livello di regolazione dell’apporto di cibo, corrisponde a meno dello 0,06% (1). Le variazioni economiche e culturali stanno modificando le abitudini alimentari di molte popolazioni e spingendo un numero crescente di persone, soprattutto quelli che hanno già fattori di rischio genetico, ver so l’obesità. Il cambiamento delle abitudini alimentari è dovuto essenzialmente alla variazione dei meccanismi che controllano l’appetito (2). Quest’ultimo viene controllato a tre livelli: 1° livello - comportamentale e psicologico; ■ 2° livello - fisiologico e biochimico; ■ 3° livello - cerebrale (2). ■ Collettivamente questi livelli costituiscono un meccanismo a cascata che agisce di volta in volta sui centri nervosi che regolano l’appetito (centro della fame e centro della sazietà) (fig. 1). Il trattamento farmacologico nel sovrappeso e nell’obesità 4 FIGURA 1 Meccanismi di controllo dell’appetito 1° LIVELLO COMPORTAMENTALE E PSICOLOGICO Eccitanti psicosensoriali Fattori legati all’ambiente 2° LIVELLO FISIOLOGICO E BIOCHIMICO Distensione pareti gastriche Nutrienti Ormoni Afferenze vagali 3° LIVELLO SISTEMA CENTRALE Neuromediatori Circolo sanguigno Al primo livello appartengono gli eccitanti psicosensoriali come il co lore, l’odore, la consistenza e il gusto di un alimento, ma anche fattori legati all’ambiente come la religione, la politica, gli status symbol delle società occidentali, l’abbondanza di alimenti ad alto contenuto energe tico. Il modo con cui gli alimenti vengono assaporati, digeriti e metabolizza ti dall’organismo evoca una serie di risposte umorali e nervose che nel loro insieme costituiscono il secondo e il terzo livello. È proprio in quest’ambito che sono state elaborate numerose teorie al fi ne di spiegare i meccanismi intimi che agiscono sul sistema centrale, e più precisamente sul centro della fame e sul centro della sazietà nel con trollo dell’appetito. Il centro della fame e il centro della sazietà risiedo no nell’ipotalamo e le zone maggiormente interessate sono i nuclei ven tromediali (VHM), l’area dorsomediale (DM) e l’ipotalamo laterale (LH). Prima ancora che il cibo sia assaporato nella bocca il solo odore gene ra delle risposte fisiologiche. Queste si originano nel tratto gastrointe stinale dove sono presenti meccanorecettori e chemiorecettori che at traverso il nervo vago trasmettono informazioni al sistema centrale. Que sto tipo di informazioni costituisce la prima classe di segnali che agisce sul sistema centrale e fa parte del controllo post-ingestivo (3) (4). Nella fase post-assorbitiva i nutrienti derivati dai processi digestivi ven gono trasportati dal circolo sanguigno agli organi e ai tessuti periferici compreso quello nervoso. Queste molecole costituiscono una seconda classe di segnali metabolici e tra questi troviamo il glucosio, gli acidi grassi liberi FFA (free fatty acid) e alcuni aminoacidi come il triptofano e gli aminoacidi neutri a catena lunga (5). La regolazione del peso corporeo 5 Non è stato ancora chiarito il meccanismo con cui il livello di glucosio plasmatico interviene sulla regolazione dell’ingestione di cibo, da alcu ni studi condotti da Niijima nella metà degli anni settanta è emerso che alcune cellule epatiche, sensibili alle concentrazioni di glucosio emati co, siano in grado di mandare degli impulsi al sistema nervoso centra le via nervo vago. Sembra anche che questo tipo di meccanismo sia va lido per i prodotti derivati dall’ossidazione degli acidi grassi che avvie ne sempre nelle cellule epatiche (1). Il triptofano, diretto precursore della serotonina cerebrale è riconosciu to come principale fattore ipotalamico anoressizzante. Gli aminoacidi neutri a catena lunga competono con il sistema di tra sporto del triptofano/amimoacidi-neutri plasmatici nella modulazione della produzione di serotonina (6). Il triptofano viene trasportato dal sangue legato all’albumina plasmati ca. La concentrazione di albumina plasmatica risulta a sua volta modu lata dai livelli di insulina circolante capace di liberarla dal legame con gli FFA e di renderla disponibile al legame con il triptofano. Ne deriva un ruolo diretto dell’Insulina sulla capacità di mobilitazione tessutale di trip tofano e quindi sulle concentrazioni ipotalamiche di serotonina (6). Un secondo aminoacido essenziale, la tirosina, riveste altresì un ruolo fon damentale nella regolazione dell’equilibrio poichè è il diretto precurso re della noradrenalina e dell’adrenalina oltre che della dopamina cere brale (6). La cessazione dell’ingestione di cibo è influenzata dalla distensione del le pareti gastriche. Alla distensione segue il rilascio di fattori peptidici intestinali capaci di influenzare il sistema centrale per mezzo, anche in questo caso, delle afferenze vagali (6). Il tratto gastrointestinale è inoltre capace di produrre alcuni ormoni che agiscono o sul nervo vago, o direttamente sul sistema nervoso centrale e tra questi troviamo la colecistochinina e i peptidi gastrici. L’ileo partecipa alla regolazione dell’ingestione di cibo grazie alle sazietine, una fami glia di proteine ad azione saziante, prodotte durante il transito dei nu trienti e capaci di influenzare il sistema centrale. Anche il pancreas rila scia due ormoni che hanno influenza sull’appetito e questi sono l’insu lina e il glucagone (6). La somministrazione cronica d’insulina determina un aumento della ve locità di accumulo di glucosio come riserva energetica, conducendo a iperalimentazione e obesità. Il glucagone agisce in modo opposto ini bendo l’ingestione di cibo via nervo vago. È stato recentemente proposto che l’insulina potrebbe interagire diret tamente con le cellule del sistema nervoso centrale e, in questo caso, avere un ruolo diverso da quello che ha a livello periferico. Infatti sembra che sia l’insulina che il glucagone esercitino a livello cen Il trattamento farmacologico nel sovrappeso e nell’obesità 6 FIGURA 2 Rappresentazione schematica delle zone che regolano l’appetito e il bilancio energetico nel cervello dei ratti. Nell’ipotalamo ventromediale è situato TALAMO il “centro della sazietà” che viene attivato da inibitori del “centro della fame” situato Nucleo paraventricolare nell’ipotalamo laterale. Si ritiene che il nucleo paraventricolare sia coinvolto nelll’omeostasi del glucosio, mentre il nucleo dorsomediale presieda il controllo delle dimensioni corporee piuttosto che del contenuto in grasso Nucleo dorsomediale Nucleo dorsomediale Ipotalamo ventromediale Ipotalamo ventromediale Terzo ventricolo dell’animale. L’area postrema e il nucleo CORTECCIA caudo-mediale sono altri due siti di controllo del bilancio energetico. Nucleo caudo-mediale e area postrema trale un’azione detta ying-yang. Quest’azione prevede che le sostanze che mobilitano le riserve di energia in periferia, se somministrate central mente diminuiscono l’ingestione di cibo (6). La tab. 1 riporta i principali peptidi intestinali implicati nella regolazio ne dell’equilibrio fame-sazietà. Un numero cospicuo di neurotrasmettitori è implicato nel controllo dell’appetito a livello di sistema nervoso centrale (3° livello) e quest’ulti mo viene inoltre stimolato dalle afferenze vagali e dagli ormoni prodotti nelle fasi post-ingestiva e post- assorbitiva (fig.1). I neuromediatori che agiscono sul “sistema centrale di sazietà” possono avere funzione stimolatrice o inibitoria riguardo l’ingestione di cibo. I neuromediatori ad azione inibitrice comprendono numerose sostan ze tra cui le monoammine, gli aminoacidi e le prostaglandine. La serotonina e la noradrenalina agiscono a livello centrale modulando la scelta in qualità del cibo con azione a ying-yang. La serotonina infatti mostra di bloccare l’assunzione dei carboidrati la sciando inalterata l’assunzione delle proteine; la noradrenalina vicever sa stimola l’assunzione dei carboidrati limitando quella delle proteine (12) (13). La regolazione del peso corporeo 7 REGOLAZIONE DEL DISPENDIO ENERGETICO Il peso corporeo si mantiene costante quando l’energia apportata con la dieta è bilanciata da quella spesa per il mantenimento del metabolismo e per le attività fisiche. Mentre la regolazione degli apporti energetici è un punto critico del controllo del peso corporeo, il dispendio energetico, riferito sopratutto al metabolismo basale, rappresenta una costante obbligatoria e presso chè costante. Sono state formulate alcune ipotesi secondo le quali gli animali sono in grado di modificare gli apporti di cibo in funzione del dispendio ener getico, al fine di mantenere costante il bilancio energetico. Negli uomi ni questa capacità non è stata evidenziata con chiarezza, anche se al cune prove sperimentali mostrano che le persone magre siano più effi cienti di quelle obese nel controllare l’apporto di cibo in funzione del di spendio energetico (1). È stato messo in evidenza anche il fenomeno opposto e cioè che l’or ganismo è in grado di variare il dispendio energetico in funzione del regime dietetico. Infatti quando il regime dietetico diminuisce per un periodo di tempo si osserva parallelamente una diminuzione del meta bolismo basale e della termogenesi indotta dagli alimenti (14) (15). Con il passare del tempo l’organismo oppone al regime ipocalorico un di spendio energetico più basso per limitare al massimo radicali cambiamenti di peso corporeo. TABELLA 1 Elenco delle sostanze peptidiche che presentano effetto sulla regolazione dell’ingestione di cibo (Morley 93) Ormone Effetti sull’ingestione di cibo Dipendenza dal nervo vago CCK decremento si Bombesina decremento parziale Fattori peptìdici di rilascio della gastrina decremento ? Somatostalina decremento o nessun effetto si Litorina decremento ? Motilina incremento ? Ormone di rilascio della tireotropina decremento si Insulina decremento no Glucagone decremento si Satietina decremento ? Il trattamento farmacologico nel sovrappeso e nell’obesità 8 Viceversa è stato anche dimostrato che nei periodi di iperalimentazione il metabolismo di base aumenta e con esso l’energia necessaria per com piere le attività fisiche. In questo modo parte del surplus delle calorie in trodotte con la dieta viene bruciato e sottratto alla trasformazione sotto forma di grasso evitando così radicali cambiamenti di peso corporeo (16). REGOLAZIONE DEL PESO CORPOREO Uno degli aspetti più interessanti inerenti la regolazione del peso cor poreo riguarda l’anello di congiunzione tra bilancio energetico e ap porto di cibo. I segnali implicati nel controllo del bilancio energetico do vrebbero interagire, in modo non ancora ben precisato, con i segnali che modulano la frequenza e la quantità dei pasti. Attraverso questa inte razione l’organismo riuscirebbe a mantenere costante il peso corporeo, fatti salvi gli incrementi ponderali fisiologici che si verificano nel cor so degli anni e che sono già stati descritti precedentemente. Finora so no state formulate due ipotesi: quella fisiologica che considera il peso corporeo come il mantenimento di un “punto di equilibrio” dell’orga nismo (17). L’ipotesi del peso prefissato è la più vecchia: essa afferma che il cervel lo regola continuamente il metabolismo e gestisce in maniera subconscia il comportamento in modo da mantenere un peso bersaglio. Quest’ulti mo viene “definito” in un periodo particolare nel corso dell’infanzia gra zie anche alle influenze ambientali. Sebbene il peso prefissato possa va riare con l’età, lo fa secondo un programma genetico prefissato; la die ta o l’esercizio fisico possono allontanare il peso da quello prefissato, almeno temporaneamente, ma il valore in sè non cambia. Il peso pre fissato sembrerebbe essere regolato dalla leptina, ormone prodotto dal le cellule adipose e assunto dai recettori dell’ipotalamo (1). Quando si aumenta di peso l’organismo produce più leptina; ciò deter mina una riduzione dell’appetito, un aumento del consumo energetico e innesca meccanismi che consentono di riportare il peso ai valori pre fissati. Viceversa quando si dimagrisce troppo, i livelli di leptina scendono, l’individuo mangia di più e consuma meno energia e di nuovo il peso torna al punto di partenza. Oltre alla leptina sono state identificate altre due molecole che sem brerebbero intervenire nel controllo a lungo termine del peso corpo reo: la sazietina e l’adipsina. La sazietina è una glicoproteina dal peso molecolare di circa 60 kdal ton che sembra avere un ruolo nell’aumento del dispendio energetico. L’adipsina è una proteina prodotta dal tessuto adiposo che inizialmen te è stata identificata come una molecola in grado di regolare la quan tità di tessuto adiposo nell’organismo. Successivamente è stata identifi La regolazione del peso corporeo 9 cata una forte analogia strutturale con il sistema di complemento D, per cui attualmente si pensa che l’adipsina sia maggiormente coinvolta nel sistema immunitario. Nell’ipotesi del “punto di equilibrio” il peso corporeo si mantiene co stante quando i vari meccanismi di controllo metabolici, regolati dal cor redo genetico individuale, si collocano in una buona condizione di equi librio con l’ambiente. Il cambiamento delle abitudini alimentari dovuto a fattori esterni all’organismo può comportare variazioni dei meccani smi che controllano l’appetito. Le diete dei paesi occidentali stanno diventando sempre più ricche di li pidi a discapito degli altri nutrienti. Come è noto i lipidi forniscono più energia a parità di quantità, pertanto i soggetti che consumano cibi ric chi di grassi tendono a ingerire più energia del necessario, un fenome no noto come “sovralimentazione passiva”. Le cause di questo fenomeno sembra debbano essere ricercate nei sistemi che controllano l’appetito e lo stimolo della sazietà. Il centro della sazietà reagisce rapidamente alle proteine e ai carboidrati, ma lentamente ai li pidi, in questo modo lo stimolo della sazietà subentra in ritardo rispet to alle reali esigenze fisiologiche dell’organismo ed il risultato è un ec cessivo apporto calorico. Inoltre i sistemi metabolici sembrano favorire il consumo di carboidrati. Se si beve una bibita dolcificata o si mangia un piatto di pasta, l’organismo accelera rapidamente il consumo di car boidrati, ma dopo un pasto ricco di lipidi la velocità di ossidazione di que st’ultimi quasi non cambia (1). La maggior parte dei lipidi introdotti nell’organismo viene destinata all’immagazzinamento e bruciata in seguito solo se la riserva di carboidrati scende al di sotto di un valore soglia che varia da individuo a individuo. REGOLAZIONE DEL PESO CORPOREO ATTRAVERSO L’AUSILIO FARMACOLOGICO La teoria del punto di equilibrio afferma che cambiamenti sufficiente mente drastici del regime di vita possono spingere l’organismo a rias sestarsi su un nuovo peso. Ma senza aiuto, cambiamenti di peso radicali sono evidentemente difficili da mantenere: lo dimostra il fatto che mi lioni di persone si sono messe a dieta e hanno fallito. I farmacologi si sono chiesti se sia possibile interagire con farmaci sull’equilibrio fame-sazietà. Un’attenzione particolare va infatti rivolta alle terapie per l’obesità in cui vengono utilizzati farmaci ad azione anores sizzante. Questi farmaci presentano diversa modalità di azione. Una prima categoria agisce sul sistema nervoso come anoressizzante, una seconda categoria agisce sulla mobilitazione o sulla biosintesi dei grassi e del glicogeno, oppure sull’assorbimento intestinale dei sub strati. Il trattamento farmacologico nel sovrappeso e nell’obesità 10 I principali farmaci anoressizzanti utilizzati in commercio sono di tipo do paminergico e serotoninergico. La struttura fenilentilaminica è comune ad anfetamina, fentermina, dietilpropione e fenfluramina, ma anche al la adrenalina, alla noradrenalina e alla dopamina. L’anfetamina, la fen termina, il dietilpropione ed il mazindolo (a struttura imidazolo-isoin dolica) hanno un’attività dopaminergica, mentre la fluoxetina e la fen fluramina agiscono sulle vie serotoninergiche. L’uso di farmaci anoressizzanti tuttavia non risulta esente da effetti col laterali indesiderati come insonnia, palpitazioni, secchezza delle fauci, nervosismo ed irritabilità, aumento della pressione arteriosa, fenomeni di assuefazione che possono comportare l’aumento progressivo delle dosi e alla fine della terapia uno stato depressivo. Oggi la terapia farmacologica dell’obesità si avvale di un nuovo tipo di farmaco, la dexfenfluramina che può essere considerata come il capo stipite di una seconda generazione di farmaci anoressizzanti. La dexfenfluramina è l’isotopo destrogiro della fenfluramina. Il farmaco agisce in modo potente sul sistema serotoninergico deputato al con trollo dell’equilibrio fame-sazietà e sul costo energetico della contrazio ne muscolare. L’utilizzazione periferica del glucosio da parte dei muscoli scheletrici e la lipolisi risultano infatti aumentate dalla dexfenfluramina. Nei prossimi mesi è prevista la commercializzazione di un prodotto ap partenente ad una nuova classe di farmaci per l’obesità: la sibutramina. Il suo meccanismo d’azione, ampiamente documentatto con studi sull’animale, vede nell’inibizione della ricaptazione della serotonina e del la noradrenalina la spiegazione del suo effetto di aumento della sazietà e di termogenesi con conseguente diminuzione di assunzione di cibo e di peso corporeo. Diversi studi clinici sono stati condotti con l’obiettivo di verificarne l’efficacia nel paziente obeso ed i risultati dimostrano che circa 2/3 dei pazienti hanno perso il 5% del peso iniziale, inoltre il ca lo ponderale si protrae fino al sesto mese di trattamento e si mantiene per oltre un anno. In alcuni studi è stata valutata la composizione cor porea dei pazienti trattati ed i risultati dimostrano che il 69% del tessu to perduto era rappresentato da tessuto adiposo localizzato preferibil mente a livello viscerale. I farmaci che aumentano la sazietà possono essere considerati come aiuto relativo nel calo ponderale soprattutto se usati come unico stru mento, diventano importanti quando si agisce su forme di obesità cro niche, non solo per ottenere un dimagrimento ma anche per preve nire le ricadute. In ogni caso il farmaco va collocato nell’ambito di una strategia terapeutica integrata che tenga conto di azioni interdisciplinari e che agiscono prevalentemente nel modificare in maniera perma nente il comportamento alimentare eliminando i comportamenti ali La regolazione del peso corporeo 11 mentari scorretti. Questo tipo di approccio richiede un parallelo inter vento di educazione alimentare tale da determinare a lungo termine ed in modo definitivo forme comportamentali corrette, capaci di apporta re all’organismo i necessari nutrienti piuttosto che indurre l’individuo, al consumo spesso non controllato di integratori alimentari o di farma ci. Se l’educazione alimentare non ha successo la perdita di peso è tran sitoria con un ritorno alle condizioni originarie non appena la terapia farmacologica viene sospesa. Tale situazione, che determina fluttuazioni del peso corporeo a lungo ter mine viene oggi definita come sindrome dello yo-yo che nel ciclico va riare del peso corporeo produce una riduzione sempre crescente della massa magra. Parallelamente alla riduzione della massa magra si verifica una riduzio ne del metabolismo basale che è la causa principale degli incrementi ponderali conseguenti al ripristino di abitudini alimenatri errate. Va infine ricordato che mangiare è un bisogno primario dell’uomo e che come tale va salvata ed enfatizzata aanche la componente edonistica le gata alla scelta del cibo che non può e non deve essere sostituito dalle pillole! BIBLIOGRAFIA 1. Martin Roy J., Douglas White B. and Martin Husley G.: The regulation of body weight. American Scientist Vol. 79, 528-549 1991 2. 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Academic Press, London 205-219 (1987) Attualità della prescrizione farmacologica nell’obesità e nel sovrappeso Intervista a Michele O. Carruba Dipartimento di farmacologia, chemioterapia e tossicologia medica Università di Milano Delle decisioni statunitensi in merito alla dexfenfluramina rischiano di fa re le spese soprattutto i pazienti europei, e in particolare italiani. La sto ria, almeno a grandi linee, è nota. L’estate scorsa, uno studio della Mayo Clinic di Rochester [N Engl J Med 1997 Aug 28; 337(9): 581-8] segnala va un certo numero di casi di valvulopatia in pazienti obesi, prevalen temente donne, trattati con questo farmaco. Ma, è il caso di sottolinearlo, non soltanto con questo farmaco: in questione era una terapia anores sizzante che negli Stati Uniti ha goduto di grande fortuna, universal mente nota come “fen-phen”, ovvero fenfluramina-fentermina, nella quale a un serotoninergico (dex- o fenfluramina), viene associato un dopaminergico analogo dell’anfetamina (la fentermina). Inizialmente i ca si segnalati dalla Mayo Clinic erano 24, ma col tempo, vagliando le se gnalazioni giunte alla Food and Drug Administration (l’ente regolatore statunitense), la lista si è andata allungando portando il totale a poco più di un’ottantina. L’FDA chiese allora ai produttori di dexfenflurami na (e di fenfluramina) di ritirare i propri prodotti. Sulla scia di questa decisione anche in Europa, e in Italia, la prescrizione delle due sostan ze è stata sospesa. Però, mentre negli Stati Uniti è seguita di lì a poco l’ap provazione di un anoressizzante di nuova concezione, la sibutramina, in Italia si è venuto a creare una sorta di “vuoto terapeutico”, e non è esa gerato dire che l’obesità nel nostro paese è praticamente una malattia or fana. Una situazione, questa, non priva di riflessi potenzialmente peri colosi. La prima decisione dell’FDA è stata corretta? L’Italia ha fatto bene ad adeguarsi? Quali sono le possibilità di superare l’attuale impasse grazie al nuovo anoressizzante? “Probabilmente le difficoltà sorte Oltreoceano con la dexfenfluramina non si sarebbero presentate se l’FDA avesse adottato per tempo gli stessi provvedimenti che vennero presi qui in Italia nel 1987” spiega Michele O. Carruba, farmacologo dell’Università di Milano e presidente dell’Ansisa (Associazione Nazionale Specialisti in Scienza dell’Alimentazione) che ha recentemente firmato un edito riale dell’International Journal of Obnesity dedicato a questo argomen to. “In Italia e in Europa queste associazioni di farmaci erano fin dall’i Il trattamento farmacologico nel sovrappeso e nell’obesità 14 nizio controindicate, e sono poi state proibite, perché già sulla carta c’e ra un pericolo serio, e non pareva necessario giungere a un dimostra zione clinica per appurare l’esistenza di un pericolo”. Insomma, una volta tanto gli organismi regolatori del Vecchio Continente, erano stati più previdenti dell’FDA alla quale, molto spesso, si guarda come a un mo dello. Senza contare che ancora è da dimostrare che responsabile del la valvulopatia sia stata la fenfluramina e il suo derivato e non la fen termina (questa sì bandita da tempo in Italia) o ancora la sola associa zione delle due che, usate singolarmente, potrebbero non avere nes sun effetto del genere, come indicherebbe la somministrazione senza incidenti della fenfluramina nel continente europeo: in venti anni oltre sessanta milioni di pazienti. IMPROPRIO SOSTITUIRE L’ANORESSIZZANTE CON UN ANTIDEPRESSIVO Se questo è l’antefatto, le conseguenze non sono trascurabili. “In primo luogo, oggi l’obesità è una malattia orfana di farmaci in Italia. Infatti ri mangono a disposizione soltanto due vecchi farmaci, che per quanto gloriosi erano stati emarginati dal mercato stesso, visto che la dexfen fluramuina rappresentava l’80-85 per cento delle prescrizioni di ano ressizzanti. La situazione attuale mi preoccupa quasi più di quella ante cedente al 1987, perché oggi si sente parlare delle terapie e delle asso ciazioni di farmaci più strane. Mentre prima si aveva un farmaco che, a nostro avviso, se usato correttamente non aveva dato luogo a proble mi, oggi in sua assenza si sta cominciano un po’ ovunque a fare uso di tutto quel che capita. A cominciare dai prodotti a base di erbe, come l’i perico, che non ha alle spalle nessuno studio su eventuali impieghi nel trattamento dell’obesità, ma semmai della depressione. Poi va aumentando il ricorso ai farmaci antidepressivi, come la fluoxetina, che non si è mai vista riconoscere in nessun paese al mondo l’indicazione nel trattamento dell’obesità, malgrado siano stati condotti migliaia di studi per dimo strane l’eventuale validità terapeutica. Gli effetti di questa sostanze, an che quando sono visibili, si rivelano transitori, perché continuando la somministrazione il peso viene recuperato senza difficoltà”. Al professor Carruba giungono con una certa frequenza segnalazioni di comporta menti impropri, anche dagli Stati Uniti dove, per esempio, all’associa zione fen-phen alcuni stanno sostituendo l’associazione phen-pro, nel la quale la seconda sigla sta per Prozac, ovvero ancora la fluoxetina. Qualcuno potrebbe obiettare che questo tipo di terapia combinata non era contemplata nel decreto del 1987, dove si vietavano esplicitamente le associazioni tra due anoressizzanti ma anche tra un anoressizzante e ormoni tiroidei, diuretici, ipoglicemizzanti orali senza citare, però, gli antidepressivi. “E’ vero” concede Michele Carruba “ ma l’assenza di un Attualità della prescrizione farmacologica nell’obesità e nel sovrappeso 15 rimando esplicito è dovuta al fatto che era già noto come associando farmaci che stimolano la liberazione di serotonina e farmaci che ne ini biscono il reuptake (come gli antidepressivi) si possa giungere a con seguenze gravissimi e mortali , come l’ipertermia maligna, la sindrome serotoninergica”. Una scelta doppiamente irrazionale, perché anche quando non si manifestano conseguenze estreme nella maggior parte dei casi, associando questi due tipi di sostanze, l’effetto anoressizzante vie ne antagonizzato anziché esaltato: ci sono studi pubblicati dallo stesso professor Carruba, negli anni sessanta, che dimostrano questa circo stanza. In sintesi, quando alla dexfenfluramina si riferiva la quasi tota lità delle prescrizioni, anche tenendo presenti i possibili effetti collate rali (e si intende qui l’ipertensione polmonare piuttosto che la valvulo patia la cui origine non è ancora certa), c’era una ragionevole sicurez za. Oggi queste prescrizioni sono per così dire in libera uscita, e questo rende più facile il cammino delle prescrizioni irrazionali. UNA DUPLICE AZIONE: AUMENTO DELLA TERMOGENESI E MODIFICAZIONE DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE L’FDA ha cercato di tamponare la situazione approvando la sibutrami na che, ironia della sorte, è nata ed è stata sviluppata in Europa. Sibu tramina ha un meccanismo non riconducibile semplicisticamente a quel lo degli altri serotoninergici. Alla luce di quanto si sa oggi è in grado di potenziare sia il sistema serotoninergico sia quello noradrenergico, e questa è una particolarità interessante perché sostanze che hanno uno solo di questi effetti non hanno effetti di sorta sull’appetito e la ridu zione del peso. Di conseguenza, l’effetto terapeutico non è dovuto sol tanto a diminuzione dell’introito alimentare, ma anche all’aumento del consumo di ossigeno da parte del grasso bruno, che è appunto deter minato dall’azione noradrenergica centrale mediata dalla funzione ipo talamica. “Questo meccanismo combinato è molto importante perché il principale problema di qualsiasi anoressizzante in senso stretto, e se si vuole anche della dieta, risiede nel fatto che come si riduce l’introito ali mentare si ha la reazione del sistema omeostatico che riduce il livello me tabolico così da opporsi alla perdita di peso” commenta Carruba. “È questo meccanismo di ribilanciamento che fa sì che a un certo punto si raggiunga un plateau e nonostante si continui con la dieta o con la te rapia non si osservi più un calo ponderale. L’aumento della termoge nesi nel tessuto adiposo bruno tende invece a compensare questo effetto”. Questo particolare profilo d’azione fa sì che il trattamento con sibutra mina ottenga una perdita di peso più progressiva e continua, e nei trial finora condotti si è potuta osservare un calo ponderale per tutta la du rata della somministrazione. Certamente le prime esperienze si sono svolte su un periodo relativamente breve (un anno), ma altri trial ora in Il trattamento farmacologico nel sovrappeso e nell’obesità 16 via di svolgimento per periodi più lunghi potranno confermare questa prima indicazione. D’altra parte, l’aumento del consumo energetico era ed è uno dei punti sui quali si è basato l’impiego delle anfetamine nel la terapia dell’obesità, nonché i messaggi promozionali di molti prepa rati (in prevalenza parafarmacologici) che si sono via via affacciati sul mer cato, soprattutto, ancora una volta, negli Stati Uniti. “È vero che un dri ve dopaminergico che parte dal sistema nervoso centrale in qualche modo attiva il dispendio energetico, ma bisogna valutare l’entità di que sto fenomeno. Va notato che con l’anfetamina non solo si aumentava il dispendio energetico promuovendo il consumo di ossigeno da parte del tessuto adiposo bruno, quindi per effetto termogenetico, ma anche perché il soggetto trattato così tende a muoversi di più. In pratica con l’anfetamina il maggior dispendio energetico era ottenuto soprattutto con questo ipermotilità piuttosto che attraverso la termogenesi, e a fron te dei pesanti effetti collaterali che ormai tutti conoscono”. Per quel che riguarda la modificazione del comportamento alimentare, non essendo un farmaco secretore ma un inibitore del reuptake della se rotonina, sibutramina garantisce un effetto analogo a quello della dex fenfluramina, favorendo l’insorgere del senso di sazietà, ma con un sen sibile vantaggio sul piano della tollerabilità, perché non si hanno re pentini e consistenti aumenti della quantità circolante del neurotra smettitore, quali invece si osservano con l’impiego della dexfenflura mina associata a fentermina. Questo passaggio è particolarmente im portante perché è vero che non è ancora assodato che la valvulopatia riscontrata nei casi trattati con fen-phen sia dovuto all’aumento dei li velli di serotomina, “ma è un fatto che questa patologia si verificava più di frequente nei pazienti affetti da carcinoide, il tumore intestinale in cui si ha proliferazione del tessuto enterocromaffine e, quindi, già in partenza una maggiore produzione del neurotrasmettitore”. L’approvazione della sibutramina negli USA, in conclusione, è stata un fatto positivo per la terapia dell’obesità, e secondo il presidente dell’ANSISA è necessario che registrazione e commercializzazione del nuo vo farmaco nel nostro paese seguano in tempi stretti, proprio per co prire un vuoto che rischia di essere colmato da terapie “fatte in casa” i cui effetti, indesiderati e no, sono totalmente imprevedibili (basti pen sare che quando si utilizzano prodotti di origine vegetale non è quasi mai possibile risalire all’esatta composizione, tantomeno alla quantità di prin cipio attivo). “È un auspicio che faccio pensando in termini si salute pubblica” conclude Carruba. La ricerca attuale: una panoramica Enzo Nisoli Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità (CSRO), Dipartimento di Farmacologia, Università degli Studi di Milano, L.I.T.A. Vialba, Ospedale L. Sacco, Milano Che l’ipotalamo giochi un ruolo rilevante nella regolazione dell’omeo stasi energetica fu originariamente stabilito in seguito ai risultati deri vanti da lesioni cerebrali. Infatti, la distruzione dell’ipotalamo ventro mediale causava iperfagia e obesità, mentre lesioni dell’ipotalamo late rale portavano a ipofagia e a diminuzione del peso corporeo. Queste prime evidenze hanno consentito di ipotizzare un complesso sistema regolatorio a livello di quest’area cerebrale importante nel controllo dell’assunzione e della spesa di energia. Da allora molti studi hanno stabi lito il coinvolgimento di neurotrasmettitori, come la noradrenalina, la dopamina o la serotonina, come di neuropeptidi, che comprendono il neuropeptide Y (NPY), l’ormone rilasciante le corticotropine (CRH) o la galanina e la bombesina, facendo ritenere che la comprensione del la regolazione di queste molecole potesse permettere di chiarire nel suo insieme il comportamento alimentare. In realtà la situazione è molto più complessa, e la continua progressio ne delle scoperte che negli ultimi due anni hanno rivoluzionato gli stu di molecolari in questo campo lo sta a dimostrare. Attraverso una com binazione di approcci genetici e biochimici, sono stati individuati nuo vi mediatori e nuove vie, sia in periferia sia nel cervello, che potrebbe ro dimostrarsi estremamente importanti come target di farmaci innova tivi per le patologie del comportamento alimentare. Innanzitutto va ricordato che i geni ob e db codificano un ormone che deriva dagli adipociti (leptina) e il suo recettore. La loro espressione e funzionalità sono essenziali per il controllo del peso corporeo e quindi nell’insorgenza di obesità, ma anche del diabete mellito insulino-di pendente e dell’infertilità. I livelli plasmatici di leptina, infatti, aumente rebbero con l’insorgenza di obesità oppure potrebbero segnalare al cer vello uno stato di grave depauperamento delle riserve energetiche, sti molando in questo caso la messa in atto di una serie di effetti atti a pre servare l’integrità dell’individuo e della specie. Nell’individuo obeso gli alti livelli plasmatici di leptina hanno suggerito una leptino-resistenza che si potrebbe estrinsecare a vari livelli, tra cui i sistemi di trasporto presenti alla barriera emato-encefalica o, ancora, a livello di mediatori ipotalamici. Il trattamento farmacologico nel sovrappeso e nell’obesità 18 Infatti, è stato recentemente dimostrato che la leptina è normalmente in grado di inibire la sintesi e il rilascio di NPY nell’ipotalamo ventrome diale. Tale azione giustificherebbe l’effetto saziante dell’ormone dal mo mento che l’NPY è un importante fattore che stimola l’assunzione di cibo. Inoltre, dal momento che l’NPY è in grado di inibire l’attività sim patica coinvolta nella spesa energetica della periferia, l’azione iniben te della leptina sull’NPY stesso determina, oltre alla riduzione dell’as sunzione di cibo, anche la stimolazione del dispendio energetico, in particolare attraverso l’attivazione della funzione termogenetica del tes suto adiposo bruno. Più recentemente, però, la leptina è stata ipotizzata modulare la sintesi e il rilascio di altri neuropeptidi ipotalamici implicati nel controllo dell’assunzione di cibo. Tra questi l’ormone stimolante i melanociti o aMSH, il peptide correlato alla proteina agouti o AGRP, l’ormone con centrante la melanina o MCH, l’ipocretina e le oressine, una classe di neuropeptidi scoperta negli ultimi mesi. La somministrazione intracerebrale di a-MSH agli animali di laboratorio si è dimostrata in grado di inibire in maniera estremamente significativa l’assunzione di cibo. Infatti, la sua stimolazione dei recettori per la melanocortina di tipo 4 o MC-4, selettivamente espressi in alcuni nuclei dell’ipotalamo ventromediale, rappresenta un meccanismo di controllo del peso corporeo, come dimostrano i topi knockout per questi stessi re cettori MC-4 che accumulano grasso, aumentando di peso, e presenta no una marcata insulino-resistenza. La leptina è in grado di stimolare la sintesi e il rilascio di tale neuropeptide. Al contrario essa inibisce la sin tesi del peptide correlato alla proteina agouti, che si è dimostrato capa ce di antagonizzare in maniera selettiva i recettori MC-4 e di far au mentare in tal modo il consumo di cibo. È importante ricordare a questo punto che, oltre alle sostanze appena citate e che vengono espresse come detto nell’ipotalamo ventromedia le, fino a poco tempo fa nessun neurotrasmettitore era stato specifica mente trovato nell’ipotalamo laterale, che viene considerato anche se de dei centri della fame. Recentemente, si è riusciti a caratterizzare cin que nuovi peptidi e, per alcuni di questi, i rispettivi recettori espressi in questa regione cerebrale. In particolare, l’oressina A e B, che derivano da un neuropeptide precursore o pre-pro-oressina, vengono espresse entro un’area limitata dell’ipotalamo laterale. La loro somministrazione intracerebrale determina un’incremento molto significativo del consu mo di cibo. Costituirebbero quindi due nuovi peptidi oressizzanti, po tenzialmente coinvolti nella fisiologia dell’assunzione di cibo e nella fi siopatologia dell’obesità. Presumibilmente nel prossimo futuro verranno caratterizzate nuove so stanze che entrano in questa complessa rete che, integrando impulsi La ricerca attuale: una panoramica 19 della periferia e dai centri cerebrali superiori, è in grado di elaborare ri sposte adeguate al controllo dell’omesoatsi energetica degli organismi su periori. Bisogna ricordare, comunque, che la decisione di mangiare o meno (o più precisamente che cosa mangiare e quando interrompersi) è, almeno nell’uomo, estremamente complessa risiedendo al confine tra volontà e fisiologia. Noi mangiamo per molte ragioni, che comprendo no quelle edonistiche, quelle che emergono da conflitti psicologici e quelle correlate alla sopravvivenza di base. Quindi, la caratterizzazione delle vie neurochimiche potenzialmente coinvolte in questi processi è una supersemplificazione. Ma tale approccio potrà presto fornire nuo ve informazioni utili, non solo per la conoscenza di questi complessi meccanismi cerebrali, ma anche per la messa a punto di nuove strate gie terapeutiche più sicure ed efficaci delle presenti nel campo dell’o besità e delle altre malattie del comportamento alimentare. FIGURA 1 Attraverso azioni dirette sui corpi cellulari dei neuroni del nucleo arcuato, la leptina corteccia cerebrale ipotalamo laterale stimola la sintesi e il rilascio della pre opio-melanocortina (POMC) e, quindi, dell’ormone stimolante i melanociti o a- sistema nervoso autonomo - CRH - TRH MSH, mentre inibisce la sintesi e il rilascio del peptide correlato alla proteina agouti (AGRP). I neuroni a-MSH proiettano a - MCH - ORESSINA A/B PVN regolazione ipofisaria neuroni X neuroni che esprimono il recettore MC-4, il cui trasmettitore chimico non è ancora stato identificato: i neuroni AGRP antagonizzano il segnale α-MSH su tali cellule. Questo segnale influenza direttamente e indirettamente i neuroni – NPY LEPTINA – AGRP dell’ipotalamo laterale e, quindi, le sensazioni di fame e sazietà. Neuroni che sintetizzano il neuropeptide Y (NPY) proiettano al nucleo paraventricolare (PVN), che contiene neuroni che esprimono l’ormone rilasciante la corticotropina (CRH) o la tireotropina e altri neuropeptidi. + POMC nucleo arcuato tessuto adiposo α MSH + neuroni che esprimono MC-4 MC-4 – La ricerca attuale: l’esempio della leptina Angelo Pietrobelli 1.2 - Steven B. Heymsfield 1 1 Obesity Research Center St. Luke’s/Roosevelt Hospital Columbia University - New York (USA) 2 Clinica Pediatrica III, Istituto Scientifico Ospedale San Raffaele, Università degli Studi di Milano Questo studio è in parte finanziato dal National Institute of Health. Il Dr. Angelo Pietrobelli è finanziato con fondi M.U.R.S.T. La proteina ob o "leptina" (dal greco = leptòs, che significa magro) fu iden tificata e definita da Friedman e Colleghi (1) nel 1994. La leptina è un pep tide di 16-kilodalton secreta dalle cellule adipose (gli adipociti) (1,2). La leptina (Fig. 1) circola nel sangue, probabilmente all’interno di una fa miglia di proteine leganti ed agisce sul sistema nervoso centrale che re gola l’assunzione del cibo ed il bilancio energetico (3). Queste osser vazioni suggeriscono che la proteina ob svolge un ruolo importante nel controllo delle riserve di grasso corporeo nei roditori e negli uomini (3 8), grazie ad un meccanismo di regolazione sul comportamento ali mentare, sul metabolismo, sull’attività del sistema nervoso autonomo e sul bilancio energetico. Questa scoperta fa sorgere la speranza per un ter zo di Americani obesi che la “soluzione” per curare la loro obesità pos sa essere trovata nel prossimo futuro. Per quanto riguarda la leptina, malgrado l’entusiasmo iniziale, rimangono ancora molte domande sen za risposta: quali cellule e tessuti rispondono alla leptina? Quali sono i meccanismi molecolari dell’azione leptina? Qual’è il ruolo della leptina FIGURA 1 “Semplify Leptin Cycle” IPOTALAMO Ob-R NPY STOMACO LEPTINA ADIPOCITI La ricerca attuale: l’esempio della leptina 21 nella patofisiologia delle malattie umane? L’articolo riassume la lettera tura attuale riguardante la leptina, il suo recettore (prodotto del gene Ob-R) ed il ruolo nell’obesità animale ed umana. Prima di tutto verrà fornita una prospettiva storica circa il ruolo ipotalamico nella nutrizio ne. Verrà poi svolto un esame dei vari modelli sperimentali dell’obesità e della loro relazione con la leptina. Infine metteremo a fuoco gli studi clinici, seguiti da una discussione circa le implicazioni, per la diagnosi e la gestione dell’obesità umana e delle patologie associate. LEPTINA: IERI Nel 1958 G.R. Hervey (9) fu il primo a dimostrare l’esistenza di un or mone che regola il peso corporeo grazie ad una interazione con l’ipo talamo. Precedentemente Kennedy (10) aveva suggerito che il luogo di produzione di questo ormone era il tessuto adiposo, creando così la teoria lipostatica del controllo del peso corporeo. L’esperimento di Her vey (9), condotto su animali non lesionati, resi obesi con la distruzione dell’ipotalamo ventromediale (VMH), portò alla morte per digiuno un paio di topi parabiotici*. Egli propose che un fattore di sazietà circo lante era prodotto in eccesso dai parabiosi lesionati, appena il grasso corporeo veniva accumulato. La parabiosi pone una barriera allo scam bio di ormoni circolanti di breve durata, come ad esempio gli ormoni ga strointestinali, la colecistochinina, la bombesina, l’insulina, il glucago ne, il peptide glucagone simile. La patogenesi dell’obesità nel topo geneticamente obeso (ob/ob), nei topi diabetici (db/db) e nei topi grassi (fa/fa) è strettamente correlata al ruolo ipotalamico nella induzione della sazietà e nel controllo del com portamento nutrizionale, nel livello di attività e nella termogenesi (11). Gli esperimenti di parabiosi eseguiti su animali con obesità genetica svolgono una parte importante nella storia della leptina. Hausberger (12) affermava che i topi non obesi bloccavano l’aumento di peso ri spetto ai topi ob/ob con parabiosi ed interpretava questa risultanza co me indice di un obesità causata dalla mancanza di un fattore che può essere trasmesso dal buon esito della parabiosi. Si prevedeva un meccanismo genetico di obesità, nel topo db/db e nel topo fa/fa, differente dal topo ob/ob. Coleman & Hummel (13) affer mavano che i topi magri in parabiosi con db/db morivano di digiuno. Harris (14) ebbe gli stessi riscontri con i topi fa/fa. Le conclusioni di ta li lavori suggerivano che gli animali db/db e fa/fa diventavano obesi per l’insensibilità del sistema nervoso centrale verso un fattore di sazietà * L’esperimento di parabiosi consiste nella distruzione dell’ipotalamo ventromediale Il trattamento farmacologico nel sovrappeso e nell’obesità 22 circolante. Le ipotesi erano corrette. Recentemente è stato scoperto che entrambi i topi db/db (15,16) e fa/fa (17) subiscono mutazioni nel re cettore della leptina (18). LEPTINA: OGGI Zhang ed altri (1994) (1) scoprirono il gene responsabile dell’obesità nel topo ob/ob, omozigote per una forma mutante del gene obeso (ob). Il topo con gene ob codifica un RNA messaggero (m-R NA) del tessuto adiposo di 4.5-kilobase con una sequenza bloccata di 167 aminoacidi aperti per la lettura e una sequenza di 21 aminoacidi per il segnale se cretore. La proteina OB è una proteina secreta; quando la sequenza di segnale viene staccata, la proteina OB completamente sviluppata viene immes sa in circolo. La proteina OB sembra circolare come un monomero di 16,000 kilo dalton. Il gene ob è presente solo nel tessuto adiposo e la proteina OB viene sintetizzata e secreta dal medesimo tessuto in proporzione alla di mensione e al numero degli adipociti (3). Diversi studi mostrano che la leptina induce perdita di peso nei topi (5-7). Dosi quotidiane di leptina ricombinante provoca diminuizione di peso nel topo ob/ob (5-7). Camp field et Al. e Pelleymounter et Al. dimostrarono, in diversi studi su ani mali, che la somministrazione di leptina aumenta la termogenesi ed i li velli di attività fisica. La normalizzazione dell’iperglicemia e della ipe rinsulinemia avverrebbe ancor prima di qualsiasi significativa perdita di peso (4, 5). Campfield et Al. hanno dimostrato che la leptina può modificare il bi lancio energetico ed il comportamento se iniettata direttamente nel ven tricolo laterale del cervello del topo ob/ob (4). Stephens et Al. mostra rono sul topo l’alta affinità della leptina sulle membrane ipotalamiche. (19). La somministrazione della leptina diminuisce l’espressione mRNA del neuropeptide Y ipotalamico (NPY) e direttamente sopprime il NPY (19). Il NPY ipotalamico stimola l’assunzione di cibo, diminuisce la termo genesi ed aumenta l’nsulinemia ed il livello di corticosteroidi (20). In parte la leptina agisce attraverso l’inibizione della biosintesi e del rilascio del NPY (21). Comunque Erikson et Al. affermavano che la mancanza di espressione del gene NPY non influenza il comportamento alimen tare o l’attività della leptina (22). Non è tutto chiaro ed ulteriori studi sono necessari per spiegare come i meccanismi che controllano la sazietà siano regolati dalla leptina. La som ministrazione della leptina confermava la leptino-resistenza negli ani mali (4), come nel topo db/db, fosse totalmente insensibile alla leptina stessa (5, 8). La ricerca attuale: l’esempio della leptina 23 FIGURA 2 New York Obesity Center (Time 1) 20 00 LEPTINA 80 60 40 20 0 0 20 40 60 80 100 Dopo la scoperta della mutazione del gene nel topo ob/ob, diversi grup pi hanno cercato di identificare mutazioni simili nelle persone obese; nulla fino ad ora è stato rilevato (11, 21). Un’importante scoperta fu lo sviluppo della metodica analitica di do saggio radioimmunologico o ELISA per la determinazione sull’uomo dei livelli di leptina in circolo (23, 24). In un nostro precedente lavoro, abbiamo stimato la massa grassa tota le (FM, in Kg) derivata dai livelli di leptina ematica. Abbiamo verificato l’ipotesi, con un test iniziale sugli uomini, se la concentrazione di lepti na fosse direttamente associata alla FM, usando modelli di regressione multipla. Abbiamo validato quindi questi modelli mediante un secondo studio di cross-validazione (Figg. 2, 3 e 4). La figura 2 mostra la relazione tra la lep tina ematica e grasso totale corporeo (Kg) misurato con l’analisi impe denziometrica (BIA) in 69 volontari che rispondevano a predefiniti cri teri di buona salute (25). Perciò abbiamo dedotto che le concentrazio ni della leptina ematica riflettono la quantità di tessuto adiposo corpo reo e questa scoperta concorda con quasi tutti gli altri studi effettuati sulla specie umana, adulti e bambini (23, 24, 26) ed animali (7, 15, 27). Tuttavia, è anche chiaramente riscontrabile negli individui, con un li vello paritetico di adiposità, un’ampia variazione nei livelli di leptina ematica (21). Studi recenti sull’uomo hanno dimostrato che i livelli di leptina in circolo mostrano una variazione diurna con picco massimo tra la mezzanotte e le prime ore del mattino ed un nadir/punto più basso tra mezzogiorno e metà pomeriggio (28). Il trattamento farmacologico nel sovrappeso e nell’obesità 24 FIGURA 3 50 Boston Obesity Research Center (Time 1) 30 10 90 LEPTINA 70 50 30 10 0 0 50 100 150 Il pattern è simile sia in soggetti normopeso che negli obesi diabetici con diabete mellito non insulino dipendente (NIDDM), ma in entram bi questi gruppi i livelli di leptina erano più alti rispetto al gruppo dei soggetti normopeso (11, 28). Reports recenti hanno dimostrato che prolungati incrementi di insulina stimolano la produzione di leptina nell’uomo (29). Noi abbiamo analizzato la relazione tra l’insulinemia e la leptinemia in 93 donne non diabetiche. Di questi soggetti sono state determinate l’in sulinemia, la leptina e la glicemia (2 hr prima e dopo test di tolleranza con somministrazione orale di 75 g. di glucosio, OGTT) e la composi zione corporea mediante BIA. Abbiamo verificato che nè la iperinsulinemia basale nè la ridotta tolle ranza al glucosio erano associate ad alti livelli di leptina basale (30). Abbiamo anche analizzato la relazione tra l’insulinemia e la leptina in 44 soggetti obesi, in 20 normopeso e 21 soggetti con Sindrome di PraderWilli. Tutti gli 85 soggetti erano giovani di entrambi i sessi, che sono stati suddivisi per età, sesso e stato puberale secondo Tanner. Parametrandosi al dato della massa grassa, ottenuta con la metodica Dual Energy X Ray Absorptiometry, DXA, si delineava una più stretta correlazione tra leptina e insulina nei soggetti Prader-Willi rispetto agli obesi e agli individui di peso normale. Queste scoperte suggeriscono che, in questi pazienti, alcuni fattori associati all’insulina basale nei sog getti Prader-Willi, oltre che al grasso corporeo, sono coinvolti nell’in cremento dei livelli basali di leptina. La ricerca attuale: l’esempio della leptina 25 FIGURA 4 Cross-Validation: Time 1 GRASSO PREVISTO (Kg) 20 00 80 60 40 20 0 0 LEPTINA: DOMANI 50 100 150 In questa sezione analizziamo le principali ed attuali questioni relative alla leptina. Innanzitutto, si deve capire il meccanismo regolatorio del la produzione di leptina. È fondamentale per comprendere il metabolismo della leptina, ap profondire la conoscenza della sequenza, della regolazione e dell’attività del gene che promuove l’obesità. La scoperta della struttura chimica di tale gene nel topo (33) e nell’uo mo (34) è forse imminente. Si sa che gli ormoni (come l’insulina, i gli cocorticoidi e le catecolamine (35) regolano la secrezione di leptina. Gli adipociti dei soggetti obesi, mantenuti in coltura per più di 5 giorni con tinuano a produrre più leptina rispetto a quelli dei soggetti magri (36). È importante capire come gli adipociti forniscano la corretta informa zione al promotore della leptina. È anche possibile che i prodotti del metabolismo intracellulare degli adipociti (come gli acidi grassi liberi, il diacilglicerolo, l’acido lisofosfatidico) potrebbero agire come agenti che modulano la regolazione della trascrizione del gene dell’obesità (21). La seconda importante domanda a cui rispondere è relativa al mecca nismo dell’azione della leptina. Il primo passo per capire l’azione della leptina avvenne quando Tarta glia ed altri (18) scoprirono il recettore della leptina. Una scoperta inat tesa è l’ampia distribuzione di differenti e isoformi recettori della lepti na. Essi non sono solo presenti nell’ipotalamo, ma hanno un’ampia di stribuzione nel cervello, nel plesso coroideo, fegato, cuore, rene, mil za, etc. (16-18). Per accertare il ruolo della leptina in tutti questi tessuti, occorrerà una ricerca approfondita e mirata. La terza questione, la più importante, riguarda la prospettiva clinica. Qual’è il meccanismo di resistenza alla leptina nell’obesità? I soggetti Il trattamento farmacologico nel sovrappeso e nell’obesità 26 FIGURA 5 CASA FARMACEUTICA Le due fasi dello studio sulla leptina FASE I DIGIUNO Carico di glucosio 2 h 1500 adulti sani in 10 centri FASE II Leptina umana ricombinante 250 adulti sani in 4 centri obesi non hanno un difetto di produzione di leptina (21). Tuttavia ci possono essere insufficienze intravascolari che limitano la concentra zione della leptina libera che raggiunge il cervello. Altri difetti possono emergere nel sistema di trasporto. Anche se il car rier leptina dimostra di essere normale, il problema potrebbe anche es sere nel recettore della leptina. È possibile che il recettore e il sistema di trasporto della leptina siano normali e che il difetto risieda nel mec canismo di segnale. Infine può essere che il difetto risieda nel sistema leptina-trasduttore. IMPLICAZIONI CLINICHE La questione cruciale di rilevanza pratica è attinente alla terapia per l’o besità negli uomini. Nel Maggio 1996 sono iniziati negli USA i primi stu di nell’uomo sui livelli di sicurezza e di tollerabilità della proteina ob (forma ricombinante della leptina). Studi su modelli animali dimostravano che la somministrazione di leptina provocava perdita di peso e norma lizzazione dei parametri metabolici (5). Uno studio mostrava una ridu zione del 40% del peso corporeo nei topi ob/ob, dopo 33 giorni di som ministrazione sottocute quotidiana di leptina, confrontato con nessuna variazione del peso in un gruppo di controllo che riceveva iniezioni sot tocute di placebo (soluzione salina) (8). Uno studio preclinico sull’uo mo, condotto in differenti centri, è destinato prima di tutto a stabilire i livelli di sicurezza e di tollerabilità della leptina. Lo studio iniziale, (Fig. 5) è stato condotto sotto il controllo della Investigational New Drug Ap La ricerca attuale: l’esempio della leptina 27 plication (IND) e sottoposto alla approvazione della U.S. Food and Drug Administration (FDA). Saranno svolti e condotti studi futuri basa ti sulle acquisizioni dei precedenti trial per valutare l’efficacia della lep tina, includendo eventualmente determinati target di malattie quali dia bete, iperlipidemia e/o patologie cardiovascolari BIBLIOGRAFIA 1. Zhang Y, Proenca R, Maffei M, Barone M, Leopold L Friedman J. Positional cloning of the mouse obese gene and its human homologue. Nature 1994; 372:425-432. 2. Masuzaki H, Ogawa Y, Isse N, Satoh N, Okazaki T, Shigemoto M, Mori K, Tamura N, Hosoda K, Yoshimasa Y, Jingami H, Kawada T, Nakao K. Human obese gene expression. Adipocyte-specific expression and regional differences in the adipose tissue. Diabetes 1995; 44: 855-58. 3. Campfield LA, Smith FJ, Burn P. The OB protein (leptin) pathway - a link between adipose tissue mass and central neural network. Horm Metab Res 1996; 28:619-32. 4. Campfield LA, Smith FJ, Guisez Y, Devos R, Burn P. 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Nasceva così un approccio nuovo al trattamento del sovrappeso e delle patologie correlate. Da allora questo strumento è stato costantemente perfezionato e aggiornato, e tutt’oggi è lea der nel settore. Da allora Dietosystem ha sviluppato il suo approccio originale, affiancando alla die toterapia una metodologia sempre più vasta e rappresentativa di un insieme unico di tecnologie e presidi mirati all’area del sovrappeso della obesità e delle patologie associate. Logico® è l’e spressione concreta del nuovo sistema esperto ove la metodologia gestionale del paziente in so vrappeso e obeso segue la traccia di un protocollo scientifico ideale. Grazie a Logico®, Dietosy stem traduce il protocollo ideale in una serie di step diagnostici e terapeutici nei più diversi set clinici: dal reparto ospedaliero al poliambulatorio e allo studio medico del singolo professionista. In campo diagnostico, la metodologia Dietosystem offre tecniche non invasive, con un ec cellente rapporto tra costi e benefici, nelle aree della composizione corporea, del food intake e comportamento alimentare, del metabolismo, del microcircolo e della patologia venosa. In campo terapeutico Dietosystem offre apparecchiature e presidi ad alta tecnologia in gra do di trattare le adiposità localizzate, gli stati edemigeni e la patologia del microcircolo venoso. Dove non arriva lo strumento le nuove linee di supplementi offrono opzioni terapeutiche si stemiche o topiche per una rapida soluzione del quadro clinico. Con le stesse caratteristiche di affidabilità ed efficacia, Dietosystem ha messo a punto strumenti per elaborare e applicare programmi di attività fisica mirati alla riduzione del sovrappeso e del le sue complicanze. Le soluzioni elaborate da Dietosystem costituiscono quindi un sistema in tegrato e completo di gestione altamente sofisticato quanto amichevole nell’utilizzo. Un sistema unico a livello internazionale perché traduce le esperienze concrete di 30 anni di rapporto diretto con il medico. 20125 Milano - Viale Monza, 133 Tel. 02 2817 2200 - Fax 02 2817 2299 eMail: [email protected] Web: www.dsmedica.info &