RECENSIONI 227 IL CANZONIERE. LETTURA MICRO E
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RECENSIONI 227 IL CANZONIERE. LETTURA MICRO E
RECENSIONI IL CANZONIERE. LETTURA MICRO E MACROTESTUALE A cura di Michelangelo Picone Ravenna: Longo Editore, 2007. 851 pp. FERNANDO DI MIERI Istituto Filosofico San Tommaso d Aquino , Napoli on è impresa da poco coinvolgere oltre trenta accreditati petrarchisti in una Lectura dell intero Canzoniere. Michelangelo Picone c è riuscito ed ha quindi tutte le ragioni di rivendicarne con orgoglio il merito. I testi delle lezioni, tenute presso l Università di Zurigo, sono raccolti ora in questo volume ponderoso nella mole e ricchissimo nelle impostazioni critiche e nelle questioni dibattute. È il caso, dunque, di illustrare i principali motivi ispiratori che hanno mosso il curatore a realizzare questo ambizioso progetto. Il Canzoniere, si sa, comprende 366 lavori poetici, per lo più sonetti, ma anche canzoni, sestine, ballate e madrigali. Fin dal titolo esso pone non pochi problemi. V è quello che è ormai codificato nell uso, usato anche da me in queste righe, ma nel tempo abbiamo avuto anche Rime sparse (celebre il commento di Chiorboli con questo titolo) o più semplicemente Rime. L unico che l Autore ci ha lasciato suona però Rerum Vulgarium Fragmenta. Forse ha ragione Stierle quando afferma che Canzoniere è un titolo al quale Petrarca non avrebbe mai pensato, perché intendeva porsi come poeta della scrittura e non della recitazione verbale. In tal senso il titolo latino delle sue poesie in lingua volgare insiste sulla sua letterarietà scritta . Chiunque conosca questo celeberrimo libro sa che, tranne alcuni elementi immediatamente percepibili, e magari forniti dalla stessa edizione, come il prevalente sentimento per l amata o la divisione fra le rime in vita e in morte di Madonna Laura, diventa estremamente difficile cogliervi una linearità diegetica. Cadute e riprese, avanzamenti e ritorni, mutevolezza degli stati d animo, dissidio interiore rendono poco praticabile un simile compito. Sembra proprio che riflettano lo spirito del Petrarca, qual è possibile desumere da questo notissimo passo, tratto da un epistola, sconcertante nella sua profonda umanità: È proprio così: amo, ma ciò che amerei non amare, ciò che vorrei odiare; amo tuttavia, ma controvoglia, nella costrizione, nel pianto, nella sofferenza nel campo dei miei pensieri s intreccia una battaglia ancor oggi durissima e incerta per il possesso di quel doppio uomo che è in me . Che fare dinanzi ad un autore che dichiara, e ne fa un motivo centrale, la sua 227 Fernando Di Mieri carnale complessità? Ecco allora la fonte prima di difficoltà per la comprensione in termini unitari dell opera petrarchesca, che gioca costantemente tra frammento ed unità, terra e cielo, tempo progressivo e circolarità, e così via. Eppure, in un procedere a volte lineare a volte erratico, riusciamo a vedere un anima che si confessa. Lo fa in forme letterariamente meditate, giungendo ai vertici che tutti riconosciamo. È difficile pretendere di dare interpretazioni definitive della ragione per cui Petrarca ha scelto una formulazione così frammentaria. Picone vuole indagare proprio questa frammentarietà, motivo di disorientamento iniziale per il lettore, ma che per Petrarca andava superata, immergendosi nell amore di Dio. Un esito elevatissimo, il più alto, mai però raggiunto. L intenzione di fondo della Lectura qui recensita è allora di cogliere il nesso che intercorre tra i microtesti (le poesie), considerati nelle rispettive particolarità, e il macrotesto (il loro insieme). Di qui il sottotitolo del libro. Come distribuire la materia fra i commentatori? Anche qui trovare un criterio diventa oggettivamente difficile. Si sa che sono state tentate letture calendariali , favorite dalla singolare vicinanza del numero complessivo dei componimenti alla durata dell anno solare (d altra parte, si sa che 366 sono i giorni dell anno bisestile). Di recente, Biancardi ha scritto in tal senso un brillante saggio ( L ipotesi di un ordinamento calendariale del Canzoniere petrarchesco , 1995). Eppure, una scansione fondata su tali presupposti non sarebbe certo esente da difficoltà. Picone ha pertanto preferito una soluzione prevalentemente decadaria, che assume senz altro un sapore di novità, ma suscita la percezione di un che di forzato. È una scelta che offre facilmente il fianco ad obiezioni, poiché non abbiamo alcuna indicazione che il poeta abbia voluto formare dei microgruppi di queste dimensioni o entità, né si rinvengono nei Fragmenta decadi contenutistiche. Ciò nonostante, Picone ha lanciato una sfida che i commentatori hanno raccolto valutandola diversamente, a seconda delle diverse situazioni ermeneutiche in cui sono venuti a trovarsi. Non è un caso che molti abbiano sentito la necessità di presentarsi al lettore-ascoltatore con distinguo e premesse giustificative di eventuali sfondamenti. La scelta, però, è stata generalmente apprezzata nelle sue valenze positive. Laughlin, ad esempio, riserva una validità interpretativa al criterio adottato, poiché consente lo studio di un segmento della raccolta, anche nella sua relazione con altri segmenti. Praloran, per parte sua, sostiene che l aver sopportato la meccanica del taglio è la dimostrazione migliore dell irriducibilità del Canzoniere alla forma romanzo . È impossibile, per evidenti ragioni, soffermarsi con la dovuta attenzione su ogni singolo contributo. Ben altro dovrebbe essere lo spazio concesso ad un recensore! Va da sé che le posizioni critiche dei diversi studiosi non sono certo omogenee. Scorrono, nelle loro pagine, i grandi temi del Canzoniere. Laura, prima degli altri. Figura enigmatica e sfuggente ad ogni tentativo di inquadramento ultimo. Le sue associazioni: l aura, l alloro. I richiami al mito di Apollo e Dafne. I suoi caratteri quasi mariani. Fluttuano gli stati d animo 228 IL CANZONIERE. LETTURA MICRO E MACROTESTUALE del poeta, i suoi ideali, le sue dissipazioni. Lottano fra loro il desiderio di conversione ed un incessante differimento, pilastri portanti di quella complessa struttura di senso che il Canzoniere edifica nello sviluppo sintagmatico delle sue poesie , secondo la sottile analisi di Regn. Insomma, il Canzoniere, che per Pancheri tende a configurarsi quale liber policentrico , viene squadernato nella molteplicità dei suoi aspetti e relazioni. È interessante, soprattutto per chi ha sensibilità filosofica, la proposta avanzata da Canettieri di una critica connessionista, che, nel riprendere uno dei filoni più fecondi delle scienza antropologica contemporanea, punta l accento sui connettivi, più o meno consapevoli, interni ai Rerum Vulgarium Fragmenta, che avrebbero la funzione precipua di indirizzare la mente del lettore verso la strutturazione di una storia . Si può dire che, pur con comprensibili differenze di accenti, il complesso dei debiti culturali contratti dal Petrarca riceve una luce sempre più chiara e diffusa. I grandi autori classici, da Ovidio a Virgilio, i Testi Sacri, Sant Agostino, la tradizione stilnovista e dantesca e una quantità di altri riferimenti ricevono ormai una collocazione sempre meglio definita. In particolare, Dante, la cui presenza è stata troppo a lungo oscurata o almeno sottodimensionata nella produzione volgare petrarchesca. Bruni si spinge a dire che tra gli acquisti più stabili della ricerca contemporanea, si deve rubricare il riconoscimento della straordinaria immanenza nella stesura del Canzoniere del maestro negato . È una presenza non sempre individuabile di primo acchito e che, in ogni caso, non dà mai luogo ad un imitazione pedissequa. Certo, Petrarca, come ogni grande, pur prendendo di qui e di là, rielabora da par suo. Troppo forte la sua personalità ed il suo nuovo sentire, il suo nuovo rapporto col divino, il suo nuovo senso dell ascesi. E per quel che riguarda la verità della visione? Baránski può dire che Petrarca nega il maestro: è possibile intuire che il vero bersaglio petrarchesco è la Commedia, in particolare le dichiarazioni fatte da Dante circa la veridicità e il carattere divinamente ispirato del suo resoconto dell aldilà . Prandi richiama opportunamente un noto passaggio: il velame allegorico appare pienamente operativo nel Canzoniere non meno che nel Bucolicum Carmen, poiché, come affermerà perentoriamente la Sen. XII.2 a Giovanni da Padova, officium poete est fingere, idest componete atque ornare, et veritatum rerum vel mortalium vel naturalium vel quarumlibet aliarum artificiosis adumbrare coloribus, et velo amene fictionis obnubere, qui dimoto veritas elucescat, eo gratior inventu quod difficilios sit quaesitu . Picone, a mio avviso, ha il merito di non aderire ad interpretazioni letteraliste estreme. Anzi, trattandone si lascia andare in qualche occasione anche a forme di sottile ironia. Nell esame dell oscuramento degli occhi, di cui al sonetto 231, scrive: Quasi tutti i commentatori hanno preso la malattia degli occhi di Laura alla lettera; Santagata (che, com è giusto, resta il critico contemporaneo più citato. NdS) si preoccupa perfino di distinguere la sintomatologia fisica attestata in questo componimento da quella amorosa 229 Fernando Di Mieri presente in altri luoghi del Canzoniere. Nell attesa di trovare la cartella clinica dell oculista di Laura, ci dobbiamo accontentare di scoprire la valenza simbolica di un simile fenomeno . È la dimensione dell oltre che Picone coglie molto opportunamente anche nelle cifre aritmetiche. Il senario, ad esempio, viene rilevato come il numero petrarchesco, esattamente come il novenario è la cifra dominante della Vita Nova ed il ternario della Commedia. Egli ne vede le valenze di limite ed imperfezione , anche se, secondo una forma mentis, classica sì ma circolante a questo proposito in tutto il Medioevo, persiste la visione del senario come numero perfetto da un certo punto di vista. Senza citare testi peregrini, basti prendere il più diffuso manuale di aritmetica del Medioevo, che riprende liberamente un opera di Nicomaco di Gerasa, per vedere un interessante raccordo tra il senario e morale. L accostamento, anzi il riconoscimento di una natura perfetta, si basa sul fatto che la somma dei divisori del senario evita di cadere in diminuzione o di eccedere, ma è assolutamente eguale alla quantità del numero stesso: ille numerus qui perfectus dicitur, uirtutis scilicet aemulator ut VI (Boezio, De Institutione Arithmetica I, 19,9). Per concludere: senza tema di smentita, ora abbiamo dinanzi un volume che, fuori di ogni facile retorica, è difficile non ritenere per il futuro tra le opere di consultazione e di studio obbligatorie, segnando una tappa imprescindibile in questo campo di studio. L attenzione, che sta già suscitando nel mondo accademico, nonostante i consueti ritardi editoriali, è una prima, ovvia conferma delle mie parole. __________ 230