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Ordinanza n. cronol. 12913/2015 del 30/09/2015
RG n. 23979/2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Roma
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del giudice unico Dott. ssa Monica Velletti
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nella causa civile di I Grado iscritta al N.23979/2015 R.G. promossa da:
BASHIR BAMBA con il patrocinio dell’avv.to Anna Novara, con elezione di domicilio presso il suo studio in viale delle Medaglie D’Oro n.169;
RICORRENTE
contro:
MINISTERO DELL’INTERNO
CONVENUTO
con l’intervento del P.M. presso il Tribunale di Roma
OGGETTO: riconoscimento protezione internazionale
a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 10 settembre 2015, ha emesso la seguente
ORDINANZA
letti gli atti e i documenti di causa, osserva che:
Firmato Da: VELLETTI MONICA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: cbaf5
E
Ordinanza n. cronol. 12913/2015 del 30/09/2015
RG n. 23979/2015
con ricorso depositato il giorno 15.4.2015 Bamba Bashir nato il 20.12.1989 in Costa D’Avorio, cittadino della COSTA D’AVORIO, deducendo che la Commissione Territoriale per il riconoscimento della
Protezione Internazionale di Roma aveva con pronuncia emessa in data 7.1.2015, notificata il successivo
31.3.2015, rigettato la sua domanda di protezione internazionale, disponendo la trasmissione degli atti al
Questore per il rilascio di permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha chiesto in via principale il
riconoscimento, previo annullamento del suddetto provvedimento, dello status di rifugiato, in subordine
della protezione internazionale sussidiaria;
la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma ha
rigettato l’istanza proposta dall’odierno ricorrente, volta al riconoscimento dello status di rifugiato politico,
e la protezione sussidiaria rilevando, nella motivazione della decisione, che “il racconto del ricorrente
appare solo parzialmente credibile, in particolare suscita perplessità il fatto che per tutto il periodo che va
dai risultati elettorali al maggio 2011, il periodo più critico, il richiedente non abbia subito significative
ritorsioni”, trasmettendo gli atti al Questore per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari;
comunicato il ricorso ed il decreto di fissazione dell’udienza al Ministero dell’Interno alla Commissione Territoriale di Roma ed al P.M., il Ministero convenuto ha fatto pervenire delle note;
in ordine alla richiesta principale, volta al riconoscimento dello status di rifugiato occorre ricordare
che l’art.1 della Convenzione di Ginevra del 28.7.1951, ratificata dal’Italia con l.24.7.1954 n.722, definisce rifugiato chi, temendo con ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinioni
politiche o appartenenza ad un determinato gruppo sociale ha dovuto lasciare il proprio paese e non può
per tali motivi farvi rientro. Definizione questa dalla quale si evince, secondo il consolidato orientamento
della giurisprudenza, che la generica gravità della situazione politico economica del paese di origine del
richiedente, così come la mancanza dell’esercizio delle libertà democratiche non sono di per sé sufficienti a costituire i presupposti per il riconoscimento dello status reclamato, essendo invece necessario che la
specifica situazione soggettiva del richiedente, in rapporto alle caratteristiche oggettive esistenti nello Stato
di appartenenza, siano tali da far ritenere la sussistenza di un pericolo grave per l’incolumità della persona (cfr. per tutte Cons. Stato IV, 18.3.1999 n.291). Puntuale riscontro dell’esattezza della suddetta interpretazione si ricava del resto dal più recente d.lgs. 19.11.2007 n.251 relativo all’attuazione della direttiva per l’attribuzione a cittadini di paesi terzi o apolidi della qualifica di rifugiato o di persona
altrimenti bisognosa di protezione internazionale, il cui art.3, nel dettare i criteri di valutazione delle norme
di protezione internazionale, impone al richiedente di specificare, oltre a tutti i fatti che riguardano il Paese
di origine al momento dell’adozione della decisione in merito alla domanda, altresì la situazione individuale e le circostanze personali, dalle quali desumere se gli atti a cui è stato o potrebbe essere esposto si
configurino come persecuzione o danno grave;
dal momento che nessun elemento di prova è stato fornito a sostegno della domanda, l’unico dato sul quale fondare la presente decisione è costituito dalla credibilità e verosimiglianza del resoconto della
propria vicenda personale reso dallo stesso ricorrente innanzi alla Commissione Territoriale, la cui accurata
ed approfondita audizione ha reso superfluo l’interrogatorio in sede giudiziale;
la specifica vicenda dedotta in ricorso, che avrebbe indotto la parte ricorrente a fuggire dalla COSTA
D’AVORIO, si sostanzia nel timore di essere ucciso “perché minacciato ed aggredito da gruppi di giovani
appartenenti al partito RDR, che avevano anche dato fuoco al suo magazzino e lo ritenevano un nemico
politico”. La vicenda narrata non è però riconducibile alla citata convenzione di Ginevra, atteso che i motivi di persecuzione, non indicando una specifica persecuzione connessa all’appartenenza ad un partito politico Firmato Da: VELLETTI MONICA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: cbaf5
nel merito, il ricorso in esame, ritualmente introdotto ai sensi dell’art.35 del citato d.lgs 25/2008, può ritenersi fondato con riferimento alla domanda subordinata di riconoscimento della protezione sussidiaria;
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RG n. 23979/2015
data la vaghezza del racconto sul punto, non risultano riferibili ad una specifica ed attuale posizione del
ricorrente di persecuzione per le opinioni politiche, ma ad un generalizzato contesto di disordine sociopolitico del Paese;
deve invece essere accolta la richiesta subordinata volta al riconoscimento della protezione
sussidiaria, tale misura è consentita in presenza di un danno grave ricorrente nelle sole ipotesi
tassativamente indicate dall’art.14 del d.lgs. 251/2007, ovverossia: a) di condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte; b) la tortura o altra forma di trattamento inumano o degradante; c) la minaccia grave
ed individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di
conflitto armato interno od internazionale; ipotesi quest’ultima che ricorre nel caso in esame, avuto riguardo alla condizione del Paese di origine del ricorrente, in cui vi sono disordini con uccisioni legati al
contrasto presidenziale tra Gbagbo e Ouattara tale situazione trova oggettivi riscontri nei rapporti di
organizzazioni umanitarie, nonché nelle informazioni presenti sul sito “Viaggiare Sicuri” del Ministero degli affari esteri. In particolare nel rapporto annuale redatto nel 2013 da Amnesty International si legge: “Per l’intero anno, è rimasto un clima d’insicurezza, con attacchi lanciati da combattenti armati non identificati contro obiettivi militari. Ci sono state perdite di vite umane tra i militari e i civili, così come tensioni etniche
e politiche tra i servizi di sicurezza e i civili. Gli attacchi sono aumentati dopo che a giugno sette
peacekeeper dell’Operazione delle Nazioni Unite in Costa d’Avorio (UN Operation in Côte d’Ivoire – Unoci)
erano stati uccisi assieme a 10 civili, nel sud-ovest del paese, da milizie provenienti dalla Liberia. Questi
attacchi hanno causato nuovi sfollamenti di persone e ondate di arresti. Le autorità hanno accusato il
Fronte popolare ivoriano (Front populaire ivorien – Fpi), partito dell’ex presidente Laurent Gbagbo, di essere il mandante degli attacchi e hanno dichiarato di aver sventato diversi tentativi di colpo di stato e
complotti finalizzati a destabilizzare il governo. L’Fpi ha respinto le accuse. Nel contesto del processo di
riforma delle Forze repubblicane della Costa d’Avorio (Forcesrépublicaines de Côte d’Ivoire – Frci), avviato a
dicembre 2011, è stato creato un corpo di polizia militare per porre fine agli abusi commessi dall’esercito. Nella pratica, tuttavia,questo ha arbitrariamente detenuto e torturato reali o presunti oppositori. Inoltre,
per l’intero anno, membri delle forze armate oltre che i cosiddetti dozos (miliziani sostenuti dal governo) hanno continuato ad attuare detenzioni arbitrarie e a commettere torture nella totale impunità.” La situazione non risulta normalizzata allo stato attuale come desumibile dal rapporto Amnesty International
2014-2015 nel quale “sono state espresse preoccupazioni per l’inadeguatezza dell’azione del governo ivoriano in riferimento a diverse tematiche”; secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, il giudice nazionale ai fini
dell'accertamento della condizione ostativa prevista dall'art.698, comma primo, cod. proc. pen., può
fondare la propria decisione in ordine all'esistenza di violazioni dei diritti umani nel Paese richiedente anche
sulla base di documenti e rapporti elaborati da organizzazioni non governative (quali, ad es., "Amnesty
International" e "Human Rights Watch"), la cui affidabilità sia generalmente riconosciuta sul piano
internazionale (cfr. Cass. sent. n. 32685 dell’ 08/07/2010); tale orientamento, che deve intendersi esprimere un principio di ordine generale, trova, del resto, le proprie radici nella giurisprudenza della Corte
europea dei diritti umani che ormai da tempo riconosce la piena rilevanza ed utilizzabilità dei rapporti
informativi redatti da organizzazioni internazionali impegnate nella tutela dei diritti umani (CEDU, 28
febbraio 2008 , Saadi c.Italia);
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ritenuto che in tale contesto non possa, pertanto, essere accolta la domanda del ricorrente diretta al
riconoscimento dello status di rifugiato, non risultando oggettivamente dimostrata, né risultando offerti
adeguati elementi che avvalorino la dedotta correlazione dell’espatrio con persecuzioni legate a
motivazioni direttamente riconducibili a situazioni politiche o religiose, con la precisazione che “la situazione socio politica o normativa del paese di provenienza è rilevante, ai fini del riconoscimento dello
status, solo se si correla alla specifica posizione del richiedente, il quale rischi verosimilmente specifiche
misure sanzionatorie a carico della sua integrità psico-fisica” (Cass. ord. n. 10177 del 10 maggio 2011);
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la parte ricorrente ha fornito una versione dei fatti che, a prescindere da elementi di dettaglio, dal
punto di vista astratto risulta verosimile, in quanto coerente con le informazioni di carattere generale che si
possono acquisire sulla situazione del Paese di origine; l’assenza di specifici elementi di prova che avvalorino la narrazione esposta nel ricorso non può costituire motivo ostativo all’accoglimento del medesimo, trattandosi di oneri probatori praticamente impossibili da assolvere, avuto riguardo alle
condizioni del richiedente ed alle modalità del suo allontanamento dal Paese di origine;
a norma dell’art.133 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (“il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio la rifusione delle
spese processuali a favore della parte ammessa dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello
Stato”) è corretto prescindere dalla pronuncia di condanna alle spese, in quanto questa verrebbe a cadere
su un’amministrazione dello Stato, in favore di quest’ultimo; PQM
visto l’art.702 bis c.p.c.
riconosce a BAMBA BASHIR, nato il 20.12.1989 in Costa d’Avorio, lo status di persona alla quale è
accordata la protezione sussidiaria, disponendo l’annullamento del provvedimento emesso dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma in data 7 gennaio
2015;
dichiara compensate le spese di lite;
provvedimento immediatamente esecutivo.
Si comunichi
Così deciso in data 25/9/2015 dal TRIBUNALE ORDINARIO di ROMA.
Il Giudice
Firmato Da: VELLETTI MONICA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: cbaf5
Dott.ssa Monica Velletti