INCANTO DI NATALE

Transcript

INCANTO DI NATALE
COPIA IN OMAGGIO PER I P OSSESSORI DI CA RTA PAY BAC K
LIFESTYLE MAGAZINE
ISSUE_08_2016 / DICEMBRE
CIOCCOLATO
Goloso simbolo di festa
ARGENTINA
Vacanze
agli antipodi
INCANTO
DI NATALE
Sotto l’albero sapori,
valori, tradizioni e novità
Qual è il sapore di un buon Natale? Per noi
di Vivi di gusto la più tradizionale, gioiosa e
partecipata di tutte le feste porta con sé il piacere
della conoscenza, il divertimento della scoperta,
il gioco della cucina.
Ogni mese, e ancora di più a Natale, vi vogliamo
invitare a una tavola imbandita di storie, di
materie prime, di ricette, di novità e di tendenze,
di tradizioni e di cultura.
Brindiamo allora con un calice di bollicine a
un nuovo anno che sta arrivando, un anno da
passare insieme a tutti i life lovers, a tutti coloro
che conoscono il valore della qualità e ricercano
ogni giorno il sapore della bellezza.
Sotto l’albero di Vivi di gusto troverete la dolcezza
del cioccolato, la vastità dei panorami argentini,
la bontà di un torrone artigianale da preparare
nel calore delle nostre case, e anche qualche
consiglio per poter scegliere regali belli e giusti per
chi ci sta a cuore. Buon Natale e felice anno
nuovo a tutti voi: vi aspettiamo nel 2017!
Stéphane Coum
Direttore Carrefour market
Italia
_1
sommario
e
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Sa p o r
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s
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tanti
a
l a vi t
modi di
ver s i p er a m a r e
l a mat e ria p rima
Il tema del mese
Cioccolato
Pietro Leemann
Cibo solidale
Storia, ricette e informazioni utili
su uno degli alimenti più amati e
celebrati, goloso simbolo di festa
Come festeggia il Natale il grande
cuoco vegetariano? Racconti familiari
e consigli su ingredienti speciali
Per la festa più sentita dell’anno, ecco
cibi e ristorazione che abbinano l’alta
qualità a un forte contenuto etico
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ci metto la faccia
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l a f o toricetta
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cibo per la mente
Ciro Perfetto
Il torrone
Canto di Natale
Il Natale raccontato dal responsabile
della pescheria del Carrefour market
di Corso Europa a Napoli
Il noto pasticcere Andrea Besuschio
spiega come nasce uno dei dolci più
tradizionali della cucina italiana
Il classico di Charles Dickens vanta
innumerevoli adattamenti e citazioni
fra cinema, fumetti e tv
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il gusto di viaggiare
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ambasciatori vivi di gusto
Argentina
Chiara Viarisio
Un universo di paesaggi, climi, tradizioni
diversissimi fra loro: suggerimenti per
un Natale agli antipodi
La nostra wedding planner preferita
stavolta ci racconta come ci si sposa
a Natale e nei mesi invernali
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Vivi e veg
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Pet chic
Buon Natale, Polly!
Come trascorrerà le feste la nostra
simpatica cagnetta?
tendenze gourmet
smartfood
Champagnerie
Estrattori di succo
Raffinate o pop, tradizionali o
biologiche, le bollicine la fanno da
padrone in locali ideali per i brindisi
Piccoli elettrodomestici che si stanno
diffondendo rapidamente fra salutisti e
bon vivants. Un’idea-regalo vincente
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hollyfood
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Yes, we trend
Green Christmas
Celebrare le festività in modo
originale e sostenibile
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sapore e psiche
Ratatouille
Dolci leggende
rime di gusto
Un grande film d’animazione, una
vera ode alla cucina, ideale da
gustare durante le vacanze natalizie
Come nacque il panettone? Che
significa il bastoncino bianco e rosso?
Storia e simboli dei dessert natalizi
Il nostro saluto in versi
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kitc he n bizzar re
Il gourmet del futuro
Robot, bicchieri commestibili e
stampanti 3D: le novità più strane
in arrivo sulle nostre tavole
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colophon
DICEMBRE 2016 - NUMERO 8 - ANNO 1
Registrazione in tribunale: Pubblicazione mensile registrata
presso il Tribunale di Milano n.76 del 29/02/2016 - )33.
Ideatore: Altavia Italia
Proprietario: GS S.p.A., via Caldera 21 - 20153 Milano
Editore: Altavia Italia, Alzaia Naviglio Pavese 78/3 - 20142 Milano
Stampatore: Altavia Italia, Alzaia Naviglio Pavese 78/3 - 20142 Milano
Direttore Responsabile: Niccolò Vecchia
Redazione: The Van, via Cucchiari 20 - 20155 Milano
Foto di copertina: Hive, via Teglio 9 - 20158 Milano
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ILLUSTRAZIONE DI ALESSIA CASATI
Il Natale è alle porte. Le luminarie iniziano a rallegrare le nostre strade e l’aria si riempie di quella
magica atmosfera di festa. E così noi non potevamo che scegliere il cioccolato come materia prima
di questo mese. Perché il cioccolato, già di suo, è una festa e un regalo, per i bambini così come
per i grandi. Il cioccolato, simbolo e promessa di golosità e di buonumore, conserva ancora un’aura
quasi mistica che ci ricorda di quando era considerato una bevanda magica e misteriosa,
capace di mettere in contatto con gli dei.
_4
Cioccolato
Per May
ae
Az t
ech
i
la materia prima
na
au
er
b eva
nda sacra
di Niccolò Vecchia
La b e va nda d eg li d ei ,
la g ol os i tà d eg li u o m i n i
La millenaria storia del cacao inizia
nelle Americhe, dove era considerato
un ingrediente dai poteri magici
I
l cioccolato deriva dai semi di una pianta
originaria del Centro America il cui nome
scientifico è “Theobroma Cacao”: questa
denominazione, che porta con sé il significato di
“cibo degli dei”, risale alla metà del 1700 ed è
opera del naturalista svedese Linneo, ispirato dalla
lunga storia di questa materia prima. Già gli Olmechi,
3000 anni fa, e poi i Maya e gli Aztechi, apprezzarono
le qualità delle fave di cacao, usandole sia come
moneta di scambio, sia, soprattutto, come bevanda
sacra. Con le fave di cacao triturate si preparava un
liquido, amaro e speziato, consumato da sacerdoti e
nobili durante i riti religiosi, chiamato “xocoatl”,
letteralmente “acqua amara”. Cristoforo Colombo
ne scoprì l’esistenza nel 1502, senza apprezzarne però
il gusto. Fu più lungimirante invece Hernán Cortés,
che per primo importò in Spagna le fave di cacao.
Per diverso tempo in Europa venne considerato
un farmaco: ad esempio Bonaventura di Aragona,
fratello del Cardinale Richelieu, nel 1653, lo definì
uno stimolante per il corretto svolgimento delle
funzioni digestive. Contemporaneamente si diffuse
l’abitudine di addolcire la bevanda con miele e
vaniglia, esaltando gli aromi del cacao e aprendo
la strada al successo universale che si ebbe però
solo nel 1800, grazie all’olandese Van Houten,
che trovò il modo di separare i solidi di cacao
dal burro di cacao, ottenendo una polvere priva
di sostanze grasse, quindi molto più solubile in
acqua, e portando così alla produzione delle prime
tavolette di cioccolato. Q
segue a pagina 7
_5
la
materia fondente
prima
Cioccolato
Cioccolato
alle nocciole
Cioccolato al latte
con frutta secca
Cioccolato bianco
ai pistacchi
Cioccolato
al latte
Cioccolato
bianco
Cioccolato fondente
alla frutta secca
Cioccolato
di Modica
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Cioccolato bianco
con nocciole
Cioccolato
fondente 70%
la materia prima
Cioccolato
BUONO
IN OGNI SENSO
Il pasticcere Gianluca Fusto ci racconta come è nato il suo amore per il cacao
«N
ei mie primi anni da pasticcere non amavo
molto il cioccolato». Ci racconta così
Gianluca Fusto, sorprendendoci, essendo
lui uno dei più raffinati conoscitori in Italia di questa
materia prima. È cresciuto in una cucina prestigiosa
come quella del Luogo di Aimo e Nadia di Milano,
uno dei più storici ristoranti gourmet della città, fino
a diventare poi uno dei principali consulenti di
Valrhona, eccellenza mondiale per il cioccolato di
qualità. Oggi è uno dei più apprezzati interpreti dell’arte
del dolce, che insegna in corsi per professionisti sempre
richiestissimi. Ma quando è scoccata la scintilla?
«Quando ho assaggiato un prodotto davvero di qualità
e ho iniziato a conoscerlo meglio. Devo molto ad Aimo
Moroni: me ne ha fatto innamorare fino a farlo diventare
un simbolo della mia professione, che ormai mi
accompagna da più di vent’anni».
l’influenza dell’uomo e del clima fanno sì che si possano
ottenere varietà differenti, aromi profondamente diversi.
Col tempo ho imparato a capire che il cioccolato di
qualità ha tanti colori, dal rosso intenso, ma chiaro, al
marrone scuro. Così come ho capito che per degustare
un cioccolato non basta portarne un pezzetto alla bocca.
I sensi coinvolti sono diversi.
È IMPORTANTE CHE ABBIA UNA CROCCANTEZZA
SONORA, A DIMOSTRARE CHE IL BURRO DI
CACAO È BEN DISTRIBUITO NELLA TAVOLETTA
Poi però lo si mangia anche, vero?
Cosa ti ha conquistato di questo
ingrediente?
Il cioccolato è un universo. Nasce dal seme di un
frutto e, come succede anche per altri prodotti agricoli,
per esempio il vino o il caffè, l’origine territoriale,
Cioè quali?
L’udito, ad esempio. È molto importante che il
cioccolato abbia una croccantezza sonora, a dimostrare
che il burro di cacao è ben distribuito nella tavoletta, il
che permetterà poi l’esplosione degli aromi sul palato.
La vista, per osservarne i colori. Il tatto: il nostro
corpo è caldo e tenendo in mano un pezzo di cioccolato
ci accorgeremo di come lo possiamo fare sciogliere. E
con lo scioglimento interverrà l’olfatto, per coglierne i
profumi. È un prodotto vivo, che cambia ed evolve.
Certo. E in bocca accade la magia: dalla
consistenza solida si passa a uno stato cremoso, e
gradualmente il palato e la lingua vengono invasi
da sapori e aromi inebrianti, dal tostato di caffè
alla nocciola, al tabacco, ai pepi, fino ad arrivare
anche a delle note floreali. La sua grandezza sta
in questa complessità, capace addirittura di dare
sensazioni diverse a palati diversi. Q
segue a pagina 8
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la materia prima
Cioccolato
Cru: l a pa r o l a m ag i ca
del ca ca o d i q ual i tà
Come per i vini, il terreno su cui crescono le piante influisce sulle caratteristiche
F
ino a qualche anno fa il termine “cru” poteva
far pensare principalmente alla cultura del
vino. Questa parola francese indica infatti un
singolo vigneto con peculiari caratteristiche del terreno
che si riflettono su quelle dell’uva. Oggi viene usata
sempre più spesso anche per parlare di cioccolati
artigianali ottenuti da fave di cacao raccolte in una
singola piantagione.
Esistono tre tipologie di piante di cacao: la più
antica è il Criollo, ormai quasi introvabile a causa
della sua fragilità, che la espone a molte malattie. Oggi
meno del 3% del cioccolato prodotto deriva da piante
Criollo. È però molto pregiato, delicato, profumato e
dal basso contenuto di grassi.
Molto più diffuso è il cacao Forastero: la sua
pianta è robusta e produttiva e circa il 90% del
cioccolato consumato del mondo si ottiene
con questa varietà, nonostante un’aromaticità
decisamente meno spiccata e un gusto più forte e
amaro. La quasi totalità dei cioccolati commerciali
viene prodotta con il Forastero. Per ovviare a questi
limiti si sono incrociate le due varietà, ottenendo
un ibrido chiamato Trinitario, che se ancora non si
è affermato commercialmente è sempre più ricercato
dai buongustai.
Le tre tipologie non sono però sufficienti a indicare
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le caratteristiche delle piante di cacao che vengono
coltivate ai quattro angoli del globo: come ci
raccontava qualche pagina fa Gianluca Fusto, anche
questi frutti vengono influenzati dalle caratteristiche
del terreno su cui crescono e per questo si stanno
affermando sempre di più i cosiddetti “cru”
ottenuti da cacao mono-origine. Tra i più pregiati
possiamo citare il “Madagascar”, dal tono potente
e profumato, adattissimo per le creme, le mousse e
le ganache; il “Chuao” è originario del Venezuela
e ha una forza ancora più spiccata: per questo è un
cioccolato da meditazione, da mangiare a piccoli morsi,
da solo. Il “Java” invece propone sfumature di sapore
che ricordano l’affumicato, mentre il “Perù” si fa
apprezzare per le sue note fruttate e delicate.
SEMPRE PIÙ SPESSO SI PARLA DI CRU PER
CIOCCOLATI OTTENUTI DA FAVE DI CACAO
RACCOLTE IN UNA SINGOLA PIANTAGIONE
Il mondo del cioccolato di qualità è in grande evoluzione
e non esistono ancora delle classificazioni universali
e garantite per orientarsi al meglio nella ricerca del
proprio gusto preferito. Il nostro consiglio è dunque di
fare qualche goloso sacrificio, esplorando con curiosità
i cioccolati mono-origine, ricercando la qualità e
apprezzando le caratteristiche delle diverse varietà. Q
la materia prima
TA R T U F I A L C I O C C O L A T O
Cioccolato
CON CARAMELLO SALATO
Ingredienti per circa 40 tartufi
• 300 g di dulce de leche (crema a base di latte originaria
del Sudamerica) • 250 g di cioccolato fondente • 1 presa
di fiocchi di sale • zucchero di canna in cristalli q.b.
• cacao amaro q.b.
20
minuti
Tritare grossolanamente il cioccolato, scioglierlo a
bagnomaria e aggiungere il sale. Unire al cioccolato
il dulce de leche e mescolare per ottenere una massa
omogenea e lucida. Far raffreddare, coprire con
pellicola e lasciare in frigorifero per circa 3 ore.
Riprendere la ganache e formare tante palline
da passare poi nel cacao e/o nei cristalli di zucchero.
ricette
F O R E S TA N E R A
CON FRUTTI ROSSI
Ingredienti per uno stampo da 20 cm
• 1 pan di spagna al cioccolato • 200 g di panna fresca
• 250 g di mascarpone • 2 cucchiaini di vaniglia bourbon
in polvere • 60 g di zucchero semolato • 300 g di frutti rossi
misti • meringhe q.b.
35
minuti
Preparare la farcia mescolando il mascarpone con
zucchero e vaniglia. Montare la panna e incorporarla
delicatamente alla crema di mascarpone. Tagliare a metà
il pan di spagna al cioccolato e farcire un disco di torta
con la sac-à-poche.
Adagiare sulla crema un po’ di frutti rossi e coprire con un
altro strato di torta. Ricoprire con un altro strato di crema
e frutti rossi e far riposare la torta in frigo per un paio di
ore. Guarnire con meringa sbriciolata grossolanamente e
salsa al caramello.
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la materia prima
Cioccolato
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la materia prima
Cioccolato
Praline, piccole
gemme di gusto
La controversa origine dei cioccolatini ripieni: per alcuni nacquero in Francia
per ovviare a un errore, per altri sono stati creati in Belgio da un farmacista
S
u una tavola imbandita per le feste, a Natale
come a Capodanno, al momento dei dolci non
possono mancare i cioccolatini: sarebbe davvero
imperdonabile! D’altronde le praline e i cioccolatini
sono dei compagni fidati anche delle nostre giornate
normali, per come riescono, in un boccone, a regalarci un
piacere gustativo semplice e appagante. La leggenda che
riguarda la nascita di quei cioccolatini che chiamiamo
praline – a cui non sappiamo se dare davvero credito, ma
è sempre una bella storia da raccontare – ha a che fare
con un errore: si dice che alla fine del 1600 nella cucina
del nobile francese César de Choiseul, conte di PlessisPraslin, il cuoco di casa fosse impegnato a preparare
una cena di gala per gli ospiti del
padrone. Tra una pentola e un’altra,
in modo sbadato urtò un recipiente
che conteneva dello zucchero
fuso, che finì in una ciotola piena
di mandorle. Preoccupato di aver
sprecato delle materie prime costose
come le mandorle, il cuoco decise
di ovviare alla sua sbadataggine
ricoprendole anche con uno
strato di cioccolato fuso, e le servì
agli ospiti del conte.
Il successo fu immediato e questi
cioccolatini ripieni (in pratica
è questo, oggi, il significato della parola “praline”)
divennero protagonisti di tutte le cene del nobile
francese. Tanto che un giorno, quando gli venne chiesto
di dire come si chiamavano quelle piccole bontà,
dichiarandosene inventore le battezzò con il proprio
cognome: “praslines”. Il suo cuoco, il vero artefice della
pralina, si ritirò qualche anno dopo nella sua città natale
di Montargis, dove aprì una pasticceria. In quel paese
c’è ancora oggi un negozio di dolci che tramanda
la storia di questa paternità e dove si producono
squisite “praslines” seguendo la ricetta originale.
Anche in Belgio però c’è chi si
intesta l’invenzione della pralina: si
tratta di Jean Neuhaus, fondatore di
un’azienda tuttora esistente, con
negozi in 50 paesi. Neuhaus era
un farmacista ed ebbe l’idea, nel
1912, di ricoprire di zucchero
e cioccolato delle medicine
che vendeva nel suo negozio di
Bruxelles per renderle di sapore più
gradevole. Il successo enorme di
questa creazione lo portò a lasciare il
campo della farmacia per lanciarsi in
quello della cioccolateria, dove il suo
marchio resta ancora oggi di primo
piano. Magie del cioccolato... Q
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ci metto la faccia
N a ta l e i n c a s a
Carrefour market
La parola a Ciro Perfetto, responsabile della pescheria
del punto vendita di Corso Europa a Napoli
Q
uanta vita in pescheria nel periodo natalizio!
A Napoli la cucina di pesce è una vera
passione tutto l’anno, ma in particolare
durante le feste la tradizione vuole che a tavola ci
siano tante specialità di mare. Così aumenta il numero
dei clienti: ci sono quelli esperti, che fanno richieste
particolari, e quelli occasionali, che chiedono consigli.
Cerchiamo di soddisfare tutti, e in questi giorni li
accogliamo con una scenografia più ricca e fantasiosa.
LA CENA PIÙ ABBONDANTE È QUELLA DI
NATALE. PER SAN SILVESTRO SI COMPRANO
MENO PRODOTTI, MA SEMPRE DI ALTA
QUALITÀ: VONGOLE, ORATE, CROSTACEI…
anche molte vongole, che mangiano con gli spaghetti,
spigole e orate, che cucinano in bianco, e crostacei,
di cui sotto Natale, più ancora che nel resto dell’anno,
abbiamo un grande assortimento. Ad andare bene in
ogni periodo sono invece gli “elaborati” già pronti
per il take away, ideali per chi ha poco tempo per
preparare e cucinare. Sono molto apprezzati i filetti
crudi, ma la varietà più richiesta è il salmone in
tutti i modi: con o senza pelle, spinato, a pezzetti, con
aromi…
Natale, per noi della pescheria, è un periodo faticoso
ma anche stimolante. Con i collaboratori cerco di
gestire il lavoro con elasticità, e magari anche con
qualche battuta in più, che non guasta mai! Q
I piatti tipici di Natale e Capodanno
qui sono il capitone e l’anguilla.
Molti li vogliono comprare vivi, e si
sprecano gli aneddoti comici sui pesci
che sgusciano e cercano di scappare…
Altri clienti invece ci chiedono di pulirli,
il che, soprattutto, per l’anguilla, non
è facile.
Capitone e anguilla di solito si
friggono, ma c’è anche chi li fa
marinati. Alcuni, poi, hanno l’abitudine
di accompagnare il capitone con del
baccalà.
In questo periodo i napoletani prendono
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Cascate
dell’Iguazù
il gusto di viaggiare
Iberà
Argentina
Cuyo
Buenos Aires
Patagonia
d i G i u l i a n a A lta m u r a
FINO ALLA FINE
DEL MONDO
Terra del fuoco
Fra oceano e ghiacciai, cascate e boschi pietrificati: il fascino di un Natale agli antipodi
L’
Argentina è un universo di colori, paesaggi,
climi, tradizioni diversissimi gli uni dagli altri.
Dai tropici all’Antartide, dalle foreste ai deserti,
dai litorali alle montagne: la sua vastità regala ai visitatori
un’immensa ricchezza, invitando ciascuno a scegliere le
attrattive e la tipologia di viaggio che preferisce.
Senza trascurare l’imperdibile Buenos Aires (vedi box a
pag. 16), vi diamo qualche suggerimento per esplorare,
con spirito da avventurieri, alcune fra le più incredibili
bellezze naturali di questo paese, a cominciare dalla
regione litorale, a nord-est.
Eccoci nella terra dei grandi fiumi, dove l’Iguazú,
il Paraná e l’Uruguay s’incontrano per poi confluire
nel Río della Plata, circondati da una natura indomita
e traboccante. Qui, nella provincia settentrionale di
Misiones, al triplice confine con Brasile e Paraguay,
troviamo le spettacolari Cascate dell’Iguazú, all’interno
di un parco naturale di ben 67mila ettari. 70 metri di
altezza, 275 salti e 2,7 km di estensione: lo scenario è
davvero imperdibile e vale la pena visitarlo sia da vicino,
imbarcandosi sugli appositi gommoni, sia dalle passerelle
che lo circondano, immerse nella vegetazione tropicale.
Scendendo nella parte meridionale di Misiones,
troviamo le rovine dei paesi edificati dalle missioni
gesuitiche degli indigeni Guaraní, risalenti al XVII
secolo. La bellezza panoramica dei luoghi, fra cui spicca
il complesso di San Ignacio Miní, è stata dichiarata
patrimonio dell’umanità.
Alla regione litoranea appartengono anche la grande
riserva naturale della zona paludosa dell’Iberá,
nelle provincia di Corrientes, con un ecosistema
d’incredibile ricchezza, e gli 8.500 ettari del parco
nazionale di Palmar a Entre Ríos: è possibile fare
trekking, pesca sportiva nei fiumi o, semplicemente,
osservare la fauna, ricca di specie autoctone o in via
d’estinzione.
segue a pagina 16
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il gusto di viaggiare
Argentina
D a l l ’ a lt o : u n o s c o r c i o d i Pa ta g o n i a . i l g h i a c c i a i o P e r i t o
M o r e n o . N e l l a pa g i n a a c c a n t o : l e c a s c a t e d e l l ’ I g u a z ú .
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il gusto di viaggiare
Argentina
Sul versante opposto del paese, troviamo la regione di
Cuyo, che – per gli intenditori – è sinonimo di una
cosa sola: buon vino. Grazie al clima ideale e alle
caratteristiche del suolo, infatti, la produzione vinicola
e il turismo eno-gastronomico rappresentano una delle
principali risorse della zona, soprattutto nella provincia di
Mendoza. Gli appassionati ameranno visitare le numerose
cantine, alla scoperta dei migliori vini argentini, fra cui il
popolare Malbec.
In questa regione, inoltre, poggiata sulla Cordigliera delle
Ande, si erge la cima più elevata al mondo, se si
escludono quelle asiatiche. Si tratta dell’Aconcagua
che, con i suoi ben 6.959 metri di altezza, rappresenta
una delle mete preferite degli scalatori di tutto il globo.
Mendoza, per di più, possiede rinomati centri sciistici,
l’ideale per chi adora gli sport invernali.
Spostiamoci infine nella regione meridionale
dell’Argentina, la sconfinata e leggendaria Patagonia,
uno di quei luoghi dal fascino talmente intenso – con le
sue vaste distanze, la scarsa popolazione e l’incredibile
varietà paesaggistica – da diventare un sogno ricorrente
per chiunque viva il viaggio come un’esperienza
dell’anima. Partendo da Nord, si attraversano le
ultime zone della pampa e la Valle del Río Negro,
per poi approdare negli aridi altipiani compresi fra la
Cordigliera – ricca di boschi, laghi e ghiacciai – e le
sponde dall’Atlantico, lasciando spazio a paesaggi spogli
e senza tempo, battuti dal vento della steppa. Nella
regione di Santa Cruz potrete addentrarvi nei misteriosi
Boschi Pietrificati, un’area naturale scoperta all’inizio
del Novecento dove sorgono, in tutta la loro imponenza,
grandi alberi trasformati in pietra, immense sculture
riemerse dalla terra dopo i movimenti sismici e le eruzioni
vulcaniche che un tempo originarono le Ande.
Nell’estremo meridionale della nazione, giungiamo alla
Terra del Fuoco, col suo capoluogo Ushuaia, la città
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più a Sud del pianeta, circondata dalle montagne e
affacciata sul Canale di Beagle, dov’è possibile navigare,
a due bracciate dal “Fin del Mundo”. È proprio “Fin del
Mundo” il suggestivo nome dell’imperdibile museo
locale (dove sono raccolte le testimonianze delle prime
spedizioni antartiche) e dell’altrettanto emozionante
treno che conduce nel Parco Nazionale Tierra del
Fuego. Un viaggio che è la fine del mondo per davvero. Q
Natale a Buenos Aires
Che ne direste, questo Natale, di abbandonare sciarpe
e cappotti e trascorrere le festività sotto i caldi raggi di
Buenos Aires? A dicembre le temperature di aggirano
fra i 20 e i 30 gradi e potrete passeggiare a mezze
maniche circondati dalle ricche decorazioni del centro e
dagli alberi di Natale che invadono i negozi in una vera
e propria competizione per l’albero più alto. Inoltre,
potrete assaggiare il tipico Matambre de Navidad, la
ricetta natalizia per eccellenza: si tratta di un pezzo di
carne di manzo, vitello o maiale che si trova tra il cuoio e
il costale, da tagliare a fette sottilissime e gustare come un
affettato oppure arrotolato con un ripieno.
da n o n
perdere
CIOCCOLATO E SETTE LAGHI
La città di Bariloche è famosa per la sua produzione
di cioccolato. È anche un ottimo punto di partenza
per la carretera dei sette laghi, l’escursione più amata
della Patagonia: 100 km di cascate, spiagge e
panorami mozzafiato.
La Valle della Luna
Nella provincia di San Juan, si trova
il parco naturale di Ischigualasto,
territorio dal fascino lunare che,
assieme alla vicina Talampaya, è
sede di uno dei più ricchi giacimenti
paleontologici del mondo. Per una
passeggiata indimenticabile sulle
tracce dei dinosauri.
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Wine Tour Uco Valley
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eti
nell
a regione di Cuyo
La Valle Uco, a 80 km da Mendoza,
è la tappa ideale per un tour enogastronomico nella regione di Cuyo.
Sono molte le visite organizzate alla
scoperta delle migliori cantine, dalla
Bodega Catena Zapata alla Bodega
Salentein.
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vivi e veg
Con Pietro Leemann
di Niccolò Vecchia
Verde
N a ta l e
Lo chef vegetariano Pietro Leemann, ospite fisso di queste pagine, ci racconta
cosa, e con quale spirito, preparerà per la sua famiglia durante le festività
I
l Natale nella mia tradizione è sempre stato
importante. Non necessariamente in senso religioso,
ma questo aspetto è comunque presente, e anche se
non sono cristiano partecipo sempre alla Messa natalizia.
La nascita di Gesù è un simbolo potentissimo di purezza
e amore universale che mi emoziona molto, così ogni
Natale vado nella chiesa del Santuario francescano
della Madonna del Sasso, poco distante da Locarno.
Ma questo spirito deve caratterizzare tutta la giornata,
perché così come è bello avere una relazione con il sacro, lo
è altrettanto celebrare le relazioni umane, una vicinanza e
un calore altrettanto universali: così il Natale diventa un
momento di incontro con le persone che ci stanno
più a cuore, con le quali può succedere di non riuscire ad
avere una frequentazione costante durante l’anno.
Il mio Natale a tavola è chiaramente in chiave
vegetariana. Accade spesso che sia proprio io a cucinare
per la mia famiglia, proponendo una celebrazione
pacifica verso tutti gli esseri viventi, ma anche
molto golosa, perché la gratificazione dei sensi
è importante in un giorno di festa. Si parte da un
antipasto raffinato, con una terrina a base di verdure
gustose e ricche come i carciofi. Dalle mie parti c’è
l’usanza di portare in tavola un’insalata di valeriana, che
si tiene protetta dal freddo proprio per poterla servire a
Natale. Poi preparo dei paté che si trovano anche al Joia,
che possono essere di borlotti e arachidi o di avocado e
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senape. Il primo piatto è sempre legato ai sapori che amo
di più, perché è importante cucinare quello che ci piace,
così da trasmettere il proprio calore umano. Quest’anno
farò degli gnocchi di patate, con del tartufo bianco
che ho conservato appositamente per rendere
speciale il piatto. Il secondo è invece più atipico, a
base di formaggi che affino io stesso in una grotta vicino
a Giumaglio, serviti con varie mostarde sempre preparate
da me e pani natalizi arricchiti da noci e frutta secca.
Il dolce è un compito di mia sorella. Da quando ho
smesso di mangiare uova le ho creato qualche problema,
ma essendo davvero bravissima ha superato questa
difficoltà. L’anno scorso ha preparato una Torta di
Zugo: praticamente un grande biscotto genovese
arricchito dalle ciliegie e impreziosito da un
croccante di mandorle. È un dolce a cui sono legato
perché lo cucinavo in un ristorante in cui ho lavorato in
gioventù, vicino a Losanna. Ma il fatto che lo prepari mia
sorella lo rende ancora più buono.
Auguri di cuore a tutti i lettori! Q
carta d’identità
Chi. Pietro Leemann
il ristorante. Joia, via Panfilo Castaldi, 18 – Milano
Online. www.joia.it
vivi e veg
Con Pietro Leemann
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_19
vivi e veg
Macondo
Con Pietro Leemann
FOTO DI A. MAURI PER ITALIAN GOURMET
Terrina di cioccolato e fichi
con crema di mango siciliano,
gelato di banana e menta,
spuma soffice di mandorle
_20
vivi e veg
Con Pietro Leemann
COME NASCE
IL PIATTO
1
Per la base della terrina: impastare gli
ingredienti a mano e stenderli in uno stampo
quadrato da 20 cm. Lasciar raffreddare in frigo per
diversi minuti.
2
Per la mousse: per il latte di cocco, frullare il
cocco rapè con l’acqua, quindi filtrarlo allo
chinoise fino. Fondere il burro di cacao e l’olio di
cocco. In un frullatore emulsionare 450 g di latte
di cocco, il cacao, l’agave e l’interno della bacca di
vaniglia per 1 minuto. Poi emulsionare a filo i
grassi a velocità media per un altro minuto.
Stampare 500 g della crema sulla base di fichi e
nocciole, far riposare per 24 ore in frigo.
3
Per la salsa al mango: unire tutti gli ingredienti
in un blender e ottenere una salsa liscia;
conservarla in una pipetta in frigo.
4
5
Per la salsa al lampone: frullare tutti gli
ingredienti, filtrare e conservare in pipetta.
6
Per il sorbetto: sbollentare e raffreddare in acqua
e ghiaccio la menta. Frullare la banana con tutti gli
ingredienti e metterli nella gelatiera.
Per il sifone: portare a ebollizione il latte di
mandorla, le mandorle tostate, le scorze e lo
zucchero, cuocere per 5 minuti e lasciare in
infusione 30 minuti. Frullare e filtrare al colino
fino. Con il latte ottenuto fare una ganache con il
burro di cacao e l’olio di cocco. Cristallizzare in
frigo per 12 ore, mettere nel sifone e caricarlo.
7
Per l’impiattamento: sul fondo del piatto fare
delle macchie con le salse, adagiare la terrina al
centro decorarla con oro e gruè di cacao. Guarnire
un lato con una fetta sottile di mango.
Alternare macchie di salsa e punti di sifone alla
mandorla, fare una pallina di sorbetto alla banana
e adagiarla su un lato con una cimetta di aneto.
Ingredienti per 8 persone
Terrina (per la base)
50 g di marmellata
di fichi
70 g di granella
di nocciole
20 g di olio di cocco
Per la mousse
al cioccolato:
125 g di cocco rapè
425 g di acqua
90 g di cacao amaro
85 g di sciroppo di agave
vanigliato
35 g di burro di cacao
25 g di olio di cocco
Salsa mango
500 g di purea di mango
100 g di sciroppo di agave
30 g di succo di limone
Salsa lampone
150g di purea di lampone
15 g di sciroppo di agave
Sorbetto alla banana
500 g di latte di riso
(45 g di riso carnaroli
e 500 ml di acqua cotti
a 100 °C per 20 minuti
a velocità 1 in blender,
quindi un minuto alla
massima velocità, passare
al setaccio fine)
500 g di banane
175 g di zucchero
1 limone rapè e il suo
succo
0,2 g di cardamomo
100 g di menta
Sifone alla mandorla
400 g di latte di
mandorla
60 g di zucchero
50 g di mandorle tostate
75 g di burro di cacao
10 g di olio di cocco
1 scorza di limone
1 scorza di arancia
_21
p r od o tt i d i g u st o
Panettone
COME UNA VOLTA
Nella sua linea di panettoni incartati a mano, Borsari Verona esprime il suo
approccio artigianale e la ricerca della qualità negli ingredienti e nelle lavorazioni
ustico è una parola che
richiama alla mente la
schiettezza e la semplicità
della vita di campagna. Una cosa
o una persona rustica è buona e
sincera, magari non perfetta in tutti
i dettagli, forse anche un po’ ruvida,
ma di sostanza, senza sorprese,
e affidabile nelle questioni che
contano davvero.
È proprio ispirandosi a questi
concetti che Borsari Verona ha
dato l’appellativo rustico alla
sua linea di panettoni incartati a
mano. Panettoni che rispecchiano
gli ideali dell’azienda: esperienza,
autenticità e passione. E che
declinano la sua connotazione
artigianale e il suo voler puntare
sulla qualità delle materie prime,
sempre tenendo fede all’antica
tradizione pasticcera.
Il passato riemerge nel ricordo di
un tempo, non troppo lontano, in
cui l’Italia era un paese rurale,
anche povero ma abituato a certi
piaceri che oggi rischiano di
R
perdersi e che non tutti riescono
ad apprezzare. Borsari Verona
ripropone questo passato nel nostro
vivere quotidiano, con una filosofia
e un metodo che privilegiano
il rispetto dei tempi necessari.
C’è bisogno di tempo per trovare
gli ingredienti giusti, tempo per
impastare a dovere, tempo perché
l’impasto segua la sua lievitazione
naturale, tempo per la cottura e
infine per un confezionamento a
regola d’arte, che viene effettuato
sempre a mano. Legato dal 1903
alla città di Verona, la patria
del Pandoro, Tiziano Golfetti ne
carpì tutti i segreti e li fece propri
nel suo laboratorio che ancora
oggi per l’appunto si chiama
Borsari. L’azienda celebra nelle
sue produzioni anche il Panettone,
offrendo a tutti la possibilità di
concludere in bellezza, e secondo
i gusti di ciascuno, i pasti delle
festività natalizie.
La linea di panettoni a incarto
rustico comprende il panettone
classico, quello al vino Recioto,
quello integrale con le more e
infine quello pere e cioccolato,
con pera semi candita e gocce
di cioccolato fondente 45%.
L’abbinamento tra pere e cioccolato,
uno dei più felici, esprime in modo
brillante la ricerca del buono e
l’attenzione ai dettagli che rende
Borsari una delle aziende dolciarie
più apprezzate. Q
fo t o r ic e t ta
Il torrone
3 Kg
di nocciole
e pistacchi
p
1,5
, Kg
di miele
1,5
, Kg
di zucchero
z
75
g
di glucosio
Le istruzioni
di Andrea Besuschio
I
l torrone è uno dei dolci della tradizione che più ci
parla di festa e soprattutto di Natale. Le sue origini non
sono per nulla chiare ed è difficile anche dire in quale
regione d’Italia abbia iniziato ad affermarsi. Noi ci siamo
affidati a un grande pasticcere, Andrea Besuschio, che nel
centro della deliziosa Abbiategrasso, in provincia di
Milano, prosegue con passione e creatività una bellissima e
centenaria storia familiare. Questa ricetta vi permetterà di
servire uno squisito torrone ai vostri ospiti durante le feste.
per 8 persone
_24
500 cl
d’acqua
q
175g
di albume
preparazione
2
Quando si raggiungeranno i 120 °C,
cominciare a montare l’albume
e cuocere il miele a pparte.
1
c h er o
cqua, zuc ra
a
e
ir
n
u
to la
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In u n a p e n p o r ta r e a ll a te m p e r e
e
lo
a
e g luc o s io , c o n tr o ll a n d o il c n e .
C
d i 14 5 ° o m e tr o a im m er s io
m
c o n u n ter
3
Il con sig lio
Nel manipolare l’impasto, utilizzare
del burro di cacao liquido sulle mani.
Quando la temperatura
p
sarà di 1455 °C,
°C versare
q
z
il liquido
in una pplanetaria e azionare
la ffrusta.
Portare il miele a 122 °C, aggiungerlo
gg g nella pplanetaria insieme
all’albume montato. Dopo
p 5 minuti sostituire nella pplanetaria
la frusta
f
con la ffoglia,
g pproseguire
g
pper altri 5 minuti,
aggiungere
gg g al composto
p la ffrutta secca, scaldata in forno
f
a 100 °C. Far amalgamare
g
con delicatezza.
zz
4
Vers a re il co m po
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de si dera to e co pr o in st a m ppi de l ffo rm a to
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La sc ia r ra ff rre dd n de i fo
a re per u na no tt ti a .
e.
_25
il tema del mese
Cibo solidale
D i G i u l i a n o Pav o n e
mangiare
con il cuore
Quando il gusto si sposa con l’etica: ristoranti, negozi e prodotti gastronomici solidali
I
l cibo è due volte buono se, oltre a essere ben fatto,
persegue degli obiettivi di equità oppure offre
occasioni di riscatto a persone o luoghi che ne
hanno bisogno più di altri. Nel periodo natalizio capita
più spesso del solito di mangiare fuori, e ci si scambia
dei regali. E infine – banale ma in fondo vero quasi
per tutti – si cerca di essere più buoni. Ecco allora che
l’acquisto e il consumo di cibo sono un’occasione unica
per mettere d’accordo i due tipi di bontà: quello della
gola e quello del cuore.
A Torino, per esempio, si potrebbe vedere cosa sono
in grado di fare fra i fornelli dei ragazzi considerati
“difficili”. Al RisTOrante Piazza dei mestieri
(www.piazzadeimestieri.it)
p
cioccolato e birra sono
prodotti da loro. E la qualità della cucina è garantita da
Maurizio Camilli e Olga Peher, che provengono da un
famoso ristorante birraio.
Nella vicina Alessandria ci si può invece far
conquistare all’atmosfera semplice, familiare e
accogliente della Ristorazione Sociale (www.
ristorazionesociale.it), il ristorante della storica
cooperativa sociale Coompany, che impiega persone
di varie categorie svantaggiate. Il menù è stagionale
segue a pagina 28
_26
Buoni acquisti
Ha da poco aperto, a Torino, il negozio di Freedhome
– Creativi dentro ((www.myfreedhome.it),
yf
nato
da un gruppo di cooperative sociali attive nei carceri.
Molte le produzioni alimentari, spesso dai nomi ironici:
Banda Biscotti di Verbania ((www.bandabiscotti.
it), Sprigioniamo sapori ((www.sprigioniamosapori.
p g
p
it) di Ragusa (torroni e altri dolci), birra Vale la Pena
((www.valelapena.it)
p
di Roma.
Altre squisitezze “made in carcere” si trovano da Buoni
dentro ((http://buonidentro.it,
p
panificio ma anche
vendita di prodotti dolciari a Milano) e I dolci di
Giotto (www.idolcidigiotto.it,
(
g
a Padova, con un
grande assortimento di panettoni artigianali).
Libera terra ((liberaterra.it),
) la nota realtà attiva
in terreni confiscati alle mafie, propone quindici diverse
confezioni regalo, dai vini siciliani alle gelatine di vino ai
pacchi misti con olio, miele, paté e altre delizie del Sud.
Nuova Cooperazione Organizzata ((www.
ncocooperazione.com)
p
è un consorzio campano che
vende, tra l’altro, confettura di mela annurca e friarielli
sottolio. E a Natale fa “Il pacco alla Camorra”, con
prodotti di terre strappate alla malavita.
il tema del mese
Cibo solidale
F o t o g r a n d e : B i s t r O l i n d a a M i l a n o . F o t o p i c c o l e , d a s i n i s t r a i n a lt o : u n a
c o lt u r a d i L i b e r a T e r r a , u n e v e n t o a l Pa o l o P i n i , u n a s p e c i a l i tà d i I n G a l e r a ,
l av o r o a F u o r i d i z u c c a , i l b a r d i J o d o k , i l r i s t o r a n t e I n G a l e r a .
il tema del mese
Cibo solidale
e a prezzi calmierati. Nella zona è ormai un punto di
riferimento per l’organizzazione di cene benefiche,
eventi di sensibilizzazione e raccolte fondi.
A Milano la buona ristorazione ultimamente si diverte
a trovare delle sedi quantomeno insolite. È il caso
di Eat (www.eat-restaurant.it), ristorante nato
sotto l’egida dei Jeunes Restaurateurs d’Europe
(JRE), con una squadra di 11 chef capitanati dallo
stellato Fabrizio Ferrari. La particolarità? Si trova
all’interno di una clinica, la notissima casa di cura
La Madonnina. Insomma, se la definizione non
evocasse insipidi brodini e mele cotte si potrebbe dire
che è una mensa ospedaliera. Ma è anche un locale
aperto al pubblico esterno, ed è concepito secondo i
principi di un’alimentazione sana e buona (progetto
Era Alimentazione sostenibile: www.progetto-eat.it).
p g
Con un ristorante del genere, siamo sicuri che le visite
ai degenti aumenteranno!
Ancora più insolita è la location del ristorante
InGalera (www.ingalera.it)
g
di Bollate (MI), il cui
nome non lascia spazio a equivoci. InGalera è l’unico
ristorante d’Italia a trovarsi all’interno di un carcere, ed è
_28
gestito da una cooperativa in cui lavorano alcuni detenuti.
Sfogliando il menù, si trovano pietanze come Risotto
mantecato con zenzero e capesante profumate al rum o
Sformatino di radicchio e castagne su bianco di porro alla
crema di latte. Ce n’è abbastanza per invogliare a una
particolarissima walk on the wild side…
CASE DI CURA, CARCERI, EX OSPEDALI
PSICHIATRICI: LE ESPERIENZE GOURMET SI
NASCONDONO NEI LUOGHI PIÙ IMPENSATI
Parlando di abbattimento di barriere e di ingresso
in luoghi “proibiti” non si può fare a meno di citare
l’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini, nel cui
grande parco si svolgono ormai da molti anni attività
di cooperazione sociale e di integrazione. Qui è attivo
da oltre vent’anni il bar-ristorante Jodok (www.
olinda.org/ristorantejodok/ristorante), che
d’inverno è aperto solo a pranzo. Da questa importante
e consolidata esperienza nella lotta al disagio psichico
ono se persegue obiettivi di
è due volte bu
equità
il cibo
è nato dieci anni fa BistrOlinda (www.olinda.
g
che porta l’esperienza del
org/bistrolinda/bistrot),
Paolo Pini in centro città (al Teatro Elfo Puccini),
mescolando la cultura dell’accoglienza con il buon cibo
e l’inclusione sociale.
Rimanendo sullo stesso genere ma cambiando latitudine,
passiamo a Fuori di zucca (www.fattoriafuoridizucca.
it), fattoria sociale che si trova nel parco dell’ex Ospedale
Psichiatrico di Aversa (Caserta). Qui, con l’aiuto di
persone temporaneamente in difficoltà, si coltivano
prodotti della terra tipici e biologici, che poi vengono
venduti nella locale bottega (oltre che in un circuito
di vendita più ampio) e fungono da ingredienti per il
ristorante dell’agriturismo. Qui vi aspetta un percorso
che non soddisferà solo il palato ma vi immergerà in un
modello diverso di impresa agricola e ristorazione.
Ma in qualsiasi parte d’Italia ci si trovi, se si vuole
coniugare il piacere della buona tavola con quello,
ancora più nobile, di dare un aiuto a chi è in difficoltà,
si può decidere di andare a mangiare in uno degli
innumerevoli ristoranti che hanno aderito all’iniziativa
di Slow Food “Un futuro per Amatrice” (www.
slowfood.it/un-futuro-amatrice-locali-aderenti):
per ogni piatto di Amatriciana ordinato, verranno donati
due euro per la ricostruzione dei paesi del Centro Italia
colpiti da terremoto della scorsa estate: un euro lo mette il
ristoratore, l’altro il cliente. Q
Il foie gras etico
Ebbene sì: anche il foie gras – la prelibatezza al centro
di polemiche per il trattamento che viene riservato
alle oche e alle anatre – può essere prodotto in modo
“etico”. È quello che fa l’azienda Sousa&Labourdette
((www.sousa-labourdette.com)) nella sua tenuta in
Extremadura, Spagna occidentale. Anziché immobilizzare
e ingozzare con la forza gli animali migratori per
ingrossare il loro fegato, si sfrutta la naturale tendenza
degli uccelli migratori a mangiare molto prima di
affrontare lunghi viaggi. Nella tenuta, i volatili vivono
allo stato selvatico, trovano cibo in abbondanza e tornano
volentieri durante i loro spostamenti. Ogni confezione
da 180 grammi prodotta in questo modo costa oltre 160
euro: è proprio il caso di dire “buono e caro”!
_29
cibo per la mente
Boy, snow, bird
cibo per la mente
SCROOGE E
I SUOI FRATELLI
Da Topolino a Doctor Who, la celeberrima opera
di Charles Dickens continua a farci sognare
L
ondra, 24 dicembre 1843: la Vigilia più famosa
dell’immaginario terrestre, seconda solo
all’originale. Nell’austera dimora del vecchio
Ebenezer Scrooge si presentano tre fantasmi – lo
Spirito del Natale Passato, quello del Natale Presente
e quello del Natale Futuro – con l’intento di regalare
al tirchissimo finanziere un po’ di… spirito natalizio,
per l’appunto. Riusciranno i tre ectoplasmi a redimere
il senza-cuore Scrooge rivelandogli quanto sia bello il
Natale vissuto con un pizzico di generosità in più?
Difficile che non conosciate già la risposta: il Canto
di Natale non è soltanto l’opera più celebre di
Charles Dickens, ma anche uno dei romanzi che
vanta il più alto numero di adattamenti, citazioni
cinematografiche, televisive, teatrali e chi più ne
ha, più ne metta.
Il primo cortometraggio ispirato al libro risalirebbe
addirittura al 1901, la prima versione hollywoodiana
al 1938. Quello che sarebbe diventato il grande
classico – con la recitazione memorabile di Alastair
Sim – arriva nel 1951 col titolo Scrooge (in Italia Lo
Schiavo dell’oro), anche se l’unico vero Christmas
Carol – ammettiamolo – resta e resterà sempre per
tutti noi quello di Topolino. Il lungometraggio animato
con Paperon de’ Paperoni nel ruolo del protagonista
(da cui, d’altra parte, aveva ereditato il nome
originale di Scrooge McDuck, per evidenti affinità
caratteriali) è uscito nel 1983 e non c’è bambino che
non abbia tremato quando lo Spirito del Natale Futuro
accompagna Paperone al cimitero. Solo le ultime
generazioni potrebbero preferire a questa versione
quella – altrettanto divertente e spaventosa, va detto –
del 2009, realizzata in animazione 3D, con l’esilarante
Jim Carrey nel quadruplice ruolo di Ebenezer e
dei tre fantasmi. Non mancano poi le trasposizioni in
chiave moderna, fra cui S.O.S. fantasmi di Richard
Donner (1988), con un Bill Murray/Scrooge cinico
dirigente di un network televisivo, oppure vere e
PAPERON DE’ PAPERONI HA EREDITATO
IL SUO NOME ORIGINALE PROPRIO
DA SCROOGE, PER EVIDENTI AFFINITÀ
proprie riscritture come quella del film-tv La rivolta
delle ex, dove Matthew McConaughey è perseguitato
dai fantasmi delle ex-fidanzate. E, a proposito di
tv, Dickens è riuscito a ispirare persino lo speciale
natalizio 2010 del Doctor Who! D’altra parte, più
Signore del Tempo di lui non c’è nessuno. Q
_31
d i G i u l i a n o Pav o n e
A Q UA LC U NO
piace freddo
Matrimonio invernale o natalizio? Una scelta insolita ma con tanti pro
e pochissimi contro, come spiega la nostra wedding planner preferita
A
qualcuno piace freddo, il matrimonio.
A qualcuno, ma non a molti, se è vero
che la scelta di sposarsi d’inverno è,
in Italia, davvero un’eccezione. Eppure le
nozze invernali, o addirittura natalizie, possono
rappresentare un’opzione sensata: i problemi sono
_32
minori di quanto si potrebbe pensare, mentre
il numero di vantaggi è sorprendente.
Parola della wedding planner piemontese
Chiara Viarisio, protagonista in questo periodo
di un ciclo di lezioni sul matrimonio in alcuni
market Carrefour Vivi di gusto.
ambasciatori vivi di gusto
Chiara Viarisio
Quante coppie scelgono di sposarsi
d’inverno?
In Italia, come del resto in tutti i paesi con un’estate
calda, sono molto poche: le spose prediligono il bel
tempo. Ma è un peccato, perché un matrimonio
d’inverno può essere molto suggestivo, e
offrire soluzioni che d’estate sono precluse.
Proprio le spose, per esempio, hanno la possibilità
di indossare le maniche lunghe, che io trovo molto
eleganti, e sbizzarrirsi con stole, mantelle, boleri…
Ma non è complicato organizzare un
matrimonio nella stagione fredda?
No! Al contrario può essere più facile. Partiamo
dall’aspetto all’apparenza più complicato: il clima.
Se nella bella stagione si deve sempre mettere in
preventivo (soprattutto negli ultimi tempi, molto
instabili da questo punto di vista) il classico
temporale estivo, in inverno si sa in partenza
che tutto va realizzato al chiuso. Basterà
quindi scegliere la location adatta, stando attenti
a non sottovalutare l’efficienza dei riscaldamenti e
appurando che il posto possa essere raggiungibile
anche in caso di neve.
carta d’identità
Chi è. Chiara Viarisio, 36 anni,
piemontese, una laurea in Economia
aziendale, un master in Economia e
gestione del turismo.
Che cosa fa. Wedding & event planner, wedding
designer. In sei anni ha organizzato 60 matrimoni.
INFO. http://weddingchiara.it
SI POSSONO USARE DEI MATERIALI INSOLITI,
COME I CRISTALLI, I RAMI DI PINO, LE PIGNE,
LE BACCHE. C’È SPAZIO ANCHE PER COLORI
COME MALVA, VIOLA, E CERTI TONI DI VERDE
Quali sono le location più indicate per
l’inverno?
Una baita in montagna, oppure un castello. In
Piemonte, dove lavoro in prevalenza, ce ne sono
di bellissimi. Ma vanno bene anche le location
in città, che d’estate di solito si evitano, come
gli alberghi. Location a parte, contano molto gli
allestimenti.
In cosa differisce l’allestimento di un
matrimonio invernale?
Si possono usare dei materiali insoliti, come i cristalli,
i rami di pino, le pigne, le bacche. Stesso discorso
per i fiori: largo agli anemoni, agli amaryllis, a
febbraio-marzo agli ellebori. Le calle, poi, sono
reperibili tutto l’anno. C’è spazio anche per colori come
malva, viola, e certi toni di verde.
segue a pagina 34
_33
ambasciatori vivi di gusto
Chiara Viarisio
Si può immaginare una mise en place con sottopiatti
dorati, e un buffet con aperitivi caldi. Come cadeau
si possono prevedere piccole piante di pino,
pigne, minuscoli guanti. E poi c’è un altro aspetto
importante, a cui spesso non si pensa…
Cioè?
Le foto. Gli sposi danno molta importanza alla
buona riuscita delle foto, e d’inverno, giocando con
luci, caminetti e candele, se ne possono ottenere di
stupende.
Sullo schermo
Il fascino e l’originalità del matrimonio d’inverno
non potevano che essere sfruttati anche dal grande
schermo. Sono diversi i film in cui si assiste a nozze
nella stagione fredda. Fra questi, Love actually –
L’amore davvero (2003), diretto da Richard Curtis
(già sceneggiatore di Quattro matrimoni e un funerale).
In questa pellicola dal cast stellare (fra gli altri,
Hugh Grant, Colin Firth ed Emma Thompson), dieci
differenti storie a sfondo amoroso si intrecciano nel
periodo natalizio attorno a un matrimonio. Nella scena
delle nozze, in cui vari musicisti spuntano a sorpresa
da ogni angolo della chiesa per intonare All you need
is love, si vedono la sposa con le spalle coperte e molti
degli invitati che indossano cappotti e cappelli.
In Ricatto d’amore (2009), il matrimonio – prima
di convenienza, poi d’amore – si deve celebrare fra
l’intrattabile editrice Margaret (Sandra Bullock) e il
suo assistente Andrew (Ryan Reynolds), perché lei,
canadese, ha bisogno della green card per rimanere a
New York. Il matrimonio è gelido perché deve celebrarsi
in Alaska, e la scena in cui la Bullock prova il vestito lo
dimostra ampiamente.
Matrimoni d’inverno, o proprio a Natale, sono poi al
centro di diversi film per la tv: Mi sposo a Natale
(2006), Una sposa per Natale (2012) e La sposa di
neve (2013).
_34
Quali sono, invece, gli errori da non
commettere?
Appiattirsi su un’atmosfera che richiami troppo
il Natale e il Capodanno. C’è il rischio che ciò
accada, perché gli elementi caratteristici sono gli
stessi; sta all’esperienza della wedding planner
dosarli nel modo giusto per far sì che il matrimonio
conservi la sua originalità. Per esempio, si possono
limitare o eliminare colori come l’oro e il rosso
a beneficio di tinte ugualmente calde ma meno
connotate come il bronzo e il cioccolato.
E se invece gli sposi chiedono espressamente
un matrimonio a tema natalizio?
In quel caso si può accentuare ulteriormente
l’atmosfera calda e accogliente, abbondare con i
colori argento, oro e rosso, e inserire elementi
come pino e pigne non solo negli allestimenti ma
anche nello stesso bouquet della sposa. Q
tendenze gourmet
CAMERIERE,
C H A M PA G N E !
È tempo di brindare: andiamo insieme alla scoperta dei locali
specializzati negli spumanti nostrani e stranieri. Cin cin!
D
iceva Bonaparte: “Non posso vivere senza
Champagne: in caso di vittoria lo merito;
in caso di sconfitta, ne ho bisogno”. E
come dargli torto? Non c’è bisogno di essere né
imperatori né francesi per apprezzare la raffinata
ebrezza del vino spumante più famoso del mondo,
le cui prelibate bollicine sono da sempre sinonimo
di celebrazione e lusso. In questo periodo dell’anno,
_36
poi, come resistere alla tentazione di berne un
bicchiere in più? L’ultima tendenza è quella di
degustare una flûte del vostro bianco preferito in
una esclusiva champagnerie. Ricche di atmosfera e
decisamente chic, le champagnerie garantiscono ai
loro clienti una vasta scelta di etichette da godersi
in orario di aperitivo, durante una cena o un romantico
dopo-cena.
Storica e rinomata è la Bottiglieria del Massimo di
Palermo, talmente conosciuta da aver ribattezzato col nome
di Champagneria l’intero quartiere del Teatro Massimo in
cui ha sede. Coi suoi tavolini all’aperto sempre affollati, è il
luogo ideale dove gustare un’ottima selezione di spumanti e
Champagne, magari accompagnati da un tagliere di affettati
e del buon formaggio.
Un’atmosfera più raccolta è offerta dal Quartino di
vino (www.quartinodivino.it), ristorante
nel centro storico di Ovada (AL)
che vanta una carta dei vini – fra
piemontesi, nazionali ed esteri –
con oltre seicento etichette, tutte
selezionate personalmente dal
padrone di casa. Giuseppe,
esperto Sommelier con una
particolare predilezione per lo
Champagne, non soltanto è lieto
di consigliare i suoi clienti sulla
scelta della bottiglia da stappare,
ma apre addirittura loro la sua
cantina, permettendo di scegliere in
prima persona e di curiosare nella sua
collezione.
Restando in Piemonte, ma spostandoci nel Monferrato,
vale la pena fermarsi nell’incantevole locanda A casa
di Babette (www.acasadibabette.it), a Rosignano
(AL). L’ambiente intimo e curato, dove prevale il
colore bianco dell’arredo in stile provenzale, è l’ideale
per gustare i piatti della tradizione monferrina in
abbinamento ai migliori Champagne di vigneron francesi,
scelti appositamente perché cibo e bollicine possano
esaltarsi a vicenda. Ma è soprattutto il rapporto qualità/
prezzo a stupire: proponendo Champagne poco noti in
Italia, acquistati direttamente da piccoli quanto eccelsi
produttori francesi, A casa di Babette permette di
ridurre i costi per la clientela. Lo spirito del chilometro
zero accorcia le distanze fra la nostra campagna e
quella d’Oltralpe. Alla Champagneria di Trieste
(www.champagneriatrieste.com), invece, – a due
passi da piazza Unità d’Italia – potrete accompagnare
la vostra flûte di bollicine a delle ottime crudités di
mare. L’appuntamento immancabile, in questo caso, è
l’aperitivo: in un locale riscaldato dall’arredamento in
legno grezzo, rustico e allo stesso tempo chic con
le sue botti e bottiglie a vista, gusterete
ostriche, scampi, gamberi e tartufi
di mare assieme ad alcuni fra gli
Champagne più ricercati, dal
Charles Heidsieck al Castelnau.
A Milano, infine, da poco più
di un anno ha aperto i battenti
Il Secco (www.ilsecco.com),
locale sui Navigli dall’atmosfera
giovane e contemporanea, in
cui trovare un’ampia gamma
di spumanti, prosecchi e Brut. I
vini scelti, alla mescita al calice o in
bottiglia, puntano tutto sulla territorialità
e sull’originalità, con una varietà di generi e
prezzi che consente a chiunque di trovare le bollicine
adatte per il proprio palato. Tutti pronti a brindare? Q
Ciak, si beve!
Avete mai fatto caso a quanto cinematografico sia lo
Champagne? Nella scena del party di Notorious di
Alfred Hitchcock, scorre a fiumi! I Blues Brothers,
al ristorante, ordinano un Dom Perignon da 120
dollari. In Pretty woman il ricchissimo Richard
Gere offre alla Roberts Champagne e fragole. E poi
c’è lui, l’immancabile James Bond che, da solo,
negli adattamenti dei suoi film ne consuma circa 40
bicchieri.
_37
hollyfood
IL RATTO
DELLE CUCINE
Il roditore Disney più famoso dopo Topolino ci insegna
fin dove si può arrivare con la passione e la volontà
“C
hiunque può cucinare” è il credo del
defunto chef parigino Gusteau. E per
chiunque intende proprio chiunque, se è
vero che a raccoglierne l’eredità è un topolino, di nome
Remy, dotato di un olfatto sviluppatissimo e di un
enorme talento dietro i fornelli. Rimasto solo dopo la
cacciata della sua colonia di topi dalla soffitta in cui erano
ospiti indesiderati, Remy finisce per caso (o per destino?)
proprio nella cucina del ristorante, ormai in declino, di
Gusteau. Alleandosi con l’imbranato sguattero Linguini
(“Tu sai cucinare, io so… come sembrare umano”), il ratto
corona il suo sogno di diventare un grande chef.
LA STORIA DEL TOPO CHE SI RIBELLA ALLA
PROPRIA NATURA PER ELEVARSI VERSO VETTE
IRRAGGIUNGIBILI HA IN SÉ QUALCOSA DI EPICO
Ratatouille, pur ambientato in una stilizzata Parigi
degli anni 70, descrive (e forse in parte anticipa:
è del 2007) la cultura del cibo dei nostri tempi.
Dalla “democratizzazione” a suon di corsi, tv e tutorial
dell’alta gastronomia (“chiunque può cucinare”…) allo
chef superbo e irascibile che terrorizza i sottoposti,
dagli “spin-off” commerciali dei piatti d’autore fino al
ritorno alla semplicità contadina (la ratatouille, appunto)
come antidoto all’egotismo di certi critici gastronomici:
tutto ci rimanda a una realtà molto familiare, in
cui la cucina è diventata – nel bene e nel male –
R a ta t o u i l l e , U S A 2 0 0 7 , d u r a ta 1 1 7 m i n u t i ,
R e g i a d i B r a d B i r d e J a n P i n k ava .
qualcosa di maledettamente importante.
Ma perché fermarsi alla cucina? A ben vedere, non è forse
vero che la storia del topo che si ribella alla propria natura
(gli altri roditori rovistano a quattro zampe tra i rifiuti, lui
invece cammina eretto, per non sporcare gli arti con cui
maneggia il cibo) per elevarsi verso vette apparentemente
irraggiungibili, ha in sé qualcosa di epico, che riecheggia
i classici del cinema e della letteratura? D’accordo, forse
stiamo volando troppo alto, però guai a pensare che i
film pop, mainstream, o per bambini come questo,
non possano insegnarci niente. Ratatouille comunque
resta soprattutto una vera, godibilissima ode alla cucina, e
alla sua importanza come elemento di cultura, di piacere e
come collante delle relazioni umane. Q
La principessa e il ranocchio
Ancora cibo e sogni impossibili, ma
questa volta nella New Orleans
degli anni 20, in un altro
classico Disney: la giovane
cameriera Tiana riesce ad
aprire un suo ristorante
barcamenandosi fra il Vudù
e un principe “allo stato
anfibio”.
_39
k i t c he n b i z ar re
IL GOURMET
CHE VERRÀ
Anno nuovo, cibo nuovissimo: la cucina del futuro nelle più sorprendenti trovate tecnologiche
I
mmaginate due braccia meccaniche che si
muovono in cucina con la stessa disinvoltura
di uno chef stellato. MK1 (www.moley.com),
questo il suo nome, è una buona notizia per chi non
è propriamente un talento ai fornelli. Ideato da Mark
Oleynik, fondatore di Moley Robotics, saprà sviluppare
più di 2mila ricette. Utilizzarlo sarà facile come
cambiare una canzone su iTunes. Come funziona?
Prima di azionarlo, bisogna disporre gli ingredienti sul
piano cottura. A questo punto basterà selezionare il
piatto che si è scelto su un menu touch e il robot farà
tutto il lavoro. C’è solo un “piccolo” inconveniente:
MK1, che verrà lanciato sul mercato nel 2017, costerà
circa 63mila euro. Però dopo aver cucinato lava
anche i piatti: volete mettere?!
Cucina del futuro significa anche minore spreco,
e un occhio sempre più attento ai temi della
sostenibilità. Proprio a questo scopo è stato
progettato Loliware (www.loliware.com),
un bicchiere monouso per cocktail che
potete mangiare dopo avere bevuto ciò che
conteneva. L’hanno ideato due ragazze, Leigh Ann
_40
Tucker e Chelsea Briganti, che per produrlo hanno
utilizzato una base creata da una gelatina (agar
agar) che si ricava dalle alghe, aromatizzandola con
gusti (agrumi, vaniglia, tè verde, crostata di ciliegie)
pensati per abbinarsi ai cocktail. Pare addirittura
che sia buono!
All’appello sull’innovazione in cucina, infine,
non possono mancare le stampanti 3D. Il primo
ristorante che stampa cibo è già partito a Londra
con un evento prova. Il particolare dispositivo usato
per allietare i palati dei commensali appartiene
all’azienda ByFlow.
Come funziona? Al posto della normale resina,
vengono utilizzati grassi, verdure, farine alle
carni; il sistema unisce gli ingredienti e li stampa
nel piatto con forme geometriche belle da vedere
e, stando al parere degli ospiti, anche buone. Vi
piacerebbe provare? Food Ink (foodink.io), la
società ideatrice del format ha già fatto sapere di
voler aprire sedi in alcune città, tra cui Roma e
Torino. Mangiare le nove portate “stampate” in diretta
dal marchingegno costerà quasi 300 euro a testa. Q
k i t c he n b i z ar re
_41
smartfood
App
smartfood
Il succo?
Meglio slow
Lavorando lentamente, gli estrattori
a freddo preservano le proprietà
nutrizionali di frutta e verdura
N
on occorre essere convinti crudisti come
Norman Walker, pioniere dei succhi estratti a
freddo (che, forse, contribuirono a farlo vivere
fino a 99 anni) per sapere che frutta e verdura sono
miniere di sostanze preziose per la salute.
Catturare vitamine, minerali e oligoelementi e
renderli disponibili per l’organismo, senza sprechi
e senza perdite di valore nutrizionale, è la missione
dell’estrattore di succo a freddo. Il segreto della sua
efficacia è lavorare a bassa velocità, tra i 40 e gli
80 giri al minuto, contro le migliaia di giri di una
centrifuga. Questa caratteristica, ben rimarcata dal
nome inglese slow juicer, è determinante per ottenere
succhi vivi, sani, ad alto contenuto vitaminico e ricchi
di micronutrienti. I vegetali fatti girare a bassa velocità
rilasciano, infatti, fino all’ultima stilla di succo, che
non viene stressato e depauperato a livello enzimatico
dal calore prodotto da una rotazione troppo veloce, e
che si digerisce e assimila rapidamente.
ivi,
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juice aminici
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I VEGETALI RILASCIANO FINO ALL’ULTIMA STILLA
DI SUCCO, CHE NON VIENE STRESSATO
E DEPAUPERATO DAL CALORE, E CHE SI
DIGERISCE E ASSIMILA RAPIDAMENTE
si parte da un centinaio di euro e si può salire
fino a 800 – sono il tipo di motore, i materiali
costruttivi, l’offerta di accessori che ampliano le
possibilità di utilizzo (per esempio quello che permette
di preparare ricette ghiacciate) e il design. Ciò di cui
ci si dovrebbe sempre accertare è che il modello scelto
sia prodotto con plastiche adatte per uso alimentare e
che sia facile da pulire. Ed ecco servita una magnifica
idea regalo che farà felici gli amici salutisti e quelli
che hanno figli recalcitranti davanti a minestroni,
insalate e macedonie. Q
… E PER SENTIRTI UN LEONE
Metti il cetriolo con la mela
L’estrattore di succo a freddo si compone di un motore,
di una coclea (vite senza fine che pressa frutti e
verdure per farne uscire i succhi), di filtri, di una bocca
in cui si inserisce l’alimento, e di contenitori per la
raccolta del succo e degli scarti, come bucce e semi.
A differenziare i vari modelli e i relativi prezzi –
È una vera e propria bomba energetica il succo preparato
con cetriolo, sedano, spinaci, mela e succo di limone.
Da questi cinque ingredienti, meglio se biologici, lo
slow juicer è in grado di estrarre potassio, ferro, silicio,
magnesio, fosforo e tantissime vitamine. Questa e altre
ricette si trovano sul sito www.estrattoredisucco.org
_43
sapore e psiche
SW E E T
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ue.
Ogni prelibatezza cela una storia: viaggio goloso fra simbologie e leggende dei dolci natalizi
E
siste forse un periodo dell’anno più
“leggendario” del Natale? Alberi decorati, stelle
comete, elfi, calze, ghirlande… ogni simbolo
racchiude una storia, e lo stesso vale – ça va sans dire –
per il cibo che tradizionalmente consumiamo nei nostri
infiniti banchetti dicembrini.
Sulla nascita del panettone, per esempio, esiste una
leggenda che ci riporta all’epoca di Ludovico il Moro.
Parrebbe che, per festeggiare degnamente la Vigilia
alla corte del Duca di Milano, il cuoco avesse preparato
un dolce che finì col bruciarsi. Nel panico generale,
si fece avanti un misero sguattero di nome Toni, il
quale propose di portare in tavola un dolce che aveva
preparato per sé, utilizzando gli avanzi della portata
ufficiale. Il “pan di Toni”, con la sua forma morbida
e il suo profumo di burro e canditi, ebbe un successo
talmente clamoroso da conquistare non solo Ludovico,
ma il mondo intero.
Il torrone, invece, sarebbe nato addirittura in
Cina, per poi essere importato in Italia dagli arabi.
Ma come ignorare la versione che lo vorrebbe
tutto cremonese, appositamente ideato nel 1441
in occasione delle nozze di Francesco Sforza e della
sua consorte? È più probabile che il nome derivi
dal Torrazzo di Cremona (il maestoso campanile che
affianca il duomo), oppure dallo spagnolo turrón, ossia
abbrustolito (dal latino turreo)? A voi la scelta.
Spostandoci in Sud Italia, impossibile non citare
le cartellate e le pettole pugliesi. Le prime, con la
loro caratteristica forma a cesto, sarebbero nate
per ricordare le fasce in cui era avvolto Gesù
Bambino, ma anche la sua corona di spine.
SI FECE AVANTI UN MISERO SGUATTERO DI NOME
TONI, IL QUALE PROPOSE DI PORTARE IN TAVOLA
UN DOLCE CHE AVEVA PREPARATO PER SÉ
Le pettole, invece, non solo rappresenterebbero il
cuscino su cui sarebbe stato adagiato, ma avrebbero
alle spalle una leggenda ben precisa: si narra che Santa
Elisabetta, distratta dalle chiacchiere di Maria,
avrebbe fatto lievitare oltre misura la pasta del
pane e, pur di non sprecarla, l’avrebbe ridotta a piccole
palline, messe poi a friggere nell’olio bollente. Quando
si dice che non tutto il male viene per nuocere…
Infine, il famoso bastoncino di zucchero a
strisce bianche e rosse: non si sa bene chi
l’abbia inventato, ma parrebbe che ogni dettaglio
di questo dolce rappresenti Gesù, dai colori bianco
e rosso (purezza e sangue versato), alla forma che
richiamerebbe la J di Jesus, ma anche il bastone
del pastore per eccellenza. Golosi di tutto il mondo,
riuscireste forse a non seguirlo? Q
_45
pet chic
d i E l e o n o r a c h i o da
Buon Natale, Polly!
Anche per i cani quello delle feste è un periodo speciale. E anche loro,
come noi, hanno bisogno di attenzioni, serenità e luoghi confortevoli
L
o spirito del Natale si sente anche nel cuore di
Polly, lo stupendo cane da salotto con cui vivo.
È uno Shih-tzu che ama le feste, l’allegria e la
neve. Impossibile non adorarlo. Polly riduce ansia e
stress a tutta la famiglia, ci costringe a fare una vita
più attiva (e durante le vacanze di Natale è
fondamentale…) e fa sorridere tutti quelli
che incontra. Cosi, sotto l’albero
metto un gioco anche per lei. E per
quest’anno ho pensato a un gioco
di problem solving, che rinforza
le sue risorse e ci permette di
crescere insieme.
Ho scoperto un brand che ha
un nome bellissimo. Si chiama
Anima-L, artigianato per
animali svegli (www.anima-l.
it). Realizza giochi fatti a mano
e in materiale riciclato (cartone,
legno, corda, stoffa) adatti a tutti i tipi
di cani. Per iniziare ho scelto il Topper,
una tavoletta di legno recuperato da assi da
ponteggio dismesse, in cui sono scavate alcune nicchie
che si coprono con dei cilindri. Il gioco consiste nel
nascondere dei bocconcini nelle nicchie e lasciare che il
cane le trovi togliendo i cilindri con i denti.
Il gioco servirà anche per distrarla durante lo scoppio
_46
dei botti di fine anno, che per lei sono un vero incubo.
Nei cani il senso dell’udito è superiore al nostro e
Polly trema, scappa, cerca riparo. La veterinaria mi
ha consigliato di non lasciarla sola in giardino, di
chiudere finestre e tapparelle in casa e mettere
la musica per attutire il rumore. E se si
nasconde? «Lasciala fare».
Ma quest’anno per la notte di
San Silvestro andiamo in un
villaggio incantato sopra a
Champoluc, in Valle d’Aosta.
Ci si arriva in motoslitta
o con gatto delle nevi. A
1.830 metri di altezza,
c’è Mascognaz (www.
hotelleriedemascognaz.
com), un hotel baita dove
rifugiarsi: qui il tempo sembra
essersi fermato e i cani sono i
benvenuti. Nelle camere, ci sono
anche una cuccia e le ciotole per bere.
I botti sono lontani, qui c’è solo il rumore della
neve. E quello di Polly che con la sua slitta gonfiabile
si diverte un sacco.
Per stare sulla neve, la veterinaria consiglia di
farle indossare un piumino. Io le metto anche pile e
scarpette. Q
yes, we trend
Soul ciclyng
N A TA L E S M A R T ,
R E GA L I G R E E N
Al bando sprechi e banalità: i riti delle feste si possono celebrare
re in modo originale e sostenibile
N
atale intelligente e amico del Pianeta? Si
può, certo che si può. Basta rifletterci un po’
e adottare qualche accorgimento. Eccone
alcuni. Primo dilemma: albero di Natale vero o
finto? A sorpresa, le associazioni propendono per
l’abete sintetico. Ha un minore impatto ambientale,
a condizione di utilizzarlo per almeno vent’anni e
decorarlo con luci a basso consumo. In alternativa, un
abete completo di radici da piantare poi in giardino (o
regalare a un vivaio).
Una volta procurato l’albero, resta il problema dei
regali da metterci sotto. Se ne avete voglia – e se
riuscite a ritagliarvi del tempo libero anche nella
consueta frenesia di fine anno – potreste cimentarvi
nella realizzazione di un regalo fai-da-te. Per dei
gessetti profuma biancheria, ad esempio, bastano
una parte di gesso, due di acqua, poche gocce di olio
essenziale e stampini in silicone (e volendo anche i
coloranti). Per delle candele, invece, gli ingredienti
base sono cera, stampi, stoppino e coloranti. Ma
la procedura è abbastanza complessa: ai beginner
consigliamo l’acquisto di un apposito kit. Più facile è
invece creare dei segnalibri in cartoncino, filo e perline
o tessuto e graffette, oppure personalizzare con disegni,
scritte e applicazioni le borse di tela per lo shopping.
Se invece, anziché fare, preferite “fare del bene”,
tenete presente che tutte le principali onlus
propongono gadget ad hoc. Una scelta etica può essere
anche orientarsi verso startup nuove, giovani e
solidali. Come Papero Editore (www.paperoeditore.
it), che propone libri rilegati a mano, oggetti in
carta e cartone, e chicche tipo il libro antistress
(realizzato con fogli di pluriball). O Hora! (http://
horadesign.it): design ecosostenibile, che
valorizza la tradizione, i materiali riciclabili e l’uso
responsabile del lavoro. Una delle tendenze del
momento è poi il microgiardinaggio: si sprecano i
kit completi di terriccio, sementi, attrezzi e istruzioni
per mettere a frutto lo spazio in terrazzo o giardino.
Qui, invece, trovate tanti altri gadget a tema green:
www.grin-eco-gadget.it. E possono essere green
pure i giochi, se realizzati in legno o altri materiali
naturali, o in plastica, se riciclata, senza coloranti
chimici o altri additivi. Q
_47
r i me d i g u st o
Il Natale
Dove sono i bambini
che non hanno l’albero di Natale
con la neve d’argento, i lumini e i frutti di cioccolata?
Presto, adunata, si va sul Pianeta degli alberi di Natale,
io so dove sta.
Qui gli alberi della foresta,
illuminati a festa,
sono carichi di doni.
Crescono sulle siepi i panettoni,
i platani del viale
sono platani di Natale.
(Platani di Natale di Gianni Rodari)
Gianni Rodari (1920-1980)
Premio Hans Christian Andersen nel 1970
_48
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pag
33
Vogliamo regalarti una sorpresa musicale
Inquadra il QR code e accederai alla colonna sonora di questo numero
di Vivi di Gusto Magazine. Buon ascolto!