nutrizione, insulino resistenza e diabete - Osservatorio Enpab
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“CORSO AVANZATO SULLA GESTIONE DI UNO STUDIO NUTRIZIONALE” 7 MARZO 2015 FIRENZE NUTRIZIONE, INSULINO RESISTENZA E DIABETE Stefania Agrigento MICOM Comunicazione integrata INSULINA L’Insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante , mentre esistono molI ormoni iperglicemizzanI (glucagone, adrenalina, corIsolo, aldosterone ……) L’insulina è un ormone che viene sinteIzzato dalle beta cellule del pancreas in risposta alla glicemia che aumenta Agisce legandosi ai receQori di membrana dei tre tessuI maggiormente coinvolI nel metabolismo energeIco: il fegato, il tessuto adiposo e il muscolo scheletrico In quesI tessuI sImola i processi anabolici e blocca quelli catabolici SINTESI DELL’INSULINA Meccanismo d’azione dell’insulina Meccanismo di azione dell’Insulina NEL FEGATO STIMOLA: • GLICOGENOSINTESI • SINTESI DI TRIGLICERIDI NEL MUSCOLO SCHELETRICO STIMOLA: CAPTAZIONE DI aa SINTESI PROTEICA CAPTAZIONE DI GLU GLICOGENOSINTESI NEL TESSUTO ADIPOSO STIMOLA L’ACCUMULO DI TRIGLICERIDI BLOCCA LA LIPOLISI INSULINORESISTENZA IL TERMINE INSULINO RESISTENZA INDICA L’INCAPACITA’ DELL’INSULINA DI PROMUOVERE UNA NORMALE OMEOSTASI DEL GLUCOSIO L’IPERINSULINEMIA COMPENSATORIA SPESSO ACCOMPAGNA L’INSULINORESISTENZA Cosa si intende per insulino-resistenza? Si tratta di uno stato metabolico in cui l’azione dell’insulina nei tessuti periferici è meno efficiente del normale per cui è necessaria un’elevata secrezione di insulina per mantenere i normali livelli di glucosio nel sangue Hurst Il Cuore, Capitolo 87, 11ª edizione, 2005 Meccanismi dell’insulino-‐resistenza 1. Anomalie del prodoQo di secrezione delle cellule β -‐ Anomala molecola dell’insulina -‐ Conversione incompleta della proinsulina in insulina 2. AntagonisI dell’insulina in circolo -‐ Elevata concentrazione emaIco degli ormoni antagonisI -‐ AnIcorpi anI-‐insulina -‐ AnIcorpi anI-‐receQori dell’insulina 3. Anomalie dei tessuI bersaglio -‐ Diminuito numero dei receQori insulinici -‐ DifeQo post-‐receQoriale I receQori dell’insulina I processi cellulari regolaI dall’insulina dipendono dal legame dell’ormone con i suoi receQori presenI sulle membrane cellulari degli organi bersaglio (fegato, cellule muscolari e tessuto adiposo). Il numero di rece<ori di superficie può diminuire o per diminuita sintesi o per aumentata demolizione, o ancora per internalizzazione. Questa possibilità di variazione del numero dei rece<ori di membrana con i quali interagisce l’insulina, cosMtuisce il fa<ore di controllo più importante della sensibilità delle cellule all’insulina. L’insulino-‐resistenza è infaR spesso determinata da una diminuzione del numero di rece<ori di membrana. Anche uno stato di iperinsulinemia può indurre una riduzione del numero di receQori di membrana senza tuQavia alterare il numero totale dei receQori cellulari. Si traQa del fenomeno della down regulaIon. INSULINA Traslocazione dei rece<ori dell’insulina dalla membrana all’interno della cellula in seguito ad una esposizione prolungata delle cellule all’insulina COMPONENTI GENETICHE AMBIENTE GENETICA SRI E DM2 LA COMPONENETE GENETICA CONFERISCE SOLO UN AUMENTATO RISCHIO DI CONTRARRE LA MALATTIA (SUSCETTIBILITA’) Secondo la teoria dei "Geni risparmiatori” …….i geni della resistenza periferica all’ insulina si sarebbero selezionati negli uomini primitivi, per consentire la sopravvivenza in periodi di scarsità alimentare ….questo meccanismo avrebbe consentito di estrarre dal poco cibo il massimo dell’energia necessaria… oggi sarebbero inutili se non dannosi ….. almeno nei paesi ricchi, tali geni favorirebbero l'insorgenza di malafe come il il diabete e l’obesità. Neel JV. Diabetes mellitus: a "thri1y" genotype rendered detrimental by "progress"? Am J Hum Genet 1962, 14:353-‐62 Come si misura l’insulino resistenza Il test considerato gold standard è il CLAMP EUGLICEMICO IPERINSULINEMICO Il principio è quello di incrementare arIficiosamente i livelli circolanI di insulina mantenendo l'euglicemia con un'infusione costante di glucosio per 120’. Una volta raggiunta una condizione stabile, negli ulImi 40’ minuI del test, la quanItà di glucosio infusa nell'unità di tempo corrisponde alla quanItà di glucosio uIlizzata dai tessuI periferici, con trasporto dipendente dall'azione dell'insulina e cosItuisce un indice della sensibilità dei tessuI all'azione stessa dell'ormone. Il test è uIle per studi fisiologici approfondiI su un esiguo numero di pazienI e risulta di difficile uIlizzo nella praIca clinica corrente. INDICE HOMA(Homeostasis Model Assessment). MaQhews e coll Diabetologia 1985 si basa su un modello omeostaIco matemaIco che considera le concentrazioni sieriche di glucosio e insulina a digiuno INSULINEMIA x GLICEMIA / 22.5 (µU/ml) (mmol/l) SENSIBILITA’ 85% SoggeR non insulino resistenM: < 2.5 SPECIFICITA’ 50% E. Bonora, Diabetes Care, 2000 Glicemia a digiuno (mg/100ml) x Insulinemia a digiuno (mUl/ml )/ 405 Soggef non insulino resistenI 0,23-‐2,5 adulI 0,23-‐3,6 bambini risulta appropriato per grandi studi epidemiologici SENSIBILITA’ 85% SPECIFICITA’ 50% Curva glicemica e insulinemica con carico orale di glucosio 75gr 6 determinazioni ( T 0’,30’,60’,90’,120’,180’) v.n. 4-‐23 µU/m microunità di insulina per ml Tempo Glicemia mg/dl Insulina µU/ml 0 80 10,8 30’ 100 82 60’ 94 199 90’ 65 164 120’ 42 81 180’ 28 7,8 Health Professionals’ Follow-‐up Study 51.529 maschi seguiI per 6 anni eta’ 40-‐75 Ha evidenziato come distribuzione del grasso sia tra i principali indicatori di insulino resistenza e DM2 Incidenza di sindrome metabolica in 8 anni L’obesità addominale predice la comparsa di Sindrome Metabolica 40 33 30 20 20 10 ≥ 102 cm (uomini) ≥ 88 cm (donne) 20 10 0 ≥ 30 BMI (kg/m2) < 30 < 102 cm (uomini) < 88 cm (donne) A parità di BMI, i soggetti con circonferenza addominale aumentata, in 8 anni sviluppano maggiormente SM HanTS et al.: Obes Res 2002, 10: 923-931 L’OBESITÀ ADDOMINALE ha raggiunto proporzioni epidemiche a livello globale Uomini (%) Donne (%) Totale (%) USA Spagna 36.9 30.5 55.1 37.8 46.0 34.7 Italia 25.0 37.0 31.5 UK Francia Olanda Germania 29.0 – 14.8 20.0 26.0 – 21.1 20.5 27.5 26.3 18.2 20.3 Elevata circonferenza vita: >102 cm negli uomini o >88 cm nelle donne eccetto in Germania (>103 cm and >92 cm , rispettivamente) GLOBESITY! aFord et al 2003; bAlvarez-Leon et al 2003; cOECI 2004; dRuston et al 2004; eObepi 2003; fVisscher & Seidell 2004; gLiese et al 2001 Che cosa è l’obesità addominale • Accumulo di tessuto adiposo viscerale – Grasso mesenterico e omentale (viscerale) • Indicato da circonferenza addominale >102 cm negli uomini e >88 cm nelle donne • Il grasso viscerale è metabolicamente più attivo rispetto al grasso sottocutaneo – Maggiore attività endocrina – Superiore effetto avverso sul metabolismo e superiore rischio cardiovascolare Wajchenberg BL. Endocr Rev 2000;21:697-738. l’IDF ( InternaIonal Diabetes FederaIon ) Ha indicato che l’obesità addominale quanIficabile misurando la circonferenza addominale è di maggiore importanza clinica e diagnosIca , rispeQo al BMI, riguardo il rischio dell’insorgenza di malafe cronico degeneraIve L’IDF ha definito i valori soglia inferiori rispeQo a quelli elaboraI nei criteri NCEP-‐ATPIII (NaConal Cholesterol EducaCon Program-‐ Adult Treatment Panel III) rispefvamente non più 102 cm ma 94 cm per gli uomini e non più 88 cm ma 80 cm per le donne. Gli adipociI ipertrofici e ipossici producono citochine proinfiammatorie (IL-‐6/ TNFa ) che • Inducono la sintesi di fibrinogeno (nel fegato) favoriscono l’azione procoagulante, anIfibrinoliIca, e pro aggregante piastrinica. • Disafvano il receQore insulinico (IRS1) promuovendo l’ insulino resistenza • Aumento FFA in circolo • Riducono la produzione di adiponecIna* (*promuove l'ossidazione degli acidi grassi nei muscoli, né riduce l'apporto al fegato e il contenuto di trigliceridi e diminuisce la produzione di glucosio a livello epaIco). SINDROME METABOLICA fattori ambientali: sovralimentazion e no attività fisica In sintesi fattori genetici: genotipo risparmiatore obesità viscerale resistenza insulinica iperinsulinemia dislipidemia IGT / DM ipertensione disfunzione endoteliale ICTUS aterosclerosi INFARTO Strategie per sindrome metabolica RIDURRE IL PESO CORPOREO Per normalizzare e correggere gli altri faQori di rischio che si ritrovano nella sindrome plurimetabolica. L'obiefvo della riduzione del peso corporeo deve essere raggiunto mediante una revisione dello sIle di vita del paziente, modificando le abitudini alimentari e sImolando l'afvità fisica. Modificazioni dello stile di vita: Alimentazione corretta e bilanciata Obiettivo B.M.I. < 25 Attività fisica Potenziali benefici di una moderata perdita di peso (5-10%) Després JP et al BMJ 2001; 322: 716-20 Esercizio fisico e insulino-‐resistenza Esercizio fisico e aumento dell’ossidazione dei FA EffeQo dell’allenamento sulla % di ossidazione di FA DaI medi ± SE. * P < 0.001 vs pre-‐allenamento. Bruce et al. 2006 L’esercizio fisico determina un aumento del trasporto del glucosio a livello della membrana del muscolo scheletrico tramite l’afvazione di un processo di traslocazione delle GLUT4 non insulino dipendente GLUT4 Sistemi non insulino dipendenI in grado di potenziare il trasporto e il metabolismo del glucosio nel muscolo scheletrico (AMP Kinasi e MAP Kinasi) • L’esercizio fisico determina un aumento del trasporto del glucosio a livello della membrana del muscolo scheletrico tramite l’afvazione di un processo di traslocazione delle GLUT4 non insulino dipendente. • Così effef immediaI dell’esercizio fisico acuto sulla omeostasi glucidica avvengono primiIvamente a livello del traffico GLUT4 piuQosto che tramite un’elevata trasduzione mediata dal meccanismo insulinico (IRS1 e 2, PI 3-‐Kinasi). Gli effef dell’esercizio fisico sono osservabili anche fino a 16 ore dopo. • I due sistemi, AMPK e MAPK, vengono afvaI nel muscolo scheletrico direQamente dalla contrazione • l’AMP Kinasi è una proteina afvata dallo stress cellulare associato ad una deplezione di ATP "DIABETES PREVENTION PROGRAM" conferma la superiorità degli intervenI sullo sIle di vita nei confronI dei traQamenI farmacologici: sopratuQo nei soggef in sovrappeso è possibile prevenire il diabete nel 58% dei casi riducendo l'apporto calorico con un'afvità fisica sefmanale superiore a 150 minuI. 3.234 partecipanI allo studio erano sovrappeso e avevano glicemie alterate IFT o IGT ALTERATA GLICEMIA A DIGIUNO (Impaired Fasting Glucose, IFG) glicemia a digiuno 100-125 mg/dl RIDOTTA TOLLERANZA AI CARBOIDRATI (Impaired Glucose Tolerance, IGT) Glicemia 2 ore dopo OGTT 140-199 mg/dl Le diete fortemente ipocaloriche (<1000 kcal/die), DEVONO ESSERE EVITATE ! perché: Ø Il calo ponderale avviene prevalentemente a carico della massa magra (FFM) Ø I deficit sono eccessivi e si possono verificare carenze nutrizionali Ø È necessario fare ricorso a integratori di vitamine e Sali minerali Ø Con le diete fortemente ipocaloriche è maggiore la perdita iniziale di peso, ma è maggiore anche il recupero Ø Inoltre, una riduzione rapida del peso non consente l’acquisizione graduale di nuove abitudini alimentari. Quindi l’elemento centrale di una terapia dieteIca nei soggef in sovrappeso è una DIETA IPOCALORICA >= 1200Kcal /die carboidraI 45% a basso IG No zuccheri semplici No grassi saturi DMT2- PATOGENESI obesità genetica adipochine età INSULINORESISTENZA ridotta capacità di agire sui tessuti bersaglio (fegato, muscolo, t.adiposo) Ridotto utilizzo glucosio Iperglicemia post-prandiale Aumento produzione epatica di glucosio Iperglicemia a digiuno Classificazione eziologica 1. Diabete tipo 1 a. immunomediato b. idiopatico 2. Diabete tipo 2 Altri tipi specifici di diabete Diabete mellito gestazionale LADA (Latent Autoimmune Diabetes in adults) ( in adulI con apparente DM Ipo2 con autoanIcorpi ……… progredisce verso l’insulino dipendenza) MODY( Maturity Onset Diabetes) <25 anni non insulino dipendente assenza di autoanIcorpi DIAGNOSI DM In assenza di sintomi, riscontro in almeno due occasioni : Glicemia a digiuno Glicemia HbA1c 126 mg/dl 200 mg/dl dopo OGTT con 75 g 6,5% 48 mmol/mol In presenza di sintomi (poliuria, polidipsia, calo ponderale), anche in unica occasione : Glicemia casuale 200 mg/dl DM 2 - PATOGENESI Deficit della fase precoce della secrezione insulinica hQp://sv.units.it/ppb/file_pdf/fisiologia%20clinica/diabete%20mellito.pdf Meccanismo di azione dell’Insulina nel fegato IL DEFICIT PROVOCA • GLICOGENOLISI • GLUCONEOGENESI (da laQato e alanina del muscolo) • CHETOGENESI (per accumulo di AceIlcoA si formano i corpi chetonoici : ac. IdrossibuIrrico . Ac acetoaceIco, acetone) • si formano VLDL e aumentano i TRIGLICERIDI (per deficit della lipoproteinlipasi) Meccanismo di azione dell’Insulina IL DEFICIT NEL MUSCOLO SCHELETRICO PROVOCA GLI aa NON SONO CAPTATI LA SINTESI PROTEICA È BLOCCATA E’ ATTIVATA LA PROTEOLISI IL BILANCIO AZOTATO E’ NEGATIVO IL DEFICIT NEL TESSUTO ADIPOSO PROVOCA LA LIPOLISI E QUINDI AUMENTO DEGLI FFA LIBERI (ac. Grassi liberi che nel fegato in parte formeranno le VLDL e in parte verranno riesterificaI in trigliceridi) IPERTRIGLICERIDEMIA Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014 La Terapia Medica Nutrizionale (TMN) rappresenta un momento essenziale nella prevenzione e cura del Diabete Mellito, una delle malattia croniche più diffuse e sicuramente quella che trae i maggiori benefici da una corretta alimentazione. Numerosi studi, primo fra tutti lo studio americano Diabetes Control and Complication Trial (DCCT), hanno dimostrato che, accanto alla terapia farmacologia ed educazionale, un adeguato regime alimentare assume la valenza di “vera e propria terapia”, rappresentando uno strumento essenziale per ottenere e mantenere un compenso metabolico ottimale, per ridurre il rischio cardiovascolare, per prevenire e trattare al meglio le complicanze micro- e macro-vascolari del paziente diabetico. La “cosiddetta dieta del diabetico”, impostata nel decennio scorso su parametri rigidi per quanto riguarda l’apporto di carboidrati, oggi deve essere calibrata e individualizzata in base ad alcune esigenze come gli obiettivi glicemici, il grado di compenso glicometabolico, i valori dei lipidi, la funzione renale, la terapia farmacologia ipoglicemizzante, e non da ultimo il contesto sociale nel quale si trova il paziente diabetico. La TMN deve rappresentare un elemento essenziale e irrinunciabile nella La TerapiailMedi ca Nutricontrollo zionale (TMN)metabolico rappresentadel un momento essenzi ale strategia per ottenere miglior paziente diabetico. nella prevenzione e cura del Diabete Mellito, una delle malattia croniche Queste raccomandazioni rappresentano uno strumento fondamentale di Presentazione Diabetes Control and Complication Trial Relative Risk of Progression of Diabetes Complications by Mean HbA1c 15 Rischio relativo 13 Retinop 11 9 Nefr 7 Neurop 5 Microalb 3 1 6 7 8 Skyler: Endo Met Cl N Am 1996 9 HbA1c 10 11 12 Una modesta perdita di peso produce un miglioramento del controllo metabolico, una riduzione dell’uso di farmaci ipoglicemizzanti e può essere facilmente mantenuta a lungo termine. ENT 2 ENT 3 Bilancio Energetico La riduzione del peso corporeo porta ad un miglioramento di tutti i fate Peso Corporeo tori di rischio cardiovascolare presenti nei pazienti diabetici. ANDAZIONI Il In soggetto sovrappeso o obesi anche modeste perditeè di peso trattamento dell’obesità di porgrande import tano ad un miglioramento dell’insulino resistenza. zione ed in modo particolare nei soggetti diabe correlazione diretta tra Indice di Massa Corpore (Livello di prova I, Forza della raccomandazione A) relate all’obesità tra cui il DMT2. Nei soggetti adulti con un IMC nei limiti della norma (18.5-24.9 kg/m2) Una modesta perdita di peso produce un mig non è necessario specificare l’apporto calorico. metabolico, una riduzione dell’uso di farmaci (Livello di prova III, Forza della raccomandazione A) essere facilmente mantenuta a lungo termine Neiriduzione soggetti in sovrappeso (IMC>25 kg/m ), l’apporto calorico deve porta esLa del peso corporeo ad un mi sere di ridotto e il dispendio cardiovascolare energetico incrementato al fine di portare . tori rischio presenti nei paz 2 l’IMC nei limiti raccomandati. (Livello di prova I, Forza della raccomandazione A) In soggetto sovrappeso o obesi anche modes resiste (Livello di stile prova I, Forza modificazione dello di vita che include una modestadella riduzione del-raccomanda L’approccio principale per ottenere eLemantenere il calo ponderale è la studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” raccomandazioni nutrizionali 2013-2014 tano ad un miglioramento dell’insulino l’apporto energetico (500-1000 Kcal/die) ed incremento del dispendio Nei soggetti adulti con un IMC nei limiti della n energetico. non èdinecessario specificare l’apporto caloric (Livello prova I, Forza della raccomandazione A) (Livello di prova III, Forza della raccomand È utile limitare il consumo di alimenti ad alta densità energetica, in parNei soggetti in sovrappeso kg/m2), l’a ticolare di quelli ricchi in grassi e zuccheri semplici, per (IMC>25 ridurre il peso sere ridotto e il la dispendio energetico increme corporeo senza dover precisare quota calorica. l’IMC nei limiti raccomandati. (Livello di prova II, Forza della raccomandazione B) (Livello di prova I, Forza della raccomanda L’approccio principale per ottenere e mantene modificazione dello stile di vita che include una di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014 l’apporto Gruppo energetico (500-1000 Kcal/die) ed in Il trattamento dell’obesità è di grande importanza in tutta la popolazione energetico. RE CO ogni grado di base del fabbisogno a riposo aumentato del 10% per la digestione dei nutrienti somministrati per via enterale o parenterale e del 12.5% per L’approccio pr DI QUANTO RIDURRE ogni grado di temperatura superiore a 37°C. dificazione de L'INTROITO CALORICO rico e un aum mesi precede una moderata L’approccio principale per ottenere e mantenere il calo ponderale è la moe un modesto dificazione dello stile di vita, che include una riduzione dell’apporto calopermettono un rico e un aumento dell’attività fisica. Se il peso corporeo è costante nei Se non mana). mesi precedenti ed è possibile avere una indagine alimentaretuale affidabileci si può un apporto ca una moderata riduzione dell’apporto calorico abituale (300 500 kcal/die) tico totale calc e un modesto incremento del dispendio energetico (200 300 kcal/die) permettono un lento ma progressivo calo ponderale (0,45 0,90 kg/setti1. Harris J, Ben BIBLIOGRAFIA mana). Se non si ha una valutazione accurata dell’apporto alimentare abiCarnegie Ins tuale ci si può programmare il piano nutrizionale avendo come 2. obiettivo Mifflin MD, S tion for restin un apporto calorico di 300-500 kcal/die inferiore al fabbisogno energe(2): 241-7 3. Owen OE, Ho tico totale calcolato. 1. 2. man MC, Ow men. Am J C 4. Food and ag Ener Harris J, Benedict F. A biometric study of basal metabolism in man. Washingtonversity. D.C. Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014 Health Organ Carnegie Institute of Washington. 1919 5. Frankenfield Mifflin MD, St Jeor ST, Hill LA, Scott BJ, Daugherty SA, Koh YO. A new predictive equaresting meta Associazione Medici Diabetologi -‐ Società Italiana di Diabetologia Standard italiani per la cura del diabete mellito 2009-‐2010 E CARICO GLUCIDICO Mario Parillo Silvia Carletti CARBOIDRATI Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” 1 La quantità ed il tipo di carboidrati (CHO) ingeriti sono il principale determinante della glicemia postprandiale. AZIONI L’assunzione di carboidrati può variare tra il 45% e il 60% dell’energia totale. L’apporto più appropriato nell’ambito di questo intervallo, per i soggetti con diabete tipo 1 e 2, dipende dalle loro caratteristiche metaboliche. (Livello della prova III, Forza della raccomandazione B) Al momento non esistono evidenze per suggerire l’uso di diete a basso contenuto di carboidrati, ovvero con una restrizione al di sotto dei 130 g/die, nelle persone con diabete. (Livello della prova II, Forza della raccomandazione D) I vegetali, i legumi, la frutta ed i cereali integrali devono far parte integrante della dieta dei pazienti con diabete tipo 1 e tipo 2. Quando l’apporto dei carboidrati è al limite superiore delle raccomandazioni è particolarmente importante consigliare cibi ricchi in fibre e con basso indice glicemico. (Livello della prova I, Forza della raccomandazione A) Nei pazienti trattati con insulina o ipoglicemizzanti orali il numero di somministrazioni ed il dosaggio dei farmaci dovrebbero essere adeguati alla quantità e qualità dei carboidrati. (Livello della prova III Forza della raccomandazione C) Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014 Se desiderato e se in buon compenso glicemico una piccola quota di saccarosio e altri zuccheri aggiunti (non più del 10% dell’energia totale) può sostituire altri alimenti ad alto indice glicemico. (Livello della prova I, Forza della raccomandazione A) L’indice glicemico deve essere considerato nella scelta degli alimenti da introdurre nella dieta delle persone con il diabete. Una dieta con basso indice glicemico determina un miglioramento del controllo glicemico. (Livello della prova I, Forza della raccomandazione A) La quantità ed il tipo di carboidrati (CHO) ingeriti sono il principale determinante della glicemia postprandiale. Non ci sono, però, evidenze scientifiche che permettano di consigliare una quantità ideale di CHO da consigliare a tutti i pazienti diabetici. La quantità di carboidrati può variare Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” raccomandazioni nutrizionali 2013-2014 in base alle abitudini individuali eLelocali, ed in maniera complementare con il consumo di grassi e proteine nell’intervallo tra il 45-60% del- Indice glicemico Si definisce facendo il rapporto tra l’area della curva glicemica dopo l’ingestione dell’alimento in esame e la glicemia dopo l’ingestione di una quantità di glucosio pari a quella del glucide contenuto nell’alimento In altre parole, si tratta di un indicatore di quanto velocemente il carboidrato in questione viene demolito, smontato negli zuccheri semplici di cui è composto (se non è un monosaccaride); "assorbito" e immesso nella circolazione sanguigna sotto forma di glucosio per essere disponibile come fonte energetica per le cellule. glucidi 46 Indice glicemico (A a/A r x 100) 180 170 160 150 pane riso spaghetti patate 140 130 120 110 100 90 0 1 2 3 grassi saturi con la dieta è efficace sulla riduzione del rischio cardiovascolare nella popolazione generale. LIPIDI STATEMENT 2 Nella popolazione diabetica la riduzione dei livelli plasmatici di colesterolo ha ottenuto una risposta sulla riduzione degli eventi cardiovascolari superiore rispetto a quella ottenuta nella popolazione generale. RACCOMANDAZIONI L’apporto calorico dei grassi totali deve essere inferiore al 35% dell’apporto calorico totale giornaliero. (Livello della prova III, Forza della raccomandazione B) L’apporto di colesterolo con la dieta deve essere inferiore a 300 mg/die e deve essere ridotto ulteriormente (<200 mg/die) se i livelli plasmatici sono elevati. (Livello della prova III, Forza della raccomandazione B) L’apporto di grassi saturi deve essere < 10% dell’apporto calorico giornaliero e un’ulteriore riduzione si raccomanda a pazienti che hanno valori elevati di colesterolo LDL (< 8%). (Livello della prova I, Forza della raccomandazione A) Gli acidi grassi trans devono essere drasticamente ridotti. (Livello della prova VI, Forza della raccomandazione B) È possibile ottenere un apporto adeguato di acidi grassi polinsaturi omega 3 consumando pesce almeno tre volte la settimana e due porzioni di verdure a foglie verdi quotidianamente. (Livello della prova II, Forza della raccomandazione B) Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014 C'è una forte evidenza che gli acidi grassi liberi compromeQano la sensibilità all'insulina Dietary Fat Acutely Increases Glucose Concentrations and Insulin Requirements in Patients With Type 1 Diabetes: Implications for carbohydrate-based bolus dose calculation and intensive diabetes management. Diabetes Care. 2012 Nov 27. Wolpert HA, Atakov-Castillo A, Smith SA, Steil GM Questo lavoro dimostra che pazienti con diabete di tipo 1 richiedono più insulina per pasti ricchi in grassi rispetto a pasti con basso contenuto di grassi e contenuto di carboidrati identico . Metabolismo dei lipidi e Insulino-‐resistenza Potenziali interazioni tra intermedi lipidici e segnale dell’insulina + Uptake FA -‐ Ossidazione FA LE PROTEINE DELLA DIETA NEL DIABETE PROTEINE T 1 NDAZIONI Paolo Tessari Il contenuto proteico raccomandato nella dieta nel paziente diabetico senza nefropatia conclamata è simile a quelle della popolazione generale. Un introito proteico effettivo tra gli 0.8 e i 1.0 g/kg è consigliato nei pazienti diabetici con grado iniziale di nefropatia, mentre in pazienti con nefropatia conclamata è indicato un introito proteico non superiore a 0.8 g/kg al di. (Livello della prova VI, Forza della raccomandazione B) Nel Diabete Mellito tipo 1 con nefropatia conclamata, le proteine dovrebbero essere assunte nella quantità di 0.8 g/kg di peso al dì, cioè al limite inferiore del valore normale raccomandato. (Livello della prova III, Forza della raccomandazione B) Una riduzione dell’apporto proteico fino a 0.6 g/kg di peso al dì può essere consigliato in pazienti nei quali vi è una progressione nel decremento della velocità di filtrazione glomerulare (VFG) nonostante l’ottimizzazione del controllo metabolico e della pressione arteriosa e l’uso di ACE inibitori e di ARB. (Livello della prova III, Forza della raccomandazione B) Le raccomandazioni nutrizionali correnti riguardanti il contenuto proteico della dieta nel paziente diabetico senza nefropatia conclamata sono, secondo le maggiori società scientifiche nazionali ed internazionali, simili a Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014 quelle della popolazione generale. Il fabbisogno minimo essenziale di pro- 15.8 25.1 33.6 49.9 57 Am J Clin Nutr 1987 Un elevato consumo di fibre (intorno ai 50 g/die) riduce la glicemia in soggetti con diabete tipo 1 e riduce glicemia, insulinemia e lipemia in soggetti con diabete tipo 2. FIBRE , ALCOL, MICRONUTRIENTI E MINERALI Nelle persone ad alto rischio di sviluppare DMT2 il consumo di una dieta ricca in fibre e povera in grassi riduce il rischio. (Livello di evidenza I, Forza della raccomandazione A) Nelle persone con diabete è raccomandata una assunzione di fibra > 40 g/die (o > 20 g/1000 kcal/die) di tipo soprattutto solubile. In caso di scarsa tolleranza all’assunzione di simili quantità di fibra, l’apporto di fibra non dovrebbe comunque essere inferiore a quello raccomandato per la popolazione generale (14 g/1000 kcal). (Livello di evidenza I, Forza della raccomandazione A) Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014 diabete una riduzione della pressione arteriosa simile a quella che si ottiene con una monoterapia farmacologica (PAS - 7 mmHg, PAD - 3 mmHg). SODIO I soggetti ipertesi diabetici dovrebbero ridurre l’apporto di sodio alimentare a 2400 mg/die (corrispondenti a 6 g di sale), in linea con le attuali raccomandazioni per la popolazione generale. (Livello di evidenza II, Forza della raccomandazione A) Una restrizione di sodio maggiore di quella raccomandata per la popolazione generale (fino a 1.500 - 1600 mg/die) deve essere presa in considerazione in paziente ipertesi o con malattia renale quando i target terapeutici non vengano raggiunti. (Livello di evidenza II, Forza della raccomandazione B) Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014 ZIONI il rischio per mortalità totale, del 57% per sole cause cerebro-vascolari escluso l'ictus emorragico e del 30% per cause cardio-vascolari. ALCOOL I dati a disposizione non permettono di raccomandare un consumo moderato di alcool nei soggetti ad elevato rischio di diventare diabetici. (Livello di evidenza III, Forza della raccomandazione B) Un moderata introduzione di alcool, fino a 10 g/die nelle femmine e 20 g/die nei maschi è accettabile se la persona desidera bere alcolici. (Livello di evidenza III, Forza della raccomandazione B) L’assunzione di alcool deve essere limitata nei soggetti obesi o con ipertrigliceridemia e sconsigliata nelle donne in gravidanza e nei pazienti con storia di pancreatite. (Livello di evidenza III, Forza della raccomandazione B) Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014 L’assunzione di alcool nei pazienti trattati con insulina deve avvenire nel contesto dei pasti che comprendono cibi contenenti glucidi, per prevenire, soprattutto durante la notte, il rischio di pericolose prolungate ipoglicemie. (Opinione del gruppo, Forza della raccomandazione B) Nelle persone con diabete un’introduzione moderata di alcool non ha effetti acuti sulla glicemia, ma i carboidrati contenuti nella bevanda alcolica possono avere un effetto negativo sul compenso glicemico. (Opinione del gruppo, Forza della raccomandazione B) Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014 La vit D sembra uno dei faQori in grado di controllare la secrezione insulinica Hypovitaminosis D is associated with insulin resistance and beta cell dysfunc-‐ Con. Chiu KC, Chu A, Go VL, Saad MF. Am J Clin Nutr 2004) Diabetes and the vitamin D connecMon. Holick MF. Department of Medicine, SecIon of Endocrinology, NutriIon, and Diabetes, Boston University School of Medicine,2008 Il controllo glicemico e l'insulino-‐ resistenza sono migliorate quando la carenza di vitamina D è stata corre<a. La 1,25-‐diidrossivitamina D è implicata nella produzione e la secrezione di diversi ormoni, inclusa l'insulina ( inoltre la vit D ha effeR sul sistema immunitario (linfociM B e T e sulla linea monociM-‐ macrofagica) e potrebbe influire sul rischio di sviluppare malaRe autoimmuni tra cui il DM Mpo 1. Livelli ematici di vitamina D “Alimentazione e decadimento cogniAvo” V. Marigliano Le Giornate di “Carlo Cannella” 2^ Edizione Dieta Mediterranea: sostenibilità di un modello Sapienza, Università di Roma 2013 > 65 anni Investire su operatori che promuo Conclusione 2 è economicamente vantaggioso, a ESERCIZIO FISICO COME PARTE basse percentuali di adesione. L’attività fisica è uno strumento economicamente vantaggioso per il trattamento del diabete mellito di tipo 2 Sebbene anche un modesto incremento inferiore a 10 METs-ora/settimana sia utile per la riduzione dei costi dei farmaci, un effetto significativo si ottiene con un aumento del dispendio ad almeno 10 METsora/settimana La quasi totalità dei benefici economici si raggiunge con un incremento di 25-35 METs-ora/settimana (camminare 4-5 km al giorno, tutti i giorni) Investire su operatori che promuovono l’attività fisica è economicamente vantaggioso, anche nella ipotesi di basse percentuali di adesione. DELLO STILE DI VITA Diabetes Care 28: 1295-1302, 2005 D Frazionamento delle calorie nella giornata COLAZIONE 3 PASTI 5 PASTI 20% 20% SPUNTINO MATT. PRANZO 10% 50% MERENDA CENA 30% 10% 30% 30% Le sosItuzioni isoglucidiche 100gr pasta o riso contengono 80% di CHO 100 gr di Pane 00 contiene 67% di CHO 100gr pane integrale contiene 48,5 % di CHO 100 gr di patate crude contengono 17,9% di CHO Quindi circa : gr 80 pasta gr 80 riso gr 220 di gnocchi di patate gr 240 di polenta coQa (gr 80 di farina di mais) gr 100 pane gr 120 di pane integrale gr 200 di patate + 50 gr di pane Le sosItuzioni isoglucidiche 150 gr di Mele corrispondono a: Ø Ø Ø Ø Ø Ø Ø Ø Ø Ø Ø Ø Ø Arance 195 gr. Ananas 150 gr. Albicocche 225gr Cocomero 450 gr. Fragole 280 gr. Melone 200 gr. Pere 170 gr. Pompelmo 250 gr. Kiwi 170 gr Banane 100gr Castagne 45 gr Fichi 135 gr Cachi 100 gr Le sosItuzioni isoglucidiche 3 FETTE BISCOTTATE EQUIVALGONO (circa 21 gr) Ø 3 biscof secchi (21gr) Ø 3 crakers (21gr) Ø 4 feQe biscoQate integrali (31gr) Ø 1/4 di roseQa (23 gr) Ø pane integrale (40gr) Le porzioni isoglucidiche ( 65 gr di CHO) 80 gr di pasta al sugo 400gr di lasagne 160 gr di tortellini 140 gr di pizza margherita 110 gr di paneQone 150… gr di gelato alla vaniglia GRAMMI ALIMENTO PROTEINE GRASSI CHO FIBRE Kcal 30 Fette biscottate integrali 4,3 3,0 18,6 1,6 113,7 200 Latte p. scremato 7,0 3,0 10,0 70 Pasta di semola 7,6 1,0 55,4 10 Parmigiano 3,4 2,8 38,7 200 Bovino adulto (media) 42,6 6,8 232,0 250 Ortaggi (media) 4,3 0,6 20 Olio 300 Frutta fresca (media) 0,6 0,3 33,3 4,5 129,0 80 Pane integrale 6,0 1,0 38,8 5,2 193,6 GR 75,7 38,5 161,6 18,0 1269,7 302,8 346,8 605,9 23,85% 27,32% 47,72% 1,9 4,8 20,0 CAL % 5,5 92,0 247,1 43,8 179,8 Questo studio è servito a validare un metodo di counseling per Validazione di un mcon etodo di counseling oIvare persone con DM2 alla motivare persone diabete di tipoper 2m alla pratica regolare regolare di afvità èfisica aerobica dell’attività fisicapraIca aerobica. Il follow-up durato 2 anni Inositolo ↑sensibilità insulinica (↓ HOMA IR; ↓ glicemia, ↓ insulinemia) ↓colesterolo totale ed LDL • ↓trigliceridi Gli inositoli agiscono da precursori di numerose molecole che entrano afvamente nei processi metabolici dell’organismo. Nello specifico il D-‐Chiro-‐Inositolo è un importante secondo messaggero dell’insulina per situazioni carenziali questo, di questo principio afvo sono connesse ad alcune importanI patologie quali: lo sviluppo d’insulino-‐resistenza, il diabete mellito di Ipo II e la policistosi ovarica. Santamaria A, Giordano D, Corrado F, Pintaudi B, Interdonato ML, Di Vieste G et al. One-‐year effects of myo-‐inositol supplementaCon in postmenopausal women with metabolic syndrome. Climacteric 2012;15:490-‐5. Giordano D, Corrado F, Santamaria A, QuaQrone S, Pintaudi B, Di BenedeQo A et al. Effects of myo-‐inositol supplementaCon in postmenopausal women with metabolic syndrome: A perspec-‐ Cve, randomized, placebo-‐controlled study. Menopause 2011; 18:102-‐4. L’inositolo è una molecola presente in natura soQo molteplici forme ma la conformazione più comune è quella del mioinositolo, è classificabile come carboidrato, anche se in realtà il potere dolcificante è quasi nullo. L’inositolo sembra inoltre che possa essere prodoQo autonomamente dal corpo umano a parIre dal glucosio, ma si trova anche in molI alimenI (cereali, noci, nella fruQa come meloni ed arance, oltre che nelle carni). D-‐Chiro-‐ Inositolo • Non bisogna peraltro dimenIcare nella terapia della sindrome metabolica, soQo il cui teQo convivano l'associazione obesità-‐diabete, la correzione degli altri faQori di rischio come in parIcolare l'iperlipidemia e l'ipertensione arteriosa. Proprio la riduzione dei lipidi e in parIcolare del colesterolo e dei valori pressori, ha oQenuto i risultaI più probanI nella prevenzione delle complicanze cardiovascolari nella popolazione diabeIca. La prevenzione del diabete nei soggef in sovrappeso o affef da obesità dovrà comunque essere aQuata mediante la modificazione dello sIle di vita imperniata nell'afvità fisica, nella riduzione dell'introito calorico e sopraQuQo dei grassi. Esercizio e sensibilità all’insulina Aumento della sensibilità all’insulina post-‐esercizio Effef dell'esercizio fisico sul metabolismo del glucosio: Ø Trasporto del glucosio mediato dalla contrazione Ø Maggiore massa muscolare Ø Aumento capillarizzazione muscolare Ø Maggiore capacità mitocondriale Ø Correzione di un mismatch tra uptake ed ossidazione di FA Ø Maggiore afvità e/o quanItà di proteine chiave nel segnale dell'insulina. Ruolo dell’esercizio fisico DIABETE MELLITO TIPO 2 -90% di tutti i casi di diabete -più frequente negli adulti (> 30 aa) hQp://sv.units.it/ppb/file_pdf/fisiologia%20clinica/diabete%20mellito.pdf DMT2 – EPIDEMIOLOGIA Prevalenza (%) per classi di età hQp://sv.units.it/ppb/file_pdf/fisiologia%20clinica/diabete%20mellito.pdf DMT2 – EPIDEMIOLOGIA Prevalenza per aree geografiche hQp://sv.units.it/ppb/file_pdf/fisiologia%20clinica/diabete%20mellito.pdf DMT2- EPIDEMIOLOGIA Incidenza per età hQp://sv.units.it/ppb/file_pdf/fisiologia%20clinica/diabete%20mellito.pdf DM 2 - PATOGENESI Declino funzione ß cellulare hQp://sv.units.it/ppb/file_pdf/fisiologia%20clinica/diabete%20mellito.pdf Carico Glicemico • Il Carico Glicemico si calcola moltiplicando l’Indice Glicemico di un alimento per il suo contenuto in carboidrati. Diviso 100 • Esempio: Carote: – IG = 131 – Carico glicemico molto basso in quanto nelle carote ci sono in media 7 g di carboidrati per porzione DMT2 - PATOGENESI Combinazione di insulinoresistenza e defict insulinico hQp://sv.units.it/ppb/file_pdf/fisiologia%20clinica/diabete%20mellito.pdf ALCOOL ALCOOL ENT 1 Studi osservazionali suggeriscono che il consumo moderato di alcool può ridurre il rischio per il diabete. In uno studio prospettico condotto su adulti non diabetici è stata osservata un’incidenza minore di diabete di tipo 2 nelle sole donne che consumavano alcool rispetto alle non consumatrici sebbene la relazione dose-risposta fosse debole e non fosse confermata per i maschi. ENT 2 Studi osservazionali condotti sulla popolazione generale hanno mostrato che un moderato consumo di alcool è associato alla riduzione della mortalità totale e per cause cardiovascolari, rispetto al non consumo. Uno studio di coorte ha mostrato che il consumo abituale di alcool in quantità ≤ 20/die, quando comparato con nessun consumo, riduce del 25% il rischio per mortalità totale, del 57% per sole cause cerebro-vascolari escluso l'ictus emorragico e del 30% per cause cardio-vascolari. MANDAZIONI Gruppo di studio ADI-AMD-SID “Nutrizione e diabete” Le raccomandazioni nutrizionali 2013-2014 I dati a disposizione non permettono di raccomandare un consumo mo- Le sostituzioni isoglucidiche 50 gr di pasta equivalgono Ø Ø Ø Ø Ø Ø Ø Ø Ø Ø Ø Ø 50 gr riso parboiled 50gr di pasta all’uovo 50 gr di polenta (farina di mais) 70gr di pane 80gr di pane integrale 70 gr di pane all’olio 55 gr di pizza bianca 80 gr di pizza con il pomodoro 60 gr di pizza con il pomodoro e la mozzarella 200gr di patate 180 gr di legumi freschi 90 gr di legumi secchi