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IL TEMA DELL’ACQUA NELLA PROGETTAZIONE AMBIENTALE
Fabrizio Schiaffonati, Elena Mussinelli
Collana “Studi e Progetti” - 14
Maggioli Editore
Santarcangelo di Romagna 2008
ISBN 978-88-387-4283-9
SAGGI
1. Il tema dell’acqua nei progetti di rinnovo urbano
2. Il paesaggio tra sviluppo e tutela
3. L’acqua nella cultura dell’ambiente e del paesaggio
4. L’inserimento dei manufatti idraulici nel paesaggio urbano
5. Le opere idrauliche nella pianificazione urbanistica
6. L’architettura del paesaggio montano nella sistemazione dei torrenti
7. Progettazione ambientale e risorse idriche
PROGETTI
8. Linee guida per l’inserimento delle opere idrauliche nel bacino fluviale LiriGarigliano e Volturno
9. Terra d’acque: il progetto ambientale del Parco del Ticino piemontese
10Valutazione ambientale per la navigabilità del fiume Ticino
11Valorizzazione paesaggistica e fruitiva della strada alzaia presso la Centrale
termoelettrica di Ponti sul Mincio
12Studio di fattibilità per un progetto di rinaturazione lungo il fiume Mincio in
località Corte Boschi
13Il progetto ambientale del torrente Vevera nella città di Arona
Il tema dell’acqua rappresenta un ambito di riflessione ricchissimo sotto il profilo culturale e disciplinare.
L’acqua, elemento naturale, à strettamente correlata all’uomo e alle sue attività di modificazione del paesaggio e
dell’ambiente, in un rapporto che si pone sin dalle origini nei termini di una azione antropica per governare problemi di
sussistenza e regolazione, attraverso una continua rimodellazione del confine acqua-terra che si traduce nella
trasformazione del territorio e del paesaggio.
In un contesto sociale e culturale che riconosce alla governance ambientale una crescente centralità come strumento
per la promozione e l’attuazione di forme sostenibili di sviluppo, il progetto dell’acqua assume il ruolo di paradigma
rappresentativo di nuove forme e modalità di intervento sull’ambiente costruito. Piani per la valorizzazione dei
paesaggi fluviali, progetti di rinaturazione in ambiti territoriali di pregio, interventi per la riscoperta della presenza
idrica nei contesti urbani - con il ripristino di canali e manufatti idraulici, il ridisegno dei waterfront, la realizzazione di
fontane e giochi d’acqua, che assumono la valenza di sistemi per la qualificazione e la fruizione dello spazio pubblico.
Si tratta di esperienze e riflessioni attorno alle quali si condensa un ripensamento delle “regole” del progetto
tecnologico, per una più solida convergenza di molteplici apporti disciplinari e nella direzione di una stretta
integrazione tra differenti scale, temi e modalità di intervento.
Attorno al tema dell’acqua si palesa quindi con evidenza la dimensione strutturale del progetto ambientale e
paesaggistico, che rende conto anche di riferimenti normativi e strumenti procedurali innovativi in grado di coniugare
sostenibilità e forme attive di sviluppo socio-economico.
Politecnico di Milano . Dipartimento BEST . UdR “Governance, progetto e valorizzazione dell’ambiente costruito”
Collana STUDI E PROGETTI
direzione Fabrizio Schiaffonati
redazione Elena Mussinelli
Unità di ricerca “Governance, progetto e valorizzazione dell’ambiente costruito”
Dipartimento BEST - Scienza e Tecnologie dell’Ambiente Costruito
Fabrizio Schiaffonati, Adriana Baglioni, Corrado Baldi, Oscar Bellini, Roberto Bolici, Giovanni Boncinelli,
Maddalena Buffoli, Stefano Capolongo, Giorgio Casoni, Laura Daglio, Daniele Fanzini, Emilio Faroldi, Matteo
Gambaro, Elisabetta Ginelli, Cristina Marchegiani, Luca Marescotti, Elena Mussinelli, Lorenzo Mussone,
Massimiliano Nastri, Ilaria Oberti, Diletta Pellecchia, Francesca Plantamura, Andrea Poltronieri, Raffaella Riva,
Andrea Tartaglia.
Politecnico di Milano
Facoltà di Architettura e Società
Dipartimento di Scienza e Tecnologie dell’Ambiente Costruito
Building Environment Science & Technology - BEST
DIDATTICA
PROGETTI
RICERCHE
SAGGI
ISBN 88-3874-283-9
Pubblicato a cura di Maggioli Editore
Maggioli Editore è un marchio Maggioli S.p.A.
Azienda con sistema qualità certificato ISO 9001:2000
47822 Santarcangelo di Romagna (RN) • Via del Carpino, 8
Tel. 0541/628111 • Fax 0541/622020
www.maggioli.it/servizioclienti
e-mail: [email protected]
In copertina: Acque ferme, Alessandro Majocchi, 2006
Per gentile concessione di Alessandro Majocchi.
Diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi
mezzo sono riservati per tutti i Paesi.
Finito di stampare nel mese di maggio 2008
da Digitalprint Service
Via Torricelli, 9
20090 Segrate (MI)
Il tema dell’acqua nella
progettazione ambientale
Fabrizio Schiaffonati, Elena Mussinelli
INDICE
Premessa
11
SAGGI
15
1. Il tema dell’acqua nei progetti di rinnovo urbano
17
2. Il paesaggio tra sviluppo e tutela
2.1 L’idea di progresso, la crisi e i limiti dello sviluppo
2.2 Verso una nozione strutturale di paesaggio per uno
sviluppo compatibile
2.3 La nozione di paesaggio nella cultura italiana della
prima metà del Novecento
2.4 Il miracolo economico e il “boom” degli anni
sessanta
2.5 La crisi degli anni settanta
31
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3. L’acqua nella cultura dell’ambiente e del paesaggio
3.1 L’acqua tra natura e artificio
3.2 Azione antropica e trasformazione ambientale
3.3 L’evoluzione del concetto di paesaggio
3.4 La tutela del paesaggio nel contesto normativo
italiano
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3.5 Opere di sistemazione idraulica e impatti sul
paesaggio
3.5.1 Opere di ingegneria del territorio
3.5.2 Opere nel paesaggio urbano
4. L’inserimento dei manufatti idraulici nel paesaggio
urbano
4.1 Il tema dell’acqua nella progettazione ambientale
4.2 Scenari trasformativi del quadro programmatico e
normativo
4.3 Scenari progettuali
4.4 Paradigmi e casi studio nel contesto europeo
4.5 Scenari evolutivi nel contesto italiano: il caso di
Milano
5. Le opere idrauliche nella pianificazione urbanistica
5.1 L’inserimento ambientale delle opere idrauliche
5.2 Sistemi idrici urbani: i grandi progetti europei
5.3 L’acqua nei grandi progetti di riqualificazione
urbana
5.4 Le valenze ambientali e paesaggistiche delle opere
di difesa idraulica
6. L’architettura del paesaggio montano nella
sistemazione dei torrenti
6.1 La specificità dei contesti montani
6.2 La rinaturalizzazione dei torrenti montani
6.3 Gli strumenti per la conservazione della biodiversità
e lo sviluppo sostenibile
6.4 Casi studio
7. Progettazione ambientale e risorse idriche
7.1 Acqua e territorio
7.2 Evoluzione del quadro normativo in materia di
acque
7.3 Risorse idriche e scale della progettazione
7.3.1 Scala territoriale del bacino idrografico
7.3.2 Scala delle unità di paesaggio
7.3.3 Scala del progetto urbano
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PROGETTI
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8. Linee guida per l'inserimento delle opere idrauliche
nel bacino fluviale Liri-Garigliano e Volturno
8.1 L’architettura del paesaggio
8.2 L’acqua e il paesaggio: scenari trasformativi del
quadro programmatico e pianificatorio
8.3 Metodologie valutative dell’impatto ambientale
delle opere
8.3.1 La procedura di VIA e la strumentazione di
Piano
8.3.2 Contenuti degli studi di impatto ambientale
8.4 La qualità ambientale nel progetto delle opere
pubbliche
8.5 La nozione di paesaggio nella sistemazione dei corsi
d’acqua
8.6 La metaprogettazione delle opere idrauliche
8.6.1 Elementi del bacino fluviale
8.6.2 Manufatti idraulici puntuali e a rete
8.6.3 Mappe topologiche
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9. Terra d’acque: il progetto ambientale del Parco del
Ticino piemontese
9.1 Il Novecento e il Parco del Ticino piemontese
9.2 Premesse al progetto ambientale del Parco
9.3 Obiettivi e contenuti del Piano d’area
9.4 Procedure e attuazione del Piano d’area
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10. Valutazione ambientale per la navigabilità del fiume
Ticino
10.1 La via navigabile Locarno-Milano
10.2 Aspetti metodologici e procedurali
10.3 Il contesto insediativo e paesaggistico della Valle del
Ticino
10.4 Il progetto tra Sesto Calende e Varallo Pombia
10.5 Vulnerabilità del patrimonio ambientale e
paesaggistico
10.6 Sintesi degli impatti e progetto delle mitigazioni
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11. Valorizzazione paesaggistica e fruitiva della strada
alzaia presso la Centrale termoelettrica di Ponti sul
Mincio
11.1 Il progetto di adeguamento tecnologico della
Centrale
11.2 Il contesto di intervento
11.3 Criteri e linee guida progettuali
11.4 Lotti di intervento e ambiti di progetto
12. Studio di fattibilità per un progetto di rinaturazione
lungo il fiume Mincio in località Corte Boschi
12.1 Caratteri ambientali e paesaggistici del contesto e
obiettivi dell’intervento
12.2 Inquadramento programmatico e vincoli
12.3 La proposta progettuale
12.4 Fattibilità procedurale e tecnico-economica
13. Il progetto ambientale del torrente Vevera nella città
di Arona
13.1 Il contesto ambientale del Vevera
13.2 Scenario programmatico e pianificatorio
13.3 Il Piano d’insieme
13.3.1 Il sistema ambientale di Piano
13.3.2 Gli interventi di riqualificazione ambientale
13.3.3 Zone di intervento e linee guida
metaprogettuali
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Un particolare ringraziamento all’architetto Raffaella Riva per il prezioso
contributo redazionale.
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PREMESSA
Più di vent’anni fa, nel luglio e agosto del 1987, si è verificato
l’evento eccezionale dell’alluvione in Valtellina. Precipitazioni di
straordinaria intensità, unite allo zero termico che raggiunse i
quattromila metri delle montagne del bacino imbrifero, nonché alle
critiche condizioni complessive di regimazione delle acque e della
manutenzione dell’alveo dell’Adda e dei suoi numerosi affluenti,
concorsero a determinare una vera e propria catastrofe ambientale,
e la perdita di numerose vite umane.
Ma l’evento per il quale la Valtellina è soprattutto ricordata in
quel drammatico frangente è l’intervento risolutivo della
“tracimazione controllata”.
Il 28 luglio, mentre sono iniziati i lavori per ripristinare la
strada statale 38 interrotta e per riattivare i collegamenti con l’alta
valle, un’enorme frana riempie il fondovalle della Val Pola con
milioni di metri cubi di materiali, cancellando quattro centri abitati
e creando uno sbarramento alto fino a cinquanta metri, che
interrompe il deflusso dell’Adda.
Si forma così un invaso d’acqua che cresce con ritmi sempre più
preoccupanti, anche per la ripresa delle precipitazioni, con l’incubo
di un’ulteriore catastrofe a valle, verso Tirano, se lo sbarramento
11
dovesse cedere. Tutti gli abitanti dei paesi lungo il corso dell’Adda
nel tratto tra Grossotto e Sondrio vengono evacuati.
Il 29 agosto, col fiato sospeso degli italiani davanti alla
televisione che informava sull’evolversi degli eventi, alla presenza
di dati aleatori sulla resistenza dei bastioni dello sbarramento e per
i prevedibili tempi lunghi per il prosciugamento con le idrovore,
l’ingegnere idraulico Ugo Majone, il geologo Michele Presbitero e
l’ingegnere Pietro Lunardi, della Commissione Grandi Rischi,
prendono una decisione. Alle prime luci dell’alba di domenica 30
agosto, si scava una breccia nello sbarramento della frana: l’acqua
incomincia di nuovo a defluire e, nei giorni seguenti, il bacino viene
gradatamente svuotato. È la fine di un incubo.
Non conoscevo personalmente Ugo Majone, ingegnere idraulico,
professore ordinario al Politecnico di Milano, che vedevo per la
prima volta dagli schermi televisivi. Ma, poco dopo, gli eventi della
vita ci hanno fatto incontrare, in un gruppo di lavoro per lo studio
di impatto ambientale di una grande diga. E da lì ha preso avvio
una collaborazione estesa anche ad altre occasioni di ricerca
scientifica, in particolare nell’ambito dei corsi di aggiornamento da
lui promossi con il Dipartimento di Ingegneria Idraulica,
Ambientale e del Rilevamento. Una collaborazione che nel tempo è
diventata anche una sentita amicizia.
Questi corsi, a cadenza annuale, richiamavano l’interesse e la
partecipazione di circa un centinaio tra tecnici di Pubbliche
Amministrazioni, professionisti e studiosi, e mettevano a fuoco le
problematiche idriche con riferimento a diversi tematismi e contesti.
Pur in un ambito specialistico, i corsi si ponevano nell’ottica di
far crescere attorno al tema dell’acqua una cultura
interdisciplinare, rompendo steccati e pregiudizi spesso presenti
anche in ambito accademico. Con il notevole risultato di affrontare i
problemi da diverse angolazioni, e di ricercare soluzioni al governo
delle risorse idriche, tema che andava imponendosi come una vera e
propria emergenza, dopo un lungo periodo di scarsa
consapevolezza.
Attraverso un faticoso percorso - anche sulla scia di
adempimenti comunitari cogenti -, nuovi approcci legislativi alla
tutela del paesaggio e alla pianificazione territoriale aprivano alla
nuova dimensione del progetto ambientale, per esplorare più a
fondo i problemi e trovare adeguate soluzioni.
12
La necessità di coniugare cultura tecnica e cultura umanistica
trovava in Majone un fertile terreno, con la convinzione che ogni
azione di gestione delle risorse deve porsi nell’ottica della loro
rigenerazione, a partire soprattutto dalla consapevolezza
dell’emergenza e dalla necessità di assumere corretti stili di vita,
per uscire da una fase predatoria nell’uso delle risorse territoriali.
Un problema politico per eccellenza, che Majone - sempre sensibile
per storia personale e cultura - non intendeva ignorare.
Con Elena Mussinelli, che ha condiviso questo nuovo interesse,
intendevamo raccogliere tali stimoli per un rinnovamento del nostro
approccio disciplinare sul versante della progettazione ambientale e
tecnologica a scala edilizia e territoriale. Da molto tempo avevamo
avuto modo di osservare, in piani e progetti, la completa
disattenzione ai tanti dati strutturali ai quali si dovrebbe conformare
un’azione progettuale consapevole. A scala territoriale e urbana, in
primis, dove il tema dell’acqua è stato da tempo pressoché ignorato,
quando invece è elemento basilare, come storicamente dimostrato,
della qualità di ogni insediamento; e a livello edilizio e
architettonico dove, nel migliore dei casi, è stato assunto quale
variabile estetica.
Abbiamo incominciato a muoverci, allora, lungo questa linea
stabilendo nessi con altri aspetti - norme, procedure di valutazione,
ambiente, paesaggio, ingegneria naturalistica, innovazione
tecnologica -, trovando nella sede didattica dei corsi di
aggiornamento un fervido terreno di dialogo e di confronto.
Majone mi offriva poi altri rilevanti ambiti scientifici - quali i
convegni internazionali organizzati a Capri e a Roma
dall’Associazione Idrotecnica Italiana e dal Centro Studi Idraulici
per l'Ambiente TERRA -, ai quali ero invitato perchè portassi il mio
punto di vista disciplinare. Un approccio interdisciplinare, da lui
ripetutamente sottolineato, che si esprime nella duplice valenza del
lavoro intellettuale: conoscenze puntuali pertinenti e aperture su
altri campi del sapere, secondo l’ottica prospettata dai più
importanti epistemologi contemporanei.
Tale nostro specifico interesse si è così consolidato,
alimentandosi anche attraverso ricerche e studi svolti nell’ambito
del BEST - Dipartimento di Scienza e Tecnologie dell’Ambiente
Costruito - per conto di Enti e Amministrazioni Pubbliche,
verificando anche in alcuni progetti le relazioni che intercorrono
con i fattori complessi della fattibilità.
13
Nel frattempo il tema dell’acqua andava assumendo crescente
rilevanza sia a scala internazionale che nazionale, e anche gli
architetti incominciavano ad esprimere un qualche interessamento
che non fosse solo strumentale.
La valorizzazione dell’acqua come risorsa urbana in esperienze
quali quelle di Barcellona e Siviglia, e oggi di Saragozza e Milano,
e i numerosi concorsi per il ridisegno del waterfront di molte città
italiane ed europee, testimoniano dell’attualità del tema e si offrono
come occasione per la divulgazione di molte delle questioni che
tante volte abbiamo discusso con Ugo Majone, andando spesso oltre
la dimensione episodica dei casi più eclatanti, per ragionare attorno
al ruolo strutturale della presenza idrica nei diversi contesti urbani
e ambientali.
Dalle barriere antimarea sul Tamigi, al Mose di Venezia, dai
canali dell’est parigino alle piazze di Lione, per arrivare sino a
progetti apparentemente più minuti e circoscritti, la villa Malaparte
di Adalberto Libera a Capri, gli interventi di Vittoriano Viganò sul
Garda e a Rimini, dove cultura tecnica e dimensione umanistica del
progetto si intrecciano superando una dimensione del problema che
oggi non può che apparirci sbagliata, perché fondata su un’aporia
inesistente.
Questo testo raccoglie e riordina molti degli scritti e delle
ricerche che abbiamo sviluppato nell’arco ormai di vent’anni, anche
allo scopo di evidenziare, pur nella specificità delle diverse parti,
come “Il tema dell’acqua nella progettazione ambientale” possa
contribuire al rinnovamento degli studi in architettura e al
consolidamento di una linea culturale che guarda con rinnovato
interesse alle determinazioni multiscalari e pluridisciplinari del
progetto tecnologico.
F.S.
14
SAGGI
1
IL TEMA DELL’ACQUA NEI PROGETTI DI RINNOVO
URBANO1
Il tema dell’acqua alla scala della progettazione urbanistica e
architettonica ha assunto in questi ultimi anni una importanza via via
crescente. Constatiamo infatti una rinnovata consapevolezza
dell’importanza che questo elemento assume per la qualità
ambientale in senso lato. Non v’è dubbio che da sempre il fattore
acqua ha avuto un ruolo preminente nei processi localizzativi,
insediativi, produttivi e quindi nello sviluppo delle civiltà,
connotandone il benessere e le stesse configurazioni morfologiche,
dalla più ampia scala territoriale, ai sistemi urbani veri e propri, sino
ai più minuti tessuti residenziali.
L’indispensabilità dell’acqua per l’origine dei diversi cicli della
vita animale e vegetale ha fatto sì che innumerevoli significati
simbolici siano stati ad essa accostati, ancor più nel passato che nel
presente, assunti anche quali stimoli per la creazione artistica,
letteraria, pittorica, scultorea e architettonica.
1
Il presente testo di Fabrizio Schiaffonati, “Il tema dell’acqua nei progetti di
rinnovo urbano”, è pubblicato in: Emilio Faroldi, Città Architettura Tecnologia.
Il progetto e la costruzione della città sana, Edizioni Unicopoli, Milano 2000, pp.
145-156.
17
Importanza del fattore
acqua
Sfruttamento
intensivo della risorsa
L’approccio positivista alla costruzione della città moderna ha
certamente agito, nel contesto di nuovi impellenti e massificati
bisogni, ad occultare in parte la valenza sia strutturale sia simbolica
del fattore acqua, nell’accezione prevalentemente funzionalista
dell’approvvigionamento, della costruzione di reti interrate e
occultate, di sfruttamento intensivo della risorsa per i cicli industriali
e a fini di produzione energetica.
Questo approccio prevalentemente utilitaristico - unito a
concezioni ingegneristiche delle reti urbane e territoriali improntate
a criteri di economicità e funzionalità, con ottiche prevalentemente
monofunzionali e spesso con un malinteso senso della illimitatezza
delle risorse - ha contribuito prepotentemente alla distruzione,
cancellazione, alterazione di molti segni delle stratificazioni storiche
che dal fattore acqua avevano tratto le proprie ragioni, origini, con
significativi e insigni sviluppi.
Inversione di tendenza
Quali sono i principali elementi che contribuiscono ad
un’inversione di tendenza? Dalla consapevolezza dei limiti dello
sviluppo emerge la necessità di una diversa e più completa
razionalità dello sfruttamento delle risorse, ivi compreso il problema
di una loro programmatica rigenerazione. L’esigenza quindi di
contenere ed eliminare gli sprechi si coniuga con le diffuse istanze di
soddisfacimento di bisogni primari per strati sempre più ampi di
popolazione, nell’ottica del superamento degli squilibri e per
approntare soluzioni per le aree del sottosviluppo che, nel processo
di globalizzazione, rappresentano un inquietante fattore di
destabilizzazione.
Non ultima la certezza che la forma del territorio - dalla grande
scala all’urbano, dagli organismi architettonici ai manufatti rappresenta la scena nella quale si sviluppa la vicenda umana la cui
qualità è direttamente proporzionale ai connotati di equilibrio e di
bellezza del paesaggio che ci circonda.
La nozione di paesaggio ha assunto accezioni sempre più vaste
con la consapevolezza del progressivo estendersi dell’azione
antropica e delle letture psicopercettive, sempre più articolate, che
l’uomo è in grado di sviluppare con l’evoluzione continua della
sensorialità strettamente correlata alla dimensione culturale.
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La dimensione tecnologica della contemporaneità con
l’accelerazione delle innovazioni prospetta di giorno in giorno nuove
potenzialità di configurazione dello spazio fisico e delle modalità
d’uso dei manufatti, della città e del territorio. Tuttavia spesso si
frappongono, come fattori di resistenza al cambiamento, retaggi
culturali e approcci tradizionali. Ciò nonostante i processi di
sviluppo indurranno ineluttabili cambiamenti in tempi più brevi di
quanto non si possa immaginare.
Questi molteplici ed eterogenei aspetti che agiscono per la
modificazione si traducono già da oggi in nuovi approcci disciplinari
che indicano modalità diverse sia per l’analisi che per il governo dei
processi di intervento sul contesto territoriale. La pianificazione è
sempre più orientata a concetti di ecocompatibilità e sostenibilità
dello sviluppo che, superando la pianistica tradizionale del puro
vincolo funzionale, incrociano gli aspetti morfologici con altri fattori
ambientali e socio-economici, per la costruzione di un quadro
articolato di conoscenze a sostegno dell’azione progettuale, entro cui
ogni trasformazione antropica sia sottoposta a valutazioni espresse
con metodologie multicriteriali, in grado di correlare in un’ottica
multidisciplinare gli scenari del progetto con la fattibilità e la
gestibilità delle opere.
Le tecniche di approccio, pur mutando le scale, sono ispirate ad
approcci operativi per il governo delle trasformazioni possibili quale
esito di preventive verifiche nell’ambito sia tecnico sia socioeconomico. Gli strumenti della pianificazione territoriale di tipo
tradizionale (Piani regolatori, Piani particolareggiati, Piani di
settore), riferibili nel contesto italiano a una struttura legislativa
vincolistica, lasciano sempre più il passo a nuove formulazioni nella
direzione di sinergie e convergenze strategiche tra diversi soggetti,
pubblici o privati, in un’ottica proattiva a valle della individuazione
delle preventive azioni mediatorie sulla condivisibilità di obiettivi
comuni. Questi strumenti, che in alcuni casi travalicano la stessa
scala nazionale (come i progetti Leader o i programmi di
Cooperazione europea), con particolare riferimento ad ambiti più
circoscritti e urbani, individuano la centralità del rinnovo urbano in
stretta connessione con l’attivabilità di nuove risorse economiche,
nella prospettiva non solo della conservazione ma della creazione di
nuove opportunità per il recupero ambientale e sociale. La medesima
consapevolezza, anche se meno esplicita e visibile, investe
19
Nuovi approcci
disciplinari
l’architettura, sottospecie di manufatti, edifici, ambienti urbani più
circoscritti. Questo atteggiamento culturale e disciplinare si traduce
nella messa a punto di metodologie progettuali per la trasformazione
di contesti fisici e ambientali che focalizzano la loro attenzione
preventivamente sulle criticità dei processi, per minimizzare a monte
gli effetti negativi di qualsiasi trasformazione, piuttosto che
intervenire ex-post con opere di risanamento per il ripristino di
qualità ambientali perdute o compromesse.
Pianificazione e
progettazione
ambientale
Da queste considerazioni deriva l’esigenza di estendere le
categorie della pianificazione e della progettazione ambientale
specificatamente alla città, anche con riferimento agli elementi di
complessità e criticità che il tema dell’acqua induce, in particolare
per quanto concerne l’adeguamento dei sistemi infrastrutturali delle
reti di approvvigionamento e smaltimento, l’inquinamento e, quindi,
la depurazione, il controllo della falda acquifera.
A questo livello alla scala europea appaiono certamente
significative esperienze di riqualificazione urbana incentrate sulla
prepotente rivalorizzazione del ruolo del fiume o, in alcuni casi, del
frontemare, quale elemento di struttura e di caratterizzazione
dell’immagine urbana.
Lione
Il Plan Bleu della città di Lione è elemento fondamentale di
trasformazione della metropoli e si affianca ad altre importanti
iniziative per la Lione del 2010, in un quadro di interventi strategici
e coordinati alle diverse scale, orientati dalla Pubblica
Amministrazione attraverso programmi operativi organizzati poi in
sottopiani a carattere settoriale (Plan Presqu’île, Plan Vert, Plan
Couleurs, Plan Lumière, Schéme d’amènagement des espaces
publics). Definisce un programma di sistemazione degli argini del
Rodano e della Saône, coordinando le strategie di intervento
sull’intero bacino idrografico e delineando le precondizioni di base
necessarie per una più ampia riorganizzazione del ciclo urbano delle
acque, contemplando inoltre un sistema di interventi di fontane e
giochi d’acqua che caratterizzano la nuova immagine delle piazze
urbane.
Il progetto della nuova Citè Internationale di Renzo Piano per
l’area precedentemente occupata dalla Fiera del 1918 e dal Palazzo
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dei Congressi degli anni sessanta è collocato lungo una delle anse
del Rodano a nord-ovest della città e testimonia delle nuove
potenzialità che possono esprimersi negli ambiti limitrofi ai percorsi
fluviali urbani, anche in relazione ai fenomeni di dismissione.
Il Plan Bleu investe quindi il quadro generale degli interventi di
miglioramento delle sponde del Rodano e della Saône e, oltre al
progetto di Renzo Piano già realizzato, è in corso un progetto di
Oriol Bohigas sulle are di confluenza dei due fiumi.
Esperienze analoghe sono state condotte, con diverse modalità ed
occasioni, in città quali Parigi, Barcellona e Londra.
A Parigi, la municipalità già dagli anni ottanta ha messo mano ad
un grande progetto di recupero e riqualificazione del canale St.
Martin, dalla zona dell’insediamento della Villette allo sbocco sulla
Senna; una riqualificazione nel contempo ambientale e per la
fruizione delle sponde, che supporta interventi di sostituzione e di
rinnovo di comparti edilizi prevalentemente industriali ormai
obsoleti o in stato di vero e proprio abbandono e che rilancia una
valorizzazione della navigazione da diporto.
Parigi
Il contesto parigino presenta inoltre, seppur a scale diverse, altri
significativi tematismi legati all’acqua, dalle proposte ancora alla
fase progettuale di consistenti interventi per la sistemazione della
Rive Gauche, ai due significativi parchi Bercy e Citröen che,
collocati lungo le sponde della Senna, includono la valenza
scenografica dei giochi d’acqua come elemento strutturante il
disegno del verde e dello spazio pubblico.
A Barcellona, in occasione delle Olimpiadi del 1992, è stata colta
l’opportunità per un imponente Piano di opere pubbliche mirato a
una complessiva riqualificazione e al rilancio economico della città.
In particolare il Piano ha riguardato un esteso progetto per la zona
del porto e dell’affaccio della città sul frontemare, fino a coinvolgere
il limitrofo quartiere di Barceloneta, lungo una fascia di alcuni
chilometri.
Le dismissioni industriali, connesse alla trasformazione delle
strutture portuali e del trasporto marittimo, hanno consentito la
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Barcellona
restituzione di un’ampia fascia costiera prevalentemente dedicata ad
attività ludiche e per il tempo libero, in un contesto di estesa
riqualificazione ambientale in cui trovano soluzione anche esigenze
funzionali quali in particolare quelle dello scorrimento e
dell’attraversamento viabilistico che lambisce il Moll de la Fusta. Si
viene quindi a configurare un diverso approccio al frontemare
direttamente connesso visivamente e funzionalmente alla città
attraverso l’asse prospettico delle Ramblas, per poi estendersi nella
direzione della costa, dove trovano collocazione molteplici servizi e
i nuovi insediamenti del Quartiere Olimpico. L’insieme dei diversi
episodi, dai consistenti interventi architettonici, agli spazi aperti, alle
strutture viabilistiche, ai molteplici percorsi pedonali e alle zone di
sosta fino agli arenili, restituisce un approccio unitario all’intero
sistema, con elevate valenze ambientali e fruitive, con la cura fino al
dettaglio delle attrezzature, dei materiali, della scelta dei bordi e
delle essenze arboree.
Londra
Ad una scala ancor più ampia, e con connotati diversi per la
strategia economica e temporale ultraventennale, anche la vicenda
dei Docks di Londra merita un rapido accenno. Dall’epoca
thatcheriana ad oggi questa zona lungo il Tamigi è stata recuperata e
radicalmente trasformata, anche a partire dalla formazione già negli
anni settanta delle imponenti barriere antimarea che hanno
consentito di mettere in sicurezza un’area di centosedici chilometri
quadrati, scongiurando i rischi di periodici allagamenti ed
incentivando anche dal punto di vista economico significative
opportunità per i nuovi insediamenti.
Bacino industriale
della Ruhr
Questa scala territoriale rimanda per dimensione, complessità
delle problematiche ambientali e livelli di infrastrutturazione
tecnologica al grande progetto di recupero territoriale, conclusosi in
questo anno (2000), del bacino industriale della Ruhr in Germania,
in particolare con la bonifica del bacino fluviale con l’impiego di
tecniche dell’ingegneria naturalistica e con la rinaturalizzazione di
quattrocento chilometri quadrati convertiti a parco, in appoggio a
nuovi sistemi insediativi di residenze, servizi e polarità territoriali
quali parchi scientifici e tecnologici.
Questi interventi hanno dato luogo poi a diffuse sperimentazioni
di natura tecnologica nell’ambito delle bioarchitetture, del risparmio
22
M. Ferrand, J-P.
Feugas, B. Huet, B.
Leroy - Parc de Bercy,
Parigi - 1987
(foto Federico
Balestrini)
G. Clément, A. Prevost
- Parc André Citroën,
Parigi - 1992
(foto Balestrini)
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Canale St. Martin,
Parigi
(foto Elena Mussinelli)
Nuovo affaccio a mare,
Moll de la Fusta,
Barcellona - 1992
(foto Raffaella Riva)
24
R. Bofill - Les Arcades
du Lac, Saint-Quentinen-Yvelines - 1981
(foto Mussinelli)
R. Bofill - Les
Colonnes Saint
Christophe, CergyPontoise - 1981
(foto Mussinelli)
25
R. Bofill - Les Arcades
du Lac, Saint-Quentinen-Yvelines - 1981
(foto Mussinelli)
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energetico e del confort ambientale, anche attraverso il governo di
sistemi capillari di utilizzo delle acque, dei cicli di depurazione e
recupero, in un quadro di controllo delle variabili microclimatiche.
Si percepisce quindi una particolare attenzione al trattamento degli
involucri edilizi che, rappresentando l’interfaccia tra spazi interni e
spazi esterni, giocano un ruolo preminente per il confort ambientale
sia alla scala microurbanistica sia dello spazio indoor.
Anche a questo livello, l’elemento acqua è da qualche tempo
oggetto di attenzione e sperimentazione quale significativa
componente ambientale ancora scarsamente indagata e integrata al
progetto architettonico vero e proprio. Le pur limitate applicazioni
trovano origine in un filone di ricerca fisico-tecnica che aveva visto
alcune spettacolari esibizioni dimostrative nell’Expò di Siviglia che,
in chiave simbolica ed esplicativa, aveva assunto il tema dell’acqua
e del fiume come elemento conduttore di diversi progetti urbani ed
edilizi.
Lo stato dell’arte di queste sperimentazioni applicative dell’uso e
dell’integrazione dell’elemento acqua nell’architettura e negli spazi
pubblici tra valenze ambientali, microclimatiche e scenografiche
trova una efficace esplicitazione in alcuni progetti di Ricardo Bofill;
in particolare a Saint-Quentin-en-Yvelines, la formazione di un
grande lago artificiale diviene la nuova polarità della ville nouvelle e
si integra al costruito non solo negli affacci e nel rispecchiamento
delle architetture ma anche con la costruzione di un vero e proprio
edificio fondato nel lago.
Una relazione fortissima con l’acqua si coglie anche nel progetto
per la ville nouvelle di Cergy-Pontoise, dove l’asse prospettico di
connessione tra la grande esedra edificata del cuore
dell’insediamento e il paesaggio di un ampio parco urbano si gioca
nella relazione visiva di un simmetrico e rettilineo percorso a
valenza monumentale che traguarda e discende verso l’ansa del
fiume Oise.
In Bofill, in questi casi, è esplicita la dialettica tra natura e
artificio, la rappresentatività dello spazio pubblico delimitato dalle
cortine edificate, le connessioni governate degli spazi aperti e le
suggestive virtualità e integrazioni paesaggistiche.
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Ricardo Bofill
Contesto italiano
Il contesto italiano si caratterizza per avere affrontato con ritardo
in modo organico il generale problema del governo delle risorse
idriche. Ciò nonostante è certamente significativa l’elaborazione
legislativa della prima metà degli anni novanta che è pervenuta, con
la legge 183/1994, alla individuazione dei bacini idrografici di
rilievo nazionale. Si richiederebbe ora, dopo una prima fase di
attuazione legislativa, un ulteriore aggiornamento con l’estensione a
tutto il territorio nazionale dei bacini idrografici, come ad esempio
già in atto da decenni in Francia e in Inghilterra.
Il caso italiano presenta peculiarità diverse da quello francese
che ora, su un impianto pianificatorio di governo delle acque esteso
a tutto il territorio, può dedicare maggiore attenzione ai grandi
progetti urbani di cui Lione è certamente una significativa
espressione. È necessario cioè, in Italia, affrontare ancora il
problema per gli aspetti di macroterritorialità dalla dimensione
fisico-alluvionale a quella paesistica; in tal senso il Piano del Po
presentato solo recentemente è il primo significativo esempio di
controllo strategico delle fasce fluviali.
In questo quadro altri interventi rientrano in una episodicità
dovuta a volontà politiche più circoscritte e locali. La ricostruzione
della mappa delle proposte e degli interventi non consente quindi di
valutare tutto ciò come esito di un approccio organico al problema;
possiamo dire che le cento città italiane, per non parlare delle
migliaia di centri minori, per la configurazione orografica del
territorio, vedono una significativa presenza della valenza acqua lago, fiume, mare - nella conformazione morfologica dei siti e delle
modalità d’uso della risorsa sotto i molteplici aspetti
dall’approvvigionamento, all’uso, al loisir.
C’è inoltre da rilevare che la variabilità delle situazioni con la
struttura capillare delle autonomie locali, unita ad una nuova
sensibilità ambientale, indirizza molte Amministrazioni a mettere
mano al problema della riqualificazione del fronteacqua quanto
meno in termini, certamente riduttivi ma pur significativi, di
attrezzature e di arredo, per arrestare ulteriori fenomeni di degrado,
affrontare le maggiori criticità dell’abbandono di alcuni siti in
relazione alla dismissione di microattività produttive e per
aumentare l’appetibilità fruitiva in termini turistici e di tempo libero
delle popolazioni locali.
Molte altre iniziative permangono ancora sulla carta, come
proposte, concorsi e progetti.
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Pur alla scala più limitata e circoscritta a contesti locali si
evidenzia oggi la necessità di un salto qualitativo progettuale, in
termini critici e gestionali, per riscattare la dimensione effimera
dell’“arredo urbano”, con lo spregiudicato utilizzo di attrezzature e
di sistemi spesso desunti da una produzione corrente e
indifferenziata che finisce per fornire una immagine poco riferita
alle caratteristiche più strutturate e sedimentate dei luoghi.
Il rischio di una omologazione e banalizzazione di tali interventi
è certamente molto elevato per il contesto italiano caratterizzato da
differenze, variabilità locali, storia e tradizioni.
Emblematici di una dimensione culturale colta e meditata, nel
solco di una esplicita modernità, sono i progetti di Vittoriano Viganò
per le sistemazioni lungo la foce del Marecchia a Rimini e del
lungolago a Salò. I caratteri salienti di questi interventi esprimono
una particolare sensibilità nel governare il progetto connettendone le
molteplici valenze, dalla più ampia scala di un pur circoscritto
sistema urbano, ai diversi sottosistemi che lo caratterizzano percorrenze, soste, dislivelli - sino al dettaglio dei più minuti
elementi architettonici - lampioni, panchine, pavimentazioni.
Certamente Vittoriano Viganò, nella fase più matura della sua
produzione progettuale, rappresenta un esempio paradigmatico della
capacità di coniugare la tematica del paesaggio e delle valenze
ambientali con gli aspetti fruitivi, mai ridotti a puro funzionalismo, e
con una immagine di durabilità e di originalità misurata con le
specificità del sito. Atmosfere, colori, materiali sono elementi del
progetto e certamente esprimono una forte proiezione verso la
valenza acqua, come suggestivo e mutevole sfondo che già
Vittoriano Viganò aveva captato in più giovane età con il progetto
per lo scultore Andrè Bloc a Portese, sempre sul lago di Garda. Il
segno della scala costituisce un gesto in grado di raccordare il
manufatto abitativo con l’intero paesaggio alludendo alla
complementarietà degli elementi naturali terra-acqua, come materiali
del progetto architettonico; questa radicata idea di integrazione
compare anche in un tematismo differente, per un piccolo giardino
pubblico nell’ambito milanese di Via Crivelli - peraltro poi non
realizzato nei termini della sua proposta - già nella invenzione del
titolo dell’opera Verde-Acqua.
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Vittoriano Viganò
V. Viganò - Particolare
del lungolago, Salò 1988
(foto Fabrizio
Schiaffonati)
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