Ma non c`era stata una rivoluzione al Cairo?
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Ma non c`era stata una rivoluzione al Cairo?
87-89 Egitto Saini_Layout 1 11/08/14 12:59 Pagina 87 EGITTO Ma non c’era stata una rivoluzione al Cairo? “Molti paesi hanno un esercito, ma solo in Egitto l’esercito ha un paese” U mm al-Dunya, la madre del mondo. Così gli Egiziani chiamano, con un misto di orgoglio, nazionalismo e nostalgia, il loro Paese. Molti rimpiangono ancora l’era di Gamal Abdel Nasser, quando l’Egitto era il leader del mondo arabo, e uno dei motori del Movimento dei paesi non allineati. “Cinquant’anni fa tutti ci rispettavano, anche i Russi e gli Americani – dice Ayman, che ha un negozio a Talaat Harb, una delle arterie del centro del Cairo – Nasser è stato un grande REUTERS/JACQUELYN MARTIN/POOL/CONTRASTO di Valentina Saini presidente, e al-Sisi è figlio della stessa madre, l’esercito”. Come Ayman, sono tanti gli egiziani convinti che l’ex capo delle forze armate Abdel Fattah al-Sisi, eletto Presidente a fine maggio, possa riportare il Paese agli antichi fasti. Un compito tutt’altro che semplice. L’economia è in ginocchio, regge solo grazie ai petrodollari del Golfo. In meno di un anno Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati Arabi hanno già fornito al Cairo benzina e diesel per circa 6 miliardi di dollari; in cambio stanno ottenendo l’accesso a un mercato promettente, di oltre 86 milioni di persone, come dimostrano ad esempio i colossali progetti immobiliari emiratini. “Senza l’assistenza degli emiri l’Egitto soffrirebbe di continui blackout, – spiega Marina Ottaway del Woodrow Wilson Center di Washington – e il Golfo vuole che l’Egitto sia stabile”. Stabile, ma non forte. Riyad è alla ricerca di nuovi alleati regionali, soprattutto dopo il mi- numero 55 settembre/ottobre 2014 87 87-89 Egitto Saini_Layout 1 11/08/14 12:59 Pagina 88 EGITTO Un militare dopo l’altro el 1922, all’indomani della Grande guerra e del crollo dell’Impero ottomano, l’Egitto ottiene l’indipendenza da Londra. Ma la nuova monarchia è zoppa, l’influenza britannica è troppo forte, e nel 1952 un gruppo di militari chiamato degli Ufficiali liberi fa il golpe. È la rivoluzione del 23 luglio, che porta alla nascita della Repubblica. Uomo forte del golpe e del regime è Gamal Abdel Nasser, che con il suo sogno panarabista diventa il leader del mondo arabo. Molte delle sue iniziative sono però un fallimento, e la Guerra dei Sei Giorni, persa contro Israele, è un duro colpo alla sua reputazione. Nasser muore nel 1970: gli subentra Anwar al-Sadat, altro militare; nel 1978 è lui a firmare gli accordi di Camp David con Israele. La sua uccisione nel 1981 porta al potere l’ex ufficiale Hosni Mubarak, al governo fino al 2011: 30 anni segnati da crescenti livelli di corruzione e incompetenza; solo le massicce rivolte popolari, sostenute dall’esercito, riescono a cacciare il “faraone” Mubarak. Dopo il breve interludio dell’islamista Mohamed Morsi, al potere va Abdel Fattah al-Sisi; l’ex comandante delle forze armate. LUCA SOLA/CONTRASTO N 88 glioramento delle relazioni tra gli Stati Uniti e l’Iran, suo tradizionale nemico. Allo stesso tempo, però, i Sauditi conoscono le ambizioni di leadership panaraba del nuovo Presidente egiziano, e non vogliono che la loro influenza regionale venga messa a repentaglio. Al-Sisi ne è consapevole, come riferisce Silvia Colombo, ricercatrice dell’Istituto Affari Internazionali di Roma: “Ecco perché vuole rimanere in ottimi rapporti con Washington”. Il desiderio pare reciproco. “Credo proprio che il governo americano, e ancor più il Pentagono, vogliano riportare le relazioni con l’Egitto alla normalità”, dice Ottaway. Lo conferma Ahmed Morsy, ricercatore del Carnegie Endowment for International Peace. “Durante la sua visita al Cairo a fine giugno, il segretario di Stato Kerry ha assicurato che gli Usa aiuteranno il governo egiziano con oltre 500 milioni di dollari e forniranno elicotteri Apache all’esercito”. È una consegna che Washington aveva sospeso dopo il rovesciamento del Presidente islamista Mohamed Morsi da parte dei militari nel luglio 2013, ma che ora sembra decisa a eseguire, secondo Ottaway, per accrescere l’efficacia delle operazioni antiterrorismo egiziane, in primo luogo nel Sinai, storico tallone d’Achille del Paese. Come annota Colombo, “negli ultimi tre anni di burrascose vicende interne, l’Egitto si è isolato sempre di più, tanto da trascurare o persino inimicarsi i suoi vicini”. A cominciare dalla Libia, con cui oggi Il Cairo è in rotta a causa dei frequenti sconfinamenti di milizie e il boom del traffico di armi. “Anche le relazioni con gli altri paesi del bacino del Nilo, in primis Sudan ed Etiopia, si sono complicate – continua Colombo – Turchia e Qatar, poi, sono apertamente ostili alla nuova leadership militare”. Non potrebbe essere diversamente: sia il premier turco Erdoğan che l’emiro Tamim erano grandi sostenitori del predecessore di al-Sisi, l’islamista Morsi. east global geopolitics 87-89 Egitto Saini_Layout 1 11/08/14 12:59 Pagina 89 EGITTO Y Abdel Fattah al-Sisi ex comandante dell’esercito egiziano, ha giurato domenica 8 giugno come nuovo Presidente dell’Egitto, dopo avere vinto con ampio margine le elezioni. REUTERS/STRINGER /CONTRASTO u Il Segretario di Stato americano John Kerry stringe la mano al Generale Abdel Fattah al-Sisi. D’altra parte riacquisire centralità in un Medio Oriente in trasformazione non sarà facile. Ma al-Sisi sembra deciso a provarci. Per Colombo: “Le ambizioni nazionaliste espresse dal Presidente in campagna elettorale, cioè restituire all’Egitto la sua leadership regionale, appartengono a una narrativa che non ha più fondamento da oltre un decennio”. Al-Sisi però vede nella politica estera uno strumento fondamentale per rafforzarsi anche sul piano interno. “Sotto Mubarak l’Egitto ha progressivamente perso il suo ruolo storico nella regione, – dice Colombo – questo ha creato aspri contrasti fra l’establishment civile e i militari, che si sono visti spogliati di una loro funzione e di un canale di influenza negli affari dello Stato. È una delle ragioni per cui l’esercito ha ritirato il sostegno a Mubarak durante le rivolte del 2011”. La ricerca di legittimazione internazionale non basta a spiegare l’attivismo di al-Sisi in politica estera. Gli incontri con il Presidente Putin e il re saudita Abdullah servono anche numero 55 settembre/ottobre 2014 a tener buoni gli ex commilitoni – che hanno dalla loro non solo la forza delle armi, ma anche quella del denaro, dato che controllano interi settori dell’economia egiziana. Né bisogna dimenticare il loro ascendente sulla popolazione. “Dal 1952 i militari hanno sempre avuto un ruolo fondamentale nella vita politica del Paese”, nota Ahmed Morsy. In fondo, argomenta l’analista, sono stati proprio loro a usare “la frustrazione popolare come pretesto per intervenire contro Mubarak e Morsi, e rimuoverli dal potere”. Al Cairo si dice che “molti paesi hanno un esercito, ma che solo in Egitto l’esercito ha un paese.” Ecco perché al-Sisi dovrà muoversi con cautela: lui, dell’Egitto, è solo il Presidente. E i presidenti vanno e vengono, mentre le forze armate rimangono. Valentina Saini scrive del mondo arabo per Linkiesta e Pagina99. Ha vissuto in Egitto e Marocco. 89