E NE NASCE / LA PAROLA / ILLUMINATA / CHE SI

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E NE NASCE / LA PAROLA / ILLUMINATA / CHE SI
XV edizione
I Colloqui Fiorentini – Nihil Alienum
Giuseppe Ungaretti. “Quel nulla d’inesauribile segreto”
Firenze, Palazzo dei Congressi
25 - 27 febbraio 2016
SECONDO CLASSIFICATO
SEZIONE TESINA BIENNIO
“E NE NASCE / LA PAROLA / ILLUMINATA / CHE SI CHIAMA / POESIA”1
Studenti: Federica Gallenzi, Carolina Leuti, Sara Nigro, Ludovica Pipitò, Milena Spinetti
Classe II E
Scuola Liceo Classico "Ugo Foscolo"Albano Laziale (RM)
Docente Referente Prof.ssa Pia Carolla
Motivazione: Per molti il viaggio della vita pare descritto dal progressivo spegnersi della luce nel tramonto.
Vegliando con Ungaretti, questo splendido lavoro ha l'audacia di invertire il tragitto, e farci, con lui, assistere
al prodigio della luce che si accende nella dura guerra del buio, dove resiste il nostro 'quasi nulla'.
“In nessuna
parte
di terra
mi posso
accasare
A ogni
nuovo
clima
che incontro
mi trovo
languente
che
una volta
già gli ero stato
assuefatto
E me ne stacco sempre
straniero
Nascendo
tornato da epoche troppo
vissute
Godere un solo
minuto di vita
1
G.Ungaretti, Poesia, in Vita d’un uomo, Milano 2015 (1° edizione 1969), p. 472, vv.17-21.
iniziale
Cerco un paese
innocente” 2
Tutti nella nostra vita compiamo un viaggio, costellato di momenti meravigliosi e di avvenimenti orribili, tra
gioie e dolori, segreti nascosti, ritrovati e svelati. Naturalmente anche Ungaretti ha compiuto questo viaggio,
ma speciale ed unico nel suo genere: questo perché Ungà, in quanto poeta, è uno dei pochi che è riuscito a
capire i retroscena della vita e a svelarne il segreto. Ma da dove parte questo viaggio?
Tutto inizia ad Alessandria, dove il poeta vive il periodo luminoso dell’infanzia e dell’adolescenza, poi continua
con il buio logorante della guerra ed infine arriva di nuovo alla luce serena della vecchiaia. La vera scoperta, il
fulcro della vita di Ungaretti si concentra nell’incontro fra buio e luce, ovvero l’alba, durante la quale il poeta
scopre il segreto.
Ognuna di noi ha scelto una parola chiave che si ricollega al percorso di Ungaretti: notte, alba, luce, infinito,
nulla e nonnulla, parole che da subito hanno suscitato in noi forte curiosità ed empatia e che hanno delineato
un percorso ben preciso.
Quello che abbiamo tentato di fare durante il nostro lavoro è compiere lo stesso viaggio del poeta e scoprirne
il segreto, accompagnate dalle poesie che Ungà ha lasciato: un percorso tortuoso, non sempre facile, ma che
comunque ci ha permesso di affrontare con caparbietà nuovi ostacoli mai incontrati e soprattutto di scoprire
nuove sensazioni meravigliose. Perché dopotutto è questo lo scopo della poesia di Ungaretti: lasciare il
messaggio universale del segreto ai posteri, e trasmettere emozioni vere e reali che ognuno di noi, nel proprio
profondo, può riscoprire.
1. La guerra della notte
La notte è per definizione l'intervallo di tempo fra il tramonto e l'alba. Rappresenta la fine del giorno, la morte
del sole, l'assenza della luce. Nonostante ciò, essa raffigura anche l'inizio del riposo, la nascita della luna, la
presenza delle stelle. È un momento di pausa, dove le emozioni e i sentimenti provati durante il giorno si
trasformano in pensieri e riflessioni che riescono a condizionare l'animo umano. Anche Ungaretti fa
esperienza del buio, soprattutto nei suoi anni di guerra. Molti versi contenenti la parola "notte" sono infatti
nella raccolta L'Allegria, scritta durante la Prima Guerra Mondiale. Nella poesia In Dormiveglia viene
rappresentata come “violentata”. La notte soffre e riceve offese dagli uomini e dall’orrore della guerra. I raggi
della luna mostrano un campo di battaglia movimentato dalle schioppettate, immerso nel caos che non lascia
tranquillità neanche nelle ore più tarde. Il poeta cerca rifugio nel sonno, ma riesce esclusivamente a cadere in
uno stato di dormiveglia. In questa poesia la notte condivide il dolore con Ungaretti, ma non la reazione: il
poeta, fragile e disperato davanti alla morte, si ritira in sé stesso e scrive i suoi versi, mentre la luna mostra ciò
che accade sotto di essa. Nonostante ciò, il poeta aiuta la notte a esprimere il dramma degli avvenimenti,
consapevole che nessun male può allontanare quel desiderio di vedere e conoscere la realtà, con tutte le sue
sfumature e i suoi dolori, cercando di riportarla nei suoi versi. Nella poesia Fratelli la notte mette in risalto la
fragilità, poiché l'uomo viene paragonato a una parola nel buio. Una parola detta debolmente, che nessuno
potrà mai sentire e, che, anche se sentita, si annullerebbe nell'oscurità immensa. I soldati stremati dalla fatica
non riescono a continuare la loro vita militare, ma persino la loro stanchezza non può vincere il dolore e la
rassegnazione alla guerra. La perdita della speranza sembra ormai vicina per Ungaretti, ma l'incontro con
l'altro reggimento italiano riaccende la certezza che lui e i suoi compagni di guerra non sono i soli a fare i conti
2
Id., Girovago, Ibid., p. 123.
con la propria debolezza. Nella poesia Veglia la notte sembra inizialmente indicare il tempo di una tortura.
Ungaretti si trova infatti accanto al cadavere di un suo compagno ed è costretto a restare lì tutta la nottata.
Ma è proprio grazie al plenilunio e al corpo massacrato che riesce a trovare dentro di sé l'amore per la vita. La
consapevolezza di trovarsi a pochi passi dalla morte e il sollievo di sentire il proprio cuore battere lo spingono
a scrivere versi per condividere la gioia di essere vivo e parte del mondo, in armonia con l'universo e con la
luna che splende sia per lui che per l'altro soldato. La notte diventa così per il poeta un periodo di riflessione
durante il quale può dimenticare o quantomeno ridurre le preoccupazioni della guerra. In questa poesia
Ungaretti comincia a intuire qualcosa: il dolore provato inizia a trasformarsi in una consapevolezza, in un
desiderio di vita. Nella poesia La Notte Bella la nottata è il momento in cui Ungaretti trova la chiarezza,
capisce che il giorno interiore sta arrivando: così infatti scrive il poeta: “Quale canto s’è levato stanotte / che
interesse / di cristallina eco del cuore / le stelle […]”3. Il firmamento fa capire al poeta l’immensità del cosmo,
la bellezza del mondo, la meraviglia di aprire gli occhi dopo tanto buio. Ungaretti riconosce di essere stato
nelle tenebre troppo a lungo, ma oramai è tempo di rivedere il sole portato da questa melodia. Il canto
somiglia molto al segreto de Il Porto Sepolto, che lo rende irrimediabilmente innamorato della vita e
dell’infinito. Ma le sofferenze non terminano per Ungaretti e il poeta sarà di nuovo obbligato a fare i conti con
la guerra, questa volta la Seconda Guerra Mondiale. Nella poesia Mio Fiume anche Tu della raccolta Il Dolore
la notte diventa la reincarnazione della morte, dello strazio della guerra che, se prima era difficile da
affrontare da soldato, ora è impossibile da cittadino. Il poeta, sconvolto dal nuovo dolore dei bombardamenti,
cerca risposte da Dio per spiegare così tanto orrore. Ormai la città è diventata l’Inferno, dove non si hanno più
ricordi dell’innocenza delle vittime. La notte di Ungaretti è in continua guerra con sé stessa: è vista o come
un’esterna che si limita a mostrare la realtà spietata della condizione umana o come una consigliera amica che
permette un viaggio interiore talmente profondo da scaturire il sole e svelare il segreto. Ma come si può
ritrovare la luce dopo così tanto buio? Come può il sole tornare a illuminare una vita così tormentata?
2. Il cielo si tinge di rosso
“M'illumino d'immenso”4, verso magnifico di Mattina (dalla raccolta Allegria di Naufragi)
è la valida risposta a queste domande: infatti in questa poesia si parla di luce, di un'illuminazione del poeta, il
quale si sente diverso poiché questa lo muta completamente; così abbiamo interpretato la vita di Ungaretti
divisa in tre parti: il periodo di buio, quello dell'alba e la fase di luce. Il "m'illumino d'immenso" rappresenta
una vera e propria scintilla scattata nel poeta dopo un periodo di buio, è il passaggio in cui Ungaretti scopre
qualcosa, è l'intermezzo tra il buio e la luce: è l'alba. Studiando le poesie di Ungaretti abbiamo capito che egli
è vissuto al fine di trovare un segreto, il quale è sconosciuto perfino allo stesso poeta. La fase dell'alba è il
periodo in cui l'uomo "illuminandosi d'immenso" trova il segreto tanto bramato. Un'altra poesia, chiamata
Rosso e azzurro (dalla raccolta Sogni e accordi), invece ci ha svelato che l'alba è "[…] un'infanzia di cielo"5: è il
momento in cui il cielo, illuminandosi, si prepara a diventare adulto, è il passaggio tra l'essere bambino e la
maggiore età, come è il passaggio tra alba e luce. Inoltre, leggendo il titolo di questa poesia, abbiamo pensato
di affiancare all'arte della lettura l'arte dell'immaginazione e con il pensiero abbiamo fantasticato e realizzato
la figura dell'alba, vedendo così che questa ha il potere di colorare il cielo di rosso e azzurro. Infatti sono
proprio questi i suoi colori caratteristici.
3
Id., La Notte Bella, Ibid., p. 86, vv.1-4.
Id., Mattina, Ibid., p. 103.
5
Id., Rosso e Azzurro, ibid., p. 187, v.3.
4
L'alba è il sorgere del sole, quindi l'arrivo della luce, che però non domina sul mondo, perché ancora non è
giorno. "[…] Dalla grata dei rami / rivedo voli nascere"6 scrive Ungaretti nella poesia Aura (dalla raccolta Sogni
e accordi), come per esprimere il risveglio di un nuovo giorno, nel quale riesce a scoprire quel segreto, che
sino ad allora era chiuso in lui stesso; riesce a spiccare un nuovo volo, come se fosse un uccello che svegliatosi
all'alba si lancia in cielo sbattendo continuamente le sue ali, carezzando l'aria con animo felice, perché pensa
che questo sia solo l'inizio di un nuovo volo infinito, immenso, che non avrà mai termine.
3. Ungaretti e l’infinito
Cos'è l'infinito? Per definizione è un'espansione illimitata nel tempo o nello spazio. Ungaretti spesso cita tale
concetto all'interno delle sue poesie, ma come può un uomo che di per sé è finito confrontarsi con un
qualcosa di così immenso e potente? Il poeta, durante il percorso della sua esistenza, dedica tutta la vita alla
ricerca di un segreto eterno che gli dà la forza di farsi spazio tra le macerie e i resti di quelli che ormai per lui
resteranno solo ricordi. (“Vi arriva il poeta / e poi torna alla luce con i suoi canti / e li disperde / di questa
poesia / mi resta / quel nulla / di inesauribile segreto”7). La consapevolezza dell'immortalità del segreto
permette al poeta di non cedere davanti alle disgrazie che incontra durante il viaggio. Il tempo avrebbe potuto
condizionare la sua vita ma non il segreto in sé. Esso infatti lo avrebbe aspettato, immutabile. Ungaretti ha
solo una vita per dare una risposta al suo maggiore punto interrogativo che da sempre condiziona lui e le sue
poesie perciò non può abbattersi, nonostante tutto gli giochi a sfavore non deve mollare. Ciò è fondamentale
per Ungaretti poiché il segreto alimenta la speranza del poeta dato che trovare le conferme riguardo al
segreto significherebbe aver raggiunto l'obiettivo di una vita e il fatto che esso sia eterno (infinito) rafforza
questo sentimento che caratterizza l'animo umano. Nella poesia Vanità tratta dalla raccolta L’Allegria il poeta
scrive “D'improvviso / è alto / sulle macerie / il limpido / stupore / dell'immensità […]”8.Come una fiamma che
continua ad ardere sopra le ceneri, l'immensità non crolla tra le macerie ma anzi resta in alto provocando lo
stupore del poeta. L'ultima speranza è rappresentata da essa ma allo stesso tempo l'uomo “Si rinviene
un’ombra / cullata e / piano franta”9 di fronte a tanta grandezza. Osservando l'acqua che, come il tempo,
scorre portando via tutto ciò che trova Ungaretti si rende conto della fragilità umana. Egli d'altronde ha
sempre temuto il tempo che, come il segreto, viene considerato anch'esso infinito. Infatti anche il tempo è
interminabile: nonostante la vita di un uomo abbia una durata precisa, gli anni continueranno a passare. Tutto
finirà, ma il tempo non smetterà di scorrere e di condizionare le cose terrene. Esso è in grado di dare un
termine a tutto ma di per sé è eterno e il poeta si sente come una pedina di una scacchiera manovrata da un
qualcosa molto più grande di lui. Così scrive nella poesia Dolina notturna esprimendosi con “L'interminabile
tempo mi adopera come un fruscio”10. Il fruscio è un suono vago che a malapena si ode: un'immagine fragile
rispetto alla maestosità del tempo affiancato dall'aggettivo interminabile.
Ungaretti ci parla di un tempo nemico, con il quale però bisogna saper convivere dato che ogni uomo è
destinato a fare qualcosa su questa terra che dia un senso alla propria vita e ciò avviene indipendentemente
dal tempo. In questo caso è il segreto a dare un senso alla vita di Ungaretti e il fatto che esso sia infinito lo
collega ad uno dei suoi più grandi maestri: Giacomo Leopardi. Quest'ultimo infatti nella poesia L’Infinito ci
racconta del viaggio interiore avvenuto davanti una siepe che ostacolava la visuale dell'orizzonte portandolo a
6
Id., Aura, ibid., p.181, vv.7-8.
Id., Il Porto Sepolto, ibid., p. 61.
8
Id., Vanità, Ibid., p. 116, vv.1-6.
9
Ibid., vv.12-16.
10
Id., Dolina Notturna, Ibid., p. 101, vv.12-16.
7
fingersi nel pensiero e a trovare lì, su quel colle, il suo infinito. Ungaretti invece nella poesia Il Porto Sepolto
parla di un altro viaggio alla ricerca di questo mondo solo da lui conosciuto: il porto segreto. Anche lui viaggia
internamente e alla fine di esso scova “quel nulla di inesauribile segreto”. Entrambi percorrono lo stesso
viaggio interno alla ricerca di un qualcosa di infinito che forse rappresenta il finito. Leopardi trova il suo
infinito in un colle; Ungaretti in un segreto che nonostante abbia la caratteristica di essere eterno di per sé
appartiene a un concetto terreno. Cosa sta a significare? Non sarà forse che ognuno di noi tiene ben saldo il
proprio infinito dentro di sé?
4. Nulla e nonnulla: un'eterna lotta alla scoperta del segreto
“Vi arriva il poeta
E poi torna alla luce con i suoi canti
E li disperde
Di questa poesia
Mi resta
Quel nulla
Di inesauribile segreto”11
“Mi parlavano d'un porto, d'un porto sommerso, che doveva precedere l'epoca tolemaica, provando che
Alessandria era un porto già prima d'Alessandro, che già prima d'Alessandro era una città. Non se ne sa nulla.
Quella mia città si consuma e s'annienta d'attimo in attimo. Come faremo a sapere delle sue origini se non
persiste più nulla nemmeno di quanto è successo un attimo fa? Non se ne sa nulla, non ne rimane altro segno
che quel porto custodito in fondo al mare, unico documento tramandatoci d'ogni era d'Alessandria” 12
racconta Ungaretti nelle note a Vita d’un uomo, spiegando il motivo per cui ha chiamato il suo primo libro Il
Porto Sepolto.
Questo porto seppellito nel mare d’Alessandria è l’unica testimonianza rimasta del passato della sua città,
l’unico relitto dell’azione del tempo e della storia.
Nonostante sia nascosto e quasi dimenticato, il porto esiste, è vita, ed è l’unica cosa che è rimasta in mezzo al
nulla. Ma cos’è precisamente il nulla?
Il nulla è anzitutto un concetto astratto che va oltre il mondo in cui viviamo. Dopotutto, ognuno di noi, anche
sforzandosi, non riuscirebbe mai a trovare in natura il nulla: paradossalmente esso è troppo grande, troppo
immenso nel suo “non essere”, come viene definito, per trovarne una rappresentazione concreta: è appunto
inesprimibile concretamente.
La chiave che Ungaretti ci fornisce per comprenderlo però si trova nel suo più immediato significato, appunto
quello di “non essere”.
Nella poesia Eterno (“Tra un fiore colto e l’altro donato / l’inesprimibile nulla”, da L’Allegria)13 Ungaretti dà un
limite al nulla, lo comprime fra il fiore della vita reciso e quello donato: il nulla è il limbo di non esistenza fra la
morte e la nascita, che si contrappone completamente allo spazio di esistenza, quindi di non-nulla, fra la
nascita e la morte, ovvero la vita. Il nulla è la presenza che fagocita la vita-nonnulla, lasciandone solo relitti
che ancora vivono nonostante tutto. Il nulla è una non-esistenza che combatte da secoli un’infinita lotta
11
Id., Il Porto Sepolto, ibid., p. 61.
Id., Note a Vita d’un uomo, ibid., p. 582.
13
Id., Eterno, ibid., p. 43.
12
contro l’esistenza, ribaltando i ruoli, diventando così immenso da essere quasi più reale, pur non esistendo,
del nonnulla stesso.
Nonostante ciò, pur essendo antagonisti fatali, il nonnulla e il nulla dipendono l’uno dall’altro: il nulla, senza la
vita- nonnulla, perderebbe la sua immortalità, la sua importanza, la sua solennità; ma soprattutto i relitti di
nonnulla non avrebbero più quell’unicità e quel valore intrinseco che solo il nulla può fornire loro.
Il nonnulla infatti è tutta quella vita che il nulla non è riuscito ancora ad inghiottire: il nonnulla “silente”, come
scrive lo stesso Ungaretti nella poesia Variazioni su Nulla (dalla raccolta La Terra Promessa), “è unica cosa che
ormai s’oda / E, essendo udita, in buio non scompaia”14.
Il nonnulla, insomma, è tutto ciò che comprende l’esistenza ma soprattutto le sfaccettature dell’animo
umano, con i suoi punti nevralgici, i suoi nodi irrisolti e i suoi lati nascosti. È nel nonnulla che Ungaretti, da
essere umano, ha visto apparire “la prima presa di coscienza”15 (Note a Vita d’un uomo) dell’essere stesso che
è.
L’uomo è dunque esso stesso nonnulla, un relitto che si aggrappa tenacemente alla vita per non cadere
nell’oblio del nulla.
Il nulla, d’altronde, è molto più potente del nonnulla, poiché è regolato da un fattore immortale: il tempo.
Il tempo produce nulla: in Note a Vita d’un uomo il poeta definisce il tempo “distruttore” e responsabile di un
“lavorio costante di annientamento” che è definito “sentimento” del tempo. Inoltre, per l’appunto, nella
poesia Sentimento del Tempo (dall’omonima raccolta) l’autore precisa che ogni palpito del suo cuore affretta il
tempo a porgli sulle labbra le sue “labbra ultime”, evidenziando il collegamento fra nulla e tempo.
Dunque il porto sepolto di Alessandria di Egitto di cui Ungaretti parla è nonnulla: è ciò che rimane dall’azione
distruttiva del tempo che crea nulla. Perciò, essendo nonnulla, questo porto è costituito della stessa sostanza
dell’anima umana, se non addirittura esso stesso anima umana: nella poesia Il Porto Sepolto il poeta si
immerge nel proprio profondo fino a questo “porto” dimenticato, dialogando con le diverse parti di sé stesso,
facendo i conti con le proprie emozioni e con la sua anima e imprimendo la propria essenza nei suoi “canti”.
Dopodiché “torna alla luce” e “li disperde”, poiché essi stessi sono vita.
Ed è proprio al termine de Il Porto Sepolto che troviamo il motivo per cui il porto in fondo al mare non è stato
distrutto, per cui il nonnulla-vita, nonché l’uomo, si salva dal nulla pur essendo infinitamente più debole di
quest’ultimo: negli ultimi versi della poesia, infatti, Ungaretti annuncia che qualcosa rimane: al poeta resta
“[…] quel nulla di inesauribile segreto”16. Un nulla che però in questo caso è nonnulla: non esistendo, il nulla
non può essere inesauribile.
È evidente che quindi la chiave del mondo, il segreto dell’uomo e del poeta in quanto uomo, risiede in quel
nonnulla infinito, inesauribile, in quella vita che rappresenta per l’uomo una forza che infiamma l’anima senza
mai stancarsi. Ciò è ribadito anche nella poesia Segreto del poeta (dalla raccolta La Terra Promessa): nella
seconda strofa della poesia l’autore spiega quando esattamente percepisce il compiersi del segreto, svelando
che quest’ultimo avviene quando sente “[…] la speranza immutabile / In me che fuoco nuovamente scova / e
nel silenzio restituendo va, / a gesti tuoi terreni / talmente amati che immortali parvero, / Luce.”17.
Il segreto risiede tutto in quella speranza, in quel sentimento dell’anima umana che riaccende quel “fuoco”
dentro di lui, che riconsegna a qualunque suo gesto vita e, finalmente, luce. Ma che cosa rappresenta
esattamente per Ungaretti la luce?
14
Id., Variazioni su Nulla, Ibid., p. 292, vv.11-12.
Id., Note a Vita d’un uomo, Ibid., p. 559.
16
Id., Il Porto Sepolto, Ibid., p. 61, vv.6-7.
17
Id., Segreto del Poeta, Ibid., p. 293, vv.813.
15
5. La luce di Ungaretti
La luce è quel periodo di calma e felicità, che il nostro poeta vive all’inizio e alla fine della sua esistenza, essa è
uno sprazzo di gioia in una vita di dolore, è quella cosa bella, nella quale non riesce a vivere del tutto e
appieno, ma che apprezza e ricorda con tutto il cuore. Come in un cerchio la luce comincia tutto, infatti è il
suo primo ricordo, un Ricordo d’Affrica (dalla raccolta Ultime) sua adorata terra natia, dove la luce rapisce
tutto, anche una città tanto bella e grande come Alessandria. Non si vede più niente, neanche la morte può
resistere. E dopo la grande oscurità che prova la luce torna in ultimo come il gran finale portando serenità e
tranquillità. Questi aspetti si ritrovano nella raccolta Il Taccuino del Vecchio, nel quale scrive ormai un poeta
sulla soglia della vecchiaia, con quella serenità dell’animo e anche quella saggezza che solo una vita vissuta
può dare. Ungaretti è riuscito nel suo intento: ha scoperto il segreto e quindi per lui tutto è più “chiaro e
luminoso”. Con la luce ogni cosa è più certa e positiva, e qualsiasi forma o idea che essa prende rimane
buona: ad esempio nella poesia Cantetto senza Parole essa torna al giorno e quindi è la chiave per uscire dai
periodi di oscurità, oppure nella poesia Per i morti della resistenza (dalla raccolta Nuove) simboleggia la vita
strappata ai soldati che si sono sacrificati per un bene più grande, la vita del loro popolo, ma è questo che
accade in guerra occhi di soldati “furono chiusi alla luce/ perché tutti/ li avessero aperti / per sempre / alla
luce”18. O ancora essa prende forma nel “Farsi lontana vidi la tua luce”19 parlando dei suoi cari che lo hanno
lasciato prematuramente.
Queste sono le risposte alla domanda, la luce è la cosa più bella, e per quanto ci possano essere momenti bui,
questi non dureranno per sempre, la luce tornerà a splendere, ed Ungaretti è il primo a dimostrarlo. In questo
modo Ungà arriverà al suo battello accompagnato dalla luce.
Conclusione
Eccoci qui, al termine del nostro percorso. Non avremmo mai pensato di poter avere questo rapporto con il
poeta e le sue poesie: come un vecchio capitano Ungaretti ci ha accompagnato passo passo alla scoperta del
suo viaggio, svelandone i retroscena ma soprattutto fornendoci nuovi strumenti ed emozioni per affrontare il
nostro percorso. Dopotutto, come diceva Nelson Mandela citando una poesia di William Ernest Henley siamo
tutti “i padroni del nostro destino, capitani della nostra anima”20, e in quanto tali possiamo fare tesoro di tutte
le esperienze e delle nuove emozioni scoperte durante il cammino.
Il confronto con questo poeta immortale ha suscitato un forte cambiamento in noi: le sue poesie ci hanno
portato a riflettere su quanto la vita, seppur breve e quasi insignificante rispetto al nulla infinito, sia un dono
prezioso, in cui è custodito il segreto senza tempo della speranza e dei sentimenti umani, che neanche il
tempo distruttore riesce a cancellare. E se spesso la notte sembra inghiottirci e spaventarci, alla fine tornerà la
luce, calda ed accogliente, a cullarci fra le sue amorevoli braccia, chiudendo con serenità il cerchio della vita.
Infatti il viaggio di Ungaretti assume un’andatura circolare, in cui la fine coincide con l’inizio e al termine della
vita la luce della vecchiaia si ricongiunge con la luce dell’infanzia. Dopotutto lo stesso Ungaretti lascia traccia
di questa concezione circolare della vita nella raccolta Derniers Jours, dove ritroviamo una poesia formata da
un solo verso scritto in francese (“C’est ici que l’on prend le bateau”21, ovvero “È qui che si prende il battello”)
il tutto scritto secondo una grafica circolare. Se si immagina il battello come l’imbarcazione di Caronte, che
18
Id., Per i morti della Resistenza, Ibid., p. 361, vv.3-7.
Id., La tua luce, Ibid., p. 346, v.4.
20
W.E.Henley, Invictus, Book of Verses (1° edizione New York 1893), vv. 15-16.
21
G.Ungaretti, in Vita d’un uomo, p. 404.
19
traghetta le anime nell’aldilà, e si nota il nome stesso della raccolta, ovvero “ultimi giorni”, ci si accorge che il
verso racconta la fine della vita, e la stella disegnata nel verso segna la partenza del battello. Ma dato che
appunto il verso è circolare non si sa realmente se la stella ne indichi l’inizio o la fine: in questo senso gli
estremi coincidono.
È così che la morte converge nella vita, la vecchiaia combacia con l’infanzia, il fiore colto con quello donato. Ed
è qui che lasciamo poeta, ringraziandolo per quest’avventura straordinaria e salutandolo mentre sale sul
battello verso la luce.