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L’EST NUCLEARE di Carlo Benedetti Si dovrebbe scrivere una storia dell'Est che potrebbe prendere il via con l'esame dell' "orgoglio nucleare" per giungere al "precipizio nucleare". E tutto questo nel mondo del dopo Guerra fredda quando si credeva che gli antagonismi territoriali sarebbero stati soppiantati da una sana rivalità economica all’insegna della globalizzazione. La situazione, invece, è andata peggiorando anche con l'aumento e l'aggravarsi di quei problemi incombenti sullo sfondo delle relazioni economiche. E così, in un mondo segnato anche alla grave crisi energetica, ci troviamo a dover mettere insieme i cocci di questa storia carica d'assurdità, d'incidenti, di tragedie e di decisioni avventate. I tasselli sono numerosi. Spesso introvabili e non classificabili. Ci aiuta in questo labirinto l'opera di un giornalista-testimone, il russo Vladimir Stepanovic Gubarev (responsabile delle rubriche scientifiche della Pravda) che alla tragedia di Chernobyl ha dedicato - oltre a decine e decine d'articoli estremamente documentati - un dramma intitolato "Sarcofago". Una storia di dura realtà che ha trasformato repentinamente quella che poteva sembrare una fiaba apocalittica sul futuro del mondo, alla maniera d'Orwell e di Huxley, in un'agghiacciante radiografia del nostro presente. *** Questo dossier sul nucleare dell'Est che qui presentiamo è, comunque, solo un tentativo (minimo) di assemblare notizie che dobbiamo conoscere. Una sorta di monitoraggio che affronta, sotto una particolare angolazione, gravi questioni che riguardano anche i rapporti multilaterali tra i paesi di un mondo in transizione e le sfide, sempre più pressanti, della modernità. Ma prima di addentrarci nei meandri dei dati e delle informazioni raccolte seguendo anche la lettura di vari organi di stampa dell'Est europeo (senza però fare di tutte le erbe un fascio) è bene ricordare che nel nostro continente è stata la Gran Bretagna a subire il primo disastro nucleare: avvenne nel 1957 a Windscale, oggi Sellafield, nel West Cumberland. Qui un piccolo reattore adibito alla produzione di uranio e di plutonio per usi militari, uscì di controllo e prese fuoco, determinando la parziale fusione del nocciolo e, attraverso la fuoriuscita di gas e materiali radioattivi, la contaminazione di una vastissima area intorno all'impianto. Anche in quell'occasione - secondo un copione destinato ad essere recitato più volte in futuro - agli abitanti delle zone interessate non fu detto nulla finché l'incendio non fu quasi completamente spento e, molto di quanto detto e delle misure adottate si dimostrò in seguito perlomeno inadeguato rispetto alla gravità dell'evento e al danno. In questo contesto va rilevato - lo ha fatto autorevolmente Dave Rosenfeld, un esperto in radioprotezione - il problema del rischio tecnologico e della sua accettabilità sociale. Secondo questo specialista, l'industria nucleare (da considerare anche come modello politico e culturale) ha usato ed usa, complici i mass-media e parte della comunità scientifica, l'analisi probabilistica dei rischi. Tutto questo per indurre i lavoratori e le popolazioni a considerare quelli che sono i rapporti sociali di rischio sotto un profilo meramente tecnico-quantitativo; consentendo così che le soglie di ammissibilità e il loro controllo siano definiti ed esercitati non dai soggetti esposti al rischio, ma dall'industria stessa che questo rischio genera. Certo: l'analisi generale è ancora carente e debole. Ne consegue che non possiamo nasconderci dietro a slogan ad effetto. Le voci di allarme sono reali. Il nucleare - così come lo abbiamo conosciuto sino a questo momento - ci impone di fondere assieme la figura dell'accusatore, del giudice e dell'avvocato. Ma nessuno sa, al momento, quale potrebbe essere il collante. *** Il golem della scienza non può, comunque, essere biasimato per i suoi sbagli, perché gli sbagli sono i nostri. Ci si deve pertanto sempre chiedere dove sia la linea di demarcazione tra "noi" e "la scienza". Non a caso parliamo di golem nucleare: una metafora frequente quando si parla della tecnologia, cioè di un'impresa che, concepita dall'uomo per il proprio vantaggio, sfugge a volte di mano con effetti disastrosi come appunto si è verificato a Chernobyl. Ecco, quindi, che quella classica distinzione tra scienza e applicazioni sfuma sempre più e viene sostituita da un rapporto articolato e faticoso. E' il dramma dell'epoca. E' l'interrogativo che si pone per andare avanti in una situazione internazionale tanto pericolosa e deteriorata. 26 APRILE 1986: CHERNOBYL, ORE 1,24 La tragedia nucleare ha come teatro d'origine la centrale di Chernobyl situata a circa cento chilometri dalla capitale dell'Ucraina, Kiev. Tutto avviene in pieno periodo sovietico mentre al Cremlino Gorbaciov sta sviluppando le politiche della glasnost (la chiarezza nel campo dell'informazione) e della perestrojka (la ristrutturazione del sistema direzionale). Si affacciano nel mondo nuove speranze ed illusioni con molti parametri che sono già in partenza obsoleti. E' il 25 aprile del 1986 e nella centrale - in funzione da appena due anni e mezzo - tecnici ed ingegneri stanno portando avanti un esperimento per stabilire la tenuta e il funzionamento dei generatori senza ulteriore alimentazione. Il potere sovietico cerca di reggere le sfide del tempo accettando la competizione tecnica, scientifica ed economica. All'una di notte gli addetti a un reattore cominciano a diminuire la potenza in preparazione dello spegnimento; fino a quel momento il reattore è in stato di normale funzionamento. All'una, 13 minuti e 5 secondi con la potenza del reattore a 1600 megawatt, il generatore a turbina numero 7 viene spento; fra l'una e 3 minuti e l'una e 7 minuti erano già state aggiunte due pompe di riciclaggio addizionali alle sei già in funzione; all'una e 14 minuti il sistema di raffreddamento d'emergenza viene chiuso ma, per ordine della sala di controllo, viene ritardato lo spegnimento del reattore. Il funzionamento continua oltre il tempo massimo consentito con il sistema di raffreddamento d'emergenza spento. All'una, 22 minuti e 30 secondi, gli addetti si accorgono che il livello di reattività ha già raggiunto un punto critico. Si renderebbe necessario l'immediato spegnimento del reattore. Ma si decide di andare avanti e di dare inizio ugualmente all'esperimento. All'una, 23 minuti e 4 secondi la valvola di controllo per il bloccaggio del generatore a turbina numero 8 viene chiusa, con il reattore ancora in funzione ad una potenza di 200 megawatt. Il tragico esperimento è ormai incontrollabile. La potenza cresce rapidamente. All'una, 23 minuti e 40 secondi gli addetti cercano di spegnere il reattore con le restanti barre di controllo, ma parecchi secondi dopo le barre non sono ancora state abbassate. C'è una tremenda esplosione e il personale si accorge che le barre di raffreddamento scendendo nel reattore si sono fermate a metà; all'una e 24 minuti (lo racconterà un testimone oculare) ci sono due esplosioni in successione. Una sorta di palla di fuoco che sprigiona scintille appare nella sala macchine. La temperatura delle barre di combustibile sale vorticosamente. Chernobyl e la vicina località di Pripjat vengono investite da esalazioni gassose e da una pioggia di materiali roventi (6-7 tonnellate), fortemente radioattivi. La centrale è avvolta dalle fiamme. Dall'enorme fabbricato escono nuvole di fumo che vengono trasportate dal vento. Sono tutte radioattive e si spandono su vaste aree dell’Ucraina, della Bielorussia, della Russia e vanno a contaminare anche le regioni del Nord per un totale complessivo di 260.000 kmq, dove si registrano emissioni di radioattività superiori ad 1 curie per kmq. Ma per l'Urss di quel tempo tutto viene tenuto nascosto. Le "regole del gioco" sono sempre quelle relative alla cittadella assediata. Solo più tardi si saprà che lo scoppio di Chernobyl era stato provocato da un "errore umano"; una tragica serie di imprudenze compiute dagli addetti alla centrale durante la prova delle turbine, senza procedere al fermo del reattore. Le indagini e le inchieste dei giorni successivi alla catastrofe iniziale riveleranno che nella centrale era subito scattata l'emergenza, ma si scoprirà anche che il personale non era preparato ad affrontare situazioni di estremo pericolo. Una situazione, quindi, di normale caos organizzativo. Saranno più di 30 i primi tecnici che moriranno all'interno dell'edificio, bruciati dalle radiazioni. Si procede con analisi affrettate, basate su valutazioni grossolane e stereotipate e in alcuni casi sostanzialmente errate, della situazione, delle tendenze. Ma qui siamo al senno di poi. Nei giorni successivi, la radioattività di Chernobyl (la stima minima è di 90 milioni di curie, circa 100 volte l’inquinamento radioattivo prodotto dalle bombe di Hiroshima e Nagasaki) verrà misurata non solo in Europa, ma anche nella parte siberiana della Russia, in Cina, in Giappone e negli Stati Uniti. In Italia le nubi radioattive contamineranno maggiormente le regioni settentrionali. I più colpiti dalle radiazioni sono gli oltre 400.000 uomini intervenuti per isolare le scorie radioattive ed avviare la costruzione del primo sarcofago di copertura. Sono più di 13.000 i bambini che "ricevono" una dose di radioattività doppia rispetta al massimo consentito in un anno intero per i lavoratori dell’industria nucleare. In 4.000 si trovano ad aver assorbito dosi 20 volte superiori a questo limite; i tumori della tiroide aumentano di 10 volte. I disturbi psichiatrici sono di 10-15 volte superiori alla media. Una serie di nuovi ed impressionanti dati relativi alle conseguenze della tragedia di Chernobyl arrivano poi nell'aprile 2000, quando il presidente dell'Onu Kofi Annan presenta a Ginevra un rapporto, precisando che i colpiti dalle radiazioni erano stati 7 milioni. Intanto il governo di Kiev parla di 15 mila morti, 50 mila invalidi e 3,5 milioni di contagiati nella sola Ucraina. Sempre per quanto concerne gli incidenti "nucleari" va ricordato che, nel gennaio 1996, non lontano da Dimitrovgrad, sul Volga, a 650 chilometri a est di Mosca, in uno dei più grandi centri di ricerca nucleare russi, noto con il nome in codice di Riar, a causa di un errore di manipolazione e della rottura di alcuni apparecchi di controllo, la centrale nucleare "rilasciò" una nuvola di gas e vapori radioattivi. Ma ora con Chernobyl la rovina è totale. CENTRALI NUCLEARI ALL'EST ARMENIA Metzamor E' una centrale che era stata chiusa ma che ora dovrebbe essere riattivata, per fare fronte alla grave crisi energetica. Oktemberian (Ar Aes 1 - Ar Aes 2) Situata non lontano dalla capitale Erevan, è la prima della regione transcaucasica. BULGARIA Kozloduj La centrale è composta di quattro reattori di produzione dell'ex Urss. In seguito alle pressioni internazionali, potrebbero essere chiusi due vecchi reattori. CECHIA Dukovany E' qui in funzione un reattore sovietico di tipo Vver 440. LITUANIA Ignalina E' entrata in funzione tra l'85 e l'87 ed utilizza una tecnologia molto simile a quella del reattore di Chernobyl. La centrale ha già registrato due incidenti. RUSSIA Il problema della politica energetica della nuova Russia - dopo la tragedia di Chernobyl - riguarda anche la gestione economica della Siberia. Tenendo conto, soprattutto che la confinante Cina costruirà nuove centrali nucleari per rispondere ai fabbisogni energetici nati con il suo boom economico. Infatti le regioni dell’est e del sud della Cina, che mancano sia di carbone che di acque utilizzabili, non possono contare su nessun’altra fonte di energia che non sia quella nucleare. La Russia in questo contesto è più che mai interessata a fornire a Pechino nuove fonti energetiche dal momento che il Paese ha bisogno di molta più energia degli altri paesi vicini e non può ottenerla solo con il carbone e l’acqua. Beloyarsk (Baes-1 - Baes 2 - Bn 600) Il primo blocco si trova a 60 chilometri dalla città russa di Sverdlovsk, negli Urali. E' in funzione dall'aprile 1964. E' una centrale dotata di reattori a canali, grafite-acqua di una potenza complessiva di 300 mw. Il secondo blocco opera dal 1967. Bilibino (Biatec 1 - Biatec 2 - Biatec 3 - Biatec 4) Realizzata in una zona di grande sviluppo della Siberia del Nord, a Biblico, nella penisola della Ciukotka. E' la più settentrionale del paese ed è dotata di quattro reattori. Provvede in particolare all'energia per i villaggi dei minatori impegnati nel bacino aurifero. Dimitrovgrad (Uk-50; Bor 60) Il primo blocco è attivo nella città di Dimitrov, dall'ottobre 1965.Il secondo è entrato in funzione nel 1969. Kalinin (Kaes 1 - Kaes 2) Situata nella città di Kalinin, sul Volga. Kola (Koaes 1 - Koaes 2 - Koaes 3 - Koaes 4) E' stata costruita a Murmansk, nella penisola di Kola oltre il circolo polare, ed è dotata di reattori ad acqua in pressione. Attiva dal luglio 1973. Kursk (Kuaes 1 - Kuaes 2) Realizzata nella zona dell'anomalia magnetica. Leningradskaja (Laes 1 - Laes 2) E' in funzione dal dicembre 1973. Dotata di reattori a canali, grafite ed acqua. Si trova sul litorale del golfo di Finlandia. Majak Nel 1994 si è appreso che dal reattore della centrale Majak (un centinaio di chilometri a est di Mosca) si erano registrate forti radiazioni soprattutto nelle zone del fiume Techa. Il reattore, infatti, rilasciava nel fiume gli scarichi radioattivi determinando un massiccio inquinamento da isotopi pesanti, incluso stronzio 90, cesio 137 e plutonio. Novovoronez 1 (Nvaes-1 - Nvaes 2 - Nvaes 3 - Nvaes 4) Il primo blocco è stato costruito nella città di Voronez, nella Russia meridionale, lungo le rive del fiume Don. E' attivo dal settembre 1964 ed è considerato una dei più grandi del mondo. Il secondo blocco è entrato in funzione nel 1969. Il terzo è del 1971 e il quarto è del 1972. Obninsk (AM-1) Si trova nella regione russa di Kaluga ed è entrata in funzione il 27 giugno 1954. Potenza: 5 megawatt. Scevscenko (Bn-350) Costruita nella penisola di Manghislak - nel litorale occidentale del Caspio - funziona dal luglio 1973 ed è la prima al mondo costruita sulla base di un reattore a neutroni rapidi. Fornisce energia al Kasachstan e provvede a dissalare le acque del Caspio che vengono così utilizzate per l'approvvigionamento idrico di alcune città. Troitsk (Saes-6) Costruita in Siberia per far fronte alle grandi necessità energetiche in una zona in sviluppo. Entrata in attività nel dicembre 1963. ROMANIA Cernavoda Centrale di progettazione canadese. SLOVACCHIA Bohunice E' una centrale con quattro reattori tutti di progettazione sovietica. UCRAINA Chernobyl Va ricordato - nonostante la catastrofe - che la potenza nucleare dell’Ucraina è paragonabile a quella dell’Unione Sovietica di un tempo. E per quanto riguarda l'esplosione del 1986, gli scienziati fanno rilevare che allora l'emissione di radioattività fu pari a una decina di volte quella delle bombe atomiche lanciate sul Giappone. I biologi temettero subito che nella popolazione residente nei pressi del reattore si sarebbe registrata una forte incidenza di tumori e di malformazioni neonatali e che, nell’immediato futuro, la vita animale sarebbe stata cancellata dalla regione. Le dosi massicce di radiazioni investono infatti il Dna, innescando suicidi cellulari di massa, tumori, malformazioni neonatali e disturbi del sistema immunitario. Alla fine, la catastrofe di Chernobyl avrebbe creato “vicoli ciechi delle popolazioni”, eliminando grandi quantità di individui e riducendo la diversità genetica e dunque le probabilità di sopravvivenza delle popolazioni animali e vegetali. Alcuni dei peggiori timori si sono effettivamente materializzati: sono andati perduti oltre 600 ettari di foresta di pini e tra i bambini della Bielorussia e dell’Ucraina il tasso di cancro alla tiroide è fortemente aumentato. Alcuni animali selvatici, però, sembra stiano cavalcando l’onda dell’inquinamento radioattivo, piuttosto che soccombere ai suoi poteri distruttivi. Nikolaev Si trova nell'Ucraina meridionale ed è dotata di quattro reattori. Rovno (Zuaes 1) Situata nell'Ucraina meridionale. Funziona dal 1976. Zaporizhya In questa centrale nel 1985 si verificò un cortocircuito. L'incendio, comunque, non causò vittime. UNGHERIA Paks DOCUMENTAZIONI E INTERVENTI Centro Europeo per le Ricerche Nucleari. Organizzazione istituita nel 1954, con ratifica della Convenzione di Parigi del 1º luglio 1953, per promuovere la collaborazione a livello europeo per le ricerche scientifiche nucleari e per la diffusione dei risultati teorici e sperimentali raggiunti. Aderiscono al CERN Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Spagna, Svezia, Svizzera, Ungheria. Il CERN ha come organi un Consiglio (comprendente due rappresentanti per Stato e i loro consulenti), un Comitato del Consiglio; un Comitato di Politica Scientifica (formato da otto scienziati), un Comitato Finanziario (composto dai rappresentanti degli Stati membri) e un direttore generale. Pubblica una rivista mensile (CERN Courier), comunicazioni dirette agli Stati membri, relazioni scientifiche e, dal 1955, rapporti annuali. Cura anche ricerche dirette nel proprio istituto. Ha sede a Ginevra. Nel 1996 con l’adesione di Portogallo e Slovacchia gli Stati membri del CERN sono saliti a 19. Paesi osservatori sono Israele, Giappone, Russia, Turchia, cui si aggiungono Commissione Europea e UNESCO. Sono stati inoltre avviati, da parte del CERN, rapporti di collaborazione con gli USA, soprattutto per la partecipazione all’acceleratore LHC, dopo la cancellazione del supercollider statunitense SSC David Collingridge in Politica delle tecnologie. Il caso dell'energia nucleare, Editori Riuniti 1985: "L'energia nucleare non è come qualunque altra nuova tecnologia. La tecnologia dell'energia nucleare richiede un lungo tempo di approntamento, comporta la costruzione di unità di grosse dimensioni, è ad alta intensità di capitale, comporta forti costi di capitale e per il suo funzionamento dipende da una complessa infrastruttura" Bertrand Goldschmidt, Il nucleare, Liguori 1986 : "Nel 1980 erano in funzione 250 reattori nucleari di potenza in oltre venti paesi". Questo complesso aveva accumulato, sommando gli anni di funzionamento di tutti i reattori che fino ad allora erano stati costruiti, circa duemila "anni-reattore". Oggi i reattori in funzione sono 370 e la somma degli "anni-reattore" è di circa quattromila. Questo è il senso del ragionamento dell'opera di Goldschmidt. L'incidente più grave, la fusione del nocciolo - quello che è avvenuto sia pure con conseguenze diverse a Three Miles Island e a Chernobyl, nota l'autore - si è realizzato finora due volte. Il che fa una media di un incidente ogni duemila anni reattore. Si può opporre che i due incidenti sin qui avvenuti sono il prodotto di una incredibile serie di sfortune e di sciatterie (i russi, si dice, sono molto trasandati) ma che non fanno testo. E' una spiegazione che non convince. Si sono verificati nel mondo almeno tre o quattro incidenti in cui si è sfiorata la catastrofe (…) Dei guasti in Urss non sappiamo nulla e, per la verità, non sappiamo molto nemmeno delle centrali francesi. Cioè le quattro "quasi catastrofi" che ci sono state, provano che le due "vere catastrofi" non sono eventi fortuiti. Il che significa - se non si aggiungeranno altri reattori a quelli esistenti - che si può contare nel mondo su un incidente come Chernobyl ogni sette o otto anni. Anna Zafesova - Lo scienziato scomodo "Siamo sul filo del rasoio" - "La stampa", 16 febbraio 1999: " In Russia il nome di Alexej Jablokov è sinonimo della parola "ecologia”. E’ considerato il maggior esperto di problemi ambientali, il primo ad aver suonato l’allarme ecologico (…). Professor Jablokov, una volta ha detto che Chernobyl ormai è ovunque. E’ vero? “La minaccia che proviene dal sistema atomico russo è gravissima. Anche perché le dimensioni reali del problema vengono nascoste dalle autorità. Siamo costretti a pescare dati un pò ovunque, da indagini straniere, fonti non ufficiali, ricerche disparate. Ci sono ragioni di ritenere che la radioattività è uno degli inquinamenti principali in Russia, forse ormai superiore a quello chimico”. Quali sono le zone a maggior rischio? “La penisola di Kola, con la sua centrale nucleare e con i porti della marina militare, e il Nord, inclusa anche una buona parte della Siberia fino al lago Baikal. Poi ci sono le zone delle 95 esplosioni atomiche sotterranee (…) Le conseguenze di Chernobyl sono ancora più drammatiche di quel che ci saremmo aspettati. Noi facevamo i calcoli sulle probabilità dell'aumento dei casi di cancro, che in effetti è avvenuto. Ma nessuno poteva immaginare che nei territori contaminati la metà dei neonati sarebbero stati ritardati mentali. Dosi ridotte di radiazioni sono relativamente innocue per gli adulti, ma hanno effetti sconvolgenti sul feto". Dall'articolo di Tullio Regge del Politecnico di Torino - Centrali russe, spada di Damocle Il vero pericolo costituito dai reattori ex sovietici, pubblicato su "TuttoScienze", inserto La Stampa del 3 marzo 1999: "Quali potrebbero essere le conseguenze di un nuovo incidente nucleare? Gli impianti della Ue sono gestiti con estrema cura e infatti gli incidenti finora registrati si contano sulla punta delle dita e non sono minimamente confrontabili con quello di Chernobyl. Tre di questi, altamente pubblicizzati, hanno toccato il reattore autofertilizzante di Albertville, il Super Phenix. In un caso è crollato in parte il tetto, un contenitore di barre ha registrato perdite di sodio fuso attraverso una crepa nella parete, infine il sodio fuso e’ stato in parte ossidato da infiltrazioni di ossigeno. Nessuno di questi incidenti ha toccato il nocciolo o i meccanismi di controllo e non ci sono state perdite radioattive. Un nuovo incidente anche meno grave di quello di Chernobyl scatenerebbe una ondata di panico collettivo e darebbe una forte spinta verso la chiusura di tutti gli impianti nucleari della UE, punto fermo di tutti i movimenti ambientalisti. In questo caso si aprirebbero problemi molto gravi di cui non si intravede soluzione". Ph. Re. , L'Artico nucleare , Le Monde Diplomatique, Luglio 2000: "Nella penisola di Kola, dall'inizio degli anni '50, l'uso massiccio del nucleare civile e militare sottopone la regione a una nuova minaccia. È sull'arcipelago della Nuova Zemlja che viene effettuata la maggior parte degli esperimenti atomici (più di un centinaio tra il 1955 e il 1990). Grandi quantità di scorie radioattive solide e liquide sono state immerse nel mare di Barents e nel mare di Kara. La flotta del nord, dove in particolare stazionano i sotto-marini e i rompi-ghiaccio nucleari - a volte disarmati, ma contenenti sempre i propri reattori - è suddivisa in varie basi lungo la costa nord della penisola di Kola, vicino a Murmansk; la centrale nucleare di Polyarnyi è classificata come "pericolosa" dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea). Infine, almeno a venti riprese tra il 1969 e il 1988, i sovietici hanno fatto esplodere cariche nucleari per i lavori pubblici e lo sfruttamento minerario". Yves Marignac, Una scelta vergognosa della comunità internazionale, Le Monde Diplomatique, Luglio 2000: "Le conseguenze di Chernobyl assorbono regolarmente più del 20% del bilancio della Bielorussia e fino al 10% di quello ucraino. Questi costi si spiegano con l'entità della catastrofe. Dai 7 ai 9 milioni di persone vivono in questi tre stati su territori ritenuti contaminati - almeno 155.000 chilometri quadrati. Soltanto la Bielorussia ha subito circa il 70% delle ricadute radioattive. In Ucraina un'area di esclusione di 30 chilometri intorno a Chernobyl è stata delineata e totalmente evacuata. Complessivamente, circa 400.000 persone sono state spostate e sistemate altrove e dai 600.000 agli 800.000 "liquidatori" hanno partecipato alla "pulizia" della zona in cui si è prodotto l'incidente. Il costo totale dei danni scaglionato su un trentennio è valutato in parecchie centinaia di miliardi di dollari. In un contesto di grave crisi economica, i tre stati coinvolti non riescono nemmeno ad affrontare le necessità più urgenti. (…) Il Chernobyl Shelter Fund, istituito dal G7 e gestito dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Berd), per la ricostruzione del sarcofago (2) del reattore distrutto, ha già raccolto oltre la metà dei 758 milioni di dollari richiesti per la prima fase. Il Chernobyl Trust Fund, istituito dall'Onu nel 1995 per il finanziamento di un programma umanitario valutato 800 milioni di dollari, ha raccolto finora soltanto 1,5 milioni! A parte il sarcofago, i paesi occidentali hanno speso all'incirca 2 miliardi di dollari (3). Le motivazioni della comunità internazionale sono chiare. Sebbene Chernobyl abbia evidenziato la dimensione globale del rischio nucleare, il reattore n° 3 della centrale e altri tredici dello stesso tipo (undici in Russia e due in Lituania) restano operativi. PER APPROFONDIRE SUL NUCLEARE ALL'EST Aa.Vv. L'incidente di Chernobyl, Notiziario dell'Enea, gennaio 1987. Aa.Vv. Il ritorno del nucleare, Quark, aprile 2006. Alkseevic Svetlana, Preghiera per Chernobyl, Edizioni E/O. Chiesa Giulietto, Intervista sul nucleare in Urss, l'Unità, 27 maggio 1986. Cianfione Franco, Il dilemma nucleare, Mondo economico, 7 aprile 1979. Collingridge David, Politica delle tecnologie. Il caso dell'energia nucleare, Editori Riuniti 1985. Collins Harry, Pinch Trevor, Il golem tecnologico. Dalla nube di Chernobyl ai missili Patriot, Comunità 2000. Colombo Umberto, L'incidente più grave mai accaduto finora, Corriere della Sera, 30 aprile 1986. Goldschmidt Bertrand, Il Nucleare. Storia politica dell'energia, Liguori, 1986. Kostin Igor, Chernobyl confessioni di un reporter, Ega 2006. Kowarski Lew, Ben venga l'atomo, Panorama, 1 novembre 1973. Rapisarda Sassoon Cristina, La lezione di Chernobyl: prima di tutto prevenire, Il Sole 24 ore, 1 luglio 1996. Roggi Enzo, Le ragioni e gli interrogativi della scelta nucleare, Realtà sovietica, marzo-aprile 1982. Romersa Luigi, Chernobyl, i danni sovietici, Secolo d'Italia, 2 dicembre 2000. Sani Baroni Antonetta, Glossario nucleare, Comitato nazionale Energia nucleare, 1962. Sappino Marco, Un eroe dell'era nucleare, l'Unità, 4 luglio 1990. Stone Richard, La lunga ombra di Chernobyl, National Geographic aprile 2006, Visetti Giampaolo, Chernobyl, tra i fantasmi della grande menzogna, La Repubblica 26 marzo 2006. Zarca Albert, Chernobyl, cinque anni dopo, Venerdì di Repubblica, 5 aprile 1991.