La ritenzione sulla tavola piana
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La ritenzione sulla tavola piana
La ritenzione sulla tavola piana Mecchia Stefano (Ermolli) Scuola Interregionale di tecnologia per tecnici Cartari Via Don G. Minzoni, 50 37138 Verona Relazione finale 6° Corso di Tecnologia per tecnici cartari 1998/99 La ritenzione Indice 1. Introduzione .................................................................................. pag. 1.1 Premessa 1 Parte prima: aspetti fondamentali legati alle materie prime e alle condizioni di fabbricazione 1. Materie fibrose .............................................................................. pag. 4 2. Materie prime non fibrose ........................................................... pag. 6 3. 3.1 3.2 3.3 Proprietà generali dei colloidi ..................................................... pag. I colloidi Aspetti colloidali nella fabbricazione della carta Il potenziale Z 8 4. La temperatura ............................................................................. pag. 10 5. Il pH ............................................................................................... pag. 11 Parte seconda: la ritenzione 1. La ritenzione ................................................................................. pag. 1.1 Definizione 14 2. 2.1 2.2 2.3 2.4 La ritenzione meccanica ............................................................... pag. Aspetti tecnici Principali elementi della tavola piana e relativa influenza Altri fattori legati o che influenzano la ritenzione meccanica Il rapporto tra raffinazione e ritenzione 16 3. 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 La ritenzione chimica ................................................................... pag. Aspetti teorici I fase: coagulazione Agenti coagulanti II fase: flocculazione Agenti Flocculanti Sostanze e variabili che influenzano la ritenzione chimica 25 La ritenzione 4. Come operare in cartiera per ottimizzare gli interventi chimici...................................................................... pag. 4.1 Preparazione e punti di dosaggio dei ritentivi 4.2 Effetti sul ciclo delle acque 4.3 La ritenzione negli impianti di recupero 39 5. 5.1 5.2 5.3 5.4 Problemi di macchinabilità .......................................................... pag. Alcuni problemi di macchinabilità e relative cause Controllo del potenziale Z La presenza di schiuma Il riutilizzo di fogliacci patinati 42 6. 6.1 6.2 6.3 6.4 6.5 6.6 Problemi sul prodotto finito e in fase di stampa ........................ pag. Alcuni problemi sul prodotto finito, in fase di stampa e relative cause Il doppio viso Speratura (formazione) Migrazione di patina Tendenza allo spolvero Liscio 45 7. 7.1 7.2 7.3 7.4 7.5 Benefici di un programma di ritenzione di qualità ................... pag. Migliore macchinabilità Aumento di produzione Risparmio energetico/generale Qualità del prodotto Come valutare i benefici di un programma di ritenzione 49 La ritenzione 1. Introduzione 1.1 Premessa Lo sviluppo dei processi cartari, le maggiori velocità di fabbricazione e i mutamenti avvenuti nel campo delle materie prime, nonché la crescita delle esigenze qualitative della carta esigono l’impiego di idonei sistemi ritentivi chimico/meccanici. I progressi sono andati di pari passo sia nel settore meccanico che in quello chimico. In campo meccanico si sono introdotti nuovi materiali e dispositivi drenanti, in quello chimico si è attivato una serie di provvedimenti tendenti a chiudere i cicli, ridurre la perdita di materia prima nelle acque sottotela, migliorando in questo modo la fabbricazione al di là dei limiti ottenibili con i puri mezzi meccanici. Solo attraverso un’efficace programma di ritenzione, tutte le sostanze attive ai fini della fabbricazione restano con la fibra durante la formazione, svolgendo al massimo le funzioni per cui sono state aggiunte. In questa mia trattazione cercherò di presentare la teoria e le problematiche legate alla ritenzione. 1 La ritenzione 2 La ritenzione PARTE PRIMA Aspetti fondamentali legati alle materie prime e alle condizioni di fabbricazione 3 La ritenzione 1. Materie fibrose Le fibre cellulosiche costituiscono la materia prima nella fabbricazione della carta. Per fibre cellulosiche intendiamo la materia fibrosa ottenuta dalle piante dopo averne allontanato, nella maggior quantità possibile, le sostanze estranee. Una prima distinzione nell’ambito del materiale fibroso viene fatto a seconda del metodo di ottenimento della fibra stessa, distinguiamo quindi, paste chimiche, semichimiche, paste meccaniche, termomeccaniche, paste termochemimeccaniche. Una secondo criterio di classificazione delle fibre, più importante ai fini della ritenzione, è costituito dalla loro lunghezza. Le cellulose si distinguono in cellulose a fibra corta e cellulose a fibra lunga. Cellulose a fibra lunga (Softwood Fiber) Provengono essenzialmente da piante sempre verdi come pini e abeti, hanno una lunghezza media di alcuni millimetri (3-5 mm) e un diametro di pochi micron (25-65 µm). Vengono definite anche Softwood per la bassa densità basale del legno di origine. Cellulose a fibra corta (Hardwood). Vengono ottenute dalle latifoglie come il pioppo, il faggio hanno una lunghezza che si aggira attorno al millimetro (1-2 mm) e un diametro di circa (1535µm). Sono definite Hardwood per l’alta densità basale del legno di origine. Influenza del tipo di fibra sulle caratteristiche di ritenzione, drenaggio e finali La relazione tra le caratteristiche fisiche della fibra e le proprietà del foglio formato non sono sempre prevedibili, in quanto un componente fibroso aggiunto all’impasto non contribuisce solamente attraverso le sue caratteristiche intrinseche, ma va ad interagire con il sistema, modificando le interazioni tra i diversi componenti l’impasto stesso. Teoricamente l’influenza del tipo di fibra sulla macchinabilità e sulle caratteristiche finali del foglio sono: Fibra lunga: - alta ritenzione sulla tela per le dimensioni delle fibre e la bassa presenza di fini; 4 La ritenzione - resistenze meccaniche elevate; - aumenta la trasparenza; - l’alta percentuale di fibra lunga può creare fenomeni di Overflocculazione (brutta formazione). Fibra corta: - bassa ritenzione sulla tela, per la lunghezza delle fibre e l’alto contenuto di fini; - migliora il liscio e l’opacità; - resistenze meccaniche basse; - migliora la formazione; - rallenta il drenaggio. Diametro piccolo delle fibre: - migliora la stampa; - migliora la morbidezza e la sofficità. Diametro grande delle fibre: - migliora la mano del foglio; - riduce il liscio e peggiora la stampa. 5 La ritenzione 2. Materie prime non fibrose Le materie di carica più comunemente usate dall’industria cartaria sono sostanze inorganiche. L’utilizzo di questi prodotti naturali, può essere erroneamente considerato un modo per ridurre il costo; in realtà la carica ha l’importante funzione di migliorare molte proprietà della carta, e alcuni prodotti cartari se ne fossero sprovvisti, sarebbero inutilizzabili. Le più importanti proprietà sul prodotto finito che le materie di carica contribuiscono a determinare sono: l’opacità, il bianco, la lisciatura, l’assorbenza all’inchiostro, la sofficità, la mano. Naturalmente per ottenere le caratteristiche sopracitate le cariche minerali devono possedere alcune importanti proprietà che per una carica ideale potremmo elencare in: elevato indice di rifrazione, elevato grado di bianco, dimensioni delle particelle entro ben determinate tolleranze, insolubilità ed inerzia chimica. Difficilmente le caratteristiche sopracitate non si trovano tutte insieme in un unico materiale, per cui vengono fatte miscele di cariche diverse. Vediamo ora le più importanti materie di carica. Caolino Costituito essenzialmente da caolinite, una forma di silicato di alluminio idrato. È probabilmente il materiale di carica più usato, grazie al suo buon potere opacizzante, al suo elevato grado di bianco, comunque inferiore a quello del carbonato. Se è di buona qualità è anche poco abrasivo e chimicamente inerte. Carbonato di calcio Può essere naturale oppure precipitato chimicamente. Rispetto al caolino, il carbonato impartisce alla carta una maggiore opacità, un migliore grado di bianco, una maggiore ricettività agli inchiostri. Il carbonato ha assunto un importanza maggiore negli ultimi anni in concomitanza con i sistemi di collatura neutra; precedentemente infatti nei sistemi di collatura acida, il carbonato reagiva con le sostanze acide come l’allume, trasformandosi in solfato di calcio e sviluppando anidride carbonica produttiva di schiume. Biossido di Titanio Il biossido di titanio è un prodotto sintetico che si trova in commercio sotto due diverse forme cristalline il Rutilo e l’Anatasio. 6 La ritenzione È molto apprezzato per il suo potere opacizzante e per l’elevato grado di bianco. Dato l’elevato costo, viene usato solo quando necessario, in percentuali contenute, in impasti per carte fini. Bentoniti Sono costituite da idrosilicati di metalli mono-di-tri-valenti. Sono molto apprezzati poiché migliorano l’opacità e la stampabilità, hanno inoltre la capacità di adsorbire sostanze resinose e impurezze di vario genere, assicurando la pulizia del ciclo e riducendo in maniera marcata il COD delle acque. Possiedono inoltre un elevato assorbimento verso gli oli minerali degli inchiostri. La resa del materiale di carica Tra i vari elementi che determinano l’idoneità di una carica uno dei più importanti è la sua resa. Per resa si intende la quantità di materiale trattenuto da un impasto fibroso rispetto alla quantità totale di carica aggiunta. La resa dipende da numerose variabili sia intrinseche della carica che di conduzione della macchina continua, che vanno a influire su molteplici proprietà del processo e sulla qualità finale della carta. Vantaggi e svantaggi Riassumendo i principali vantaggi nell’uso di cariche sono: - opacità: le particelle di carica hanno generalmente un indice di rifrazione più elevato di quello delle fibre, oppure indice di rifrazione simile ma granulometria fine, e perciò maggiore superficie attiva alla rifrazione; - lisciatura: le cariche riempiono i vuoti fra le fibre, migliorando l’uniformità e il liscio; - stampabilità: migliore stampabilità, grazie al maggiore liscio e all’affinità delle cariche con gli inchiostri. Mentre gli svantaggi sono: - minore ritenzione: a causa delle piccole dimensioni delle cariche; - abrasività; - occlusione dei feltri; - spolvero della carta. 7 La ritenzione 3. Proprietà generali dei colloidi 3.1 I colloidi Si possono definire sistemi colloidali o più semplicemente colloidi, tutti i sistemi materiali formati da due fasi, nelle quali una di esse si trova dispersa nell’altra allo stato di particelle aventi le dimensioni comprese tra i 10 e i 10000 Å (1Å= 1x 10 –10 m). Con il termine colloide si intende dunque un particolare stato di suddivisione della materia nell’ambito dei sistemi eterogenei a due fasi. Le principali caratteristiche dei sistemi colloidali possono essere attribuite all’esistenza di una superficie di separazione tra la fase dispersa ed il mezzo disperdente, denominata “interfaccia”. Su questa superficie ben definita, si generano importantissime proprietà superficiali come l’adsorbimento, il doppio strato elettrico, la coagulazione, chiamate anche proprietà interfacciali dei colloidi. Il rapporto tra la superficie e il volume di una particella ha una influenza maggiore rispetto alla composizione chimica della stessa, nel determinarne il comportamento. Nei colloidi infatti tutti gli aspetti superficiali sono destinati a dominare. 3.2 Aspetti colloidali nella fabbricazione della carta La maggior parte degli interventi chimici nell’industria cartaria vanno effettuati e controllati facendo riferimento alla chimica dei colloidi. Le numerose interazioni che avvengono a livello superficiale dovute alle notevoli aree implicate, (carbonato di calcio 8 m2/g; silice colloidale 850 m2/g) sono strettamente legate a tutti gli aspetti appena contemplati. La formazione, ad esempio, di legami secondari di Van der Walls, cioè legami deboli che si esplicano a distanze minime tra i componenti dell’impasto, sono dipendenti dall’influenza esercitata dalle caratteristiche superficiali delle particelle di impasto, sulla posizione reciproca delle stesse. 3.3 Il potenziale z Le proprietà elettriche dei colloidi possono essere spiegate analizzando le condizioni elettriche alla superficie di separazione tra la fase dispersa e la fase disperdente. 8 La ritenzione La carica elettrica presente su ogni particella colloidale dispersa è dovuta a fenomeni di adsorbimento (dissoluzione e ionizzazione) sulla superficie, di ioni positivi o negativi, che si trovano o si formano nel mezzo disperdente. Questa carica superficiale influenza la distribuzione degli ioni vicini: quelli con carica opposta vengono attratti dalla superficie, mentre quelli con carica uguale vengono respinti. Si forma quindi uno strato virtualmente immobile di ioni che aderiscono strettamente alla superficie delle particelle colloidali, ed uno strato mobile che ha una carica di grandezza uguale ma di segno opposto allo strato fisso. In questo modo ogni particella colloidale è protetta da un doppio strato elettrico, la cui differenza di potenziale prende il nome di potenziale zeta. Le fibre cellulosiche, che costituiscono la parte più importante dell’impasto fibroso, presentano un potenziale zeta negativo, dovuto ai gruppi funzionali esposti. Se alla sospensione fibrosa aggiungiamo una qualsiasi sostanza, indipendentemente dalla natura, inorganica o organica, dal grado di polimerizzazione, sia essa molecola semplice o polimero complesso, in possesso o no di carica, essa interagisce con la superficie delle fibre, modificandone il potenziale zeta, creando cioè una maggiore o minore possibilità che si manifestino forze attrattive a breve distanza e quindi legami. La misura del potenziale zeta è in grado di indicarci ciò che avviene durante le fasi di preparazione dell’impasto e di formazione del foglio, fornendoci un parametro, che ci permette di capire, quale intervento è più adatto per ottenere un rendimento migliore. 9 La ritenzione 4. La temperatura Un altro fattore che influenza sensibilmente la ritenzione e il drenaggio è la temperatura dell’impasto. Per motivo la temperatura dovrebbe essere mantenuta il più possibile costante. Tutte le misurazioni relative al drenaggio e alla ritenzione effettuate in laboratorio avvengono spesso a temperatura ambiente cioè a circa 20 °C, mentre in macchina continua la temperatura dell’impasto è tra i 40 e i 50 °C. Questa differenza è sufficiente per influire sulla viscosità e sulla tensione superficiale dell’acqua. In particolare, è noto che la viscosità dell’acqua varia entro limiti molto ampi e tali da interessare la velocità con la quale può essere rimossa. Tendenzialmente le fibre, a bassa temperatura, sono più gonfie rispetto a quelle a temperatura elevata; la bassa temperatura favorisce infatti le interazioni acquacellulosa. Elevando la temperatura entro certi limiti, si diminuisce la viscosità dell’acqua e si rendono le fibre più smilze, aumentando così per entrambe le ragioni il drenaggio dell’impasto. 10 La ritenzione 5. Il pH Il pH, ha una notevole importanza in tutte le fasi del processo produttivo, di particolare rilievo è la sua influenza sulla ritenzione. La sola pasta a pH acido presenta un potenziale Z=0, a pH neutro un potenziale Z negativo, e infine a pH basico un potenziale Z ancora più negativo. Questo è dovuto dagli ioni H+ e OH- che interferiscono con la fibra. È interessante osservare che in generale l’adsorbimento degli ioni positivi sulla superficie della cellulosa è condizionata dal pH. A pH bassi l’adsorbimento sarà minore a causa della protonizzazione dei gruppi carbossilici. Infatti a pH bassi il gruppo carbossilico non si dissocia, rendendo libero un protone, questo impedisce al catione del ritentivo di legarsi. La fibra sarà quindi più elettronegativa a valori d pH spostati verso la neutralità. 11 La ritenzione 12 La ritenzione PARTE SECONDA La Ritenzione 13 La ritenzione 1. La ritenzione 1.1 Definizione Con il termine “Ritenzione” si indica genericamente la capacità di ritenere i vari componenti di un impasto, nel foglio in funzione nella fase di consolidamento sulla tela di formazione. Questa capacità può essere incrementata notevolmente dall’uso di un efficace programma di ritenzione che si esplica soprattutto sui componenti l’impasto di più piccole dimensioni, i cosiddetti “fini”, per convenzione tutte le particelle di dimensioni inferiori a 50 µm, ossia le parti di fibra e le cariche minerali. Si migliora quindi anche la ritenzione di molti additivi, che a causa del grande sviluppo superficiale dei fini si concentrano su di essi seguendone le sorti. I processi utilizzati per la ritenzione sono in gran parte legati alle caratteristiche strutturali della zona di formazione (ritenzione meccanica). Molti prodotti chimici di varia natura vengono utilizzati per migliorare e ottimizzare questa importante performance (ritenzione chimica). 14 La ritenzione MECCANISMI DI RITENZIONE Ritenzione meccanica Fibra lunga e corta (50-3500µm) Fini e cariche (1-50 µm) Particelle colloidali (1µm o >) Ritenzione chimica Due sono i parametri di controllo della ritenzione delle fibre e delle cariche sulla tavola piana: Ritenzione totale % = Quantitativo ritenuto nel foglio Quantitativo immesso in impasto Ritenzione Single − Pass % = Quantitativo ritenuto nel foglio Quantitativoin cassa d ' afflusso Ritenzione totale % Da questa dipende sostanzialmente l’aspetto economico diretto, in quanto la porzione di materiale non ritenuta, viene persa nelle acque bianche. Ritenzione Single-Pass % La qualità del foglio è maggiormente influenzata da questo tipo di ritenzione, un basso valore infatti è indice di una distribuzioni non uniforme e di una elevata perdita di fini nel sottotela con conseguenti fenomeni di doppio viso. L’arricchimento dei fini nella cassa d’afflusso pregiudica inoltre il drenaggio, l’azione degli additivi e ausiliari. 15 La ritenzione 2. La ritenzione meccanica 2.1 Aspetti teorici La ritenzione meccanica è un processo che si esplica sulla tela di formazione, strettamente influenzato dalle caratteristiche della zona di formazione. La tela, cuore della zona di formazione, si comporta come un setaccio, bloccando le fibre di lunghezza superiore alla dimensioni delle proprie maglie e lasciandosi attraversare da quelle con dimensioni minori. Dopo circa 1-1,5 metri di percorso, le fibre che si sono depositate intrecciandosi, esplicano una azione filtrante ancora più marcata, aumentando così la ritenzione. Ne consegue, che le particelle (fini e cariche) con dimensioni inferiori alle maglie della tela, possono essere ritenute, solamente dopo la formazione di questo intreccio fibroso filtrante. La ritenzione meccanica, rappresenta dunque la capacità degli elementi costitutivi la tavola piana di separare in maniera meccanica l’impasto fibroso dall’acqua. Si deve ricordare che l’impasto fibroso viene inviato sulla tavola piana con una siccità del 0,4-0,8 % e che, a secondo del tipo di carta, ne esce a circa il 18 20 %. L’enorme quantità di acqua presente nell’impasto, non è solo il mezzo di diluizione e il veicolo del sistema fibroso, essa rappresenta una componente essenziale dell’impasto non solo a causa delle forti interazioni con le fibre, che permettono di ottenere una sospensione, ma anche perché l’acqua stessa è parte integrante della fibra rigonfiata a causa della raffinazione, garantendo importanti caratteristiche colloidali all’impasto fibroso. La ritenzione meccanica e il relativo drenaggio dell’acqua nel sottotela, è influenzata da numerose variabili, delle quali le più significative sono: la composizione dell’impasto, la sua raffinazione, la diluizione, la temperatura, il tipo di tela, la sua velocità, la velocità del flusso dell’impasto e il suo rapporto con la velocità della tela, l’angolo di contatto del getto, il tipo di mezzi drenanti usati nelle varie zone della tavola piana. Risulta molto difficile prevedere l’influenza, ossia le possibili modifiche che si possono apportare a queste variabili, per migliorare la ritenzione. Un’azione drenante crescente, dal cilindro capotela al cilindro aspirante, è una delle condizione di lavoro ideale. In teoria l’azione drenante nella prima zona della tavola piana deve essere minimi poiché la forza di gravità dovrebbe da sola provocare il passaggio dell’acqua attraverso la tela, evitando così possibili marcature del foglio di carta dovute alla pressatura delle fibre contro gli arredi della tela. 16 La ritenzione In seguito l’azione drenante deve essere aumentata, mediante i componenti drenanti della tavola piana, al fine di proseguire la rimozione dell’acqua dallo strato fibroso. 2.2 Principali elementi della tavola piana e relativa influenza Casse d’afflusso Il primo elemento della tavola piana, da prendere in considerazione per quanto riguarda la formazione è la cassa d’afflusso. La cassa d’afflusso deve per prima cosa garantire un getto uscente il più regolare possibile, portata e consistenza costante, l’assenza totale di turbolenze, di filetti fluidi preferenziali, di zone di ristagno, di aria o di gas conglobati, di fiocchi di fibre. Inoltre, accurate osservazioni hanno dimostrato, che unicamente nel momento in cui l’impasto uscente dalla cassa d’afflusso incontra la tela, si stabiliscono le direzioni preferenziali delle fibre. Di qui la ragione, per la quale, il profilo della cassa d’afflusso e la regolazione dell’angolo del getto sono di fondamentale importanza al fine della formazione del foglio di carta. Tendenzialmente un angolo del getto elevato pregiudica la ritenzione, la formazione e il drenaggio; un angolo basso migliora tutti questi parametri; generalmente 80/90 % del getto dovrebbe atterrare sulla lama di formazione, mentre il restante 10/20 % dovrebbe essere raschiato dalla lama stessa. Il rapporto tra la velocità del getto e quello della tela, incide sulla disposizione delle fibre in senso longitudinale o trasversale (quadratura), e quindi sulle diverse caratteristiche meccaniche, influenzando di conseguenza anche la formazione. Tela di formazione. È forse la parte più importante di tutta la macchina continua. Molte importanti proprietà della carta, quali la speratura, le caratteristiche meccaniche, la disposizione di fini e cariche si vengono a determinare già sulla tela di formazione. La sua funzione principale, come già visto, è quella di fornire al nastro di carta in fase di formazione un supporto che si comporti come un setaccio, trattenendo le fibre e il materiale di carica e lasciandosi attraversare dall’acqua. È in pratica costituita da un largo nastro ad anello, tessuta finemente. A seconda del tipo di tessitura e quindi di disegno, il suo comportamento nei confronti dell’acqua e delle fibre sarà diverso. Il disegno infatti influenza per prima cosa la permeabilità della tela, ossia la resistenza offerta all’attraversamento dell’acqua, caratterizza inoltre l’indice di supporto fibre, ossia la superficie di supporto effettivamente offerta. 17 La ritenzione Anche il numero di fili e i relativi diametri, caratterizzano il drenaggio e le caratteristiche di supporto della tela. Le caratteristiche fondamentali che determinano il comportamento di una tela, sono dunque: il disegno, la permeabilità all’aria, volume di vuoto, l’indice di drenaggio, l’indice di supporto, l’area aperta. Ultimamente lo sviluppo e l’applicazione di nuovi tipi di formatori, l’aumento della velocità, l’esigenza di chiudere i cicli e l’utilizzo di impasti più scadenti, ha spinto le aziende produttrici di tele a sviluppare tessuti a doppio strato, doppio strato e mezzo, triplo strato. Vediamo ora in dettaglio questi tipi di tele. - Tele doppiostrato: sono costituite da un doppio strato di fili trasversali, tra loro sovrapposti con una serie di fili longitudinali che, a seconda del disegno, si intrecciano in modo diverso con i fili trasversali. I vantaggi di una tela doppiostrato rispetto a una monostrato sono: - minor marcatura del nastro fibroso; - migliore ritenzione, dovuta alla struttura più compatta e filtrante; - migliore stabilità dimensionale, dovuta alla struttura più robusta. In queste tele il drenaggio non è verticale, ma con un angolo di circa (30-35°), in questo modo si migliora il drenaggio e si aumenta la ritenzione. -Tele doppio strato e mezzo: questo tipo di tele di formazione è nato per migliorare le prestazioni delle tele a doppio strato appena viste. Sono essenzialmente tele a doppio strato modificate sul lato carta, in grado di aumentare sia il supporto fibre che l’area aperta della tela. I maggiori vantaggi che queste tele offrono rispetto ad una doppio strato semplice sono: - diminuizione delle marcature; - migliore capacità drenante; - migliore ritenzione; - maggiore vita. - Tele triplo strato: questo tipo di tele è stato concepito per fornire al lato carta un elevato supporto fibra, con il maggior drenaggio e minor marcatura possibile. Sullo strato inferiore è prevista una struttura con un diametro dei filati elevato, tale da limitare l’usura della tela. Le tele triplostrato possono essere costituite, o da due tele monostrato legate da un filo di nylon (Triplex), oppure da tre strati di fili trasversali, legati assieme da una serie di fili longitudinali. Una delle caratteristiche principali di queste tele è l’elevato volume di vuoto, che consente di ottenere velocità di drenaggio e ritenzione maggiore di tutti gli altri tipi di tele. 18 La ritenzione Le fasi di drenaggio su una tavola piana (grafico 1) La fase di formazione a turbolenza controllata Gli obbiettivi di questa parte della tavola di formazione sono quelli di generare una adeguata turbolenza in modo da ottenere una buona formazione e neutralizzare eventuali difetti dovuti alla cassa d’afflusso. Si deve inoltre rimuovere l’acqua in maniera controllata e progressiva, per evitare problemi dovuti alla cattiva disidratazione come ad esempio, la cattiva formazione, fenomeni di doppio viso, bassa ritenzione ecc. Forming board Ha la funzione, di mantenere nella primissima zona di formazione un drenaggio lieve e regolare dell’impasto fibroso, che garantisce una elevata ritenzione meccanica delle parti fini e fornisce l’impulso iniziale per la turbolenza. Permette inoltre, se posizionato correttamente di eliminare l’aria trascinata tra il getto e la tela. Foils Il foil è un organo drenante che deve assolvere a molte importanti funzioni. Deve per prima cosa, produrre un effetto raschiante sulla superficie inferiore della tela di formazione, che consente di eliminare l’acqua presente, creare una depressione e una successiva turbolenza nell’impasto. 19 La ritenzione Il profilo di drenaggio potrà essere regolato, variando il numero e la distanza tra un foil e l’altro, differenziando in questo modo il periodo degli impulsi e quindi lo stato di agitazione. Avanzando lungo la tavola piana, i foils vengono montati con un angolo sempre maggiore, in considerazione della sempre maggiore resistenza della pasta al drenaggio. Un eccessivo effetto drenante può causare una perdita di materiale fibroso attraverso la tela e quindi un abbassamento della ritenzione La fase di drenaggio e transizione Quando il primo strato di fibre si è formato si può iniziare con il processo di consolidamento, introducendo sistemi drenanti a basso vuoto applicato come i Vacufoil. Vacufoil I Vacufoil sono sistemi drenanti a basso vuoto, costituiti da una robusta cassa di aspirazione, con zone di vuoto differenziato, sormontata da listelli drenanti. Questi componenti drenanti sono creati per favorire la transizione del foglio dall’area di formazione a quella ad alto vuoto delle casse aspiranti. I folis drenano l’acqua portando il foglio di carta ad una consistenza tra il 2/3 %, mentre i Vacufoils possono arrivare ad un secco del 9%. La consistenza delle acque del sottotela e il drenaggio / Angolo delle lame. La figura 1, dimostra come ad un angolo delle lame maggiore corrisponde un aumento della consistenza delle acque del sottotela, con una conseguente riduzione della ritenzione, si capisce quindi che non conviene sempre ottenere da una lama il massimo drenaggio possibile. (grafico 2) 20 La ritenzione (grafico 3) La consistenza delle acque e il drenaggio / Larghezza della lama Nella figura 2, sono visibili gli effetti sulla consistenza delle acque e il drenaggio al variare della larghezza della lama mantenendo costante l’angolo della stessa. Per ottenere lo stesso drenaggio con una lama più corta, l’angolo deve essere incrementato aumentando in questo modo la velocità di drenaggio, facendo si che una quantità maggiore di fini e di cariche passino attraverso la tela nelle acque del sottotela Ballerino Il ballerino ha il compito di omogeneizzare le due superfici del foglio, attraverso un’azione di compressione, che non altera la distribuzione dei vari componenti. L’utilizzo del ballerino migliora sensibilmente la formazione. 21 La ritenzione La fase ad alta pressione differenziata Lo scopo di questa fase ad alto vuoto è quello di eliminare ulteriormente l’acqua ancora presente nel foglio, compattando il foglio e facendolo arrivare alla fine della tavola piana con una resistenza tale da sopportare meccanicamente le sollecitazioni della zona presse. Casse aspiranti Quando la compattezza del contesto fibroso raggiunge un certo valore, l’effetto drenante dei vacufoils non è più sufficiente. A questo punto vengono utilizzati dei particolari sistemi a vuoto spinto: le casse aspiranti. Questi sistemi drenanti forzano una certa quantità di aria esterna, proporzionale alla dimensione delle feritoie e alla velocità della macchina, ad attraversare il foglio di carta e la tela, trasportando l’acqua ancora presente nell’impasto. Le casse aspiranti devono lavorare a valori di vuoto crescenti, bassi per le prime casse prima della linea d’acqua, più alti dopo questa linea. 2.3 Altri fattori legati o che influenzano la ritenzione meccanica. Altri fattori che influenzano la ritenzione meccanica sulla tavola piana sono: - formazione; - grammatura della carta; - velocità della macchina; - raffinazione; - quantità e tipo di carica; - posizione della linea d’acqua; - densità in cassa d’afflusso. Consideriamo ora l’influenza di alcune variabili sulla ritenzione. Grammatura La grammatura del foglio in formazione ha una importanza molto elevata sulla ritenzione dei fini (fibre e cariche) nell’impasto. Si nota infatti, che più il feltro fibroso è spesso, maggiore è la sua capacità filtrante e quindi più elevata la quantità di fini ritenuti sulla tela. L’influenza della grammatura è minima nel caso di macchine continue dotate di doppia tela, poiché l’effetto drenante è applicato su entrambi i lati del foglio. 22 La ritenzione Velocità della macchina La velocità della macchina continua influenza notevolmente la ritenzione meccanica sulla tavola piana. Infatti più rapido è il passaggio dell’impasto sulla tavola piana e maggiore risulterà il volume di acqua che bisogna asportare nell’unità di tempo. Per soddisfare questa condizione è necessario aumentare l’effetto drenante di tutti gli elementi della tavola piana, causando però una maggiore asportazione di fini e cariche dalla superficie del foglio, con conseguenti problemi di doppio viso, ecc. Si è cercato di ovviare a questi problemi, migliorando gli elementi drenanti della tavola piana e soprattutto attraverso l’adozione di un valido programma di ritenzione chimica. Densità in cassa d’afflusso La maggiore densità in cassa d’afflusso aumenta la ritenzione, per un maggiore effetto filtrante delle fibre, ma peggiora la formazione del foglio di carta, in quanto le fibre sono meno mobili e tendono ad intrecciarsi formando agglomerati di elevate dimensioni (overflocculazione). Posizione della linea d’acqua La posizione della linea d’acqua è strettamente legata alla capacità drenante dell’impasto fibroso, dipendente dalla natura dell’impasto, dal grado di raffinazione, dagli elementi della tavola piana, dai prodotti chimici utilizzati nell’impasto (ritentivi, disperdenti ecc.). È quindi un indice importantissimo che ci permette di valutare quanto avviene fino a quel punto e quindi di prendere in necessari provvedimenti. 2.4 Il rapporto tra ritenzione e raffinazione. La raffinazione è un processo meccanico che produce cambiamenti fisici/chimici nelle fibre. Dal punto di vista chimico, si produce un’attivazione della struttura colloidale, sviluppando una maggiore reattività superficiale. La plasticità, il compattamento, la sfibrillatura, l’idratazione della fibra, l’aumento di superficie del materiale fibroso, sono tutte conseguenze della raffinazione che aiutano l’introduzione di particelle nelle fibre e ne favoriscono la coesione migliorando in questo modo la ritenzione di cariche e fini. Inoltre l’introduzione della carica in un impasto fibroso ha come conseguenza una minore coesione tra le fibre, a causa dell’interposizione della carica stessa tra le fibre, causando quindi una generale perdita delle caratteristiche meccaniche. Un aumento della raffinazione si rende quindi necessaria per compensare l’azione slegante delle cariche, mantenendo così costanti le stesse caratteristiche meccaniche. 23 La ritenzione Ovviamente un accorciamento delle fibre causato dalla raffinazione, se è vero che diminuisce le caratteristiche meccaniche del foglio, dall’altro migliora la formazione e, fino a un certo punto, anche la ritenzione. Effetti della raffinazione Ritenzione ⇒ Diminuisce/Aumenta Drenaggio ⇒ Diminuisce Adesione ai cilindri ess. ⇒ Aumenta Velocità di essiccamento ⇒ Diminuisce Consumo energetico ⇒ Aumenta Contenuto di fini ⇒ Aumenta Temperatura ⇒ Aumenta 24 La ritenzione 3. La ritenzione chimica 3.1 Aspetti teorici Le particelle più piccole (fini e cariche) presenti nell’impasto contribuiscono in modo determinante a determinare le caratteristiche meccaniche e ottiche del foglio di carta. Conseguentemente la perdita nel sottotela di queste sostanze pregiudica la qualità finale e provoca un aumento del carico delle acque. I meccanismi di ritenzione chimica, sono concepiti per massimizzare la quantità di particelle trattenute sulla tela di formazione, attraverso fenomeni di natura chimica, ad esempio una particella di piccole dimensioni come il Biossido di Titanio, di 0,2µm è ritenuta al 98% per fenomeni di ritenzione chimica. Per favorire questi fenomeni si fa uso di prodotti chimici formulati per ottenere buone ritenzioni ed elevate velocità di drenaggio. Questi prodotti, in genere polielettroliti o sistemi duali, quando vengono adsorbiti dalle fibre ne modificano la carica superficiale ossia il potenziale zeta, favorendo dunque l’aggregazione delle fibre e delle cariche in fiocchi di dimensioni maggiori. Il costo stimato di additivazione chimica in una cartiera è molto elevato e si può quantizzare, all’incirca, con il 9-13% dei costi totali. Su questo totale, i prodotti chimici utilizzati direttamente o indirettamente come ritentivi rappresentano un buon 50%. Questo ci fa capire come l’ottimizzazione di questo importante aspetto chimico consenta di ottenere notevoli benefici qualitativi ed economici, non solo nella fabbricazione della carta, ma anche nel trattamento delle acque di processo. 3.2 I fase: coagulazione Le particelle colloidali vengono trattenute durante la fase di formazione con grande difficoltà, non solo a causa del piccolo diametro delle particelle stesse e dei moti Browniani collegati, ma soprattutto perché questi sistemi possiedono una carica omopolare positiva o più frequentemente negativa, quindi le cariche tendono a respingersi, rimanendo così disperse. Questo impedisce alle particelle di riunirsi in gruppi, formando un corpo unico (fiocco) il quale, avendo dimensioni maggiori, sarebbe ritenuto con maggiore probabilità tra le maglie della tela di formazione. Mediante l’aggiunta di appositi reagenti detti coagulanti o flocculanti primari, si può cambiare la carica superficiale, portandola verso la neutralizzazione, provocando in questo modo l’aggregazione delle particelle (potenziale Z. = O). 25 La ritenzione Il processo sopra esposto consta di tre momenti fondamentali. I fase: fase caratterizzata da fenomeni di diffusione e adsorbimento, dove il coagulante forma le prime “toppe” cationiche sulla superficie delle particelle. II fase: le aree con superfici cationiche ed anioniche coesistono sulla stessa particella. III fase: si formano i primi “ponti” tra le particelle. (grafico 4) I fattori che influenzano la coagulazione sono quindi: - natura dell’impasto; - caratteristiche del coagulante (organico/inorganico, PM, densità di carica); - forze di taglio; - tempo di contatto. Aumentando infatti il tempo di contatto e le forze di taglio, il coagulante viene adsorbito nei pori delle fibre, diminuendo così la neutralizzazione della superficie e quindi la sua efficienza. La coagulazione da sola non è abbastanza, per dare dei fiocchi con dimensioni sufficientemente grandi da essere ritenuti sulla tela. Per questo motivo, nel processo di ritenzione il coagulante viene generalmente associato ad un flocculante. 26 La ritenzione 3.3 Agenti coagulanti A seconda della composizione chimica, gli agenti coagulanti li possiamo dividere in due gruppi principali. - inorganici (sali metallici Al³+, Fe ²+, Fe ³+) - organici (basso p.m, alta carica cationica) Dalle considerazioni teoriche fatte in precedenza, emerge chiaramente che un buon coagulante, deve essere un elettrolita solubile provvisto di un catione, meglio se trivalente, molto reattivo e poco costoso. Potere coagulante di alcuni cationi Ione K+ Ca++ Cu++ Fe++ Al+++ Potere coagulante 1.2 63.0 52.0 2500.0 5000.0 I reagenti che hanno finora trovato maggiore impiego come coagulanti sono i seguenti: solfato di alluminio; policloruro di alluminio. Solfato di alluminio È il reagente coagulante più vecchio e ancora il più utilizzato. Commercialmente è ottenuto per reazione della Bauxite (Ossido di Alluminio idrato) con acido solforico. Quando un sale di alluminio, di un anione non complessante si scioglie in acqua, si ottiene il singolo catione (Al trivalente) solo quando il pH della soluzione è inferiore a 3. A pH maggiori di 3, i gruppi OH-, iniziano ad agire formando diversi tipi di complessi. La formazione di questi complessi dipende da diversi fattori, oltre il pH, come per esempio: - concentrazione dell’alluminio; - temperatura. Considerando la concentrazione, la temperatura e il tempo molto breve, la natura dei complessi è strettamente legata al pH. Si può rilevare che nel campo di pH tra 4,5 e 5, si creano una serie di complessi, dove l’alluminio compare in formazioni polinucleari differenti, che garantiscono una elevata neutralizzazione. 27 La ritenzione Questa regione di pH (4,5-5) sarà quindi quella ottimale per la produzione della carta. Questi complessi non hanno solo un’azione neutralizzante sul potenziale zeta, ma grazie alla formazione di una struttura gelatinosa di idrati fioccosi dovuta alla combinazione con i bicarbonati presenti nell’acqua si crea una specie di rete a pesca, che intrappola le parti fini e le cariche minerali nello strato di carta, aumentando in questo modo la ritenzione e diminuendo di conseguenza il carico delle acque bianche. Bisogna fare attenzione a non eccedere nel dosaggio di allume, per evitare la saturazione di tutte o quasi le cariche negative presenti sulla fibra, poiché in tal caso resterebbero pochi i punti disponibili all’assorbimento di un eventuale flocculante cationico. L’allume, d’altra parte, deve limitare i centri attivi per evitare che il polimero flocculante si leghi in più punti, anziché formare dei ponti con altre particelle. Policloruro di alluminio L’allume viene talvolta sostituito da un altro agente coagulante il policloruro di alluminio. Il policloruro di alluminio è un polielettrolita inorganico ad elevata concentrazione di alluminio (18% peso) avente le seguenti caratteristiche: - causa meno problemi durante la produzione; - uso di quantità inferiori; - riduzione del potenziale Z anche a pH alcalini, molto elevato. 3.4 II fase: flocculazione Come già visto la sola coagulazione non è in grado di formare agglomerati di fibre e cariche, di dimensioni sufficienti da essere trattenute sulla tela. Per questo motivo, nel processo di ritenzione, il coagulante viene generalmente associato, ad un polimero, in grado di creare dei ponti tra le particelle colloidali precedentemente neutralizzate e coagulate, attraverso la flocculazione si ottengono fiocchi con minor gelatinosità e quindi più facilmente disidratabili attraverso i meccanismi di filtrazione seguenti. L’attività di un flocculante è influenzata: - dalla propria struttura base, se si tratta quindi di composti a catena lineare o ramificata o che possa reticolare in un secondo tempo. - dall’attività superficiale, che viene determinata e modificata dal tipo e dal grado di sostituzione dei gruppi introdotti nella molecola (si hanno polimeri anionici, cationici e non ionici). 28 La ritenzione - dalla grandezza del polimero, ossia dal suo peso molecolare, che lo rende adatto a svolgere compiti differenti. Le proprietà di un flocculante sono quindi date dalla struttura chimica, dal tipo e dal grado di sostituzione e dal peso molecolare. Bisogna inoltre trovare la posizione (o le posizioni) opportune, tenendo presente la necessità di distribuire in fretta ed in maniera omogenea il flocculante, massimizzando così la possibilità di costruire dei ponti tra particelle diverse. Polimeri cationici Questi polimeri, si fissano sui centri anionici delle fibre, precedentemente neutralizzati in parte dall’aggiunta di un coagulante. L’azione del coagulante, diminuisce infatti la repulsione elettrostatica, evitando inoltre che il flocculante si leghi in più punti della stessa particella. Polimeri anionici Questi polimeri esplicano la propria azione flocculante in presenza di un energico cationizzante (Allume). L’allume funge quindi sia da coagulante, che da cationizzante creando sulla fibra dei punti carichi positivamente, successivamente attaccati dal polimero. Di primaria importanza nell’uso di questi polimeri è la diversificazione dei punti di aggiunta del coagulante e del flocculante. Polimeri non ionici I polimeri non ionici o le porzioni non ioniche di polimeri cationici o anionici, possono esplicare una elevata azione flocculante. Questi polimeri usati da soli o in sinergia con una resina di fenolformaldeide, stabiliscono dei legami idrogeno fra un ossigeno del polimero e un idrogeno dei gruppi fenolici della lignina (pasta legno) oppure l’idrogeno dei gruppi fenolici della resina fenol-formaldeide. La flocculazione con i polimeri sopra enunciati può comportare un aspetto (speratura) non uniforme. Si è cercato di ovviare a questo problema utilizzando polimeri a basso peso molecolare, diminuendo così la dimensione dei fiocchi, oppure adottando dei particolari sistemi binari detti “dual-system”. Questi diffusi sistemi hanno come obbiettivo, attraverso l’associazione di un polimero con una molecola di piccole dimensioni, la formazione di microfiocchi. 29 La ritenzione Tipi di flocculazione Flocculazione “tenace” Una flocculazione tenace porta ad una buona ritenzione anche in presenza di elevata turbolenza. Solitamente è data da polielettroliti ad elevato PM, e da sistemi duali, in caso di ridispersione la flocculazione è decisamente più debole. Flocculazione “debole” Una flocculazione debole coincide con una ritenzione minore ma con una buona attitudine alla ri-dispersione. Si ottiene con sali e polielettroliti a basso PM. Microflocculazione Viene definita microflocculazione la flocculazione delle particelle più piccole, quali fini e cariche, in dimensioni abbastanza piccole, per ottenere una buona opacità, ma sufficientemente grandi per garantire buona ritenzione ed elevata porosità. Macroflocculazione È la flocculazione visibile ad occhi nudo, essa influenza la speratura del foglio. Questo tipo di flocculazione si ripercuote principalmente sulla variazione di grammatura e sulle caratteristiche meccaniche del foglio di carta. 3.5 Agenti flocculanti Gli agenti flocculanti maggiormente utilizzati sono costituiti da polimeri o da particolari combinazioni di essi (dual-system). I polimeri sono essenzialmente: -polimeri naturali; -polimeri sintetici. A seconda della loro composizione chimica sono classificati in: - polimeri cationici; - polimeri anionici; - polimeri non ionici; - polimeri che includono nella stessa molecola sia cariche cationiche che anioniche. 30 La ritenzione Polimeri naturali Amido L’amido cationico svolge una importante funzione come componente dei sistemi di ritenzione binari “dual system”. È costituito da granelli microscopici insolubili in acqua fredda, che si gonfiano in acqua calda per dare una salda. Attraverso l’operazione di esterificazione si introducono nella molecola dei gruppi che presentano cariche positive, generalmente atomi di azoto quaternario, che aumentano così l’affinità per la cellulosa. Questa affinità aumenta a seconda del grado di sostituzione; è possibile cioè, diversificare il grado di sostituzione ottenendo amidi più o meno cationici. In questo modo l’amido sviluppa affinità non solo verso la fibra, ma anche verso altri prodotti anionci presenti nell’impasto, comportandosi in definitiva come un flocculante. Un’altra importantissima proprietà dell’amido è il suo potere legante e quindi la capacità di migliorare le caratteristiche meccaniche della carta, come ad esempio, la rigidità, lo spolvero, la delaminazione e, in genere, tutte le proprietà legate al rinforzo dei legami interni. Quando l’amido viene aggiunto come unico componente ritentivo, la maggiore azione si ottiene introducendolo nell’impasto prima dell’aggiunta della carica minerale; in questo modo i centri attivi formati fissano sulla fibra le particelle di pigmento. Utilizzando l’amido come componente di sistemi binari di ritenzione, l’aggiunta viene fatta nell’impasto denso. Qui infatti l’amido si fissa alla fibra e attraverso un meccanismo di saturazione elettrostatica, rende la superficie parzialmente cationica, favorendo l’attrazione delle microparticelle anioniche (silice colloidale, secondo componente del sistema dual-system). È inoltre responsabile, se non ritenuto, di un aumento considerevole del C.O.D. delle acque prime. Viene quindi utilizzato come ritentivo nei sistemi singoli, quando è necessario migliorare le caratteristiche meccaniche, oppure in combinazione con altri componenti nei sistemi binari (dual system). Polimeri sintetici Si indicano con questo nome tutti i numerosi polimeri organici di sintesi, idrosolubili e caratterizzati dalla presenza di numerosi gruppi ionici distribuiti lungo la loro molecola. 31 La ritenzione Le proprietà di questi polimeri dipendono dalla struttura chimica, dal peso molecolare, ma soprattutto dal tipo e grado di sostituzione, ossia dall’attività superficiale. Un polimero non ionizzato, ad esempio, forma una spirale che si racchiude su sé stessa, non esplicando nessuna azione. Le cariche elettriche uniformemente distribuite lungo la catena molecolare di un polimero ionico, invece, avendo lo stesso segno, tendono ad allontanarsi le une dalle altre, e così facendo srotolano il polimero e ne aumentano la capacità flocculante. Normalmente questi flocculanti agiscono attraverso due meccanismi di azione. Adesione a mosaico, formazione di “toppe” sulla superficie Più frequente nei composti a basso peso molecolare ed alta densità di carica, le particelle di polimero si attaccano come tasselli di un mosaico sulle particelle a carica negativa cambiando così le cariche di singole zone, creando in questo modo, fiocchi di medie e grandi dimensioni. (grafico 5) Adesione a ponte Più frequenti con molecole a alto peso molecolare e bassa densità di carica, quando la catena del polimero è abbastanza lunga da superare la barriera di repulsione elettrostatiche, si formano tra le particelle dei ponti di polimero che creano fiocchi di piccole o medie dimensioni, in funzione del PM del polimero usato. 32 La ritenzione (grafico 6) (grafico 7) 33 La ritenzione Polimeri cationici - Poliacrilammidi (PAA+), Alto PM, Debole cationicità. - Polietilenimmine (PEI), Basso PM, Forte e media cationicità. - Poliammine (PA), Basso PM, Forte cationicità. - Poliamidammine (PAAM), Basso PM, Debole cationicità. Polimeri anionici - Poliacrilammidi (PAA-), Alto PM, Debole anionicità. Polimeri non ionici - Poliacrilammide (PAM), Alto PM. - Ossido di polietilene (PEO), alto PM. Sistemi di ritenzione binari “dual system” I sistemi di ritenzione binari detti anche “dual system” hanno trovato negli ultimi anni un impiego sempre maggiore soprattutto per la produzione di carte fini. I polimeri come già visto sono ad esempio, Amido cationico oppure Poliacrilammide cationica. Mentre i sistemi a microparticelle sono ad esempio, Silice anionica colloidale o Idrossido di Alluminio. Il sistema forse più conosciuto è quello Silice colloidale – Amido cationico. L’amido cationico ha il compito di saturare con cariche positive l’impasto fibroso. La silice colloidale oltre a legarsi al sistema amido –fibra, può penetrare, grazie alle dimensioni molto piccole al suo interno, provocando una microflocculazione che rende possibile una buona ritenzione ed un ottimo drenaggio. Un altro importante vantaggio di questo sistema ritentivo è la formazione nell’impianto di recupero di fiocchi morbidi e leggeri, che possono flottare con grande facilità. (grafico 8) 34 La ritenzione Meccanismi di reazione Neutralizzazione di carica: - sali inorganici (Allume, Policloruro di Alluminio); - organici (Basso PM e alta carica cationica). Adesione a mosaico, formazione di ” toppe” sulla superficie: - poliammine (PA); - poliamidammine (PAAM); - polietilenimmina (PEI). Flocculazione per formazione di ponti: - poliacrilammidi (PAM); - polietilenossidi (PEO). Meccanismi di flocculazione: - poliacriammidi cationica (PAA+) + Poliacrilammide anionica (PAA-). - amido + silice colloidale. - poliacrilammide cationica (PAA+) + Silice colloidale. 35 La ritenzione 3.6 Sostanze e variabili che influenzano la ritenzione chimica (grafico 9) 36 La ritenzione Sostanze disturbatrici di natura chimica Inorganiche: Al3+, Mg2+, Ca 2+, SO4-Rilevabili attraverso la misura di conducibilità, con tecniche cromatografiche e di A.A. Organiche: lignina, carboidrati, acidi resinici, CMC, amido, colla idrolizzata, additivi per la resistenza a umido, fogliacci patinati, detergenti, disperdenti. Queste sostanze possono essere determinate attraverso i metodi COD, BOD5, TOC. Residui anionici Molti problemi nella produzione della carta sono causati dai residui anionici, che se non vengono assorbiti formano agglomerati nelle tubature, provocando macchie scure e buchi sui fogli di carta, una riduzione della qualità ed una perdita di efficienza da parte degli additivi cationici. Ultimamente le esigenze normative e le tendenze economiche stanno trasformando gli impianti delle acque chiare in circuiti sempre più chiusi favorendo l’aumento della temperatura, con conseguente maggior estrazione dei residui anionici e provocando inoltre l’accumulo di questi nel ciclo delle acque. Durante la formazione, come già visto, questi depositi resteranno principalmente nelle tubazioni provocando effetti negativi come macchie, buchi e frequenti rotture. Le conseguenze negative sull’efficienza dei coadiuvanti della ritenzione, sono dovute alle reazioni di neutralizzazione tra residui anionici e questi componenti che in seguito a tale reazione possono divenire completamenti inefficaci. Questo renderà inattivi i residui anionici, ma al costo di un maggior consumo di addittivi. L’inattivazione di queste sostanze, deve essere un obiettivo fondamentale, che può essere raggiunto attraverso l’impiego di sostanze assorbenti, come la bentonite, oppure con l’ausilio di promotori cationici. Lavorando in ambiente acido il miglior fissativo è l’Allume, mentre a pH alcalini è meglio utilizzare un cationizzante fissativo sintetico. Disperdenti Sono prodotti chimici di natura organica o inorganica che favoriscono la dispersione di alcune sostanze di origine vegetale (resina della collatura della carta) oppure minerale (caolini ecc.). La loro azione evita la formazione di agglomerati grossolani facile da verificarsi sotto l’azione di fattori chimici e meccanici, favorendo il processo di collatu- 37 La ritenzione ra della carta, permettono inoltre di ottenere una migliore dispersione delle cariche nell’impasto, con conseguente miglioramento delle caratteristiche qualitative. C.M.C. (Carbossimetilcellulosa) La carbossimetilcellulosa (CMC) è prodotta dalla cellulosa mediante una reazione di eterificazione. La CMC è un polimero anionico e per questo si comporta in soluzione acquosa, da polielettrolita. Ne consegue che le caratteristiche di solubilità della CMC variano notevolmente in funzione della forza ionica della soluzione e della natura chimica dei cationi presenti nell’impasto fibroso. È necessario valutare sperimentalmente la compatibilità della CMC, dato che sono molte e di diversa natura le specie chimiche presenti nell’impasto. L’aggiunta di CMC agli impasti fibrosi viene usata poiché favorendo il rigonfiamento della fibra accelera la raffinazione. La diminuzione di raffinazione meccanica, oltre a un risparmio energetico, consente di ottenere carte maggiormente opache, diminuendo in generale i fenomeni di trasparenza. La CMC migliora poi la resistenza alla penetrazione dell’inchiostro e la resistenza allo strappo superficiale. La presenza di allume diminuisce tutte queste caratteristiche, ma crea per precipitazione della CMC dei sali complessi dell’alluminato, aumentando le caratteristiche fisico-meccaniche della carta e migliorando la ritenzione di fini e cariche. I sovradosaggi di CMC sono da evitare in quanto portano ad un appiattimento dei risultati e causano un notevole abbassamento del potenziale Z con tutte le relative conseguenze. 38 La ritenzione 4. Come operare in cartiera per ottimizzare gli interventi chimici 4.1 Preparazione e punti di dosaggio dei ritentivi I ritentivi sono una classe di prodotti di larghissimo uso nell’industria cartaria, venduti essenzialmente in due diverse forme: polvere ed emulsione. I ritentivi in polvere, pur consentendo un maggiore vantaggio economico, presentano maggiori difficoltà ai fini del dosaggio in continuo, rispetto a quelli in emulsione e liquidi. La diluizione della soluzione è essenziale affinché il ritentivo si disperda omogeneamente nell’impasto, inoltre se possibile va scelta acqua fresca con meno di 20 ppm di solidi e con un basso contenuto biologico, evitando così la formazione di limo nel circuito di preparazione e dosaggio. Normalmente gli agenti ritentivi vengono dosati mediante pompe dosatrici, e la concentrazione e il punto di aggiunta vanno valutati di volta in volta; in generale, comunque, devono essere tali da permettere un tempo di contatto idoneo ed una agitazione sufficiente evitando forze di taglio troppo elevate che comportano la rottura dei microfiocchi in formazione. Anche il punto e il sistema di aggiunta, sono molto importanti per garantire una buona miscelazione degli agenti ritentivi. 4.2 Effetti sul ciclo delle acque Tutte le considerazioni economiche e tecnologiche fatte in precedenza, hanno chiarito che le parti fini, cariche e fibre, non trattenute nell’impasto, sono tutt’altro che un materiale da scartare. La crescente necessità di adeguarsi alle normative in materia ambientale in combinazione con l’incremento dei costi delle materie prime, ha spinto molte cartiere a considerare la chiusura dei cicli. L’acqua proveniente dalla tela di formazione per scolamento del foglio di carta, viene definita “acqua bianca” a causa della tinta biancastra derivante dalle particelle di carica e di fibra in sospensione. Il contenuto in fini e cariche nelle acque bianche, come già visto ampiamente in precedenza, dipende da molte condizioni sia chimiche che meccaniche. Nel sottotela vengono raccolte separatamente le acque che scolano dalla prima parte della tela, ”prime acque” quelle cioè corrispondenti al Forming boards e ai primi foils, mentre l’acqua proveniente dalla seconda parte è detta “seconde acque”. 39 La ritenzione Le prime acque sono le più ricche di materiali fini, e vengono subito riciclate, utilizzandole come acqua di diluizione dell’impasto denso in arrivo. Le seconde acque vengono convogliate in un silos, ed utilizzate in parte come acqua di diluizione e in parte sono mandate all’impianto di chiarificazione e recupero della fibra. Gli impianti di recupero possono essere a sedimentazione, a flottazione od a filtrazione. L’impianto maggiormente usato è costituito da un flottatore che ha il compito di massimizzare la deconcentrazione dell’acqua dai solidi sospesi e possibilmente dai colloidi a densità più elevata. Gli impianti di flottazione sono di diversi tipi e prendono il nome dall’inventore o dalle ditte costruttrici, ma seguono tutti un identico principio fondamentale. Le acque seconde provenienti dalla tavola piana, sono addizionate di aria pressurizzata convogliate in un serbatoio e ricevono in aggiuntai agenti di flottazione. Le bollicine d’aria che si formano inglobano le particelle sospese presenti nell’acqua in entrata portandole a galleggiare. Particolari sistemi sfioratori a rastrelli raccolgono il materiale flottato inviandolo al riutilizzo. Questo sistema non è esente da inconvenienti e, normalmente, non ha efficacia su alcune cariche minerali. L’acqua chiarificata nell’impianto di flottazione viene utilizzata in parte o totalmente, a seconda della chiusura del ciclo, come acqua di carico e diluizione negli impianti di spappolamento della cellulosa. È molto importante quindi, ottimizzare attraverso l’adozione di soluzioni chimiche e meccaniche, tutto il riciclo delle acque (ciclo delle prime, seconde acque) per soddisfare alcuni importanti parametri. - bassa salinità (conducibilità) - bassa domanda cationica - basso contenuto di fini. Alta salinità: - determina una riduzione del volume effettivo dei polimeri ad alto PM, attraverso l’arrotolamento della catena; - compete con il polimero per la formazione di legami; - provoca una schermatura dell’effettiva carica del polimero; - peggiora le proprietà ottiche; - peggiora i livelli di collatura; - peggiora la ritenzione single-pass; - provoca una crescita batterica abnorme; - causa fenomeni di corrosione. 40 La ritenzione Alta domanda cationica I sali disciolti contribuiscono ad aumentare la carica da neutralizzare; quindi si rende necessaria una maggior quantità di agente cationizzante per ottenere gli stessi valori di ritenzione. Alto contenuto di fini I fini hanno un’area superficiale molto elevata e quindi consumano un maggior quantitativo di flocculante; di conseguenza il trattamento di acque con un elevato contenuto di fini deve essere necessariamente maggiore. Circuito chiuso La chiusura del ciclo infatti, si traduce in una riduzione del carico inquinante in uscita, ma significa anche un notevole aumento di materiale disciolto nel circuito di testa macchina; chiudendo il ciclo tutti i problemi prima enunciati vengono amplificati e soprattutto si rende fondamentale l’utilizzo di un agente cationizzante per neutralizzare l’eccessivo incremento di domanda cationica. Inoltre non è possibile utilizzare PAC o allume come catinizzante, al fine di evitare la formazione di depositi. Rispetto ad un circuito aperto anche la cationicità del flocculante deve essere maggiore. La scelta di un amido, ad esempio, è determinata dal valore di salinità: più alta è la salinità, maggiore deve essere la cationicità dell’amido. 4.3 La ritenzione negli impianti di recupero Le particelle presenti nelle acque da trattare, solidi sospesi e colloidi, risultano idrate e caricate. L’idratazione e la carica danno luogo a forze repulsive tra le particelle, che impediscono loro di venire a contatto e di formare dei fiocchi. Onde permettere alle particelle di accostarsi e aggregarsi, negli impianti di recupero si utilizzano polimeri particolari che facilitano, a seconda dei casi, la flocculazione, la flottazione o la ritenzione, ma in ogni caso si tratta di prodotti che non devono pregiudicare la successiva riutilizzazione del recuperato nell’impianto, dato che si lavora ancora con materiali adatti per il reimpiego come materia prima. La conduzione di questi impianti e la scelta dei ritentivi deve essere fatta con molta attenzione. Nel caso si usino decantatori è necessario formare fiocchi grandi e pesanti, per facilitare la sedimentazione. Negli apparecchi a flottazione invece i fiocchi devono essere più leggeri e di dimensioni minori, per essere in questo modo trascinati a galla dalle bolle d’aria. 41 La ritenzione 5. Problemi di macchinabilità 5.1 Alcuni problemi di macchinabilità e relative cause - Bassa produzione - Elevato consumo di vapore - Rotture - Buchi, macchie - Usura tele e feltri - Tele, feltri intasati Basso drenaggio parte umida Basso drenaggio parte umida Presse sporche, scarsa ritenzione, tiri Formazione di depositi, scarsa ritenzione Scarsa ritenzione Scarsa ritenzione 5.2 Controllo del potenziale zeta Abbiamo già visto come il controllo del potenziale zeta è di fondamentale importanza nell’ottimizzazione del processo di produzione. Il modo migliore per valutare gli effetti di una sostanza aggiunta all’impasto è quello di misurare il potenziale zeta immediatamente dopo l’aggiunta della stessa al sistema, naturalmente tenendo conto di tutte le altre variabili del processo. Se invece, come di norma accade in cartiera, aggiungiamo diverse sostanze in successione, ad esempio cariche, collanti, amido, ritentivi e solo dopo l’ultima aggiunta misuriamo il potenziale zeta, il giudizio sugli effetti delle sostanze e quindi sulla validità delle stesse è molto difficile poiché si producono una serie di reazioni colloidali non note. Nel preparare un impasto occorre per prima cosa predisporre con accuratezza l’ordine di aggiunta dei diversi ausiliari, in base alla presunta influenza sul potenziale delle fibre. Operando empiricamente è possibile, alla fine del nostro lavoro, notare come l’aggiunta di un solo ausiliario alteri il sistema riportando in sospensione quanto avevamo prima depositato sulla fibra. Attraverso il controllo del potenziale zeta dobbiamo evitare di creare una eccessiva flocculazione, che avrebbe un effetto negativo per la formazione e d’altra parte non dobbiamo eccedere, per ottenere una buona speratura nel mantenere il nostro sistema in uno stato deflocculato, negativo ai fini della ritenzione Metodi di determinazione della carica (PZ) 1. Mobilità elettroforetica 2. Potenziale/corrente di flusso 3. Elettrodialisi 42 La ritenzione 5.3 La presenza di schiuma Il problema della formazione della schiuma e del suo abbattimento ha un importanza notevole ai fini della qualità finale della carta. La schiuma si forma quando nell’impasto si è dispersa una certa quantità di aria o anidride carbonica. La presenza di schiume può essere dovuta ad agitazione eccessiva dell’impasto, al conglobamento d’aria proveniente dalle tenute delle pompe, alla presenza di sostanze tensioattive, al pH basso. I principali problemi che ne derivano sono: - cattiva formazione, decisamente nuvolosa, dovuta alla migrazione di aria; - difetti, dovuti alla formazione di bolle superficiali;. - indebolimento delle caratteristiche meccaniche, per l’interposizione di aria tra le fibre; - effetti negativi sul drenaggio, dovuti alla difficoltà che incontra l’acqua a attraversare il manto fibroso; - flottazione di alcuni pigmenti, sospinti dall’aria inglobata nell’impasto. Per risolvere questi problemi, bisogna limitare l’ingresso di aria nell’impasto, evitando cadute libere dell’impasto e nei circuiti delle acque di ritorno, minimizzare le turbolenze, controllare le tenute delle varie pompe. Una delle soluzioni migliori per ovviare a questo problema è quello di dotare l’impianto di un sistema di deareazione sotto vuoto (Deculator). Gli agenti antischiuma, possono avere formulazione chimica e azioni differenti; si distinguono infatti in antischiuma e abbattischiuma a seconda che prevengano o abbattano la presenza di schiume. Nel primo caso, vengono aggiunti all’impasto durante le fasi di preparazione, nel secondo caso l’aggiunta viene fatta quando c’è la formazione di schiume. Considerando le molteplici cause di schiuma, è necessario stabilire con prove pratiche, sia il quantitativo ideale da impiegare, che le possibili diluizioni dell’anti-schiuma, e il punto di aggiunta ottimale. Bisogna ricordare inoltre che le quantità di antischiuma dosate, specialmente per i tipi oleosi, devono essere le più basse possibili al fine di evitare drastici peggioramenti della collatura. 5.4 Il riutilizzo di fogliacci patinati Il riutilizzo dei fogliacci patinati nel processo di fabbricazione comporta un forte carico ionico aggiuntivo, per il ciclo di macchina, originato da leganti naturali sintetici, pigmenti e disperdenti. I principali problemi dovuti ai fogliacci patinati sono: 43 La ritenzione - Trash anionico: è dovuto ai componenti delle patine caricate negativamente, che influenzano i meccanismi chimici del processo. Questo problema è risolvibile controllando attraverso uno strumento che misurai il potenziale zeta, la ionicità dell’impasto fibroso proveniente dallo spappolamento dei fogliacci, correggendo l’eventualmente con l’uso di cationizzanti (solfato di alluminio oppure sostanze ad alta carica cationica). - Peci bianche: il problema è dovuto ai lattici naturali e sintetici contenuti nelle carte patinate. I lattici durante lo spappolamento creano degli agglomerati peciosi che provocano rotture in macchina continua e l’intasamento di tele e feltri. Questo problema è risolvibile solamente nella fase di formulazione dei lattici. 44 La ritenzione 6. Problemi sul prodotto finito e in fase di stampa 6.1 Alcuni problemi sul prodotto finito, in fase di stampa e relative cause - Perdita di collatura ⇒ scarsa ritenzione colla - Poco liscio ⇒ scarsa ritenzione di fini e cariche - Spelatura / spolvero ⇒ scarsa ritenzione di fini e cariche - Brutta formazione ⇒ sovraflocculazione - Buchi da limo / macchie di sporco ⇒ cattiva ritenzione delle particelle - Opacità / bianco ⇒ scarsa ritenzione di fini e cariche 6.2 Il doppio viso È essenzialmente dovuto alla differente distribuzione degli elementi componenti l’impasto fibroso nello spessore del foglio di carta. Si può infatti osservare, sezionando un foglio, che il lato tela contiene in prevalenza fibre lunghe (ceneri 3-4 %), mentre il lato ballerino è composto essenzialmente da fibre corte e da cariche (ceneri 6-7%), si crea cioè una dissimetria di composizione che causa differenze superficiali tra il lato tela e ballerino. Il lato tela assume una struttura più aperta e porosa, più povera di particelle fini e di carica minerale e quindi presenterà, rispetto al lato feltro, valori di rugosità, assorbenza e resistenza allo strappo superficiale più elevati e una tendenza allo spolvero e un grado di bianco inferiori. Il doppio viso si crea sulla tavola piana ed è causato essenzialmente dalla perdita di parti fini, che la parte inferiore del foglio a contatto con la tela subisce per effetto del drenaggio sulla tavola piana. È inoltre dovuto alla minore velocità di sedimentazione delle fibre fini che tendono a rimanere nella parte superiore della carta, ed è infine influenzato dall’effetto filtrante del contesto fibroso stesso che produce lo stesso risultato. Nella produzione di carte colorate, il difetto del doppio viso è ancora più evidente, e bisogna perciò fare molta attenzione durante queste fabbricazioni. A differenza dei fini derivati dalla raffinazione, che sono sempre fortemente colorati e che quindi aumentano la tinta sul lato ove sono in maggior quantità, le cariche tendenzialmente riducono la resa tintoriale e si colorano solamente in presenza di coloranti cationici. Durante la formazione, come già visto, le cariche assieme ai fini restano in maggior quantità sul lato feltro. Nel caso di cariche non colorate il doppio viso si riduce per compensazione al minimo, quando però questo bilanciamento non avviene perché le cariche stesse si sono colorate il doppio viso si amplifica. Si de- 45 La ritenzione ve, in questo caso, ridurre il fenomeno intervenendo sul contenuto delle cariche e soprattutto sull’intensità di colorazione delle stesse. Si può regolare la colorazione delle cariche aggiungendo un agente cationizzante. La non colorazione attraverso l’adozione di un cationizzante non deve essere eccessiva, per non interessare le fibre, con conseguente perdita del colore nelle acque. Il fenomeno sarà più marcato se la tinta è intensa perché vi sarà più colorante fissato che può essere lavato via. Gli interventi che il cartaio può effettuare sulla tavola piana per ridurre gli effetti di lavaggio sono: tela più chiusa, minor quantitativo d’acqua sulla tavola piana, velocità meno spinta della continua, ma soprattutto il difetto del doppio viso è risolvibile con l’ausilio di un buon sistema ritentivo, che permette di ottenere una distribuzione verticale omogenea, una migliore capacità drenante e una drastica diminuzione di perdita dei fini. 6.3 Speratura (formazione) È una delle caratteristiche più importanti della carta, molto dipendente dalla ritenzione e dall’uso di ritentivi. L’occhio esperto di un cartaio, riesce guardando la carta in trasparenza a ricostruirne la storia, ossia la natura dell’impasto di provenienza, la raffinazione, la ritenzione e in generale la qualità della speratura. La valutazione di speratura è naturalmente soggettiva, ed è per questo che sono entrate in uso apparecchi che consentono di fare una misura quantitativa della speratura. La speratura si può definire come l’aspetto che un foglio di carta presenta quando è posto di fronte ad una sorgente luminosa ed è esaminato per trasparenza. Si potranno rilevare infatti fiocchi di fibre, di dimensioni più o meno grandi, che rendono la carta più spessa in tali zone e che si manifestano come macchie più scure rispetto alle zone in cui lo spessore della carta è più sottile. Rappresenta quindi il modo in cui le fibre sono legate nel contesto fibroso. Non bisogna infatti dimenticare che il materiale fibroso è più o meno flessibile, per cui esso ha la tendenza a interagire e ad aggregarsi in fiocchi di dimensioni variabili che permangono anche nel foglio finito. Questa tendenza è massima quando lavoriamo con impasti a fibra lunga poco raffinata, nel qual caso si ha una speratura nuvolosa, come avviene ad esempio per le carte di tipo Kraft. Se invece le fibre sono corte e l’impasto ha subito la raffinazione, la speratura è più uniforme. Se la speratura riveste un’importanza trascurabile in talune carte, come quelle per la fabbricazione di sacchi, in altri tipi di carta, come quelle da scrivere o da 46 La ritenzione stampa, una insufficiente speratura può dare origine ad inconvenienti di vario genere. Analizziamo ora alcuni significativi esempi di speratura della carta. - Speratura nuvolosa o a chiazze Dove punti più scuri si alternano irregolarmente a punti più chiari. Questo aspetto è dovuto alla formazione di aggregati di fibra a causa dei motivi sopra esposti, oppure può essere dovuto all’uso di ritentivi non adatti o con concentrazioni sbagliate. Anche l’uso di fogliacci non sufficientemente lavorati può dare questo aspetto alla carta. - Viene definita speratura ridente quando si alternano strisce più scure con altre più chiare e possono essere linee chiaro scuro longitudinali oppure linee chiaro scuro trasversali. - Vengono definiti pin-holes o punte di spillo, generalmente presenti nelle carte sottili, dei micro-forellini dovuti a problemi di drenaggio sulla tavola piana. Questi problemi di speratura possono dare origine a numerosi inconvenienti (es. grinzature) sia nei successivi trattamenti superficiali e in genere in tutte le fasi di utilizzazione e stampa della carta. Per evitare o limitare questo difetto bisogna agire sulla raffinazione, sulla densità in cassa d’afflusso, variando la posizione della linea d’acqua, modificando il rapporto di velocità pasta/tela e con l’adozione di sistemi ritentivi che hanno come obbiettivo la produzione di microfiocchi, evitando così la formazione nuvolosa causata dai fiocchi troppo grandi. 6.4 Migrazione di patina La patinatura consiste nell’applicazione di uno o più strati di patina sulla superficie del foglio di carta, allo scopo di migliorarne l’aspetto superficiale e la stampabilità. La carta su cui si applica la patina prende il nome di supporto da patinare e la sua composizione fibrosa varia dai tipi con solo cellulosa a quelli con prevalenza di macero o pasta legno. Le caratteristiche di questo supporto, naturalmente legate alla ritenzione, dipendono dalle caratteristiche peculiari del prodotto applicato e dal processo di applicazione. 47 La ritenzione Vediamo ora quali sono i parametri più importanti che caratterizzano i supporti da patinare: - porosità e liscio: dipendente dal tipo di impasto e dalla raffinazione, regolano l’assorbimento e l’uniformità di patina applicata; - umettabilità: dipende dal tipo e dal grado di collatura del supporto, regola la penetrazione della parte acquosa della patina nel supporto e quindi la capacità di legarsi ad esso. - formazione, profilo di spessore e di grammatura uniformi: solo l’uniformità di tutti questi parametri consente di ottenere uno strato di patina con dimensioni e caratteristiche omogenee, tali da consentire un buon comportamento durante le fasi di stampa. 6.5 Tendenza allo spolvero Il difetto di spolvero è dovuto alla presenza di particelle, quali frammenti di fibre o di carica minerale, scaglie di patina non sufficientemente legate alla superficie della carta, che si distaccano da essa durante le operazioni di trasformazione e di stampa. La polvere che si forma va a depositarsi sulle varie parti delle macchine da stampa, provocando oltre a difetti di stampa anche gravi danneggiamenti alla superficie della forma stampante. Questa tendenza allo spolvero può essere contenuta con l’aggiunta nell’impasto di leganti, amido, C.M.C, oppure mediante collatura superficiale. 6.6 Liscio La superficie della carta, anche quella meglio livellata, presenta sempre delle irregolarità. Se la carta non è patinata, queste irregolarità sono dovute a fibre o aggregati di fibre che formano la trama superficiale, nel caso di carta patinata, le irregolarità sono rappresentate dalle caratteristiche reologiche della patina, dall’assorbenza del supporto e dal sistema di applicazione adottato. Il liscio dipende dalla composizione dell’impasto: le carte di cellulosa al solfito sono più lisce di quelle di cellulosa al solfato, perché il foglio è più elastico quando è umido; la pastalegno permette di ottenere mediante calandratura alti livelli di liscio, lo stesso effetto si ottiene attraverso un elevata ritenzione di particelle fini e cariche. Un elevato grado di liscio permette infatti un contatto completo con la forma stampante al momento in cui avviene il trasferimento dell’inchiostro dalla forma alla superficie della carta, innalzando in questo modo il livello qualitativo della stampa. 48 La ritenzione 7. Benefici di un programma di ritenzione di qualità Analizziamo ora alcuni fra i molteplici vantaggi di una buon programma di ritenzione suddividendoli per quanto possibile per area di interesse. 7.1 Migliore macchinabilità - Eliminazione dal ciclo delle acque di tutte le sostanze chimiche di disturbo, con tutti i problemi connessi. - Un circuito delle acque più pulito, perché meno carico è meno pronto a innescare depositi meccanici e successivamente microbiologici, e quindi minori frequenze di rotture e difettosità nella carta e migliore macchinabilità. - Miglioramento della qualità dell’effluente dopo ogni trattamento perché con la riduzione del carico di solidi in entrata si aumenta l’efficienza degli impianti. - Maggiore diluizione in cassa d’afflusso. - Profilo di umidità migliore. - Riduzione del BOD dell’acqua per la minor quantità di fibre contenute nelle acque. 7.2 Aumento di produzione - Accelerazione del drenaggio, più rapido essiccamento. 7.3 Risparmio energetico/generale - Risparmio di materia prima e additivi vari. - Maggiore vita della tela. - Il drenaggio accelerato riduce il consumo di vapore. - Impiego di fogliacci e fibre scadenti. 7.4 Qualità del prodotto - Migliore distribuzione delle ceneri. (doppio viso, bianco, collatura, opacità, cere denninson). - Migliore formazione del foglio più chiusa e uniforme. 49 La ritenzione 7.5 Come valutare i benefici di un programma di ritenzione Direttamente: - ritenzione totale / ritenzione singolo passaggio; - produzione totale; - consumo di vapore; - qualità della carta. Indirettamente: - vita delle tele e dei feltri; - minore azione corrosiva; - diminuzione del carico inquinante; - utilizzo di fogliacci con alto contenuto di ceneri. 50 La ritenzione Bibliografia • J.C. Roberts - “Paper Chemistry” (Chapman & Hall) • AA.VV. - “Introduzione alla fabbricazione della carta” (Aticelca) • Documentazione “NALCO Italia” (dott. Giandomenico Cagnola) • Documentazione “AKZO NOBEL” (dott. Franco Faleschini) • Documentazione “HUYCK Europe ”