prefazione - PreludioMusic

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prefazione - PreludioMusic
PLS23314
Johann
Sebastian
Bach
LE
SUITES
PER
VIOLONCELLO
Trascrizione
e
diteggiatura
a
cura
di
Cherici
Realizzazione
grafica
della
copertina:
Clarissa
Cozzi
Proprietà
per
tutti
i
Paesi
Preludio
srl
edizioni
musicali
20125
Milano
-­
Viale
Monza
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PREFAZIONE
Dedicarsi alla trascrizione delle Suites per violoncello di Bach pone non pochi problemi in ragione delle
difficoltà che affiorano nel tentativo di redigere una nuova versione che preservi la coerenza dell’originale nel
rapporto tra scrittura e strumento. Un primo approccio ci porterebbe a prendere in considerazione la possibilità
di predisporre un’armonizzazione, procedimento questo che troverebbe una sua legittimazione in riferimento
alla concezione musicale del Settecento che fa del basso e dell’armonia che da esso si origina gli elementi
fondanti della struttura compositiva. Tuttavia, relativamente allo stile di Bach, una trascrizione che consideri
le sole implicazioni armoniche della scrittura rischia un esito riduttivo. Le architetture bachiane risultano
infatti ben più complesse e, pur inglobando in maniera esemplare la teoria armonica settecentesca, la dispiega
all’interno di una visione dove la componente contrappuntistica diviene l’elemento costitutivo di un
linguaggio che non rigetta l’eredità musicale delle epoche precedenti. Questo è tanto vero che, anche nei Soli
per violino e violoncello, Bach non rinuncia a imprimere una marcata impronta contrappuntistica a opere dove
la scelta stessa dello strumento per cui sono concepite, con i suoi limiti oggettivi, avrebbe piuttosto suggerito
una scrittura affrancata da pretese polifoniche. Ma Bach è il compositore delle sfide estreme, che vanno da
opere come l’Arte della Fuga dove l’elaborazione contrappuntistica sviluppa complessità ai limiti del
credibile, a opere come appunto i Soli per violino e violoncello che conseguono il risultato, pure ai limiti del
credibile, di condensare su una sola linea una virtuale composizione “a più voci”. Ne risulta un organismo
musicale estremamente articolato e complesso, in cui una nuda melodia si muove con rapide virate in registri
diversi allo scopo di richiamare parti tra loro correlate e dialoganti come in un contrappunto reale. Ma c’è di
più. A Bach riesce anche il miracolo di integrare nello sviluppo melodico le note che ne definiscono la base
armonica, producendo in tal modo una struttura musicalmente compiuta.
Da questa breve premessa, credo che emergano con evidenza i nodi problematici riferibili alla trascrizione di
queste opere. Ora, se prendiamo in considerazione la produzione bachiana nel suo complesso, constatiamo
innanzitutto la presenza di opere che testimoniano come l’esercizio della trascrizione fosse da Bach
largamente praticato sia come revisione che come adattamento di opere proprie o di altri autori. Dall’analisi di
questi lavori risulta che in Bach la trascrizione porta ad un ripensamento del brano, quasi sempre rielaborato in
rapporto alle possibilità dello strumento a cui sono destinate. Grazie a queste trascrizioni possiamo di
conseguenza cogliere i criteri che Bach adottava in questo genere di lavori. A tale riguardo, torna
estremamente utile a titolo esemplificativo la Suite per violoncello BWV 1011 in do minore trasposta per liuto
in sol minore (BWV 995). Mettendo a confronto le due versioni possiamo in sintesi constatare quanto segue
(segnalo che la versione per violoncello appartiene agli anni di Köthen, compresi tra il 1717 e il 1723, mentre
l’adattamento liutistico si colloca negli anni di Lipsia, presumibilmente intorno al 1730):
- non emerge, almeno in questo caso, una pretesa tonale legata al carattere della composizione, la scelta della
tonalità è semmai riferita all’accordatura dello strumento al fine di ottimizzare la resa esecutiva. Si giustifica
in tal modo il cambio di tonalità da do minore a sol minore;
- la rielaborazione compositiva segue criteri molto elastici che tengono conto della scrittura del singolo brano.
Nella parte introduttiva del Prélude, in rapporto alla versione violoncellistica, quella per liuto dilata la
componente armonica e al tempo stesso amplia ed esalta il ruolo del pedale, sdoppiato su due livelli a distanza
di ottava allo scopo di sfruttare al massimo il registro grave dello strumento e di ottenere un effetto di
profondità prospettica. Nel successivo Tres viste le integrazioni, su una scrittura lineare che già di suo
configura serrati avvicendamenti di registri, disegnano una seconda voce che svolge una marcata funzione al
tempo stesso contrappuntistica, armonica e ritmica. Il carattere di divagazione in stile francese a metà strada
tra ouverture, aria e recitativo dell’Allemanda si concreta nella versione liutistica in un incremento
dell’armonia coerentemente con le risorse che offre lo strumento. Nelle Courante, Gavotta I e II e Gigue la
linea del basso aggiunta da Bach definisce le spinte tonali mantenendo tuttavia anche una sua precisa
autonomia melodica e risultando di conseguenza contrappuntisticamente ben individuata. Solo nella
Sarabanda viene ribadita pressochè integralmente la versione per violoncello, essendo già perfettamente
compiuta nel rapporto tra canto e basso.
Partendo da queste osservazioni, ritengo che sia lecito provare ad affrontare la trascrizione di queste opere
proponendo interventi mirati in relazione al carattere del brano, ovviamente facendo riferimento
costantemente alla ricca e articolata grammatica musicale bachiana strettamente ancorata, pur nella precisa
definizione delle funzioni tonali, a una concezione che mette il contrappunto a fondamento della struttura
II
compositiva. In questo caso però si tratterà di un contrappunto orientato ad una elaborazione della parte
aggiunta nello stile del “basso diminuito (passeggiato)”, luogo tipico di molta produzione settecentesca e
assunto anche da Bach come norma per imprimere al basso una marcata valenza melodica ponendolo in
maggiore evidenza nel dialogo con la voce superiore. Relativamente alle Suites per violoncello, tale artificio è
soprattutto funzionale alle allemande, ed è proprio in questa direzione che mi sono mosso prendendo a
modello la scrittura delle allemande bachiane concepite per tastiera. Tuttavia, anche negli altri movimenti di
danza è possibile muovere il basso in maniera che rimanga melodicamente meglio individuato. In brani rapidi
come le gighe invece il basso proposto svolge prevalentemente una funzione armonico-ritmica. Nelle
sarabande ho soprattutto privilegiato la componente armonica, cercando di assecondare un’intenzione che,
sull’esempio di altre sarabande bachiane, prova ad esplorare le possibili concatenazioni armoniche che
possono originarsi dalla linea violoncellistica senza tuttavia trascurare le eventuali implicazioni
contrappuntistiche ad essa correlate. In definitiva, considerando queste trascrizioni nel loro complesso, ho
cercato di valutare di volta in volta la soluzione che in termini musicali conseguiva a mio avviso una maggiore
coerenza con quanto Bach ci ha esemplificato in opere affini concepite in particolare per strumenti a tastiera.
In conclusione, vorrei sottolineare che la trascrizione di queste opere, sebbene abbia presentato non poche
difficoltà, mi ha anche coinvolto permettendomi di toccare con mano la profondità del pensiero compositivo
bachiano che, con riferimento ad una rinnovata elaborazione strumentale, impone un estremo rigore pena il
rischio di comprometterne l’equilibrio formale. Di conseguenza, risulterà spero comprensibile, soprattutto a
quanti si siano in qualche misura confrontati con l’esercizio della trascrizione di opere bachiane, se nel corso
di questo lavoro siano inevitabilmente affiorati dubbi su scelte che forse avrebbero potuto essere orientate
diversamente. Dal mio punto di vista considero però ogni trascrizione un processo in fieri e quindi, sebbene
pubblicato, questo lavoro configura solo parzialmente un esito conclusivo. In futuro non escludo perciò di
procedere ad una rivisitazione aggiornata di questi capolavori.
Relativamente ai criteri trascrittivi, mi sono prevalentemente orientato, ad eccezione della V Suite,
all’utilizzo della III corda in fa# anziché in sol, e questo non tanto per recuperare l’accordatura del liuto in
ossequio ad una astratta pretesa filologica, quanto piuttosto per rendere queste trascrizioni più facili da un
punto di vista tecnico. La III corda in fa# è più funzionale infatti alla scrittura settecentesca e, alleggerendo le
difficoltà, consente di ottimizzare l’esito esecutivo nel suo complesso. Queste trascrizioni sono comunque
realizzabili con qualche lieve adattamento anche con la III corda in sol e quindi, chi lo vorrà, potrà eseguirli
con una chitarra normalmente accordata. Per quanto concerne le diteggiature e la disposizione delle legature,
le scelte proposte hanno una valenza puramente indicativa e intendono più che altro suggerire dei gesti
esecutivi coerenti con un’idea di fraseggio riferita allo stile settecentesco. Le opzioni possibili in questo
ambito sono però innumerevoli. Di conseguenza, penso sia opportuno che ognuno valuti in che misura le
indicazioni espresse in edizione siano funzionali al proprio gusto interpretativo per procedere poi ad eventuali
revisioni e modifiche. Infine, con riferimento agli abbellimenti, ho riportato quelli presenti nelle fonti, anche
se la loro collocazione in qualche caso risulta chitarristicamente poco funzionale. È noto tuttavia che la prassi
barocca degli abbellimenti lascia un largo margine di intervento all’esecutore, che potrà quindi ometterli o
aggiungerne altri a sua discrezione*.
Milano, dicembre 2013.
Paolo Cherici
*Vorrei esprimere un sincero ringraziamento all’amico e collega Fabio Spruzzola per il paziente lavoro di
revisione a cui ha assolto con la consueta cura e attenzione.
III
PREFACE
Transcribing Bach’s cello Suites is a highly complex process because of the difficulties deriving from the
creation of a new version that preserves the coherence of the original in the relation between writing and
instrument. A first possible approach would lead to put in place a harmonisation, a procedure that would be
legitimate if referred to the musical understanding of the 1700s which put the bass and the harmony
originating from it at the centre of the composition structure. In the case of Bach’s style, a transcription that
only considers the harmonic implications in the writing could however lead to oversimplification. Bach’s
architectures are indeed much more complex and, though including 18th-century harmonic theory in an
exemplary way, they are integrated into a broader vision where the counterpoint component becomes the
founding element of a language that is not rejecting the previous musical legacy. Even in the violin and cello
Soli does Bach apply a clear counterpoint signature to works where the actual choice of the instrument for
which they are conceived, which has its own limitations, would have led more likely to a writing free from
polyphonic claims. Bach is nonetheless the composer of extreme challenges, ranging from works such as Arte
della fuga, where the counterpoint elaboration becomes incredibly complex, to others such as indeed the violin
and cello Soli, which reach the likewise extraordinary objective of condensing on one single line a virtual “a
più voci” composition. The result is a musical entity of an extremely compound and complex nature, with a
naked melody moving in sudden bends into different registers with the aim of recalling related and interacting
structures as in a real counterpoint. But there is more. Bach also manages the miracle of integrating in the
melody development the notes that define the harmonic base, thus producing a structure that is musically
complete.
Following this short introduction, I believe the relevance of the issues related to transcribing these works is
evident. If we now look at Bach's production more in general, works will emerge testifying how transcribing
was largely carried out by the author himself, as a review but also as an adaptation of his own works or those
of others. The analysis of such works shows what transcribing meant to Bach: re-thinking the piece, almost
always re-elaborating it in relation to the resources of the chosen instrument. Such transcriptions facilitate the
understanding of the criteria Bach adopted in this type of works. Bach's transcription for lute in G minor
(BWV 995) of his Suite BWV 1011 in C minor for cello is a perfect and useful example of this. A comparison
of the two versions shows the following (I would like to point out that the cello version belongs to the Köthen
years, between 1717 and 1723, while the lute adaptation to the Leipzig years, likely around 1730):
- a preset tone linked to the composition character is not to be found, at least in this case: the choice of the key
is if anything linked to the instrument tuning, with the aim of optimising the performance. Thus the key
change from C minor to G minor is justified;
- the composition re-elaboration follows very flexible criteria considering the writing of the specific piece.
In the introductive part of the Prélude, the lute version, compared with the cello one, expands the harmonic
component while also developing and highlighting the role of the pedal, put on two levels at a one-octave
distance with the aim of making the most out of the low register of the instrument and obtaining perspective
depth. The additions to the following Tres viste, whose linear writing already creates close register changes,
form a second voice with a marked function, pertaining to counterpoint, harmony and rhythm at the same
time. In the lute version, the French-style digression character of the Allemanda, halfway between ouverture,
aria and recitative, takes on the quality of an increase in the harmony as permitted by the instrument. In
Courante, Gavotta I and II, and Gigue the bass line added by Bach defines the tonal thrusts while preserving a
precise melodic autonomy and therefore resulting well defined on the counterpoint side. Only in the
Sarabanda is the cello version reiterated almost in its entirety, since it was already accomplished in the!
relation between melody and bass.!!!
Starting from these considerations, I believe it is possible to try and face the transcribing of these works
recommending interventions focused on the character of the piece, keeping of course in mind at all times
Bach’s multifaceted musical grammar, strictly linked to the concept of the counterpoint as the base of the
composition structure – though tonal functions remain clearly defined. The counterpoint, in this case, will
however be used to elaborate the additions in a “basso diminuito (passeggiato)” style, typical of the 1700s and
also employed by Bach as norm to give the bass a defined melodic meaning, thereby highlighting it in the
dialogue with the upper voice. In the case of the Suites for cello, such mechanism is particularly relevant in the
allemandes, and this is precisely the path I have chosen, deriving my inspiration from the structure of Bach’s
IV
allemandes for keyboard. Nonetheless, also in the other dance movements the bass can be moved for it to be
melodically more defined. In rapid pieces such as the jigs, the bass has on the contrary a mostly harmonicrhythmic function. In the sarabands I chose to highlight the harmonic component, trying to follow the idea –
based on the example of other Bach’s sarabands – of exploring the harmonic concatenations that could
originate from the cello line, never neglecting though the possible counterpoint implications related to it. As a
conclusion, considering such transcriptions in their entirety, I tried to find each time the musical solution that,
in my opinion, was most coherent with what Bach exemplified in similar works, in particular those for
keyboard instruments.
As a last remark, I would like to underline that the transcription of such works, while very hard, was very
enjoyable and allowed me to reach the depth of Bach’s composing ideology, which imposes, referring to a
renewed instrumental elaboration, a high level of rigour, in order not to compromise the formal balance.
Therefore I hope it will be understandable, especially by those who already undertook transcribing Bach’s
works, that, following doubts emerged during the process, I sometimes had to make choices which could have
indeed be different. Personally I always consider transcribing as an on-going process and therefore this work
of mine, though published, represents only partially a final outcome. It is therefore possible that, in the future,
I will choose to update my re-examination of these masterpieces.
As for the transcribing criteria, with the exception of the V Suite I always chose to make use of the 3rd
string in F# instead of G, and this was not for recovering the lute tuning according to an abstract philological
presumption, but rather for rendering the transcriptions easier from a technical point of view. The 3rd string in
F# is indeed more functional to the 18th-century writing and, by making it easier, it allows a better
performance in general. Nonetheless such works, with a few little adaptations, can also be done with the 3rd
string in G, which means that it will be possible to perform them with a standard-tuned guitar. Concerning
fingering and the disposition of slurs, the proposed solutions are only a suggestion as they aim at
recommending execution gestures that are coherent with the phrasing of the 1700s. The number of possible
options in this field are nonetheless countless. Subsequently, I believe everyone should consider to which
extent my suggestions are compatible with one’s own interpretative taste, allowing revisions and changes.
Finally, regarding embellishments, I reported those existing in the sources, even though their collocation in
some cases would be clearly not very functional for guitars. It is however universally known that the baroque
practice of embellishments leaves space for consistent interventions by the performer, who will be therefore
able to dismiss them or to add further ones to their taste*.
Milan, December 2013.
Paolo Cherici
translated by Orietta Colombai
* I would like to specially thank my friend and colleague Fabio Spruzzola for the patient revision work which
he performed with the usual care and attention.
Frontespizio e Preludio della I Suite dal manoscritto di Anna Magdalena Bach
(Staatbibliothek Preussicher Kulturbesitz, Berlino, Ms P 269)
2
SUITE IN RE MAGGIORE BWV 1007
dall'originale in sol maggiore
III in fa
VI in re
Prélude
3
6
ossia
I
9
III
12
15
18
I
8
SUITE IN LA MINORE BWV 1008
dall'originale in re minore
III in fa
Prélude
V
III
5
9
I
I
13
III
17
21
25
II
III
I
14
SUITE IN LA MAGGIORE BWV 1009
dall'originale in do maggiore
III in fa
Prélude
V
4
IV
8
II
II
II
II
12
16
VII
VII
II
I
20
II
I
II
II
24
IV
28
32
II
36
IV
22
SUITE IN LA MAGGIORE BWV 1010
dall'originale in mi bemolle maggiore
III in fa
Prélude
II
5
II
II
11
17
II
23
II
29
I
II
35
41
47
IV
II
IV
II
30
SUITE IN LA MINORE BWV 995 (1011)
conforme alla trascrizione realizzata da Bach per liuto (in sol min. BWV 995) dal violoncello (in do min. BWV 1011)
Prélude
4
V
II
9
13
II
VII
17
II
21
III
II
tres viste
24
28
VII
34
II
...la lira d’Orfeo...
Collana di musiche per il liuto e la chitarra a cura di Paolo Cherici
Edizioni per chitarra
Edizioni per liuto
Fernando Sor
Studi per chitarra – edizione integrale
Op. 6-29-31-35-44-60-Studi dal Metodo
Revisione e diteggiatura di P. Cherici
PLS23014
Johann Sebastian Bach
Opere scelte trascritte per liuto - Vol. I
“Lo stile italiano”
(BWV 989-1021-1023-1033-1034-1035)
Intavolatura per arciliuto in sol a cura di P. Cherici
Mauro Giuliani
Tre Sonatine op. 71
Revisione e diteggiatura di P. Cherici
Prefazione di Marco Riboni
PLS23114
La chitarra di Haydn
Trascrizioni dell’Ottocento di
Matiegka, de Fossa,Coste, Carulli, Giuliani
Revisione e diteggiatura di P. Cherici
Prefazione di Leopoldo Saracino
PLS23214
Johann Sebastian Bach
Opere scelte trascritte per chitarra
Le suites per violoncello
Trascrizione e diteggiatura di P. Cherici
PLS23314
Johann Sebastian Bach
Opere scelte trascritte per chitarra
Ciaccona
dalla Partita n. 2 in re min. per violino solo BWV 1004
Trascrizione e diteggiatura di P. Cherici
PLS22714
Non ti spiacqua l’ascoltar
Antologia dal libro di intavolatura di
Vincenzo Capirola (1517)
Trascrizione per chitarra a cura di P. Cherici
Prefazione di Pinuccia Carrer
PLS23414
Rose e Viole
Antologia dalle intavolature di
P. P. Borrono da Milano e Francesco da Milano
Trascrizione per chitarra a cura di P. Cherici
PLS23514
La chitarra di Schubert
Trascrizioni dell’Ottocento di
Mertz, Aleksandrov, Tarrega
Revisione e diteggiatura di P. Cherici
Prefazione di Nicoletta Confalone
PLS23614
Joseph Kreutzer
Quattro Trii op. 9 per flauto, violino e chitarra
Revisione di P. Cherici
Prefazione di Francesco Biraghi
PLS23714
PLS0307
Johann Sebastian Bach
Opere scelte trascritte per liuto – Vol. II
“Lo stile francese”
(BWV 820-821-822-823-832-992)
Intavolatura per arciliuto in sol a cura di P. Cherici
PLS6108
Johann Sebastian Bach
Le opere per liuto – Vol. III
(BWV 995-996-997-998-999-1000-1006a)
Intavolatura per arciliuto in sol a cura di P. Cherici
PLS23914
Johann Sebastian Bach
Opere scelte trascritte per liuto – Vol. IV
Le suites per violoncello
Intavolatura per arciliuto in sol a cura di P. Cherici
PLS24014
Johann Sebastian Bach
Opere scelte trascritte per liuto – Vol. IV
Le suites per violoncello
Trascrizione in notazione su doppio rigo
PLS24114
Non ti spiacqua l’ascoltar
Antologia dal libro di intavolatura di
Vincenzo Capirola (1517)
Revisione delle intavolature a cura di P. Cherici
Prefazione di Pinuccia Carrer
PLS24214
Rose e Viole
Antologia dalle intavolature
P. P. Borrono da Milano e Francesco da Milano
Revisione delle intavolature a cura di P. Cherici
PLS24314
PLS23314
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