Alienanti alienazioni

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Alienanti alienazioni
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Periodico di informazione dell’associazione Pan Kalon - PANICALE
Alienanti
alienazioni
spedizione in A.P. 70% - L. 662/96 - DCI/Umbria-Aut. Del Trib. Di Perugia N° 30/2001 del 31/10/2001- Dir. Resp. Luigina Miccio
Asta dei beni appartenuti al nostro Ospedale
Il giorno ventitré di marzo, presso la sede legale della USL n. 2 Umbria, ha
avuto luogo un’asta pubblica per l’alienazione di taluni fondi ubicati nella
zona Olmini del Comune di Panicale. Uno dei sette lotti in questione è un
fabbricato ex rurale con corte, gli altri sono terreni ricompresi in parte in zona
agricola ed in parte in zona edificabile. I beni in questione, fino alla istituzione delle USL ed alla conseguente soppressione dell’Ospedale di Panicale,
erano di proprietà di quest’ultimo, nato in tempi antichi per fornire cure ai
poveri ed agli infermi, e rappresentavano l’oggetto di lasciti di privati fatti
all’ente nel corso dei secoli. Queste generose donazioni erano elargite principalmente da panicalesi benestanti, o comunque da persone legate al paese,
che avevano il desiderio di contribuire alla prosperità della loro amata terra.
Come narrato da Gustavo Grifoni nelle “Memorie Istoriche su Panicale”, una
generosa benefattrice fu Giulia Caporali, la quale dispose un cospicuo lascito
con un testamento ricco di sagge disposizioni relative ai beni devoluti, fra le
quali : “Ordino che mai in alcun tempo infinito possano vendersi alienarsi
né meno permutarsi a causa e titolo di miglior comodità né per qualunque
altra causa”. Il Grifoni commenta che “da queste disposizioni apparisce
bene che Giulia Caporali diffidava degli amministratori, che in generale mal
corrispondono alla volontà dei testatori e benefattori”. Purtroppo i fatti dimostrano che mai preoccupazione fu più fondata. Duole pensare che pochissimo sia rimasto di quello che un tempo era patrimonio di Panicale e delle
sue Istituzioni, e quindi ricchezza dei suoi abitanti. Non sarebbe stata scelta
più giudiziosa quella di evitare la vendita dei terreni e di metterli a frutto in
altri modi? Magari facendoli coltivare per rifornire le mense scolastiche e la
cucina della casa protetta. In ogni caso sarebbe equo, nonché rispettoso delle
volontà delle defunte genti, che il denaro proveniente dalla vendita dei lotti
fosse reinvestito in servizi socio sanitari per gli abitanti di Panicale. Note
sono infatti le carenze del punto di erogazione della Salute, dove per garantire
il servizio del Cup ci si avvale del volontariato da parte della Pro Loco, e
dove si assiste ad una continua perdita di specialisti.
Silvia Fratini
Una data storica per Panicale
La chiesetta dei cappuccini sul colle
torna a vivere in nome del dialogo
In quella mattinata assolata del 14
marzo 2009 Panicale ha vissuto un
momento storico: l’inaugurazione del
completamento del restauro della chiesa di Santa Croce. Il sito è panoramico,
scopo di une delle più belle passeggiate
nei dintorni del paese. Le origini della
chiesa sono molto antiche, nel trecento esisteva una chiesetta e nel 1536 vi
fu costruito il convento dei cappuccini;
un cappellaio panicalese donò molto
dei suoi averi per realizzarlo. Questo
convento ospitò illustri religiosi durante trecento trenta anni della sua storia. I frati abbandonarono il convento
nel 1866, cacciati dalle autorità vigenti. Il convento fu venduto a privati e
la chiesa e l’orto divennero cimitero
comunale nel 1872 restando in uso
fino al 1972. Nel 1972 le ruspe abbatterono il convento cinquecentesco con
i suoi due chiostri, poi la chiesa e il
cimitero furono abbandonati finchè nel
1990 si notarono pericolose crepe nei
muri e nel 2005 crollò la volta e il tetto.
Da tempo l’associazione Pan Kalon insisteva presso le autorità comunali, (il
comune è proprietario dell’edificio)
perché ne fosse realizzato il restauro.
Fece una campagna per sensibilizzare
Primavera 2009 www.pankalon.it
Una grande opera in un piccolo teatro
L’amato ”Teatro Caporali” giovedì 5
febbraio 2009, ha avuto la visita del
grande Gioachino Rossini e del suo
“Barbiere di Siviglia”, sicuramente
uno dei momenti clou della sua trecentenaria storia. Il vago timore che
quest’opera debordasse dall’intima
cornice offerta da questo piccolo
teatro è svanito alle prime battute;
l’intimità del luogo ha coinvolto il
pubblico nella rappresentazione
sul palcoscenico. Anche coloro che
conoscono il “Barbiere” dei grandi
palcoscenici con splendidi interpreti,
difficilmente lo hanno vissuto così
gaio, vivace e leggero, così totalmente giocoso.
Raramente si trovano sul palco di
un’opera dei cantanti così bravi che
sono al tempo stesso attori eccellenti
e che sono in grado di comporre un
armonioso ensemble in ogni fase
dello spettacolo. Senza dubbio ciò
è anche merito del REGISTA, Marco
Bellussi con la sua abile guida e del
noto DIRETTORE D’ORCHESTRA,
il Maestro Roberto Zarpellon. L’ eccezionale ed elegante direzione, la
sensibile coordinazione dei solisti,
del coro (“Lirico dell’Umbria”) e degli
strumenti hanno fatto dimenticare al
pubblico come egli avesse a disposizione solo un’orchestra numericamente piccola, seppur molto impegnata, l’ENSEMBLE DA CAMERA DEL
TRASIMENO.
Il tenore, Filippo Pina Castiglioni, nel
ruolo del CONTE D’ALMAVIVA, doveva cantare un’aria tra le più difficili (la
serenata) ed ha convinto sia con la
sua voce che con la sua straordinaria
presenza scenica. Il soprano, Francesca Bruni, ha brillato nei panni di
ROSINA, con agili colorature ed un
personaggio tra civettuolo e giocoso,
capriccioso e amoroso. Il baritono,
Oliviero Giorgiutti, eccelle nel ruolo
di FIGARO con la sua fiera aria di
bravura ed è sempre il motore che
mantiene lo spettacolo in movimento.
Al baritono Virgilio Bianconi è stato
affidato il ruolo di DON BARTOLO,
l’avversario del conte d’Almaviva. La
sua voce meravigliosamente duttile
dal timbro scuro e vellutato entusiasma quanto il suo talento da comme-
la popolazione e le autorità con l’invio
al sindaco di centinaia di cartoline firmate dai cittadini. Nel 2007 iniziarono
i lavori grazie al contributo della Regione Umbria. E’ doveroso riconoscere l’eccellenza del restauro sia dal
punto di vista architettonico, per il materiale usato compreso il carbonio (per
dare leggerezza alle strutture interne
della volta che oggi purtroppo non
si vedono ) - sia per la competenza di
chi ha restaurato le parti interne e del
pronao. La campana, quella originale,
era sparita allora due cittadini stranieri legati a Panicale e che posseggono
una casa nelle vicinanze della chiesa,
i Signori Xavier Leurquin e Françoise
De Visscher, fecero dono di una nuova
campana alla quale, insieme a Virgilio
Bianconi, presidente dell’associazione
Pan Kalon, si dette il nome “Dialogo”
diante. Alessandro Avona, basso, impersona magistralmente l’intrigante
DON BASILIO sia con la voce che
con la recitazione. Indimenticabile la
sua aria “La calunnia....” .
Pregevoli anche le parti secondarie
con Rosalba Petranizzi nel ruolo di
BERTA e Giovanni Bertoldi in quello
di FIORELLO.
L’impegno di Virgilio Bianconi in
questi giorni è stato grande perché
lui è il promotore, per Pan Kalon,
ed anche l’organizzatore di questa
serata operistica. E’ in prima linea al
suo prodigarsi, a quello di quanti lo
hanno aiutato ed all’idealismo di tutti
i cantanti e musicisti che dobbiamo
questa magnifica serata. Con essa
Bianconi ha dimostrato cosa riesce
ad ottenere l’iniziativa privata in un
periodo tanto difficile per prosa e lir-
inciso nelle 4 principali lingue europee, e nell’interno si fece incidere
i nomi di San Francesco e di Santa
Chiara. La nota che produce la campana è il LA. La scelta non è casuale
poiché la nota LA viene usata per acsegue a pagina 4
ica, in cui lo Stato ed i Comuni sono
sempre meno disposti a impegnarsi
per la cultura.
Il pubblico entusiasta nel teatro
strapieno ha ringraziato gli artisti con
lunghissimi applausi e lanciandogli
rose. Questa indimenticabile serata
di alto livello è senz’altro la migliore
pubblicità che Panicale si possa augurare. Peccato che un simile spettacolo non si ripeterà tanto presto se
non verranno messi a disposizione
aiuti pubblici.
L’idealismo del promotore ed organizzatore ci ricorda, in una serata
come questa, che anche l’amato
Teatro Caporali, oggi divenuto attrazione turistica, deve la sua nascita
proprio all’idealismo di singoli abitanti di Panicale.
Doris und Walther Weissauer, Panicale
PAN KALON
2
A caccia di libri
Devo confessare una grave dipendenza - una dipendenza dai vecchi
libri. Ogni volta che mi trovo in una
città che mi è poco familiare cerco
con passione le librerie di libri usati.
La scorsa settimana, in una piccola
città in Inghilterra, poco lontano da
Winchester, ho trovato con grande
gioia una libreria di queste.
Una categoria di libri a cui non posso resistere è quella sull'Italia - i viaggi degli inglesi in Italia nel settecento
e ottocento, la politica, le biografie
dei papi, e soprattutto le esperienze
di soldati inglesi in Italia durante la
guerra in particolare all'aiuto incredibile che ricevettero dal popolo italiano.
Un titolo accattivante ha attirato il mio
sguardo: “A Castle in Italy” di Lina
Waterfield (Londra 1961). L' autrice,
una donna di famiglia aristocratica,
venne per vivere in Italia all'inizio del
secolo passato. Insieme al marito, un
artista, comprò un castello in Toscana e probabilmente avrebbe continuato a vivere una vita d' indolenza
privilegiata, se non fosse intervenuta la prima guerra mondiale che la
avvicinò al popolo. Dopo la guerra,
la Signora Waterfield, diventò giornalista dell'Observer, un settimanale
inglese di centrosinistra. Nel ruolo di
giornalista incontrò diverse volte Benito Mussolini prima della Marcia su
Roma e scrisse uno dei primi articoli
su Mussolini pubblicato nella stampa
inglese. In questo articolo lei previde i pericoli che aspettano un leader
che governa a viva forza.
La sua conoscenza personale di
Mussolini si dimostrò utile più tardi.
Vicino a Bologna c'è la piccola città
di Molinella dove, negli anni dopo la
prima guerra, c'era in corso un esperimento eccezionale. Un farmacista
che si chiamava Masserenti istituì
una cooperativa. Il Banco Popolare
locale prestò i fondi per la bonifica della regione paludosa intorno a
Molinella e la creazione di risaie, e
gli operai della cooperativa furono
disposti a contribuire con il 50% del
loro stipendio per pagare la banca.
Le paludi dunque vennero sanate e
coltivate, furono comprate macchine
per i soci della cooperativa; vennero
costruite case popolari, scuole, un
ospedale e una biblioteca. Nel 1920
la cooperativa aveva un milione di
lire nella banca. Tutto questo fu distrutto nel 1922.
Subito dopo la Marcia su Roma
Masserenti fu espulso da Molinella,
perseguitato dai fascisti che sequestrarono tutti i beni della cooperativa. Un operaio Bolognese chiamato
Bentivoglio portò al Duce le firme
di 30,000 persone che si rifiutavano
di iscriversi ai sindacati fascisti. Per
questo fu bastonato severamente e
imprigionato.
Dopo aver sentito la relazione di
questa storia, la Signora Waterfield si
decise a chiedere una intervista con
il Duce. Lo vide al Palazzo Chigi e
descrisse le esperienze del popolo.
“Che vorresti da me?” disse Mussolini. “Giustizia per il popolo di Molinella e per Bentivoglio”. Bentivoglio fu
liberato lo stesso giorno. (Venti anni
più tardi fu ucciso combattendo coi
partigiani.)
Molti degli inglesi che vivevano in Toscana, ci informa la Signora Waterfield, avevano un grande entusiasmo
per Mussolini. Per loro era un superuomo. Quindi lei cominciò a domandarsi se fosse incapace di comprenderne i meriti. Ma la sua risoluzione fu
rinforzata quando, nel 1927, incontrò
il gran filosofo Benedetto Croce. “C'e
qualcosa di definito nel fascismo?”
lei domandò. Croce la guardò sopra
gli occhiali con aria divertita. “Non
c'è niente nel fascismo, niente, assolutamente niente. Fino ad ora non
hanno scritto nemmeno una pagina.”
Nel suo libro la Signora Waterfield registra i dolori del popolo italiano negli
anni trenta e durante i giorni neri della
guerra. Ma non perse la sua fiducia
sulle capacità del popolo a riprendersi e uscire da questa pagina nera
di storia. Lei chiude il libro paragonando l'Italia all'ulivo. Dopo la potatura l'ulivo si vede tagliato e sembra
senza vita. Ma i rami si riprendono
e la pianta prende un aspetto angulare e un pò bieco nonostante le
foglie belle di colore argento-verde.
“L'ulivo è non solo l'emblema di pace
ma anche della determinazione imperterrita di sopravvivere, di fiorire
e di produrre. L'Italia, come l'ulivo, e
sempre verde.”
La mia dipendenza, in questo caso,
si è rivelata molto giovenale. Grazie a
questo testo inglese ho capito un pò
meglio la lotta del popolo nel periodo
fascista. Ho scoperto una pagina di
storia arricchendo la mia conoscenza d'Italia e del suo popolo.
Norman Russell
L’antico legame
tra Panicale e Chiusi
Scrive il professore Antonio Batinti in
“Area Trasimeno-Pievese note linguistiche ” del 1988: ”Questa zona umbrotoscana – il riferimento è a quella fascia di territorio a sud-ovest del lago
Trasimeno comprendente i comuni di
Castiglione del Lago, Panicale, Paciano, Piegaro e Città della Pieve -,
punto di incontro di influenze diverse,
ebbe vicende linguistiche, condizionate da quelle politiche assai complesse.
Chiusi, più che Perugia, è stata il polo
di attrazione e il punto di riferimento
per quelle popolazioni diocesane (quasi tutte), in linea rispetto alla tradizione
della sua antica lucumonia, del ducato
longobardo e del periodo marchionale”.
Ecco io di questo voglio parlare, di
qui ci siamo sempre sentiti e ci sentiamo più legati ai toscani per parlata,
carattere, tradizioni, cultura.
Sarà stato, insomma, di tutto un pò
ma una cosa è certa quando abbiamo
avuto la prima automobile, anche se
erano anni che frequentavamo Perugia
per via delle scuole superiori, siamo
stati sempre attratti dalla vicinissima
Toscana e da Chiusi in particolare, ma
anche da Cortona, Chianciano, Montepulciano.
A dire la verità Chiusi l’avevamo frequentata molti anni prima, quando con
la mitica millequattro di Pierino il noleggiatore, accompagnati dai genitori,
avevamo scoperto la magia del cinema con film quali “La Tunica”, “Quo
Vadis” e “I dieci Comandamenti”.
Chiusi quale polo di attrazione e punto
di riferimento per Panicale.
Io voglio trattenervi brevemente su
questo aspetto così, forse, tanto normale per noi panicalesi da non essere
quasi mai preso in considerazione e di
E al cinema saremmo ritornati con le
nostre cinquecento per anni e anni, il
sabato sera o la domenica pomeriggio,
qualche volta da soli ma più spesso in
allegre brigate di amici.
Ed in quei locali dell’Ariston o del
non essere, quasi mai, oggetto di studio e riflessione.
Per farlo parto da quelle che sono state
le mie esperienze personali, ma non
solo, perchè sono state, quantomeno,
esperienze di tutta la mia generazione
e sicuramente di quella precedente e
seguente; non so se visto il cambiare
dei tempi, degli interessi e del modo di
vedere e valutare le cose, lo sia anche
della generazione attuale.
C’è tutto del vero nelle affermazioni
del Batinti sul fatto che sia stata Chiusi,
più che Perugia, il polo di attrazione ed
il punto di riferimento per i panicalesi.
Sarà stato perché per ben dodici secoli,
milleduecento anni, Panicale sia vissuta ininterrottamente sotto la Diocesi
di Chiusi, vale a dire dal V al XVII
secolo, sino a che nel 1601 per volere
di Clemente VIII che creò la Diocesi di
Città della Pieve, Panicale venne inserita in questa nuova realtà territoriale.
Sarà stato perché siamo figli degli stessi antenati etruschi, sarà stato perché
Cavallino Bianco, assistemmo anche
agli ultimi bagliori della vecchia rivista che si andava sempre più trasformando in spettacoli di spogliarello.
Ma Chiusi, per noi ragazzi, era anche
la pizzeria nella quale andavamo dopo
il cinema o che sostituivamo al cinema.
Chiusi era anche la “ rilevante” stazione ferroviaria dove fermavano tutti i
treni più importanti, specie nel periodo
estivo per via della stagione termale a
Chianciano e dove, qualche volta, ci
recavamo per veder passare i treni e
sognare avventure e viaggi.
Chiusi era anche il 1uogo da dove partiva e dove poi faceva ritorno l’unico
mezzo di comunicazione che Panicale
aveva e con Chiusi e con Perugia: il
postale, famoso quando andavamo alle
superiori era quello di Dino, il conducente, un vecchissimo postale anteguerra e l’altro, un po’ più moderno,
del fattorino Dando.
Chiusi era anche il luogo dove si
facevano le spese importanti: i materi-
ali da costruzione, il cemento, il ferro ,
il legname, gli arredi per la casa , ecc.
;ma era ache il posto dal quale due
volte la settimana giungeva a Panicale
il camion con la frutta e le verdure.
Chiusi, questo sino a non molti anni or
sono, era il luogo da dove giungeva la
posta ed i giornali; quante volte negli
inverni nevosi con il postale di Dino
che non poteva salire lungo gli esse
degli olmini, siamo rimasti senza un
giornale e senza corrispondenza.
Chiusi, o dalle parti di Chiusi, era anche il luogo dove si andava a ballare,
a trascorrere l’ultimo dell’anno, a passare una serata in allegria.
Chiusi, insomma, era tutto questo e,
forse, anche qualcosa di più, ci sentivamo parte di questa città della quale
conoscevamo solo e soltanto il mitico
re Porsenna, perché studiato nei libri di
scuola, come colui che per poco non
riuscì a battere i romani; tutte le altre
cose pregevoli e belle le avremmo conosciute, visitate e apprezzate molto più
tardi. Chiusi era in definitiva la nostra
seconda patria nella quale andandoci ci
sentivamo sicuri e a nostro agio come
a Panicale.
E non è certo un caso se quando attorno alla metà degli anni ‘60 Panicale
ebbe, grazie al coraggio, volontà e
generosità del dottor Claudio Caprini,
ma non solo, la sua squadra di calcio i
primi campioni che andavamo ad applaudire e per i quali facevamo un tifo
sfegatato fossero di Chiusi; mi piace
qui ricordare qualche nome di quelli,
numerosi, che nel corso degli anni
militarono nel Panicale perché furono
coloro che ai nostri occhi di giovani e
giovanissimi rappresentavano il massimo anche perchè, come amavano
dire gongolandosi i dirigenti, venivano
tutti da squadre che aveva fatto le serie
superiori qualcuno, addirittura, ma non
vorrei sbagliarmi, aveva giocato anche
in serie B.
Ma eccoli i nomi di quei campioni:
Fedi, il portiere insuperabile, Misticoni il centravanti un pò fermo ma dal
tiro micidiale, e poi ancora Pizziconi,
Pinzi e tanti altri che ora non ricordo
più. Ecco allora da questo mio racconto raffazzonato e, certo, incompleto è
facile capire l’importanza che Chiusi
da un punto di vista economico, pratico, di divertimenti, di servizi, ecc. abbia avuto per Panicale, almeno sino a
non molti anni fa.
E’ facile capire, quindi, anche il profondo legame affettivo che moltissimi
di noi hanno avuto con questo centro
che, torno a ripeterlo, ha rappresentato
una seconda patria; sicuramente difficile è poter stabilire i perché di questa
attrazione e di questa influenza che,
certamente ha origine profondissime e
lontanissime al punto, ritengo, e credo
di non dire un’eresia, che il suo richiamo faccia parte del codice genetico
dei panicalesi, così come quello per
Chianciano, quanti panicalesi vi hanno
lavorato, per Montepulciano, quante
passeggiate nella città del Poliziano,
per Cortona, quanti anni d’estate a vedere gli spettacoli all’aperto.
Tutto ciò, però, mi pare meriti uno studio approfondito e circostanziato, soprattutto sui rapporti storici, economici, artistici e culturali che Panicale e
Chiusi hanno avuto nel corso della storia dai quali potrà senz’altro emergere
il perché Chiusi, più di Perugia, sia
stato polo di attrazione e punto di riferimento per il nostro amato borgo.
E chissà che un giorno, magari con la
sponsorizzazione di qualche editore a
di qualche amministrazione comunale,
non mi prenda l’idea di metterci le
mani, anzi, scusate, la penna.
Luciano Lepri
Donna Faber
La voce del Campanone - Primavera 2009
di Maura Lepri
Recandomi quel pomeriggio a teatro pensavo: sarà la solita conferenza-presentazione di un libro, farcita di elogi e a volte di banalità. Ci andavo volontieri,
l’autrice essendo una cara amica che stimo e che merita di essere incoraggiata
nelle sue ricerche sul sociale di Panicale, della nostra Panicale di una volta. Ma
fu tutt’altro:
Le luci si abbassano, l’atmosfera è di attesa, ed ecco apparire su un grande schermo donne che conosciamo, che frequentiamo ogni giorno; appaiono nel grigiore soffuso del passato….. e parlano… recitano i loro ricordi… visi marcati
dagli anni , dalle gioie e dai dolori provati… attrici della vita che ti commuovono
per la loro verità; esprimono semplicità, umiltà, fierezza ma anche spirito perché
sanno che le loro testimonianze sugli usi, le tradizioni, le credenze di una volta
presentano anche, sentite oggi, un valore umoristico. Buone attrici, Bruna Marietti, Annunziata Barluzzi, Annunziata Marchettoni, Angiolina, Capecchi, Iride
Panzanelli, Antonella Cagiotti, Bice Bruni, Erina Crisantemi, Ines Gallo e la ricordata Dina Matera ci hanno trascinati verso una nuova conoscenza che grazie
a loro non sparirà.
Questo è successo il giorno della Festa delle Donne con perfetta opportunità.
Ritornate le luci il palcoscenico si è animato con la presenza, dietro un tavolo da
conferenza, di persone autorevoli: la giornalista Patrizia Mari che fa da coordinatrice della manifestazione, il Consigliere per le Pari Opportunità della Regione
Umbria, la Dottoressa Daniela Filippi, il Dottor Franco Tomassoni della banca
Credi Umbra, finanziatrice della pubblicazione. Promotrice del libro e della manifestazione è l’Associazione libera Pan Kalon di Panicale. Gli interventi hanno
sottolineato l’importanza di queste ricerche fatte dal vivo e che sono alla base di
una scienza nuova incoraggiata, come ci riferisce l’autrice, dall’organizzazione
internazionale UNESCO.
Maura Lepri, anche lei Donna Faber, ha brevemente illustrato la sua opera, con
modestia e convinzione; Donna Faber minuta, con gesti delicati, molto femminile, energica, si è inserita nel coro dei difensori del nostro passato nel mondo
ed in particolare in quello di Panicale.
Ed ora il libro: un concentrato di eventi significativi raccontati e “recitati”, insisto
su “recitati” perché ricco di testimonianze dette in lingua locale.
Da questi interventi nasce la convinzione che in quei tempi regnava una profonda
fiducia nelle virtù terapeutiche dei prodotti della natura, erbe, piante, foglie, fiori,
rami secchi. Fiducia che risale da origini lontane, a volte sconosciute. Ad ogni
fase della vita, specialmente della donna, erano riservate delle cure specifiche
e, fatto strano ma non tanto, era questa fiducia che guariva più che la cura in se
stessa.
Grazie Maura, con le tue collaboratrici, hai aperto una nuova prospettiva verso
un passato che commuove e ci fa amare chi ha più anni di noi.
Denise Cichi De Visscher
La libera associazione culturale Pan Kalon per la realizzazione del progetto IL
BARBIERE DI SIVIGLIA è particolarmente grata alla BANCA VALDICHIANA
CREDITO COOPERATIVO DI CHIUSI per il forte supporto economico. Ringrazia
gli altri sponsor, DOLCIAMI, R.G. di Paolo Riccioni, BAR GALLO, LA LUPAIA
Country House, il ristorante albergo LE GROTTE DI BOLDRINO, la pasticceria
G.M.B., FRATINI MOTO e per l’uso della ex chiesa del Rosario il Comune di Panicale. Maurizio Bianconi, Il Centro Sociale Anziani, Filippo Lai e Antonio Cerboni.
Siamo grati alla Compagnia del Sole, gestore del teatro, che si è occupata delle pratiche burocratiche siae ed enpals. Un ringraziamento speciale è rivolto all’architetto
Fabrizio Beretta per il progetto degli elementi scenografici e per la sua costante collaborazione. Alle sarte LE PENELOPI DEL SOLE un plauso per la raffinata esecuzione dei costumi progettettati da Marino Bortolotti. Agli artisti coinvolti un grande
abbraccio per la loro dedizione e per averci divertito.
3
BESTIARIO POPOLARE
“Di tutto c’ha vita, cioè di ogni animale,
fanne entrare nell' Arca due di ogni specie, maschio e femmina, per conservarli
in vita con te.” (Genesi VI, 19)
Questo per testimoniare quanto la religione giudaico-cristiana sottolinei l'
importanza dell' atavico rapporto tra
uomo e animale. Anche in altri credi,
quello islamico ad esempio, si definisce l' animale quale oggetto di particolare attenzione e cura, a cominciare
dalla proverbiale gatta di Maometto,
il quale cadde nel suo fascino, ammaliato dai suoi sortilegi.
Gli uomini hanno visto nell' animale
il proprio specchio, ne riflette vizi e
virtù: è una costruzione culturale affermare che la formica è laboriosa e
la colomba innocente. Così i comportamenti umani vengono associati con
quelli animali: astuzia – volpe, coraggio – leone, tanto per citarne due tra
tanti. Il totemismo è l' esempio più
strutturalmente pregnante del binomio
uomo – animale.
Infatti alla base di questo complesso
di istituzioni e di credenze incentrato
sulla relazione tra una specie, più frequentemente animale, e un gruppo sociale. E' un legame di tipo mistico che
comporta l' attribuzione ai membri del
gruppo di parentela delle caratteristiche della specie animale in questione,
con la conseguente rispettosa venerazione. L'atteggiamento totemico, concetto introdotto dall' antropologo McLennan (1869 -70), aveva un' importanza
sociale fondamentale, perchè andava
a sviluppare il “sacrificio di comunione” . I membri del gruppo totemico,
riuniti in un banchetto, incorporavano,
“mangiandolo”, la vita e la potenza
dell' animale “totem”, e si rafforzava
il senso di unione tra i commensali tra
loro e il totem. Non solo, in un senso
diverso, secondo la teoria sociologica
del francese Durkheim ( 1912), il totemismo è visto come forma primitiva
di religione. Tra gli aborigeni australiani l' organizzazione sociale è caratterizzata dalla divisione in clan, cioè
in raggruppamenti parentali la cui appartenenza era determinata dal fatto di
discendere da un antenato, ognuno dei
quali è rappresentato da un emblema
totemico. Durante i riti collettivi gli
appartenenti al clan si riuniscono ed
esprimono il proprio senso di identità
collettiva, la venerazione rivolta al
simbolo del clan rivela l' esistenza di
una realtà divesa e superiore al singolo
individuo e quindi la sua partecipazione ad una società.
L' animale di fatto diventa un interlocutore e grazie al rapporto con lui
si svela parte della nostra identità. La
zooantropologia, disciplina che studia il rapporto tra uomo e animale,
non solo interpreta la cultura animale
come bisogno di sé, ma come bisogno
e scoperta dell' altro. L' affermazione
di Claude Lèvi -Strauss, strutturalista
belga, tende proprio a sottolineare
che l' animale no è solo “ buono da
mangiare” ma è soprattutto “ buono da
pensare”, riconoscendo loro un ruolo
importante nello sviluppo di alcune espressioni umane. L' animale non è un
orpello, non è un feticcio e non sostituisce alcunchè, immagine creata da una
società tecnologica per cui l' animale
diventa surrogato, utilizzato strumentalmente.
In tutte le società e culture umane l'
animale trascende dal semplice simbolismo, dando vita ad significato
misterico per cui diventa medium, un
trait-d'union, tra l'uomo e la divinità.
Quindi nasce l' animale come “capro
espiatorio”, che viene sacrificato per
espiare le colpe della comunità, come
“presenza propiziatoria”, come “spirito”, come soggetto “apotropaico”, per
allontanare il maligno, ma anche in
funzione “psicopompa”, in qualità di
accompagnatore delle anime dei defunti, o come presenza “ctonia”, cioè
come simbolo della terra e del rinnovamento stagionale.
Nella tradizione popolare, come accennavo precedentemente, il gatto è
uno degli animali che si sono resi maggiormente protagonisti. E' una presenza che ha sempre oscillato tra il bene e
il male, tra il sole e la luna. Già il suo
aspetto ha generato una serie di affabulazioni che affascinano, inquietano ed
ammaliano.
Sembra che il felino si sia diffuso nell'
antico Egitto (tanto che la dea Bastet
ha proprio le sembianze da gatto), nell'
Oriente e nel mondo musulmano. I
Romani lo conobbero solo sporadicamente. Il gatto domestico arriva in
Europa verso il X secolo, ma il mondo
cristiano lo considera impuro e diabolico. Visto, per lungo tempo, come
l'incarnazione del demonio, delle
streghe e delle anime dei morti. La sua
agilità e la sua prontezza lo rendono
inafferrabile ed enigmatico. Per questo
fu oggetto di culto in Oriente ed è protagonista di molte favole morali e fiabe
come “ Il gatto con gli stivali” di Perrault. E le superstizioni intorno a questa figura amata ed odiata sono molteplici: il gatto ha sette vite, se pulendosi
il muso passa più volte la zampa dietro
l'orecchio è segno di neve vicina o di
visite, ucciderne uno provoca disgrazie e sventure, quando sente la morte
vicina cerca la solitudine, bisogna allontanarlo da casa quando si veglia un
morto o quando c' è un neonato, perchè
nel primo caso ne potrebbe consumare
la carne e nel secondo potrebbe appoggiarvisi sopra fino a soffocarlo.
Durante l' Inquisizione il gatto e il
demonio, o la strega, diventano un binomio indissolubile, ed il gatto nero è
identificato con il diavolo e quindi la
forza simbolica del felino si potenzia
se vi si accostano altri elementi, come il
colore del pelo o i suoi comportamenti
notturni che mettono in evidenza maggiormente il suo essere indipendente e
il suo non asservimento all' uomo.
I bestiari costituiscono veri repertori
di storia naturale del tempo e dell'
uomo. I comportamenti significativi,
per lo più immaginari, servono essenzialmente ad ammaestrare la vita e la
morale. Non è una visione inferiore,
quella popolare, ma è assolutamente
parallela a quella che abbiamo definito
ufficiale. E nelle metafore, come memoria d' elefante o canto d' allodola,
si devono leggere ed intuire un senso
polisemico di destini incrociati.
Maura Lepri
Pan Kalon è stata arricchita per la donazione di una collezione libraria.
Il donatore, il panicalese Italo Pansanelli, in
ricordo della figlia Anna, prematuramente
scomparsa, ha voluto che tutta la sua libreria fosse conservata all’interno delle mura del
suo paese. Italo ha scelto la nostra associazione, che lo accoglie come socio benemerito,
per l’impegno in ambito culturale a Panicale.
Nella raccolta vi sono molti libri d’arte e fra
questi anche edizione pregiate, libri di storia,
storia della musica, narrativa, saggistica, edizioni storiche del Touring Club e molti altri. Il
libri sono in perfetto stato di conservazione.
Li abbiamo collocati in tre scaffali di legno e
sistemati in ordine tematico. La biblioteca è
visitabile ed è sufficiente contattare uno dei
membri del nostro consiglio oppure telefonare, per un appuntamento, al telefono di Pan
Kalon 3491928579.
PAN KALON
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NATA L’ASSOCIAZIONE ZION
Chi non conosce la trilogia cinematografica Matrix? Si è trattato di un film
che ha lasciato un forte segno nella cultura contemporanea e nella storia
del cinema, perchè ha usato un linguaggio molto commerciale come effetti speciali, inseguimenti ed esplosioni per catturare più persone possibile
all’interno delle sale e dare loro un messaggio di alto valore sociale. Matrix è un film ambientato in un futuro ipotetico: un mondo dominato dalle
macchine, dove gli uomini sono diventati schiavi che hanno perso la loro
capacità creativa e la loro libertà senza accorgersene. Tuttavia, anche in
quel funesto domani ci sono persone che riescono a liberarsi dalla macchina, da Matrix appunto; e si riuniscono per combatterla e riconquistare la
libertà per loro e per tutti quelli che ancora ne sono vittime... ma per unirsi
ed organizzare la riscossa c’è bisogno di un posto, di una casa comune; e
questi partigiani del futuro la troveranno nella città di Zion.
Perchè questa introduzione? Lo capirete alla fine... Ora cambiamo apparentemente discorso. Siccome devo parlare della nascita di un'associazione
voglio fare una premessa, e raccontare le necessità che ci hanno spinto a
fondarla: io e molti ragazzi come me, qualche anno addietro, quando volevamo “ammazzare il tempo” facevamo la spola tra bar e pub. Lo facevamo
non perchè avessimo tutta questa smania di rinchiuderci a fare sempre le
stesse cose; quanto perchè i punti d'incontro erano quelli soltanto (almeno
in Inverno, ma per abitudine spesso era così anche in Estate) e l'unica alternativa era restare a casa. Questo accadeva in età scolare. Crescendo, ed imparando sempre più ad emanciparci mentalmente, abbiamo avuto più chiaramente la percezione che questo non poteva e non doveva bastarci; perchè
un luogo di incontro e di socializzazione dovrebbe dare -specialmente ai
giovani- la possibilità di produrre qualcosa, assecondare le tante esigenze e
aspirazioni che chi è giovane deve avere. “Tempo libero” non significa “ora
d'aria”, non è uno spazio vuoto tra l'ora di pranzo e quella di cena o tra l'ora
di cena e l'ora di andare a letto: il tempo non va ammazzato, ma va coltivato.
Seriamente, non è una cosa da poco. Bastano pochi esempi per capire come
una struttura centrata sui ragazzi possa migliorare una società: un campo
di basket ad Harlem ha tolto alcuni giovani dalla criminalità, una palestra
nelle zone più degradate della Campania ha creato campioni olimpici di
boxe, o per stare più in zona: l'iniziativa dei ragazzi una palestra popolare a
San Sisto ha restituito un campo di calcio alla comunità dopo che per anni
è stato centro di spaccio e consumo d'eroina. Sono solo i primi esempi che
mi sono venuti in mente, ma ce ne sarebbero tanti altri
Alla luce di tutto ciò le strade di molti ragazzi e ragazze dei comuni di
Panicale e Piegaro si sono incrociate in un punto, che derivava da un forte
e sentita necessità: fondare un'associazione di giovani e per i giovani. Se
il Centro Sociale Anziani riesce ad essere così grande, partecipato e pieno di iniziative perchè non dovremmo riuscire anche noi in un progetto
del genere? Abbiamo cercato di fare in modo che la domanda non restasse
senza risposta, e così ad Ottobre è nata ufficialmente la nostra associazione, con quindici soci fondatori. A Gennaio abbiamo dato vita alla prima
iniziativa con una festa di inaugurazione a “l'Occhio”: un vero successo;
e i soci sono diventati sessanta. Ora, insieme a Pro-Loco di Tavernelle e
CSA gestiremo la struttura per il periodo estivo, e da questa potremmo gettare le basi per molte iniziative a venire. Vogliamo fare una sala prove,
un cineforum, organizzare i gruppi d'acquisto popolari e molte altre cose.
Non male per un'associazione appena nata, vero? Riuscirci dipenderà dalla
nostra volontà; dal tramutare le nostre belle dichiarazioni di intenti in atti
concreti, e sono certo che ce la faremo, perchè una cosa importantissima è
già appurata: visto il bel riscontro avuto in quanto a partecipazione, è certo
che i giovani (dai quindici ai trentacinque anni) di questo comprensorio
hanno una gran voglia di fare, e una grande energia che sanno impiegare
nel migliore dei modi.
Concludo con un invito: l'associazione è aperta a tutti i ragazzi e ragazze
dei due comuni, quindi chi è giovane (anche solo giovane dentro va bene)
e ha voglia di partecipare a delle iniziative culturali o ricreative; o meglio
ancora PROPORNE DI NUOVE sappia che troverà le porte spalancate. Per
fare grandi cose basta la volontà; e se non fossimo convinti di questo non
avremmo battezzato l'associazione col nome Zion!
Alessandro Mencarelli
Potete contattarci su Facebook al gruppo “A.R.C.I. ZION Tavernelle”
oppure agli indirizzi di posta elettronica
[email protected]
(Andrea Cellini - presidente)
[email protected]
(Alessandro Mencarelli - vicepresidente)
[email protected] (Enrica Brancaleoni - consigliere)
[email protected]
(Leonardo Caproni - consigliere)
[email protected] (Michele Mercanti - consigliere)
[email protected]
(Alessandro Dolciami - consigliere)
[email protected] (Gabriele Brancaleoni - consigliere)
Leone Paci
un grande artista panicalese del ‘900
Poco tempo fa ho inserito il nome di
Leone Paci sul motore di ricerca internet Google e oltre alla sua biografia,
puntualmente aggiornata, mi è comparsa, su Ebay, noto sito di acquisto
all’asta su internet, la vendita di un
clichè in zinco di una foto degli anni
’30 riguardante il nostro Leone. Me lo
sono aggiudicato, mi è arrivato a casa
per posta e ora lo conservo come ricordo di questo eccellente artista.
Leone Paci, nacque a Panicale nel 1887
da una famiglia modesta e morì a Milano, presso la casa di riposo per artisti
G. Verdi, nel 1981. Compì i suoi studi
di canto con il grande baritono Antonio Cotogni, straordinario interprete
per tutta la seconda parte dell’800 nei
teatri maggiori del mondo. Il Cotogni
nel 1902 accettò la cattedra al Liceo
Musicale di Santa Cecilia in Roma
dove ebbe eccellenti allievi tra i quali
il nostro compaesano.
Scorrendo la biografia di Leone ho
avuto un sussulto nell’apprendere il
formidabile elenco delle sue interpretazioni. Debuttò nel 1910 al Civico
di Acquapendente, un piccolo teatro
poco più grande del Caporali di Panicale, in Favorita di Gaetano Donizetti.
Negli anni successivi la sua bravura
e la sua voce particolare lo portarono
a calcare le scene dei più grandi teatri d’Italia (La Scala, La Fenice, Il
Massimo, Il San Carlo, Il Petruzzelli,
L’Opera di Roma,) e, in quarant’anni,
in pratica, tutti i teatri nazionali, non
mancando tra questi il teatro Morlacchi di Perugia. Lo vediamo presente
nel 1920, ‘25 e ‘35 in tournèe internazionali in sud America (Rio de Janeiro, San Paolo, Buenos Aires). Non
mancano incisioni discografiche, insieme all’immortale Beniamino Gigli,
per la Decca e un film nel 1942 girato
in Germania. Ha interpretato pressoché tutti i ruoli di baritono brillante
del grande repertorio. Alternò i ruoli
baritonali a quelli di basso affrontando anche svariati personaggi caratteristici quali Melitone della Forza
del Destino e Mathieu nell’Andrea
Chenier. Ma al culmine della carriera si dedicò anche ai ruoli di basso
buffo. Nel 1915, a soli 5 anni dal suo
debutto, alla Scala di Milano, cantò
nella Fedra di I.Pizzetti, in prima assoluta, e nello stesso anno cantò al
Dal Verme di Milano nella prima italiana della Madame San Gene di U.
Giordano. Tutto questo è ulteriore testimonianza del grande valore del nostro Leone Paci purtroppo dimenticato
dai panicalesi e del quale dovremmo
evidenziarne la memoria con qualche
evento.
Virgilio Bianconi
Particelle sospese…
…Pan Kalon invita ancora una volta tutti i soci e i simpatizzanti a collaborare con La Voce del Campanone, voce libera nel nostro
territorio…
…addio alla farmacia storica panicalese. Il comune ha provato a trattenere il mobilio dell’antica farmacia offrendo “cinquemila
euro” al proprietario, erede di un farmacista degli anni ’50, ma non c’è stato nulla da fare, un vero peccato…
…Il Barbiere di Siviglia ha avuto grandissimo successo al Teatro Mascagni di Chiusi gremito di un pubblico entusiasta. A Maggio
sarà replicato al festival di Crotone. All’amministratore panicalese che al Bar si chiedeva il perché abbiamo fatto una sola rappresentazione a Panicale rispondiamo che non abbiamo avuto un solo centesimo di contributo dagli enti pubblici…
…il restauro delle porte della Chiesa della Sbarra, dopo solo un anno, inizia ad avere problemi. Avevamo segnalato su queste pagine che togliere la pittura originale poteva essere non del tutto sicuro per la conservazione…
…le parti lignee restaurate del teatro Caporali, a pochi mesi dall’inaugurazione, già presentano nuove crepe…
…salvi alcuni grandi ippocastani del fosso largo, nel tratto interessato alla costruzione di un passaggio pedonale. Ci chiediamo
come mai nel punto in cui è stata abbattuta una grande pianta non vi è stato fatto il foro per piantarne una nuova…
…alla fine di maggio La Voce del Campanone uscirà in edizione speciale con interviste ai candidati sindaci di Panicale…
Periodico: La Voce del Campanone
spedizione in a-p-70% - L 66296 DCI/Umbria
Aut. del trib. di Perugia
N° 30/2001 del 31/10/2001
dir. resp. Luigina Miccio
segue da pagina 1
cordare gli strumenti dell’orchestra o
le voci di un coro per cui è auspicabile
che divenga luogo per promuovere il
dialogo. Questo LA ha squillato per la
prima volta quella mattina. I donatori,
non essendo presenti, hanno delegato
due anziani del paese: Denise CichiDe Visscher e Mario Ferraguzzi a
far vibrare la campana, non dico con
quanta emozione! Gli allegri tocchi
furono ricevuti con gioia dalle nostre
campagne.. dopo tanto silenzio! Alla
cerimonia erano presenti il nostro Sindaco Luciana Bianco, il responsabile
dei lavori arch. Ilario Balestro, autore
anche della mostra fotografica, la ditta
Milletto Fortunato e figli, esecutrice
dei lavori su progetto della Società
INAR POJECT, il Vice-Presidente
della Provincia Palmiro Giovagnola,
e l’assessore Antonio Gallo, attivo per
l’installazione della nuova campana.
Lo storico Luciano Lepri è intervenuto
raccontando le vicissitudini, il valore
storico-artistico e paesaggistico del
sito. La prima celebrazione, dopo tanti
anni, è stata presieduta dal parroco
Don Bruno Raugia. Nella sua omelia
ha ricordato e pregato per i frati Cappuccini che hanno vissuto nel convento e dato a Panicale il suo valore
spirituale. Simbolico è il luogo dal
quale si vede Assisi, città della pace,
simbolico è il nome della campana, Dialogo, simbolici e reali, lo speriamo, le
attività che vi si svolgeranno.
Redazione: Virgilio Bianconi, Gianluca
Fuschiotti, Stefano Scardino, Denise Cichi,
Maura Lepri.
Hanno collaborato: Luciano Lepri, Norman
Russell, Doris e Walther Weissauer, Silvia
Fratini, Alessandro Mencarelli.
Progetto e impaginazione: Andrea Fuccelli
Foto: Stefano Scardino
Pubblicato da: Libera associazione Pan Kalon
via del Filatoio 16 -06064 Panicale PG
Impianti: Edizioni Luì - Chiusi SI
Stampa: Tipografia Etruria - Chianciano Terme
La direzione non risponde delle opinioni
espresse da collaboratori ed intervistati. I testi
e le immagini possono essere riprodotti previa
autorizzazione di Pan Kalon.
Per informazioni: [email protected]
La tiratura di questo periodico è di 1000 copie.
Stampato su carta ecologica CYCLUSOFFSET
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Una testimone
Agriturismo e Centro Ippico Poggio Del Pero
Passeggiate a cavallo, avvio all’equitazione-gioco per bambini e lezioni per adulti.
Panicale, Via Vieniche 13 - www.vocabolopoggiodelpero.it