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[email protected] 29.04.2016 12:28 [email protected] 29.04.2016 12:28 KOOSHYAR KARIMI IL SEGRETO DI LEILA Un medico coraggioso sfida i tabù nell’Iran del fondamentalismo [email protected] 09.05.2016 08:41 Titolo originale: Leila’s Secret First published by Penguin Group (Australia), 2015 Text © Kooshyar Karimi 2015 Traduzione di Laura Melosi Realizzazione editoriale: Studio Editoriale Littera, Rescaldina (MI) www.giunti.it © 2016 Giunti Editore S.p.A. Via Bolognese 165 – 50139 Firenze – Italia Piazza Virgilio 4 – 20123 Milano – Italia Prima edizione: giugno 2016 [email protected] 29.04.2016 12:28 A mia moglie, Misha Karimi, che ha la primavera della Tasmania negli occhi, l’innocenza di Leila nel cuore, e il calore di casa nella voce. [email protected] 29.04.2016 12:28 [email protected] 29.04.2016 12:28 Nota dell’autore Questa è la storia vera di alcune delle tante donne, e di una in particolare, che sotto la legge iraniana sono andate incontro all’esecuzione capitale per essere rimaste incinte o per aver perso la verginità fuori dal matrimonio. Gli eventi narrati in questo libro sono accaduti alla fine degli anni Novanta del Novecento, ma niente è cambiato riguardo a queste leggi, e le donne iraniane continuano a subire soprusi per mano degli estremisti. Secondo l’opinione di molti storici, quella iraniana è la più antica civiltà al mondo rimasta immutata. l’impero persiano, come si chiamava prima l’Iran, ha combattuto guerre contro i greci e l’impero romano, ha avuto la più lunga dinastia reale ininterrotta e nel 550 a.C. è stato il primo regno a promulgare una dichiarazione dei diritti umani. Ma nel 1979 questa antica culla della civiltà ha subito una rivoluzione islamica fondamentalista che ha ripristinato nella sua costituzione le norme islamiche del VII secolo, trasformando il paese in un covo di fanatismo e intolleranza. oggi l’Iran è uno dei paesi che rinchiude nelle sue carceri il maggior numero di giornalisti di ogni parte del mondo e che continua a condannare a morte minorenni, a lapidare le donne per adulterio e a impiccare gli uomini per omosessualità. Purtroppo, la storia di leila riecheggia quella di milioni di ragazze in asia e africa. ogni anno, nel mondo islamico, più di ventimila donne vengono uccise per i cosiddetti delitti d’onore. Ho scritto questo libro nella speranza che un giorno cominceremo a esercitare la tolleranza e smetteremo di vessare gli altri, nella convinzione che se impariamo a perdonare, ne scaturirà la libertà. 7 [email protected] 29.04.2016 12:28 Il segreto di Leila Pur essendo una storia vera, è stato necessario cambiare i nomi di alcune persone e di alcuni luoghi per proteggere l’identità dei protagonisti. Mi sono inoltre preso la libertà di approfondire i dettagli che riguardano i pensieri, la vita interiore e l’ambiente di una persona, senza però mai alterarne gli eventi cruciali. Kooshyar Karimi, gennaio 2015 8 [email protected] 29.04.2016 12:28 Il pesante silenzio della stanza è interrotto di tanto in tanto dai rumori di un cartone animato in televisione che fuoriescono da sotto la porta chiusa a chiave. Voci buffe, effetti sonori comici, musica allegra non sono adatti all’occasione, ma non c’è altro modo per tenere la mia bambina all’oscuro di quello che fra poco avverrà in fondo al corridoio. In un giorno di luglio del 1997 leila, incinta, siede compassata nella stanza degli ospiti, trasformata per l’occasione in una sala operatoria. Ha le mani strette a pugno, il corpo percorso da spasmi per la tensione. È giovane, bella e nubile, e la vergogna per quanto le è accaduto è così profonda da essere quasi una presenza fisica. Ha commesso un delitto capitale nella repubblica islamica dell’Iran: si è innamorata. l’amore non è ammesso in questa parte del mondo, perciò qualcuno deve morire. o lei o il suo bambino. leila sembra molto più giovane dei suoi ventidue anni, con la sua vulnerabilità malamente nascosta da un sottile strato di tenacia. Ma in un certo senso è fortunata. Quando interrompo una gravidanza devo farlo come medico che opera nella clandestinità; solo alcune donne sono abbastanza fortunate da incontrare qualcuno che mi conosca e quindi da venire da me. Infrango il giuramento di Ippocrate ogni volta che pongo fine a una gravidanza, e lo faccio perché un giorno mia madre mi ha detto: «Kooshyar, a volte nella vita, per un bene maggiore, devi compiere un po’ di male». Ma quello che non posso fare per queste donne è restituire loro l’orgoglio. leila ha un’espressione che conosco bene. In realtà, ho perso il conto delle volte in cui ho visto quella strana miscela di paura, 9 [email protected] 29.04.2016 12:28 Il segreto di Leila disperazione e fermezza sul volto di una giovane donna. Ma questo è un caso diverso. leila non è solo l’ennesima ragazza disperata, ancora sconvolta e intimidita dalla recente scoperta della gravidanza. leila è già nel settimo mese inoltrato. Quando, alla mia richiesta di visitarla, si è tolta con esitazione il chador e si è sbottonata il trench, ho sgranato gli occhi incredulo. Stava facendo sul serio? aveva un pancione rotondo pienamente sviluppato: come fosse riuscita a nasconderlo, non ne avevo la minima idea. era pallida e stanca, le ciocche di capelli appiccicate per il sudore le sbucavano da sotto il velo. Sembrava stesse per collassare, e non c’era da meravigliarsene. Nessuno nel suo stato avrebbe dovuto attraversare la città con quel caldo cocente. Non capivo cosa ci facesse lì. Non avrà mica pensato che potessi anche solo prendere in considerazione l’idea di interrompere una gravidanza così avanzata? «lei è troppo vicina al parto» le dico. «È davvero troppo tardi per un aborto. Mi dispiace, non posso farlo.» Mentre sto per uscire dalla stanza mi ritrovo leila attaccata a una manica, le lacrime che le rigano le guance: mi implora di aiutarla, e io cedo. Ma l’aiuto che sto per darle non è quello che mi sarei aspettato. Più tardi quella sera, leila, distesa sul lettino con una flebo in vena, mi raccontò una storia che mi porterò nel cuore per il resto dei miei giorni. lasciò molte domande in sospeso durante le lunghe ore del suo calvario, ma in seguito sono venuto a conoscenza di tutti i dettagli. Sarò perdonato, spero, se racconto la sua storia a puntate. È una vicenda così profondamente intrecciata con la mia che non riesco più a pensare alla sua e alla mia vita come distinte e separate, perché anch’io sono stato un figlio non voluto. Nel 1945 dei fanatici musulmani uccisero un ebreo che intendeva aprire un negozio di liquori a esfahan. dopo qualche 10 [email protected] 29.04.2016 12:28 Il segreto di leila mese, la vedova di quest’uomo diede alla luce la sua quarta figlia. la chiamarono turan. Quattro anni dopo, turan fu affidata alle cure di uno zio perché sua madre era fuggita con il nuovo marito. turan fu costretta a lavorare dall’età di sei anni per procurarsi cibo, vestiti e istruzione. a sedici anni incontrò un bell’autista di autobus musulmano che le promise di salvarla dallo zio crudele. a diciassette anni scappò con lui, per poi venire a sapere solo due settimane dopo che l’uomo aveva altre due mogli. Quando si ritrovò incinta per la seconda volta, con il primogenito che aveva appena sedici mesi, il marito andava a malapena a trovarla nello squallido seminterrato dove la donna abitava. turan tentò molte volte di abortire il secondo figlio, ma il piccolo venne al mondo nonostante tutto. Nacque dopo mezzanotte sul sedile posteriore di un’auto della polizia, nel mondo ostile e malato dei bassifondi di teheran. Quel bambino ero io. a diciotto mesi scampai per un pelo a un incendio appiccato in casa dalla seconda moglie di mio padre che voleva sbarazzarsi di me. a sei anni quasi morii di febbre tifoide. Sono sopravvissuto contro ogni avversità con un’unica speranza, un’unica ragione e un’unica fede: il perdono. dopo aver ascoltato la storia di leila, mi è sembrato quasi che io e lei avessimo contratto un matrimonio di angoscia e tristezza, un legame rituale che ha lasciato un po’ del suo sangue nelle mie vene, e un po’ del mio nelle sue. 11 [email protected] 29.04.2016 12:29 [email protected] 29.04.2016 12:29 leIla Stringendo il chador con le mani, mi faccio largo fra la folla sul marciapiede. Il vento fa svolazzare la stoffa nera come una bandiera. Mi dà fastidio, questo indumento. ogni volta che lo metto o lo tolgo, mi domando se il mondo finirebbe davvero se uscissi di casa senza. Ma io so già la risposta, e la sa anche lei, dottor Karimi, dato che capisce perfettamente quello che devono subire le donne nel nostro paese. Il mondo finirebbe, almeno per me. Se uscissi di casa senza il mio chador, mio padre e i miei fratelli piomberebbero su di me come avvoltoi e mi dilanierebbero un arto dopo l’altro. Su simili banalità la gente in Iran costruisce idee mostruose che possono finire, come in realtà finiscono, con un omicidio sancito dallo stato. Sono nascosta dietro questa stoffa scura da quando avevo sette anni, eppure ci sono ancora momenti in cui voglio strapparmela dalla testa, dal corpo, per respirare liberamente. Ma non oso dire ad alta voce questi pensieri. la paura delle conseguenze resta più forte del mio desiderio di sbarazzarmi del chador. di notte rimango sveglia nel letto, terrorizzata, domandandomi se arriverà il momento in cui non riuscirò più a controllare questa mia profonda esigenza. Mi dico: «leila, abbi buon senso». Zia Sediqa alimenta queste fiamme, senza accorgersene. ogni volta che viene a trovarci, faccio tesoro del tempo che dedica solo a me. Noi due parliamo senza timore di cose che non esprimerei mai liberamente a nessun altro. e mi ha salvato, molto spesso, poter trascorrere questi momenti con lei; per quanto siano rari e distanti, almeno so che non sono sola in questo desiderio di libertà, nello sfiorare pensieri pericolosi. Ma mentre zia Sediqa è un faro nella 13 [email protected] 29.04.2016 12:29 Il segreto di Leila mia vita, a volte i miei pensieri mi fanno sentire un mostro o, se non un mostro, una di quelle persone che al circo attirano l’attenzione del pubblico inorridito perché sono così diverse da tutti gli altri. Ho sentito dire che in questi spettacoli (non ci sono mai stata perché passano solo da teheran) una donna magari esibisce una lunga barba sul viso, un uomo incrocia le gambe dietro la testa, mentre un altro rivela di avere sei dita per mano. «Fenomeno da baraccone», ecco l’espressione che sto cercando. Io sono un fenomeno da baraccone. C’è qualcosa nella mia mente che ambisce a pensare in un modo che mi distingua dagli altri. eccone un esempio: penso che le donne dovrebbero poter fare il pilota di aerei. e ancora: penso che alle donne dovrebbe essere permesso camminare liberamente per strada a qualsiasi ora del giorno e della notte. e andare in biblioteca a scegliere il libro che vogliono per poi leggerlo sotto un albero al parco. Ci sono molti altri esempi. rimarrei inorridita scoprendo che la mia fantasia alberga certi desideri. e sono inorridita, a volte. Capisce, è questo il problema. Ho troppa fantasia per non farmi male, ho un desiderio troppo forte di imparare ed essere libera. Sono la donna barbuta. Ci sono momenti in cui vorrei cambiare il mio cervello con un altro che mi provochi meno ansia. ed è stata zia Sediqa a contagiarmi con la passione per i libri. Mi descrive i meravigliosi volumi di letteratura che ha a casa sua, «accatastati fino al soffitto», come dice lei (un’esagerazione). Quando ero più piccola, mi passava di nascosto un romanzo o un libro di storia, e io ne divoravo avidamente ogni singola parola di ogni singola pagina. adesso, da quando sono diventata adulta, a mia sorella Samira e a me viene concessa un’ora fuori, lontano dalle faccende di casa, per andare nella biblioteca del quartiere. Ma lei capisce come funziona? Io non ho fatto domanda per avere la testa che ho, né zia Sediqa ha chiesto la sua. e tutte e due dobbiamo occuparci dei pensieri che ci investono. 14 [email protected] 29.04.2016 12:29 leila Continuo a farmi spazio tra la fitta folla di persone, rimettendomi il chador sulla testa quando scivola. Cerco di far finta di non trovarmi nella cittadina di Quchan con le sue strade piene di crepe, ma di camminare piuttosto per le vie di una città iraniana moderna in mezzo a edifici alti e scintillanti. Mi immagino vestita come le donne alla moda, con uno splendido soprabito lungo beige con i bottoni d’oro, i capelli raccolti sotto un velo colorato che mi incornicia il volto. Sogno i bei guanti di pelle rosa che ho visto in una pubblicità e immagino come starebbero sulle mie mani. Mi vedo con un paio di stivali bianchi e una borsa elegante mentre porto orgogliosamente occhiali da sole che mi danno un’aria misteriosa. riesco quasi a sentire il profumo immaginario, fiore notturno e brezza oceanica, che aleggia nell’aria attorno a me. e questa fantasia svanisce con la stessa rapidità con cui è arrivata, mentre un estraneo mi dà una spinta lungo la strada gremita di gente. Se questa fantasticheria avesse anche la più piccola possibilità di trasformarsi in realtà, forse la agognerei con un anelito ancora maggiore. Ma a che cosa servono desideri come questi? Probabilmente nella mia vita non lascerò mai questa città decadente, non conoscerò mai la libertà di un soprabito e del velo colorati, né vedrò mai gli splendenti edifici della città che baciano il cielo. Non posso anelare a ciò che non potrà mai essere. Sento Samira che grida il mio nome da lontano. ero così assorta nei miei sogni a occhi aperti che mi sono allontanata da lei finendo sull’altro lato della strada. Mia sorella attraversa rapidamente, evitando le macchine e le biciclette che sfrecciano sollevando bufere di polvere. «Hai sempre la testa fra le nuvole o solo quando sei con la tua noiosa sorella?» mi provoca. «Ci manca poco che ti mettono sotto. Ma non li hai sentiti i clacson che strombazzavano?» Chino la testa per scusarmi. troppo spesso mi comporto in questo modo con mia sorella maggiore: sono così presa dalla mia 15 [email protected] 29.04.2016 12:29 Il segreto di Leila realtà immaginaria che la metà delle volte non sento quello che mi dice. Samira alza gli occhi al cielo e sospira frustrata, stringendomi un braccio in segno di perdono. «andiamo a casa» continua, facendo un cenno con la testa verso il cielo che si sta rabbuiando. «la mamma starà in pensiero per noi.» arriviamo a casa cinque minuti dopo il solito e, com’era prevedibile, mia madre fa capolino da dietro la porta della cucina, lancia un’occhiata all’orologio e borbotta qualche parola di rimprovero. Samira e io ci facciamo beffe del suo messaggio non troppo velato. essere trattate come scolarette è una cosa che detestiamo entrambe. Io ho già ventun anni, Samira ventinove. Molte delle nostre compagne di scuola sono già sposate e hanno figli, mentre io e Samira viviamo ancora con i nostri genitori e tre fratelli in una vecchia casa nei quartieri orientali di Quchan. la nostra vita non è come l’avevamo immaginata, ma non ci lamentiamo. C’è una scala di potere in casa nostra, come in ogni famiglia, e noi occupiamo con umile rassegnazione il gradino più basso. In cima c’è mio padre, abdollah, cinquantanove anni, che dirige la famiglia con indiscussa autorità. la nostra entrata principale proviene da una piccola fattoria che papà gestisce a pochi chilometri dalla città e nella quale trascorre molte ore. anche i miei fratelli contribuiscono con una parte delle loro entrate irrisorie, ma devono risparmiare per le loro future famiglie. al secondo posto c’è mia madre, che gestisce la casa a livello pratico. Prende tutte le decisioni su come spendere i soldi, dal dentifricio alle patate, dal sale alle spezie o alle mele: tutto, inclusi i vestiti per ogni membro della famiglia. uno dei miei fratelli magari dice: «Mamma, mi serve una camicia nuova» e lei subito dà inizio a una lunga campagna per trovare il miglior affare di tutta Quchan. a volte la osservo con timore riverenziale mentre passa in rassegna le bancarelle del bazar, conclude un grande af16 [email protected] 29.04.2016 12:29 leila fare sottolineando la scarsa qualità della cucitura sul colletto, grida contro l’ambulante, lo accusa di essere il peggior furfante della storia persiana del XX secolo e pretende quasi che sia lui a pagare lei per portare la camicia a casa per suo figlio. Penso fra me e me: «Io potrei mai fare una cosa del genere?». e mi rispondo di no. accetterei il prezzo proposto dall’ambulante, il che sarebbe considerato non solo una follia, ma quasi un peccato. Quindi la mamma è comandante in seconda, ma in un modo particolare. I miei fratelli, in quanto maschi, pensano per questo di poter essere prepotenti con lei, e lei accetterà le loro prepotenze, fino a un certo punto. Ma esistono confini invisibili nel rapporto tra una madre e i figli maschi adulti, e se i miei fratelli ignorano uno di questi confini, mia madre si volterà per combattere, e vincerà. Come nel caso della camicia. Il terzo al comando è mio fratello ali, di ventotto anni, che lavora insieme a mio padre nell’allevamento di ovini e bovini. I miei due fratelli minori occupano il quarto e il quinto posto: Hosein, di vent’anni, e Majid, che ne ha appena compiuti diciotto. Hanno cominciato a lavorare come meccanici in città. Samira e io aiutiamo nostra madre a pulire, cucinare e soddisfare le esigenze dei maschi di casa, come da tradizione in Iran. Pur essendo più grande di due dei miei fratelli, non c’è mai stato il dubbio su chi detenga l’autorità fra di noi. Per tutta la vita mi sono dovuta occupare dei miei fratelli come se in qualche modo fossi debitrice nei loro confronti solo per essere nata donna. Io ho ambizioni che non ha nessun maschio della mia famiglia, ma i miei sogni servono a poco. Samira e io volevamo andare entrambe all’università, ma mio padre non ne volle sapere. Mia madre tentò anche di convincerlo. «È tutta la vita che leila vuole insegnare ai bambini» disse. e mio padre rispose: «ti serve aiuto qui. Non sei più molto giovane e non puoi occuparti di quattro uomini da sola». 17 [email protected] 29.04.2016 12:29 Il segreto di Leila «Samira sa quanto leila ci tenga a ricevere un’istruzione universitaria» insisté mia madre «e ha perfino proposto di stare a casa lei se leila andrà.» Ma mio padre disse ancora di no, e così in un attimo la prospettiva di una laurea svanì. tutto il mio futuro fu deciso nel giro di due minuti. tutto quello che la mia mente agognava fu archiviato. So di essere intelligente. Posso dirlo senza sembrare presuntuosa? Perché non sono presuntuosa. È semplicemente una cosa che ho notato di me stessa, come potrei averlo notato di un’altra persona. Provo piacere a essere intelligente, tranne quando divento la donna barbuta. Non mi rende orgogliosa nel modo sbagliato. Ci sono state molte persone brillanti – uomini e donne – che non avevano niente nella testa e nel cuore tranne l’ingegno. Come le ho già detto, per certi versi avere dei numeri mi complica la vita. Spesso faccio fatica a tenere la bocca chiusa. a volte mi dico: «leila, sarebbe meglio se tu fossi una cretina, perché è quello che ci si aspetta da te». Come sarebbe più semplice se mi venisse spontaneo! la mia mente vuole essere impegnata. Caro allah, mi è appena passato per la testa che ho qualcosa in comune con quei ragazzi e quegli uomini che anelano al martirio, che cantano le lodi di allah e del Profeta mentre camminano in un campo minato. Hanno imparato quello in cui credono dai mullah, come io ho imparato il mio pericoloso credo da zia Sediqa. l’amore per la loro fede è così intenso che andrebbero dritti verso il nemico tenendo le braccia lungo i fianchi: è questo quello che è accaduto nella guerra con l’Iraq. Sono così anch’io? l’anelito al martirio ribolle dentro di me? Non voglio morire per quello in cui credo. Ma forse quando dentro di te succedono cose del genere, prendi una decisione a un livello troppo profondo per accorgertene. la mia mente brama nutrimento. e temo che questo anelito possa uccidermi un giorno, che mi ritroverò a camminare in un campo 18 [email protected] 29.04.2016 12:29 leila minato, cantando canzoni in lode dei grandi scrittori e poeti, e poi, tutto a un tratto, l’esplosione. Sono destinata a marcire in questa casa, a meno che non trovi un marito. Ma finché non si sposa Samira, dovrò rimanere nubile. È una regola tacita. Samira sembrerebbe una donna indesiderabile se la sua sorella più piccola si sposasse prima di lei. eppure, ogni giorno che passa, è sempre meno probabile trovare un marito adatto a mia sorella. Per quanto Samira sia dolce e buona, la maggior parte degli uomini non la considera merce da matrimonio. l’unico pretendente che ha avuto era un rivenditore di auto di quarantadue anni, famoso per essere disonesto e collerico, che aveva divorziato dalla moglie, lasciandola con tre figli piccoli. È straziante sapere che il motivo per cui le vengono negati il matrimonio, la felicità e la realizzazione a cui aspira ogni ragazza è una lunga cicatrice a forma di spicchio di luna sulla guancia sinistra. una sola cicatrice, una maledizione per tutta la vita. a mia madre potrebbe anche passare per la testa che Samira avrà ancora meno probabilità di trovare un pretendente se trascorre la vita imprigionata in casa. Ma nella sua devozione alle usanze la mamma è ottusa quasi quanto mio padre. Secondo lei le ragazze devono stare chiuse in casa quasi sempre, perché altrimenti non apparirebbero virtuose. I commercianti e la gente per strada spettegolerebbero su di noi, accusandoci di fare le civettuole, e sarebbe fatale essere etichettata come una civetta. e una femmina non deve fare niente di immorale in Iran per essere marchiata come sgualdrina. Mia madre ha visto più di una brava ragazza perdere l’occasione di sposarsi perché sorrideva troppo o salutava un uomo quando era fuori a fare la spesa o a visitare le amiche. la strategia più sicura, sostiene mia madre, è tenerci segregate, lontane dal mondo. È convinta di dover stare attenta non solo a un possibile errore di giudizio da parte mia o di Samira – lo sguardo involontariamente attratto dal viso di un bell’uomo su 19 [email protected] 29.04.2016 12:29 Il segreto di Leila cui si concede di indugiare mezzo secondo di troppo – ma anche alla falsità dei parenti rivali. Quell’occhiata che si attarda, troppo fugace per essere notata in altre società, diviene un’informazione da mettere da parte e usare all’occorrenza. la madre di un’altra ragazza potrebbe accennare alla cosa, quasi come se ci avesse visto uscire da una clinica per malattie veneree. Il benché minimo gesto sconveniente può diventare la prima manciata di neve che crea una valanga di pettegolezzi incriminanti. eppure, se rimaniamo sempre chiuse in casa, siamo invisibili. dobbiamo almeno essere intraviste per annunciare la nostra esistenza. Per cui, una volta la settimana, a patto di avere obbedientemente sbrigato le faccende domestiche e di non essere necessarie in casa, la mamma ci permette di andare in biblioteca o a comprare qualcosa nei negozi vicini per un lasso di tempo molto breve, di solito meno di un’ora. Quel giorno di giugno del 1996, mia sorella e io siamo particolarmente elettrizzate perché Samira sta portando diverse sue bambole fatte a mano al signor taqavi, il proprietario di un negozio che vende ninnoli e cianfrusaglie. le bambole sono create da Samira con maestria e senso artistico usando vecchi ritagli di stoffa. Il signor taqavi le vende a un prezzo molto più alto di quanto le paga a Samira, ma lei è comunque contenta di guadagnare un po’ di soldi in più per le sue piccole spese. Quando ne abbiamo l’occasione, Samira e io ci separiamo per sfruttare al massimo il nostro prezioso tempo fuori. Ci siamo messe d’accordo che io andrò da sola in biblioteca, e che ci incontreremo di nuovo davanti a casa. Nessuna di noi due vuole arrivare in ritardo, perché quasi sicuramente significherebbe che nostra madre non ci permetterà di uscire la settimana dopo. tenendo stretti i nostri chador malgrado il caldo soffocante, attraversiamo i vicoli angusti che portano al bazar, la zona per gli acquisti più grande della città. Qui la gente affolla le strade, a caccia 20 [email protected] 29.04.2016 12:29 leila di affari, mercanteggiando sul prezzo. Il profumo delle spezie e degli oli e l’aroma di agnello e manzo che sfrigolano sulle fiamme libere riempiono l’aria. le macchine combattono per farsi spazio, bloccandosi all’improvviso quando polli e capre si mettono in mezzo. ovunque voltiamo lo sguardo, vediamo piccoli melodrammi fra clienti e negozianti, madri e bambini, uomini che concludono affari fra di loro e fiumi di persone che cercano il posto giusto per mangiare. attraverso con Samira la strada per andare nel negozio del signor taqavi. «Nel giro di poco tempo sarai così impegnata a creare le tue bambole che dovrò diventare tua socia, e poi apriremo negozi in tutto il mondo» le dico scherzando. Samira continua la mia fantasia. «Sì, e troveremo un appartamento per conto nostro in centro, e tu potrai andare all’università.» appoggiamo la testa l’una sull’altra, sussurrando a voce sommessa perché nessuno pensi che siamo troppo felici e si domandi cosa stiamo combinando. «avremo una stanza speciale per te» continua Samira, «una biblioteca tutta tua, con una libreria che parte da terra e arriva fino al soffitto. ti ci vorrà una scala per raggiungere tutti i tuoi bei libri. e riceveremo grandi scrittori ed eruditi.» adesso però Samira ritorna alla vita reale, mettendo da parte ogni fantasia. «tieni la testa fuori dalle nuvole e non fare tardi» mi ammonisce. È costretta a farlo perché è probabile che, circondata dai libri, io perda la cognizione del tempo. la piccola biblioteca pubblica di Quchan è il luogo che preferisco sulla faccia della terra. È modesto, questo mio paradiso. Il governo non spende soldi per i libri e la selezione è limitata. Ma io qui sono libera dal minaccioso disprezzo che mio padre e i miei fratelli nutrono per i libri. a casa, la lettura è accompagnata dal senso di colpa. Potrei essere scoperta in un angolino che credevo segreto a leggere un libro che mi sono comprata con le monete e 21 [email protected] 29.04.2016 12:29 Il segreto di Leila le banconote messe da parte a furia di regali di compleanno, lavoretti fatti per i vicini di casa, lavori di cucito e pulizie. ed eccolo, il disprezzo dei miei fratelli e di mio padre! Ma qui no. Non qui. la signora Salimi è la bibliotecaria, una delle persone a cui voglio più bene al mondo. Mi saluta rapida con la mano mentre passo davanti alla sua scrivania. Noto l’orologio alle sue spalle e mi accorgo con sgomento che ho perso più di metà del tempo che avrei voluto trascorrere sui libri per accompagnare Samira al bazar. la giustificazione logica del governo per finanziare anche un minimo le biblioteche è che funzionano come centri di distribuzione per le opere di propaganda. un leader religioso o qualcun altro scrive sulla gloria e lo splendore della rivoluzione, e il libro viene stampato con una tiratura da centinaia di migliaia di copie e spedito nelle biblioteche del paese, da Mashhad a tabriz a Bandar abbas. le tirannie hanno sempre creduto che la letteratura debba avere uno scopo socialmente edificante, e quale fine potrebbe essere più edificante che celebrare la saggezza, la virtù e la gentilezza dei governanti della nazione? Ma ovunque la gente, non solo in Iran immagino, sa riconoscere la propaganda che le viene propinata. In rari casi forse ne accetta alcune parti, forse è perfino d’accordo su certi punti, ma sa riconoscere una strombazzata sui fantastici miglioramenti realizzati dal governo per il bene del paese – più pane, più automobili – quando ne vede una. e adesso si trovano qui, queste opere, in mostra all’ingresso della biblioteca, un volume dietro l’altro di giudizi entusiastici sul governo. Non vi presto mai la minima attenzione, a meno che non ne sia costretta. Quello che cerco è qualcosa che sollevi il mio spirito in un modo molto diverso, qualcosa che mi tocchi l’anima. Scelgo due volumi quel giorno, dottor Karimi, due libri che sono destinati a innalzarmi fino al cielo, esultante come un angelo; due capolavori che mi porterò dietro quando precipiterò nel mio inferno privato. uno è Il profeta di Kahlil Gibran, un libro 22 [email protected] 29.04.2016 12:29 leila sull’amore e le lezioni dell’amore, le lezioni della vita. Non l’ho mai visto in biblioteca prima. È nuovo, è appena stato tradotto in persiano. anche l’altro è un racconto sull’amore, Il piccolo principe, di un francese, antoine de Saint-exupéry, che mi ha consigliato la signora Salimi. oh, dottore, se l’avessi saputo, se l’avessi saputo! Ma in quella visita alla biblioteca, al mio paradiso, sono inconsapevole. Né so con quanta rapidità comincerà il viaggio che sto per intraprendere; né quanto trascorreranno veloci i giorni prima che lei, dottore, diventi testimone della mia vergogna. Io vedrò l’angoscia nei suoi occhi; l’angoscia e, vorrei dire, l’amore. So che mia madre si starà domandando dove sono finita ormai, ma una volta fuori rallento per apprezzare i colori lungo la strada. ovunque ci sono fiori in vendita: rose rosse, girasoli gialli, margherite, orchidee, iris, garofani, zinnie. Passo davanti a un bambino che piange, le braccia tese per farsi prendere in braccio. la madre, frustrata dalle pretese del piccolo e piegata sotto il peso delle borse che porta, se lo trascina dietro, ignorandone le urla. le lacrime formano dei rivoli che scorrono sulla pelle polverosa della faccia del bambino. avrà più o meno cinque anni. Ha i piedi nudi e sporchi, e mentre ne solleva uno per pulirlo sopra i suoi logori pantaloni, su una gamba dei calzoni appare una macchia di sangue. Mi domando perché sua madre non si prenda più cura di lui. deve essere molto povera, altrimenti lo vestirebbe meglio. Senz’altro gli comprerebbe un paio di scarpe. osservo con tristezza il bambino che trascina stancamente i piedi per terra dietro di lei e per poco non inciampo contro una bancarella di dolciumi su un lato della strada. Mi giro verso l’anziano dietro la bancarella. Il sole gli ha bruciato la pelle sotto i fini capelli bianchi, e ha le guance di un rosso acceso per il caldo. «due lecca lecca» dico frettolosamente. «all’arancia.» «duecento toman» mi dice in tono burbero il vecchio, porgendomi i dolcetti. 23 [email protected] 29.04.2016 12:29 Il segreto di Leila Mi giro velocemente per cercare il bambino, ma è scomparso. torno subito indietro e lancio un’occhiata in una strada laterale, nella speranza che sua madre sia andata in quella direzione, ma non vedo il piccolo da nessuna parte. Forse non era una buona idea. Sua madre avrebbe potuto offendersi. Infilo i lecca lecca nel chador e riprendo a camminare. Immagino i miei figli e come li riempirò di regali, di cioccolatini, di amore. Poi mi sento in colpa al pensiero, sapendo che non tutti i piccoli possono contare su un simile affetto. la povertà è ovunque in questa città; i bambini avvolti in sudici stracci che soffrono la fame mi strappano il cuore. rallento a uno stop. Mia madre dice di non lasciarmi sopraffare dalla miseria che vedo per strada. dice che le cose stanno semplicemente così; che così vuole allah. Ma io non credo che lui voglia niente del genere. Credo che voglia che chi ha divida con chi non ha. «Mamma?» Sento che qualcuno mi tira il chador da dietro. Mi giro e vedo il bambino. Ha ancora la mano alzata. «Scusa! Scusa! Credevo che tu fossi la mia mamma.» trotterellando arretra un po’, per paura di ricevere un rimbrotto. Mi inginocchio e gli sussurro: «ehi, è tutto a posto, è tutto a posto. ti sei perso? Hai perso la tua mamma?». Il bambino trema un po’, sembra stia per scoppiare di nuovo a piangere. Infilo rapidamente una mano dentro il chador e gli offro i dolcetti. Il viso gli si illumina per qualche secondo, poi si rannuvola di nuovo, e mi rendo conto che è sconvolto davanti a una dimostrazione di gentilezza. Gli metto i lecca lecca nella minuscola mano, chiudendogli le dita attorno. «Prendili, sono tuoi.» Il bambino solleva lo sguardo e mi fissa con occhi sgranati. «Grazie» dice timidamente, e corre via. appena mi giro per riprendere a camminare, vedo un uomo appoggiato al telaio di una porta di un negozio di abbigliamento lì vicino. Ha un libro in mano: Il piccolo principe. 24 [email protected] 29.04.2016 12:29 leila «oh» dico, mettendo una mano in borsa per cercare il mio. Non c’è. Mi deve essere caduto mentre parlavo al bambino. «È un bel libro» dice lo sconosciuto. «uno dei miei preferiti.» Com’è attraente! È un uomo di quasi trent’anni, con i capelli corti castani, una barba perfettamente curata e occhi scuri, caldi. «Non è affatto un libro per bambini.» Me lo porge, io lo prendo rapidamente e lo nascondo sotto il chador. «ehm... grazie» riesco a balbettare, tenendo gli occhi rivolti verso terra, il più lontano possibile. So benissimo che le donne non devono avere un contatto visivo con gli estranei, eppure mi ritrovo a combattere contro un potente desiderio di fare proprio quello che non devo. Qualcuno lo chiama da dentro il negozio. Sollevo gli occhi e noto un’espressione scocciata che gli balena in faccia. Si scusa con una certa riluttanza, almeno mi sembra, ed entra nella boutique. Ma arrivato alla porta si gira e mi dice in un modo che suona sconveniente: «Spero che passi di nuovo da qui». Il cuore mi batte veloce come quello di un gatto. Che occhi! oh, ho già notato altri begli uomini prima di allora e mi sono detta: «Splendido!». Ma stavolta è diverso. Provo un sentimento nuovo. una strana sensazione nel profondo del cuore. È solo che sono più grande adesso? o che segretamente penso di più all’amore? Non so. Mia madre è lì ad aspettarmi quando arrivo a casa. «dove sei stata, sciocca? tuo padre tornerà da un minuto all’altro. Vieni ad aiutarmi a pulire le verdure.» Faccio come mi viene detto, ovviamente. eppure, perfino mentre lavo le carote e pelo le patate, mentre mia madre sbatacchia le pentole e le padelle attorno a me nella smania di avere la cena pronta per il marito e i figli, odo la musica nelle mie orecchie e vedo quegli occhi, quegli occhi. È l’inizio. 25 [email protected] 29.04.2016 12:29