sofferenza
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STORIA DELLE RELIGIONI TESTIMONI PER IL NOSTRO TEMPO: Geremia – Dietrich Bonhoeffer VITE PARALLELE LEZIONE VII Stazioni sulla via della libertà: sofferenza Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di scherno ogni giorno; ognuno si fa beffe di me. (Geremia 20,7) 1. BIOGRAFIA E TEOLOGIA: Da Berlino a Flossenbürg: il carcere Nel carcere di Tegel Sofferenza Straordinaria trasformazione. Le tue forti, attive mani sono legate. Impotente, solo, vedi la fine della tua azione. Ma tu prendi fiato, e ciò che è giusto poni, silenzioso e consolato, in mani più forti, e ti senti appagato. Solo un istante attingesti beato la libertà, e poi la consegnasti a Dio perché le desse splendido compimento. (Stazioni sulla via della libertà) 7. Bonhoeffer 2. LETTURA DI TESTI: Geremia 20,7-18 Lettera del 28 luglio 1944 Dieci anni dopo. Della sofferenza. 3. APPROFONDIMENTO: Benedizione e croce 1 STORIA DELLE RELIGIONI UN UOMO SOLIDALE La necessità dell’azione libera e responsabile: nei confronti del potere politico (Ger 5,5), e religioso (Ger 23,9-32; 14,18). La solidarietà nei confronti del proprio popolo: (Ger 40,1-6): Sofferenza Straordinaria trasformazione. Le tue forti, attive mani sono legate. Impotente, solo, vedi la fine della tua azione. Ma tu prendi fiato, e ciò che è giusto poni, silenzioso e consolato, in mani più forti, e ti senti appagato. Solo un istante attingesti beato la libertà, e poi la consegnasti a Dio perché le desse splendido compimento. Nella terza stazione siamo al cuore dell’interpretazione «sapienziale» di Bonhoeffer: «le tue forti, attive mani / sono legate» (Cfr. Ger 45,5a): solo attraverso l’azione e la sofferenza raggiungiamo la libertà. Il lamento e il dubbio possono essere superati dal fatto di «riporre la propria causa nelle mani di Dio». Consentire alla sofferenza è libertà, è «un affare di fede». Qualche mese prima di essere incarcerato scriveva: È infinitamente più facile soffrire ubbidendo a un ordine dato da un uomo, che nella libertà dell’azione responsabile personale. È infinitamente più facile soffrire in comunione che in solitudine. È infinitamente più facile soffrire pubblicamente e ricevendone onore, che appartati e nella vergogna. È infinitamente più facile soffrire mettendo a repentaglio la vita corporale che non nello spirito. Cristo ha sofferto nella libertà, nella solitudine, appartato e nella vergogna, nel corpo e nello spirito, e da allora molti cristiani con lui. (Dieci anni dopo). Quindici mesi dopo, dal carcere, si sfogava con l’amico Eberhard a proposito della sua personale esperienza: la sofferenza merita rispetto, non si può profanarla dicendo ‘pie sciocchezze’: Sento una ripulsa interiore quando nelle lettere che ricevo … leggo qualche passo che parla della mia ‘sofferenza’. Mi fa l’effetto di una profanazione. Sono cose che non si devono drammatizzare. … Io credo che qui ci sia qualcosa che deve essere rivisto; anzi, detto apertamente, qualche volta quasi mi vergogno di quanto noi abbiamo parlato della 7. Bonhoeffer TESTIMONI PER IL NOSTRO TEMPO: Geremia – Dietrich Bonhoeffer nostra sofferenza personale. No, la sofferenza deve avere tutt’altra dimensione da quella che io finora ho sperimentato. (Lettera 121, del 9 marzo 1944) Le lettere del luglio 1944 – e la poesia Cristiani e pagani - insistono sul fatto di «partecipare alla sofferenza di Cristo», e contemporaneamente ribadiscono la necessità di affidarsi alla promessa di Dio: cioè «credere nel pieno esserealdiquà della vita», per realizzare la vita “sapiente”, suggerita dall’oracolo per Baruc e dal Sal 131. Una vita «polifonica», in cui sono presenti – contemporaneamente – il dolore e la gioia, la benedizione e la croce: Il concetto teologico che nell’AT media tra Dio e la felicità ecc. dell’uomo, per quel che riesco a vedere, è quello di benedizione. Certo, nell’AT, per esempio per i , Patriarchi, non si tratta di felicità, ma della benedizione di Dio, che racchiude in sé tutti i beni terreni. Questa benedizione è la rivendicazione della vita terrena per Dio, e contiene in sé tutte le promesse. Sarebbe ancora in sintonia con l’abituale interpretazione spiritualizzata del N.T. considerare la benedizione veterotestamentaria superata dal NT. […] Nell’A.T. colui che è stato benedetto deve senz’altro soffrire molto (Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe), ma questo non conduce mai (e lo stesso vale nel N.T.) a porre in contrapposizione assoluta felicità e sofferenza, ovvero benedizione e croce. La differenza tra AT e NT., sotto questo punto di vista, sta solo nel fatto che nell’AT. la benedizione racchiude in sé anche la croce, nel NT. la croce racchiude in sé anche la benedizione. Passando a un tema del tutto diverso: non solo l’azione, ma anche la sofferenza è una via verso la libertà. La liberazione nella sofferenza consiste in questo, che all’uomo è possibile rinunciare totalmente a tenere la propria causa nelle proprie mani, e riporla in quelle di Dio. (Lettera 183, del 28 luglio 1944). «Bonhoeffer non ha nutrito alcun ottimismo diretto, non teologico, cioè non fondato sull’incarnazione, morte, resurrezione di Cristo, a riguardo del mondo. E in questo mondo, quale esso è, l’azione responsabile, che afferra “il real”» e non cerca uscite di sicurezza nell’aldilà, comporta la sofferenza. Cristo è l’uomo per altri, “perciò» è il crocifisso”. (ALBERTO GALLAS, La centralità del Dio inutile). 2