Mostra sul Premio Nobel per la Pace
Transcript
Mostra sul Premio Nobel per la Pace
Il comitato di Oslo ha scelto attivisti di due Paesi in conflitto come Pakistan e India con questa motivazione: "Per lo sviluppo pacifico del mondo i più giovani devono essere rispettati. Gli abusi su di loro portano al perpetuarsi della violenza generazione dopo generazione". Il lavoro, composto da 12 cartelloni, è il risultato di un approfondimento sul Premio Nobel per la Pace 2014, svolto dalla Classe 4B del Liceo Scientifico Russell di Garbagnate M. (MI). Divisi in gruppi, allieve ed allievi hanno ricavato da libri, quotidiani e dalla rete informazioni sulle biografie di Malala e Satyarthi, le loro Associazioni, le interviste, gli interventi e i temi ai quali hanno dedicato il loro impegno sociale e civile. MALALA ALTRUISMO E CORAGGIO KAILASH SATYARTHI UNA VITA PER I BAMBINI A DIFESA DEI DIRITTI UMANI IN DIFESA DEI MINORI E DELLE DONNE Malala: la più giovane vincitrice del Nobel per la Pace 8 0 0 0 0 SALVATE E SALVATI DALLA SCHIAVITÙ INDIA E PAKISTAN 70 anni di ostilità ma... da Oslo una speranza di pace per il futuro? PREMIATO PER LA VITA DEDICATA AI BAMBINI Il Nobel a Kailash Satyarthi l'eroe della lotta contro lo sfruttamento minorile L'ISTRUZIONE FEMMINILE UN DIRITTO NEGATO LAVORO MINORILE - L'INFANZIA NEGATA “Gli unici strumenti che i bambini dovrebbero usare sono la penna e il libro: sono questi gli strumenti della libertà.” IL POTERE DELL'ISTRUZIONE LA PENNA CONTRO LA SPADA BAMBINI PER LA PACE Il Docente Paolo Ermano MALALA ALTRUISMO E CORAGGIO STORIA DI UNA STUDENTESSA PAKISTANA DALL'ATTENTATO DEI TALEBANI AL NOBEL PER LA PACE Malala Yousafzai nasce il 12 luglio 1997 a Mingora, nella valle dello Swat, in Pakistan. Lo Swat è un luogo turistico e attrae migliaia di turisti per la sua bellezza naturale e paesaggistica. Le viene dato il nome Malala, addolorata, da Malalai di Maiwand , una famosa poetessa e donna guerriera del sud dell'Afghanistan. Vive a Mingora con i suoi due fratelli più giovani, i suoi genitori, Ziauddin e Tor Pekai, e due polli da compagnia. Conosce la lingua pashto e impara anche l’inglese. Il padre, proprietario di una scuola di poesia, contribuisce alla formazione della ragazza; è un attivista educativo. Malala inizia a parlare di diritti di istruzione già dal settembre 2008, sempre il padre la porta a Peshawar, presso il locale Circolo della Stampa . "Come osano i talebani togliere il mio diritto fondamentale all'istruzione?", queste sono le sue prime dichiarazioni. Nel 2009, a soli dodici anni, Malala fonda un blog per la BBC per raccontare la sua vita sotto l'occupazione dei talebani, i loro tentativi di prendere il controllo della valle e le sue opinioni sulla promozione dell'istruzione per le ragazze nella valle di Swat. L'estate seguente, il giornalista Adam B. Ellick scrive un articolo per il New York Times nel quale racconta la vita di Malala. Grazie a questo articolo ha la possibilità di rilasciare interviste alla stampa e alla televisione. In seguito viene nominata per l'International Children's Peace Prize, premio assegnato per la lotta ai diritti dei giovani ragazzi. Il 9 ottobre 2012 si verifica un evento che lascia un segno indelebile nella vita di Malala: la ragazza è sul suo scuolabus nel distretto pakistano a nord ovest di Swat. Un uomo armato sale a bordo, le punta una pistola alla testa e spara tre colpi. Ricoverata nell'ospedale militare di Peshawar, è in condizioni critiche ma riesce miracolosamente a sopravvivere all'attentato dei talebani dopo la rimozione chirurgica dei proiettili. Nei giorni immediatamente successivi all'attacco, rimane incosciente, ma poi la sua condizione migliora e ha la possibilità di incontrare la regina Elisabetta in Inghilterra; a Birmingham completa la riabilitazione. La sua popolarità cresce a tal punto che viene eletta dal Times come la “personalità giovane dell’anno”. Questa è la risposta di tutto il mondo nei confronti dei suoi vili attentatori. Il 29 aprile 2013 viene inserita nella lista Malala indossa lo scialle di Benazir Bhuttto al Palazzo di Vetro delle 100 persone più influenti al mondo. Il 12 luglio 2013, in occasione del suo sedicesimo compleanno, parla al Palazzo di Vetro a New York, indossando lo scialle appartenuto a Benazir Bhutto, una famosa politica pakistana, e lanciando un appello all'istruzione dei bambini di tutto il mondo. Il 10 ottobre 2013 vince il Premio Sakharov per la libertà di pensiero; è un riconoscimento dedicato allo scienziato e dissidente sovietico Andrej Dmitrievič Sacharov. L'annuncio viene dato dal presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, il quale lo motiva dicendo che è una ragazza eroica. Il premio le viene consegnato in occasione della Sessione Plenaria di Novembre, a Strasburgo, il 20 novembre 2013. Malala, nel corso del 2013, pubblica anche la sua autobiografia, I am Malala, nella quale racconta la sua incredibile esperienza; tutto il mondo ha la possibilità di conoscere la storia di questa incredibile ragazza. Il 10 ottobre 2014 vince il premio Nobel per la pace assieme all'attivista indiano Kailash Satyarthi, diventando con i suoi diciassette anni la più giovane vincitrice di un premio Nobel. La ragazza è nota per il suo impegno per l'affermazione dei diritti civili e per il diritto all'istruzione - bandito da un editto dei talebani - delle donne della città di Mingora. La motivazione del Comitato per il Nobel norvegese è stata: “per la loro lotta contro la sopraffazione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all'istruzione”. SPARI A MALALA, L'EROINA DI 17 ANNI Ha lottato tra la vita e la morte Malala Yousafzai, la ragazza che ha osato sfidare i talebani. La ragazza pachistana, che all’età di 14 anni aveva coraggiosamente denunciato i soprusi della cultura talebana nella Valle dello Swat e per questo aveva ricevuto ad Islamabad il Premio nazionale della pace, era stata presa di mira nel gennaio 2009 a colpi d'arma da fuoco a Mingora, da un commando armato che l'aveva ferita gravemente. La ragazzina era stata «colpita perchè insisteva a sviluppare una propaganda anti-talebana ed un pensiero secolare fra i giovani della zone pashtun». Da tempo il Malala all'ospedale di Birmingham gruppo fondamentalista l'aveva iscritta in una lista di nemici da colpire e perciò aveva ribadito: «Malala deve morire». Ma in serata l'equipe medica che l'aveva visitata nel Combined Military Hospital aveva consigliato, «per salvarla», un trasferimento in un ospedale all'estero. La polizia aveva precisato che la giovane, già ripetutamente minacciata di morte in passato, era stata localizzata in un veicolo mentre tornava a casa. I killer avevano voluto accertarsi della sua identità prima di spararle a sangue freddo e da distanza ravvicinata. Insieme a lei erano state ferite in modo meno grave altre due ragazze. Fonti sanitarie hanno indicato che un proiettile è entrato nella testa di Malala ed ha raggiunto il collo, dove ha intaccato il mi dollo spinale, mentre un secondo l'ha ferita ad un braccio. Da parte sua un medico aveva aggiunto che «i prossimi tre o quattro giorni chiariranno cose importanti per la sua vita. Al momento si trova in terapia intensiva in stato di semi-incoscienza, anche se non è intubata». Poco dopo averla colpita, i talebani avevano rivendicato l'aggressione, definendo il lavoro di Malala "osceno". Lei ha proclamato che Obama è il suo ideale e per questo sarà nuovamente colpita anche se questa volta è rimasta solo ferita". Infine Ehsan aveva ammonito che quello che avevano fatto quel giorno doveva essere visto come "un forte messaggio nel senso che i talebani non dimenticano mai né perdonano chi parla contro di loro". L'esercito pakistano ha riconquistato il controllo della valle di Swat nel luglio 2009, dopo due anni di violenze dei talebani, che avevano vietato alle bambine di frequentare la scuola. Successivamente, ricordando il periodo in cui i talebani si erano imposti nella regione, Malala raccontò alla BBC il terrore delle ragazzine "di essere colpite con acido al volto o di essere rapite". "Per questo in quel periodo alcune di noi andavano a scuola con abiti normali, non con l'uniforme scolastica, e nascondevamo i libri sotto i nostri veli", ha spiegato Malala. NOBEL PER LA PACE 2014 A MALALA YOUSAFZAY E KAILASH SATYARTHI La studentessa ha dedicato il premio ai bambini e ha chiesto ai primi ministri dei due paesi di essere presenti alla premiazione del 10 dicembre, I giudici del Nobel hanno deciso di dedicare questa edizione del Premio alla lotta contro lo sfruttamento dei minori per fini economici: i bambini devono "andare a scuola e non essere sfruttati finanziariamente" hanno scritto nelle motivazioni. Durante una conferenza stampa a Birmingham, dove vive e studia, la pakistana ha dichiarato che è stata una grande sorpresa, esprimendo il suo onore per aver ricevuto il Nobel, aggiungendo che la Notizia la ha resa più forte e coraggiosa. "Non credo che il premio è stato dato solo a La famiglia Yousafzai a Birmingham me, ma a tutti i bambini che non hanno voce, ecco perché parlo a nome loro. Tutti i bambini hanno diritto a ricevere un'istruzione di qualità, a non soffrire, per il loro lavoro minorile. Hanno il diritto di essere felici". Nonostante la sua giovane età, Malala Yousafzay già da anni combatte per i diritti delle bambine all'educazione e attraverso la sua battaglia eroica è diventata una voce guida per i diritti dei bambini all'educazione, dimostrando che anche i giovani possono contribuire a migliorare la situazione. Questa edizione del Nobel per la pace vuole trasmettere anche un messaggio di pace tra due paesi ormai in guerra dal 1947: l'India e il Pakistan. I due premiati sono un indù e una musulmana, a simboleggiare la possibilità di dialogo tra due paesi che combattono ancora oggi per il controllo della regione di confine del Kashmir. Federico Mantica – Luca Montrasio – Luca Redaelli IN DIFESA DEI MINORI E DELLE DONNE Malala: la più giovane vincitrice del Nobel per la Pace Se alle nuove generazioni non verranno date le penne, i terroristi daranno loro le pistole Un Nobel per i più giovani e deboli... … per il coraggio e la determinazione … per un futuro migliore Malala Yousafzay, giovane attivista e studentessa pakistana è entrata nella storia per aver ricevuto il premio Nobel per la pace 2014. Il comitato norvegese premia il coraggio e la dedizione che hanno accompagnato la giovane nella sua lotta durata diversi anni per il diritto delle bambine all’istruzione: “Nonostante la sua giovinezza, Malala Yousafzay ha già combattuto per diversi anni per il diritto delle bambine all'istruzione, ed ha dimostrato per esempio che anche i bambini e i giovani possono contribuire a migliorare la propria situazione. Questo l’ha fatto nelle circostanze più pericolose. Attraverso la sua eroica lotta è diventata una portavoce di primo piano per i diritti delle bambine all'istruzione. (...) La lotta contro la repressione e per i diritti dei bambini e degli adolescenti contribuisce alla realizzazione della "fraternità tra le nazioni" che Alfred Nobel cita nel suo testamento come uno dei criteri per il premio.” In questo modo il Comitato norvegese per i Nobel ha riconosciuto alla giovane la sua lotta contro la repressione dei bambini e dei giovani e per i diritti di tutti i bambini all’istruzione. Malala ha continuato a sostenere la sua lotta anche nelle circostanze più pericolose. Infatti rimase portavoce della propria protesta dimostrando di non temere nemmeno il peggiore dei mali che i suoi nemici avrebbero potuto recarle: “Non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è istruzione. E non ho paura di nessuno.” Da queste parole emerge la sua grandissima determinazione nel portare a compimento la sua causa per l’istruzione dei bambini anche in seguito al grave attentato subito nel 2012. Neppure quelle tre pallottole l’hanno fatta tacere e nemmeno la paura l’ha sopraffatta, anzi, da quel giorno la paura è scomparsa lasciando posto al coraggio e alla volontà di agire e schierarsi per cambiare una volta per tutte le cose in meglio, per prendere le difese di quei bambini e di quelle bambine che non chiedono altro che avere la possibilità, come molti loro coetanei nel mondo, di poter godere di un’adeguata istruzione, per poter un giorno, imparare a svolgere un mestiere che possa garantire a loro, e alla propria famiglia, la possibilità di avere un posto dove vivere. Il grande obbiettivo raggiunto da questa ragazza ci da la possibilità di riflettere su quanto lavoro, forza di volontà, valore ed eroismo ci sono voluti per dare vita all'organizzazione “Malala found” da lei fondata per i diritti dei bambini all’istruzione, battendosi contro un nemico molto più grande di lei e, non sottovalutiamo, quando tutto è iniziato era a mala pena una ragazzina che voleva frequentare la scuola. Pochi anni dopo, a soli 17 anni, è premio Nobel per la pace e la sua opera è appena incominciata, e neppure gli ostacoli più grandi possono deviarne il percorso, in quanto adesso non è più sola nella sua lotta, avendo concentrato verso di essa l’attenzione di tutto il mondo che non ne potrà restare semplice spettatore, ma ne dovrà diventare finalmente partecipe. Le sue parole di infiammano l’ONU Aveva festeggiato il suo sedicesimo compleanno, il 12 luglio, pronunciando un discorso all’assemblea dell’ONU a New York. Già diventata simbolo dell’istruzione per i bambini e l’emancipazione femminile, durante la conferenza, affrontò diverse tematiche. Prima fra tutte, la richiesta a tutte le nazioni sviluppate di aiuto ai paesi in via di sviluppo perché tutti i bambini possano essere istruiti. Pur rimanendo calma e pacata nelle parole affrontò i talebani, principale minaccia dei diritti dei bambini e delle donne, raccontando la sua esperienza; il 9 ottobre 2012, venne colpita da un proiettile sparato da un talebano che le ha cambiato la vita. Le sue ambizioni e i suoi obiettivi sono rimasti gli stessi, aprendosi al coraggio e lasciando la debolezza. Sostenne che i talebani temono le donne e l’istruzione perché hanno paura del loro potere. Seguendo la pratica della non-violenza affermò: “Io non sono contro nessuno. Nemmeno contro i terroristi (…). Non odio neppure il ta- lebano che mi ha sparato. Anche se avessi una pistola in mano ed egli mi stesse davanti e stesse per spararmi, io non sparerei”. Con le sue parole, la giovane Malala, vuole rappresentare tutti coloro che non vengono ascoltati e che sono costretti a subire ingiustizie. La sua bontà e unione fraterna vengono sottolineate dal fatto che chiama tutti gli uomini fratelli e sorelle, dimostrando che, nonostante la giovane età, questa ragazza ha le idee chiare sul futuro e pensa ad un mondo unito senza guerre in cui tutti vivono uniti. Durante quella sessione speciale delle Nazioni Unite, il giorno del suo compleanno fù denominato “Malala day”, ma lei stessa all’inizio del discorso precisò che doveva essere “la giornata di ogni donna, di ogni bambino, di ogni bambina che ha alzato la voce per reclamare i suoi diritti”. L’evento fu trasmesso in diretta e lei e la sua famiglia ricevettero le congratulazioni da tutto il mondo. Malala all'ONU www.malala.org IL BLOG Malala al lavoro per i Siriani rifugiati in Giordania Malala Yusafzai inizia a scrivere il suo blog all’età di undici anni, quando nel 2007, i talebani, hanno occupato la valle dello Swat imponendo la chiusura di tutte le scuole femminili. Firmandosi con lo pseudonimo di Gul Makai, nome di una leggendaria eroina locale, racconta le difficoltà e le peripezie che lei e le altre bambine sono costrette ad affrontare per studiare. Ad esempio il dottore della sua scuola, una delle poche a essere rimasta funzionante, aveva raccomandato alle allieve di non mettere l’uniforme per non farsi notare più del dovuto e poter proseguire, con discrezione, a insegnare. Ritiene infatti molto importante l’istruzione, soprattutto quella dei più piccoli: la loro formazione è a rischio. È possibile che al posto di una penna per scrivere, alle nuove generazioni, venga data un’arma per uccidere. Questo è il timore più grande. Tutto il clamore suscitato sul web, porta i talebani ad attentare alla vita della coraggiosa Malala che però è forte, non ha paura, e lo dimostra ribadendo sul web, con la sua fondazione, le sue iniziative e le sue valorose idee. Idee che le hanno permesso di unirsi alla lista dei grandi nomi dei Nobel per la pace all’età di soli diciassette anni! Andrea Briani – Andrea Colombo – Andrea Sarati INDIA E PAKISTAN 70 anni di ostilità ma... da Oslo una speranza di pace per il futuro? L’occasione preziosa del Nobel L’assegnazione del Premio Nobel per la Pace 2014 a un indiano, Kailash Sathyarti, e a una ragazza pakistana, Malala Yousafzay, ha molteplici cause. La principale è naturalmente quella di conferire ai due premiati un riconoscimento per i loro sforzi e le loro lotte, rispettivamente contro la schiavitù dei bambini e a favore dell’istruzione femminile. Tuttavia, non è un caso che il Comitato del Nobel abbia scelto proprio un uomo e una donna di queste due nazioni. Fin dal 1947 (anno dell’indipendenza delle colonie indiane dall’Impero Britannico e della conseguente secessione tra India e Pakistan), infatti, i rapporti tra Nuova Dehli e Islamabad sono stati molto ostili, per vari motivi (religiosi, territoriali …). Nel corso dei decenni successivi, le zone di confine sono state teatro di numerose guerre, scontri e massacri, e tutt’oggi tra i due Stati ci sono questioni e contese ancora aperte. Il conferimento del Nobel a un rappresentante di ciascuna delle due parti vuole essere un ulteriore simbolo di pace e un’occasione di riconciliazione. Le origini del conflitto: la decolonizzazione Nella seconda metà dell’Ottocento il territorio che attualmente comprende India e Pakistan era sotto il dominio dell’Impero Britannico, governato da un vicerè. Al termine della Seconda Guerra Mondiale ebbe inizio un processo mondiale di decolonizzazione. Anche l’India aumentò le pressioni sulla Gran Bretagna per ottenere l’indipendenza. Due anni dopo la fine della guerra, il Regno Unito cedette, e il 24 maggio 1947 Lord Louis Mountbatten fu nominato ultimo Vicerè dell’India dal Primo Ministro Clement Attlee, con l’incarico di assicurare una decolonizzazione pacifica. Tuttavia il popolo indiano era profondamente diviso tra due comunità religiose: quella indù e quella islamica. La Gran Bretagna era quindi in una posizione molto scomoda: entrambe le comunità chiedevano l’indipendenza, ma gli inglesi temevano che, appena se ne fossero andati, induisti e musulmani si sarebbero massacrati a vicenda. Nel tentativo di evitare una strage, Mountbatten propose di creare due Stati distinti: uno totalmente indù (l’India) e uno totalmente islamico (il Pakistan). Gandhi si oppose, dato che era sua intenzione creare uno Stato unito dove i fedeli di entrambe le religioni potessero convivere pacificamente, ma alla fine dovette accettare. Il 15 agosto 1947, la Gran Bretagna concesse l’indipendenza. La secessione tra i due Stati ebbe luogo immediatamente. Il nuovo Stato del Pakistan, totalmente islamico, comprendeva due regioni distanti e separate: una a ovest dell’India (Pakistan Occidentale) e una a est (Pakistan Orientale).Tuttavia, la strage ci fu. Infatti, la divisione del territorio dell’ex colonia comportò un gigantesco e drammatico esodo di Gandhi durante un discorso indù che vivevano nel neoPakistan verso l’India, e una migrazione di musulmani nel verso opposto. I trasferimenti forzati di 17 milioni di persone comportarono molti scontri e un totale di mezzo milione di vittime. Il Kashmir: una regione contesa Nella storia di India e Pakistan si contano almeno quattro conflitti armati veri e propri in circa mezzo secolo, tutti piuttosto brevi, ma alcuni molto violenti. Di queste quattro guerre, ben tre avevano come obiettivo il controllo del Kashmir, una regione di confine dalla posizione strategica. Il primo conflitto scoppiò nel 1947, appena pochi mesi dopo l’indipendenza, in seguito al tentativo di annessione della zona da parte del Pakistan. Il mahrajà che governava il Kashmir, che pure avrebbe preferito rendersi indipendente da entrambi gli Stati, fu costretto a chiedere protezione all’India. La guerra che ne seguì durò fino all’aprile 1948, quando il trattato di pace dell’ONU divise la regione tra i due contendenti (vedi cartina). Nei decenni successivi nella regione si svolsero numerosi piccoli scontri ai confini, senza dichiarazioni di guerra formali. Per due volte, tuttavia, l’ostilità rischiò di sfociare in una guerra su vasta scala. Infatti nel 1965 e nel 1999 il Pakistan violò il territorio indiano, attraverso l’infiltrazione di truppe che occupassero zone strategiche e fomentassero rivolte popolari nel Kashmir controllato dall’India, provocando la reazione militare di questa. In entrambi i casi l’intervento diplomatico dell’ONU o di nazioni estere spinse il Pakistan a ritirare l’attacco. Tuttavia ci furono molte vittime, soprattutto nella guerra del 1965, che vide fra l’altro l’impiego di numerosissimi carri armati. Un altro fatto degno di nota è che entrambi i Paesi sono in possesso di testate nucleari (l’India dal 1974 e il Pakistan dal 1998); sebbene fortunatamente esse non siano mai state uste in guerra, nessuno dei due Stati ha aderito al Trattato di Non Proliferazione dell’Energia Nucleare, nato per limitare l’uso di queste armi nei Paesi contraenti. La rivalità atomica contribuisce in gran parte all’ostilità reciproca. Un nuovo Stato Al contrario degli altri, il conflitto del 1971 non aveva come obiettivo l’egemonia sul Kashmir. La guerra scoppiò infatti a causa degli scontri nella regione del Bengala, allora sotto il controllo del Pakistan Orientale. 10 milioni di bengalesi infatti, oppressi dal governo pakistano, si rifugiarono in India e chiesero protezione. Interessata a indebolire lo Stato nemico, l’India decise allora di intervenire militarmente. La guerra fu di grande importanza poiché portò alla dissoluzione del Pakistan Orientale e alla nascita dello Stato del Bangladesh. Riccardo Cappella – Mattia Maiocchi L'ISTRUZIONE FEMMINILE UN DIRITTO NEGATO Principale causa dell’esclusione scolastica delle bambine è la discriminazione di genere. Tutti i minori devono spesso superare ostacoli nell’accesso all’istruzione, ma, di norma, e a parità di altri fattori, gli ostacoli che incontra una bambina sono più frequenti e penalizzanti. Analizziamo i motivi che più ricorrono a determinare il divario fra i sessi nelle scuole di molti Paesi in via di sviluppo. LA DISCRIMINAZIONE VERSO LE DONNE LA VITA SOTTO I TALEBANI Povertà familiare Legge islamica Per una famiglia a basso reddito, ogni figlio che va a scuola comporta la perdita di una fonte di guadagno per la famiglia e un aiuto minore per i compiti domestici. Quando poi la scuola diventa un costo alto, per via delle tasse di iscrizione o delle spese per i libri, l'uniforme o i pasti, è facile che una famiglia debba scegliere quali figli debbano continuare a studiare. Di fronte alla scelta di mandare a scuola il fratello o la sorella, è probabile che i genitori dedichino le risorse disponibili all'istruzione del figlio maschio, convinti che questo sia l'unico investimento che renda a lungo termine. Una volta al potere, i talebani istituirono la shari’a (legge islamica). In base a un decreto emanato nel dicembre del 1996 e che si richiamava esplicitamente al classico precetto di «comandare il bene e punire il male», si tornò a far ricorso all’amputazione di una o di entrambe le mani per il reato di furto e alla lapidazione per gli adulteri conclamati. I talebani bandirono inoltre tutte le forme di spettacolo televisivo, immagini, musica e danza, anche in occasione delle tradizionali cerimonie nuziali. Era illegale portare la barba troppo corta o radersi del tutto mentre era severamente punito il tagliare i capelli alla moda "occidentale". Il gioco d'azzardo fu bollato come stregoneria e fu severamente punito il non pregare nei momenti di elezione della salat (preghiera islamica canonica). Spose bambine Matrimoni e gravidanze precoci costringono ogni anno migliaia di adolescenti ad abbandonare gli studi. Per loro, la condanna all'analfabetismo si somma alla sottomissione quotidiana al marito e alla sua famiglia. Ad aggravare la situazione di queste ragazze vi sono a volte leggi arretrate che vietano alla giovane che ha partorito di tornare a frequentare la scuola. Timori di violenze e disonore Fra le ragioni per cui la famiglia può preferire che una bambina non vada a scuola vi sono anche preoccupazioni per la sua sicurezza o per l'onorabilità familiare. Se il tragitto dal villaggio all'aula è ritenuto troppo lungo o esposto a pericoli, se a scuola si verificano fenomeni di bullismo o punizioni corporali degli allievi, ma anche se mancano insegnanti donne o servizi igienici separati, i genitori tendono a ritirare le figlie da scuola. I pericoli nelle emergenze Ancora maggiori sono le barriere che possono ostacolare l'istruzione femminile in situazioni di emergenza, come quelle che si verificano nelle zone teatro di un conflitto o nei campi profughi. In questi casi, la forzata promiscuità e, non di rado, l'assenza di un efficace controllo dell'ordine pubblico, possono rendere le più giovani facili prede di abusi e violenze. In un simile clima, è probabile che le bambine siano tenute segregate e private dell'ambiente educativo e ricreativo, da tutti gli esperti riconosciuto come il più prezioso dei rimedi contro il trauma psicologico e lo stress emotivo. Contro le donne La politica dei talebani prevedeva la proibizione del lavoro femminile e l'esclusione delle ragazze da forme di istruzione mista. Da anni Malala Yousafzai, lotta per questi ideali: è per questo motivo che nel 2012 è stata colpita con armi da fuoco dai talebani. È sopravvissuta e ha continuato la sua lotta, tanto da ricevere il Nobel per la pace nel 2014 insieme all’indiano Kailash Satvarthi. Il ministro talebano degli Affari Religiosi, al-Hajj Maulwi Qalamuddin, dichiarò al New York Times che: «Ad una nazione in fiamme il mondo vuol dare un fiammifero. Perché c'è tutta questa preoccupazione per le donne? Il pane costa troppo. Non c'è lavoro. Anche i ragazzi non vanno a scuola. Eppure sento solo parlare delle donne. Dov'era il mondo quando qui gli uomini violavano tutte le donne che volevano?». Questo è ciò che i talebani avevano da dire circa l'istruzione: «Contrariamente a quanto riportato dalla stampa circa l'istruzione delle ragazze, le cifre ottenute dal settore dell'educazione in Afghanistan, rivelano che l'istruzione femminile nelle zone rurali è in crescita. Secondo una ricerca condotta dal Comitato Svedese per l'Afghanistan (SCA), quasi l'80% delle scuole femminili situate nelle aree rurali sotto l'amministrazione dello Stato Islamico sta operando a pieno regime.» Un rapporto dell’UNESCO ha rivelato che: «L'editto dei talebani sull'educazione femminile ha portato ad un calo del 65% nelle loro iscrizioni. Nelle scuole gestite dal Direttorato dell'Educazione, solo l'1% degli studenti è composto da ragazze. Anche la percentuale di insegnanti donne è scivolata dal 59,2 per cento del 1990 al 13,5 per cento del 1999». Un portavoce dei talebani sostenne che: «Le strutture sanitarie per le donne sono aumentate del 200% durante l'amministrazione dei talebani. Prima che il Movimento Islamico dei talebani prendesse il controllo di Kabul, c'erano solo 350 letti negli ospedali della città. Attualmente ci sono più di 950 letti per le donne in ospedali a loro riservati». I sostenitori dei talebani suggeriscono che la depressione e gli altri problemi che affliggevano le donne afgane erano il risultato dell'estrema povertà, degli anni di guerra, dell'economia disastrata, e del fatto che molte si trovavano ad essere vedove di guerra, e non potevano più provvedere alle loro famiglie senza qualche forma di aiuto internazionale. Per uscire di casa dovevano utilizzare il burqua, un abito spesso e molto lungo che copre tutto il corpo fino ai piedi, e lascia solo una piccola reticella davanti agli occhi. Le bambine dovevano usare il chador, un velo che copre solo il capo. Le donne per uscire di casa dovevano essere accompagnate da un uomo. Marco Bassani – Luca Giussani IL POTERE DELL'ISTRUZIONE LA PENNA CONTRO LA SPADA Malala Yousafzai è nata in Pakistan il 12 luglio del 1997.Grazie all'educazione che le ha impartito la sua famiglia, è cresciuta sviluppando fiducia in se stessa, senso della giustizia e rispetto per gli altri. È proprio grazie all'esempio dei suoi genitori, che è riuscita a diventare quella che è oggi. Aveva solo undici anni quando ha deciso di iniziare ad alzare la voce, con il suo blog per la BBC, in cui denunciava l'oppressivo regime dei talebani pakistani. Da quel momento non ha mai avuto paura di far sentire al mondo intero la sua opinione ... e il mondo l'ha ascoltata! L'ISTRUZIONE PER TUTTI DISCORSO ALL'ONU IL MONDO SECONDO MALALA Dopo l'attentato, è tornata più determinata di prima, ed è stata invitata dall'Onu al Palazzo di Vetro per testimoniare la sua esperienza. Ha commosso e incantato tutti, hanno colpito infatti la sua maturità e la sua consapevolezza. "Oggi non è il mio giorno, è il giorno di tutti coloro che combattono per i propri diritti. I talebani non mi ridurranno mai al silenzio e non uccideranno i miei sogni. Sono qui e oggi parlo per tutti coloro che non possono far sentire la propria voce. Pensavano che quel proiettile ci avrebbe fatto tacere per sempre, ma hanno fallito. [...] Capiamo l'importanza della luce quando vediamo l'oscurità, della voce quando veniamo messi a tacere. Allo stesso modo nel Pakistan abbiamo capito l'importanza di penne e libri quando abbiamo visto le pistole. La penna è più forte della spada. È vero che gli estremisti hanno e avevano paura di libri e penne. Il potere dell'istruzione fa loro paura. E hanno paura delle donne: il potere della voce delle donne li spaventa. La pace è necessaria a fini dell'istruzione, il terrorismo e i conflitti impediscono di andare a scuola. Noi siamo stanchi di queste guerre. Chiediamo ai leader di tutto il mondo di cambiare le politiche strategiche a favore di pace e prosperità, che tutti gli accordi tutelino i diritti di donne e bambini. Chiediamo a tutti i governi di assicurare l'istruzione obbligatoria e gratuita in tutto il mondo a ogni bambino, di lottare contro il terrorismo e la violenza, ai Paesi sviluppati di sostenere i diritti all'istruzione per le bambine nei Paesi in via sviluppo. Chiediamo a tutte le comunità di respingere i pregiudizi basati su caste, sette, religione, colore, genere... Chiediamo ai leader L'intervento all'ONU il 12 luglio 2013 di tutto il mondo di assicurare sicurezza alle donne, perché non possiamo avere successo se metà di noi subisce torti. E chiediamo a tutte le sorelle di essere coraggiose, comprendendo il loro pieno potenziale e agendo." Malala Yousafzai: una vita ancora tanto breve, ma alquanto intensa. La ragazza appena insignita del Premio Nobel per la pace non ha solo trattato di temi riguardanti la sua patria, ma crede fermamente alla lotta per i diritti di donne e bambini e per la pace in tutto il mondo, in ogni contesto sociale e politico. Ecco dunque alcune delle sue più significative dichiarazioni. 29 marzo 2013. "Come mio padre, sono sempre stata incline alle fantasticherie e anche in classe, a volte, la mia immaginazione prendeva il volo: mi vedevo percorrere quegli scalini quando all’improvviso un terrorista saltava fuori e mi sparava. Mi domandavo cosa avrei fatto, in tal caso. Forse mi sarei tolta una scarpa e l’avrei usata per picchiarlo… Ma subito dopo mi dicevo che se l’avessi fatto non ci sarebbe stata differenza tra me e un terrorista. Avrei fatto meglio a dirgli: Va bene, sparami pure, ma prima ascoltami. Quello che stai facendo è sbagliato. Io non ho niente contro di te. Voglio semplicemente che tutte le ragazze vadano a scuola.” 10 ottobre 2014. Le prime parole dopo aver ricevuto il Premio Nobel: “Questo premio è per me un incoraggiamento ad andare avanti. Significa che siamo tutti uniti nell’assicurarci che tutti i bambini ricevano un’educazione di qualità. Provo orgoglio per essere la prima pachistana ad avere avuto il Premio Nobel. Questo riconoscimento non è un punto d'arrivo ma l'inizio di una più forte battaglia per i diritti dei bambini allo studio. Ce ne sono 57 milioni che non possono studiare". «SEDERMI A SCUOLA A LEGGERE LIBRI È UN MIO DIRITTO. VEDERE OGNI ESSERE UMANO SORRIDERE DI FELICITÀ È IL MIO DESIDERIO. IO SONO MALALA. IL MIO MONDO È CAMBIATO. MA IO NO.» È presto divenuto un libro richiestissimo a livello mondiale quello scritto dalla giovane pakistana riguardo alla sua storia. "Io sono Malala" - questo il titolo - contiene tutte le sue esperienze, i suoi pensieri e le sue emozioni, espresse senza paura di far sentire la propria voce: "Avevo dieci anni quando i talebani arrivarono nella nostra valle. Moniba e io avevamo cominciato a guardare insieme i film della serie Twilight, e volevamo assolutamente diventare vampire. Anche i talebani ci sembrarono arrivare di notte come vampiri. Apparvero a gruppi, armati di coltelli e kalashnikov." Arrivarono così, i talebani, a distruggere la vita di Malala e di altre ragazzine come lei, ma anche di uomini, donne, anziani e bambini, all'improvviso, silenziosi e insospettabili, almeno inizialmente. Ma ben presto si sono fatti notare, hanno iniziato il loro progetto di controllo del territorio, incuranti dei danni che arrecavano, specie alle donne. Fu allora che Radio Mullah cominciò a occuparsi delle scuole. “La signorina Tal dei Tali ha smesso di andare a scuola e andrà in paradiso, diceva. [...] Io e le mie amiche proprio non riuscivamo a capire perché la cosa dovesse essere tanto sbagliata." E ancora: "Le donne sono tenute ad assolvere ai loro doveri nella casa. Solo in casi di emergenze dovrebbero uscire, ma allora devono mettere il velo. [...] Io ero confusa. Nel Santo Corano non c'è scritto che solo gli uomini possono andare fuori mentre le donne dovrebbero lavorare tutto il santo giorno in casa." Ma non era finita qui, il progetto dei talebani continuava verso nuove follie. Malala però era determinata, decisa a combattere e resistere: "Nel mio cuore ero sicura che Dio mi avrebbe protetta. Se parlo in difesa dei miei diritti, dei diritti di tutte le ragazze come me, non sto facendo niente di male. Anzi, è mio dovere farlo. [...] Se un uomo può distruggere e rovinare tutto, perché una sola ragazzina non può cambiare le cose? E ogni sera pregavo Dio di darmi la forza." La consapevolezza di ciò che sta accadendo iniziò a farsi strada in Malala, e lei cominciò a rilasciare dichiarazioni, interviste, a esporsi in prima persona. "Io non riuscivo a capire che cosa stessero cercando di fare i talebani. Stanno abusando della nostra religione, dissi nel corso di un'intervista. come è possibile accettare l'Islam se c'è qualcuno che ti punta un fucile alla testa e ti dice che è l'unica vera religione? Se vogliono che tutte le persone del mondo diventino musulmane, perché non mostrano al mondo di essere loro stessi dei buoni musulmani?". La sua battaglia continuava, era conosciuta ormai, e iniziò a collaborare per la BBC scrivendo su un blog le sue impressioni, emozioni, la sua vita di tutti i giorni in quella drammatica situazione. "La mia prima pagina di diario fu pubblicata il 3 gennaio 2009. Il titolo era: Ho paura”. Poi l'attentato. Ma Malala è sopravvissuta, è tornata, ed ora è pronta a continuare a scrivere la storia. Edoardo Ballabio - Riccardo Brivio - Andrea Monti KAILASH SATYARTHI UNA VITA PER I BAMBINI Una vita a favore dei diritti umani La sua formazione Kailash Satyarthi è nato l'11 gennaio del 1954 a Vidisha, nel distretto di Madhya Pradesh in India. Ha studiato ingegneria elettrica presso l'istituto tecnologico Samrat Ashok di Vidisha, ha proseguito poi i suoi studi post-laurea in ingegneria dell' alta tensione. Dopo aver insegnato per pochi anni in una scuola di Bhopal, nel 1980 lascia la carriera di insegnante per diventare Segretario generale del Fronte di Liberazione della Schiavitù per Debiti (Bonded Labor Liberation Front). Nello stesso anno ha anche fondato il movimento Bachpan Bachao Andolan (Missione Salvare l' Infanzia). Satyarthi è un attivista dei diritti umani che lotta contro il lavoro minorile dagli anni '90. La sua azione ha permesso di liberare almeno 80.000 bambini dalla schiavitù, favorendo la reintegrazione sociale. Dal 1999 al 2011 è stato presidente della coalizione internazionale Campagna Globale per l'Educazione, poiché uno dei quattro fondatori insieme ad ActionAid, Oxfam e la Internazionale dell'Educazione. Promotore poi del network Rugman (primo sistema volontario di etichettatura, monitoraggio e certificazione di tappeti fabbricati senza l'utilizzo di lavoro minorile) ha promosso una campagna in Europa e negli Stati Uniti tra la fine del 1980 e l'inizio del 1990 con l'intento di aumentare la consapevolezza dei consumatori delle questioni relative alle responsabilità delle multinazionali in materia di consumo e commercio socialmente responsabile. Egli si è espresso in merito al lavoro e allo sfruttamento minorile sostenendo che questo genera povertà, disoccupazione, analfabetismo, crescita incontrollata della popolazione e altri problemi sociali. Negli oltre 25 anni di attività a difesa dei diritti dei minori, Satyarthi ha partecipato a numerose campagne internazionali come la Marcia Globale contro il lavoro minorile attirando verso di sé l'attenzione dei media di tutto il mondo. Nel maggio del 2004 a Firenze intervenne come presidente della Marcia, ad un convegno organizzato da CGIL, CISL, UIL, Mani Tese in cui sostenne che “basterebbero tre giorni di spesa militare mondiale, pari a 11 milardi di dollari, per far sparire la piaga del lavoro minorile attraverso l'istruzione data ai 246 milioni di bambini lavoratori”. La sua organizzazione Bachpan Bachao Andolan ha pubblicato nel dicembre del 2011 uno studio dove denuncia che in India scompaiono 11 bambini ogni ora perché vittime del vasto traffico di esseri umani esistenti nel Paese. Kailash ha dedicato il Nobel ai bambini che vivono in schiavitù e ha dichiarato dall'India Cnn-Ibn, poco dopo l'annuncio a Oslo. “È un onore per tutti quei bambini che soffrono in schiavitù, vittime del lavoro forzato e dei traffici” PREMI ED ONORIFICENZE -1993 Eletto Ashoka Fellow (USA) Kailash Satyarthi nel giorno della sua nomina così risponde sul perché abbia scelto di intraprendere questa battaglia. “Tutto è nato dalla compassione, quando avevo cinque o sei anni. Per la prima volta, nella mia città natale ho visto un bambino che aveva la mia stessa età lavorare con il padre; proprio davanti alla mia scuola. Provavo un sentimento contraddittorio: da una parte io ero contento e studiavo con gioia, dall’altra c’era lui che, invece, lottava per la sua infanzia e per il suo sostentamento. Chiesi ai miei genitori e al mio maestro come fosse possibile e mi diedero la stessa risposta: sono bambini poveri e quindi lavorano. Non mi convinsero. Un giorno chiesi al padre di quel bambino, come mai non mandasse il figlio a scuola; mi guardò come se gli stessi facendo una domanda assurda e mi rispose: noi siamo nati per lavorare. Rimasi stupito ed attonito. Perché qualcuno era nato per lavorare mentre io, invece, me ne andavo a scuola sereno? Queste domande mi hanno sempre accompagnato e il non aver trovato una risposta convincente mi ha portato a iniziare a combattere”. -1994 Premio internazionale per la pace Aachener (Germania) -1995 Premio Trumpeter (USA) -1995 Premio per i diritti umani Rober F. Kennedy (USA) -1998 Premio Golden Flag (Paesi Bassi) -1999 Premio della fondazione Friedrich Ebert (Germania) -2002 Medaglia Wallenberg dell'Università del Michigan (USA) -2006 Premio Freedom (USA) -2007 Medaglia d'oro del Senato della Republicà (Italia) -2007 Inserimento della lista degli “Eroi che combattono per la fine della schiavitù dei tempi moderni” del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America (USA) -2008 Premio internazionale Alfonso Comin (Spagna) -2009 Premio Difensori della Democrazia (USA) -2014 Premio Nobel per la Pace Kailash Satyarthi durante la Marcia Globale contro il lavoro minorile Imtiyaz comes from a very poor, illiterate family. His father worked at a bangle factory, but his salary was too low to provide for Imtiyaz and his siblings. One day, a man from the village convinced Imtiaz’s mother to send the boy along with him, promising her, he would get education in return for a few hours of work. Though, instead of going to school, Imtiyaz was forced to work for more than 16 hours a day and suffered hardship through his boss. It was only after his rescue through BBA that he finally got access to education and found a caring environment in BBA’s rehabilitation center Bal Ashram. Margherita Anastasio – Angela Paldino 8 0 0 0 0 SALVATE E SALVATI DALLA SCHIAVITÙ LE ASSOCIAZIONI FONDATE DA KALIASH LOTTANO PER I DIRITTI DEI MINORI Kailash Satyarthi, sessantenne attivista dei diritti umani, impegnato dagli anni 80 nella lotta contro il lavoro minorile con la sua organizzazione Bachpan Bachao Andolan (BBA). La sua azione ha permesso di liberare almeno 80.000 bambini dalla schiavitù favorendone la reintegrazione sociale. È anche merito suo se molti trattati internazionali e varie legislazioni prendono oggi in considerazione il divieto di lavoro minorile e il diritto all'educazione dei più giovani Lavoro minorile La BBA, fondata nel 1980, ha come scopo quello di “creare una società adatta ai bambini, dove tutti i sono liberi dallo sfruttamento e possono ricevere istruzione gratuita e di qualità. Inoltre si pone l'obiettivo di identificare, liberare, riabilitare, e educare i bambini in schiavitù attraverso un intervento diretto, la partecipazione della comunità, la costruzione della coalizione, l'azione dei consumatori, la promozione di pratiche di commercio etico A questo proposito la BBA ha organizzato proteste e manifestazioni per chiedere una legislazione globale sul lavoro minorile, tra cui il divieto totale di lavoro minorile fino all'età di 14 anni; ha portato anche una manifestazione di massa davanti al Parlamento indiano e, infine, ha ampliato la sua attività di sensibilizzazione in Nepal e Pakistan. Mukti Ashram Una catena di progetti Nel 1990 la BBA ha raggiunto un traguardo importante con l’apertura di Mukti Ashram, il primo centro in India per la riabilitazione dei bambini lavoratori salvati. Questo centro, situato nella periferia di Delhi, fornisce ai bambini salvati un primo rifugio sicuro da cui ripartire per riottenere la fiducia nel loro ambiente e ricongiungersi con i loro genitori. Nella casa a breve termine i bambini ricevono cibo, vestiario, alloggio, assistenza medica, assistenza psicologica e legale e una cura giornaliera Una lezione al centro di Mukti Ashram. Bal Ashram Nel 1997 è stato aperto in Rajasthan (lo stato più grande dell’India) un centro che fornisce una soluzione a lungo termine per gli ex bambini lavoratori. Il fine di Bal Ashram è quello di fornire un’istruzione di qualità, la formazione professionale e lo sviluppo di abilità. Education For All Movimento inaugurato da 164 Paesi nel 2000 durante il Forum mondiale sull’educazione, si propone di espandere e migliorare la cura e l'istruzione di tutti i bambini e le bambine, in particolare di quelli più vulnerabili e svantaggiati, col fine di ottenere, entro il 2015, l'accesso all'istruzione primaria universale obbligatoria, gratuita e di buona qualità per tutti i minori che vivono in condizioni difficili e quelli che appartengono a minoranze etniche. Inoltre vuole garantire che i bisogni educativi di giovani e non siano soddisfatti attraverso un accesso equo a programmi di istruzione e formazione lungo tutto l'arco della vita, affinché si giunga ad un aumento del 50% nell'alfabetizzazione degli adulti. Infine si propone di migliorare tutti gli aspetti della qualità dell'istruzione ed assicurare a tutti l'eccellenza, così che risultati visibili e valutabili siano raggiunti da tutti, specialmente nel leggere, scrivere, contare e in altre abilità essenziali per vivere. La continua attività della BBA ha portato traguardi importanti come la ratifica della legge sul lavoro minorile del 1986 e la Convenzione Oil 182 1999 sull’eliminazione delle forme peggiori di lavoro. Quest’ultima è stata adottata in seguito alla Global March: una vasta campagna nata nel 1998 per combattere lo sfruttamento dell’infanzia e per chiedere l’istruzione gratuita e di qualità per tutti i bambini del mondo. Il movimento è presente in 140 paesi e raccoglie le associazioni di tutto il mondo, portando ad una mobilitazione senza precedenti di tutti gli attori sociali. Un bambino coraggioso Iqbal Masih Iqbal Masih era nato nel 1983 e aveva quattro anni quando suo padre decise di venderlo come schiavo a un fabbricante di tappeti per 12 dollari. Picchiato, sgridato e incatenato al suo telaio, Iqbal inizia a lavorare per più di dodici ore al giorno. In Pakistan è solo uno dei tanti bambini abili e veloci che tessono tappeti e, non potendo protestare, ricevono salari ridicoli. Un giorno del 1992 Iqbal con altri bambini esce di nascosto dalla fabbrica di tappeti e decide di raccontare la sua storia. Il suo racconto fa scalpore e nei giorni successivi viene pubblicato dai giornali locali. Iqbal decide che non vuole tornare a lavorare in fabbrica e prepara una lettera di dimissioni da presentare al suo ex padrone: "Non ho più paura di lui, è lui che ha paura di me, di noi, della nostra ribellione. Da grande voglio diventare avvocato e lottare perché i bambini non lavorino troppo". Iqbal ricomincia a studiare senza interrompere il suo impegno di sindacalista dei minori. Sarebbe diventato un avvocato, ma la storia della sua libertà è breve. Il 16 aprile 1995, domenica di Pasqua, gli sparano a bruciapelo mentre correva in bicicletta nella sua città natale Muridke. Due raffiche di proiettili gli tolgono la vita e Iqbal si accascia sulla bicicletta con cui stava finalmente giocando. "Un complotto della mafia dei tappeti" sarà la tesi sostenuta dopo il suo assassinio. Qualcuno si era sentito minacciato dall'attivismo di Iqbal, la polizia fu accusata di collusione con i responsabili. Di fatto molti dettagli di quella tragica domenica sono rimasti poco chiari. Aveva solo 12 anni. E i suoi assassini sono liberi. Con i 15 mila dollari del Premio Reebok per la Gioventù in Azione ricevuti nel dicembre '94 a Boston, Iqbal voleva costruire una scuola perché i bambini schiavi potessero ricominciare a studiare. Valeria Cattani – Giulia Fantoni – Benedeta Pappadà PREMIATO PER LA VITA DEDICATA AI BAMBINI Il Nobel a Kailash Satyarthi l'eroe della lotta contro lo sfruttamento minorile Ci sono ancora molti, troppi bambini ... Satyarthi e la sua battaglia contro la schiavitù dei bambini Kailash Satyarthi, attivista indiano che si batte per i diritti dei bambini, e Malala Yousafzay, una diciassettenne pachistana hanno ricevuto il Premio Nobel per la Pace 2014 con la seguente motivazione: “Per la loro battaglia contro la repressione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all’educazione”. I giudici del Nobel hanno deciso di dedicare questa edizione del Premio alla lotta contro lo sfruttamento dei minori per fini economici: “I bambini devono andare a scuola e non essere sfruttati finanziariamente. Nei Paesi più poveri del mondo, il 60 per cento della popolazione ha meno di 25 anni di età; ed è un prerequisito per lo sviluppo pacifico del mondo che i diritti dei bambini e dei giovani vengano rispettati. Nelle aree devastate dalla guerra, in particolare gli abusi sui bambini portano al perpetuarsi della violenza generazione dopo generazione”. L'assegnazione del Premio Nobel a Kailash Satyarthi a Oslo IL PALADINO DEI DIRITTI DEI PIÙ DEBOLI Kailash Satyarthi ha dedicato la sua vita ad aiutare i milioni di bambini che in India sono ridotti in schiavitù e costretti al lavoro, grazie anche alla sua associazione “Bachpan Bachao Andolan”, con la quale è stato possibile liberare almeno ottantamila minori dallo sfruittamento, promuovendo la loro reintegrazione sociale. Dopo l'assengnazione ha dichiarato: “Il Nobel ha dato un riconoscimento al problema di tutti questi bambini, visibilità a questo tema e forza agli attivisti di tutto il mondo, ma questo non significa che l'annoso problema del lavoro minorile sia stato risolto. Dobbiamo continuare la nostra lotta. Ogni singolo centesimo del premio in denaro che ho ricevuto verrà devoluto alla nostra causa: la lotta contro il lavoro, la prostituzione e la schiavitù minorile. La sfida più grande è cambiare la mentalità. La gente deve realizzare che i bambini nascono con diritti umani fondamentali. I loro diritti legali e costituzionali devono essere protetti, questa realizzazione deve arrivare”. ‘’Questo premio è un onore per i milioni di bambini che ancora sono in schiavitù, che sono privati della loro infanzia, dell’educazione, ma soprattutto del loro diritto fondamentale alla libertà. Ci sono ancora molti, troppi bambini che lavorano come schiavi nelle fabbriche di mattoni, nelle case, nelle miniere. Spesso rimangono invisibili. Questo premio è per loro, ma è anche per gli indiani: l’India è forse la madre di centinaia di problemi ma è anche la madre di milioni di soluzioni. Penso che dare il premio nobel a una pakistana e a un indiano sia stata una grande decisione, un messaggio che non deve arrivare soltanto ai governi, ma soprattutto ai cittadini. Ho lavorato con organizzazioni pakistane per molti anni, sono stato lì spesso e conosco la gente. Ho sempre pensato che una convivenza pacifica sia e debba essere possibile. Possiamo e dobbiamo vivere in pace nel nome dei comuni valori dell’umanità, soprattutto quando parliamo di infanzia. I bambini devono nascere e crescere nella pace, devono divertirsi e viversi l’istruzione come esseri umani liberi.” Le reazioni internazionali Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha espresso la propria soddisfazione per l'assegnazione del riconoscimento a Satyarthi ricordando al mondo che la necessità di proteggere l'infanzia e i giovani dallo sfruttamento e dall'ignoranza, sono divenuti simboli viventi di un messaggio di civiltà, troppo spesso dimenticato. “I veri vincitori oggi sono i bambini”, ha detto il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon. Il ministro degli Esteri (e futura lady Pesc della Ue) Federica Mogherini nota che si tratta di “una scelta che deve richiamare tutto il mondo, dalla politica alla società civile, a uno sforzo quotidiano di difesa dei diritti umani”. La concessione del premio rappresenta “un forte messaggio rivolto al mondo sull'importanza dell'istruzione nella costruzione di società pacifiche e sostenibili”, commenta la direttrice dell'Unesco, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura, Irina Bokova. “Kailash Satyarthi è un amico, una persona vicino all'Unesco, ed è alla guida dagli anni Ottanta del movimento globale per porre fine alla schiavitù e al lavoro che sfrutta i bambini”. Kailash Satyarthi insieme ad alcuni bambini salvati dalla schiavitù minorile Francesca Agnusdei - Alessia Milani LAVORO MINORILE L'INFANZIA NEGATA “Gli unici strumenti che i bambini dovrebbero usare sono la penna e il libro: sono questi gli strumenti della libertà.” Il lavoro minorile è un fenomeno che coinvolge i bambini di età compresa fra i 5 e i 15 anni in tutto il pianeta. Tale problema si presenta anche in regioni ricche di risorse e con un’economia florida, in cui, però, il reddito pro capite è molto basso Sono circa 150 milioni i bambini che lavorano e di questi 74 milioni svolgono compiti che provocano danni alla loro salute psico-fisica. Non vanno a scuola, non giocano ma lavorano. Si stima che il tasso di analfabetismo nel mondo sia circa il 27%, mentre sale drasticamente nei paesi meno sviluppati (circa il 71%). SFRUTTAMENTO MINORILE INDIA L’India è il paese con il maggior numero di bambini lavoratori al mondo. È difficile rintracciare dati veritieri: spesso i censimenti mostrano risultati totalmente opposti tra loro e magari risalgono ad anni piuttosto lontani. Quello che è certo è che vi è un numero Un bambino indiano impiegato nella tessitura. ingente di impiego minorile e i bambini sono autorizzati a fare lavori leggeri, ma rimangono spesso vittime o della schiavitù per debiti o del lavoro forzato; altri possono rimanere vincolati a causa di abuso sia fisico che emotivo e sessuale, vengono in tal modo a perdere ogni libertà. Solitamente i bambini al di sotto dei 15 anni vengono utilizzati per compiere lavori non specializzati; il 45% viene concentrato nel settore agricolo e il restante è impiegato in processi manifatturieri o altri lavori. Kailash Satyarthi ha fondato nel 1980 l'ONG Bachpan Bachao Andoland, un movimento per la salvaguardia dell'infanzia. In questi trenta anni di attività è riuscito a salvare dallo sfruttamento 83500 bambini, di cui 1380 solo lo scorso anno. AFRICA In Africa 8 bambini su 21 lavorano e la metà di questi lo fa a tempo pieno. La regione Sub sahariana è quella con il più elevato tasso di lavoro minorile: più di un terzo dei bambini di età compresa tra 5 e 14 anni è sfruttato nelle forme più pericolose di lavoro. La povertà diffusa, i conflitti, le carestie, l’HIV-AIDS, così come la violenza domestica, stanno costringendo sempre più i bambini ad abbandonare le proprie case per vivere e lavorare in strada. Molti altri finiscono in situazioni meno visibili AMERICHE Negli Usa i ragazzi sotto i 18 anni non possono acquistare sigarette, ma a dodici possono lavorare legalmente nelle piantagioni per un numero illimitato di ore, a condizione di avere il permesso dei genitori e che sia al di fuori dell'orario scolastico. In tutti gli altri settori, invece, l'età minima per cominciare a lavorare è 14 anni. Quel che è assurdo è che spesso non percepiscono neanche il salario minimo di 7,25$. In America Latina si stimano circa 5,7 milioni di bambini lavoratori e nel solo Perù sono circa 3 milioni, tra i 6 e i 17 anni. Essi lavorano nell’agricoltura, nei mercati, appoggiano i genitori nelle loro attività e vendono caramelle per le strade. di sfruttamento, di lavoro domestico, nelle fattorie, nelle miniere o anche in gruppi armati. Lo scarso accesso dei bambini africani all’istruzione è principalmente dovuto all’insufficiente numero di scuole, all’impossibilità delle famiglie di sostenere i costi per l’istruzione, alla necessità per molti bambini di lavorare per guadagnarsi da vivere, ai matrimoni precoci (che impediscono alle bambine di continuare gli studi) e alla discriminazione che colpisce milioni di bambini orfani a causa dell’AIDS. EUROPA Il numero di bambini e bambine che lavorano nel mondo, suddivisi per fasce d'età. ASIA Inservienti in Nepal, produttori di tappeti in India, impiegati nelle officine tessili in Bangladesh o nelle industrie ittiche in Indonesia, prelevati dalla Cambogia, dalla Cina, dal Laos, da Myanmar e dal Vietnam e costretti a lavorare nelle case di piacere in Thailandia oppure vendute nei bordelli di Bombay, Calcutta e Delhi. Questi alcuni esempi delle vite che devono condurre tanti bambini in Asia. È proprio qui, infatti, che vi è la maggiore concentrazione del lo sfruttamento minorile, come rilevato dall’ Internatio- nal Labour Office, ben il 61%. Oltre 40 di queste attività sono considerate pericolose e spesso le condizioni di lavoro sono la causa di gravi malattie. Il problema è di particolare entità nell’Asia meridionale e non vi sono segnali di miglioramento per l'alto livello di povertà, della debolezza del sistema scolastico e di abitudini e tradizioni difficili da superare. Ci sono stati, però, dei cambiamenti strutturali nelle attività svolte e si sono riscontrati soprattutto in quei paesi investiti da rapide riforme eco- nomiche. Ad esempio, la diminuzione dell’impiego dei bambini nelle campagne è stato seguito da un aumento del loro sfruttamento nell’ industria manifatturiera, dove sono sottoposti ad orari di lavoro estenuanti ed inflessibili che privano il bambino della possibilità di frequentare la scuola. Inoltre, i casi di bambini che lavorano 24 ore alla settimana è notevolmente diminuito a favore di una tendenza che vede l’aumento di bambini impiegati 44 ore la settimana. BAMBINI E BAMBINE SOLDATO Ci son bambini che giocano alla guerra e altri che combattono davvero. Sostituiscono penne e matite colorate con fucili che sparano realmente, l’addestramento militare prende il posto della scuola e il terrore della morte rimpiazza la spensieratezza del gioco. Sono circa 300 mila i bambini-soldato di cui il 40% bambine. Sono minori che divengono di proprietà; personalità modellate sulla base dell’impiego che ne serve. Parliamo, infatti, di un reclutamento senza scrupoli, che avviene attraverso ignobili metodi di persuasione o, più semplicemente, servendosi del rapimento diretto. Particolarmente a rischio sono i bambini senza tetto, corruttibili dalle promesse di poter ottenere indumenti e cibo, destinati, inoltre, a suscitare minor reazione pubblica. Questi bambini e bambine soldato vengono drogati, maltrattati, abusati e dimostrano disturbi fisici e mentali, irrequietezza e disorientamento. PROSTITUZIONE MINORILE Minore in fabbrica in Albania. In Europa lo sfruttamento minorile non è affatto scomparso, al contrario è in aumento a causa della crisi economica. La maggioranza degli Stati europei ha leggi contro il lavoro dei minori che però non vengono applicate. In Italia sono 260.000, più di 1 su 20, i ragazzi sotto i 16 anni coinvolti in questa attività. In Albania la percentuale è del 19% e in Georgia sale al 29%, mentre il governo russo stima che ci siano circa un milione di minori che lavorano. Il centro principale della prostituzione minorile a livello mondiale viene ritenuta l'Asia sud-orientale. Secondo recenti valutazioni dell'UNICEF, infatti, più di un milione di minorenni e bambini in Thailandia, Filippine ed India vengono costretti a prostituirsi. Secondo i dati dell'ECPAT, il dato ammonterebbe ad una ventina di milioni, di cui il 20% solo in India. Tra le principali cause della prostituzione minorile vi è la povertà e l'abbandono. Tale sfruttamento rappresenta un grande business per organizzazioni malavitose che alimentano il traffico di minori, impiegato anche nel mercato illegale della pornografia. Gravissimi sono gli effetti negativi nei bambini, sia a livello mentale che fisico e comportano la devastazione della personalità. Frequentemente da adulti diventano sfruttatori dello stesso fenomeno poiché vittime di emarginazione sociale, se non di malattie sessualmente trasmissibili, come l’HIV. Martina Cocchiara – Ilaria Cocurullo – Giulia Spina – Emanuela Vaghi BAMBINI PER LA PACE Kailash Satyarthi, attivista indiano che si batte per i diritti dei bambini, ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace 2014. La vittoria del 61enne Kailash Satyarthi è stata accolta da molti indiani con sorpresa. Lontano dai fotografi e dalle prime pagine, Satyarthi ha silenziosamente portato avanti il suo lavoro di volontariato con Bachpan Bachao Andolan Save the Child Movement, l'organizzazione da lui fondata nel 1980. Da allora, Bachpan Bachao Andolan ha salvato oltre 82mila bambini coinvolti nel traffico e lavoro minorile. Ha subito diversi attacchi e ha perso due colleghi, assassinati dalle gang durante operazioni di salvataggio. INTERVISTA DEL NOVEMBRE 2009 Lei si batte contro il lavoro minorile: quanti sono i bambini costretti a lavorare, nel mondo? Secondo L'international Labour Organisation (ILO) 218 milioni (tre volte è mezzo la popolazione italiana). La maggioranza, il 60 %, si trova in Asia, il 30 % in Africa, altri 10 % nelle Americhe. In che condizioni vivono? Vivono e lavorano in condizioni subumane: fanno molte ore di lavoro non pagato o pagato poco, in ambienti pericolosi e opprimenti. Sono malnutriti, senza cure sanitarie e spesso in pessime condizioni di sicurezza. Vengono privati della libertà e della dignità. In India, Bangladesh e Pakistan, è ancora diffusa la schiavitù, anche se è illegale. I bimbi lavoratori sono schiavi? Molti sì: almeno il 20 %. Spesso sono figli di schiavi per debiti. In quali settori lavorano ? Quasi 7 su 10 lavorano nei campi. Molti fanno i "Negare a un bambino il diritto all'istruzione domestici, i camerieri o gli significa condannarlo alla povertà" operai nelle fabbriche di tappeti, vestiti, o scarpe. Oppure devono cucire i palloni, produrre il vetro o i giocattoli. Perché anche nei lavori pesanti, si impiegano bambini invece che adulti? Gli adulti costano cari. Ed è più facile sfruttare i bambini: sono remissivi e sottomessi. In molti casi vengono anche sfruttati da un punto di vista sessuale. Il lavoro minorile è proibito ovunque? E i divieti vengono applicati? La convenzione dell'ILO per proibire le peggiori forme di lavoro minorile è stata firmata da più di 175 paesi. Quella per vietare l'impiego dei minori di 14 anni, da 140. La maggioranza dei paesi hanno delle leggi. Ma spesso non sono applicate a dovere. Perché? La ragione principale è che manca la volontà politica. Inoltre in alcune società il lavoro dei minori non desta la necessaria preoccupazione. Cosa possono fare gli italiani per combattere il lavoro minorile? Parecchie cose. Sul piano nazionale possono comportarsi da consumatori responsabili. Ogni volta che comprano qualcosa devono chiedere che sia garantita l'assenza di manodopera infantile nella produzione. E su quello internazionale? Intanto possono reagire con mail o lettere alle aziende e alle istituzioni ogni volta che vengono a sapere che dei bambini, in qualsiasi posto del mondo, sono sfruttati. E poi Devono pretendere dai loro rappresentanti politici che diano più risorse per la cooperazione allo sviluppo oltreoceano per eliminare il lavoro minorile. Ma anche nelle zone del Sud Italia. Le sue organizzazioni si occupano anche di liberare i lavoratori bambini? Sì, in India abbiamo liberato più di 78.000 bambini lavoratori e più di 20.000 adulti in schiavitù, negli ultimi 30 anni. Sia attraverso raid segreti e operazioni in incognito che con azioni giudiziarie e mobilitazioni collettive. I bambini che salvate sono consapevoli dei loro diritti? Non sanno neppure di averli. L'unico loro desiderio è poter tornare a casa dalla madre o dalla famiglia. Molti, poi, vorrebbero poter andare a scuola. Cosa accade dopo che li avete liberati? Prima di tutto li portiamo dalle autorità per le formalità legali: così possono accedere ai benefici per il reinserimento e si può dar via alle azioni legali contro i loro datori di lavoro. Poi li portiamo nelle case di accoglienza per il soccorso fisico e psicologico. Da lì accedono a programmi di recupero. Di che cosa hanno bisogno più di tutto? Della libertà di andare a casa loro e a scuola. Di essere amati, accuditi di un po' di rispetto. Com'è nato il suo impegno per i bimbi? Il mio primo giorno di scuola mi ha cambiato la vita. Avevo 5-6 anni e vidi un bambino della mia età seduto sulla soglia della scuola. Era un lustrascarpe. Chiesi al mio insegnante perché rimaneva fuori lavorare, se tutti gli altri entravano. Mi disse: 'Sono poveri, devono lavorare!'. Non la convinse immagino. No. Un giorno trovai il coraggio di chiedere la stessa cosa al padre del bimbo, che era con lui. Mi rispose che era stato così per lui e per suo padre. “Signore, siamo nati per lavorare” aggiunse. Mi arrabbiai ancora di più: non capivo perché alcuni nascono per comandare e altri per lavorare. Nel 1980 ho lasciato il mio lavoro di ingegnere e ho deciso di fare qualcosa. Lei dice che il lavoro minorile danneggia la pace e la lotta alla povertà: come? Oggi è impossibile pensare alla pace, alla prosperità e alla giustizia sociale senza conoscenza. E il lavoro minorile è l'ostacolo maggiore all'istruzione. Significa perpetuare la disoccupazione degli adulti, l'analfabetismo, l'ignoranza, le malattie e la povertà. L'india per esempio, ha circa 60 milioni di lavoratori bambini e 65 milioni di disoccupati adulti. L'ironia è che la maggior parte di quegli adulti sono i genitori dei bambini che "L'India è un paese con centinaia di problemi. lavorano. Ma con migliaia di soluzioni" INTERVISTA DEL 2014 La vittoria del Nobel è un grande riconoscimento, quali obiettivi si pone per il futuro? Il premio Nobel ha dato un riconoscimento al problema di tutti questi bambini, visibilità a questo tema e forza agli attivisti di tutto il mondo, ma questo non significa che l'annoso problema del lavoro minorile sia stato risolto. Dobbiamo continuare la nostra lotta.Ho parlato con Malala. Le ho chiesto di unire i nostri sforzi affinché nessun bambino nasca in condizioni di guerra, terrore e violenza. Dobbiamo lavorare insieme per la pace dei bambini. Dobbiamo coinvolgere i bambini di tutto il mondo per la creazione di un nuovo movimento - Pace per i bambini - bambini per la pace. Che cosa farà con il premio in denaro che ha ricevuto? Ogni singolo centesimo verrà devoluto alla nostra causa: la lotta contro il lavoro, la prostituzione e la schiavitù minorile. Lei e Malala collaborerete nella battaglia per assicurare un futuro migliore ai bambini nel sub-continente indiano? Sarebbe per me un grande piacere. I problemi dell'India e del Pakistan sono collegati tra loro. Quando parliamo dell'istruzione femminile, trattiamo un tema molto vicino a quello del lavoro dei bambini. Sono 33 anni che porto avanti campagne per favorire un'istruzione di qualità. L'analfabetismo e il lavoro minorile sono due facce della stessa medaglia. L'istruzione non potrà essere conseguita a meno che ai bambini venga dato prima un ambiente sicuro e pacifico. Come si sente ad aver vinto il premio insieme a Malala? Si sente oscurato dall'attivista pakistana? Sono molto felice. Adoro questa ragazza, per me è come una giovane figlia. È una ragazza coraggiosa. Qual è la sfida più grande per l'India quando si parla di lavoro minorile: le leggi e la loro applicazione? La sfida più grande è cambiare la mentalità. La gente deve realizzare che i bambini nascono con diritti umani fondamentali. I loro diritti legali e costituzionali devono essere protetti, questa realizzazione deve arrivare. Mi disse: "Sono Poveri, devono lavorare!" Ai bambini deve essere data una voce, importanza e visibilità. Melissa Maniscalco – Ilaria Messina C hi è Malala? Una ragazza capace di andare contro il sistema ingiusto imposto nel proprio paese, senza grandi gesti, ma con grande tenacia. Il suo desiderio è riportare nel suo piccolo mondo ciò che di più ha a cuore, per sé e gli altri: l’istruzione. Noi occidentali la riteniamo un diritto “scontato” e quante volte eviteremmo gli impegni scolastici... Ma dall’altra parte del mondo una nostra coetanea è disposta, a rischiare la propria vita per studiare e la violenza di chi ignora il valore della libertà. Non pensiamo al premio, ma al suo gesto e al messaggio che a tutto il mondo ha trasmesso: l’istruzione rende liberi, anche da guerre e da oppressioni; essa stessa è vita e deve essere sempre difesa ad ogni costo. Non serve essere grandi o potenti per cambiare il mondo, basta essere giusti e buoni di cuore. (Andrea Briani) S volgendo questo lavoro ho capito quanto duramente abbia lottato Malala per una causa così importante. Ho così anche riflettuto sulla grave situazione politica, economica e sociale presente non solo in Pakistan o in India, ma nei tanti paesi dove esistono ancora delle ingiustizie verso le persone più deboli. Il coraggio, la determinazione e la voglia di opporsi ai soprusi l'hanno portata a combattere la discriminazione verso le donne e a vincere la sua lotta a favore dell’istruzione femminile. (Luca Giussani) I due premiati, Malala Yousafzai e Kailash Satyarthi, mi hanno dato modo di riflettere sulla situazione sociale, culturale e politica di Pakistan e India. Mi ha molto colpito la storia di Malala, che, giovanissima, ha avuto il coraggio di opporsi alla discriminazione che subiscono le donne, le bambine e i bambini a cui è impedito l’accesso all’istruzione. Quello che mi sembra spingerla è non solo il coraggio della ribellione, ma più ancora la determinazione, la voglia di sopportare sacrifici e grandi fatiche, pur di riscattarsi dall’ignoranza e dalla miseria. In un paese dove molti bambini vengono tolti alle famiglie per essere arruolati e educati alla violenza per formare precoci combattenti, esistono comunque famiglie, come quella di Malala, e scuole che educano alla giustizia, al rispetto degli altri ed al rispetto di se stessi. Anche in India, dove il diritto all’istruzione è largamente disatteso, la condizione di degrado dei giovani passa attraverso la povertà, l’analfabetismo e il lavoro semischiavile. La lotta di Satyarthi dimostra che è possibile cambiare la vita di molti minori liberandoli dalla schiavitù e che quindi un riscatto sociale è fattibile e concreto. (Giulia Spina) volte ci lamentiamo per una situazione che non ci sta bene, ma Q uante non facciamo nulla affinché essa cambi? Prendere l’iniziativa non è facile. C’è bisogno di determinazione, una buona dose di coraggio e forse anche qualche coincidenza favorevole. Non si ha la certezza della riuscita e si può avere paura che, a seguito di un fallimento, si possa addirittura peggiorare. Eppure il Nobel a Malala ci dà speranza e mostra come una giovane abbia avuto il coraggio e la fermezza di sostenere la sua opinione davanti al mondo intero. L’ha fatto superando grandi difficoltà, vedendo perfino la morte in faccia, tuttavia non si è arresa, né ha rinunciato ai suoi ideali per i quali continua tuttora a battersi. Certo, il suo obiettivo, l’istruzione delle bambine, non è ancora stato raggiunto, ma, grazie a lei, l'opinione pubblica mondiale ha compreso l'importanza di garantire questo fondamentale diritto. E allora perché non prenderla come esempio? Mettiamo da parte le nostre insicurezze e facciamo sentire la nostra voce, se avvertiamo un'ingiustizia non subiamo e basta! (Ilaria Cocurullo) M alala è il simbolo delle donne che lottano per il diritto all’istruzione. In Italia, il diritto allo studio è garantito a tutti, ma, mentre noi fantastichiamo sul nostro futuro, in altre parti del mondo esistono molte ragazze che non hanno la possibilità di ricevere un’istruzione e di realizzare i propri progetti. Grazie ad essa le persone inizierebbero a ragionare con la propria testa, senza farsi manipolare dagli integralisti e sicuramente vincerebbe la tolleranza sulla violenza. (Valeria Cattani) C on l'assegnazione del premio Nobel per la pace a una mia coetanea, ho subito riflettuto e mi sono detto: "Questa ragazza sicuramente ha molta più influenza di tanti altri adulti che, nel corso della loro vita, non sono stati in grado di fare ciò che Malala ha compiuto coi suoi 17 anni”. Il prestigioso riconoscimento è stato assegnato anche all'attivista indiano Satyarthi, però non credo che l'assegnazione del premio Nobel per la pace a una ragazza pakistana e a un indiano possa eliminare la rivalità tra India e Pakistan perché gli interessi di ciascuna nazione sono purtroppo erroneamente ritenuti superiori a una vera pace. (Luca Montrasio) É dal Pakistan che proviene Malala, vincitrice del Nobel per la pace, che a soli diciassette anni si batte per i diritti all’istruzione. E proprio in quel paese dove la mentalità opprime i diritti di ogni donna e si preferisce far tacere piuttosto che insegnare e far conoscere! Tra i banchi di scuola spesso ci si lamenta di quanto sia noioso lo studio, e ci si dimentica che ragazze della nostra stessa età vengono sottomesse da un padre o un marito violento, costrette a guardare e subire in silenzio, quando invece vorrebbero essere libere di dedicarsi a ciò che piace, come a noi appare scontato. Credo che il premio sia meritato, in quanto il suo lavoro contribuirà a migliorare la situazione delle donne in Pakistan. (Angela Paldino) L a premiazione di Malala rappresenta un passaggio piccolo, ma singolare nella storia. È, infatti, la prima minorenne, ed anche donna, a ricevere un riconoscimento così importante. Quest'avvenimento riguarda sia le donne, ma anche direttamente me. Ritengo che Malala abbia voluto trasmettere una forza, fiducia e speranza a tutti noi giovani. È riuscita a farmi capire che con buona volontà, determinazione, coraggio e perseguendo ciò che è giusto, tutto può essere possibile. Insomma ha dimostrato che le barriere nel nostro mondo si possono abbattere, eccome! (Federico Mantica) A 17 anni premio Nobel per la pace: davvero sorprendente! Malala è stata molto coraggiosa. Nonostante le due aggressioni subite, una da parte di alcuni talebani e un’altra a Birmingham, non si è tirata indietro e ha continuato a difendere i diritti dei bambini. Penso che sia un esempio del fatto che bisogna esprimere sempre la propria opinione, senza timori perché è un nostro diritto, e in quanto tale, non ci deve essere sottratto. Anche Satyarthi ha dedicato tutta la sua vita ai diritti delle bambine e dei bambini e questo è da ammirare, perché ha migliorato il presente e nello stesso tempo il loro futuro: adesso devono andare a scuola e imparare, perché per lavorare c’è ancora tempo. (Margherita Anastasio) P rovo stima e ammirazione nei confronti di Malala, ragazza pakistana che ha rischiato la vita per difendere il diritto delle bambine all’istruzione. La considero un esempio di altruismo e di coraggio, quel coraggio che l’ha spinta a sfidare i talebani per il bene di tutte le bambine del Pakistan e non solo. (Redaelli Luca) R agazza forte Malala, determinata, che, pur con le ingiustizie e le minacce subite, è riuscita a essere ancora più motivata a difendere i suoi diritti e quelli degli altri. Pur avendo subito due aggressioni, non ha rinunciato a far valere le proprie parole; è davvero una ragazza da ammirare. È la prova che anche le giovani possono contribuire a migliorare la loro situazione. 80000 tra bambine e bambine sono stati salvati grazie a Kailash. Penso che sia chiaro che la determinazione e il coraggio che l’hanno accompagnato per tutta la vita gli hanno permesso di raggiungere obiettivi molto importanti. Kaliash, aderendo a manifestazioni pacifiche e fondando la BBA, ha dato un contributo essenziale nella lotta contro la schiavitù dei minori. (Benedetta Pappadà) V orrei sottolineare il risvolto politico e sociale molto significativo del Nobel per la pace del 2014. I due vincitori, una pakistana e un indiano, provengono da paesi che, dal 1947 ( l’indipendenza del Pakistan), hanno visto i loro rapporti continuamente peggiorare. Il premio dunque rappresenta un’opportunità per tentare un riavvicinamento verso la pace comune. Le motivazioni che hanno portato al Nobel Malala e Kailash sono simili: hanno combattuto per i diritti quali la libertà e l'istruzione, rispettivamente delle donne e dei bambini; che il loro operato possa ora essere conosciuto a livello mondiale fa sperare che gli interventi in questa direzione possano essere sempre più incisivi. Siti web e giornali hanno rimarcato la giovane età della ragazza, i suoi 17 anni rappresentano un vero e proprio record! È però soprattutto la speranza che noi giovani possiamo imparare da Malala, ed essere sempre più consapevoli della complessità del mondo attuale; affermare e difendere gli ideali in cui crediamo, ricordandoci anche di non trascurare mai chi si trova in condizioni molto disagiate, e che oltre alla nostra attenzione si aspetta un nostro aiuto concreto. (Riccardo Brivio) L a storia di Malala fa riflettere. Ella ha cominciato la propria opera a difesa dei diritti all’istruzione di minori e donne partendo praticamente da zero, e ciò è meritevole pensando ai molti che, pur avendo maggiori mezzi per far sentire la propria voce per la pace, non dimostrano la stessa sensibilità e convinzione. Bisogna poi notare che questo Nobel riguarda una giovane che proviene da un territorio noto soprattutto per conflitti e attentati, a testimonianza del fatto che l'impegno per la pace può crescere ovunque e questa ragazza l'ha dimostrato al mondo intero. (Andrea Sarati) K ailash Satyarthi ha dedicato tutta la sua vita a cercare di salvare i bambini indiani dalla schiavitù e pochi avrebbero avuto il suo coraggio. Certamente la sua opera ha suscitato l’avversione di molti, soprattutto tra i proprietari dei negozi o delle aziende in cui vengono sfruttati. Egli ha trovato un posto importante nel cuore di tutti i piccoli indiani che ha salvato e sta portando la speranza della libertà a molti altri. Anche la giovane Malala, ha dimostrato molto coraggio, rischiando la morte per i propri ideali, ma la sua determinazione a far valere il diritto all’istruzione ha prevalso. Entrambi i vincitori si stanno battendo per migliorare le vite di persone che subiscono la violazione dei propri diritti. (Alessia Milani) M alala e Kailash vincitori: un grande esempio da seguire! Entrambi di fronte ai gravi problemi dei loro paesi, in questo caso l’istruzione, si sono dati da fare! Certo tra molte difficoltà, ma hanno iniziato a impegnarsi per migliorare la situazione. Mi ha molto colpito il coraggio di Malala che nonostante sapesse i pericoli che correva, lottando per l’istruzione femminile in un paese che soggiogato dai talebani, ha perseverato nella sua causa rischiando anche di morire. Mi ha fatto riflettere che una mia coetanea sia stata in grado di opporsi in maniera così significativa alle violenze degli oppressori. L'insegnamento di entrambi è che si può cambiare una situazione che non rispetta la dignità umana, perseguendo i propri ideali con molta fatica e col coraggio di opporsi a ciò che si ritiene un sopruso. (Emanuela Vaghi) I l Nobel a Satyarthi, sessantenne indiano, e a Malala, diciassettenne pakistana, premia le loro battaglie contro le discriminazioni verso bambine e bambini e per il diritto all’educazione di tutti. Malala, benché giovanissima, combatte già da anni perché tutti i minori ricevano un’istruzione adeguata. È diventata un simbolo da quando, vittima di un attentato talebano, non ha rinunciato a esporsi continuando la sua battaglia. Il prestigioso riconoscimento, dunque,non deve essere una sorpresa: nessuno può promuovere la pace meglio di una ragazza. Il Nobel, però, vuole comunque dirci anche altro. I due premiati, un indiano induista e una pakistana islamica, simboleggiano anche la necessità di dialogo tra due paesi ancora oggi in guerra. Malala, non a caso, ha invitato i due presidenti alla cerimonia di consegna dei Nobel del 10 dicembre, nella speranza che l'incontro possa contribuire a migliorare i rapporti tra i due storici rivali: sono in gioco la vita e il futuro di tante ragazze e tanti ragazzi. (Giulia Fantoni)