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Aggiungere vita agli anni…attiva-mente: un progetto di potenziamento cognitivo nella Terza Età Adding life to years…mind-actively: a project of cognitive empowerment for seniors Vincenza Pecora, Annunziata Rizzi1 Riassunto L’articolo racchiude in sé l’intento di descrivere l’immagine dell’anziano attraverso uno sguardo volto a esaltare la dimensione della persona-soggetto a fronte dei cambiamenti che l’invecchiamento impone. La riflessione prende avvio dall’analisi della realtà dell’invecchiamento a livello nazionale per poi descrivere un progetto che ha interessato un gruppo di 20 anziani, coinvolti in un ciclo di incontri di “Ginnastica della mente”. Il presupposto generale di questi incontri è quello per cui ognuno di noi possiede delle capacità che, per svilupparsi o mantenersi, devono essere stimolate e incoraggiate a qualsiasi età. Parole chiave Persona, cambiamenti, invecchiamento, ginnastica della mente Abstract This study has the purpose to describe elderly conditions focusing on the people-subject dimension across aging changes. Discussion starts analyzing the national aging reality to introduce later a project that involved a group of 20 senior citizens who attended a cycle of meeting about “Mental Gymnastics”. The general assumpition of these meetings supports that everyone hold skills that need to be stimulated and encouraged at any age to get developed or maintained. Keywords Person, changes, aging, mental gymnastic La situazione della Terza Età L’Italia è uno dei paesi in cui è stato possibile osservare un alto tasso di invecchiamento della popolazione. Fra le varie fotografie demografiche sviluppate dagli istituti di ricerca emerge un’immagine prospettica che vede rispetto al 2000 un incremento del 48% nel 2026 e del 77% nel 2051. Questo significa che le persone con più di 65 anni di età, attualmente circa 11 milioni e mezzo, saranno quasi 15 milioni nel 2026 e poco meno di 18 milioni nel 2051 (www.eurispes.it). Un ritratto che vede nel continuo 5 aumento dell’invecchiamento il riflettersi di una forte affermazione che descrive “l’Italia come il paese più vecchio al mondo” secondo l’analisi dell’Onu risalenti al 2002. Le dinamiche demografiche del processo d’invecchiamento sono dovute a due componenti: la dinamica naturale ricavata dal saldo fra i nati e i morti che in Italia è negativa, in quanto il numero dei morti è superiore al numero dei nati in uno stesso anno a causa di un basso tasso di natalità persistente e una costante crescita delle aspettative di vita; la dinamica migratoria ricavata dal saldo fra i nuovi ingressi e le uscite dall’Italia è positiva e nelle proiezioni rimane costante nel tempo con un tasso positivo dell’1,9 per mille fra il 2000 al 2010. Grazie a questi fattori la struttura demografica subisce continui cambiamenti che contribuiscono alla crescita dell’indice di vecchiaia. L’indice passa in dieci anni da 125 a 146: ciò significa che si passa dalla presenza di 125 anziani su 100 giovani a 146 anziani su 100 giovani con un aumento della popolazione anziana al di sopra dei 75 anni cospicuo dovuto alle maggiori aspettative di vita (www.istat.it). Anche in Italia come in Europa il livello di invecchiamento si differenzia a livello regionale. La prospettiva al 2010 del tasso di incremento medio annuo a livello nazionale è di 1,4 per mille, valore positivo che racchiude però valori contrastanti che oscillano dai più alti tassi positivi nel Trentino Alto Adige, della Valle d’Aosta, del Veneto, delle Marche e della Lombardia, ai tassi negativi di una certa rilevanza quali quelli della Liguria, del Molise, della Basilicata e della Calabria (www.istat.it). L’invecchiamento è un processo che si sviluppa lungo l’intero arco di vita dell’individuo, ma che inizia a manifestarsi dopo il raggiungimento della maturità. Nell’uomo le modalità con cui esso si realizza sono il risultato dell’interazione di diversi fattori: biologici, psicologici, ambientali, sociali ed economici. Da un punto di vista biomedico, l’invecchiamento è un processo che induce molteplici modificazioni a carico dei diversi organi, sistemi e apparati, in conseguenza delle quali l’individuo perde sempre di più la capacità di adattarsi all’ambiente (omeostenosi) e, conseguentemente, acquisisce una crescente probabilità di morire; esso causa, quindi, una progressiva perdita dell’efficienza delle riserve funzionali e dei meccanismi che l’organismo utilizza per mantenere il proprio equilibrio interno (omeostasi). L’invecchiamento è un processo continuo e progressivo che si caratterizza per un’estrema eterogeneità, sia interindividuale, nel senso che si sviluppa con velocità diversa da soggetto a soggetto, che intraindividuale, non interessando in maniera omogenea nello stesso soggetto i diversi organi e apparati e, all’interno di essi, le diverse componenti (Franceschi C., 1993). È possibile distinguere tre tipi di invecchiamento (Franceschi C., ibidem): invecchiamento di tipo 1: è quello che attualmente riguarda la maggior parte delle persone anziane; si caratterizza per una progressiva riduzione dell’etàdipendente delle capacità psico-fisiche del soggetto in presenza di malattie; invecchiamento di tipo 2: riguarda la quasi totalità degli anziani sani; si realizza con i segni classici della progressiva riduzione delle loro capacità psicofisiche, in assenza di importanti malattie età correlate; invecchiamento di tipo 3: identifica anziani sani con prestazioni eccezionali per la loro età; rappresenta il cosiddetto invecchiamento di successo. Molti degli elementi che differenziano l’anziano dall’adulto sono espressione dei cambiamenti subiti dal cervello nel corso della vita, al cui determinismo contribuiscono non solo il processo della senescenza di per sé e numerosi fattori ambientali (dallo stile di vita al ruolo familiare e sociale) ma, anche, malattie pregresse o persistenti che, 6 direttamente od indirettamente, compromettono la funzionalità dell’organismo. In senso stretto si definisce invecchiamento il cambiamento, nel tempo, delle caratteristiche funzionali di un organismo; con il termine senescenza s’intende quel sottoinsieme di cambiamenti che hanno un effetto negativo. Anche se in misura diversa da soggetto a soggetto, tutte le funzioni cerebrali risultano modificate in tarda età, da quelle cognitive, all’affettività, alla motricità, all’equilibrio, al ritmo sogno-veglia, realizzando il peculiare modo di essere di ciascun anziano. Le manifestazioni dell’invecchiamento dell’individuo si hanno quando la ridondanza e la plasticità dei vari sistemi non sono in grado di compensare efficacemente la perdita di struttura alla quale si va incontro con l’età. L’esatto momento in cui ciò si realizza dipende dalla relazione fra fattori genetici e ambientali. I fattori genetici sono responsabili di caratteristiche quali, ad esempio, la ricchezza nel patrimonio neuronale, la diversa resistenza a diverse noxae patogene e l’efficienza dei meccanismi di compenso. I fattori ambientali sono invece rappresentati da tutta quella serie di condizioni, estremamente eterogenee, in grado di accelerare o contrastare l’invecchiamento, come per esempio lo stile di vita, il tipo di attività lavorativa e l’esposizione a sostanze tossiche. Definire quale sia il peso relativo dei fattori genetici e di quelli ambientali sull’invecchiamento non è aspetto di poco conto. Che l’ambiente svolga un ruolo primario nelle modalità d’invecchiamento del cervello è stato costatato dall’esperienza clinica. Numerosi sono i casi descritti di grave compromissione dello stato mentale in prigionieri costretti a vivere in ambienti angusti, al buio, senza alcuna possibilità di interazione umana. Nei confronti di questi quadri da “deprivazione neurosensoriale”, l’anziano è soggetto particolarmente a rischio in rapporto alla maggiore precarietà omeostatica del suo cervello (Mecocci P., Cherubini A., Senin U., 2002). Garantire pertanto all’individuo una condizione di vita attiva, ricca sul piano psicoaffettivo e delle relazioni sociali, gratificante su quello professionale, stimolante da un punto di vista culturale, significa metterlo nelle migliori condizioni per un invecchiamento di successo (invecchiamento di tipo 3), quello cioè che lo vedrà, anche in età molto avanzata, in condizioni psico-fisiche ottimali in piena autonomia di vita. Questi principi mantengono la loro validità anche in chi è già anziano, come dimostrato, fra l’altro, dalla possibilità di migliorare le sue capacità cognitive mediante opportuni esercizi di stimolazione mentale. Il Brain Training L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce l’Invecchiamento attivo come “il processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, partecipazione e sicurezza per migliorare la qualità della vita della popolazione durante l’invecchiamento. L’invecchiamento attivo consente alle persone di mettere a frutto il proprio potenziale per il benessere fisico, sociale e mentale lungo l’intero arco dell’esistenza e partecipare alla vita sociale offrendo loro al contempo un’adeguata protezione, sicurezza e assistenza in caso di necessità”. Le abilità cognitive di base, come la memoria, l'attenzione e la velocità di elaborazione possono essere migliorate con un allenamento adeguato. Uno studio sulle abilità cognitive degli anziani, chiamato ACTIVE (Advanced Cognitive Training for Independent and Vital Elderly) e finanziato dal National Institute of Health, ha dimostrato che gli adulti più anziani sono migliorati nelle loro capacità cognitive con un allenamento appropriato mantenendo alcuni di questi benefici molti anni dopo. In questo trial randomizzato (ACTIVE, 1999-2001), condotto da ricercatori di diverse università statunitensi (University of Alabama, Hebrew Rehabilitation Center 7 for the Aged in Boston, Indiana University, Johns Hopkins University, Pennsylvania State University, University of Florida/Wayne State University di Detroit), oltre 2800 adulti di età compresa tra 65 e 94 anni hanno ricevuto un allenamento nel campo della memoria, del ragionamento o della velocità di elaborazione. Dopo circa 10 ore di allenamento, ogni gruppo è nettamente migliorato nel settore in cui è stato preparato e cinque anni dopo, i soggetti hanno mantenuto molti dei loro progressi (Journal of the American Geriatrics Society Volume 62, Issue 1, pages 16–24, January 2014). Sono molti i fattori che influenzano la capacità cognitiva in età avanzata. Si ritiene che grazie a uno stile di vita sano e ad un esercizio psicofisico costante, le persone anziane possano rallentare il processo di deterioramento mentale. In generale, è possibile asserire che l’attività costituisce il fattore di fondamentale importanza per il mantenimento di una buona qualità della vita in età avanzata. Il Progetto Gli esercizi del programma di Ginnastica della Mente sono progettati per stimolare la neuroplasticità e portare ad un miglioramento delle capacità cognitive. Gli incontri di “Ginnastica della mente” svolti nel Progetto sono stati programmati con l’obiettivo della stimolazione mentale delle capacità cognitive, quali memoria, attenzione, linguaggio, ragionamento logico, orientamento, e di quelle affettive riconducibili all’intelligenza emotiva. Il presupposto generale è quello per cui ognuno di noi possiede delle capacità che, per svilupparsi o mantenersi, devono essere stimolate e incoraggiate a qualsiasi età. Gli incontri sono stati progettati da un’équipe costituita da una psicoterapeuta, una psicologa e un’assistente sociale e, poi, condotti dalle ultime due figure professionali, con la co-conduzione di una tirocinante in psicologia; sono stati svolti in un salone della Parrocchia dei Santi Filippo e Giacomo in Sant’Agostino di Reggio Calabria. Il corso si è svolto in un arco temporale di tre mesi ed è stato articolato in incontri settimanali della durata di un’ora ciascuno, per un totale di 10 ore. Il gruppo era costituito da 20 anziani, di età media di 73 anni, autosufficienti e senza patologie cognitivo-relazionali. Le attività sono state realizzate tramite l’utilizzo del gioco finalizzato. Attraverso il gioco si possono fare nuove esperienze. Si è prevista, quindi, una metodologia di lavoro attiva ed equilibrata per questa fascia d’età, nella quale l’anziano potesse lavorare con tranquillità, distensione e rispetto dei propri tempi evitando qualsiasi atteggiamento non supportivo per l’autostima e l’autoefficacia. Il lavoro dell’anziano è stato motivato attraverso l’agevolazione della partecipazione e l’offerta di tutte le informazioni necessarie per il corretto svolgimento degli esercizi proposti. Le finalità proposte attivando il corso di Ginnastica della Mentale sono state le seguenti: 1. Potenziamento delle risorse cognitive, emozionali e comportamentali dell’anziano; 2. Prevenzione delle patologie degenerative cerebrali; 3. Attivazione di un clima di sostegno empatico all’interno del gruppo per sviluppare al meglio le proprie capacità. Gli obiettivi sono stati i seguenti: 1. Potenziamento dei canali dell’attenzione: attenzione selettiva, uditiva, ascolto, attenzione selettiva visiva, attenzione divisa; 2. Potenziamento fase ingresso delle informazioni; 3. Potenziamento fase di elaborazione dell’informazione: attivazione pensiero laterale, pensiero creativo, pensiero logico, pensiero critico, memoria; 8 4. Potenziamento della fase di uscita delle informazioni: assertività, dare feedback positivi, gestione dei conflitti, gestualità e tono di voce, gestione della tensione e dello stress. L'allenamento mentale è stato basato sia sull'esercizio individuale sia sulla socializzazione e la condivisione tra i membri del gruppo. Si è scelto di usare anche il metodo del lavoro di gruppo come proposta di cambiamento e arricchimento dal punto di vista cognitivo, affettivo e relazionale nella prospettiva di raggiungere obiettivi comuni. Lavorare in gruppo comporta molti benefici: lo scambio di esperienze, vissuti, idee e sentimenti; l'ascolto reciproco e il confronto costruttivo; la condivisione di scopi collettivi; l'appoggio emotivo e sociale; la crescita nella fiducia personale; il sentirsi valorizzati e affermati. Ogni incontro è stato aperto con frasi di presentazione del tema centrale e di spiegazione delle finalità dei singoli esercizi da svolgere. Si ritiene questo un buon avvio dell’incontro stesso poiché, in tal modo, viene diminuita l’apprensione iniziale che tormenta verosimilmente la maggior parte dei partecipanti. Codesta apertura contribuisce a motivare la loro adesione attraverso la comprensione degli obiettivi che si possono realizzare. La breve introduzione, inoltre, rafforza l’importanza di una partecipazione attenta e consapevole agli esercizi. Il modo in cui le esercitazioni sono presentate può e deve essere funzionale agli obiettivi dell’esercizio stesso e alle esigenze dei partecipanti al gruppo. Le prove sono state spiegate in maniera chiara e comprensibile. Prima di iniziare l’esercizio vero e proprio, è stato verificato che tutti avessero capito correttamente le istruzioni; se ciò non avvenisse, il conduttore è tenuto a ripetere, con parole diverse, i concetti e i punti non chiari. Durante gli esercizi è stato chiesto ai partecipanti di lavorare da soli, in coppia o di dividersi in squadre. Le squadre sviluppano competitività e possono dare risposte costruttive in termini di: aumento della motivazione alla partecipazione; aumento del coinvolgimento; cooperazione tra i membri; senso di unità all’interno della squadra; entusiasmo ed energia diretti al conseguimento di un obiettivo; senso di appartenenza a un gruppo definito. Per quanto concerne la coppia, la stretta collaborazione tra due partecipanti durante un esercizio consente di sperimentare i seguenti atteggiamenti e mettere in atto i seguenti comportamenti: decisionalità congiunta; sostegno e solidarietà reciproche; comunanza di opinioni; cooperazione; comunicazione vicendevole di informazioni, esperienze, sensazioni. L’individuo da solo, invece, può essere molto forte o molto vulnerabile. In un esercizio in cui al partecipante è stato chiesto di impegnarsi individualmente, ciò è stato finalizzato ad aiutarlo a scoprire le proprie potenzialità di soggetto posto in relazione con gli altri. Il lavoro individuale in generale è finalizzato alla messa in atto dei seguenti comportamenti: prendere decisioni; 9 assumersi responsabilità; osservare e valutare obiettivamente le proprie debolezze e i propri punti di forza; migliorare le capacità già acquisite; sperimentare la riuscita e il successo; accrescere la fiducia in se stessi. Alla fine di ogni esercizio c’è stato un confronto. Quest’ultimo momento è stato molto importante, poiché, ha costituito l’occasione per parlare di ciò che ha avuto luogo, per tradurre in parole le difficoltà affrontate e iniziare ad individuare e consolidare strategie funzionali di osservazione, memorizzazione e problem-solving. In chiusura si è chiesto al gruppo di riassumere il tema del giorno e indicare i punti chiave emersi nel corso dell’esercizio, invitando i partecipanti ad esprimere i propri vissuti. Ciascun incontro è stato chiuso con una nota positiva e, infine, con la descrizione breve del tema dell’incontro successivo, ricordando a tutti i membri il giorno, l’ora e il luogo. È stato utilizzato un questionario all'inizio e alla fine del percorso al fine di verificare i miglioramenti conseguiti, sia nell'area specifica delle capacità cognitive sia nell'area più generale dello stato di benessere soggettivamente percepito. Di seguito sono riportati alcuni esempi di esercitazioni. Il gioco dell’intruso In questo gioco le abilità stimolate sono state: l’attenzione sostenuta e attenzione selettiva, controllo e inibizione della risposta impulsiva e la memoria. È stato indicato ai partecipanti un preciso luogo della casa (per esempio la cucina). Successivamente sono stati elencati una serie di oggetti e i membri del gruppo hanno alzato la mano ogni volta che hanno sentito il nome di un oggetto che non appartiene alla categoria semantica scelta. Occhio alla parola In questo esercizio le abilità stimolate sono state: l’attenzione sostenuta e attenzione selettiva, attenzione divisa, memoria di lavoro, linguaggio (comprensione). Il riabilitatore ha letto una breve storia e i soggetti hanno dovuto contare mentalmente quante volte è stata proposta una singola parola precedentemente stabilita. Tutti i partecipanti hanno riferito il numero e infine è stata data loro la soluzione corretta. I cambiamenti Questo esercizio è servito a migliorare la capacità di una persona di percepire correttamente gli altri e di essere inventiva. Si tratta di un gioco in cui sono state formate due squadre che si sono disposte in modo tale che ogni giocatore si trovasse di fronte a un giocatore dell’altra squadra. Una delle squadre si è girata verso il muro, contemporaneamente ogni membro dell’altra ha cambiato tre elementi del proprio aspetto. Ritornata alla posizione iniziale, la prima squadra ha cercato di individuare i cambiamenti. In seguito si è proseguito il gioco aumentando il numero delle modifiche effettuate. 10 Quante più cose vengono in mente In questo esercizio le abilità stimolate sono state: linguaggio, memoria semantica, accesso al lessico, uso di strategie cognitive. Sono state mostrate ai partecipanti delle tessere in cui è stata specificata una determinata categoria semantica. Per ciascuna di quest’ultima ogni partecipante ha riferito tutte le parole che gli sono venute in mente cercando di stare attento alla non ripetizione dei termini già espressi dai precedenti partecipanti. Indovinelli In questo esercizio le abilità stimolate sono state: linguaggio, memoria, ragionamento logico, comprensione. Sono stati letti degli indovinelli con risposta a scelta multipla e i partecipanti agli incontri, divisi in due squadre, hanno provato, dopo essersi consultati, a dare la risposta corretta. A ogni risposta corretta è stato assegnato un punto alla squadra. Inoltre è stato richiesto alle squadre di ricordare più indovinelli possibili tra quelli precedentemente letti. Che strada devo fare? In questo esercizio le abilità stimolate sono state: orientamento spaziale, memoria autobiografica, memoria di lavoro, ragionamento logico. In questo esercizio è stato chiesto a ogni membro del gruppo che strada possono compiere per arrivare dalla parrocchia a casa loro. I partecipanti hanno dovuto descrivere le direzioni da prendere per esempio: “uscito di casa giro a destra, proseguo dritto e arrivo in una piazza ecc.”. La medesima cosa è stata fatta in riferimento ad altri luoghi. Tutti gli individui sono stati coinvolti nell’esercitazione. Conclusioni Quello che è emerso in maniera univoca è che l’entità delle modificazioni delle funzioni cognitive è fortemente influenzata, oltre che dall’invecchiamento, da una molteplicità di fattori ambientali. Le difficoltà nella memorizzazione sono state le più osservate negli anziani e sono state anche quelle di cui essi si sono maggiormente lamentati. A differenza della memoria a lungo termine, quella a breve termine è risultata particolarmente labile. Alcuni anziani hanno presentato una ridotta capacità di codificazione, cioè di implementare strategie finalizzate al mantenimento dell’informazione. Grazie agli esercizi effettuati, con il suggerimento di tecniche di codifica, le performance dei soggetti sono migliorate. Per quanto concerne, invece, la memoria storica, sia quella che fa riferimento a fatti relativi alla vita del soggetto (memoria episodica), che quella relativa a conoscenze comuni (memoria semantica), non sono state osservate compromissioni rilevanti. È, probabilmente, il loro richiamo frequente e la loro valenza affettiva a rendere la loro traccia così forte nella memoria da essere difficilmente persa anche in età avanzata. Le abilità visuo-spaziali e visuo-prassiche, quelle cioè relative alla capacità di percepire e manipolare informazioni visive di tipo non verbale (ad esempio la disposizione di figure geometriche nello spazio) sono apparse leggermente compromesse per la minore 11 efficienza delle funzioni sensoriali. A quest’ultima è attribuito il rallentamento dei tempi di reazione di alcuni soggetti negli esercizi proposti. Per quanto riguarda il ragionamento logico, la maggior parte dei soggetti ha presentato capacità inalterate anche in età avanzata; tuttavia nelle attività che necessitavano una rapida elaborazione d’informazione, vi era un rallentamento nell’emissione della risposta. Quello che è stato riportato in maniera euforica e che ha gratificato moltissimo i conduttori è il benessere generale dei partecipanti che hanno ringraziato per gli incontri effettuati, chiedendo una riproposizione dell’esperienza. I partecipanti si sono messi in gioco e sono stati protagonisti di un’avventura innovativa grazie alla quale hanno costruito una diversa immagine della propria vecchiaia accrescendo e rivalutando il bagaglio esperienziale. Il corpo che decade allontana dagli anni trascorsi e dalle energie che si potevano avere in gioventù ma il bagaglio di risorse dell’uomo, di competenze, di relazionalità non si arresta e continua a evolversi (Deluigi R., 2008). Questi anziani hanno continuato a vivere la loro quotidianità; come ha detto un membro del gruppo “come se avessi ancora vent’anni”, memori di un tempo trascorso e desiderosi di non arrendersi al vincolo del proprio corpo. Grazie a questi incontri tutto ciò è stato possibile poiché è stato creato un ambiente aperto alla relazione, a favore di un riconoscimento di sé e degli altri in quanto protagonisti dell’esistenza. “L’essenziale è invisibile agli occhi” (A. de Saint-Exupéry A., 1943), proprio per questo non ci si può soffermare a uno sguardo esteriore e superficiale, limitato e limitante, ma bisogna considerare l’anziano in una prospettiva evolutiva anziché involutiva. Bibliografia Deluigi, R. (2008). Divenire Anziani, Anziani in Divenire. Prospettive pedagogiche fra costruzione di senso e promozione di azioni sociali concertate. Roma: Aracne Editrice. De Saint-Exupéry, A. (1943). Il piccolo principe. Milano: Bompiani. Franceschi, C. (1993). Basi biologiche dell’invecchiamento della longevità. Trattato di Gerontologia e Geratria, UTET, 63-90. Mecocci, P., Cherubini, A., Senin, U. (2002). Invecchiamento cerebrale, declino cognitivo, demenza un continuum? Roma: Critical Medicine Publishing Editore. Organizzazione Mondiale della Sanità (2002). Invecchiamento attivo: un quadro strategico. OMS. Ginevra Libri usati per le attività Bergamaschi, S., Iannizzi, P., Mondini, S., Mapelli, D. (2010). Demenza 100 esercizi di stimolazione cognitiva. Milano: Raffaele Cortina Editore. Remocker, A.J., Stortch, E.T. (1983). Gesto come parola. Manuale di tecniche non verbali per terapie di gruppo. Torino: Edizione Omega. Sitografia www.eurispes.it – comunicati stampa, 2004 www.istat.it – previsioni della popolazione residente 12 1 Istituto per lo Studio delle Psicoterapie 13