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Articolo tratto dal numero 2 -Gennaio 2008 -Anno I de http://www.lascuolapossibile.it Integrazione al contrario Un approccio alla disabilità visiva L'esperienza a scuola - di De Marino Francesca Il modello di pratica educativa che intendo presentare è frutto dell'esperienza trentennale di mia madre, Quirina Sordini, nel campo dell'insegnamento tout court e dell'integrazione dei bambini ciechi in particolare, dei miei studi psico-pedagogici e della mia esperienza come insegnante specializzata. Prima di iscrivermi all'Università, frequentai la Scuola di Specializzazione per l'insegnamento ai non vedenti "A. Romagnoli" di Roma ed ebbi la fortuna di avere insegnanti come Mario Mazzeo, allora docente nel corso di Antropologia Culturale, che ha rappresentato una vera e propria "scuola di pensiero", incidendo così sulla mia formazione e sulla mia comprensione di aspetti importanti legati alla disabilità visiva. Mario Mazzeo, grazie ad una proprietà e chiarezza inusuali del linguaggio, alla modalità di articolazione del pensiero, ad una pressochè perfetta capacità di sintesi, riusciva a mettere a fuoco concetti in modo "fotografico": colgo l'occasione, in questo ricordo, di ringraziarlo per quanto è riuscito a darmi; quegli insegnamenti non furono utili solo a comprendere la natura della disabilità visiva o delle disabilità altre, ma i contesti di relazione problematici della più comune quotidianità. Ecco, in breve, i motivi fortuiti, e fortunati, che mi portano a dedicarmi a questa tematica e quindi a redarre le pagine seguenti. L'esperienza di integrazione realizzata nasce dal lavoro quotidiano con bambini ciechi inseriti in ambito scolastico: intuizioni, stipula di patti espliciti, autocorrezioni nel crudo impatto con la prassi educativa, sono serviti a costruire e riconoscere relazioni autentiche. A sostegno del lavoro svolto vi è il convincimento che la realtà scolastica diventa contesto educativo di apprendimento soltanto nella misura in cui la diversità di ciascun alunno viene accolta e considerata opportunità pratica, così da procedere verso la creazione di un luogo di relazioni e di pensiero che resiste agli urti delle difficoltà e migliora continuamente se stesso. E' un'esperienza di integrazione a tutto tondo, già applicata con risultati positivi in diverse realtà romane di scuole pubbliche e presso la Biblioteca del Comune di Roma "Ennio Flaiano", nel IV Municipio, dove, grazie alla sensibilità della Dott.ssa Marisa Spasiani e delle sue collaboratrici, che hanno creduto nella validità del lavoro, è stata attivata una sezione speciale per bambini ciechi e ipovedenti con vari strumenti tiflologici, libri in braille e audiolibri, in sintonia con il metodo di "Integrazione al contrario". Semplicemente, il titolo del progetto è proprio "L'integrazione al contrario", e questa parola - "contrario" - così apparentemente disturbante, mostra in realtà la natura più umana e quindi costruttiva della realtà. Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta. "Al contrario" significa appunto che nel metodo proposto viene capovolto il rapporto tra domanda e capacità di prestazione: è il normodotato (chi vede), in questo contesto, che parte da una condizione di "svantaggio", sforzandosi di acquisire un nuovo codice comunicativo (il Braille) e adattandosi a attività ovvie per il cieco (leggere e scrivere in Braille). L'innovazione consiste nel responsabilizzare tutti i vedenti in merito alla necessità di conoscere il codice Braille, per condividere con il cieco tutto ciò che viene prodotto sul piano della scrittura e della capacità di decodificare il contenuto di un testo in Braille. Lo scopo è favorire la gratificazione nel bambino cieco, in modo che non sia identificato come unico conoscitore del codice Braille. Questo metodo permette di assumere una posizione rispettosa delle limitazioni della persona, del suo bisogno di aiuto, dei problemi quotidiani che da ciò possono derivare, garantendo il riconoscimento della sua libertà e della sua creatività. Descrizione Il metodo propone l'uso di un materiale innovativo, semplice e funzionale, che agevola l'apprendimento del Braille sia da parte dei bambini che degli adulti vedenti e si compone di diversi elementi brevettati che tutelano la qualità dell'intervento educativo, attento alle esigenze dei ciechi e dei normodotati: a) due pannelli in legno o in plastica: uno con le lettere dell'alfabeto in Braille e in nero, scritte su cartoncini rettangolari (cm 15x9) di tre colori per evidenziare le consonanti, le vocali e la punteggiatura (pannello 1) l'altro con la segnografia Braille e in nero per l'apprendimento dei numeri e dei segni matematici (pannello 2) Sui cartoncini rettangolari si applicano dei dischetti di plastica o feltrini per rappresentare in rilievo ogni singola lettera, punteggiatura, numero e segno matematico. b) un tappeto rettangolare (cm 180x80) di un unico colore, gommato per mantenere la sua aderenza e stabilità sul pavimento; su di esso vengono applicati sei cerchi di stoffa di panno "lenci" di colore contrastante con quello del tappeto, disposti nel seguente modo: alto destra, metà destra, basso destra e alto sinistra, metà sinistra, basso sinistra, utili per la composizione delle lettere e dei numeri in Braille: 63 combinazioni c) fogli di carta o cartoncini ricoperti con il decofix, un materiale adesivo trasparente, per mantenere nel tempo ben in rilievo la scrittura Braille e per preparare materiale didattico (schede di lingua e matematica, libri, nomenclature ed altro) che può essere riutilizzato negli anni. Il materiale è funzionale e trasportabile nei vari ambienti scolastici e si rivela utile per tutte le strutture educative che si confrontano con la minorazione visiva. Tali sussidi trasformano l'apprendimento teorico del Braille in un apprendimento concreto che viene memorizzato più facilmente. I pannelli murali vengono affissi negli ambienti per la presentazione del codice; il tappeto si utilizza per la rappresentazione corporea delle singole lettere o numeri da parte dei vedenti. Come si gioca? E' molto semplice: a condurre "la partita" è il bambino non vedente che invita di volta in volta i compagni ad "entrare sul tappeto" e a posizionarsi in corrispondenza dei puntini necessari per formare una lettera, e poi la successiva, fino a "scrivere" con il corpo un'intera parola. All'inizio la presenza dei pannelli al muro è fondamentale, ma una volta che i bambini hanno memorizzato le combinazioni corrispondenti ad ogni lettera, il gioco diventa più veloce e divertente. Con questo sistema, infatti l'apprendimento diviene qualcosa di concreto, da vivere, da Pagina: 1 di 2 sperimentare su e giù per il tappeto con il proprio corpo, a tutto vantaggio del processo di memorizzazione, ma non solo. Infatti il gioco consente di agevolare il recupero delle abilità di base da parte di tutti gli alunni, ma anche di intervenire in maniera molto positiva sui processi di interiorizzazione delle categorie spazio-tempo e di rafforzamento dello schema di sé. Senza contare i risultati che possono essere raggiunti in termini di integrazione e di partecipazione all'interno del gruppo classe: una volta interiorizzato il codice, i ragazzi si dimostrano entusiasti e ancora più collaborativi nei confronti del compagno non vedente. In seguito i bambini vedenti imparano a scrivere con la dattilobraille (strumento didattico per scrivere in rilievo) su cartoncini ricoperti con il decofix che garantisce per molto tempo la durata sul foglio della segnografia Braille. Questo permette di preparare molto materiale didattico, che può essere riutilizzato negli anni e non cestinato come capita con i fogli tradizionali su cui si scrive in Braille. I tradizionali testi in Braille sono molto difficili da decodificare per i bambini vedenti, perché è presente l'interpunto, cioè ogni pagina viene scritta in rilievo su entrambe le facciate; inoltre, sono pesanti e ingombranti, soprattutto per i bambini della scuola dell'Infanzia. Il materiale presentato è uno strumento di tutela della qualità dell'intervento educativo e didattico, attento alle esigenze dei bambini ciechi e di quelli normodotati, ed è anche un supporto agli educatori nel loro processo di insegnamento, fruibile dall'intera comunità che condivide la minorazione visiva. Con questo prototipo si possono realizzare lavori semplici e belli che gratificano sia i vedenti che i ciechi. Le schede didattiche di tutte le discipline scolastiche possono essere preparate in anticipo dai docenti o da produttori esperti nel campo, per evitare tempi morti durante le lezioni. La conoscenza del codice Braille favorisce la mediazione e crea collegamenti, alleanze, sinergie e accordi per lo sviluppo di una visione il più possibile comune; in tal modo l'integrazione diviene un'impresa collettiva con a capo il soggetto disabile. Inoltre il metodo promuove lo sviluppo di buone relazioni basate sull'accettazione incondizionata dell'altro, oltrepassando la cultura della compassione caritatevole e emarginante; crea una condizione di "svantaggio" per il normodotato, funzionale alla costruzione di livelli di sviluppo più alti e desiderabili per tutti; contribuisce a determinare esiti in termini di autostima, identità e sicurezza del cieco; diffonde l'interdipendenza positiva che consiste nello stabilire rapporti tali per cui nessuno può riuscire individualmente se non con il successo dell'intero gruppo, richiedendo un lavoro e un impegno coordinati. La fiducia nella modificabilità umana e nella costruzione di ambienti modificanti è determinante nella promozione dello sviluppo integrale del non vedente: dove non c'è questa fiducia, non può essere intrapresa alcuna azione significativa per la creazione di un ambiente modificante, e dove non si struttura un ambiente modificante, le possibilità di attualizzare le potenziali capacità esistenti sono praticamente nulle. Per queste ragioni si è sviluppato un progetto flessibile, che ha permesso di realizzare un intervento educativo risultato efficace sia nel momento del controllo che della valutazione degli effetti dell'integrazione. Francesca De Marino Docente 164° Circolo Didattico "E.Chiovini" - Roma Pagina: 2 di 2