Donne e uomini

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Donne e uomini
03/2015
www.agesci.org/propostaeducativa
www.facebook.com/scoutpropostaeducativa
SCOUT Anno XLI - n. 12 del 20 luglio 2015 Settimanale - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 Aut. GIPA/ C / PD
CONTIENE I.R.
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03/2015
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Diario di un'udienza
generale
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Amarcord
di Denis Ferraretti
di Lucio Costantini
Un anno
in due
di Germana Aceto e Stefano Robol
I numeri
sulla coeducazione
L'altro
di fronte a me
di Giorgia Caleari e Francesco Bonanno
Non c'è maschio
e femmina
di don Luca Albizzi
La coeducazione
nella scuola di oggi
di Domenico Simeone
Dov'è
la differenza?
di Francesco Castellone
di Anna Casella
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Diarchia in unità
Coeducazione e metodo:
questione di punti di vista
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Coeducazione
modello CNGEI
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di Valeria Leone e Francesco Bozzi
Due è meglio
di uno
a cura della redazione di PE
di Paolo Fiora
Intereducazione
di Nicoletta Orzes
Non solo fratelli
e sorelle
di Enzo Bianchi
Una scelta
che fa la "differenza"
di Christian Caleari
Giocare insieme
di Francesco Zona e Alessandra Baldi
Nella giungla da 100 anni!
di Paolo Favotti
Il mistero dell'amnesia
dei marziani e delle venusiane
di Marcella Scarciglia e Francesca Zuccarini
Il valore della
home hospitaliy
di Francesco Scoppola
Il sorteggio
di Emanuela Schiavini
di Matteo Truffelli
Cosa ho vissuto
sul prato di Bracciano
a cura della redazione di PE
Maschio e femmina
Dio li creò
di Francesco Scoppola
Tutti a Spianessa
di Alessandro Costanzo De Castro
Un mare
di opportunità
di Alessio Giusti
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di Chiara Panizzi
Questo numero si apre con un articolo
dedicato al grande evento che tutti in
insieme abbiamo vissuto con Papa Francesco in piazza San Pietro a Roma il 13
giugno.
Nelle pagine centrali invece trovate il
resoconto delle giornate del Consiglio
generale con la descrizione delle decisioni che sono state prese.
Il resto del numero è dedicato ad uno
dei temi fondanti per lo scautismo
dell'Agesci, nei quarant'anni trascorsi
dalla sua fondazione.
I più giovani tra noi sicuramente non
possono ricordare quale fu il percorso
che negli anni '70 portò le due associazioni Agi e Asci a unirsi. Certamente
il tema della coeducazione fu allora al
centro del dibattito e non solo per lo
scautismo e il guidismo, ma per tutta
la società che, ricordiamolo, prevedeva talvolta anche nei percorsi scolastici
le classi divise per sesso.
Senza dubbio su questo tema si sono
versati negli anni fiumi d'inchiostro.
L'essere uomo e donna è una parte talmente importante della nostra
identità che l'agire educativo non può
editori
non fondarsi su una precisa visione
antropologica in grado di includere
una presa di posizione circa l'identità
di genere.
Questo discorso ci porterebbe lontano. Il dibattito sulla "teoria del gender" è di grande attualità. Le posizioni
si contrappongono nelle discussioni e
il modello antropologico che noi capi
proponiamo – l’uomo e la donna della
Partenza – non corrisponde alle caratteristiche del “politicamente corretto”.
Come spesso succede, l’Agesci procede controcorrente … ma non è questo
dibattito il fulcro degli articoli che vi
proponiamo in questo numero.
Le scelte della coeducazione e della
diarchia che da essa discende ci caratterizzano fortemente come Associazione e vogliamo proporvi di tornare a
ripensarle con l’occasione offerta dai
vari articoli di questo numero.
Il nostro Michele Pandolfelli, responsabile del Centro Documentazione
Agesci fino al luglio del 2012 , ha curato per il Consiglio generale del 2010
una pubblicazione dal titolo "Non è solo
stare insieme". Questa bella pubblicazione a cui aveva lavorato anche l’area
Metodo, fa parte della serie dei “Quaderni” editi dalla Fiordaliso e offre
ale
una completa raccolta di documenti,
scritti e articoli intorno al tema della
coeducazione. Basterebbe questa per
conoscere sufficientemente la storia
del pensiero che ha guidato la nostra
azione educativa fino ad oggi: l'analisi dei problemi affrontati, l'evolversi
delle idee nel trascorrere degli anni e
nel mutare della società intorno a noi
sono esaurientemente presentati.
Perché allora un numero sulla coeducazione?
Perché siamo convinti che il tornare
a ribadire l'importanza dell'educare
donne e uomini, e non un’indistinta
massa di gente, sia fondamentale anche
per tutti i capi che sono oggi al servizio
dei ragazzi.
Con la speranza che ognuno di voi
vada a “curiosare” il contenuto del testo pubblicato nel 2010, vi auguriamo
buona lettura!
Per leggere il testo citato:
http://www.agesci.org/centrodocumentazione/downloads/nonesolostareinsieme_1.pdf
Chiara Panizzi
Donne e uomini
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Diario di
un'udienza
generale
di Denis Ferraretti
E venne così anche la sera del 12 giugno e a ripensarci bene avevo una sottile agitazione, simile a quella della notte
prima di una route o di un campo. Tutto era iniziato a gennaio, con la notizia ufficiale dell’udienza generale con
Papa Francesco e con la velata consapevolezza che anche in quest’occasione
qualcuno, con un disegno preciso, mi
aveva chiamato.
Era infatti del capogruppo, la chiamata
non risposta sul display. “Si fa di Gruppo,
l’idea è di fare una specie di pellegrinaggio. Che fai? Vieni?”. Certo, se hai già
fatto il cammino di Santiago ti immagini
che un pellegrinaggio sia un’altra cosa
e anche l’idea di andare via in pullman,
come fa tua zia almeno una volta l’anno con le sue amiche della parrocchia,
non aiuta molto la causa. Ma alla fine
non si poteva mancare: “E quando ti ricapita?”, “Poi questo Papa è simpatico!”,
“Romaaaaa...” dicevano i più. Non certo
motivazioni profonde ma tant’è: iscrizione di Gruppo fatta, pullman trovato,
prenotato e riempito ed ecco era già ora
di partire: sabato 13 giugno.
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È notte fonda e, usciti dalle case con
ancora addosso l’intera giornata, ci si
dirige al punto di ritrovo. Lì già senti
la bellezza di essere gruppo e la senti
di più se, come nel nostro caso, il tuo
Gruppo e quello della parrocchia vicina, condividono il pullman e fanno un
pezzo di strada insieme.
Arriviamo a Roma: silenzio e aria fresca
del mattino. Un paio di ragazzi con i gilet arancio fluo ci vengono incontro e ci
spiegano le alternative per raggiungere
la piazza. Ci guardiamo intorno e vediamo lunghe file di scout che camminano
ai bordi della strada semideserta.
Dopo più di un’ora di coda e due tentativi di andare in bagno andati a vuoto,
entriamo nella piazza e tratteniamo il
fiato nel vedere la facciata della basilica
di San Pietro, le colonne altissime e subito sotto la distesa di camicie azzurre.
La piazza si stava riempiendo e, guardando con un po’ d’invidia quelli nella
zona sedie, prendiamo posizione triangolando strategicamente megaschermi
e bagni chimici.
Inizia la presentazione della giornata e
dalle casse audio arrivano fioche le voci
microfonate di alcuni capi che si muovo-
Francesco Mastrella
Donne e uomini
no sulla scalinata del sagrato della basilica. Ci danno il benvenuto e ci aiutano a
ripercorrere il cammino di preparazione
fatto. In questo momento trovano spazio
le idee e i pensieri che hanno arricchito
la strada verso l’udienza (ecco i video:
http://goo.gl/WaODXR), i percorsi
che le tre Branche hanno fatto, i ricordi e gli impegni presi durante la Route
nazionale e il racconto dei ragazzi che
sono partiti in bicicletta, qualche giorno
prima, proprio da San Rossore. Vengono
sollevati tutti i bastoni dei pellegrini e insieme preghiamo con e per Papa Francesco, leggendo la preghiera che abbiamo
scritto grazie al contributo di tutti.
Nel frattempo #agescidalpapa va al primo posto dei trend topic su Twitter e
gli stream su Facebook si tingono di azzurro e di selfie pieni di facce sorridenti. Come a volerlo far sapere a tutti: “Io
ci sono!” e anche “Noi ci siamo!”. Con
il desiderio di condividere la gioia di
quel momento. A questo un po’ ci aveva già abituato la Route nazionale, ma
vedere tutto crescere così rapidamente
in poche ore faceva un certo effetto.
Il pellegrino mette i suoi piedi dove un Altro
– Il Cristo – ha messo i suoi piedi.
udienza
del P
ap a
Alessandro De Veris
Risuonano le parole di padre Davide
Brasca. In quel momento ho pensato
che era quella la Chiesa di cui volevo
fare parte, che era quella l’associazione che avevo scelto come mia e che in
quegli stessi volti sudati e stanchi per
la levataccia, ma felici, rivedevo il mio
e quelli dei miei fratelli. Poi a un certo punto un gruppo da poco arrivato
si impone nelle nostre file e a forza di
“Scusate, con permesso” finiscono proprio di fronte a noi: poesia finita. Allora
ho pensato che la nostra Associazione,
quella che avevo scelto come mia, in
realtà è anche di molti altri: è grande,
fatta di umanità varie e rappresenta in
pieno il nostro Paese. Così, con fraterna
fermezza, ho lottato sgomitando benevolmente per mantenere i pochi metri
quadrati guadagnati con il sudore.
La piazza diventa sempre più affollata e
una specie di tensione palpabile si diffonde nella zona senza sedie. Chi è già
stato a un concerto lo sa e lo riconosce
nell’aria, quel momento in cui tutti si
alzano in piedi e ci si spinge in avanti,
verso la transenna per avvicinarsi il più
possibile al motivo per cui si è lì. Per
immaginare anche solo per un istante
che ti possa guardare o toccare, oltre
la folla.
È arrivato Papa Francesco. Il suo Buongiorno!, oramai quasi un marchio di fabbrica, scatena un boato. Cala rapido il
silenzio sulla piazza e tutti ci mettiamo
in attento ascolto: inutile nasconderlo,
c’è un certo piacere nel sentire usare
il nostro linguaggio dal Papa. Da Capo
Scout e Capo Guida, fino alle comunità
capi, passando per tutte le branche il
Santo Padre ci ringrazia per essere una
parte preziosa della Chiesa in Italia.
“Voi offrite un contributo importante alle famiglie per la loro missione educativa verso i
fanciulli, i ragazzi e i giovani. I genitori ve
li affidano perché sono convinti della bontà
e saggezza del metodo scout, basato sui grandi valori umani, sul contatto con la natura,
sulla religiosità e la fede in Dio; un metodo
che educa alla libertà nella responsabilità.”
In quel momento ho pensato a tutte
le passate riunioni genitori: a quelle mamme e a quei papà che, un po’
preoccupati ma fiduciosi, leggevano
sul viso di noi giovani capi più voglia
di fare che esperienza e competenza.
Poi il Papa tocca l’argomento Carta del
Coraggio e il solo udirne pronunciare il
nome con dolcezza ci fa sentire orgogliosi di tutto il lavoro fatto.
“Sono certo che l’AGESCI può apportare
nella Chiesa un nuovo fervore evangelizzatore e una nuova capacità di dialogo con la
società. [...] Fare ponti, fare ponti in questa
società dove c’è l’abitudine di fare muri. Voi
fate ponti, per favore!”
Dopo questa qualcuno mi ha detto che
per fare ponti ci vogliono delle solide
spalle su entrambe le sponde. Io penso
che alle volte i ponti non siano da fare
solo tra due diverse fazioni di una stessa
società, ma anche tra una vecchia idea
di società e una nuova. Basata, quest’ultima, sulla fratellanza e sul coraggio di
fare del proprio meglio, per non essere
solo presenza decorativa.
Un altro lungo boato avverte della fine
del discorso di Papa Francesco e inizia-
no le procedure di svuotamento della
piazza. Un’interminabile tappa ai bagni dà il via alla nostra pausa pranzo:
occupiamo i pochi spazi d’ombra trovati lungo la strada verso il pullman e
mangiamo i panini ormai caldi.
A pensarci bene, in effetti, io una chiamata l’ho ricevuta. Non era una voce in
un sogno e neanche un roveto ardente,
era il mio capo Gruppo e comunque
un fratello. Che fosse quella, in quel
momento, la mia chiamata a fare più
bella la nostra Chiesa?
Un rapido conto: siamo 52, ci siamo
tutti! Partiamo verso casa, nel letargo
più assoluto, coccolati da una gelida
aria condizionata e con il cuore ricco
di quella felicità che solo un incontro
di questo tipo può lasciarti.
I video dell'udienza:
http://goo.gl/WaODXR
La preghiera per il Papa
e con il Papa:
http://goo.gl/e1W1Pl
Le regoLe
(utiLi, per La prossima
uDienza generaLe)
1. Vuoi portare il tuo branco o cerchio al
completo? Sei un eroe!
2. No, il concetto di intelligenza collettiva non è percepibile in una folla di
80.000 scout.
3. “Mamma guarda, sono in TV! Io sono
quello con la camicia azzurra. Eheheh!”
No, non sei per niente originale.
4. Tranquillo! Per quanto presto pensi di
arrivare, qualcuno è già là prima di te.
5. Se qualcuno ti saluta con un garbato
Buongiorno! potrebbe essere il Papa.
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Archivio del Centro Documentazione Agesci
Donne e uomini
amarcord...
Quando cominciammo
a parlare di coeducazione
di Lucio Costantini
Roberto è un giovane capo pieno di entusiasmo. Di tanto in tanto non manca
di cercarmi, desideroso di cucire frammenti di storia di scautismo a lui del
tutto sconosciuti. Il nostro conversare
scivola sulla coeducazione. Il suo sguardo esprime stupore quando gli dico che
il nostro scautismo – quello di parecchi
anni fa, intendo – era tutto maschile.
Le ragazze, aggiungo, praticavano il
guidismo. Le due associazioni, l’Asci e
l’Agi vivevano realtà separate per con
una comune finalità di intenti. “Ma...
come facevate? – mi dice – Mi sembra
incredibile! E quand’è che le cose cambiarono?”. La sua curiosità sollecita
risposte più complete. Gli chiedo di
darmi del tempo: intendo procurarmi
un documento che mi consenta dirgli
di più.
6
Ci rivediamo di lì a qualche giorno. Tra
le mani ho un fascicolo dalla scrittura
azzurrina tirato col ciclostile ad alcool,
roba da preistoria. È la sintesi di un convegno, organizzato dal “Commissariato
provinciale” dell’Asci udinese tenutosi nel settembre 1970 a Gemona del
Friuli (che diverrà tristemente nota
qualche anno dopo per il disastroso
terremoto, ma anche per la successiva,
totale ricostruzione e... per il fattivo
intervento di quasi 7000 scout). A me,
che allora avevo 23 anni ed ero maestro
dei novizi e a Letizia Rovere, una capo
reparto dell’Agi di Udine, venne affidata una relazione sul tema della coeducazione. Venimmo scelti perché lei era
un’apprezzata insegnante e io cominciavo a balbettare qualcosa di psicologia. Era la prima volta che un capo di
un’associazione maschile e una capo di
una femminile si presentavano insieme
per trattare un tema anticipatore di un
cambiamento di rilevante spessore in
campo educativo. L’iniziativa del locale
Commissariato era la risposta concreta
alla sollecitazione di una commissione composta da consiglieri nazionali
dell’Asci e dell’Agi che l’anno prima
si era assunta il compito di inquadrare,
studiare e far approfondire in tutti i
gruppi della penisola il fenomeno della coeducazione intesa come un’opportunità per “proporre medesime esperienze realizzando attività comuni a ragazzi e ragazze”. Fu un lavoro paziente
e capillare, non scevro da perplessità,
timori, incomprensioni, prese di posizione pro e contro che si riverberarono
ben oltre la fusione tra le due associazioni. Fino ad allora – la nostra società
stava rapidamente cambiando, riflesso
dei mutamenti marcati in atto nei paesi
più industrializzati – le due associazioni
scout si erano semplicemente ignorate,
paghe entrambe dell’applicazione di
storia a
ssoci
gerimenti che vennero dal Consiglio
Nazionale congiunto di Asci e Agi nel
1972 invitavano a far muovere i primi
passi innanzitutto alla Comunità Capi;
da lì il riverbero e l’applicazione nelle
branche. Da un lato, in buona sostanza,
sentivamo l’esigenza di introdurre un
modo del tutto nuovo di fare educazione, dall’altro ci si preoccupava di applicarlo con gradualità. Le nostre riflessioni si tradussero in note costruttive:
“La coeducazione produce un arricchimento della personalità e un reciproco
completamento (...). All’applicazione
della coeducazione non vi sono controindicazioni di principio. Tuttavia
andranno osservate alcune condizioni:
a) preparazione e senso di responsabilità dei Capi; b) gradualità e rispetto
delle esigenze locali nel passaggio alla
coeducazione; c) non esagerare giungendo all’eccesso opposto: le attività
separate restino ancora prevalenti, soprattutto dopo la prima branca, perché ciò risponde alle esigenze degli
adolescenti; d) attenzione nell’età del
Riparto (allora si chiamava così, con la
“i”. NdA), data la diversità (che però
tende a ridursi), dei tempi e dei ritmi
di sviluppo dei due sessi”.
Rileggendo queste parole a distanza di
anni non manco di stupirmi – anche
Roberto lo è mentre scorriamo insieme il documento – perché in esse trovo
una capacità di attenzione pedagogica
non solo verso l’oggetto della discussione, ma soprattutto nei confronti del
ragazzo, segno che il messaggio di B.P., tradotto nel metodo, che poneva – e
pone – il ragazzo al centro del processo
educativo, era stato ben recepito dai
capi.
Da allora molta acqua è passata sotto i
ponti; la nostra Associazione vive con
naturalezza la coeducazione, spero nella consapevolezza che è uno dei modi,
non il solo, per educare insieme ragazzi
e ragazze.
Resta da capire – non mi consta vi siano
stati degli approfondimenti al riguardo
– che cosa delle peculiariarità del guidismo e dello scautismo andò allora sacrificato convergendo quanto a contenuti
verso un metodo che fosse valido per
maschi e femmine. Però questo è un
altro discorso...
Archivio del Centro Documentazione Agesci
due metodi vicini, ma non eguali, ancora frutto del pensiero originario di
Baden-Powell ed espressione di un
contesto sociale, scolastico ed ecclesiale in cui i ruoli maschile e femminile
erano marcatamente distinti. Tuttavia
i contatti e le attività in comune tra le
due associazioni, almeno a livello di
clan/fuoco, si stavano moltiplicando
un po’ ovunque, segno che le istanze
che avrebbero portato nel 1974 alla fusione tra Asci e Agi erano un segnale
da cogliere.
Il tema affidatoci era del tutto nuovo
per noi, al punto che, oltre a scomodare il pensiero di antropologi di spessore, quali Margaret Mead, per poter cogliere il significato dei ruoli maschili e
femminili che in diverse società primitive erano felicemente interscambiabili, andammo a cercare una definizione
il più possibile completa di coeducazione, non nel senso generale, ma in quello applicato altrove nello scautismo.
Demmo un’occhiata a quanto facevano i nostri fratelli d’oltralpe e ci parve esaustiva la definizione data dagli
Eclaireurs ed Eclaireuses de France, associazione nella quale la coeducazione era
già in atto: “L’educazione in comune
delle ragazze e dei ragazzi, l’educazione reciproca degli uni per mezzo degli
altri, nella prospettiva della preparazione ad una vita dove la qualità della
relazioni tra uomini e donne (a tutti i
livelli) condiziona la felicità e lo sviluppo individuale e collettivo”.
Alle nostre parole seguì un attento approfondimento in piccoli gruppi, che
poi si espressero con una sintesi che
merita di essere riportata per indicare
che l’attenzione a un fenomeno ancora tutto da esplorare era stata notevole:
“Se coeducazione ha da essere, ben venga, a patto però che essa investa tutto il
ciclo di sviluppo della persona, quindi
l’intero arco lupetto - esploratore - rover, altrimenti sarà una cosa fatta perché la moda la impone, realizzata con
esitazioni e con paura dell’assunzione
della responsabilità (notevole) che essa
comporta”. In qualche modo avevamo
anticipato i tempi, dato che i primi sug-
ativa
7
xxdxix
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rc
xh
xixa
Donne e uomini
un anno in due
di Germana Aceto
e Stefano Robol
Incaricati Nazionali
all'Organizzazione
Festeggiamo un anno del nostro incarico dopo l’introduzione della diarchia anche nell’area Organizzazione.
Una domanda ci è stata posta: sarebbe stata la stessa cosa se nell’incarico
degli Incaricati Nazionali all’Organizzazione (INO) ci fossero stati due
donne o due uomini? Crediamo proprio di no: anche se non ci occupiamo
direttamente di educazione! Il nostro
ruolo è comunque fatto di relazioni,
di sensibilità, di attenzioni e le nostre
diversità, al di là del carattere, sono
una ricchezza e soprattutto sono una
complementarità.
8
Essere abituati nello scautismo, sin da
piccoli, a relazionarsi con l’altro sesso
rende normalità quello che all’esterno, e lo vediamo nella politica, nelle
aziende e in tante altre realtà, è rarità.
L’intuizione del 1974 di una coeducazione “forte” ci ha portati ad affrontare vicini i vari aspetti delle quotidianità organizzative ed è diventata ora una
piacevole consuetudine a cui ci siamo
allenati e da cui si trae una forza aggiuntiva.
Se lo sguardo è sui numeri potremmo
dire che basti un ragioniere? Per gestire un evento basta un manuale con le
procedure su cui porre attenzione? In
questo servizio garantiamo di no, ogni
numero ed ogni attività organizzativa
ha dietro i volti dei nostri associati:
c’è Lorenzo che per la prima volta
deve ideare il menù per
il campo estivo e impara
a comprendere come rispettare il budget in base
ai costi dei prodotti, c’è
Camilla che con la sua
squadriglia
vorrebbe
lanciare l’impresa per
una tenda sopraelevata
ma se non raccoglie fondi con un buon autofinanziamento il progetto
non lo potrà realizzare.
È lì che spesso si interviene come uomini o
donne, a seconda di ciò
che serve in quel momento, in base alla relazione costruita e con il
proprio vissuto; ed è lì
che ci piace vivere il nostro servizio, in questo
modo e non potrebbe
essere
diversamente.
Essere un uomo e una
Più che la diversitˆ di
genere sentiamo però
la forza che viene
dall’incontro dell’unicità
e diversità delle nostre
persone che possono
arricchirsi nel
confronto per poter
approcciare al meglio
le quotidianità del
servizio
donna aiuta infatti a guardare con
punti di vista diversi, a non dare nulla
per scontato, ad allenarsi ad accogliere e a porre un’attenzione più complessa ma anche più arricchente.
Il gusto di affrontare assieme non solo
gli aspetti organizzativi ma, anche, i
problemi associativi nella loro globalità è quanto l’Associazione offre al nostro ruolo nell’ambito di un comitato
di cui non siamo “solo” i ragionieri,
pur se resta comunque la responsabilità di interpretare adeguatamente il
ruolo di Incaricati nazionali, in una
Associazione nota anche per le sue capacità organizzative.
Più che la diversità di genere sentiamo
però la forza che viene dall’incontro
dell’unicità e diversità delle nostre
persone che possono arricchirsi nel
confronto per poter approcciare al
meglio le quotidianità del servizio.
E questo ci è possibile, e crediamo possa e debba essere detto con forza, soprattutto per l’allenamento al lavorare
assieme tra generi diversi che abbiamo
vissuto nel nostro percorso associativo
e ci consente oggi di guardare anche e
soprattutto alle Persone.
Donne e uomini
nelle un
it à
i numeri sulla
coeducazione
unità miste. È stato necessario
aspettare il 1976, con un timido 18% di unità miste sul totale delle unità (684 su 3809).
La nostra Associazione ha ormai varcaIn questo primo anno, è stata
to i 40 anni, portandoseli abbastanza
la Branca R/S a sfruttare con
bene tra l’altro. E tra i tesori che questa
più convinzione questa nuova
lunga esperienza ci ha permesso di acpossibilità: 418 le comunità
cumulare ci sono anche 40 anni di cenI NUMERI
SULLA COEDUCAZIONE
R/S miste, a fronte dei 160
simenti
e quindi di dati. Certo, sono
La nostra
Associazione
ormai varcato
i 40 anni,e
portandoseli
tra l’altro. e
E dei 106 reparti.
branchi
spesso
in ha
forma
cartacea,
quindiabbastanza
dif- bene
tra i tesori che questa lunga esperienza ci ha permesso di accumulare ci sono anche 40 anni di
censimenti
e quindi
dati. Certo, sononell’era
spesso in forma
cartacea,
quindi difficili
elaborare
– da
L’R/S
ha detenuto il primaficili
dadielaborare
del
2.0, ema
nell’era del 2.0, ma rivelano comunque grosse sorprese.
Ad esempio,
nell’ambito
di questo numero
dedicato
alla coeducazione, abbiamo
cercatonumero
di
to del
di unità miste
rivelano
comunque
grosse
sorprese.
capire come questa si sia sviluppata in Associazione, con quale ritmo, con quale percorso.
dal 1976 al 1998, anno in cui è
Ed ecco Ad
alcuneesempio,
delle cose che nell’ambito
abbiamo scoperto: di questo nupassata
in testa l’L/C. Sempre
mero dedicato
- nonostante
la coeducazionealla
fosse coeducazione,
alla base della creazione abdell’Agesci, nel
1974 (anno
di fondazione) e nel 1975 non era prevista la possibilità di censire unità miste. È stato
al
terzo
posto l’E/G, probabilbiamo
cercato
di
capire
come
questa
si
necessario aspettare il 1976, con un timido 18% di unità miste sul totale delle unità
(684 su 3809). In questo primo anno, è stata la Branca R/S a sfruttare con più
per via del fatto che la
sia sviluppata
in Associazione,
con quaconvinzione
questa nuova
possibilità: 418 le comunità
R/S miste, a mente
fronte dei 160
branchi e dei 106 reparti.
tipologia
le ritmo,
con
quale
- L’R/S
ha detenuto
il primato
del percorso.
numero di unità miste dal 1976 al 1998,
anno in cui è dei reparti paralleli,
passata in testa l’L/C. Sempre al terzo posto l’E/G, probabilmente per via del fatto che
diffusa, nei censieccodeialcune
delleabbastanza
cose che
abbiamo
laEd
tipologia
reparti paralleli,
diffusa,
nei censimenti nonabbastanza
viene distinta
dal numero delle unità monosessuali.
menti
viene distinta dal
- Ilscoperto:
numero delle unità miste è sempre cresciuto in questi 40 anni: partendo
dalle non
684
del 1976, nei 10 anni successivi tale valore è sempre cresciuto del 3-4% circa, fino ad
numero
delle
unità monoses–
nonostante
la
coeducazione
fosse
alla
assestarsi su un valore di crescita media annuale dell’1%.
- Il sostanziale pareggio tra le due tipologie di unità è avvenuto nel 1985.
base
della
dell’Agesci,
nel di cui 69suali.
- Nel
1976 la
regione creazione
con più unità miste
era il Lazio (108 unità
clan/fuochi);
nel 2014 il primato è stato dell’Emilia Romagna, con 536 unità miste
delle unità miste
1974 (anno
dici fondazione)
e monosessuali,
nel 1975di cui ben– 11Ilinnumero
- Nell’ultimo
censimento
sono solo 23 unità R/S
Sicilia
- Oggi le unità monosessuali rappresentano soltanto il 12% del totale.
è sempre cresciuto in questi
non era prevista la possibilità di censire
40 anni: partendo dalle 684
del 1976, nei 10 anni succes2500
sivi tale valore è sempre cre2000
sciuto del 3-4% circa, fino ad
1500
assestarsi su un valore di creUnità LC miste
Unità EG miste
scita media annuale dell’1%.
1000
Unità RS miste
– Il sostanziale pareggio tra le
500
due tipologie di unità è avve0
nuto nel 1985.
– Nel 1976 la regione con più
unità miste era il Lazio (108
8000
7000
unità di cui 69 clan/fuochi);
6000
nel 2014 il primato è stato
Totale unità miste
5000
dell’Emilia Romagna, con
4000
Totale unità
3000
536 unità miste.
Totale unità
2000
monosessuali
– Nell’ultimo censimento ci
1000
0
sono solo 23 unità R/S monosessuali,
di cui ben 11 in Sicilia.
1974
1977
1980
1983
1986
1989
1992
1995
1998
2001
2004
2007
2010
2013
1974
1977
1980
1983
1986
1989
1992
1995
1998
2001
2004
2007
2010
2013
di Francesco Castellone
– Oggi le unità monosessuali rappresentano soltanto il 12% del totale.
9
Donne e uomini
Nicola Catellani
Diarchia in unità
di Valeria Leone
e Francesco Bozzi
Mirazzano 1
Quanti modi ci sono di guardare a un
bambino? Ci avete mai pensato? Tanti,
verrebbe da dire di istinto a chi immagina dove vogliamo andare a parare.
Uno solo, potrebbe immaginare qualcun altro – che domande. Almeno due
è la nostra risposta. Quello di un uomo
e quello di una donna che condividono la vita di Branco con i propri lupetti. Nello specifico parliamo del nostro
modo, del nostro essere uomo e donna e capi, dei nostri lupetti. È la nostra
storia, ma il Bosco ci ha insegnato che
«È bella la tua storia» e dunque eccola
qui. Abbiamo provato a metterla nero
su bianco, a raccontarci quei bambini,
a farli rivivere nella nostra memoria, a
rispolverare gli aneddoti, le vicissitudini, le emozioni. E a trasformare tutto
in parole.
I bambini ci scelgono. Ci scelgono
come persone innanzitutto: per il nostro carattere, per il nostro modo di
10
essere e di fare, per come parliamo
con loro, per come li ascoltiamo, per
i silenzi che impariamo ad accogliere
e per la gioia che ci brilla negli occhi
quando trascorriamo del tempo insieme. I bambini scelgono a chi rivolgersi
per un mal di pancia, a chi fare il solletico, a chi uno scherzo, a chi donare un fiore, a chi regalare un disegno,
con chi confidarsi, a chi chiedere aiuto, con chi arrabbiarsi, a chi rispondere male. Scelgono loro, anche quando
crediamo di farlo noi.
I bambini scelgono molte di queste
cose – e naturalmente molte altre – anche in base al nostro essere uomini o
donne. Certo, non sempre, ma a volte
ci sembra sia proprio così. Pensiamo a
Chiara, ai suoi occhioni scuri e alla sua
risata contagiosa. Aveva sempre tante
cose da raccontare a Valeria (Kaa) e lo
faceva con la sua aria tutta seria ma leggera, accogliendo volentieri le domande e arricchendo le sue storie di tanti
particolari. Ma con Francesco (Bagheera), ecco, con lui era un’altra musica.
Chiara era simpaticamente dispettosa,
gli zompettava intorno e trovava ogni
occasione buona per prenderlo in giro,
fargli il solletico, saltargli addosso. E
che dire di Federico? Sempre pronto
a coinvolgere Francesco in grandi sfide – Bagheera, tu questo lo sai fare?
Guardami! – ma che correva da Valeria
se aveva perso qualcosa o se non stava
bene. E così il piccolo Francesco, da
Bagheera per giocare insieme a rincorrersi ma da Kaa quando la nostalgia di
casa prendeva il sopravvento.
I bambini ci scelgono.
Per il nostro carattere,
per il nostro modo
di essere e di fare,
per come parliamo
con loro, per come li
ascoltiamo, per la gioia
che ci brilla negli occhi
quando trascorriamo
del tempo insieme
vita d
a c ap
i
I nostri lupetti fanno
con noi «tutto tutti
insieme», proprio
come in una famiglia.
E “tutto” questo lo
facciamo giocando,
sorridendo,
arrabbiandoci,
aiutandoci, talvolta
litigando. Maschi e
femmine insieme,
con un modo e uno stile
diverso, ma insieme
e ragiona e rimugina. Francesco costruisce i rifugi con i bimbi nel bosco,
Valeria inventa con loro le storie. Francesco suona tutto il canzoniere con la
chitarra, Valeria riordina la cancelleria
provando insieme a Flavio e ad Alice i
pennarelli per vedere se vanno ancora.
Condividere i nostri modi di essere è
stato importante, utile e prezioso, anche se non sempre facile. L’esperienza
e il tempo trascorso insieme ci hanno
insegnato come i nostri diversi sguardi
potessero disegnare i bambini che ci
erano affidati: a volte tratteggiandone
i contorni, altre colorandone gli spazi
bianchi, ma sempre avendo cura di lasciare spazi bianchi da riempire domani, con nuovi occhi. Il nostro staff – con
anche Giulia e Marina – era il luogo in
cui pensare, ridere, ragionare, discutere; il posto in cui eravamo d’accordo
sempre e non eravamo d’accordo mai
perché in primis come persone e poi
in quanto uomini e donne approcciamo le cose in modo differente, dalla
progettazione alla verifica.
Ma è in questo nostro modo così diverso di essere, capace di affascinarci e indisporci allo stesso tempo, che risiede
la bellezza della diarchia: nel nostro essere uno – nell’intento educativo, nel
progetto, nel sogno – pur essendo due;
ciascuno con la propria personalità, la
propria sensibilità, le proprie debolezze e le proprie forze. Ciascuno con la
propria unicità di uomo e di donna, al
di là degli stereotipi, delle forzature,
del gioco di ruolo che non crediamo
ci appartenga.
I nostri lupetti fanno con noi «tutto
tutti insieme», proprio come in una
famiglia. E “tutto” questo lo facciamo
giocando, sorridendo, arrabbiandoci,
aiutandoci, talvolta litigando. Maschi e
femmine insieme, con un modo e uno
stile diverso, ma insieme. E sono queste le differenze che ci arricchiscono:
quelle che derivano dalla peculiarità
di ciascuno, bimbo o bimba, grande
o piccolo, uomo o donna. Ed è grazie
al nostro essere diversi insieme che ci
ritroviamo, ci riscopriamo, ci doniamo
nuovamente gli uni gli altri e abitiamo
un tempo che sa d’Amore. Perché in
fondo Vi sono diversità di carismi, ma uno
solo è lo Spirito.
Francesco Mastrella
I bambini sanno chi hanno di fronte e
sanno raccontarti la tua storia e come
ti vedono e cosa desiderano da te e
con te. Anche noi adulti crediamo di
sapere chi abbiamo di fronte quando
si parla di bambini. Eppure, quante
sfumature ci sono! Certo, non solo
se si parla di bambini, ma forse con i
bambini è meno facile coglierle, perché è più difficile immaginare che ci
siano. Beatrice Alemagna nel suo albo
illustrato Che cos’è un bambino? dice che
«Un bambino ha piccole mani, piccoli
piedi e piccole orecchie, ma non per
questo ha idee piccole». Ecco, questi
sono i nostri lupetti.
È stato bello per noi abitare un tempo
e uno spazio con i nostri bimbi; è stato bello lavorare in staff e condividere
sguardi, sogni, progetti; è stato bello
scoprirci adulti appassionati del mondo dell’infanzia e provare a esserne
custodi. In staff ci siamo sentiti particolarmente arricchiti dal nostro essere
uomo e donna, abbiamo imparato a
viverlo come un dono. Per noi e per i
nostri bambini. Abbiamo modi diversi
di guardare ai bambini. Modi diversi di
percepire ciò che i bambini sentono,
provano, sono. Modi diversi di stare
con loro, di giocarci, di parlarci, di
correrci e di far loro le coccole. Francesco è il giocherellone per eccellenza, Valeria vola di più con la fantasia.
Francesco va al cuore delle cose subito
e punta a risolverle. Valeria si perde
un po’ nei pensieri e pensa e ripensa
11
Donne e uomini
Due è meglio
di uno!
a cura della redazione
di Proposta Educativa
Come è fare servizio
in due ai vertici
associativi?
Abbiamo voluto
chiederlo a Capo
Guida e a Capo Scout.
A noi sembra che non
sia molto diverso dal
fare i capi in un'unità...
voi che ne dite?
Capo guiDa / Capo sCout
rosanna BiroLLo
Ferri Cormio
Due è meglio di uno, o no?
Certo! Come dice il detto" uno fa per uno, due fa per
quattro"...
Due è più complicato di uno, ma è molto più bello. L'altro ti mette in crisi ma ti costringe a pensare, ti toglie
spazio, ma ti apre orizzonti, la sfida vera è sempre con te
stesso, ma l'altro aiuta.
Maschio e femmina Dio li creò: due sì ma di sesso diverso, è ancora una scelta valida?
Le sensibilità e le indoli maschile e femminile che si
completano nella loro complementarietà: questa è la
grande forza, che per noi in AGESCI è un valore, della
diarchia: un valore, deve essere chiaro, per la ricchezza
derivante non tanto dalla moltiplicazione delle forze
in campo, comunque importante, ma dall’unione delle diversità.
12
La differenza tra maschio e femmina non l'abbiamo
scelta, ci è stata donata. È una differenza che come tante genera, ma quella tra maschio e femmina genera la
vita, che è sicuramente la priorità dell'umano. Negare
questa naturale ed evidente priorità ci porterebbe poi
ad affermare un indistinto egualitarismo a cui non intendiamo cedere.
interv
ista
Essere in due e magari con visioni diverse sulle questioni che si pongono,
non rischia di appesantire e rallentare tutti i processi?
Innanzitutto essere capi AGESCI implica in partenza avere fatto delle scelte valoriali (il Patto associativo) in cui
ci riconosciamo e che ci fanno camminare su una strada
comune. Può succedere che nella quotidianità la necessità del confronto e della condivisione allunghi i tempi
dei processi. Ciò tuttavia va a vantaggio del più completo
e sfaccettato discernimento rispetto alle azioni da intraprendere, punto fondamentale in educazione.
A volte l'efficientismo non si accorda con la qualità delle
relazioni; la ricerca della performance nel campo educativo e nella relazione tra persone, e poi tra sessi, a volte ci allontana dalla costruzione di un cambiamento. Il
confronto continuo, il bisogno di un alter, è condizione
indispensabile per raggiungere il bene e il bello, i tempi
brevi e a volte vuoti, li lasciamo ad altri.
E quando non si va d’accordo?
Mi ripeto: quando si sceglie di fare il capo in AGESCI ci
si pone già in partenza su una strada comune che dovrebbe avere davanti a sé un percorso già spianato. A volte si
possono ugualmente frapporre degli ostacoli nel nostro
servizio e l'incontro di caratteri diversi può essere uno di
questi: l'incontro si può trasformare, ahimè, in scontro.
A questo punto la maturità delle persone e il senso di responsabilità devono avere il sopravvento. Ci deve essere
da parte di tutti uno sforzo per superare le problematiche
per un bene superiore, che è il fine del nostro servizio.
È proprio allora che si sperimenta l'esperienza del limite, a volte del fallimento. Un'esperienza a cui dobbiamo
allenarci, perché sempre più spesso assistiamo a relazioni spezzate tra capi come fra coniugi, che sono frutto
proprio dell'incapacità di accettare la dimensione della sconfitta. Stare insieme non significa essere sempre
d'accordo. Solo gli stupidi vanno sempre d'accordo con
tutti. Il confronto, a volte lo scontro vivace, generano
idee nuove.
Il ricordo di una difficoltà
Nessuna di così rilevante da essere insuperabile.
Nella mia esperienza di capo clan, la strada è stato il
luogo in cui più pesantemente ho incontrato la differenza che mi ha fatto crescere. La fatica, la possibilità
di superarla, la caparbietà o la rassegnazione: una bella
sfida. Come al solito, è sempre l'esperienza della strada
che risolve il conflitto.
Quando essere stati in due, uomo e donna ha fatto la differenza
Oltre che nella mia esperienza di padre a fianco ad
una madre per educare i nostri figli, posso dire anch'io
che in Associazione ho sempre sofferto quando al mio
fianco mancava una donna, a volte per problemi organizzativi, familiari o di lavoro. La chiacchiera al campo
scuola, o la preparazione della veglia o dell'uscita, fatta
insieme, era la differenza.
Sempre.
Un ricordo che ti fa ancora sorridere
Non essere considerata alla pari del partner maschile. Succede raramente, ma talvolta capita. E la cosa è
così imbarazzante per chi si ostina a non riconoscere la
"diarchia", che da parte mia non può suscitare altro che
un semplice sorriso.
Quando ad un campo di reparto lungo un sentiero ripido per raggiungere il campo, con zaini pesanti, ho dovuto assistere una guida dodicenne affaticata che in quel
momento aveva bisogno solo ed esclusivamente di una
donna, possibilmente la sua mamma. Ma in quel momento c'ero solo io. Mi sono fatto piccolo piccolo, e in qualche modo sono riuscito a calmarla in attesa della capo
reparto. Sono stati i momenti più drammatici della mia
esperienza scout, a distanza di tempo anche quelli che
un po' mi fanno sorridere pensando al mio imbarazzo.
13
Donne e uomini
Coeducazione
modello Cngei
di Paolo Fiora
Capo Scout CNGEI
foto archivio CNGEI
Sul tema della coeducazione abbiamo voluto sentire anche la voce della Associazione
sorella CNGEI, con noi federata nella FIS
a rappresentare in WOSM lo scautismo italiano.
Ecco la testimonianza di Paolo Fiora, Capo
Scout del CNGEI.
Quando parliamo di coeducazione, per
semplificare e per attivare una comunicazione immediata diciamo che è lo
stare insieme di bambini e bambine, di
ragazzi e ragazze nella grande famiglia
dello Scautismo e del Guidismo. Ovviamente dietro a questa frase si cela un
mondo più complesso. Per entrambe le
associazioni italiane riconosciute dagli
organismi mondiali, la coeducazione è
una scelta associativa, che ha visto percorsi e processi che negli anni ci hanno
portati a come siamo oggi. Non è mia
intenzione, anche perché non è questo
il momento per farlo, parlare dell’argomento dal punto di vista storico, ma
la coeducazione è stato ed è elemento di
innovazione del metodo scout.
Per il CNGEI, in quanto uno dei pilastri, ne è stato esplicitato il significato
nella propria Carta d’Identità associativa, che è stata pensata, sviluppata e
scritta nei primi anni del nuovo millennio: in primis per fare un punto dopo
quasi cento anni di esistenza dell’Associazione e poi per presentarci al
mondo in una lingua che non fosse lo
“scautese”, di cui siamo abilissimi ora-
altre as
socia
zioni
tori senza, purtroppo, renderci conto
che spesso è una barriera comunicativa
che non facilita la comprensione di chi
potrebbe essere interessato a vivere l’esperienza dello scautismo.
Nello scorrere la nostra Carta d’Identità, oltre a trovare definizioni di Democrazia, Laicità, Scelta Adulta, Impegno
Civile trovate che cosa intende il CNGEI per coeducazione. Ovvero un’opportunità che possa aiutare i ragazzi e le
ragazze a crescere insieme nell’ottica di
scoprire la propria identità di uomini
e donne puntando a valorizzare le loro
attitudini e peculiarità, nel rispetto di
se stessi e nell’accoglienza dell’altro.
Vuol dire fare vivere ai ragazzi di diverso sesso esperienze in comune attraverso quindi un percorso di confronto, di
conoscenza, di approfondimento, di
arricchimento reciproco favorito dal
contatto con diversi stili di vita, diverse
religioni, diverse culture, diverse realtà di genere, diverse abilità. Vuol dire
offrire pari opportunità di azione volte
a stimolare il contributo di ciascun individuo con tutte le proprie caratteristiche per il perseguimento di obiettivi
comuni, vuol dire offrire – a coloro che
scelgono di vivere la propria esperienza con noi – un modo per allargare i
propri orizzonti superando gli eventuali condizionamenti di partenza. La
nostra coeducazione, quindi, non si limita a far crescere maschi e femmine
insieme, ma a far seprimentare ciascun
di rinnovarsi e di essere attuale, come
ad esempio l’introduzione della coeducazione nei programmi educativi a
seguito dei mutamenti socio-culturali
degli anni ‘60-’70, è ciò che rende lo
scautismo un’agenzia di educazione
unica nel suo genere.
Questa unicità, mi permetto di dire, è la
forza del Movimento: è la nostra forza.
Forza che non ci deve rendere esclusivi
in quanto unici, bensì inclusivi!
Il nostro percorso educativo costruisce
un ambiente sereno per processi di valorizzazione della persona nella propria
unicità, confronto e interazione con “i
diversi da sé”. Utilizza la vita di gruppo
per far emergere non solo le singole individualità, ma anche il confronto con
l’altro in modo costruttivo per il raggiungimento di obiettivi comuni, ed offre opportunità e occasioni che preparano i ragazzi e le ragazze ad affrontare
il mondo complesso della quotidianità
in cui vivono, ponendo anche attenzione alle modalità in cui nascono e si abbattono stereotipi e pregiudizi.
Solo con ragazzi e ragazze coeducati
possiamo avere, un domani, uomini
e donne con competenze, capacità e
consapevolezza giuste
per costruire un mondo migliore.
http://www.cngei.it
foto archivio CNGEI
Paolo Fiora
individuo con la diversità (fisica, intellettiva, economica, spirituale, etnica,
etc), perché solo attraverso essa possiamo crescere in maniera consapevole
superando i pregiudizi.
Nell’educare e formare dei buoni cittadini poniamo sempre il nostro accento
sull’educare alle scelte ed essere persone attive nella propria comunità e
promotori di cambiamento (aggiungo:
positivo), pertanto ci adoperiamo affinché le persone che entrano in contatto
con il mondo scout CNGEI siano persone che riconoscano la diversità quale
fonte di arricchimento, che sappiano
ascoltare cercando di agire in collaborazione con gli altri senza alcuna forma di pregiudizio, contaminando e
coinvolgendo gli altri in questo modo
di agire. Ci piace pensare che i capi e
gli adulti, esempi dei bambini e delle
bambine – dei ragazzi e delle ragazze
abbiano una predisposizione ad una
relazione attiva con gli altri e che siano
in grado di affrontare le complessità sociali facendo attenzione al linguaggio,
ai comportamenti, agli stereotipi e alle
diverse sensibilità delle persone con
cui entrano in contatto.
Lo scautismo è una delle agenzie di
educazione non formale con più storia
alle spalle, e dal 1907 ad oggi ha avuto
sempre la forza di rinnovarsi senza mai
perdere la sua attualità. La sua capacità
15
Donne e uomini
intereducazione
di Nicoletta Orzes
Presidente Internazionale
dell'UIGSE-FSE
Sul tema dell’educare uomini e donne ha
sicuramente qualcosa da dire l’altra grande
associazione cattolica dello scautismo Italiano. Abbiamo voluto chiedere quindi anche a
loro un contributo. Questa è la loro testimonianza per la voce di Nicoletta Orzes Presidente Internazionale dell’UIGSE-FSE.
Un po’ di storia
Quando B.-P. ha pensato lo scautismo
come sistema educativo, aveva davanti a
sé dei ragazzi dei quartieri di Londra,
tutti maschi, e su di loro ha ideato il metodo scout presentato poi, nel 1908, in
“Scouting for boys”. Poco dopo capì (o
meglio sono state le ragazze a chiederlo!) che doveva pensare a qualcosa di
simile anche per le ragazze, ma non si
limitò ad aggiungere qualche indicazione al metodo già pensato per i ragazzi.
Scrisse “Girl guiding”, in cui presentò un
metodo scout pensato appositamente
sulle caratteristiche delle ragazze.
Nella prefazione a “Suggerimenti per
l’educatore scout” B.-P., pur affermando che “il termine “scautismo” è venuto a
significare un sistema di educazione al civismo per mezzo dei giochi, sia per i ragazzi che
per le ragazze”, poi distingue chiaramente lo Scautismo dal Guidismo, dichiarando che “ambedue i sessi hanno bisogno
di questa educazione che viene loro data nel
Movimento dei Boy scouts e nel movimento
delle Girl Guides. I principi sono gli stessi;
è solo nei particolari che essi differiscono” ...
ma è proprio su questi “particolari” (e
nemmeno tanto piccoli…), che si gioca
la sfida educativa!
La scelta della FSE è quella quindi di
valorizzare sia il guidismo che lo scautismo.
“Mi è stato chiesto perché avessi scelto il
nome di guide per il movimento delle ragazze. Oggi le donne si sono conquistate negli
affari del mondo una parte assai maggiore
che in passato. (…) La formazione delle
guide è strutturata in modo da preparare
la giovane generazione ad assumersi questa
cresciuta responsabilità. Il termine guidare
sembra riassumere in una parola l’alta missione della donna, come madre, come moglie,
come cittadina. Il nome di “guida” è quindi
16
foto archivio UIGSE-FSE
Dare ai ragazzi e alle ragazze la possibilità di
uno spazio diverso da quello di tutti i giorni,
anche come esperienza di comunità diverse,
monosessuate, in cui si possa fare esperienza di
un 'sé diverso' rispetto alla loro quotidianità, vissuta
perlopiù nell'ambito della 'coabitazione tra i sessi'
il migliore che possa essere dato a una ragazza, quale alto richiamo all’ideale cui essa si
sta preparando (B.-P. Yarns for Boys Scouts,
C.A. Person, London 1909, p 207-208).
In particolare la FSE vuole mantenere
solida la proposta educativa del guidismo cattolico, inteso come l’attuazione del metodo al femminile, che
può fornire le condizioni e l’ambiente
particolare perché ogni ragazza possa
sentir nascere il desiderio di realizzare
l’avventura della propria vita con pienezza, scoprendone il disegno di Dio e
permettere nella concretezza della vita
scout di portare alla luce quel tesoro di
potenzialità che costituiscono il genio
femminile, indicato da Giovanni Paolo
II nella Mulieris Dignitatem come specifico dono per tutta l’umanità”.
L’Unione Internazionale delle Guide e
degli Scouts d’Europa-Federazione dello Scautismo Europeo (UIGSE-FSE) che
comprende 20 associazioni nazionali,
tra cui anche l’Associazione Italiana, è
nata nel 1956 a Colonia dall’idea di un
gruppo di scouts francesi e tedeschi.
Nel suo Statuto (art. 1.2.8) definisce
che “l’educazione differenziata di ragazze e
ragazzi in unità distinte costituisce un punto essenziale della propria pedagogia. Il
parallelismo e l’arricchimento reciproco delle
due sezioni, maschile e femminile, consentono il pieno sviluppo delle attitudini e delle
inclinazioni donate, nel piano provvidenziale, a ciascuno dei due sessi”.
L’Associazione Italiana Guide e Scouts
d’Europa Cattolici della FSE, nata nel
1976, ha compiuto poi un cammino di
approfondimento di quanto definito dallo Statuto Internazionale FSE scegliendo
il termine “intereducazione” per definire non solo “l’educazione differenziata
tra ragazze e ragazzi”, ma in modo ancora più ampio “l’educazione all’altro”.
Sono stati scritti due documenti di riferimento: nel 1993 il Dossier Intereduca-
altre as
socia
zioni
In pratica? 6 branche, 2 sezioni, 1 Associazione, 1 Federazione
L’essere Associazione a due sezioni, maschile e femminile, è la strada scelta per
mettere in primo piano nell’impegno
educativo l’alterità specifica di ogni singolo uomo e di ogni singola donna.
Le parole che Giovanni Paolo II rivolse
ai 7000 Scouts e alle Guide della Federazione Guide e Scouts d’Europa riuniti in San Pietro nel 1994 in occasione
dell’Eurojamboree: “Essere cristiani…
per voi, in particolare, significa lavorare all’interno della grande famiglia degli
Scouts… con la vostra specifica pedagogia”
(O. R. 4.8.1994) sono un monito per
noi a continuare nel nostro impegno
educativo che porti i ragazzi e le ragazze alla scoperta del vero senso dell’alterità vivendo in unità definite per sesso
ed età.
La FSE, dal Gruppo scout fino al livello
nazionale, ha 6 branche : lupetti-esploratori-rover,
coccinelle-guide-scolte;
ogni unità del Gruppo o branca a livello regionale/nazionale è guidata da un
capo per la sezione maschile o una capo
unità per la sezione femminile con una
pattuglia di aiuti della stessa sezione.
E’ il Gruppo il fulcro e il banco di prova
dell’applicazione pedagogica dell’intereducazione.
Infatti la Direzione di Gruppo è guidata
da un o una Capo Gruppo, con un/una
vice (in modo che vengano ad essere
unite a collaborare nella conduzione
del Gruppo Scout le “sensibilità” di entrambe le sezioni) ed è formata dai 6
capi unità. La maggior parte dei Gruppi comprende entrambe le sezioni, ma
esistono anche Gruppi solo maschili o
solo femminili.
La sezione maschile e quella femminile
Coltivare l'identitˆ ... Guardando alla relazione
foto archivio UIGSE-FSE
zione e nel 2008 il Sussidio Intereducazione. Quest’ultimo nato dalla richiesta
dei capi più giovani di approfondire la
validità, la solidità e il valore della scelta, senz’altro impegnativa, dell’intereducazione e di avere uno “strumento”
per renderla sempre più pedagogicamente efficace.
sono riunite in un’unica Associazione
che a livello nazionale è guidata per
la parte pedagogica da un Commissario Generale Scout e una Commissaria
Generale Guida, l’unica diarchia della
FSE, con la pattuglia dei 6 responsabili
nazionali delle branche.
E lo stesso succede per tutte le altre 20
associazioni europee che fanno parte
dell’UIGSE-FSE.
L’intereducazione è quindi lo “stile” di
tutte pattuglie associative. E secondo
le scelte fondamentali della FSE che
sono: Metodo, vivere nel tempo di oggi
lo scautismo originario di Baden Powell;
Scautismo-guidismo; Intereducazione;
Europa; Collaborazione educativa con
la famiglia; Presenza ecclesiale e nuova
evangelizzazione.
Coltivare l’identità... guardando alla relazione
La verità rivelata sull’uomo “maschio e
femmina” come immagine e somiglianza di Dio è alla base di tutta l’antropologia cristiana e l’umanità è fin dalle
origini articolata nella relazione del
maschile e del femminile. E’ necessario
un comune impegno dell’uomo e della donna a sviluppare relazioni sempre
più autentiche, perché nella relazione
viene espressa la dimensione dell’unità:
vivere ed esistere non solo “uno accanto
all’altra” ma “uno per l’altra” e perché
la soggettività dell’uomo e della donna
si costituisce a partire da un’identità relazionale specifica.
L’intereducazione deve sfociare nell’apertura e nella mutua interazione psicologica, affettiva, culturale e spirituale
(Carta del Metodo Scout di BP - Centro Studi ed Esperienze Scout Baden-Powell, 2011)
Guardare lontano: una “specie” di conclusione
Intereducazione e coeducazione sono
due strade diverse? Sì, due strade, ma
non due mete, diverse.
Oggi si evidenzia come l’educazione parallela/omogenea, con esperienze formative specifiche per sesso ed età, possa
consentire a ragazzi e ragazze, anche in
termini di miglior apprendimento e di
consolidamento dell’identità sessuale,
di scoprire e “mettere alla prova” più efficacemente gli aspetti specifici dell’essere uomini e donne.
Ma, la vera sfida per tutti è quella di una
prospettiva educativa per un ragazzo e
una ragazza che con caratteristiche specifiche trovino la strada della loro crescita, sempre in equilibrio tra identità
e relazione.
E tale cammino sarà valido nel momento in cui sfocerà nella collaborazione e
nell’incontro.
Per chi volesse
approfondire:
http://goo.gl/1YsPQA
Il sito ufficiale dell'UIGSE-FSE
è http://fse.it/
17
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a
Donne e uomini
non solo sorelle
e fratelli
di Enzo Bianchi
Abbiamo chiesto a Enzo Bianchi, priore della
Comunità monastica di Bose, che ci parlasse
dell’esperienza della loro comunità.
Anche a Bose, infatti la comunità è fatta da
uomini e donne. I due sessi convivono in
un’unica esperienza cenobitica che ci sembrava fosse interessante anche per noi, in questo
numero che parla appunto di “donne e uomini insieme”.
Pubblichiamo quindi per gentile concessione, un estratto da un libro di Enzo Bianchi:
Nella libertà e per amore – Edizioni Qiqajon
2014 (pp. 99-101)
[…] Quanto alla nostra situazione a
Bose di fratelli e sorelle che vivono insieme, non conosciuta nel passato della vita religiosa e per ora rarissima, che
cosa dire? Che certamente vale un principio irrinunciabile: le sorelle siano donne
e i fratelli siano uomini; le sorelle siano
donne di fronte ai fratelli e i fratelli siano uomini di fronte alle sorelle, perché
questa differenza, fino al nuovo ordine
del Regno, è essenziale e permanente
(non è vero che, qui e ora, «non c’è più
né maschio né femmina», come afferma
Paolo in Gal 3,28!). Questo significa che
occorre una differenza di relazioni tra
fratelli e sorelle, perché non si ha lo stesso rapporto con un fratello e con una sorella: su questo punto chi fa l’ingenuo,
fa l’ebete! Per fare solo un esempio, la
sessualità umana ha un rapporto fondamentale con la parola; e l’affettività reciproca vive particolarmente di parole e
silenzi, in modo particolarmente acuto
per le donne, ma anche per gli uomini.
Occorrerebbe pertanto avere coscienza
18
dell’impatto affettivo delle parole, del
diverso uso delle parole tra uomini e
donne. Ma occorrerebbe anche imparare che la castità esige anche la presa di
parola in pubblico, davanti a tutti, non
solo nel bisbiglio fatto all’una e all’altra
(un tratto che è soprattutto femminile),
nel privato delle relazioni, fino a formare una piccola comunità affettiva all’interno della più grande comunità.
Il nostro essere uomini e donne comporta anche che occorre una certa autonomia tra i due gruppi, a livello di spazi
e di stile, ma un’autonomia che non
porti a una contrapposizione, perché in
tal caso sarebbe meglio una separazione definitiva. È difficile vivere una certa autonomia senza cadere nella logica
mondana della contrapposizione; è una
sfida in nome del Vangelo, una sfida
che è possibile affrontare – e la nostra
storia ce lo insegna – se c’è sincerità, se
nulla è fatto di nascosto, se non si creano situazioni di esenzione dal comune
cammino monastico. E si ricordi: una
vita monosessuata non garantisce in
nulla dai rischi delle relazioni fusionali
né dalle contraddizioni alla castità; anzi,
per quel che sappiamo le favorisce…
In una vita cenobitica le relazioni reciproche devono tendere all’incontro,
all’ascolto e all’accoglienza reciproca:
ciascuno deve uscire da se stesso per
andare verso l’altro e per accoglierlo.
Non le affettività né i temperamenti
né le relazioni di amicizia riuniscono i
membri in un’alleanza e in un corpo comunitario: senza essersi scelti, si è comunità radunata a causa della vocazione e
dell’amore del Signore sopra ogni cosa.
Ognuno accetta e riceve l’altro come dono di
Dio, accogliendo anche le debolezze, le
infermità dell’altro, quelle presenti e
quelle che verranno nel tempo, perché
così chiede il comandamento nuovo
che nell’alleanza è il primo e supremo
comandamento! L’amore gratuito, a immagine dell’amore di Cristo, deve prevalere su ogni sentimento del cenobita:
solo così l’amore si apre all’universalità,
è amore fraterno per ogni uomo o donna che si incontra e si incontrerà.
Scrive Jean Vanier:
I grandi pericoli di una comunità sono gli
«amici» e i «nemici» … Se ci lasciamo guidare da emozioni e sentimenti, presto si formeranno coppie, clan e gruppetti all’interno
della comunità. Allora non ci sarà più una
comunità ma un gruppo di persone più o
meno prese da una logica sentimentale …
Una comunità non è tale che quando la
maggioranza dei suoi membri ha deciso di
distruggere le barriere e di uscire dal cocon,
dal bozzolo delle «amicizie», per non vivere
in una logica che prima o poi crea nemici.
Sì, l’amore cristiano è difficile da vivere; ma se uno non sa viverlo, è meglio
che non stia in comunità e viva invece la
propria affettività nel mondo, dove non
è chiamato a essere un segno o ad avere
un significato cristiano e monastico.
http://static.monasterodibose.it/qiqajon/
pdf/Bianchi_liberta_amore_estratto.pdf
una scelta che
fa la "differenza"
di Matteo Truffelli
Presidente nazionale Azione
Cattolica Italiana
La scelta della coeducazione, che da
alcuni decenni accomuna diverse associazioni ecclesiali, ha rappresentato
senza dubbio il punto di partenza di
un’esperienza davvero ricca, che oggi
risulta più attuale che mai e che merita
di essere riscoperta in tutto il suo significato, senza dare per scontato che chi
la vive come un dato acquisito ne colga
tutta l’importanza. La diversità è sempre ricchezza e lo è anche la diversità
specifica dell’essere maschio e femmina, inscritta nella differenza sessuale.
Una ricchezza che necessita di essere
comunicata, conosciuta, assunta come
patrimonio condiviso. La coeducazione costituisce dunque un metodo pedagogico fondamentale, anche oggi,
per la crescita armonica della persona,
in quanto aiuta i ragazzi e le ragazze a
prendere coscienza e coltivare i propri
tratti specifici, la propria diversità e insieme la fondamentale uguaglianza nei
confronti dell’altro.
Appare dunque un’intuizione particolarmente significativa quella vissuta e portata avanti in questi anni, tra
gli altri, da Agesci e Azione Cattolica
(che ha fissato questo passaggio nel
proprio Statuto del 1969). Una scelta
che proprio oggi, nel momento in cui
da più parti si sollevano preoccupazioni rispetto alla educazione dei giovani
alla differenza sessuale, sembra acquistare ancor più significato rispetto alla
necessità di promuovere nei ragazzi
un processo di identificazione con il
proprio sesso e, al contempo, di serena
integrazione con il sesso opposto: un
processo fondato su uno sviluppo armonico ed equilibrato della personalità maschile e femminile.
Per arrivare a questo, peraltro, non basta il semplice stare insieme, ma è ne-
Martino Poda
altre assoc
iazion
i
Donne e uomini
cessario un intervento educativo che
sia capace di alimentare la conoscenza,
l’accettazione, la valorizzazione di sé
e dell’altro come persona diversa da
me. Nell’attuale panorama socio culturale, lo sappiamo bene, il compito
educativo si presenta delicato e complesso. Proprio per questo, l’obiettivo
principale di un cammino formativo
non può essere il mero trasferimento
di contenuti o regole (o almeno non
solo), ma la promozione di nuove capacità di orientamento e discernimento.
Questo vale anche per la modalità con
cui si vivono le relazioni. In un contesto in cui la varietà dei modelli e dei
quadri di riferimento disponibili lasciano ai ragazzi ampi spazi di libertà,
si deve accogliere la sfida di educare ad
una maggiore responsabilità e a saper
andare anche contro corrente. Anche
nei tempi di crisi e di fatica, nei quali
cresce la sensazione di dover far fronte
a delle vere e proprie “emergenze edu-
19
cative”, occorre ritornare sempre con
fiducia alla formazione delle coscienze
come obiettivo fondamentale. E per
far questo, appaiono prioritarie alcune
attenzioni.
1.Riscoprire il valore della corporeità
Appare urgente, in un contesto in cui
i media favoriscono la diffusione di
modelli di comportamento che usano il corpo come “merce” recuperare
pienamente il significato più pieno di
questa dimensione.
Lo stesso Papa Francesco ce lo ricorda
nella recente enciclica: “L’accettazione
del proprio corpo come dono di Dio è
necessaria per accogliere e accettare il
mondo intero come dono del Padre e
casa comune; invece una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma
in una logica a volte sottile di dominio
sul creato. Imparare ad accogliere il
proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale
per una vera ecologia umana. Anche
apprezzare il proprio corpo nella sua
femminilità o mascolinità è necessario
per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé. In tal
modo è possibile accettare con gioia il
dono specifico dell’altro o dell’altra,
opera di Dio creatore, e arricchirsi
reciprocamente. Pertanto, non è sano
un atteggiamento che pretenda di
«cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa».”
(Laudato sii n.155)
20
Anche
nell’educazione alla corporeità
e nella formazione
dell’identità di genere, quindi, l’esperienza di gruppo e la scelta della coeducazione
può avere un grande
valore. Appare importante
puntare
su forme efficaci di
accompagnamento
dello sviluppo psicoaffettivo della persona che offrano la
possibilità di spazi di
dialogo e confronto per una maggiore comprensione della radice profonda della propria identità e vocazione
alla pienezza umana. Anche da questo
punto di vista emerge l’importanza
dell’accompagnamento di un educatore maturo sotto il profilo relazionale,
attento, informato, capace di offrire
contenuti, esperienze significative e
sollecitazioni per l’elaborazione progressiva della propria identità dentro
la bellezza dei valori cristiani che l’Associazione propone.
2.Riscoprire la bellezza delle relazioni dentro un progetto
Un’altra attenzione prioritaria appare quella di accompagnare i ragazzi,
i giovani (e, come Azione Cattolica,
anche gli adulti) a vivere le relazioni
uomo/donna non in maniera superficiale, ma nella reciproca comprensione, nell’approfondimento della conoscenza e stima, dentro un progetto di
progressivo arricchimento reciproco.
In questa direzione occorre una riflessione seria sull’educazione all’affettività e alla sessualità dei nostri ragazzi.
Spesso da educatori ci ritroviamo a dover fare degli interventi “di urgenza”
per contrastare condotte a rischio. Più
che correre ai ripari, però, dovremmo
educare la libertà responsabile e la maturità personale. Ogni percorso educativo deve contemplare la persona nella
sua interezza e in tutto gli ambiti dello
sviluppo: servono progetti di matura-
zione che investono globalmente tutti i
dinamismi che sottendono ad una maturità psicologica, sociale, spirituale,
culturale di ciascuno. Anche nel pensare l’educazione affettiva dei ragazzi
e dei giovani nei nostri gruppi diventa dunque necessario affrontare temi
come l’identità personale, l’autostima,
l’autonomia e la capacità di reggere la
libertà e la responsabilità, la capacità
di esercitare in modo consapevole le
proprie competenze relazionali e comunicative, la capacità di individuare
e rispettare una gerarchia dei valori.
Tutti aspetti, per dirlo con una parola,
della maturazione della coscienza.
3.Riscoprire la reciprocità tra uomo e donna
Negli ultimi anni si è assistito al passaggio da un processo di assolutizzazione
esasperata delle differenze tra uomo e
donna, che spesso ha condotto all’incomunicabilità, ad un’emergente
prospettiva relazionale secondo la
quale le differenze sono un appello
allo scambio e alla reciprocità. Anche
per i nostri ragazzi, fare un percorso
insieme non deve significare rivendicare spazi o diritti, rapportarsi in
termini di potere o di forza, ma occasione di crescita nella capacità di
comunione, senza mortificare le differenze e accettando la positività della
diversità dell’altro. Reciprocità non è
sinonimo di uguaglianza, ma consapevolezza che è possibile ampliare la
propria esperienza includendo l’esperienza dell’altro. Questa capacità non
si improvvisa: esperienze di gruppo
ed esperienze associative sono particolarmente preziose per educare alla
reciprocità, nella misura in cui fanno
fare esperienza della diversità come
risorsa e permettono di accogliere la
propria identità, di conoscerla, accettarla, valorizzarla, incontrandosi con
chiarezza nelle reciproche differenze.
Anche per noi, dunque, la reciprocità rappresenta oggi una sfida che ha
connotati etici, oltre che psicologici:
non basta l’esserci dell’altro, non basta
neppure l’esserci con l’altro, c’è bisogno
dell’esserci per l’altro.
Consiglio ge
neral
e
Donne e uomini
Cosa ho vissuto
sul prato
di Bracciano
a cura della redazione
di Proposta Educativa
Quest’anno, essendo presenti al Consiglio
generale anche 166 rover e scolte, abbiamo
immaginato di metterci nei loro panni e,
complici le chiacchiere scambiate con i ragazzi durante quei tre giorni, abbiamo provato a raccontarvi l’evento dal loro punto
di vista.
Quando mi hanno proposto di passare il ponte del 1° maggio al Consiglio
Generale dell’Agesci, non sapevo
bene a cosa andassi incontro. Perciò
ho chiesto un po’ in giro. Il mio capoclan l’ha definito “un posto dove si
prendono grandi decisioni per tutta
l’associazione”; secondo un altro capo
del mio gruppo, un po’ più giovane, il
CG è “un posto dove ci sono un sacco
di vecchi che parlano per ore”. Beh,
dopo aver passato tre giorni nella base
di Bracciano, posso affermare che
hanno entrambi ragione.
Per me e gli altri 165 rover e scolte di
tutt’Italia, è stato davvero emozionante
partecipare a questo momento: durante i 3 giorni, parallelamente al lavoro
dei consiglieri, abbiamo lavorato con
sudore e fatica per elaborare una verifica della Route Nazionale, che abbiamo
poi presentato in plenaria. E nei momenti di pausa, canzoni, clave da giocolieri e partitelle di pallone, durante
le quali abbiamo ricordato a questi giovani anziani come si gioca a calcio.
Oltre alla ventata di freschezza, abbiamo portato a Bracciano anche il ten
ten-
21
AREA ISTITUZIONALE / 1
È stata approvata la relazione del Comitato nazionale con la messa agli atti
degli interventi delle regioni Sicilia e Friuli Venezia Giulia, contenenti alcune posizioni critiche nei riguardi della stessa.
Approvato anche il Bilancio di missione dell’Associazione.
Riformulato l’articolo 2 del Regolamento: la durata dell’anno scout si è fissata dal 1° ottobre al 30 settembre dell’anno solare successivo. Conseguente
a ciò una piccola modifica delle date dell’operazione censimenti (1° ottobre
/28 febbraio).
Si è deciso inoltre di prevedere nei percorsi formativi dei soci adulti approfondimenti sui temi dell’abuso e del maltrattamento ai minori e di ricostruire un gruppo di lavoro che garantisca eventi specifici per promuovere fra i
capi la familiarità con la Scrittura.
Si è dato mandato al Comitato e al Consiglio nazionale di avviare un’ampia
riflessione sulla tematica dei “capi in situazioni eticamente problematiche”,
con lo scopo di definire un nuovo documento che possa essere di supporto
alle comunità capi su tale materia.
Sono state accolte alcune raccomandazioni che sollecitano un approfondimento delle seguenti tematiche:
– lo scautismo nautico al fine di tutelare la peculiarità educativa dell’ambiente acqua
– il patrimonio della storia dell'educazione alla pace e nonviolenza in
Associazione
– i rapporti fra Agesci e Aic (Associazione Italiana Castorini)
Sono state apportate anche alcune modifiche riguardanti sia lo Statuto che
il Regolamento per quel che concerne la funzione del collegio giudicante
Nazionale e alcune modalità dei procedimenti di sua competenza.
done viola e blu che nei giorni della
Route ha accolto gli alfieri, i primi
sottoscrittori della Carta del Coraggio.
E abbiamo passato tanto tempo ad osservare come funziona la democrazia
associativa, anche per fare un paragone con quella sperimentata in Route.
I tre giorni si sono aperti con un momento molto solenne, l’alzabandiera. Subito dopo sono tutti entrati nel
tendone, portando simbolicamente in
processione l’icona di Cristo fin sotto
il tavolo di Capo guida e Capo Scout.
Il momento iniziale è stato un piccolo jamboree: hanno portato i loro
saluti gli scout del CNGEI, dell’FSE,
gli scout altoatesini di lingua tedesca
(Südtiroler Pfadfinderschaft), gli scout
sloveni dell’SZSO, e quelli del Masci.
Immediatamente dopo, due tali, che
tutti chiamavano Matteo e Marilina
e che ho capito essere i “capoccia”,
hanno aperto i lavori con la relazione
22
annuale del Comitato. È arrivato poi
il momento dei soldi: prima la presentazione del bilancio, a cura degli
Incaricati Nazionali all’Organizzazione, per la prima volta presenti in diarchia, e a seguire la presentazione del
bilancio della Route da parte di Enrico
Pacchiani, tesoriere dell’evento.
In mezzo alle due presentazioni, la
proiezione del video di lancio della
udienza papale per l’Agesci del 13 giugno, molto emozionante.
Dopo il pranzo i consiglieri si sono divisi in gruppetti, chiamati commissioni, alle prese con argomenti importanti: la relazione del comitato nazionale,
la revisione dei percorsi deliberativi, il
sistema Agesci-Fiordaliso-Cooperative,
il bilancio e l’organizzazione, la Route
nazionale, le due Branche E/G e L/C
e la comunità capi.
Ho scoperto poi che al consiglio generale si vota, un sacco! C’erano dei ruo-
AREA
ISTITUZIONALE / 2
Dialogo
interculturale/
interreligioso
Su questa vasta tematica a cui
l’Agesci in varie forme lavora
da lungo tempo, è stata approvata la mozione che prevede di
attivare percorsi di riflessione e
confronto per l’elaborazione di
linee guida riguardo l’accoglienza di ragazzi di altre religioni, nel
rispetto dei valori enunciati nel
Patto Associativo.
Il percorso dovrà essere monitorato in itinere dal Consiglio nazionale e concludersi con la presentazione del lavoro al prossimo
Consiglio generale.
AREA
ISTITUZIONALE / 3
Revisione dei
percorsi deliberativi
Alcune novità contenute in tutto
il lavoro approvato con le deliberazioni sulla revisione dei nostri
modi di prendere le decisioni e di
organizzarci come Associazione.
Il consigliere generale dovrà essere espressione diretta della Zona
e parte attiva nella sua vita. Nel
Sistema dei Progetti chi sarà deputato a predisporre il Progetto
Nazionale sarà sempre il Consiglio
generale dove la forte presenza
delle Zone garantirebbe un importante coinvolgimento della
cosiddetta base. Il Progetto nazionale, divenendo progetto associativo con valore di linee guida,
potrebbe essere utilizzato anche
dagli altri livelli associativi. Si ritiene necessario un ulteriore intervento strutturale al fine di snellire
i percorsi deliberativi. Ritenendo
indispensabile l’ampliamento dei
compiti attribuiti al Consiglio nazionale, si propone di trasferire alcune materie attualmente di competenza del Consiglio generale al
Consiglio nazionale e un maggior
ricorso all’istituto della delega.
AREA METODOLOGICO EDUCATIVA
Route Nazionale
Approvata la relazione finale di verifica della Route Nazionale, con l’impegno da parte del Comitato e del Consiglio nazionali ad orientare l’agire dell’Associazione sui temi che sono emersi come critici. Anche per i capi saranno individuati
percorsi formativi sulle sfide educative che sono state identificate dalla Carta del Coraggio che dovrà essere tenuta in considerazione anche per la stesura del prossimo Progetto Nazionale. Si dovranno inoltre creare occasioni e luoghi di confronto e impegno per gli R/S nelle varie Zone e/o regioni che potranno eventualmente avere anche funzione consultiva.
Branca E/G
Approvate le modifiche al regolamento di Branca proposte. In particolare sono stati modificati gli articoli dal 30 al 33 e
l’articolo 37 riguardanti la progressione personale degli esploratori e delle guide.
Branca L/C
Cambiati anche alcuni articoli del Regolamento della Branca L/C con modifiche significative. Sono stati definiti in modo
preciso i modi e soprattutto i tempi che devono scandire il percorso di crescita del lupetto e della coccinella. Rivisto tutto
il primo periodo della vita del Branco/Cerchio, dall’accoglienza dei nuovi cuccioli e cocci, al gioco delle prede, degli
impegni e delle specialità.
Viene inoltre raccomandato alle Branche di sostenere e diffondere la riflessione pedagogica alla base delle modifiche
attuate anche nei CFM e negli altri eventi di formazione capi.
23
li da ricoprire e quindi prima di cena
sono state presentate le candidature. Al
mattino poi sono iniziate le votazioni,
tra un caffè, un cornetto, uno sbadiglio
e un buongiorno sbiascicato.Mentre
noi rover continuavamo a lavorare alacremente, mettendo a punto la nostra
verifica, i consiglieri hanno poi presentato i lavori delle commissioni del giorno prima. Una tavola rotonda sul tema
dell’essere uomini e donne e quindi
sull’educare il maschile e il femminile
ha occupato il resto della mattinata.
Il pomeriggio è stato tutto un discutere e votare: palette che si alzavano e si
abbassavano con ritmi impressionanti,
chiacchiere concitate ai margini del
tendone, caffè a iosa: è dura fare il
consigliere!
La sera, Route ancora protagonista:
l'Agenzia Codici ha messo in scena
uno spettacolo basato sulle “lettere”
autobiografiche scritte durante l’anno
scout in preparazione all’incontro di
San Rossore dai ragazzi che avevano
voglia di raccontare di sé (quasi 1000
hanno aderito!): un momento molto
24
AREA ORGANIZZAZIONE
Sistema Agesci/Fiordaliso/Cooperative
Per affrontare i problemi che il nostro sistema di distribuzione incontra
nell’attuale contingenza di crisi, si è dato mandato al Comitato nazionale di
costituire un gruppo di lavoro con la finalità di studiare la fattibilità di un
soggetto unico di governance.
Tale gruppo sarà coordinato dagli Incaricati nazionali all’Organizzazione
e formato da alcuni Incaricati regionali all’Organizzazione. Inoltre è stata
accolta la raccomandazione che prevede una valutazione delle aziende fornitrici per giungere a un capitolato etico della Commissione Uniformi.
Ruolo e funzioni della Commissione economica
Con l’approvazione della variazione dell’art. 47 dello Statuto, da quest’anno
il presidente della Commissione economica parteciperà al Consiglio nazionale anche se limitatamente alle competenze della stessa commissione. Al
Consiglio nazionale parteciperanno anche, come invitati permanenti, i presidenti dell’Ente Mario di Carpegna e della Fiordaliso.
Inoltre, i verbali delle sedute del Comitato nazionale saranno inviati anche
alla Commissione economica.
Tutto ciò al fine di rendere più comprensibile e condiviso questo aspetto
della vita associativa.
Approvati durante i lavori i bilanci associativi e una piccola modifica della
gestione del fondo imprevisti, insieme alla cifra del censimento 2015/2016
che sarà di 35 €.
emozionante che attraverso dialoghi
musicati ha dato uno spaccato dei vissuti di noi ragazzi, presi naturalmente
fra quelli con le storie più singolari o
difficili.
Ho poi fatto anche un’altra scoperta:
in Agesci si premiano e si ricordano gli
scout che hanno fatto un cammino importante per lo scautismo e per l’Associazione! Quest’anno è stata la volta di
Giancarlo Lombardi, a cui è stata attribuita la benemerenza dell'Associazione,
ritirata per lui dal Responsabile regionale della Lombardia con l'Incaricato
nazionale alla Branca R/S e p. Davide
Brasca per la Redazione di RS Servire.
La domenica mattina, ancora deliberazioni, la replica del comitato nazionale, l’esame e l’approvazione dei bilanci e gli interventi di chiusura.
A chiudere, la Santa Messa e la cerimonia dell’ammainabandiera, preceduta dall’inaugurazione della pietra
della legge scout – un momento che ci
hanno detto essere diventato ormai
tradizione – offerta quest’anno dalla
regione Lombardia e prelevata per
l’occasione in Val Codera. Centinaia
di saluti fraterni hanno poi dato il via
alle partenze verso casa: consiglieri
che abbracciavano consiglieri, consiglieri che abbracciavano R/S, scolte
che abbracciavano scolte, rover che
abbracciavano scolte.
È stato un onore partecipare a questo
momento di democrazia associativa.
Magari un giorno, tra qualche anno,
ci torno. Sperando di avere ancora tutti i capelli al loro posto.
Atti del Consiglio generale
http://goo.gl/XhQPhv
INDIRIZZO POLITICO
Il lavoro sulla comunità capi si è concluso con l’approvazione della mozione
presentata dalla commissione che prevedeva delle ipotesi di lavoro basate sulle
buone prassi e sulle sperimentazioni raccolte durante il lavoro preparatorio.
Vengono impegnati il Comitato e il Consiglio nazionali a presentare al
Consiglio generale dell’anno prossimo possibili risposte ai bisogni emersi.
Novità di rilievo l’approvazione della mozione che chiede di scindere l’iter
di Formazione Capi dal processo di autorizzazione all’apertura delle unità,
dando mandato al Comitato nazionale di formulare le eventuali proposte di
modifica del Regolamento in tal senso.
Si è sottolineato in particolare che fra i compiti del capo Gruppo essenziale è
la cura della formazione permanente all’interno della comunità capi.
Con una specifica mozione si è inoltre dato mandato al Comitato e al Consiglio
nazionale di promuovere dei percorsi di approfondimento, confronto ed elaborazione di un pensiero associativo sui temi emersi dalla Tavola Rotonda. I
risultati di tale lavoro saranno presentati al Consiglio generale del 2017.
Francesco Silipo
Marilina Laforgia
CHIAMATE
AL SERVIZIO
Le chiamate al servizio di quest’anno hanno visto il rinnovo del
mandato per la nostra Presidente
Marilina Laforgia. Un nuovo volto
invece per l’Incaricato nazionale
alla Branca L/C : Francesco Silipo.
Nei due organismi che prevedevano la nomina di tre nuovi membri
ciascuna, sono stati eletti rispettivamente: per la Commissione uniformi Andrea Menegazzi, Roberto
Ballarini, e Maurizio Bertoglio,
mentre per il Collegio giudicante
nazionale Chiara Cini, Caterina
Poli e Antonino Porrello.
25
Consiglx
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Donne e uomini
maschio e femmina
Dio li creò
Nel corso dell’ultimo consiglio genera
generale si è tenuta la tavola rotonda dal ti
titolo “Uomini e donne, che come capi,
testimoniano le loro scelte: maschio e
femmina Dio li creò”. Un dibattito intenso ed appassionato cui hanno partecipato come relatori Anna Perale, già
Capo Guida, Mons. Franco Lanzolla,
responsabile della pastorale familiare
della Conferenza episcopale pugliese e
Daniele Moretto, monaco di Bose.
Obiettivo del confronto era quello di
creare, come sottolineato da Capo Guida e Capo Scout, “un’occasione importante per l’Associazione per fare il punto sul
senso profondo e sull’importanza educativa
della testimonianza personale dei capi in
tema di educazione all’amore”.
Un primo passo partendo anche da
quelli che sono gli interrogativi e gli
spunti nati dall’esperienza della Carta
del coraggio e della Route nazionale.
Un dibattito franco che avesse come
stella polare quella di non avere paura
di interrogarsi e confrontarsi.
Daniele Moretto si è concentrato sulle
“Parole d’amore nella Bibbia” approfondendo una motivazione di fondo
Chiara Panizzi
di Francesco Scoppola
sul modo di ragionare di Gesù che i
Vangeli ci presentano: da un lato tener
conto delle umane necessità e dall’altro riflettere sul principio del progetto
di Dio. Partendo da questo ci si è focalizzati sugli atteggiamenti e le parole d’amore per l’uomo e il creato nei
primissimi capitoli della Genesi, da cui
si può trarre un insegnamento ed al
quale è utile rifarsi per avere un quadro d’insieme più completo. Il punto
di partenza è stato che “siamo chiamati
all’amore e per l’amore” avendo quindi la consapevolezza di essere all’interno di una relazione d’amore.
Su questi presupposti si è inserito Don
Franco Lanzolla il quale è partito dalla
crisi del progetto “uomo”, ragionando
sul senso profondo della relazione:
l’uomo infatti sin dal momento in cui nasce si trova
all’interno di una relazione
d’amore. Da dove può quindi
ripartire il progetto uomo in
crisi? Sicuramente dall’unione, può ripartire dalla consapevolezza dell’uomo inserito
all’interno di un rapporto
e di un villaggio, ma deve
muovere da una lettura approfondita
di quello che era lo spirito profetico
dell’Associazione.
L’intervento di Anna Perale ha invece
virato sui temi propri del nostro Patto
Associativo focalizzandosi sulla “scelta
coeducativa come l’elemento fondativo e caratterizzante di quest’ultimo”.
Quando leggiamo che “La coeducazione apre e fonda l’educazione all’accoglienza dell’altro” emerge che l’intero
patto associativo, e non solo un paragrafo, si fonda ed “esprime una visione
antropologica centrata non sull’individuo,
ma sulla relazione interpersonale e sul servizio reciproco, in cui il modello di riferimento
è la relazione originaria tra l’uomo e la donna delle radici bibliche, proprie non solo dello scautismo cattolico italiano, ma di tutto il
pensiero di B.-P.”.
In conclusione le domande sono state
tante e la strada davanti non è sicuramente breve, ma ripartendo come ha
detto Anna Perale dal coraggio “di dire
la verità ai nostri ragazzi, quella stessa verità su cui abbiamo stretto il nostro Patto e che
si è rivelata profetica ben aldilà delle nostre
intenzioni di allora” potremo avere una
chiave di lettura che ci sarà d’aiuto.
Area me
t od o
Donne e uomini
L'altro
di fronte a me
di Giorgia Caleari
e Francesco Bonanno
Incaricati nazionali al Metodo
O Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo?
Rinnega tuo padre, rifiuta il suo nome, o,
se vuoi, legati a me anche solo d’un giuramento, e io non sarò più una Capuleti […]
Solo il tuo nome è mio nemico; ma tu sei tu,
non un Montecchi. Che è un Montecchi?
Non è né una mano né un piede, né una
faccia, né un braccio: nessuna parte di un
uomo. O sii tu qualche altro nome! E che è
un nome? Quella che noi chiamiamo rosa,
anche con un altro nome avrebbe il suo
soave profumo. Cosiì Romeo, che se non si
chiamasse Romeo, conserverebbe un fascino
di perfezione, che possiede anche senza quel
nome. Romeo, poiché non ti é nulla il tuo
nome, buttalo via e prenditi, in cambio,
tutta me stessa.
W. Shakespeare, Romeo e Giulietta, Atto II,
Scena II
Il desiderio dell’altro ci fa cercare,
incontrare e trovare insieme. Ciò che
importa a Giulietta non è nulla che
di accessorio appartenga a Romeo,
foss’anche il nome, ma ciò che vi è
di essenziale in lui, cioè la sua stessa
persona. E lei, a sua volta, desidera donare a Romeo tutta se stessa. L’esperienza umana, e dunque anche quella
scout, è costitutivamente comunitaria.
Ritrovarsi nella comunità non è accidentale, ma è la vocazione che ci costituisce nella nostra identità, l’accadere
della relazione che ci fa essere. Nella
relazione con l’altro, che ci è sostanziale, è la donazione reciproca ad articolare la forma del rapporto. Di questa
dinamica è paradigma irrinunciabile
il mistero dell’incontro tra l’uomo e
la donna. Adamo ed Eva sono donati
l’uno all’altra, e solo trovandosi finalmente l’uno «di fronte» (Gen 2,18-25)
all’altra – però tutt’altro che speculari,
anzi irriducibilmente diversi – possono finalmente comprendere chi siano
davvero, ed essere felici.
Nell’esperienza educativa, la comunità è dunque molto più di un ambiente,
più di una struttura funzionale, più di
una convenzione strumentale; è l’avvenimento della relazione che svela l’identità delle persone che la compongono, ne costruisce progressivamente
lo spessore, ne prepara il compimento
e la piena realizzazione. Imparare ad
accogliere il dono dell’altro che sta
di fronte, con la sua unicità e con la
novità di cui è portatore, non è un
esercizio moralistico, né un dovere derivante da una pia precettistica. Così,
bambini e bambine, ragazzi e ragazze
L’incontro e il
confronto tra i sessi
nel gruppo dei pari
età è più pieno se
può, con coerenza
e continuità, essere
progressivamente
ricompreso nel
rapporto con uomini
e donne adulti
27
si scoprono insieme amati e capaci di
amare, responsabili di se stessi e corresponsabili con gli altri e degli altri.
Il valore della coeducazione si esprime
certamente nelle esperienze educative comuni offerte a ragazze e ragazzi
insieme, ma non solo: il regolamento
metodologico da poco modificato ribadisce infatti che non siamo di fronte
ad uno strumento che possiamo decidere di utilizzare o meno. Riconoscere
alla coeducazione la cifra di valore,
significa che siamo impegnati a farla
trasparire in ogni attività che proponiamo nella quotidianità semplice delle nostre unità, anche quando questa
non coinvolga ragazzi e ragazze insieme. È lo spirito che anima la nostra
intenzionalità educativa, gli occhiali
con cui guardare il mondo. Vivere
l’avventura scout insieme agli altri, conosciuti compagni di strada, eppure
volti sempre nuovi e sorprendenti, richiede sensibilità e cura amorevole da
parte degli educatori. A noi è richiesta
la capacità di cogliere gli orizzonti verso cui camminare ma anche, nell’im-
28
pegno quotidiano, di
indicare e aiutare a
tracciare insieme i
sentieri dell’incontro. Ogni Comunità
Capi è chiamata a
domandarsi allora
quali siano di volta
in volta le forme
migliori in cui declinare l’esperienza
educativa comune.
Sono l’intenzionalità educativa
e l’attenzione alle
necessità sempre
nuove, e talvolta
non facili, cui il
Progetto Educativo dà voce,
che
devono
guidare la scelta
delle unità miste,
parallele o monosessuate. Seguire prassi
o tradizioni, senza che queste
siano effettivamente mosse da scelte
educative consapevoli e costantemente rinnovate della Comunità Capi, può
essere segno di una ridotta capacità di
ascoltare le ragazze e i ragazzi e di andar loro incontro.
Scegliere, dunque, anzitutto. E non
lasciare che le cose vadano come si
è sempre fatto. Assumere con serietà
l’impegno di ragionare sulle diverse
potenzialità che le unità possono assumere nelle loro diverse forme e chiedersi quale valore rappresentino in
quel momento specifico della storia di
un Gruppo, è il frutto di una Comunità Capi più consapevole, ed insieme è
un processo in grado di generare una
comunità attenta e capace di condividere ciò che di più prezioso possiede,
cioè la responsabilità educativa. Scegliere per aiutare a discernere, ricordando che siamo chiamati a pensare
a ciascuno dei nostri ragazzi nella sua
unicità, che va fatta emergere ancora
e sempre attraverso imprescindibili
momenti di vita monosessuati preparati con cura.
Ma dove nasce e si alimenta una modalità matura di pensare la coeducazione, che – come ci ricorda un ben
noto Quaderno del Centro Documentazione – Non è solo stare insieme?
Ancora in quella domanda di Giulietta
«Perché sei tu Romeo?». Dobbiamo
ripartire sempre da questo sguardo
innamorato e stupito, desideroso di
conoscere, di capire «Che è un Montecchi?». Se riusciamo a chiederci in
staff chi è davvero l’altro oltre il suo
nome, oltre l’apparenza, avremmo già
fatto un buon servizio ai nostri ragazzi,
perché è dai modi della diarchia che
dipendono i modi della coeducazione.
Nella misura in cui non ci diamo per
scontati, arrivati, finiti, ma sappiamo
rilanciare nuovi ponti alla relazione e
aprire inedite possibilità di scoperta di
noi stessi, saremo capaci di ricchezza e
daremo frutti. Il metodo scout non funziona solo con i ragazzi: funziona punto, anche per noi che siamo cresciuti,
ma non abbiamo finito di imparare.
Riconoscere il maschile e il femminile
che sono in noi, avere consapevolezza
della fisionomia del proprio staff, vivere in modo autentico la propria identità, senza lasciarsi ingessare in ruoli e
atteggiamenti stereotipati è una significativa testimonianza di libertà. Una
effettiva ed equilibrata diarchia nelle
branche è funzionale alla testimonianza della relazione adulta uomo - donna. L’incontro e il confronto tra i sessi
nel gruppo dei pari età è più pieno se
può, con coerenza e continuità, essere progressivamente ricompreso nel
rapporto con uomini e donne adulti.
E questo è ancor più importante oggi
nelle comunità di Clan/Fuoco in cui
la ricerca dell’uomo e della donna della partenza chiede di potersi misurare
con figure adulte che sappiano esprimere con serenità il proprio diverso e
complementare approccio alla vita.
Con l’augurio che ogni coccinella e
lupetto, guida ed esploratore, scolta
e rover possa «conservare il fascino
della perfezione, che possiede anche
senza quel nome».
Dario Cancian
Donne e uomini
lectio
non c'è
maschio
e femmina
tutti voi siete uno in Cristo gesù
di don Luca Albizzi
Assistente regionale Toscana
“Fratelli, la Scrittura ha rinchiuso ogni
cosa sotto il peccato, perché la promessa venisse data ai credenti mediante la fede in
Gesù Cristo. Ma prima che venisse la fede,
noi eravamo custoditi e rinchiusi sotto la
Legge, in attesa della fede che doveva essere
rivelata. Così la Legge è stata per noi un
pedagogo, fino a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Sopraggiunta la fede,
non siamo più sotto un pedagogo.
Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante
la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete
stati battezzati vi siete rivestiti di Cristo.
Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo
né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. Se
appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa.”
(Galati 3,22-29)
I destinatari della lettera ai Galati erano cristiani di origine pagana, convertiti da Paolo nel corso della sua
attività missionaria nel cuore dell’Asia
Minore. Conquistati dal vangelo che
egli annunziava con successo ai Gentili (pagani), liberandolo dai gravami
della legge giudaica, erano stati successivamente influenzati dalla predicazione di altri missionari, più vicini alle
posizioni conservatrici del primitivo
giudeo-cristianesimo. Paolo, persuaso
che fosse in pericolo l’essenza stessa
del vangelo, furente di sdegno scrisse
al fine di controbattere tale deviazione, garantendo ai Galati che il vangelo
libero dalla legge, già da essi accolto,
e al quale avrebbero dovuto rimanere
fedeli, era per loro in quanto Gentili il
solo vero vangelo. Il riferimento chiaro è all’esperienza dello Spirito: Paolo
non proclama l’abolizione delle differenze all’interno della comunità, ma
vuole evidenziare il concetto dell’unità che supera, nella fede, tutte le forme di distinzione.
La ‘creatura nuova’ – parola non menzionata in Gal 3,27-28 – nel pensiero
paolino, rimanda ad una nuova uma-
nità in Cristo, richiamando il racconto della creazione quando Dio li fece
“maschio e femmina”. E lo sfondo
è quello di un inno battesimale del
Cristianesimo primitivo; l’iniziato cristiano (uomo o donna) era profondamente convinto del fatto di entrare
a far parte di un gruppo che proclamava la soppressione di ogni forma di
distinzione in tre settori etici molto delicati: razziale, sociale e sessuale. Fede
e battesimo contraddistinguevano così
l’ingresso nella nuova era.
Nascere nella fede significa per il vecchio io ‘morire’ realmente, vuol dire
abbattere la barriera su cui si fondano
le distinzioni e riporre la propria identità semplicemente nell’appartenenza
alla persona del Signore risorto, nel
quale ogni differenza perde di significato.
La vita delle prime comunità cristiane
fu improntata, in tal senso, ad un considerevole rispetto della donna come
compagna e uguale dell’uomo; sembra assai probabile che simili risultati
29
Martino Poda
si siano potuti ottenere seguendo fedelmente a questo riguardo la strada
e l’esempio già in precedenza indicati dal Maestro: un atteggiamento nei
confronti delle donne caratterizzato
da un’apertura e una libertà rivoluzionarie.
Ma se nello Spirito non ci sono differenze, queste esistono tra uomo e
donna nel modo di essere, di affrontare la vita, di leggere gli accadimenti
del mondo, di scegliere le modalità
dell’impegno; una differenza psicologica nel carattere maschile e femminile innegabile. Di conseguenza,
anche a livello di educazione alla fede
dovrebbe esistere una differenza pedagogica, almeno in linea teorica, nella
nostra proposta.
E in questo senso, a che punto siamo
con la coeducazione? La scelta di educare insieme ragazzi e ragazze, risalente alla fusione dell’AGI e dell’ASCI
– oltre quarant’anni fa – ritenuta non
solo una modalità educativa ma anche
un valore, non solo una parte del me-
30
todo ma un contenuto, mantiene la
sua forza e la sua validità?
Direi proprio di sì, oggi più che mai.
Con tutte le difficoltà e le fatiche del
momento che viviamo e che – se la memoria non tradisce – abbiamo di volta
in volta sperimentato e affrontato negli anni, in mezzo a contesti sempre
in continua evoluzione: disagio dei
capi a fare chiare scelte e a conseguire una piena maturità personale, in
particolare quella affettiva; instabilità
e mancanza di serenità; difficoltà a comunicare con il proprio corpo; situazioni problematiche esistenti sia tra i
capi che tra i ragazzi legate a famiglie
irregolari, omosessualità, ecc. (v. Carta
del Coraggio).
Importante e sempre più necessario
è allora garantire una crescita globale e armoniosa della persona: il tema
dell’affettività, dell’amore, dell’amicizia, la domanda di relazione, il bisogno di essere amati e di amare, in ultima analisi il bisogno di essere felici.
Si tratta di un percorso che esige tem-
pi lunghi di maturazione: la costruzione di sé come persone felici parte dal
riconoscersi e accettarsi come identità
sessuata, ricca di caratteri originali,
capace di stabilire relazioni con chi è
altro da sé, disponendosi all’accoglienza, al rispetto e al riconoscimento della diversità. E qui accoglienza significa
farsi altro, immedesimarsi, secondo la
strada sempre viva e nuova che Dio ci
ha indicato. È il messaggio d’amore
del Cristo che si è fatto uomo, che si è
immedesimato.
Non dimentichiamo poi che all’origine il Signore Dio disse: “Non è bene
che l’uomo sia solo: voglio fargli un
aiuto che gli corrisponda” (Gen 2,18).
In ebraico si afferma che egli voleva
“un aiuto kenegdo”, ossia che gli stia di
fronte, in piena parità di diritti e doveri. Un aiuto che diventa complementarietà, reciprocità, completamento e
dove la differenza tra uomo e donna
resta davvero profonda e radicale tanto da far dire che si tratta di una vera
e propria ‘alterità’, nel senso che una
donna è ‘altro’ rispetto a un uomo e
viceversa.
Importante allora, nella nostra azione
di capi, tener conto – con grande attenzione e senza semplificazioni – di
questa alterità che è una ricchezza per
l’avventura dello scautismo. Per questo l’associazione ha scelto, all’interno
del metodo scout, di fare coeducazione, occupandosi così anche della alterità tra donne e uomini e non solo
della loro diversità.
In questo, la frase di Genesi prima citata ci tranquillizza sul fatto che il bene
per l’uomo, voluto da Dio, è stato ed
è che la donna sia ‘complementare’ e
non uguale a lui, in realtà incompiuto
l’uno senza l’altra, in senso naturale
più che culturale!
Chiudendo allora questa nostra riflessione, aiutati anche dalla Parola di
Dio, dobbiamo essere consapevoli che
siamo sempre e comunque di fronte
ad un mistero, un progetto mai compiuto, da accogliere e rispettare, con
quella delicatezza che non è male avere sempre di fronte all’altro.
il pedago
gi
Donne e uomini
sta
La coeducazione
nella scuola
di oggi
Il dibattito sulla coeducazione nasce a
cavallo tra il XIX e il XX secolo. Tra i
sostenitori della separazione dei sessi
nel contesto scolastico troviamo autori del calibro di S. Hall, F.W. Förster,
C. Reddie. Alla base c’era la tradizionale convinzione che essendo diversi
i destini sociali a cui erano chiamati
maschi e femmine diversificata doveva pure essere l’educazione che li
avrebbe preparati a tali compiti. In
questa prima fase non era tanto la
considerazione delle diverse caratte-
ristiche psicologiche e di apprendimento a giustificare tale scelta quanto
piuttosto la consapevolezza dei diversi ruoli sociali che avrebbero segnato il futuro si ragazzi e ragazze. Non
mancarono anche convinti assertori
della necessità della coeducazione,
in particolare tra i pedagogisti che si
riconoscevano nel movimento delle
cosiddette “scuole nuove”. Tra questi possiamo ricordare J. H. Badley,
O. Decroly, P. Oestreich, B. Otto, P.
Geheeb, P. Peterson. La coeducazione era vista come una opportunità per
favorire la conoscenza, l’interazione
e il dialogo tra ragazzi e ragazze. In
Italia il regime fascista irrigidì la divisione dei sessi, sia in ambito scolastico, sia nel contesto sociale. Bisognerà
attendere la fine degli anni Sessanta e
l’inizio degli anni Settanta per vedere affermarsi nella scuola Italiana le
classi miste. Negli anni Ottanta e Novanta, in seguito alla pubblicazione di
alcuni studi che hanno messo in luce
i limiti della co-istruzione nell’ambito
dell’apprendimento, il dibattito sulla
coeducazione ha ripreso vigore. In
particolare, alcuni studi sembrano dimostrare come le ragazze tendono ad
avere risultati migliori, rispetto all’apprendimento, in classi monosessuali.
Martino Poda
del prof. Domenico Simeone
31
L’incontro con lÕ altro
come persona
sessuata favorisce
lÕ elaborazione
della differenza e il
riconoscimento della
propria identitˆ . Da un
ascolto effettivo della
differenza può nascere
un nuovo pensiero
su di sŽ e sullÕ altro
Martino Poda
Il recente dibattito sulla questione
del gender e alcune derive che tendono a “neutralizzare” le differenze
e a svincolare il genere dal corpo sessuato, hanno aperto nuove questioni
educative e favorito un certo disorientamento da parte degli educatori, esasperando il dibattito ideologico
con il rischio di una rottura del patto
formativo tra genitori ed insegnanti,
fondamentale per una corretta coeducazione che favorisca anche una
educazione dei ragazzi e della ragazze
all’affettività e alla sessualità.
Personalmente ritengo che una scuola che non si fermi agli aspetti meramente istruttivi e che non voglia abdicare al proprio compito educativo
possa giovarsi della coeducazione,
distinguendola dalla semplice coistruzione. Da questo punto di vista
mi paiono ancora molto attuali le
riflessioni di Norberto Galli che tra
gli anni Sessanta e Novanta ha proposto alcuni studi sull’argomento che
possiamo considerare ancora oggi
fondamentali. Dalla sua riflessione
possiamo apprendere che la pedagogia della coeducazione prevede
un percorso formativo in cui ragazzi
e ragazze insieme vivono esperienze
educative significative, sotto la guida
di adulti che li sappiano accompagnare e facciano della differenza dei
sessi una risorsa che permetta la conoscenza di sé e dell’altro, favorisca
la collaborazione e il rispetto, avvii itinerari formativi attenti allo sviluppo
integrale delle persone. Per questo
la coeducazione non va confusa con
la semplice compresenza di maschi e
femmine e non esclude che ci possano essere momenti di formazione e
di socializzazione separata. Si tratta
piuttosto di un processo formativo
impegnativo, guidato da una precisa
intenzionalità pedagogica in cui educatori ed educandi sono impegnati
contemporaneamente in un processo
educativo sorretto da una adeguata
tensione morale in cui la differenza
tra maschile e femminile entra in gioco in modo determinante, favorendo
32
Domenico
simeone
Professore ordinario di Pedagogia
generale e sociale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di
Milano. Presidente della Confederazione Italiana dei Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana.
la scoperta della reciprocità e della
complementarietà. Ragazzi e ragazze
hanno così la possibilità di conoscersi
e di apprendere alla “scuola” dell’altro, di confrontarsi con la diversità,
comprendendo meglio le proprie
peculiarità e imparando a conoscere
meglio le caratteristiche dell’altro.
Tale contesto, oltre ad essere favorevole alla crescita della persona e alla
sua maturazione affettiva è particolarmente fecondo per una corretta educazione affettiva e sessuale.
In questa prospettiva si aprono nuove possibilità per una educazione
sentimentale ed etica che insegni
ai ragazzi e alla ragazze quell’essere
insieme come persone umane in vicendevole rispetto, dove l’io incontra l’altro in una relazione dialogica.
L’incontro con l’altro come persona
sessuata favorisce l’elaborazione della
differenza e il riconoscimento della
propria identità. Da un ascolto effettivo della differenza può nascere un
nuovo pensiero su di sé e sull’altro.
Accompagnare le giovani generazioni
nell’avventura di diventare uomini e
donne significa aiutarli a scoprire un
quadro di valori esistenziali che permetta loro, oltre che di irrobustire la
propria identità, di costruire un progetto di vita aperto alla relazione e capace di guardare al futuro.
l'antropo
l o ga
Donne e uomini
Martino Poda
Dov'è la
differenza?
della prof.ssa Anna Casella
Parlare di coeducazione sembra davvero un linguaggio di altri tempi. Ragazzi
e ragazze sono oggi abituati a condividere tutti gli spazi e tutti i momenti. L’abbigliamento, il linguaggio non
si differenziano, le attività del tempo
libero sono realizzate insieme e, se si
escludono alcuni sport estremi, non si
pensa che ci siano attività “da uomini”
e “da donne”. La distinzione di genere
(come oggi si usa dire) riguarda praticamente solo il mondo religioso (in
realtà neppure tutto, dal momento che
molte confessioni protestanti ammettono sacerdoti-donne) mentre in tutti
gli altri ambiti ciò non sembra avere
più alcun significato: l’attuale ministro
della difesa, ad esempio, è una donna.
Ma quando l’Agesci sorse, dalla fusione tra l’associazione scout maschile,
l’Asci e quella femminile, l’Agi, nel
1974, le cose stavano davvero in maniera diversa. Erano gli anni successivi alla
grande trasformazione culturale del
Sessantotto e, soprattutto le giovani generazioni, si misuravano con una ideologia che chiedeva maggior attenzione
all’individuo, maggior autodeterminazione, maggiore libertà. Di fronte ad
una società che manteneva caratteri
patriarcali e paternalistici avanzavano
ideologie che contestavano la famiglia
come istituzione gerarchica nella quale la donna aveva un ruolo subalterno
(è del 1972 un libretto di D. Cooper
che aveva per titolo “La morte della
famiglia” mentre J. Lussu scriverà qualche anno più tardi “Padre, padrone e
padreterno”) contestavano l’autorità
politica e quella religiosa. L’idea di
una scuola meno basata sull’autorità
(dei classici, dell’insegnante, della istituzione) aveva prodotto manifestazioni giovanili piuttosto vivaci proprio nel
cuore della “conservatrice” Università
Cattolica. Si respirava aria di contestazione anche nel mondo femminile che
faceva della emancipazione la propria
bandiera. Erano soprattutto la questione della maternità e del lavoro ad interessare le donne, in particolare quelle
di “sinistra” e radicali che avanzavano
richieste per la legittimazione dell’aborto e della contraccezione. L’idea
che la donna dovesse esprimersi anche in ambito sociale, con la propria
professione, pur senza rinunciare al
“modo femminile” entrava sempre più
nella mentalità collettiva: le ragazze cominciarono in quegli anni a presentarsi numerose nelle università anche se,
in prevalenza, in quelle umanistiche.
Fermenti che avevano trovato espressione a livello legislativo: sono degli
anni Settanta le leggi per la tutela del
lavoro femminile e per le “pari opportunità” (grazie ad una donna, la democristiana Tina Anselmi, ministro del
lavoro nel 1976).
Se si dovessero, sinteticamente, individuare i percorsi sui quali si stava avviando la trasformazione del mondo
I fermenti sociali
avevano trovato
espressione
a livello legislativo:
sono degli anni
Settanta le leggi
per la tutela
del lavoro
femminile e per le
'pari opportunitˆ '
33
Paolo Ruffini
femminile di quegli anni, e, in particolare, la relazione col mondo maschile,
si dovrebbero ricordare tre elementi:
l’emancipazione femminile, la trasformazione della istituzione familiare,
la ricerca di una parità tra i sessi sia
nell’ambito sociale sia in quello legislativo. Nel 1970 era stata varata la legge
sul divorzio, osteggiata dal mondo cattolico, che chiese e ottenne di sottoporla al referendum: questo, avvenuto nel
1974, venne però vinto dai sostenitori
del divorzio. Il nuovo diritto di famiglia
del 1975 sancì il principio della parità
tra i coniugi e, soprattutto, introdusse
norme che cambiavano profondamente l’istituzione del matrimonio e della
famiglia. Si abolì, ad esempio, la dote,
vale a dire la tradizione che imponeva
alla donna di entrare nella casa del marito con una “dotazione” economica
(che rimaneva l’unica sua ricchezza)
a vantaggio della comunione dei beni,
così come si abolì la distinzione tra figli “naturali” (quelli nati al di fuori del
matrimonio) e figli “legittimi” (avuti
dal coniuge), o il principio della separazione “per colpa”. Trasformazioni
che indebolivano profondamente l’immagine della famiglia come istituzione
sociale fondamentale, a vantaggio di
una visione che intendeva privilegiare
gli individui, specie i più deboli, cioè
moglie e figli.
34
anna Casella
Anna Casella è docente di Antropologia culturale presso la Facoltà di Scienze della Formazione e presso la Facoltà di Scienze Politiche
e Sociali nella sede di Milano.
È inoltre coordinatrice didattica del Master per
“Operatori del dialogo interculturale presso le
Istituzioni pubbliche e private” attivo nel 2007
e nel 2009-10 presso la sede di Brescia.
Si occupa di formazione al volontariato internazionale e alla cooperazione per numerose Organizzazioni Non governative,
Centri missionari e istituzioni universitarie, in Italia, in Brasile e in Africa.
È socia fondatrice della Associazione nazionale universitaria antropologi italiani (ANUAC) e membro del Direttivo. Negli anni ha svolto numerose ricerche in
Brasile (area di riferimento), in America Settentrionale, in Africa e in Europa.
Di queste trasformazioni si colgono gli
esiti nell’attualità. Da un lato, si stanno esplorando tutte le componenti e
le sfumature dell’individualismo appena abbozzato negli anni Sessanta e
Settanta. Nessuna ragazza, oggi penserebbe al matrimonio come ad una istituzione che le garantisce la sicurezza
economica e il ruolo sociale e, probabilmente, nessun ragazzo penserebbe
di dover mantenere economicamente
la propria compagna: l’idea che occorra avere una professione è ormai
profondamente radicata sia nei maschi
sia nelle femmine. Forse solo la componente femminile straniera (le ragazze di seconda generazione) pensano
ancora in termini di “emancipazione”
(ad esempio dall’autorità paterna o da
un ruolo subalterno al maschio) mentre le ragazze italiane parlano piuttosto
di affermazione di sé o di espressione
del sé. Individualismo che si rintraccia
nelle relazioni affettive (anche quelle
stabili e, in qualche modo, consacrate)
nelle quali l’orizzonte sembra comunque essere la gratificazione personale e
non, invece, il compito sociale. Dall’altro lato si è fatta strada l’idea che la
differenza tra uomo e donna non sia
né tanto grande e neppure tanto profonda. È abbastanza evidente la sostanziale uniformità di comportamenti ed
espressioni tra ragazzi e ragazze, così
come l’indeterminatezza della immagi-
ne del maschile/femminile sulla quale
si costruisce, ad esempio, la pubblicità. Gli studi gender, mettendo in risalto
quanto di culturale esiste nella costruzione del ruolo maschile e femminile
scardinando certezze date per acquisite e stili educativi rimasti inconsapevoli. Ribaltano anche la visione della sessualità concepita ed esperita non più
come l’adesione ad un dato “naturale”
e ad un obbligo procreativo piuttosto
come una scelta espressiva, sostenuta
dalla ideologia dei diritti individuali.
A voler ben guardare, dunque, le sfide
sono più di una. Certo, i giovani hanno guadagnato un rapporto più facile
e più franco con l’altro sesso, meno
determinato da sovrastrutture, senz’altro più libero. Ma la parità non sembra
essersi realizzata del tutto: le donne
continuano a mantenere ruoli bassi o
retribuzioni non adeguate nel lavoro
e si accollano ancora molta parte del
lavoro domestico; al forte investimento
sulla affettività (e al modello romantico e utopico di relazione) corrisponde
spesso l’estrema debolezza dei rapporti
interpersonali che, per voler mantenere una “autenticità” si espongono alla
fragilità e alla incostanza; l’espressione
del sé produce a volte individualità deboli, problematiche; il conformismo
riemerge sotto altri aspetti.
Forse c’è ancora molto da fare nel
campo della coeducazione.
Coeducazione e metodo:
Martino Poda
metodo e rego
lamen
to
Donne e uomini
questione
di punti di vista
di Christian Caleari
Parlare di coeducazione alla luce del
nostro regolamento metodologico
è un’operazione un po’ rischiosa: il
pericolo è di scivolare sul “normativismo”, arrivando a riflessioni un po’
scolastiche.
‘Una piccola premessa, prima di entrare nel merito del tema, mi sembra
quindi importante: il nostro regolamento metodologico è il frutto di una
stratificazione progressiva di intuizioni, ragionamenti, elaborazioni, e successive modifiche e integrazioni. Si
può dire che l’Associazione, anche dal
punto di vista metodologico, fa strada
e cresce lasciando una traccia che risente dei tempi, dell’evoluzione delle
sensibilità e della continua (per fortuna!) maturazione che deriva dall’e-
sperienza sul campo e dalla “rilettura”
continua di quest’esperienza. Il nostro Patto Associativo è il fondamento
solido e stabile di questo percorso di
sedimentazione dell’esperienza educativa con i nostri ragazzi.
Per leggere (e capire) i nostri regolamenti è dunque meglio essere un po’
strabici, con un occhio agli articoli e
l’altro ai fondamenti e alla storia della
nostra Associazione.
Proprio dal Patto Associativo voglio
partire per sottolineare l’importanza
della coeducazione nel nostro metodo, una centralità intuita nel 1974 con
uno sguardo davvero lungimirante.
La troviamo come punto imprescindibile, tra gli altri, della nostra scelta
scout: il testo parte dalla corresponsabilità dei capi educatori, uomini e
donne che insieme testimoniano l’arricchimento che deriva dalla diversi-
tà. Non è un caso, credo, che il testo
parta da qui per arrivare a parlare di
coeducazione con i ragazzi. Insieme,
uomini e donne, testimoniano un’umanità “bella” nella sua completezza,
premessa di tutte le azioni educative.
Dopo questa apertura, tutt’altro che
scontata, il resto del paragrafo mette
in chiaro i punti che poi, nel regolamento metodologico, troveranno
uno sviluppo più dettagliato (ma
non troppo e poi capirete perché ).
Coeducazione significa proporre
esperienze comuni di crescita, nel rispetto delle realtà locali diverse e dei
diversi tempi di crescita e maturazione. Insieme per conoscere sé stessi,
per accettarsi; insieme per aprirsi
all’incontro e all’accoglienza dell’altro, fuori da ruoli precostituiti.
‘Ecco dunque i cardini che fanno della coeducazione un principio guida
35
36
Sara Bonvicini
della nostra azione educativa: testimonianza di un’umanità piena, occasione di conoscenza di sé, apertura
all’altro nella consapevolezza che l’incontro con la diversità ci completa e ci
rende felici.
C’è tutto in queste parole, o quasi.
Anche il regolamento richiama questi
concetti in un articolo tutto dedicato
al tema, il n. 14 (parte interbranca).
‘Dopo l’invito ad una visione “strabica”, adesso vi chiedo di fare un passo
indietro, come i presbiti, e di guardare
il regolamento metodologico da lontano per metterlo a fuoco in visione di
insieme. Prima ancora di leggerne il
contenuto, è importante riflettere sulla collocazione di questo articolo rispetto alla struttura complessiva. Esso
è inserito nella parte dei “contenuti”
della proposta educativa, in buona
compagnia di altri pilastri del nostro
metodo, come l’educazione alla fede,
all’amore, alla cittadinanza, alla mondialità e alla pace, all’ambiente.
Appare evidente come la coeducazione non sia un aspetto meramente
“strumentale” del nostro fare scautismo, qualificando invece la nostra
proposta nelle sue fondamenta valoriali. Potremmo dire che l’uomo e la
donna della Partenza, dopo un percorso di crescita “insieme”, arrivano a
maturare e far proprio il valore della
complementarietà tra maschile e femminile, in una dinamica di reciproco
arricchimento, in tutte le dimensioni
della vita: in famiglia, nel lavoro, nel
servizio. Ben oltre la sua accezione
“strumentale” in termini educativi,
coeducazione diventa poco a poco
un connotato qualificante dell’idea di
uomo e di donna a cui tende il nostro
percorso educativo. Con un gioco di
parole, educando insieme puntiamo
ad una co-educazione permanente!
Entrando nel merito dell’articolo 14,
i riferimenti al Patto Associativo sono
evidenti, ma balza all’occhio un passo
in avanti per nulla trascurabile, anzi:
è importante rilevare che “imparare
a stare con l’altro/a va vissuto come
indispensabile premessa per riuscire a
fare le cose più belle e interessanti”.
Insieme dunque, non solo per conoscere e conoscersi, ma per fare più
bello il mondo e perché no, più bella
la Chiesa!
Nelle tre Branche questi concetti sono
approfonditi e giustamente adeguati
all’età e ai relativi obiettivi di sviluppo.
A parte i riferimenti al discernimento
e alla responsabilità delle comunità
capi nella scelta tra unità monosessuali, parallele o miste, è interessante notare l’esplicito invito a garantire con
queste scelte un equilibrio tra esperienze in comune e separate, per favorire l’interazione senza pregiudicare
l’identificazione, e viceversa. Questo
equilibrio va garantito nel corso delle
attività correnti di unità, monosessuate o miste che siano. L’equilibrio va
garantito anche prendendo in considerazione globalmente tutto il percorso di crescita del ragazzo, dal branco
alla Partenza: in particolare un reparto parallelo è auspicabile in particolare quando l’esperienza in branco è
mista (art. 18, branca E/G).
Infine, un ultimo esercizio di vista.
Fate come i miopi, avvicinate il re-
golamento al vostro naso e scorrete
uno a uno gli articoli nella parte degli
“strumenti” del metodo. Ebbene, non
troverete più riferimenti espliciti alla
coeducazione. Significa che sono tutti
neutri? Impresa, gioco, route nessuna
differenza di genere?
‘Mettete da parte il regolamento, e
andate con la mente alla vita delle vostre unità e alle riunioni di staff. Il metodo ci richiama implicitamente, date
le premesse viste sopra, a “declinare”
sempre gli strumenti al maschile e al
femminile. Non lo troveremo scritto,
dovremo farlo ogni volta noi capi.
Così la strada, la fatica, il servizio, il
gioco, la vita di squadriglia saranno
proposti e vissuti in modo diverso e
complementare da maschi e femmine: solo la consapevolezza di questo,
e l’emersione esplicita di questa diversità nel momento della verifica, farà
crescere tutti.
La coeducazione è un quadro a colori, vivaci e belli. Dopo aver provato (a
fin di bene) a essere strabici, presbiti
e miopi, non corriamo il rischio di vedere tutto grigio!
Branca L/C
Donne e uomini
di Francesco Zona
e Alessandra Baldi
Pattuglia Nazionale L/C
con la collaborazione
di Misa Ermini, psicologa
psicoterapeuta e capo scout
Akela questo gioco non lo possiamo fare.
Perché, Mario?
Perché ci sono pure le sorelline.
E quindi?
E quindi se, per sbaglio, correndo le spingo?
Non posso fargli male, Akela.
E ai fratellini si, invece?!
Eh si, quelli so’ maschi, come me!
Mario, nove anni, mi aveva appena illustrato il suo punto di vista sulla differenza di genere, insegnandomi che
anche a quell’età il pensiero di genere
è formato, non compiuto, certo, ma
presente nell’orizzonte in continua
evoluzione dei nostri bambini.
Nell’incontro con l’altro sesso i bambini sono portati naturalmente all’acquisizione di una serena coscienza di sé,
sulla strada che li porterà a realizzare il
loro modo, unico e personale, di essere
Uomini e Donne. E questa consapevolezza è il presupposto essenziale per lo
sviluppo di un corretto senso della relazionalità, dell’accettazione dell’altro
e della valorizzazione delle diversità
che esso porta.
È questo un movimento spesso purtroppo contrario alle sollecitazioni
degli ambienti esterni, che offrono
modelli di socialità omologanti e avvilenti le differenze (penso al mondo dei
social media, ad esempio).
La proposta scout, nella sua semplicità,
quando fa giocare e interagire maschi
e femmine, crea i presupposti per un
corretto sviluppo della dimensione
sessuale e relazionale, che avrà le sue
stagioni forti in adolescenza, certo, ma
che assolutamente è già presente in età
L/C.
Per essere allora efficaci non dobbiamo
dimenticarci dell’intenzionalità delle
nostre proposte, avendo come orizzonte la globalità della crescita dei bambini, che include la dimensione relazionale legata all’identità di genere (che
ha già i connotati sessuali, forse non
del tutto quelli genitali) e affettiva.
Tutto ciò ha una gradualità: necessaria
è la scoperta di sé stessi, successiva è
la scoperta dell’altro e il tentativo di
costruire una relazione con l’altro appena scoperto. Questo farà sì io ritorni
con una nuova immagine di me, piena
e consapevole perché arricchita dal
confronto, tale da poter vivere una relazione autentica, paritaria, costruttiva
e positiva con gli altri. Il tutto rispettando i tempi e la libertà del bambino, che
saprà scegliere tra le occasioni offerte
e cogliere in queste quanto nella sua
disponibilità.
E fin qui la teoria fila ma, nella pratica
quotidiana, come si attua tutto questo
in Branco e in Cerchio?
Possiamo individuare alcune “attenzioni educative” da tener presenti in branca L/C:
Priorità dell’identificazione personale
– Privilegiare lo “star bene” del bambino e della bambina
– Attenzione al linguaggio e alle sue
formule organizzative e di pensiero
– Attenzione all’emotività, alla sensibilità e all’affettività del bambino e della
bambina
– Attenzione alla caratteristica sessuale
delle relazione tra capo e bambini
– Necessità di un luogo di confronto
comunitario e sereno
– Accompagnamento dei bambini al
cambiamento preadolescenziale
Nicola Catellani
giocare insieme
Abbiamo chiesto a Misa Ermini, già
responsabile regionale della Toscana,
pediatra e psicoterapeuta, che per l’AGESCI ha condotto già 20 anni fa riflessioni importanti su questo tema, se tali
attenzioni sono ancora attuali e quali
sfide nuove vengono poste al mondo
dell’educazione dalla società di oggi.
“Un dato di fatto è il contesto in cui
operiamo è cambiato. Da questo non
ne deriva uno stravolgimento delle
impostazioni di fondo dei valori della
coeducazione, ma bensì la necessità di
usare delle “leve” con intensità diversa
rispetto a prima.
Ad esempio, ritengo che l’approccio
destrutturante rispetto alla “ruolizzazione” tra maschile e femminile sia un
tema passato in secondo piano, mentre
al contempo tanta più attenzione è da
dedicarsi alla coeducazione come occasione per educare alla diversità, all’ac-
37
Marco Colonna
piccola bibliografia scout sul tema
coglienza, al rispetto. Sicuramente
grande rilevanza ha oggi il tema
dell’anticipazione della pre-adolescenza, non solo dal punto di vista organico
(migliore alimentazione, condizioni
più salutari) ma anche e soprattutto dal
punto di vista delle sollecitazioni a cui i
nostri bambini/ragazzi sono sottoposti
(penso ai media, ai social network).
Questa situazione impone una maggiore attenzione dei capi all’età di CdA,
dove forse non serve tanto mettere
– “Ripensando la coeducazione in Branca L/C, vent’anni dopo”, Agesci Branca
L/C – Commissione quadri, 1995;
– “Atti commissione Coeducazione”, CG Bracciano 1994;
– “La coeducazione è una cosa seria!”, Don Aldo Bertinetti, Agesci forum L/C 1995;
– “Non è solo stare insieme”, Centro Documentazione Agesci, 2010;
– “Educazione all’amore, coeducazione e costruzione dell’attività di genere attraverso il metodo scout”, Stefano Costa, 2010.
– “Orientamenti guida del magistero ecclesiastico in materia di
– “Educazione alla sessualità e all’affettività”, fr. Alessandro Salucci, 2010.
– “La coeducazione”, Quaderni di Proposta Educativa n.0.2004
– “La coeducazione”, RS Servire n.4, 1998.
– “Identità di genere e metodo scout: la coeducazione”, Nuova Fiordaliso, 1994
– “Educare all’amore”, Roberto Lorenzini, Nuova editrice Fiordaliso, 1993
– “Tutto tutti insieme. Appunti sulla coeducazione in Branca L/C”, Agesci Banca
L/C Emilia Romagna, 2011.
insieme maschi e femmine a lavorare,
quanto pensare ad attività di genere per
aiutarli a scoprire il proprio corpo, a riconoscere i segnali destabilizzanti della
fase di cambiamento che stanno vivendo, ad educarli al rispetto di sé, all’accettazione serena di quel che si è e si sta
diventando, al rispetto dell’altro.
Anche per i capi, oggi più che mai, non
si deve dar per scontato che la conduzione di un’unità insieme, uomini e
donne, ha un forte valore di esempio
per i nostri bambini, oltre ad essere occasione di crescita per i capi stessi.
Coerentemente con la prospettiva cristiana, dovremo sforzarci nelle nostre
attività di stimolare sempre la voglia di
scoprire serenamente, nel confronto,
nella relazione con i capi, nell’accettazione di me e dell’altro, la bellezza
della propria identità, anche sessuale,
per vivere con libertà l’essere Uomo e
Donna”.
nella giungla
da 100 anni!
di Paolo Favotti
Pattuglia Nazionale L/C
“È una vecchia storia”, rispose Hathi,
“una storia più antica della stessa
Giungla.
Fate silenzio sulle rive, ed io ve la racconterò”.
Mi piace immaginarli così!
Questi bimbi inglesi, che ronzano intorno ai loro fratelli maggiori mentre
38
questi indossano con cura e orgoglio
le loro camicie scout e, una volta allacciate le scarpe di pelle sgualcita, escono di casa per recarsi alle attività.
A quell’epoca, avere un fratello maggiore scout deve essere stato motivo
di grande ammirazione per dei bimbi
tanto da spingerli poi a seguirli, per
vedere cosa andassero a fare di così affascinante in quegli incontri.
Par di vederli, questi piccoli, arrampicati sui muretti o i rami degli alberi,
cercando di rubare con gli occhi informazioni segrete su cosa volesse dire effettivamente essere scout, sognando il
momento in cui un giorno anche loro
avrebbero potuto diventarlo! Forse i
più arditi fra loro a volte si intrufolavano nelle attività sperando di potervi
prender parte, creando l’inevitabile
fastidio dei più grandi. Quei fazzoletti
al collo, quei distintivi... era tutto troppo bello e curioso!
I primi capi non tardarono a notare
INIZIATIVE PER
I BRANCHI/CERCHI
LE 3 TRACCE!
Verranno predisposte 3 Tracce, ogni
staff di branco/cerchio potrà scegliere
quella che intende proporre alla propria unità:
1) Traccia del Cinghiale: attività storica alla scoperta del passato e della
storia del proprio branco/cerchio (indizi, fotografie, curiosità, interviste a
scout anziani).
2) Traccia del Daino: attività interbranca in cui, dopo averli spiati dal buco
della serratura, ogni unità incontrerà
e giocherà con gli EG ed i RS. I grandi
testimonieranno il loro essere stati lupetti/coccinelle, i piccoli sveleranno i
loro sogni e progetti per il futuro.
3) Traccia della Pantera: attività civica
sul tema della Legge e della Buona
Azione per essere sin da piccoli buoni
cittadini.
LA CACCIA DEL SECOLO!
In data unica in tutta Italia, si vivrà una
caccia in cui tutti i branchi d’Italia lanceranno il Grande Urlo in simultanea!
INIZIATIVE PER I SINGOLI
LUPETTI/COCCINELLE
Un Concorso Artistico “I colori della
Giungla e del Bosco!”, alcune rubriche speciali su Giochiamo, un Album
di figurine che racconterà la storia del
lupettismo!
INIZIATIVE
NELLE ZONE/REGIONI
Le Zone o Regioni potranno organizzare per i branchi/cerchi una Caccia/
Volo di Primavera in cui si giocherà
la storia del Centenario attraverso un
Grande Gioco chiamato “La Roccia
della Pace”.
INIZIATIVE PER I CAPI
Un Seminario Nazionale per capi dal
taglio pedagogico, sulla fascia d’età
8-12 anni.
Siete pronti a fare festa?
La Giungla sì!
Michelangelo Longo
questo sciame di fanciulli che orbitavano intorno. All’epoca le strade erano di tutti, un brulichio di giovani vite
intente a scoprire il mondo, a modo
loro. Spesso, già a 8 anni, un bimbo
poteva imboccare percorsi disonesti e
pericolosi. Una risposta andava cercata, per questi piccoli che scalpitavano,
senza però annacquare la proposta
avventurosa pensata per i grandi. Che
fare?
B.-P. già da tempo ci ragionava su con
i suoi collaboratori e finalmente, nel
1914, uscì sulla rivista per capi un suo
articolo dove per la prima volta nominò i Lupetti. Non fatevi ingannare:
egli intendeva i piccoli della tribù degli Zulu, i grandi guerrieri chiamati
Lupi.
Fu grazie ad un’amicizia profonda col
premio Nobel per la letteratura, nonché genitore scout, Rudyard Kipling
che B.-P. in seguito trovò un aggancio,
per ricollocare la sua idea di Lupetto.
Il Libro della Giungla, per le sue vicende altamente morali, era l’ambiente
ideale che cercava. L’amico acconsentì all’utilizzo del suo libro. “Il
Lupettismo è sprizzato dall’incontro di un
poeta della parola con un poeta dell’azione” (Bastin).
Il 2 dicembre 1916 vide la luce il
Manuale dei lupetti. E son passati 100
anni! Noi capi dell’Agesci ci accingiamo a festeggiare questo anniversario
nel migliore dei modi. Sarà una grande festa per tutti!
Anzitutto per i lupetti e coccinelle
che, partendo dalla storia del proprio
branco/cerchio potranno scoprirsi
parte di una grande realtà mondiale.
Per i capi in servizio nella Branca, che
potranno sfruttare l’occasione per
proporre giochi e attività sul valore
della storia. Infine per l’Associazione
intera che rifletterà nuovamente sugli strumenti del metodo e sulla loro
attualità, riscoprendo un patrimonio
pedagogico di valore, ripercorrendo
i cent’anni di questa storia, recuperando le origini, i momenti e le scelte
forti della Branca, le future tracce da
seguire per la fascia d’età 8-12.
39
Martino Poda
Donne e uomini
il mistero dell'amnesia
dei marziani e
delle venusiane
di Marcella Scarciglia
Pattuglia Nazionale E/G
e Francesca Zuccarini
«Tanto tempo fa, i Marziani e le Venusiane
si incontrarono, si innamorarono e vissero
felici insieme perché si rispettavano e accettavano le loro differenze. Poi arrivarono
sulla terra e furono colti da amnesia:
si dimenticarono di provenire da pianeti
diversi.»
(John Gray, Gli uomini vengono da Marte
le donne da Venere, Milano 2011)
Queste parole erano scritte sull’invito
per la Co.Ca. che a momenti sarebbe
iniziata! Con un grande sorriso la capo
gruppo lo aveva consegnato a Davide,
quando era andata ad accoglierlo di
rientro dal suo CFM.
In sede quella sera si respirava un’atmosfera magica... ed ecco che finalmente qualcosa accadde! Tutte le luci
40
si spensero, si udirono una musica e
una voce che raccontava la storia dei
Marziani e delle Venusiane: la questione era chiara, bisognava trovare gli
ingredienti giusti per la pozione della
memoria necessaria a far ricordare a
tutti gli Esploratori e alle Guide la capacità di innamorarsi e di vivere felici
tra loro, rispettando e riconoscendo le
reciproche differenze!
I vari gruppi di lavoro si misero all’opera. Davide fu particolarmente contento perché era ansioso di mettere in
atto tutto ciò che di nuovo aveva imparato. Fu proprio lui a rompere il ghiaccio mentre risuonava nella sua mente
la voce della Capo Campo: «Il Libro
della Genesi è la chiave, è tutto scritto
lì! – Dio creò l’uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò; maschio e
femmina li creò – in se stessi singolarmente e insieme nella loro diversità
sono immagine di Dio e della comu-
nione con Lui» – e, ancora – «Questa volta essa è carne dalla mia carne
e osso dalle mie ossa. La si chiamerà
donna perché dall’uomo è stata tolta.
Per questo l’uomo abbandonerà suo
padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne».
(Gn 1, 26-28)
Davide buttò fuori queste parole tutte
d’un fiato. Poi aggiunse: “É un progetto meraviglioso quello di Dio e noi
come educatori ne siamo corresponsabili! Secondo me, in branca EG, il
segreto è nell’impresa di reparto: lì
ognuno mette a disposizione di tutti
i doni che Dio ha fatto a ciascuno e,
allo stesso tempo, ragazzi e ragazze
sognano insieme, collaborano per il
raggiungimento di un unico obiettivo,
si scoprono nelle proprie diversità e il
risultato è frutto del comune lavoro”.
Era chiaro che il campo per Davide
era stato motivo di crescita e riflessio-
ne per tutti... e l’esperienza della coca
fece il resto..
Il dibattito divenne intenso, Elisabetta ricordò a tutti cosa era successo al
campo invernale: la vice della Gazzelle
e il vice dei Falchi avevano lanciato fulmini e saette perché un piede tenero
aveva osato dire che le femmine sono
buone solo a cucinare e a fare i servizi
di casa! Ma il giorno dopo era bastato
che, nell’esplorazione in grotta, le ragazze fossero le uniche a saper realizzare le imbracature per l’arrampicata,
senza l’aiuto dei capi, per guadagnarsi
fischi di ammirazione da parte degli
esploratori!
Tuttavia Chiara sbottò: “Non dimentichiamo, però, che oggi la tendenza
va verso un appiattimento in cui ci si
copia reciprocamente e gli uomini
perdono di virilità e le donne percepiscono come segno di debolezza la
propria femminilità. È necessario,
quindi, che ciascuno riconosca e valorizzi le proprie specificità: vi ricordate tutti Barbara quando è entrata in
reparto, vero? Sembrava che dovesse
consumare fiumi di lacrime per ogni
minima difficoltà! Poi, grazie a mete e
impegni, e definitivamente dopo il suo
ingresso in Alta Squadriglia, è riuscita
a comprendere come la sua sensibilità
femminile potesse diventare una risorsa per entrare in empatia con tutti!
Intervenne Simone: “Credo di avere
la ciliegina sulla torta: quando si innamorano magicamente scoprono ciò
che di prezioso è racchiuso nell’altro e
ogni scusa è buona per stare insieme!
Mi fa sorridere il pensiero di Alessio
che, dopo aver conquistato il brevetto
di Pioniere, ha impiegato mezz’ora
per realizzare un banalissimo treppiedi solo perché c’era intorno la Vice
delle Rondini che voleva “ripassare”
le legature principali! Oppure quando
Matteo ha scelto il posto d’azione di
cuoco e si è improvvisato apprendista
provetto solo per fare colpo su Gaia,
“la guida da schianto”!
Incalzò ancora Sandra: “Questi sono
gli anni in cui avvengono tutte le tra-
Martino Poda
Branca
E/G
sformazioni fisiche e a sciupare il valore della dimensione sessuale è in
agguato la volgarità che oggi è diffusa sull’argomento e la tentazione di
ridurre questa dimensione alla sola
genitalità. Il campo estivo, secondo
me, è un ottimo strumento perché i
ragazzi sperimentino la bellezza del
vivere insieme e perché il contatto
con la natura li faccia riscoprire come
creature a cui Dio ha affidato la reciproca cura, una cura fatta di premura
e dedizione”.
La riunione oramai volgeva al termine e Davide comprese perché al CFM
avevano tanto insistito sulla grande
responsabilità delle Co.Ca. in tutti gli
aspetti educativi dei ragazzi che le erano affidati.. Anche la scelta del tipo di
unità da avere (reparto monosessuale,
parallelo, misto) poteva fare la differenza: non può trattarsi di una scelta
basata sulla disponibilità numerica dei
capi; essa ha, invece, un’estrema rilevanza educativa perché in tal modo si
risponde ai bisogni specifici della crescita dei ragazzi e richiede formazione ed attenzioni diverse, in grado di
valorizzare l’identità di genere e, allo
stesso tempo, la conoscenza, il confronto, la collaborazione, il rispetto e
la valorizzazione dell’altro sesso.
Rientrato a casa, Davide aprì il proprio taccuino e incollò lo stralcio di
una catechesi di Papa Francesco con
cui il capo gruppo aveva chiuso la riunione: «La cultura moderna e contemporanea ha aperto nuovi spazi,
nuove libertà e nuove profondità per
l’arricchimento della comprensione
della differenza tra uomo e donna.
Ma ha introdotto anche molti dubbi
e molto scetticismo. Per esempio, io
mi domando, se la cosiddetta teoria
del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la
differenza sessuale perché non sa più
confrontarsi con essa. Sì, rischiamo di
fare un passo indietro. La rimozione
della differenza, infatti, è il problema,
non la soluzione. Per risolvere i loro
problemi di relazione, l’uomo e la
donna devono invece parlarsi di più,
ascoltarsi di più, conoscersi di più, volersi bene di più. Devono trattarsi con
rispetto e cooperare con amicizia»
(Udienza Generale – 15 aprile 2015).
A noi capi, dunque, l’ardua vocazione
a coeducare: aiutare ragazzi e ragazze
a tirare fuori insieme ciò che loro già
sono, ciò che già la natura ha inscritto
in loro!
41
Jxaxm
x
xb
xo
xr
xexe
Donne e uomini
il valore della
home hospitality
di Francesco Scoppola
Il valore del Jamboree che si tiene
quest’estate non passa solamente
dall’importanza dell’esperienza internazionale, ma in tale occasione si sostanzia anche grazie alla possibilità di
vivere la Home Hospitality: tre giorni
immersi nella quotidianità degli usi e
dei costumi della vita giapponese, pienamente a contatto con la cultura del
luogo.
42
Tutti i partecipanti al Jamboree del
Contingente Italiano infatti, una volta arrivati in Giappone, vivranno una
esperienza a coppie all’interno delle
famiglie: saranno ospitati, condurranno i ritmi tipici del territorio, si
confronteranno cercando la contaminazione delle culture, ma soprattutto
scopriranno il vero Giappone.
L’organizzazione giapponese ha messo a disposizione cinque prefetture
(o province) all’interno delle quali
saremo suddivisi: Kyoto, Kobe,
Nara, Shiga e Wakayama.
Per gli ospiti non è stato richiesto un programma specifico se non quello di favorire il
contatto con ciò che quotidianamente vivono tutte le famiglie. L’aspetto più importante
riguarda l’atteggiamento degli ospiti che dovrà essere di
grande disponibilità ed accoglienza non chiudendosi nelle
proprie certezze, ma essendo
disposti ad accogliere. È difatti
centrale che i ragazzi entrino
nelle case giapponesi in punta di piedi sapendo che da
un lato ci sarà la curiosità di
incontrarsi, mentre dall’altro
le famiglie ospitanti vivranno
con grande onore la possibilità di avere delle persone nella
loro case.
Al termine dei tre giorni è
previsto, come piccolo gesto
di ringraziamento, un dono
così da lasciare una traccia
del passaggio e della bellezza
di quanto ricevuto.
Come dicevamo i posti da visitare saranno cinque, non troppo lontani da
loro, ma con delle precise specificità.
Kyoto si caratterizza, insieme alla zona
circostante, per essere densa di monumenti e luoghi sacri che ne fanno uno
dei territori più interessanti dell’intero
Giappone. La città è conosciuta come
“la città dei mille templi” essendo numerosi i santuari e anche perché uscita
pressoché intatta dalla seconda guerra
mondiale;
La prefettura di Wakayama confina a
nord con la prefettura di Ōsaka, e si
affaccia ad ovest sul mare interno ed
a sud sull’Oceano Pacifico. Sede del
più importante centro mistico dell’intero Sol Levante, il Koya-san (il Monte
Koya) è molto nota anche per la presenza di numerose bellezze naturali;
Kobe, città di 1,5 milione di abitanti è
uno dei maggiori Porti del Paese e snodo di importanti scambi commerciali
La prefettura di Shiga è situata sull’isola di Honshu. Al suo interno si trova
il maggior lago del Giappone, il Lago
Biwa. I principali motivi di richiamo
sono le cittadine di Nagahama, nota
per il quartiere degli artigiani vetrai
e anche in questo caso le attrattive
naturali sono tra le maggiormente apprezzate; Nara infine è stata dichiarata
patrimonio dell’UNESCO ed è caratterizzata per la presenza dei cervi che si
aggirano tranquilli nel parco chiedendo cibo ai turisti.
Queste sono solo delle pillole di quanto i ragazzi vedranno in Giappone,
mettendo al centro la voglia di vivere
un’esperienza che sia realmente di
contaminazione!
Branca R/S
Donne e uomini
il sorteggio
di Emanuela Schiavini
Pattuglia Nazionale Branca R/S
Chiara Panizzi
“Oh, allora vediamo un po’ a chi tocca,
peschiamo un nome… Francesca! Ola del
clan. Ne peschiamo un altro… Guido! Ola
del clan. E l’ultimo… Marco! E la prima
tenda è andata. Passiamo alla seconda: il
primo componente della tenda è…don Angelo! Ola del clan. Il secondo… Silvia! Ola
del clan. Il terzo… Valentina! Ola del clan.
Questo sistema mi permette di fare coeducazione in route: le tende vengono formate
basandosi sulla sorte così mescoliamo a caso
tutti, maschi e femmine, e all’assistente di
zona che partecipa alla route vengono affidate le due ragazze… “
Ma forse sia al don sarebbe piaciuto
stare con Guido e Marco, sia a Silvia
e Valentina sarebbe piaciuto stare con
Francesca, più che altro per comodità
non tanto per una questione morale.
Talvolta confondiamo la coeducazione con lo stare insieme per forza maschi e femmine e molto spesso ci dimentichiamo di rispettare le esigenze
dell’uno e dell’altro sesso e che coeducazione vuol dire anche offrire spazi
separati ai due generi proprio per dar
modo all’uomo e alla donna di vivere
la propria identità, per essere poi più
accoglienti nei confronti dell’altro.
Siamo sinceri, se in L/C diciamo che
sono ancora troppo piccoli (così ce
ne laviamo le mani) e che la coedu-
cazione viene in maniera spontanea
nelle unità miste, se in E/G puntiamo
tutto sulla squadriglia per fare attività
separate (così ce ne laviamo le mani),
in R/S cosa facciamo?! Ce ne laviamo
le mani e basta, anzi, proprio non ci
pensiamo. Eppure il nostro metodo
ribadisce che “Le unità miste devono
prevedere anche attività separate per
La buona fantasia di
noi capi dovrebbe
individuare la tecnica
ad hoc, l’attivitˆ
pi• opportuna da
proporre ai rover e
alle scolte senza dover
ricorrere a strane cose
43
ragazzi e ragazze, al fine di favorire
un più completo sviluppo dell’identità sessuale”. In particolare quello della
branca R/S sottolinea l’importanza di
proporre attività condivise con l’altro
sesso e attività separate “al fine di permettere ai singoli rover e scolte di vivere momenti dove la propria identità di
uomo e di donna venga vissuta come
ricchezza, capacità di accogliere, dono
di sé e dialogo con l’altro.”
Probabilmente il criterio delle tende a
caso non è la maniera migliore di fare
coeducazione, ma allora cosa devo fare
con una comunità R/S? Quante attività devo fare separate? Quante insieme?
E quali?
Qui sta sempre all’arte del capo trovare la risposta giusta per ogni noviziato/
clan, per ogni momento di vita della
comunità. Intanto mi permetto di consigliare almeno di prendere in considerazione la cosa, quindi evitiamo di
ignorare la coeducazione, parliamone
in staff ed in comunità capi, facciamoci
delle domande. E così già un passo lo
abbiamo fatto. E poi dipende. Dipende da chi abbiamo di fronte, dipende
da ciò che ci circonda, dipende da
cosa sta accadendo… se riusciremo a
leggere tutto questo con capacità cri-
Ogni strumento della
Branca può offrire
unÕ opportunitˆ per
essere utilizzato per
fare coeducazione:
separati o insieme,
l’importante è agire
dando un senso a ciò
che proponiamo e
credere fortemente
che quell’attività divisa
per sessi o tutti insieme
è perfetta per il clan in
questo momento
tica, acutezza e grande attenzione, troveremo sicuramente la strategia educativa giusta per i ragazzi che ci sono
affidati, per dar loro modo di vivere
con serenità e profondità con se stessi
e con l’altro, per prendersi cura di sé
e dell’altro.
La buona fantasia di noi capi dovrebbe
fare il resto: individuare la tecnica ad
hoc, l’attività più opportuna da proporre ai rover e alle scolte senza dover
ricorrere a strane cose. Il noviziato
che partecipa al challenge formando
Murales della sede regionale Agesci del Friuli Venezia Giulia, dipinto da Marco Tomada
44
coppie monosessuate? La divisione del
clan in pattuglie maschili e femminili
per approfondire l’argomento del capitolo? Magari una visione maschile
da una parte ed una visione femminile dall’altra mi aiutano a leggere con
occhi diversi lo stesso tema, creando
una visione finale più ricca. Giocare
(perché anche in Branca R/S si gioca)
maschi contro femmine? Sono esempi
per attività separate perché le nostre
comunità R/S sono miste al 99,9%,
quindi immagino che ci sia bisogno di
dedicare degli spazi maschili e degli
spazi femminili.
Ogni strumento della Branca può offrire un’opportunità per essere utilizzato per fare coeducazione: separati o
insieme, l’importante è agire dando un
senso a ciò che proponiamo e credere
fortemente che quell’attività divisa per
sessi o tutti insieme è perfetta per il
clan in questo momento. Evitiamo di
programmare una volta all’anno un’attività separata per sesso, così siamo a
posto con la coscienza, di fare sempre
tutto tutti insieme o tutto maschi da
una parte e femmine dall’altra… qual
è il giusto equilibrio lo sai solo tu, caro
capo R/S.
Buona Strada!
Comunità Bas
i Ages
ci
Donne e uomini
tutti a spianessa
La riunione annuale della
Comunità Basi agesci dell’ 11 e 12 aprile
di Alessandro Costanzo
De Castro
Comunità Basi Agesci
50 persone, oltre 30 basi rappresentate, la cornice accogliente della base di
Spianessa a Pistoia. Questa l’istantanea
dell’annuale riunione della Comunità
delle Basi Agesci (di seguito CBA),
per la prima volta ospitata da una base
scout.
Una base Agesci è innanzitutto un
luogo ospitale, vissuto e gestito in stile
scout, che offre alle unità e ai gruppi
che la visitano garanzie di qualità e
di fraternità nell’accoglienza. Le basi
CBA sono luogo ideale di incontro fra
scout e con la storia dell’Associazione,
che si respira nella bellezza della natura, nei piccoli manufatti, nei ricordi di
chi l’ha vissuta.
Gestire una base è un servizio affascinante e talvolta faticoso, che mette
insieme la competenza economica e
gestionale con il saper fare del mani
abili, l’arte del capo per accompagnare
i ragazzi nelle attività educative, il saper
progettare e vivere la base come una
grande impresa scout.
La CBA offre un percorso di comunità
per quanti sono chiamati a svolgere il
servizio di gestori di una base. E la dimensione comunitaria è emersa nella
sua pienezza proprio a Spianessa, non
solo durante i lavori, ma anche nei
momenti conviviali, fra i quali, molto
significativa, la visita all’Osservatorio
astronomico adiacente alla base, con
osservazione di Giove e dei suoi satelliti
e illustrazione delle costellazioni.
Quella della CBA è una comunità in
continua crescita, una rete nata per
dare supporto a chi gestisce basi scout e
per condividere esperienze e progetti.
Scegliere una base CBA per le attività
della propria unità significa investire
nel patrimonio associativo e sostenere
realtà il cui solo scopo è servire lo scoutismo.
La Pattuglia di Spianessa ci ha fatto
sentire davvero a casa, curando l’accoglienza e lo stile in ogni dettaglio, proprio come vorremmo fosse l’agire di
chi gestisce ogni base scout. Questo ci
ha permesso di lavorare sodo sui molti
temi all’ordine del giorno:
– analisi degli aspetti fiscali ed economici rilevanti per la gestione di una
base scout;
– strategie di raccolta fondi;
– promozione e comunicazioni delle
nostre basi
– richiesta ad Agesci di riconoscere e
definire nelle sue regole cosa caratterizza una “base scout”, riconosciuta
dall’Associazione attraverso l’appartenenza alla Comunità delle Basi Agesci.
Ogni singolo scout può aiutare la CBA
a crescere in molti modi: scegliendo
una base CBA per l’uscita o il campo;
segnalando la pagina www.agesci.it/cba
ai gestori di basi scout che non si sono
ancora iscritti; scegliendo di entrare
a far parte di una delle pattuglie che
gestiscono le basi o propendo ad altri
(magari ai capi che finiscono il loro impegno in Co.Ca.) questo piccolo, grande servizio... a servizio di Agesci.
45
Donne e uomini
un mare
di opportunità
di Alessio Giusti
Pattuglia Regionale Settore
Nautico Toscana
Recentemente l’Agesci e la Marina
Militare Italiana (MMI) hanno firmato un protocollo di collaborazione con
lo scopo di sviluppare e condividere
progetti e iniziative formative dirette
alle giovani generazioni, promuovendo l’ambiente acqua come ambiente
educativo. In particolare il protocollo
prevede l’organizzazione di attività e
progetti di cooperazione: temporanei
imbarchi e uscite in mare; corsi/lezioni relativi a carteggio, primo soccorso,
meteorologia, astronomia, canoa/kajak/canottaggio/vela. Tali iniziative
potranno avvalersi di strutture e personale competente presso le sezioni
veliche della Marina Militare Italiana
dislocate sul territorio nazionale.
Nelle attività organizzate in sinergia
46
con la Marina Militare Italiana il ruolo di educatore rimarrà ovviamente
prerogativa del capo scout che organizza l’attività. Intenzionalità educativa e competenza metodologica del
capo garantiranno che le esperienze
nautiche vissute si traducano in effettive opportunità di crescita. In questo
specifico contesto il Settore Nautico
Agesci potrà svolgere una funzione di
supporto per cogliere appieno le potenzialità che l’ambiente acqua offre
e per favorire il collegamento con la
Marina Militare Italiana.
Abbiamo pensato di parlare con Fabio
Agostini, Capitano di Vascello della
MMI e Giovanni Forzieri, Incaricato
Nazionale Settore Nautico Agesci,
entrambi coinvolti direttamente nella
stesura del protocollo, per chiarire gli
obiettivi, i valori comuni e le aspettative che hanno animato la ricerca di
una collaborazione fra Agesci e MMI.
Da cosa nasce la ricerca di collaborazione?
Comandante Fabio Agostini – Dalla
volontà di sperimentare possibili sinergie fra Marina Militare e associazioni giovanili impegnate in attività
educativa nel settore marittimo. Ho
avuto modo di leggere i documenti pubblicati sulla pagina web del
Settore Nautico AGESCI, in particolare “Scautismo nautico per ragazzi” di Sir
Robert Baden Powell. Queste letture
mi hanno dato l’idea di poter offrire
la competenza tecnica e l’esperienza
del personale della Marina Militare
per tradurre in fatti concreti la condivisione di principi fondamentali quali
l’importanza della formazione del carattere nei giovani della nostra società.
Giovanni – L’ambiente marino, e più
in generale acquatico, esercita da sempre una forte attrattiva verso ogni età.
Basti pensare all’entusiasmo di un
Accord
i AG E
SCI
bambino in riva al mare o all’emozione provata nell’osservare il fondale
marino, o al gusto di un avventura a
bordo di un kayak o di una barca a
vela. L’ambiente acqua rappresenta
pertanto un’esca educativa di cui noi
capi siamo chiamati a scoprire le valenze. D’altra parte per svolgere certe
attività nautiche sono necessarie competenze tecniche ed attrezzature che
non sempre i capi scout possiedono.
Poter usufruire di personale competente e strutture della MMI permetterà di offrire nuove opportunità educative e formative in ambiente acqua a
bambini, giovani e adulti della nostra
associazione.
Il mare aiuta ad educare “buoni” cittadini del domani?
Comandante Fabio Agostini – Il mare
sviluppa le qualità della persona, ne
rivela il carattere, il senso della responsabilità e lo spirito di iniziativa,
riscopre ed accentua il rispetto verso l’ambiente e la solidarietà verso il
prossimo. La solidarietà, in particolar
modo, è un concetto che ogni marinaio porta nel cuore, ed è a questa che si
inspirano ad esempio le nostre recenti
azioni di soccorso per salvare la vita dei
migranti nel Mediterraneo. Sentirsi di
supporto a coloro che sono meno fortunati di noi è qualcosa che ci rende
fieri e ci fa sentire dei buoni cittadini,
portatori di umanità e di pace.
Giovanni – Lo scautismo in ambiente
acqua è una delle molte forme di attività che bambini e ragazzi possono
sperimentare lungo il loro cammino
scout. Giocare con il branco/cerchio
nell’ambiente marino, vivere un’avventura in barca a vela con il proprio
equipaggio/squadriglia, guidare la
propria canoa in una route sono solo
alcune delle tante attività nautiche
che possono trasmettere, oltre alla conoscenza del mare e le relative abilità,
il coraggio, il rispetto dell’ambiente,
l’attenzione alle regole e alla collaborazione con gli altri. Il metodo scout
educa alla cittadinanza attiva, con la
sua traduzione in ambiente acqua
cambiano solo gli strumenti non gli
obiettivi ed il metodo.
Quale sarà il valore aggiunto che ciascuna istituzione può trarre dal protocollo di collaborazione?
Comandante Fabio Agostini – Credo
molto nell’importanza di tutelare il
mare e la vita umana in mare. E ciò
anche partendo dalla formazione rivolta ai giovani per la conoscenza e
prevenzione di quelle azioni che possono mettere a repentaglio l’ambiente
marino e per garantire la salvaguardia
della vita umana in mare. Grazie al
protocollo di intesa avremo la possibilità di contribuire insieme ad Agesci
a sensibilizzare le future generazioni che, conoscendo meglio il mare,
sapranno meglio rispettarlo. Questo
protocollo con l’Agesci è anche un’occasione per la Marina di diffondere
una maggiore conoscenza delle proprie capacità, del proprio ruolo e lavoro, consapevoli che nel nostro Paese si
può, e si deve “fare equipaggio”, condividendo obiettivi comuni. E poi i nostri marinai godranno anche dell’entusiasmo e dei sorrisi degli scout che
saliranno sulle nostre imbarcazioni,
e che come spesso succede in queste
occasioni, non vorranno più scendere
dalla passarella.
Giovanni – Penso che il protocollo di
collaborazione contribuisca a integrare la nostra “cassetta degli attrezzi” arricchendo gli strumenti a disposizione
di noi capi. È evidente che sarà responsabilità dei singoli capi che vogliano
cogliere questa opportunità tradurre i
contenuti dell’accordo in azioni educative concrete. È ovvio che il metodo
educativo cui si ispira lo scautismo
non può avere molto in comune con
la disciplina che caratterizza una forza
militare. La collaborazione fra il mondo della Marina e il mondo scout, che
pur sono animati da finalità diverse e
che impiegano metodi differenti, può
però favorire la trasmissione di competenze oggettive e la promozione di
valori comuni a partire dalla solidarietà ed dal rispetto dell’ambiente.
47
Do n
ne e uomini
(non so
lo gente)
Diario di
un'udienza generale
Dal Papa eravamo tantissimi!
di Denis Ferraretti
Amarcord
16
4
Intereducazione
La scelta dell’altra associazione
dello scautismo cattolico italiano
di Nicoletta Orzes
6
21
Quando l’Agesci non era ancora
di Lucio Costantini
Coeducazione
modello CNGEI
Il Consiglio
Generale 2015
14
Come vive lo stare insieme l’altra parte della FIS
di Paolo Fiora
35
di Nome Cognome
xxxxxx
Coeducazione
e metodo
xxxxx
Alice Favi
Una riflessione sui perché del nostro
regolamento metodologico
di Christian Caleari
48
ProPosta Educativa
rivista per gli educatori dell’agesci (associazione Guide e scouts cattolici italiani)
con sede in piazza Pasquale Paoli, 18 - 00186 roma - www.agesci.org
comunicazioni, articoli, foto, disegni e materiali vanno inviati a: chiara Panizzi, via
della resistenza, 52 - 38123 Povo (trento). Mail: [email protected]
capo redattore: chiara Panizzi
in redazione: andrea Bilotti, christian caleari, Francesco castellone, Fabrizio coccetti, Lucio costantini, claudio cristiani, denis Ferraretti, Marco Gallicani, Luisa Giuliari, Filippo Panti, Emanuela schiavini, Paola stroppiana, Paolo valente.
Foto di: sara Bonvicini, dario cancian, Nicola catellani, Marco colonna, alessandro
de veris, alice Favi, Michelangelo Longo, Francesco Mastrella, Martino Poda, Paolo
ruffini.
in copertina: foto di Martino Poda
impaginazione: Giorgio Montolli
Grazie a scoutLooK per le vignette (Gaetano cingari)
alcuni disegni sono di Gianfranco Zavalloni
i simboli delle branche sono di Giovanni Garlanda
Numero chiuso in redazione il giorno 10 luglio 2015
tiratura: 30.0000
Finito di stampare nel luglio 2015
scout – anno XLi - n. 12 del 20 luglio 2015 settimanale - Poste italiane s.p.a.
– spedizione in abbonamento postale – d.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004
n.46) art. 1, comma 1 aut. GiPa/ c / Pd – euro 0,51 Edito dall’agesci – direzione: Piazza Pasquale Paoli 18 – 00186 roma – direttore responsabile: sergio
Gatti – registrato il 27 febbraio 1975 con il numero 15811 presso il tribunale
di roma – stampa: Mediagraf spa viale della Navigazione interna, 89 Noventa
Padovana (Pd)
Associato all’Unione
Stampa Periodica
Italiana