Magic in the Moonlight

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Magic in the Moonlight
la vita vera e la sua illusione. Come
ogni altro personaggio alleniano
nemmeno Stanley Crawford troverà
una risposta perché per il regista è
più importante continuare a porsi
nuove domande. Il protagonista di
Colin Firth, un'implosione raffinata di
cinismo e arroganza, sceglie allora lo
slancio vitale, l'impulso irrazionale di
agire e reagire dentro l'universo, "un
luogo assolutamente freddo". Come
l'arroseur arrosé dei Lumière, il
prestigiatore finisce annaffiato dal
suo stesso annaffiatoio e da un'avventuriera americana che sembra
barare meglio di lui, provando che la
magia non si trova sempre dove noi
pensiamo. Così il suo razionalismo
implacabile capitolerà sotto la luce
brillante di Darius Khondji e lo
charme preveggente di Emma
Stone che, come il mago cinese di
Alice, lo stana dalla codardia e lo
porta a consapevolezza. Se i
pessimisti sostengono che il nostro
passaggio sulla terra è un disastro,
l'avvenire non può essere che
funesto e "l'eternità troppo lunga,
specialmente verso la fine", esibendo soltanto la loro insofferenza e il
loro malessere scoraggiante e
lamentoso, gli ottimisti da par loro
sono dei cretini assoluti, totalmente
irragionevoli e privi di logica e di buon
senso, proprio come la vecchia
coppia sulla panchina di Incontrerai
l'uomo dei tuoi sogni. Così non resta
che gettare la maschera cartesiana
e ammettere di essere proprio come
Sophie, non un essere candido
magari ma nemmeno infame, che
esercita la suggestione per ingannare e proteggere, la magia per
rendere più piacevole la vita degli
altri, il potere mistificatorio per
richiamare i morti in vita, non quelli
seppelliti ma quelli che vivono
temporaneamente fuori dalla partita.
Non datevi pensiero perciò se
vedrete l'impostore rivelato pregare
e implorare addirittura la misericordia divina in un momento di sconforto, è solo una boutade. Woody Allen
non accetta mai il soccorso della
religione ma non smette mai di
trovarlo nell'illusione. L'illusione
delle immagini, dei vecchi giochi di
prestigio, di una bolla di champagne e di qualche nota jazz sul
nero.
Marzia Gandolfi
www.mymovies.it
Mercoledì 4 febbraio, ore 16.30-19.00-21.00
Giovedì 5 febbraio, ore 19.00 - 21.00
Un film di Luc e Jean-Pierre Dardenne,
con Marion Cotillard e Fabrizio Rongione
Sandra ha un marito, Manu, due
figli e un lavoro presso una piccola
azienda di pannelli solari. Sandra
'aveva' un lavoro perché i colleghi
sono stati messi di fronte a una
scelta: se votano per il suo
licenziamento avranno un bonus di
1000 euro. Grazie al sostegno di
Manu,
Sandra
chiede
una
ripetizione della votazione in cui sia
tutelata la segretezza. La ottiene,
ma ha un tempo limitatissimo per
convincere chi le ha votato contro a
cambiare parere.
MERCOLEDI 28 GENNAIO 2015, ORE 16.30-19.00-21.00
GIOVEDI 29 GENNAIO 2015, ORE 19.00-21.00
Il cast tecnico.
Regia e sceneggiatura: Woody
Allen Direttore della fotografia:
Darius Khondji. Montaggio:
Alisa Lepselter. Scenografia:
Anne Seibel. Costumi: Sonia
Grande. Effetti: Andrew Lim.
Origine: USA, 2014.
Gli interpreti. Eileen Atkins (Zia
Vanessa), Colin Firth (Stanley
Crawford), Marcia Gay Harden
(Sig.ra Baker), Hamish Linklater
(Brice Catledge), Simon McBurney
(Howard Burkan), Emma Stone
(Sophie Baker), Jacki Weaver
(Grace Catledge), Erica Leerhsen
(Caroline Catledge), Catherine
McCormack (Olivia).
Durata: 1h38.
La trama. Riviera francese,
1920. Il cinese Wei Ling Soo è il
più celebre prestigiatore del suo
tempo, ma pochi sanno che in
realtà, dietro ai suoi panni, si
cela Stanley Crawford, un
inglese scorbutico e arrogante
con una accesa avversione nei
confronti di coloro che si
professano veri 'spiritisti'. Su
indicazione dell'amico Howard
Burkan, Stanley decide di recarsi
in Costa Azzurra presso la
famiglia
Catledge
per
smascherare Sophie Baker, una
giovane medium...
Non è più impellente rincorrerlo,
stenderlo sul tavolo operatorio e
sottoporlo a un'accanita operazione
critica. La prima ragione è quella che
un film di Woody Allen non prevede
controindicazioni e anche senza
possedere la tessera da critico
andranno (quasi) tutti a vederlo
senza remore. La seconda è che la
commedia umana alleniana ormai
assomiglia a quella di Balzac e va
vista, goduta, correlata, interpretata
come se si trattasse di un romanzo
finora suddiviso in quarantaquattro
capitoli, per di più cadenzati su
altrettante fasi della nostra vita non
solo di spettatori. Per 'Magic in the
Moonlight' il settantanovenne autore
ha scelto per proseguire quest'intarsio liberatorio innanzitutto per se
stesso gli sfondi di uno dei paradisi in
terra - la French Riviera, come
l'hanno sempre chiamata le frotte di
turisti anglosassoni adepti delle sue
conclamate amenità - e l'ambientazione storica della fine dei ruggenti
anni Venti vagamente turbati
dall'avvento dei totalitarismi europei
che porteranno alla guerra mondiale.
Il raccontino inizia con il cinquantenne solitario, disilluso e scettico
Stanley, interpretato dal come
sempre superbo Colin Firth, che si
esibisce trionfalmente a Berlino
travestito da mago cinese col nome
artistico di Wei Ling. (...) Non è la
prima volta, del resto, che l'autore si
dedica al personaggio démodé del
mago ('Stardust Memories', 'La
maledizione dello scorpione di
giada', 'Alice', 'Scoop'), forse perché
gli permette di metaforizzare senza
pesantezze l'eterna diatriba tra fede
e agnosticismo, verità e menzogna,
ragione e metafisica, amore e
psiche. E a voler essere notarili,
neanche delle atmosfere intonate al
crepuscolo della jazz age alla Scott
Fitzgerald si può dire che rappresentino un'inedita portata del menu;
eppure 'Magic in the Moonlight'
riesce a valorizzare al massimo gli
aspetti positivi e a rendere al
riaccendersi delle luci gli spettatori
soddisfatti o almeno un po' felici: il
cast, innanzitutto, come abbiamo
premesso; la fotografia di Darius
Khondji; i lievi inserti comici che
assicurano alle schermaglie del
dialogo il tempo garantito dalla
casa. Lontano da New York,
l'amato scenario ormai refrattario
a qualsiasi illusionismo onirico,
viene facile e fluido recuperare la
soave malinconia e l'esotismo da
cartolina ricorrenti nelle incursioni
europee ('Vicky Cristina Barcelona', 'Midnight in Paris'). Non
siamo, insomma, di fronte al suo
film migliore, ma certamente a
uno dei più sottilmente malinconici in cui il mago che non crede più
nei suoi poteri è - evidentemente,
ma a torto - proprio lo stesso
Woody.
Valerio Caprara
Il Mattino
4 Dicembre 2014
(...) È tornato Woody Allen, ed è in
uno stato di forma più che discreto,
ci prende per mano e ci accompagna tra schermaglie amorose,
scenari mozzafiato e costumi (di
Sonia Grande) stupendi. Si stava
meglio quando si stava meglio,
insomma, e pendere dalle labbra
vezzose di Emma Stone, ammirare
l'eleganza amara di Colin Firth
sono opportunità fascinose. L'unico
neo? II palese imbarazzo di Firth
nelle scene affettuose: l'attore
inglese ha 54 anni, la Stone 26,
forse i 28 di differenza pesano?
Non per Woody...
Federico Pontiggia
Il Fatto Quotidiano
4 Dicembre 2014
Se si guarda a 'Magic in the
Moonlight' come a un'ulteriore
commedia romantica di Woody
Allen, resta difficile non catalogarla
opera minore; per carità, firmata,
godibile, lussuosamente ambientata nella cornice di un'incantata
Costa Azzurra Anni '20 e interpretata da un'ottima coppia di attori, il
carismatico Colin Firth e la deliziosa
Emma Stone. Ma alcuni personaggi secondari sono disegnati con
inconsueta sciatteria e, a dispetto
del loro essere sempre in scena, si
direbbe che all'autore del rapporto
sentimentale fra il prestigiatore
Stanley e la sedicente medium
Sophie importi poco: il che vanifica
il magico del chiaro di luna. Tuttavia, il giudizio cambia se proviamo
a considerare il film come qualcos'altro: un'opera che finge di
ripercorrere i cliché del genere al
solo scopo di andare dritto al cuore
delle cose, ovvero la visione che
ne è alla base. Una poetica che
Allen ha espresso in ogni suo titolo,
ma sublimandola in una macchina
autonoma,
distribuendola
in
maniera calibrata su figure e
situazioni divertenti/ amare; mentre
qui acquista un carattere di
urgenza che la impone al di sopra
della forma. (...) Magia (per il
«mago» Woody, quella dello
spettacolo) significa gioco truccato,
gli spiriti non esistono, l'aldilà è pura
invenzione e la vita un soffio
effimero, ma come negarsi al
naufragar dolce nel mare dell'illusione e dell'amore? Mai Allen si è
calato in modo più totale dentro un
personaggio: facendo di Stanley un
emblematico portavoce e di Sophie
il suo simbolico contraltare di
sogno e desiderio, ha parzialmente
tradito l'artista che è in sé, ma
molto ha rivelato dell'uomo che vi si
cela dietro.
Alessandra Levantesi Kezich
La Stampa
4 Dicembre 2014
Non va mai preso alla leggera un
film di Woody Allen, anche se si
presenta fresco ed estivo come una
promenade lungo la Costa Azzurra.
Perché il gusto che avvertiamo
dopo averne goduto è sempre più
complesso di quello inizialmente
percepito. Nel suo cinema sono
sempre i dettagli o le presenze
marginali ad aprire gli spiragli che
fanno intravedere la profondità di
senso. Dietro alle coppe di champagne e alle maniere sofisticate,
dentro i vestiti bianchi e le automobili
decappottabili, sotto i cappellini a
cloche, i temporali estivi e la comédie
au champagne, quella dove lui e lei si
conoscono, si detestano e poi
finiscono col capitolare l'uno nelle
braccia dell'altro, si prepara in fondo il
crepuscolo della Jazz Age fitzgeraldiana e il collasso della Germania
sotto i colpi della crisi e del nazismo. E
Magic in the Moonlight apre proprio
sul 'palcoscenico' di Berlino e davanti
a un pubblico che a breve non vedrà
più l'elefante nella stanza perché
sceglierà di ignorarlo, ignorando col
pachiderma una tragedia evidente.
Nemmeno la magia può volatilizzare
un elefante e una verità, la sparizione
è soltanto un'illusione prodotta da un
prestigio, una rimozione dal campo
visivo che prima o poi ricompare,
proprio come la madre di SheldonWoody nell'Edipo derelitto. Lo sa
bene il mago very british di Colin Firth,
che come il film possiede tutta la
malinconia e l'esotismo di una
cartolina postale. Non è certo la prima
volta che Allen ricorre alla magia, che
ha giocato d'altra parte un ruolo
rilevante nella sua filmografia. Magia
(Stardust Memories, New York
Stories, Alice, Ombre e nebbia, La
maledizione dello scorpione di giada,
Scoop) e divinazione (Incontrerai
l'uomo dei tuoi sogni) si impongono in
primo piano e dentro le sue commedie, sublimando la dimensione
comica e rivelando uno dei temi
principali della poetica alleniana: la
scelta. Il cinema di Allen arriva
sempre al vicolo cieco dell'alternativa
tra "orribile o miserrimo" (Io e Annie) o
come per Magic in the Moonlight tra