Disfagia nella malattia di Parkinson

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Disfagia nella malattia di Parkinson
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Quadrimestrale - Anno 7 • Numero 3 • Settembre - Dicembre 2007
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NEUROVEGETATIVO
nel terzo numero di NVN 2007,
come già anticipato, il Dottor
Restivo ci parlerà della disfagia
e delle sue specifiche problematiche nella Malattia di Parkinson dal un punto di vista epidemiologico e fisiopatologico. Infine, si soffermerà sul tratta-
NEUROVEGETATIVO
News
Periodico quadrimestrale
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Pietro Cortelli
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mento che costituisce un argomento di notevole importanza
nel management del paziente
parkinsoniano per lo specialista
neurologo, per il fisioterapista
e per i caregivers.
La riunione congiunta AINVLICE su “La diagnosi differenziale delle perdite di coscienza
transitorie”, che si è svolta nell’ambito del 30° Congresso Nazionale Lega Italiana Contro
l’Epilessia a Reggio Calabria, ha
destato notevole interesse: la
diagnosi differenziale della perdita di coscienza transitoria,
infatti, mette quotidianamente
alla prova medici di pronto soccorso, neurologi, cardiologi,
neuropsichiatri infantili.
Vi ricordo, in Agenda, il Congresso Internazionale in collaborazione tra la “European Federation of Autonomic Societies (EFAS)” e la “American Autonomic Society (AAS)” che si
svolgerà a Vienna dal 10 al 13
Ottobre 2007 (nella home page
del nostro sito www.ainv.it troverete il link al congresso). Subito dopo si svolgerà a Firenze il
XXXVIII Congresso della Società Italiana di Neurologia (dal 13
al 17 Ottobre 2007). Sempre a
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Firenze dal 18 al 20 Novembre
ci aspetta Sincope 2007.
Vi anticipo, inoltre, che nei giorni 18-19 Gennaio 2008 si svolgerà a Rozzano (MI) un interessante congresso organizzato dal
nostro Consigliere Giuseppe Micieli, neurologo ed esperto in
malattie cerebrovascolari, su
“Sistema nervoso vegetativo
nelle malattie cardio-cerebro
vascolari”, che affronterà le problematiche relative al Sistema
Nervoso Vegetativo nelle malattie cardiovascolari, nell’ipertensione e nelle malattie cerebrovascolari: un congresso di
interesse multidisciplinare rivolto a neurologici, cardiologi,
internisti, diabetologi e medici
in formazione.
Tale manifestazione sostituirà
il consueto corso teorico pratico di Bologna che riprenderà
regolarmente dal 2009. Troverete ulteriori notizie prossimamente sul nostro sito:
www.ainv.it al link congressi e
corsi.
Buona lettura!
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Cari Soci,
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Editoriale
Rita Di Leo
Segretario AINV
1
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Alla ribalta …
La disfagia nella malattia di parkinson:
Epidemiologia, fisiopatologia e trattamento
DOMENICO A. RESTIVO
U.O. di Neurologia, P.O. “Nuovo Garibaldi”, Catania
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La disfagia è un problema ben conosciuto nei pazienti affetti da PD
(1-5) essendo associata ad una considerevole morbidità in quanto è
causa di polmonite ab ingestis e
denutrizione (4, 6, 7). Anche se la
reale prevalenza della disfagia nel
PD non è certa, tuttavia, essa potrebbe essere ragionevolmente stimata intorno al 50% (8). L’importanza del problema disfagia è legata al fatto che le sue dirette conseguenze quali la denutrizione e soprattutto la polmonite ab ingestis
sono a rischio di vita specialmente
per i pazienti più anziani e defedati. La polmonite ab ingestis, in particolare, è infatti la più comune
causa di morte nei pazienti con PD
in fase avanzata. E’ stato, inoltre
riportato che i soggetti affetti da
PD hanno un peso corporeo ed un
indice di massa corporea (BMI) più
basso rispetto a soggetti di controllo sani di pari età. Non è chiaro
se questo avvenga nella maggioranza dei pazienti in fase avanzata
di malattia o soltanto in gruppo
ristretto di soggetti affetti (9).
I dati in letteratura sono piuttosto
variabili (8, 10, 11, 14, 15, 17-19,
39). Anche se la reale prevalenza
della disfagia nel PD non è certa,
comunque essa potrebbe essere
ragionevolmente stimata intorno
al 50% (8, 10). La Tabella 1 riassume i principali studi di prevalenza
effettuati mediante valutazioni cliniche e/o strumentali.
Dagli studi riportati in tabella risulta che la disfagia è presente in
più del 50% dei pazienti affetti da
PD idiopatico, anche in stadi precoci di malattia ed anche in forma
subclinica. Tuttavia, non risulta
ancora del tutto chiaro se vi sia
una correlazione tra disfagia e severità di malattia o tra disfagia e
durata di malattia. Alcuni autori,
suggeriscono che la disfagia diventa più frequente con la progressione della malattia (11) mentre gli
studi effettuati utilizzando parametri oggettivi di valutazione quali la Videofluoroscopia, non rilevano necessariamente una chiara
correlazione tra disfagia e durata o
gravità di malattia. (2, 8). In uno
studio su 83 casi di parkinsonismo
confermati autopticamente, di cui
17 con PD idiopatico, Muller e coll
hanno riportato una latenza me-
diana di inizio di disfagia di 130
mesi nei pazienti affetti da PD. Tale
latenza è considerevolmente più
lunga di quella riportata nei pazienti con parkinsonismi di altra
natura. Nei loro casi, un inizio di
disfagia entro un anno dall’esordio
clinico della malattia escludeva virtualmente una diagnosi di PD idiopatico; il tempo di sopravvivenza
dall’esordio della disfagia era relativamente breve (tra 15 e 24 mesi)
indipendentemente dal tipo di
parkinsonismo (20).
Per quel che concerne l’aspirazione, questa è la complicazione potenzialmente più seria della disfagia nel PD. In letteratura vi è una
considerevole variabilità per ciò
che riguarda la sua frequenza che
varia tra il 15 ed il 56% (2, 8, 2126). In particolare, un’aspirazione
completamente asintomatica (aspirazione silente) è stata riportata
nel 15-33% dei pazienti (2, 14, 21).
Inoltre, in uno studio su 16 pazienti senza segni clinici di disfagia, la presenza di residuo vallecolare che viene comunemente considerato un segno di aumentato
rischio di aspirazione, è stata nota-
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Tabella 1
Autore
Anno
V. bibliogr.
Patologia
n. pazienti
Tipo di valutazione
Prevalenza (%)
Ali et al.
1996
8
PD idiopatico
19
VFMBS
50%
Bird et al.
1994
14
PD idiopatico
16
VFS/esame clinico
100%
Leopold e Kagel
1996
15
PD idiopatico
72
VFS
82%
Coates C, Bakheit
1997
17
PD idiopatico
53
Esame clinico
83%
Fuh et al.
1997
18
PD idiopatico
12
VFS
62.3% pre-L-dopa;
50% post-L-dopa
Volonte et al.
2002
19
PD idiopatico
65
Esame clinico
70%
Ertekin et al.
2002
39
PD idiopatico
58
EMG
53%
VFS = Videofluroscopia; VFMBS = Videofluoroscopia + manometria faringo-esofagea; EMG = Elettromiografia
2
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Trattamento della disfagia
I principali disturbi della deglutizione nel PD sono costituiti da un
ridotto controllo linguale, alterazione dei movimenti soprattutto di
retrazione della base della lingua,
ritardato/assente riflesso faringeo,
riduzione della contrazione a livello faringeo associata verosimilmente a bradicinesia, disfunzione del
Sfintere Esofageo Superiore (UES),
ridotta chiusura del laringe per riduzione dell’attività del complesso
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ed anche allucinazioni, soprattutto nei soggetti anziani. Questo ne
limita notevolmente l’uso per via
sistemica. Di recente è stato suggerito che la somministrazione per
via sublinguale di gocce di atropina per uso oftalmico in soluzione
al 1% due volte al giorno possa
controllare l’eccesso di saliva senza causare gli importanti effetti
tossici sistemici associati alla somministrazione orale del farmaco
(47). Tuttavia non esistono studi
in esteso a questo riguardo.
Negli ultimi anni, alcuni autori
hanno proposto il trattamento della scialorrea associata a PD, mediante inoculazione percutanea di
tossina botulinica nelle ghiandole
salivari maggiori (parotidi e sottomandibolari), riportando miglioramento della ipersalivazione (48,
49). Pal e coll. hanno trattato con
inoculazione intraparotidea di tossina botulinica di tipo A, 9 pazienti
affetti da PD, ottenendo una marcata riduzione della scialorrea in
un terzo dei pazienti. Nessuno dei
pazienti ha presentato effetti collaterali dovuti al trattamento (43).
In uno studio in doppio cieco versus placebo, Mancini e coll. hanno
trattato, sotto controllo ultrasonografico, le parotidi e le sottomandibolari di 20 pazienti affetti
da parkinsonismo (PD idiopatico o
MSA) e hanno riportato una significativa riduzione della scialorrea
nel gruppo trattato con tossina
botulinica rispetto a quello trattato con placebo (50).
A tutt’oggi non esiste terapia farmacologica specifica per la disfagia associata al PD. La maggior
parte dei farmaci utilizzati per il
trattamento del PD si sono dimostrati quasi del tutto inefficaci nel
migliorare la deglutizione. Gli studi effettuati a riguardo sui farmaci
anticolinergici hanno riportato risultati contrastanti. Alcuni studi
hanno riportato un miglioramento (51), mentre altri addirittura
un peggioramento (52) dei sintomi disfagici. Anche la terapia con
levodopa non sembra mostrare particolare utilità nel miglioramento
della deglutizione. Hunter e coll.
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Fisiopatologia
Gli aspetti anatomici e fisiologici
della deglutizione sono stati discussi nel precedente numero della presente rivista (numero di Maggio-Agosto Ô07) al quale si riporta.
Per quel che concerne i meccanismi fisiopatologici alla base della
disfagia nel PD, questi non sono
stati ancora del tutto chiariti. Studi autoptici hanno rilevato come
in questa malattia, il nucleo ambiguo (NA) sia risparmiato, ma i nuclei segmentali peduncolo-pontini
ed il nucleo motore dorsale del
vago (DMV) non lo siano (26). Pertanto, sembra probabile che la disfagia nel PD sia principalmente
dovuta ad una coordinazione deficitaria della muscolatura orale, faringea ed esofagea, causata dalla
combinazione di una disfunzione a
carico dei centri di controllo tronco-encefalici (CPGs) e di un aumentato output inibitorio dal pallido al nucleo del tegmento peduncolo-pontino (27). Altri studi hanno riportato la presenza di corpi di
Lewy all’interno del plesso mienterico esofageo (28). Questo farebbe pensare alla possibilità che almeno in parte la disfagia associata
a PD potrebbe essere il risultato di
un danno diretto da parte della
malattia al sistema nervoso enterico (28).
muscolare submentale/sopraioideo
(SM).
Questi disturbi potrebbero essere
presenti isolatamente o in associazione tra loro.
Terapia chirurgica: la miotomia
chirurgica del muscolo crico-faringeo del UES ha dimostrato un
drammatico miglioramento della
disfagia oro-faringea associata a
PD. Born e coll. hanno riportato
un eccellente e duraturo miglioramento della sintomo disfagia in 4
pazienti con disfunzione del cricofaringeo. Gli autori hanno concluso che tale terapia dovrebbe essere
considerata di elezione in casi selezionati in cui sia presente una
disfunzione crico-faringea (41).
Tale terapia, però potrebbe avere
un uso limitato in quanto va eseguita in anestesia generale ed è
rischiosa in pazienti molto defedati come spesso sono i pazienti con
PD di grado severo. Inoltre essa è
inefficace in circa il 25% dei pazienti (42).
Terapia farmacologica: nei pazienti con PD associato a scialorrea
severa è stata proposta una notevole varietà di approcci terapeutici.
La scialorrea ed il ristagno di saliva, infatti, pur non essendo problemi tanto pericolosi da mettere a
repentaglio la vita del paziente,
tuttavia sono causa di considerevole imbarazzo e sicuramente limitano in maniera notevole la deglutizione soprattutto per quel che
concerne la fase orale. Inoltre, la
scialorrea potrebbe essere causa di
aspirazione silente. È stato riportato che la scialorrea affligge il 7078% dei pazienti con PD (43). Il
trattamento convenzionale di questi problemi include farmaci anticolinergici per via orale, trattamento chirurgico o irradiazione delle
ghiandole salivari (44-46). Sfortunatamente questi trattamenti sono
spesso poco o per nulla efficaci e
possono indurre effetti collaterali
severi. Gli anticolinergici in particolare, possono avere degli importanti effetti sistemici e tossici sul
sistema nervoso centrale quali costipazione, ritenzione urinaria, disturbi della memoria, confusione
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ta nel 88% dei soggetti (14). Tuttavia è stato osservato che nonostante l’allarmante presenza di residuo
vallecolare, la comparsa di polmonite è piuttosto rara in pazienti
ancora deambulanti con lieve disabilità (13).
3
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hanno studiato, mediante Videofluoroscopia, 15 pazienti con disfagia associata a PD e hanno notato un miglioramento soltanto parziale e non significativo unicamente a livello della fase preparatoria
orale. Questi autori hanno concluso che la disfunzione alla base della
disfagia associata a PD è dovuta
non soltanto alla deficienza di dopamina nigrostriatale, ma anche
ad un disturbo del “central program generator” (CPG), a livello
del nucleo peduncolo-pontino o
delle strutture ad esso connesse a
livello del bulbo (27). Tuttavia alcuni studi riportano un miglioramento della sintomatologia disfagica del 33-50% dopo somministrazione di levodopa o di apomorfina (2, 18, 53).
T e ra pi a co n t ossi n a bo t u li n ic a :
come già riportato sopra, la miotomia chirurgica del muscolo cricofaringeo del UES ha dimostrato di
essere efficace in pazienti con disfagia severa associata a PD. Negli
ultimi anni, la miotomia chimica
del UES per mezzo di infiltrazioni
locali di tossina botulinica è stata
proposta come alternativa meno
invasiva e meno rischiosa alla miotomia chirurgica. Questa tecnica
ha dimostrato di essere efficace e
priva di effetti collaterali significativi nel trattamento della disfagia
oro-faringea associata a diverse
patologie neurologiche caratterizzate da iperattività o mancato/ridotto rilasciamento del UES (35,
54-58). Sulla base dei risultati confortanti notati su altre patologie,
abbiamo trattato con infiltrazioni
di tossina botulinica di tipo A
(BoNT/A), sotto controllo EMG, il
UES di 4 pazienti affetti da disfagia
severa per solidi e liquidi associata
a PD. Circa 48 ore più tardi, abbiamo notato un completo miglioramento clinico, elettromiografico e
videofluoroscopico della disfagia
rispetto a prima del trattamento in
tutti e 4 i pazienti. Il miglioramento è perdurato per 20 settimane ed
è scomparso in 3 pazienti 22 settimane dopo l’infiltrazione. Tutti i
pazienti hanno guadagnato da 5 a 8
Kg di peso e non è stato osservato
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4
nessun effetto collaterale significativo (38). Sulla base di questi
risultati, abbiamo esteso il trattamento ad altri 12 pazienti con PD
associato a disfagia severa (grado
di severità: 3-4). La disfagia è stata
valutata, oltre che clinicamente,
mediante EMG contemporanea del
IPC e del CP che ha evidenziato
ridotto o assente rilasciamento di
quest’ultimo muscolo durante il
tentativo di deglutire volontariamente e mediante VFS che ha dimostrato riduzione della clearance faringea ed incompleto rilasciamento del UES. Tutti i pazienti
sono stati sottoposti ad EMG e a
VFS sia prima che 8, 16, 20 e 22
settimane dopo l’infiltrazione. In
tutti i pazienti, è stata notata una
completa scomparsa della disfagia
a 8 settimane che si è mantenuta a
16 e a 20 settimane, scomparendo
quasi del tutto a 22 settimane. Il
miglioramento clinico andava di
pari passo al miglioramento notato agli esami EMG e VFS. Tutti i
pazienti hanno guadagnato da 4 a 9
kg di peso (37). Il vantaggio di
questo trattamento è che è sicuro,
ripetibile e può essere effettuato
anche in pazienti marcatamente
defedati in quanto non necessita di
anestesia generale. Inoltre potrebbe essere utilizzato per predire l’efficacia di una eventuale successiva
miotomia chirurgica che è inefficace in circa il 25% dei pazienti.
Tale trattamento necessita per la
sua esecuzione di un operatore
esperto e il principale rischio deriva dalla possibile diffusione della
tossina nei vicini muscoli laringei.
T e r a pi a co m po r t a m e n t a le : l’approccio terapeutico comportamentale (tecniche di apprendimento
della chiusura volontaria delle vie
aeree o altri tipi di training della
deglutizione) si sono dimostrati
utili in casi isolati (2, 59) ma non vi
sono studi controllati (60).
Terapia funzionale: Le metodiche
di terapia funzionale descritte sono
indirizzate al trattamento dei sintomi disfagici. La terapia funzionale è suddivisa nei metodi di restituzione, compenso ed adattamento. Restituzione: è focalizzata
ad una restituzione completa o
parziale della deglutizione. La terapia è adatta soprattutto a quei
pazienti con alterazioni della motricità della base linguale o deficit
della propulsione faringea. La stimolazione dei pilastri anteriori
delle fauci stimola il riflesso della
deglutizione. L’utilizzo di stimoli
di natura meccanica combinati a
stimoli termici e gustatori sembra
essere il più efficace (61).
Compenso: Le tecniche di compenso comprendono cambiamenti
posturali e manovre di deglutizione. Il paziente deve essere seduto
confortevolmente su di una sedia
mentre mangia o beve. Nei pazienti con difficoltà nell’iniziare l’atto
deglutitorio, il portare il capo in
avanti durante l’assunzione del cibo
potrebbe evitare la dispersione del
bolo e quindi l’aspirazione. Quando il deficit è a carico della motilità
linguale con conseguente difficoltà nell’iniziare la deglutizione, con
fase faringea intatta, lo spostare il
capo indietro aiuta a guidare il bolo
in faringe. La manovra di Mendelsohn è una manovra che aiuta ad
aprire e a prolungare il tempo di
apertura del UES. Il paziente deve
mantenere il movimento di risalita
del laringe durante la deglutizione
per alcuni secondi. Questa tecnica
è adatta per pazienti con residui
faringei o con ridotta apertura del
UES.
Adattamento: con questo termine
si intende l’apportare un miglioramento al tipo di cibo da assumere
in modo da rendere la deglutizione
più agevole. Alcune modifiche nella dieta potrebbero essere di aiuto
nel prevenire l’eccessivo prolungamento del tempo del pasto, la
fatica e la paura del pasto. Cibi
soffici o puree possono in qualche
modo controbilanciare una scarsa
fase di preparazione orale e facilitare il trasporto orale e faringeo.
L’utilizzo di addensanti liquidi ad
es. acqua gelificata, che dovrebbero essere sostituiti a liquidi meno
densi per il loro minor rischio di
soffocamento, può essere di notevole utilità. Si può inoltre tentare
di potenziare il riflesso della de-
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Alimentazione enterale e
tracheotomia
Alimentazione entrale: quando la
disfagia diventa molto grave si può
considerare l’uso di una alimentazione mediante il sondino nasogastrico (NSG) o la gastrostomia
endoscopica percutanea (PEG). La
nutrizione entrale è indicata soltanto per quei pazienti che non
possono bere o mangiare adeguatamente e che sono a rischio di
malnutrizione o disidratazione.
Bisogna sottolineare che la nutrizione entrale non previene l’aspirazione o la polmonite da aspirazione. La nutrizione entrale mediante SNG, a causa dei frequenti
effetti collaterali (erosioni della
mucosa, inginocchiamenti e spostamenti del sondino) può essere
utilizzata solo per tempi non superiori alle 6-8 settimane. Il SNG non
è, quindi, adatto a pazienti affetti
da patologie degenerative quali il
PD in cui l’obiettivo è quello di
alimentare il paziente per via entrale per tempi lunghi (mesi o
anni), ma è indicato per patologie
acute in cui si pensa che la risoluzione del problema disfagia possa
risolversi nell’arco di settimane,
come per esempio nello stroke.
La PEG è di sicuro la metodica di
nutrizione entrale più adatta per i
pazienti con patologie degenerative quali il PD. Anche se essa non è
senza rischi, la mortalità è inferiore al 1%. Le complicanze minori
più comuni (circa il 20%) sono
rappresentate da dolore locale o
infezioni cutanee, mentre quelle
più gravi (1-3%) comprendono la
peritonite e la polmonite. Sulla base
delle esperienze acquisite sulla
sclerosi laterale amiotrofica, allo
scopo di ridurre i rischi, tale procedura dovrebbe essere eseguita in
pazienti con una capacità vitale
superiore al 50%.
Tracheotomia: in quei pazienti che
non sono in grado di deglutire le
loro stesse secrezioni in modo sicuro, bisogna valutare la tracheotomia. In realtà questa procedura è
indicata solo raramente ed in casi
molto severi. Essa dovrebbe essere
considerata se il paziente è a rischio di soffocamento e se ha già
sofferto di più di un episodio di
polmonite da aspirazione a causa
dell’eccessivo accumulo di saliva
che non riesce a rimuovere in maniera fisiologica. Le conseguenze
della tracheotomia dovrebbero essere discusse con il paziente e con
i caregivers in modo molto chiaro,
in quanto le secrezioni vanno aspirate in maniera regolare dal tracheostoma e le cannule devono
essere sostituite. Anche se la tracheotomia in se stessa non è causa
di problemi alla deglutizione in un
soggetto non disfagico, tuttavia
essa potrebbe esercitare un’influenza negativa su una disfagia
pre-esistente; inoltre, la cannula
crea impaccio nel parlare, in quanto, la cuffia deve essere bloccata.
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glutizione accentuando il sapore o
la temperatura dei cibi. I liquidi
più freddi sono più facili da deglutirsi dei meno freddi. Comunque,
recentemente una revisione Cochrane della letteratura ha messo
in evidenza come nessuno studio
sulle terapie non farmacologiche
per la disfagia nel PD abbia mostrato una efficacia significativa
(60).
5
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26. Jellinger K. Overview of morphological
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Anno 7 • Numero 3 • Settembre - Dicembre 2007
13-17 Ottobre 2007, Firenze
38° SIN Società Italiana di Neurologia
Segreteria Organizzativa:
SIN, Studio ConventurSiena, Via di Città, 56 - 53100 Siena
Tel: 0577 285040-45333-270870, Fax: 0577 289334, Email: [email protected]
“Disordini del Sistema Nervoso Vegetativo (SNV) nelle malattie internistiche”
Moderatori: P. Cortelli (Bologna), G. Vita (Messina)
• SNV e scompenso cardiaco
A. Ribani (Bologna)
• SNV e sindrome metabolica
S. Frontoni (Roma)
• SNV ed insufficienza renale cronica
C. Zoccali (Reggio Calabria)
• SNV ed amiloidosi
G. Vita (Messina)
18-20 Novembre 2007, Firenze
3° Congresso Multidisciplinare sulla Sincope
Segreteria Organizzativa:
Adriacongrex, Via A. Tiarini, 22 40129 Bologna
Tel: 051 7457070, Fax: 051 7457071, Email: [email protected]
29 Novembre - 01 Dicembre 2007, Palermo
Incontro di aggiornamento Neurofisiologia Nuove Strategie - Montoraggi in terapia intensiva
Segreteria Organizzativa:
Raffaela Siragusa Travel Cafè, Via Giosuè Carducci 18 - 90141 Palermo
Tel. 091 336900/ 338 5300506, Fax 091 336908, Email: [email protected], www.travelcafe.it
Anno 7 • Numero 3 • Settembre - Dicembre 2007
www.ainv.it
10-13 Ottobre 2007, Vienna (Austria)
9th EFAS Meeting & 2nd Joint Meeting of EFAS and the American Autonomic Society (AAS)
http://www.efasweb.com/2007/index.html
www.ainv.it
13-14 Settembre 2007, Roma
Convegno Nazionale Associazione Italiana Malattia di Parkinson e Disturbi del Movimento (DISMOV-SIN)
Segreteria Organizzativa:
Aristea, Via Lima, 31 00198 Roma
Tel: 06 845431, Fax: 06 84543700, Email:
[email protected], www.dismovsin.it
www.ainv.it
C O N GRESSI I N A GE NDA
7
®
quetiapina
RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO
1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE
SEROQUEL 25 mg compresse rivestite con film. SEROQUEL 100 mg compresse rivestite con film. SEROQUEL 200
mg compresse rivestite con film. SEROQUEL 300 mg compresse rivestite con film.
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA
SEROQUEL 25 mg compresse rivestite con film. Ogni compressa rivestita con film contiene: Principio attivo:
quetiapina fumarato 28,78 mg equivalente a quetiapina base libera 25 mg. SEROQUEL 100 mg compresse
rivestite con film. Ogni compressa rivestita con film contiene: Principio attivo: quetiapina fumarato 115,13 mg
equivalente a quetiapina base libera 100 mg. SEROQUEL 200 mg compresse rivestite con film. Ogni compressa
rivestita con film contiene: Principio attivo: quetiapina fumarato 230,26 mg equivalente a quetiapina base libera 200
mg SEROQUEL 300 mg compresse rivestite con film. Ogni compressa rivestita con film contiene: Principio attivo:
quetiapina fumarato 345,39 mg equivalente a quetiapina base libera 300 mg. Per gli eccipienti vedere sezione 6.1.
3. FORMA FARMACEUTICA
Compresse rivestite con film. Seroquel 25 mg: compresse rivestite con film color pesca, rotonde, biconvesse
Seroquel 100 mg: compresse rivestite con film, color giallo, rotonde, biconvesse Seroquel 200 mg: compresse
rivestite con film, color bianco, rotonde, biconvesse Seroquel 300 mg: compresse rivestite con film, color bianco, di
forma oblunga.
4. INFORMAZIONI CLINICHE
4.1 Indicazioni terapeutiche. Seroquel è indicato per il trattamento delle psicosi acute e croniche, inclusa la
schizofrenia e gli episodi di mania associati a disturbo bipolare. 4.2 Posologia e modo di somministrazione.
Seroquel deve essere somministrato due volte al giorno, indipendentemente dai pasti. Adulti. Per il trattamento delle
psicosi acute e croniche, inclusa la schizofrenia, la dose giornaliera per i primi quattro giorni di terapia è di 50 mg
(1° giorno), 100 mg (2° giorno), 200 mg (3° giorno) e 300 mg (4° giorno). Dal 4° giorno in poi la dose giornaliera
raccomandata è di 300 mg. Tuttavia tale dose può essere variata in funzione della risposta clinica e della tollerabilità
di ogni singolo paziente entro un range di 150-750 mg/die. Per il trattamento degli episodi di mania associati a
disturbo bipolare, la dose giornaliera totale per i primi quattro giorni di terapia è di 100 mg (1° giorno), 200 mg (2°
giorno), 300 mg (3° giorno) e 400 mg (4° giorno). Ulteriori adattamenti del dosaggio fino a 800 mg/die possono
essere effettuati a partire dal 6° giorno con incrementi di dose non superiori a 200 mg/die. La dose può essere
variata in funzione della risposta clinica e della tollerabilità individuale entro un range di 200-800 mg/die. La dose
efficace usuale varia da 400 a 800 mg/die. Anziani. Come gli altri antipsicotici, Seroquel deve essere somministrato
con cautela negli anziani, in particolare durante il periodo iniziale di somministrazione. Può essere necessario che
l’incremento progressivo della dose debba avvenire più lentamente e che la dose terapeutica giornaliera debba
essere più bassa rispetto al paziente giovane, in funzione della risposta clinica e della tollerabilità di ogni singolo
paziente. Nell’anziano la clearance plasmatica media di quetiapina si riduce del 30% fino al 50% in confronto ai
pazienti più giovani. Bambini e Adolescenti. Nei bambini e negli adolescenti non sono disponibili dati sull’efficacia
e la sicurezza di Seroquel. Insufficienza renale. Non è necessario un aggiustamento del dosaggio. Insufficienza
epatica. Quetiapina è ampiamente metabolizzata a livello epatico. Pertanto Seroquel deve essere impiegato con
cautela in pazienti con insufficienza epatica nota, particolarmente durante il periodo iniziale. La dose iniziale di
quetiapina nei pazienti con insufficienza epatica dovrebbe essere di 25 mg/die. L’aggiustamento della dose deve
essere effettuato con incrementi giornalieri di 25 - 50 mg fino a raggiungere la dose efficace, in funzione della
risposta clinica e della tollerabilità di ogni singolo paziente. 4.3 Controindicazioni. Seroquel è controindicato nei
pazienti con ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti. Generalmente controindicato in
gravidanza e allattamento (vedere 4.6). 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego. Malattie
concomitanti. Seroquel deve essere impiegato con cautela in pazienti con patologie cardiovascolari note, patologie
cerebrovascolari o con altre condizioni che predispongano all’ipotensione. Seroquel può indurre ipotensione
ortostatica in particolare durante la fase di titolazione. Convulsioni. Gli studi clinici controllati non hanno evidenziato
differenze nell’incidenza di convulsioni in pazienti trattati con Seroquel o placebo. Come per gli altri antipsicotici, si
raccomanda cautela in caso di trattamento di pazienti con storia di convulsioni (vedere 4.8). Discinesia tardiva. Gli
studi clinici controllati non hanno messo in evidenza nessuna differenza nell’incidenza di sintomi extrapiramidali tra
Seroquel e placebo a tutti i dosaggi terapeutici raccomandati. In base a questi dati si prevede che Seroquel abbia un
potenziale di induzione di discinesia tardiva ridotto rispetto ai farmaci antipsicotici di riferimento. Tuttavia, qualora si
manifestassero segni e sintomi di discinesia tardiva, si deve prendere in considerazione una riduzione del dosaggio
o l’interruzione della terapia con Seroquel. Sindrome neurolettica maligna. La sindrome neurolettica maligna è
associata al trattamento con farmaci antipsicotici, incluso Seroquel (vedere 4.8). Le manifestazioni cliniche includono
ipertermia, alterazione dello stato mentale, rigidità muscolare, instabilità del sistema nervoso autonomo e aumento
della creatina fosfochinasi. In caso di comparsa di tali manifestazioni, il trattamento con Seroquel deve essere
interrotto e deve essere instaurata un’adeguata terapia medica. Interazioni. Per le interazioni con altri medicinali ed
altre forme d’interazione vedere la sezione 4.5. Iperglicemia. In casi molto rari, durante il trattamento con
quetiapina, sono stati segnalati iperglicemia o esacerbazione di diabete preesistente. Si ritiene necessario pertanto
un appropriato monitoraggio clinico nei pazienti diabetici e nei pazienti con alti fattori di rischio per lo sviluppo di
diabete mellito (vedere anche 4.8). l medicinale contiene lattosio non è quindi adatto per i soggetti con deficit di
lattasi, galattosemia o sindrome da malassorbimento di glucosio/galattosio. Prolungamento QT. Negli studi clinici e
quando utilizzata in accordo con il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto, quetiapina non ha causato incrementi
persistenti dell’intervallo QT. Tuttavia, in caso di sovradosaggio (vedere sezione 4.9) è stato osservato prolungamento
del QT. Come con altri antipsicotici occorre prestare cautela quando quetiapina è prescritta con farmaci noti per
allungare l’intervallo QTc, soprattutto nei soggetti anziani, in pazienti con sindrome del QT lungo congenita,
insufficienza cardiaca congestizia, ipertrofia cardiaca, ipokaliemia o ipomagnesemia. Usare con cautela nei pazienti
con malattie cardiovascolari o con una storia famigliare di prolungamento QT. Evitare una terapia concomitante con
altri neurolettici. Pazienti anziani con psicosi correlate alla demenza. Seroquel non è autorizzato per il
trattamento dei pazienti con psicosi correlate alla demenza. In studi clinici randomizzati versus placebo condotti in
una popolazione di pazienti con demenza trattati con alcuni antipsicotici atipici è stato osservato un aumento di circa
tre volte del rischio di eventi cerebrovascolari. Il meccanismo di tale aumento del rischio non è noto. Non può essere
escluso un aumento del rischio per altri antipsicotici o in altre popolazioni di pazienti. Seroquel deve essere usato con
cautela in pazienti con fattori di rischio per stroke. Da una metanalisi eseguita su tutti i farmaci antipsicotici atipici è
stato riportato un incremento del rischio di morte rispetto a placebo nei pazienti anziani con psicosi correlata alla
demenza. Tuttavia in due studi clinici controllati verso placebo, della durata di dieci settimane con Seroquel nella
stessa popolazione di pazienti (n=710; età media 83 anni; range: 56-99 anni), l’incidenza di mortalità nei pazienti
trattati con Seroquel è stata di 5,5% rispetto a 3,2% nel gruppo trattato con placebo. I pazienti in questi studi sono
morti per varie cause in linea con quanto atteso per questa popolazione. Questi dati non hanno stabilito una relazione
causale tra il trattamento con Seroquel e la morte in pazienti anziani con demenza. Interruzione del trattamento.
Sono stati osservati, a seguito di interruzione brusca del trattamento con antipsicotici, compreso Seroquel, sintomi
da sospensione acuta quali nausea, vomito e insonnia. Pertanto è consigliabile un’interruzione graduale del
trattamento. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione. Dato che quetiapina esplica la
sua attività principale sul sistema nervoso centrale, Seroquel deve essere somministrato con cautela in associazione
con altri farmaci ad attività centrale e con alcol. La farmacocinetica del litio non viene alterata dalla contemporanea
somministrazione di Seroquel. La somministrazione contemporanea di valproato di sodio e Seroquel non influenza in
modo clinicamente rilevante le farmacocinetiche dei due prodotti. La contemporanea somministrazione degli
antipsicotici risperidone o aloperidolo non altera il profilo farmacocinetico di quetiapina. La contemporanea
somministrazione di tioridazina provoca un incremento della clearance di quetiapina. Quetiapina non induce il
sistema enzimatico epatico implicato nel metabolismo dell’antipirina. Tuttavia durante uno studio in pazienti trattati
con dosi multiple di Seroquel per la valutazione della farmacocinetica di quetiapina, somministrata prima e durante
il trattamento con carbamazepina (noto induttore degli enzimi epatici), la co-somministrazione di carbamazepina ha
prodotto un incremento significativo della clearance di quetiapina. Questo incremento della clearance ha ridotto i
livelli sistemici di quetiapina (AUC) di un 13% in media rispetto alla somministrazione di sola quetiapina; con un
effetto più marcato osservato in alcuni pazienti. Come conseguenza di tale interazione possono essere osservate
concentrazioni plasmatiche ridotte di Seroquel e pertanto, in funzione della risposta clinica di ciascun paziente, si
deve considerare un incremento della dose. Si deve sottolineare che la dose giornaliera massima raccomandata di
Seroquel è di 750 mg/die per il trattamento delle psicosi acute e croniche, inclusa la schizofrenia e di 800 mg/die
per il trattamento degli episodi di mania associati a disturbo bipolare. Un trattamento continuato a dosi più alte deve
essere preso in considerazione unicamente dopo un’attenta analisi del profilo di rischio-beneficio per ogni singolo
paziente. La contemporanea somministrazione di Seroquel con altri induttori del sistema enzimatico microsomiale,
quali la fenitoina, provoca anch’essa un incremento della clearance di quetiapina. Un aumento della dose di Seroquel
può essere necessario per ottenere il controllo dei sintomi psicotici in pazienti nei quali si somministri
contemporaneamente Seroquel e fenitoina e altri induttori degli enzimi epatici (quali barbiturici, rifampicina, etc.). Nel
caso in cui si interrompa il trattamento con fenitoina, carbamazepina o altri induttori degli enzimi epatici e si impieghi
un farmaco non induttore (quale il valproato di sodio) può essere necessario ridurre la dose di Seroquel. Quando i
neurolettici sono somministrati in concomitanza con farmaci che prolungano il QT il rischio di insorgenza di aritimie
cardiache aumenta. Non somministrare in concomitanza con farmaci che determinano alterazioni degli elettroliti.
CYP3A4 è il principale enzima del sistema del citocromo P450 coinvolto nel metabolismo di quetiapina. La
contemporanea somministrazione di cimetidina, noto inibitore del sistema enzimatico P450 non altera il profilo
farmacocinetico di quetiapina. La contemporanea somministrazione degli antidepressivi imipramina (noto inibitore del
CYP2D6) o fluoxetina (noto inibitore del CYP3A4 e CYP2D6), non altera in modo significativo il profilo farmacocinetico
di quetiapina. Tuttavia la contemporanea somministrazione di quetiapina e farmaci potenti inibitori del CYP3A4 (quali
antimicotici azolici e antibiotici macrolidi) può causare un incremento significativo nella concentrazione plasmatica di
quetiapina. Di conseguenza, in questo caso, dovrebbero essere utilizzate dosi ridotte di Seroquel. Particolare
attenzione deve essere posta in caso di pazienti anziani o debilitati. Il rapporto rischio-beneficio deve essere valutato
individualmente per ciascun paziente. 4.6 Gravidanza e allattamento. La sicurezza e l’efficacia di Seroquel non
sono state valutate durante il periodo di gravidanza. Pertanto in caso di gravidanza Seroquel deve essere
somministrato solamente se il beneficio giustifica i potenziali rischi. Non vi sono dati relativi alla quantità di quetiapina
secreta nel latte materno. Pertanto le donne che allattano al seno dovrebbero evitare l’allattamento durante
l’assunzione di Seroquel. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Quetiapina,
data la sua principale attività sul sistema nervoso centrale, può interferire con le attività che richiedono vigilanza
mentale. Pertanto i pazienti devono essere avvertiti di non guidare o utilizzare macchine fino a che non è nota la
sensibilità individuale. 4.8 Effetti indesiderati. Le più comuni reazioni avverse osservate con Seroquel sono
sonnolenza, vertigini, secchezza delle fauci, astenia lieve, stipsi, tachicardia, ipotensione ortostatica e dispepsia.
Come gli altri antipsicotici Seroquel può essere associato ad incremento ponderale, sincope, sindrome neurolettica
maligna, leucopenia, neutropenia ed edema periferico. L’incidenza delle reazioni avverse associate alla terapia con
Seroquel, è di seguito tabulata in accordo al formato raccomandato dal Council for International Organizations of
Medical Sciences (CIOMS III Working Group; 1995):
La frequenza degli eventi avversi è ordinata come segue: molto comune (>1/10), comune (>1/100, <1/10), non
comune (>1/1.000, <1/100), raro (>1/10.000, <1/1.000) e molto raro (<1/10.000)
Alterazioni del sangue e sistema linfatico
Comune:
Leucopenia3
Non comune:
Eosinofilia
Molto raro:
Neutropenia3
Alterazioni del sistema immunitario
Non comune:
Ipersensibilità
Alterazioni del metabolismo e della nutrizione
Molto raro:
Iperglicemia1, 7, 8, diabete mellito1, 7, 8
Alterazioni del sistema nervoso
Molto comune:
Vertigini1, 6, sonnolenza2
Comune:
Sincope1, 6
Non comune:
Convulsioni1
Alterazioni cardiache
Comune:
Tachicardia1, 6
Alterazioni del sistema vascolare
Comune:
Ipotensione ortostatica1, 6
Alterazioni dell’apparato respiratorio,
del torace e del mediastino
Comune:
Rinite
Alterazioni dell’apparato gastrointestinale
Comune:
Secchezza delle fauci, stipsi, dispepsia
Disordini del sistema riproduttivo e della mammella
Raro:
Priapismo
Disordini generali e alterazioni del sito di somministrazione
Comune:
Astenia lieve, edema periferico
Raro:
Sindrome neurolettica maligna1
Indagini diagnostiche
Comune:
Incremento ponderale4, aumento delle transaminasi ALT
e AST5, riduzione della conta dei neutrofili9
Non comune:
Aumento γGT5, aumento dei trigliceridi, aumento del
colesterolo totale (principalmente colesterolo LDL)
(1) Vedere avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego 4.4. (2) Nelle prime due settimane di trattamento può
manifestarsi sonnolenza che di solito si risolve con la prosecuzione della terapia. (3) Negli studi clinici controllati con
Seroquel non sono stati riportati casi di grave e duratura neutropenia. L’esperienza post-marketing ha evidenziato
che a seguito dell’interruzione del trattamento con Seroquel i casi di leucopenia e/o neutropenia si sono risolti. Preesistenti ridotti livelli di leucociti e storia di leucopenia e/o neutropenia indotte da farmaci possono essere predittivi
di leucopenia e/o neutropenia. (4) Osservato principalmente durante le prime settimane di trattamento. (5) In alcuni
pazienti trattati con Seroquel è stato osservato un incremento asintomatico dei livelli sierici delle transaminasi (ALT,
AST) o delle γ-GT. Tale aumento si è di solito risolto con la prosecuzione della terapia con Seroquel. (6) Come gli altri
antipsicotici con attività di blocco dei recettori α1 adrenergici, Seroquel può indurre ipotensione ortostatica con
vertigini, tachicardia e, in alcuni casi, sincope, soprattutto durante il periodo di titolazione. (7) Sono stati riportati, in
casi molto rari, iperglicemia o esacerbazione di diabete preesistente. (8) La frequenza di queste reazioni avverse è
stata calcolata unicamente in base ai dati post-marketing. (9) In studi clinici in monoterapia controllati verso placebo,
in pazienti con conta basale di neutrofili >1.5 x 109/L, l’incidenza di almeno un episodio di neutrofili <1.5 x 109/L è
stata di 1.34 % con Seroquel e 0.65 % con placebo. Il trattamento con Seroquel è risultato associato ad una lieve
riduzione dose-dipendente dei livelli degli ormoni tiroidei, in particolare del T4 totale e del T4 libero. La riduzione del
T4 totale e del T4 libero è massima durante le prime 2-4 settimane di trattamento con Seroquel e le concentrazioni
di ormoni tiroidei non si riducono ulteriormente nel corso della terapia a lungo termine. In quasi tutti i casi, gli effetti
sul T4 totale e T4 libero si sono risolti con la sospensione del trattamento con Seroquel indipendentemente dalla
durata del trattamento. Solamente alle dosi più elevate sono stati riscontrati decrementi più contenuti dei livelli di T3
totale e di T3 inversa. Non sono state rilevate variazioni dei livelli di TBG ed in genere aumenti associati dei livelli di
TSH, ciò ad indicare che Seroquel non provoca un ipotiroidismo clinicamente rilevante. Sono stati osservati con
Seroquel o altri farmaci della stessa classe casi rari di prolungamento del QT, aritmie ventricolari come torsione di
punta, tachicardia ventricolare, fibrillazione ventricolare ed arresto cardiaco. Casi molto rari di morte improvvisa. 4.9
Sovradosaggio. Negli studi clinici, è stata descritta la sopravvivenza dei pazienti in casi di sovradosaggio fino a 30
g di quetiapina. La maggioranza dei pazienti con sovradosaggio non ha lamentato eventi avversi o, se presenti, vi è
stata completa risoluzione. È stato descritto un solo caso letale in uno studio clinico a seguito di un sovradosaggio di
13,6 g della sola quetiapina. Nell’esperienza post-marketing ci sono stati casi molto rari di morte o coma o
prolungamento dell’intervallo QT da sovradosaggio del solo Seroquel. I pazienti con preesistenti malattie
cardiovascolari gravi possono presentare un rischio accresciuto degli effetti del sovadosaggio. (Vedere sezione 4.4
Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego: malattie concomitanti). In generale, i segni e i sintomi riferiti
erano imputabili ad un aumentato effetto delle proprietà farmacologiche note del farmaco, quali sonnolenza e
sedazione, tachicardia e ipotensione. Non esiste un antidoto specifico per quetiapina. In caso di intossicazione grave
deve essere presa in esame la possibilità di un coinvolgimento di più farmaci e si raccomanda una terapia intensiva,
con instaurazione e mantenimento della pervietà delle vie aeree a supporto di un’adeguata ossigenazione e
ventilazione, e monitoraggio della funzionalità cardiovascolare. Lo stretto controllo medico ed il monitoraggio devono
continuare fino alla guarigione del paziente.
5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE
5.1 Proprietà farmacodinamiche. Categoria farmacoterapeutica: antipsicotici. Codice ATC: N05AH04.
Meccanismo d’azione. Quetiapina è un farmaco antipsicotico atipico. Quetiapina e il metabolita attivo N-desalchil
quetiapina presente nel plasma umano, interagiscono con un ampio spettro di recettori neurotrasmettitoriali.
Quetiapina e N-desalchil quetiapina presentano affinità per i recettori cerebrali serotoninergici (5HT2) e dopaminergici
D1 e D2. Si ritiene che la combinazione di un antagonismo recettoriale con maggiore selettività per i recettori 5HT2
rispetto ai recettori D2 contribuiscano alle proprietà antipsicotiche cliniche e alla ridotta predisposizione ad indurre
reazioni extrapiramidali (EPS) di Seroquel. In aggiunta N-desalchil quetiapina ha un’elevata affinità per i recettori
serotoninergici 5HT1. Quetiapina e N-desalchil quetiapina possiedono inoltre elevata affinità per i recettori
istaminergici e α1 adrenergici e un’affinità ridotta per i recettori α2 adrenergici. Quetiapina non presenta
un’apprezzabile affinità per i recettori colinergici muscarinici o per i recettori benzodiazepinici. Quetiapina è risultata
attiva nei test di valutazione dell’attività antipsicotica, quale il test di evitamento attivo. Inoltre antagonizza l’azione
degli agonisti dopaminergici, come valutato sia da un punto di vista comportamentale che elettrofisiologico, e
aumenta la concentrazione dei metaboliti della dopamina considerati indicatori neurochimici dell’attività di blocco dei
recettori D2. Il grado di contribuzione di N-desalchil quetiapina all’attività farmacologia di Seroquel nell’uomo non è
noto. Effetti farmacodinamici. Nei test preclinici di predittività delle reazioni extrapiramidali, quetiapina si è
dimostrata diversa dagli antipsicotici di riferimento dimostrando un profilo atipico. La somministrazione cronica di
quetiapina non provoca una supersensibilità dei recettori dopaminergici D2. Quetiapina provoca solo una debole
catalessia alle dosi efficaci per bloccare i recettori dopaminergici D2. Dopo somministrazione cronica quetiapina
dimostra selettività per il sistema limbico attraverso un blocco della depolarizzazione dell’Area10 mesolimbica senza
effetto sull’Area9 nigrostriatale in cui sono presenti i neuroni dopaminergici. Quetiapina, dopo somministrazione
acuta e cronica, presenta una disposizione minima a indurre manifestazioni distoniche nelle scimmie Cebus sensibili
ad aloperidolo o libere da trattamento farmacologico. I risultati di queste prove indicano che Seroquel possiede una
disposizione minima ad indurre reazioni extrapiramidali e si è ipotizzato che farmaci con ridotta potenzialità ad indurre
reazioni extrapiramidali abbiano anche una più bassa disposizione a provocare discinesia tardiva. Efficacia clinica.
In tre studi clinici controllati verso placebo in cui Seroquel è stato somministrato in dosi variabili non vi è stata
nessuna differenza nell’incidenza di reazioni extrapiramidali o nell’uso concomitante di farmaci anticolinergici tra il
gruppo trattato con Seroquel e il gruppo placebo. In uno studio controllato verso placebo condotto per valutare dosi
fisse di Seroquel comprese tra 75 e 750 mg/die non è stato rilevato aumento delle reazioni extrapiramidali o dell’uso
concomitante di farmaci anticolinergici. In quattro studi controllati sono state valutate dosi di Seroquel fino a 800
mg/die per il trattamento della mania bipolare. Due dei quattro studi sono stati condotti in monoterapia e due con
l’aggiunta di litio o valproato. Non sono state osservate differenze, nei gruppi di trattamento, tra Seroquel e placebo
nell’incidenza degli effetti extrapiramidali o dell’uso concomitante di farmaci anticolinergici. La mancanza di induzione
delle reazioni extrapiramidali è considerata una caratteristica degli antipsicotici atipici. In studi clinici controllati verso
placebo, nei pazienti anziani con psicosi correlata alla demenza, l’incidenza di eventi cerebrovascolari per 100
pazienti/anno non è stata più alta nei pazienti trattati con quetiapina rispetto a quelli trattati con placebo.
Diversamente da molti altri antipsicotici Seroquel non provoca un aumento prolungato dei livelli di prolattina,
comportamento considerato caratteristico degli antipsicotici atipici. In uno studio clinico condotto con più dosi fisse
non sono state rilevate differenze nei livelli di prolattina, valutati al termine dello studio, tra Seroquel somministrato
alle dosi raccomandate, e placebo. Negli studi clinici Seroquel si è dimostrato attivo nel trattamento dei sintomi
positivi e negativi della schizofrenia. Negli studi clinici di confronto, Seroquel ha dimostrato un profilo di efficacia
sovrapponibile ai farmaci antipsicotici di riferimento quali clorpromazina e aloperidolo. Negli studi clinici Seroquel si
è dimostrato efficace sia in monoterapia, sia come adiuvante nel ridurre i sintomi della mania nei pazienti con mania
bipolare. La dose media di Seroquel nell’ultima settimana nei pazienti responder è stata di circa 600 mg/die e circa
l’85% dei pazienti responder hanno assunto una dose variabile da 400 a 800 mg/die. Gli studi clinici hanno
dimostrato che Seroquel è efficace in duplice somministrazione giornaliera, nonostante quetiapina abbia un’emivita
farmacocinetica di circa 7 ore. Ciò è supportato dagli studi condotti con la tomografia ad emissione di positroni (PET)
i cui dati dimostrano che il legame di quetiapina con i recettori 5HT2 e D2 si mantiene per 12 ore. Non sono state
studiate efficacia e sicurezza di dosi superiori a 800 mg/die. 5.2 Proprietà farmacocinetiche. Dopo
somministrazione orale quetiapina è ben assorbita ed ampiamente metabolizzata. La somministrazione con il cibo
non modifica in maniera significativa la biodisponibilità di quetiapina. Il legame di quetiapina con le proteine
plasmatiche è pari a circa l’83%. Le concentrazioni molari di picco allo steady-state del metabolita attivo N-desalchil
quetiapina sono pari al 35% di quelle osservate con quetiapina. L’emivita di eliminazione di quetiapina e N-desalchil
quetiapina sono circa di 7 e 12 ore rispettivamente. Il profilo farmacocinetico di quetiapina e N-desalchil quetiapina
sono lineari entro il range di dosaggi autorizzati. Il profilo farmacocinetico di quetiapina non differisce tra i due sessi.
Nell’anziano il valore medio di clearance di quetiapina è pari all’incirca al 30-50% del valore riscontrato in soggetti
adulti di 18-65 anni. Il valore medio di clearance plasmatica di quetiapina si riduce di circa il 25% in soggetti con
grave insufficienza renale (valore di clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min/1.73m2) ma i valori individuali di
clearance si mantengono nel range di normalità dei soggetti sani. La frazione di dose molare media di quetiapina
libera e del metabolita attivo N-desalchil quetiapina presente nel plasma umano è escreta nelle urine in misura <5%.
Dopo somministrazione di quetiapina radiormarcata, il prodotto viene ampiamente metabolizzato a livello epatico e
si ritrova immodificato nelle urine e nelle feci in quantità inferiore al 5% del prodotto originale. Circa il 73% della
radioattività si ritrova nelle urine e il 21% nelle feci. Il valore medio di clearance plasmatica di quetiapina si riduce di
circa il 25% in soggetti con insufficienza epatica (cirrosi alcolica stabile). Poichè quetiapina è ampiamente
metabolizzata a livello epatico i pazienti con insufficienza epatica possono presentare livelli plasmatici del farmaco
più elevati e necessitare di un aggiustamento della dose (vedere sezione 4.2). Studi condotti in vitro hanno dimostrato
che CYP3A4 è l’enzima principale responsabile del metabolismo di quetiapina mediato dal citocromo P450. Ndesalchil quetiapina è principalmente prodotto ed eliminato dal CYP3A4. È stato dimostrato che quetiapina ed alcuni
dei suoi metaboliti (incluso N-desalchil quetiapina) sono deboli inibitori in vitro delle attività 1A2, 2C9, 2C19, 2D6 e
3A4 del citocromo P450 dell’uomo. In vitro l’inibizione dei CYP è stata osservata solo a concentrazioni circa 5-50
volte più elevate di quelle riscontrabili nell’uomo a dosi comprese tra 300 e 800 mg/die. Sulla base di queste
osservazioni in vitro è improbabile che l’associazione di quetiapina con altri farmaci provochi una inibizione
clinicamente rilevabile del metabolismo degli altri farmaci mediato dal citocromo P450. 5.3 Dati preclinici di
sicurezza. Studi di tossicità acuta. Quetiapina ha una bassa tossicità acuta. I risultati delle prove condotte nei topi
e nei ratti dopo somministrazione orale (500 mg/kg) o intraperitoneale (100 mg/kg) sono in linea con il profilo di un
farmaco neurolettico efficace e comprendono riduzione dell’attività motoria, ptosi, perdita dei riflessi di
raddrizzamento, presenza di bava e convulsioni. Studi di tossicità per dose ripetuta. Gli studi con dose multipla di
quetiapina condotti nei ratti, nei cani e nelle scimmie hanno rilevato la comparsa di effetti prevedibili a carico del
sistema nervoso centrale tipici di un farmaco antipsicotico (quali sedazione a dosi più basse e tremore, convulsioni
o perdita di forze dopo esposizione ai dosaggi più elevati). I livelli di iperprolattinemia, provocata dall’attività
antagonistica dopaminergica sui recettori D2 di quetiapina o dei suoi metaboliti, sono risultati diversi a seconda della
specie studiata ma più marcati nel ratto e le conseguenze di tale effetto sono risultate evidenti negli studi di 12 mesi
con la comparsa di iperplasia della ghiandola mammaria, aumento del peso ipofisario, riduzione del peso uterino e
aumento della crescita nelle femmine. Sono stati rilevati nel fegato di topo, ratto e scimmia effetti reversibili di tipo
funzionale e morfologico ascrivibili ad un meccanismo di induzione enzimatica. Nel ratto e nella scimmia si è
verificata una ipertrofia delle cellule follicolari tiroidee accompagnata da una variazione dei livelli plasmatici di ormone
tiroideo. La pigmentazione presente in alcuni tessuti e in particolare nella tiroide non è stata associata ad effetti
morfologici o funzionali. Nel cane si è avuto un transitorio incremento della frequenza cardiaca senza effetti
conseguenti sulla pressione arteriosa. Dopo 6 mesi di trattamento in cani a 100 mg/kg/die si è sviluppata una
cataratta triangolare posteriore dovuta ad una inibizione della sintesi endogena di colesterolo nella lente. Non si è
notata la comparsa di cataratta nella scimmia cynomolgus trattata con dosi fino a 225 mg/kg/die e neanche nei
roditori. Nel corso degli studi nell’uomo non sono stati segnalati casi di comparsa di opacità corneali correlate al
farmaco. In nessuno degli studi di tossicità eseguiti sono stati rilevati casi di neutropenia o agranulocitosi. Studi di
carcinogenesi. Negli studi condotti nel ratto femmina (dosi di 0, 20, 75 e 250 mg/kg/die) si è avuto un aumento
dell’incidenza di adenocarcinoma mammario a tutte le dosi studiate, dovuto alla prolungata iperprolattinemia. Nei ratti
maschi (250 mg/kg/die) e nei topi (250 e 750 mg/kg/die) è aumentata l’incidenza di adenoma benigno delle cellule
follicolari tiroidee imputabile ad un incremento della clearance epatica di tiroxina, dovuto ad un meccanismo specifico
della specie dei roditori. Studi sulla riproduzione. Sono stati visti nel ratto effetti collaterali all’aumento dei livelli di
prolattina (diminuzione marginale della fertilità dei maschi e pseudogravidanza, periodi prolungati di diestro, aumento
dell’intervallo precedente il coito e ridotta frequenza di gravidanza) sebbene tali effetti non siano direttamente riferibili
all’uomo data la diversità del meccanismo ormonale di controllo della riproduzione tra le specie. Quetiapina non
possiede effetti teratogeni. Studi di mutagenesi. Gli studi di tossicità hanno dimostrato che quetiapina non è
mutagena né clastogena.
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE
6.1 Elenco degli eccipienti. Nucleo della compressa: Povidone, calcio fosfato dibasico diidrato, cellulosa
microcristallina, lattosio monoidrato, carbossimetilamido sodico A, magnesio stearato. Rivestimento della compressa:
Ipromellosa, macrogol, titanio diossido, ossido ferro giallo (solo nelle compresse da 25 mg e da 100 mg), ossido ferro
rosso (solo nelle compresse da 25 mg). 6.2 Incompatibilità. Non note. 6.3 Periodo di validità. 3 anni a
confezionamento integro. 6.4 Speciali precauzioni per la conservazione. Non conservare al di sopra dei 30°C.
6.5 Natura e contenuto del contenitore. Le compresse sono confezionate in blister di PVC/alluminio. Seroquel
25 mg compresse rivestite con film: 6 e 30 compresse. Seroquel 100 mg compresse rivestite con film: 60
compresse. Seroquel 200 mg compresse rivestite con film: 60 compresse. Seroquel 300 mg compresse rivestite
con film: 60 compresse. 6.6 Istruzioni per l’uso e la manipolazione. Nessuna.
7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
AstraZeneca S.p.A. Palazzo Volta Via F. Sforza - Basiglio (MI).
8. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
Seroquel 25 mg compresse rivestite con film: 6 compresse: A.I.C. 032944011. Seroquel 25 mg compresse rivestite
con film: 30 compresse: A.I.C. 032944112. Seroquel 100 mg compresse rivestite con film: 60 compresse A.I.C.
032944035. Seroquel 200 mg compresse rivestite con film: 60 compresse: A.I.C. 032944050. Seroquel 300 mg
compresse rivestite con film: 60 compresse: A.I.C. 032944100/N.
9. DATA DI PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE
Marzo 2000.
10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO
Marzo 2007.
PREZZO DI VENDITA AL PUBBLICO
Seroquel 25 mg 6 compresse prezzo al pubblico € 4,56.
Seroquel 25 mg 30 compresse prezzo al pubblico € 22,05 temporaneamente ridotto a € 19,92 come da
Determinazione AIFA del 3/7/2006, suppl. ord. G.U. n°156 del 7 luglio 2006 e Determinazione AIFA del 9/2/07 G.U.
n° 43 del 21 febbraio 2007.
Seroquel 100 mg 60 compresse prezzo al pubblico € 88,16 temporaneamente ridotto a € 79,64 come da
Determinazione AIFA del 3/7/2006, suppl. ord. G.U. n°156 del 7 luglio 2006 e Determinazione AIFA del 9/2/2007
G.U. n° 43 del 21 febbraio 2007.
Seroquel 200 mg 60 compresse prezzo al pubblico € 132,24 temporaneamente ridotto a € 119,45 come da
Determinazione AIFA del 3/7/2006, suppl. ord. G.U. n°156 del 7 luglio 2006 e Determinazione AIFA del 9/2/2007
G.U. n° 43 del 21 febbraio 2007.
Seroquel 300 mg 60 compresse prezzo al pubblico € 198,75 temporaneamente ridotto a € 179,54 come da
Determinazione AIFA del 3/7/2006, suppl. ord. G.U. n°156 del 7 luglio 2006 e Determinazione AIFA del 9/2/2007
G.U. n° 43 del 21 febbraio 2007.
DISPENSAZIONE CON ONERE A CARICO DEL SSN Classe A con PT/DV.
MEDICINALE SOGGETTO A PRESCRIZIONE MEDICA.