psicosi e disturbi comportamentali nella malattia di parkinson

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psicosi e disturbi comportamentali nella malattia di parkinson
PSICOSI E DISTURBI COMPORTAMENTALI NELLA MALATTIA DI PARKINSON
Fabrizio Stocchi
Istituto Neurologico "Neuromed" - Pozzilli (IS)
Psicosi e disturbi comportamentali rappresentano una complicazione importante e nel complesso
abbastanza frequente indotta dalla terapia dopaminergica nella Malattia di Parkinson (circa nel 1520% dei pazienti).
I sintomi più comuni sono allucinazioni, deliri, sogni vividi, idee paranoidee, stato confusionale.
Il rimaneggiamento della terapia antiparkinsoniana, come la riduzione o la sospensione dei farmaci
maggiormente a rischio (anticolinergici, amantadina, selegilina, DA-agonisti) è talvolta sufficiente a
far rientrare le allucinazioni.
Spesso però, pur mantenendo soltanto dosi minime di levodopa, i sintomi psicotici restano.
Anche l'utilizzo di antipsicotici di vecchia generazione può determinare un miglioramento delle psicosi,
ma si accompagna quasi sempre ad un peggioramento anche drammatico della funzione motoria.
Infatti la malattia di Parkinson per i neurolettici rappresenta ciò che per i minatori inglesi rappresentava
il "canarino".
I pazienti parkinsoniani, essendo particolarmente sensibili agli effetti antidopaminergici, sviluppano più
rapidamente e più intensamente delle altre persone gli effetti
collaterali, così come il "canarino" avvertiva prima dei minatori l'effetto letale del gas inodore delle
miniere.
Negli ultimi anni è risultata decisiva l'introduzione degli antipsicotici atipici, quali la clozapina, l'olanzapina, il risperidone e la quetiapina. Il termine "antipsicotici atipici" non possiede un significato strettamente definito.
Prima dell'utilizzo sull'uomo con questo nome venivano definiti i farmaci che non erano in grado di
indurre catalessia o di antagonizzare i movimenti stereotipi anfetamino-indotti nei roditori.
Con il passare del tempo, e con l'esperienza sull'uomo, il termine si è allargato ad indicare farmaci
antipsicotici che, ai dosaggi abituali, avessero una minore incidenza di effetti collaterali di tipo extrapiramidale, conservando una buona efficacia sui sintomi psichici, ed in particolar modo su quelli negativi.
La possibilità di avere quindi una classe di farmaci in grado di produrre un effetto antipsicotico con scarsa
incidenza di effetti collaterali extrapiramidali è di particolare interesse nella terapia di diverse patologie.
Infatti numerosi pazienti sono maggiormente a rischio di sviluppare sindromi extrapiramidali, quali gli
anziani, i soggetti con preesistente denervazione dopaminergica striatale, come i parkinsoniani o i
malati di demenza a corpi di Lewy, e i pazienti con malattia di Alzheimer.
Infine altre categorie di pazienti, come quelli affetti da corea di Huntington o i pazienti con Tic, vanno
valutati con molta attenzione.
Oltre ai sintomi extrapiramidali, quando si intraprende una terapia antipsicotica nell'anziano ci sono
altre considerazioni generali da tenere in considerazione, come riportato quì di seguito:
Farmacocinetica
Discinesie tardive
Iperprolattinemia ed osteoporosi
Effetti anticolinergici e sintomi comportamentali
Aumento di peso
Disturbi cardiaci
Disturbi oculari
Disfunzioni sessuali
La clozapina è stato il capostipite degli antipsicotici atipici, che ha rivoluzionato il concetto della farmacologia nella terapia della schizofrenia, determinando un miglior controllo psichiatrico senza indurre effetti collaterali di tipo extrapiramidale o incremento dei livelli della prolattina.
L'utilizzo di questo farmaco nelle psicosi dei pazienti parkinsoniani risale al 1985, e da allora sono nume-
rosissimi gli studi che confermano i risultati molto positivi nel migliorare le psicosi senza alcun peggioramento della sintomatologia acinetico-rigida.
I dosaggi necessari sono generalmente piuttosto bassi, da 6.5 a 50 mg al giorno, e l'efficacia antipsicotica è rapida.
E' stato inoltre osservato anche un effetto benefico sul tremore.
Recentemente, sono stati riportati i risultati di due studi multicentrici, doppio-cieco verso placebo (il
primo, PSYCLOPS, ed il secondo, French Clozapine Parkinson Study Group, entrambe con 60 pazienti)
che hanno confermato i suddetti effetti.
La limitazione maggiore alla terapia con clozapina è rappresentata dalla possibile induzione idiosincrasica di agranulocitosi, occorsa in circa il 2% di persone trattate, che ha posto numerose restrizioni
nella prescrizione del farmaco.
Il risperidone rappresenta il secondo antipsicotico atipico approvato negli USA.
In realtà il concetto di "atipico" riguardo questo farmaco è abbastanza controverso.
Diversi studi hanno dimostrato un'incidenza di disturbi extrapiramidali non troppo dissimili dai classici
neurolettici, così come l'incremento della secrezione della prolattina.
Nella terapia delle psicosi nel Parkinson l'utilizzo risale al 1994, quando furono riportati i risultati in 6
pazienti efficacemente trattati e senza peggioramento motorio.
Gli studi successivi, tutti in aperto, mostrano risultati contrastanti, con un discreto controllo della sintomatologia psichiatrica e un altrettanto significativo peggioramento della sintomatologia motoria acinetico-rigida.
L'olanzapina rappresenta un farmaco "intermedio" rispetto ai due precedenti: meno atipico della clozapina ma con minori effetti collaterali tipici del risperidone.
Come per quest'ultimo, sono riportati solo sudi in aperto, ed uno studio in cieco verso placebo è tuttora in corso.
I dosaggi utilizzati di olanzapina sono in proporzione più alti della clozapina, essendo circa la metà dei
dosaggi richiesti per il trattamento della schizofrenia (per la clozapina sono da 1/10 a 1/100).
I casi di peggioramento dei sintomi motori parkinsoniani sono nel complesso abbastanza frequenti,
alcuni dei quali anche piuttosto acuti.
La quetiapina è l'ultimo dei farmaci antipsicotici atipici, e possiede il profilo più simile a quello della
clozapina.
Non induce rialzo della secrezione di prolattina e, in trials su pazienti schizofrenici, non ha comportato reazioni distoniche acute.
Gli studi sulla quetiapina in pazienti parkinsoniani sono tutti in aperto, e riportano risultati molto promettenti sull'efficacia del farmaco sui sintomi psichici in assenza, o molto bassa incidenza, di peggioramenti della sintomatologia motoria.
Il dosaggio utilizzato varia dai 25 fino ai 200-400 mg.
Rispetto alla clozapina ha il pregio di non richiedere controlli della formula leucocitaria in quanto non
induce agranulocitosi.
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