Banane a basso costo
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Banane a basso costo
Banane a basso costo: a rimetterci sei anche tu Dietro il basso costo delle banane si celano sfruttamento, negazione dei diritti umani, violenze e coltivazioni intensive ad alto impiego di pesticidi. Se le tutele ai produttori e all’ambiente vengono negate, non è possibile parlare di garanzie per nessuno, neanche per il consumatore. Foto: © Oxfam Germany di Giuditta Pellegrini I nsieme agli Stati Uniti, l’Europa è il principale importatore di frutta tropicale al mondo. Ogni anno vediamo arrivare sui banchi dei nostri supermercati tonnellate di frutta provenienti dall’altro capo del Pianeta, per addolcire i nostri pasti soprattutto nei periodi invernali, quando la varietà di frutta autoctona diminuisce. I più commercializzati sono l’ananas e, soprattutto, la banana, che con una produzione annua di 100 milioni di tonnellate è uno dei prodotti agroalimentari più venduti al mondo. Ma cosa c’è dietro questo imponente mercato? La banana: simbolo dello sfruttamento Un’attenta analisi eseguita da AltroMercato e pubblicata a ottobre 20151 mostra come il frutto tropicale più esportato sia anche simbolo dello sfruttamento di risorse e di persone, che sottende al commercio agroalimentare della grande distribuzione organizzata (gdo). Secondo i dati forniti dalla Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura)2, si parla di un volume d’esportazione a livello mondiale di oltre 16 milioni di tonnellate annue, un terzo delle quali destinate all’Europa. Terra Nuova · marzo 2016 11 in primo piano Anche in Italia, la banana è il frutto tropicale più consumato e nel solo 2014 le importazioni sono ammontate a circa 690 milioni di kg. Il motivo di questo successo è dovuto alla sua dolcezza e forse in parte anche al triptofano, un amminoacido presente nella polpa, che il corpo trasforma in serotonina, sostanza che ci rende rilassati e di buon umore. Ma uno dei principali fattori che ne determinano l’acquisto è sicuramente il prezzo finale, rimasto praticamente invariato nell’ultimo decennio, diversamente da quello di tutti gli altri frutti. Questo permette alle catene della grande distribuzione di avere un «prodotto civetta», che attrae proprio in virtù del suo basso costo e poi induce il consumatore ad acquistare anche altro. Ma quando il prezzo di un prodotto è troppo basso, significa che è l’anello più debole della filiera a rimetterci: i lavoratori dei paesi produttori. In Ecuador, Costa Rica e Camerun, le loro condizioni non fanno che peggiorare, in uno scenario in cui i principali rivenditori non sono più solo i grandi gruppi come Chiquita, Dole e Del Monte, ma anche supermercati e discount, che hanno rinunciato a essere proprietari diretti delle immense piantagioni proprio per non doversi assumere alcuna responsabilità ambientale e sociale, demandando il lavoro sporco ai proprietari locali. Un mercato sleale Banana Link3, organizzazione inglese partner di Gvc (Gruppo di volontariato civile) che da anni si batte per un commercio sostenibile di banane e ananas, ha da poco pubblicato un rapporto4 sui principali paesi produttori quali Asia, Africa e America Latina, che mostra le conseguenze di un mercato orientato solo al profitto. Le monocolture delle banane – e anche degli ananas, il cui commercio è in crescita in Europa proprio grazie ai prezzi ribassati – sono sistematicamente irrorate con una grande quantità di pesticidi, rilasciati con aeroplani o spruzzati a mano dai lavoratori, che non si allontanano 12 www.terranuova.it Piantagioni intensive di banane in Honduras. Possono raggiungere anche i 2000 ettari di estensione. Per sottostare a prezzi bassissimi e a tempi stretti e soddisfare le enormi quantità richieste per l’esportazione, le banane sono sottoposte a vari trattamenti, tra cui la copertura dei caschi con la plastica e un ampio utilizzo di input di sintesi. in primo piano Scopri il Gvc Il Gruppo di volontariato civile è un’organizzazione non governativa laica e indipendente, nata a Bologna nel 1971. È attiva nella cooperazione internazionale con strategie complesse d’intervento: supporto umanitario a popolazioni colpite da conflitti e catastrofi naturali, ricostruzione, assistenza sanitaria, sicurezza alimentare, sviluppo rurale, educazione, tutela delle donne e dell’infanzia. Collabora con enti pubblici, associazioni culturali, cooperative, ong italiane ed europee ed è attualmente presente in 26 paesi. • Per saperne di più: www.gvc-italia.org mai dalle piantagioni poiché spesso vivono al loro interno. L’esposizione diretta e prolungata a queste sostanze, insieme alla mancanza di protezioni adeguate, li espone al rischio di gravi danni alla salute, anche a causa dei corsi d’acqua sistematicamente inquinati. L’immissione di prodotti di sintesi continua anche nella fase del packaging, durante la quale le banane vengono trattate in modo da non avere macchie. Inoltre, affinché crescano nei tempi stretti richiesti dal ritmo del mercato, i caschi vengono ricoperti di plastica, producendo così grandi quantità di rifiuti. Questi danni si sommano all’erosione del suolo e alla diminuzione della fertilità causati dall’uso massiccio di erbicidi e fertilizzanti sintetici, nonché alle pesanti deforestazioni. Il danno ambientale e sanitario è direttamente connesso alle condizioni dei lavoratori delle piantagioni, che Banane e ananas: la produzione nel mondo I paesi produttori di banane e di ananas in una sintesi grafica di due mappe elaborate dall’associazione inglese Banana Link. I principali esportatori verso l’Europa sono l’Ecuador per le banane e il Costa Rica per gli ananas. In particolare, la mag- gior parte di frutta tropicale proviene dai paesi del Centro America e dei Caraibi, seguiti dal Camerun e da piccole zone del Sud della Cina. Nonostante le differenze, le condizioni di vita dei lavoratori sono indegne in tutti questi paesi. Stati Uniti rtinica e Ma upa l a ad s Gu rd Island dwa Win a n ca ini m o Rep. D v Costa d’A Nic ara g t Cos aR ic am a te a Gua ua a l ma Pan Ecuador 14 www.terranuova.it Colombia Peru Brasile o ori h G Ca a n a Messico Hawaii me ru n I lavoratori delle coltivazioni di ananas e banane lavorano senza sosta per 12 o 14 ore al giorno, ricevendo salari che non permettono una vita dignitosa. Le don- Foto © Jan Nimmo Packaging in Camerun. Durante questa fase le banane vengono trattate con prodotti di sintesi per evitare che si formino macchie, mettendo a rischio la salute dei lavoratori, oltre che del consumatore. Foto © Jan Nimmo la politica del prezzo al ribasso privilegiata dai grandi esportatori priva di ogni forma di contrattualità. Infatti, se da una parte il prezzo finale della frutta e i salari dei braccianti sono rimasti invariati (nonostante l’aumento del costo della vita nei paesi di produzione), dall’altra il margine di guadagno dei venditori al dettaglio è aumentato addirittura del 40%. Filippine Terra Nuova · marzo 2016 15 in primo piano Quanto ci guadagnano i lavoratori? Le percentuali si riferiscono al prezzo di una banana del Costa Rica in vendita in un supermercato del Regno Unito 4% al lavoratore 20% al proprietario della piantagione 23% trasporto 12% tassazione Ue 29% 12% a grossisti e distributori Scegliere l’alternativa ai rivenditori Fonte: Make fruit fair II, ottobre 2015 (Gvc Italia, La bottega solidale di Genova, Ctm Altromercato) 4% al lavoratore 17% al proprietario della piantagione 38% disegni di Federico Zenoni alle compagnie multinazionali 16 41% ai rivenditori Le percentuali si riferiscono al guadagno medio attribuito ai diversi attori di una tipica filiera di ananas venduti nella grande distribuzione e destinati all’Europa Fonte: «The story behind the pineapples sold on our supermarket shelves: a case study of Costa Rica», a cura di Banana Link a nome di Consumers International - www.consumersinternational.org www.terranuova.it ne sono pagate ancora meno e sono spesso vittime di abusi sessuali5. In molti casi la forza lavoro è formata da migranti poverissimi, che vivono all’interno delle piantagioni in baracche fatiscenti, direttamente esposte agli agrochimici, mentre i piccoli produttori locali diminuiscono di anno in anno, non riuscendo a tenere testa ai diktat del mercato. Inoltre, le aziende multinazionali e locali spesso abusano del loro potere d’acquisto, dato dalle grandi quantità di prodotto che sono in grado di comprare, e forti di questo ricattano i governi dei paesi produttori, arrivando a incidere sulla loro politica interna. In molti casi ostacolano l’attività sindacale che protegge i lavoratori, come per esempio in Guatemala, dove i rappresentanti sindacali sono stati vittime di intimidazioni e anche di omicidi. «Il mercato della banana è estremamente esemplificativo di come funziona la grande distribuzione e la sua catena produttiva. Ci mostra molto chiaramente come un prezzo di vendita al dettaglio troppo basso possa innescare un meccanismo di dinamiche ingiuste nei riguardi del produttore» dice Stefania Piccinelli, responsabile del settore educazione allo sviluppo di Gvc e referente per l’Italia della campagna Make fruit fair!. «Queste pratiche di commercio sleali – tecnicamente “Utp”, nell’acronimo inglese che sta per unfair trading practices – utilizzate dai rivenditori europei incidono sulla vita di migliaia di braccianti e piccoli produttori, e sono appunto quelle su cui stiamo facendo pressione affinché possano migliorare». Attraverso la campagna Make fruit fair! (vedi box a pag. 17) il Gruppo di volontariato civile e i suoi partner stanno attuando una serie di azioni che vanno in due direzioni: da una parte sensibilizzare i consumatori, perché con le loro scelte possano influenzare in maniera decisiva il mercato, dall’altra richiedere alla Comunità europea l’adozione di leggi più stringenti per la regolamentazione sulla frutta tropicale. Punto fondamentale è proprio quello che concerne lo stabilire un prezzo minimo standard per la vendita al dettaglio nei paesi europei, che garantisca ai produttori del Sud del mondo condizioni di lavoro degne. Segui il marchio Fairtrade La certificazione Fairtrade è uno degli strumenti internazionali con cui le ong (organizzazioni non governative) impegnate nel progetto cercano di fornire una valida alternativa alla voracità del mercato tradi- zionale, assicurando che i lavoratori siano tutelati nei loro diritti fondamentali. Inoltre, i prodotti con questa certificazione provengono dalle piccole produzioni familiari, che rischierebbero di scomparire nel mercato globalizzato. L’agricoltura familiare è quella che rispetta i cicli della natura, non ha bisogno di impiegare input di sintesi ed è quindi fornitrice di prodotti biologici. In pratica, il marchio Fairtrade assicura: un salario dignitoso e condizioni di lavoro sicure per i produttori; La campagna Make fruit fair! L’ong italiana Gvc (Gruppo di volontariato civile), insieme ad altri 19 paesi europei, africani e latinoamericani, ha lanciato la campagna Make fruit fair! per richiedere all’Unione europea, ai governi e ai supermercati l’impegno a stabilire un prezzo equo per i produttori di frutta tropicale, tutelare i diritti umani dei coltivatori e salvaguardare la salute e l’ambiente. La campagna prevede diverse azioni, sia di informazione verso i consumatori, che hanno un ruolo fondamentale nell’orientare le scelte del mercato, sia di pressione nei confronti dell’Unione europea, in modo che venga adottata una regolamentazione più restrittiva riguardo alle cosiddette Utp (unfair trading practice, ovvero pratiche di commercio sleali). Ad oggi però, nonostante siano state pre- Dimostrazione di alcuni membri della campagna Make fruit fair! di fronte al Parlamento europeo. sentate anche le 50.000 firme raccolte durante la petizione promossa dalla campagna, la Commissione europea non ha preso una decisione concreta. • Per saperne di più e seguire la campagna: makefruitfair.org/it Macina cereali per uso domestico! Le sostanze nutritive contenute nei cereali integrali in chicchi, vitamine, proteine, enzimi, ecc. con la macinatura degradano molto velocemente. Infatti le farine in commercio conservano della loro “vera” natura solo un vago ricordo. 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Nel riquadro, l’insegna della sua azienda col marchio in vista. assenza di sfruttamento di lavoro minorile; sostenibilità ambientale; nessun uso di agrochimici e di ogm. Inoltre, il prezzo fissato dal marchio Fairtrade prevede un euro in più che va aggiunto al salario del produttore come premio per migliorare servizi o strutture della comunità a cui appartiene. Il marchio Fairtrade fornisce in Italia i prodotti del commercio equo e solidale, che vedono ogni anno un incremento importante delle vendite: nel 2013 la vendita di banane Fairtrade è cresciuta dell’8%, raggiungendo le 16.132 tonnellate importate. Questo anche perché oggi è possibile trovare le banane del marchio in alcune catene della grande distribuzione. «Purtroppo, il margine d’azione nel modello dell’agroindustria è limitato» spiega ancora Stefania Piccinelli. «È un modello in cui noi non crediamo, ma su cui speriamo di incidere, facendo in modo che i diritti dei lavoratori non vengano totalmente calpestati. Vorremmo far capire alla grande distribuzione che se vuole può lavorare anche con i piccoli produttori, in particolare con quelli del segmento del commercio equo e solidale, che con la loro piccola agricoltura familiare sono l’unica vera risposta all’approvvigionamento di cibo sano nel mondo». l Note 1. Progetto Make fruit fair II, ricerca su prodotto banane, Ottobre 2015. Ricerca commissionata da Gvc Italia, realizzata da La bottega solidale di Genova in collaborazione con il consorzio Ctm Altromercato. 2. www.fao.org/economic/worldbananaforum/en/#.Vok3NWMVCFM 3. www.bananalink.org.uk 4. Il report dal titolo Banana value chains in Europe and the consequences of unfair trading practices è scaricabile in inglese al seguente link: www.makefruitfair.org/wp-content/uploads/2015/11/banana_value_chain_research_FINAL_WEB.pdf 5. Sulla condizione delle donne lavoratrici nelle piantagioni delle banane, potete trovare indicazioni leggendo questi documenti in lingua inglese: Women’s rights and gender issues for small producers in Ecuador, disponibile al link http://goo.gl/74aSD1 e Women and the banana trade leaflet 2015, che trovate all’indirizzo http://goo.gl/o15iNp