Mappe concettuali per la gestione dei contenuti e per i test di
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Mappe concettuali per la gestione dei contenuti e per i test di
Mappe concettuali per la gestione dei contenuti e per i test di apprendimento concettuale Carlo Giovannella ISIM LAB – Dip. Fisica - MIFAV, Università di Roma Tor Vergata Paolo Emilio Selva ISIM LAB , Università di Roma Tor Vergata Via della ricerca scientifica 1, 00133 Roma [email protected] Sommario Viene presentato un applicativo/applet per la creazione e la visualizzazione di mappe concettuali. Tale applicativo costituisce il nucleo centrale di un sistema per la progettazione di per-corsi che secondo un principio di estrema flessibilità metodologica - consentono al discente di accedere a varie forme di contenuti didattici, inclusi contenuti che sono stati ridotti in unità minime al fine di ottimizzarne il mantenimento ed il riutilizzo. L’applicativo consente, inoltre, la personalizzazione dei percorsi di apprendimento e la generazione di test atti a verificare la comprensione delle connessioni logiche sottesse al corso frequentato. 1. Introduzione Come ormai ben noto e comunemente accettato l’interoperabilità dei contenuti didattici e l’ottimizzazione dei tempi di mantenimento degli stessi passa per una riduzione del materiale didattico in unità più o meno “atomiche” (learning objects – per una definizione vedi [IEEE LTSC]). Il livello di atomizzazione dei contenuti non è invece facilmente codificabile perché dipende fortemente dalle metodologie e dalle modalità di fruizione adottate (aula, interattiva, ecc…) e, quindi, non risulta esattamente specificato negli standard internazionali, che si sforzano, ciò non di meno, di delinearne, a parole o tramite marcature, le caratteristiche. Non indifferente è poi il problema della costruzione dei corsi a partire dagli oggetti atomici; allo stato dell’arte, nelle piattaforme commerciali, si ricorre quasi esclusivamente ad una organizzazione dei contenuti in apposite “directories e sottodirectories”, organizzazione che tende a riproporre il modello “cartaceo-librario” realizzato dal docente. In poche situazioni, più costose o sperimentali, si adotta il modello “motore di ricerca”, più o meno intelligente, filtrato, personalizzato, ecc.. In questo caso però, se si guadagna in attinenza delle risorse agli scopi formativi-informativi dell’utente si perde sicuramente nella chiarezza strutturale-concettuale dei contenuti e questo non sempre è positivo, soprattutto in stati iniziali della formazione. Atti Didamatica 2003 XYZ Ed. pp. Accanto a questo tipo di problematiche del tutto generali, un altro problema interessante, ad esse apparentato nella possibile soluzione, si presenta quando si considera l’utilizzo delle piattaforme di e-learning in ambito universitario. Infatti, nonostante la riforma in atto presupponga una maggiore professionalizzazione dei percorsi di studio, l’obiettivo della didattica universitaria, almeno per quel che attiene la laurea, continua ad essere profondamente diverso da quelli perseguiti dalla formazione aziendale o dai corsi professionalizzanti, siano essi privati o pubblici, e richiede dunque un utilizzo parzialmente differente delle tecnologie informatiche. Se per la formazione aziendale gli obiettivi primari sono quelli di far acquisire al proprio personale le “skills” funzionali ai progetti dell’azienda a costi e nei tempi più contenuti possibile, per la formazione universitaria l’obiettivo primario resta quello di accompagnare lo studente nella costruzione di una struttura mentale che costituirà l’indispensabile patrimonio che lo sosterrà nella fase ponte tra il mondo della formazione di base e quello delle “experties” vendibili sul mercato del lavoro, una struttura che dovrà risultare metodologicamente solida e sufficientemente plastica da poter accomodare al proprio interno tutti quei tasselli esperenziali che proverranno dal futuro operare sul campo e dalle successive esperienze formative. Di primaria importanza, quindi, è l’acquisizione della capacità di saper schematizzare un contesto informativo/formativo per mezzo, ad esempio, di una mappa concettuale. E’ possibile verificare e misurare questa capacità? Con questo lavoro tentiamo di dare una risposta unitaria alle problematiche sopra descritte, attraverso la realizzazione di un’applicazione che permette di generare, indicizzare e utilizzare mappe concettuali. 2. L’atomizzazione dei contenuti La definizione dei formati dei materiali didattici è uno dei principali problemi da affrontare nell’ottica di un loro riutilizzo e trasportabilità (vedi per es. [Albanese et al., 2002]);. Nel recente passato si è assistito ad un notevole sforzo di standardizzazione per quel che riguarda i contenuti visivi e sonori, tanto è vero che oggi le immagini jpg, gif, png e i contributi audio/video mov sono importabili da tutti gli applicativi e possono essere visualizzati da tutti i browser internet. Anche i materiali interattivi per la fruizione on-line, come è a tutti noto, hanno raggiunto un elevato grado di standardizzazione grazie ai vocabolari xml, ai linguaggi di scripting javascript e php, agli applet e al linguaggio java; accanto a tali standard e linguaggi open-source si sono però affiancati alcuni standard “de facto” come le animazioni prodotte con “Flash” che essendo realizzate in un formato proprietario richiedono un apposito plug-in e sono soggette alle politiche di distribuzione e modifica decise dall’azienda madre. Il fenomeno degli standard “de facto” è di gran lunga più rilevante per i materiali fruibili off-line: in alcuni casi, come quello dei formati pdf e rtf esistono appositi lettori in distribuzione gratuita; in altri casi però la visibilità del materiale è legata alla disponibilità della specifica piattaforma per i quali sono stati prodotti come nel caso dei CD realizzati con “Director” o, cosa più grave, al possesso di specifici applicativi come nel caso dei ppt prodotti con “Power Point”. In molti casi ci si deve confrontare con migliorie annuali che rendono le ultime produzioni non più leggibili da chi possiede vecchie versione degli applicativi. Molti degli standard “de facto” per la facilità d’uso degli applicativi che li producono vengono adottati senza soverchie preoccupazioni e inseriti in modo scontato all’interno di modelli e processi formativi, cosa che costringe i discenti a doversi attrezzare per la loro visualizzazione, con conseguente diffusione della “pirateria informatica”. Compito di chi progetta una piattaforma didattica è certamente quello di offrire massima flessibilità nel consentire la distribuzione e la gestione di tutti i materiali prodotti secondo un qualsivoglia standard “de facto” ma, al contempo, è anche quello di suggerire formati e organizzazione dei contenuti che possano considerarsi più sicuri sia dal punto di vista della leggibilità e riutilizzo futuro che da quello dell’interoperabilità. Fig. 1 - schema concettuale di massima del sistema per quel che attiene l’uso delle mappe concettuali. Il docente, tramite applicazione java, può gestire le mappe concettuali, memorizzate in files .mc; lo studente/docente può richiamare le mappe dal content server tramite applet ed accedere, quindi alle schede ipermediali e agli altri contenuti ad esse collegati. In base a queste considerazioni abbiamo individuato: a) le singole componenti mediali (testo, immagine, video,, suono, ecc…) come unità minima memorizzabile (“quarks”, mattoni con i quali costruire gli atomi)1 b) la scheda ipermediale come l’unità minima di senso (e in quanto tali capaci di fungere da “learning object”); c) le mappe concettuali come strumento per la costruzione di moduli didattici a partire dalle schede ipermediali (anche le mappe potrebbero anche essere utilizzati come “learning object” di livello superiore al precedente) Conseguentemente è stato costruito a) un “content server” multimediale; 1 l’analogia non è perfetta perché nel nostro caso i “quarks” sono manipolabili separatamente; se si preferisce ci si può spostare di un livello di complessità e passare da quarks e atomi ad atomi e molecole b) uno schedario per contenere le informazioni testuali e i riferimenti necessari a costruire le schede ipermediali; c) un’applicazione per disegnare le mappe concettuali dei corsi e per legare i singoli concetti alle schede ipermediali o ad altri contenuti; d) un applet per navigare nelle mappe ipermediali e per richiamare altri contenuti, lasciando la possibilità al discente di personalizzare il proprio percorso di apprendimento; 3. Utilizzare i contenuti atomicizzati e personalizzare il percorso di apprendimento 3.1 La scheda ipermediale Nel definire la scheda ipermediale abbiamo cercato di rendere il suo formato quanto più flessibile possibile. L’organizzazione della scheda è illustrata in fig.2. La scheda è composta da un area-proiettore che consente di visualizzare i necessari contributi visivi e da vari altri campi che mostrano i contenuti testuali: contenuto descrittivo ed Fig. 2 - modello di scheda ipermediale eventuale introduzione storica, bibliografia, link a contenuti esterni, link ad altre schede di approfondimento, richiami ad appendici/strumenti di vario genere, esercizi e test. E’ da notare che il contenuto descrittivo può essere contrassegnato da un indicatore di “livello di approfondimento” in modo che la scheda si possa utilizzare in corsi di diverso livello. Una terza area mostra le risorse disponibili; i vari elenchi sono selezionabili tramite una “plance” di controllo. Ciascuna scheda, inoltre, è identificata da una serie di parole chiavi intese a facilitarne il ritrovamento tramite ricerca testuale. La visualizzazione delle schede è attivata dal discente attraverso un pulsante presente su ciascun elemento delle mappe concettuali; alla richiesta del discente viene interrogato il db delle informazioni testuali e viene proposta la scheda contenente anche i link ai contenuti multimediali presenti nel “content server” multimediale. 3.2 L’applicazione La scheda definita nel paragrafo precedente e tale da consentire, tramite apposite interfaccce, un facile aggiornamento dei contenuti e, in quanto unità minima di senso, di essere utilizzata in tutte le unità didattiche che ne avranno bisogno. A tale scopo, però, è necessario dotare il docente della possibilità di disegnare la struttura logica ipertestuale del corso e di indicare i percorsi che legano tra loro le schede. Questo obiettivo è stato raggiunto attraverso la realizzazione di un’applicazione Java che consente il disegno di mappe concettuali, vedere fig.3. Nello specifico: il docente può creare oggetti grafici di varia forma, inserirvi la/le parole chiave che fungerà/anno da aggancio al db testuale e creare degli elementi di connessione tra gli oggetti in modo da indicare il percorso previsto. Agli oggetti è possibile assegnare diversi colori di sfondo al fine di identificare aree concettuali/cognitive separate; per ogni oggetto, poi, è possibile inserire campi di commento che aiutano ad una migliore identificazione del contenuto della scheda, appositi box di commento possono essere inserite anche Fig. 3 - schermata dell’applicazione con esempio di mappa concettuale concernente una porzione di un modulo di fisica generale sullo sfondo della mappa. Ad ogni oggetto sono assegnati una serie di pulsanti; tramite due di essi è possibile agganciarlo alla scheda ipermediale corrispondente (che viene creata quando si interroga il database) o ad altre mappe concettuali più dettagliate. Altri tre pulsanti servono per soddisfare la richiesta di elasticità metodologica e la relativa necessità di accesso a materiale didattico eterogeneo; con essi si può accedere, infatti, a materiali da usufruire in modalità d’aula (scarsamente interattiva – filmati e simili), a materiali interattivi per l’on- e l’off-line (ipertesti e proiezioni in cui è richiesta l’intervento del discente), a materiali per loro natura apparentabili al cartaceo, per la consultazione off-line (testi rtf, pdf, slides di tipo ppt o altro). Infine, in futuro, un’ulteriore pulsante consentirà il passaggio ad una rappresentazione concettuale 3D del corso. Una volta realizzata la mappa, il docente potrà memorizzarla, inserirla dentro il “content server” e renderla, così, disponibile alla consultazione. La mappa è memorizzata in un apposito formato di testo, .mc, atto ad una facile indicizzazione. A questo punto dovrebbe apparire chiaro, anche al lettore inesperto, come l’impiego di mappe concettuali accoppiate alle schede ipermediali possa consentire un riuso ottimale dei materiali didattici prodotti. Una volta memorizzate le schede, infatti, la creazione di nuovi corsi o l’adattamento dei vecchi diventa un’operazione quasi banale: sarà sufficiente, infatti, ridisegnare una nuova mappa concettuale 3.3 L’applet L’applet costituisce la controparte discente dell’applicazione. Con esso, infatti, il discente può visualizzare le mappe del corso e usufruire dei materiali didattici ad esso connessi. Al discente non è consentito modificare le mappe del docente ma, nel tentativo di favorire un percorso di apprendimento maggiormente cognitivista e costruttivista, gli viene permesso di personalizzarle. La personalizzazione può avvenire in due modi: in un primo caso il discente può creare nuovi oggetti contenenti parole chiave e collegarli a risorse esterne (il collegamento a risorse esterne è consentito anche da uno specifico pulsante assegnato ai concetti già presenti nella mappa), in un secondo caso, ancora non implementato, il discente potrà scorrere l’elenco delle schede già memorizzate nel db e, se lo riterrà opportuno, creare nuovi oggetti attraverso i quali connettere tali schede alla mappa fornita dal docente. Una volta effettuata la personalizzazione il discente potrà memorizzare la sua mappa e, se lo vorrà, renderla pubblica alla comunità. In un’ottica costruttivista le mappe personalizzate possono diventare anche un importante elemento di riscontro sull’efficacia della struttura del corso e dei suoi contenuti: grazie ad un esame delle personalizzazioni effettuate, infatti, si potrà aggiustare il tiro e modificare opportunamente lo schema concettuale e i contenuti dello specifico modulo didattico. Ovviamente sulla reale efficacia di questo strumento ci si potrà pronunciare solo dopo un opportuno periodo di sperimentazione. 4. I test delle strutture concettuali Come ben noto a chi svolge attività didattica non finalizzata all’acquisizione di specifiche professionalità, il maggiore problema che il docente deve affrontare non risiede nel trasferimento delle nozioni (per questo sarebbe sufficiente una buona bibliografia) ma nel far acquisire/sviluppare al discente la capacità di muoversi con padronanza tra i concetti illustrati e, grazie anche al trasfer di specifiche metodologie, di saper adattare le struttura concettuali acquisite/sviluppate per allocare “costruttivamente” “inputs” diversi da quelli contemplati dall’impianto del corso. La misura di tali capacità non è un compito semplice. In presenza si ricorre spesso alla risoluzione di problemi, ma tale soluzione non è facilmente adattabile ad un ambito “on-line”, perché richiede comunque una correzione off-line da parte dei docenti. La maggior parte dei test utilizzati oggi nella formazione on-line tendono a verificare l’acquisizione di nozioni e di abilità comportamentali; solo particolari scelte o seguenze di domande possono dare indicazioni sulla struttura concettuale sviluppata dal discente ma restano, in ogni caso, vie molto indirette. Qualcosa di più si può ottenere tramite l’utilizzo di simulazioni ma anche questo strumento non si adatta con facilità a tutti gli ambiti concettuali e a tutte le materie. D’altra parte è ben noto, e lo abbiamo verificato sul campo, che il disegno di mappe concettuali può essere un utile strumento di verifica delle modifiche che la struttura concettuale del discente subisce con lo svilupparsi di uno specifico percorso formativo. Anche nel caso delle mappe concettuali e delle più complesse mappe cognitive, però, l’analisi è svolta quasi sempre off-line da esperti che raramente vanno oltre conclusioni che, per quanto interessanti, non siano espresse in forma qualitativa. Fig. 4 - schermata con un esempio di test Un contributo alla risoluzione di questo problema può giungere dagli applicativi discussi nel paragrafo precedente. Con essi, infatti, il docente può creare mappe concettuali limitate e/o diverse da quelle del corso e chiedere che da queste venga generato un test. La schermata del test che viene proposta al discente, fig.4, presenta sulla sinistra l’elenco degli oggetti da ricombinare; una volta che, in un tempo predefinito, il discente avrà ricostruito la mappa, egli dovrà provvedere alla sua memorizzazione, cosicchè un apposito applicativo potrà procedere al controllo della sua esattezza per confronto con la mappa iniziale elaborata dal docente. Il risultato può esprimersi in un valore normalizzato compreso tra 0 e 1. La misura dell’esattezza di una mappa concettuale può spingersi anche molto più in là rispetto ad un confronto con la riproduzione di un risultato “esatto” e può coinvolgere il concetto di ricostruzione “quasi esatta” che implica l’introduzione ad hoc di soluzioni pesate. La possibilità di dare a questi pesi una valenza più oggettiva, come pure il problema di valutare mappe composte liberamente a partire da un singolo concetto sono attualmente in corso di studio. 5. Prospettive future Il lavoro qui presentato è ovviamente un lavoro in costante e continua evoluzione; per questo alcuni punti importanti, benchè già presi in considerazione dagli autori, non sono stati né trattati nei capitoli precedenti, né implementati nell’applicazione; tra essi il più rilevante da affrontare nel prossimo futuro è certamente quello della descrizione dei contenuti tramite appositi marcatori XML, secondo quanto previsto dagli standard internazionali [Russo R. e Scarpa I., 2002]. Per quanto il problema sia di assoluto rilievo (come dimostra il vivo e storico interessamento della UE e di svariati organismi internazionali), vuoi per l’ottimizzazione degli sforzi nella preparazione dei contenuti che per l’interoperabilità delle piattaforme didattiche, ancora oggi è un tema che può dare adido ad alcune ragionevoli discussioni e merita un momento di riflessione separato (ad esempio: sull’aumento del livello di complessità progettuale e concettuale che viene introdotta dagli standards e che sembra in controtendenza con la la sempre maggiore flessibilità degli strumenti e dei linguaggi per la realizzazione delle piattaforme; sull’effettiva capacità degli standards di accomodare al proprio interno tutti i diversi strumenti previsti o prevedibili per la messa in pratica delle più diverse modalità e metodologie didattiche; sulla interrelazione tra oggetti elementari memorizzati nei db che sono riutilizzabili in più “learning objets” e i “learning objets” stessi , ecc…). Per quel che attiene le mappe concettuali, in ogni caso, uno degli aspetti più interessanti e innovativi che si offre a futuri e proficui sviluppi è, senza ombra di dubbio, quello della misurazione “oggettiva” dell’apprendimento concettuale, par. 4, e della sua connessione ad una automazione e personalizzazione del processo di formazione. Un altro aspetto di sicuro interesse, poi, sarà lo studio degli effetti che il trasporto della descrizione concettuale dei corsi da una rappresentazione 2D ad ambienti 3D, con l’eventualità di potervi accedervi anche attraverso interfacce non convenzionali, potrà avere sull’apprendimento. Tutti gli strumenti e i progetti descritti dovranno poi essere sviluppati in un ottica maggiormente costruttivista [Hoppe U., Gassner. K, 2002] e con un’attenzione al “wireless”. 6. Riferimenti bibliografici Albanese M., Chianese A., Moscato V., Picariello A., E: e-content and e-learning, in Andronico A., Chianese A., Fadini B. (eds) e-Learning – metodi, strumenti ed esperienze a confronto, Liguori Editore, Napoli, 2002, pp. 213-224 IEEE Learning Technology Standard Committee, http://ltsc.ieee.org/wg12/ (vedere anche Longmire W., A primer on Learning Objects http://www.learningcircuits.org/mar2000//primer.html) Hoppe U., Gassner. K, Integrating Collaborative Concept Mapping Tools with Group Memory and Retieval Functions, in Stahl G. (Ed) Proceedings of CSCL 2002, Boulder, Colorado, 7-11 January 2002, pp. 716-725 (e altri articoli citati in http://collide.informatik.uni-duisburg.de) Russo S. e Scarpa I., E-learning: opportunità, sviluppi tecnologici, prospettive, in Andronico A., Chianese A., Fadini B. (eds) e-Learning – metodi, strumenti ed esperienze a confronto, Liguori Editore, Napoli, 2002, pp. 39-56 e riferimenti bibliografici citati ai quali si può aggiungere: Olimpo G. (ed) Final Report of the ESM-BASE (educational systems based on multimedia database of learning material) Project, Delta exploratory action, Genova, July 1991 Ringraziamenti Si ringrazia Luca Serafini per il contributo dato all’implemetazione del modello di scheda ipermediale e Luca Fascione per un utile scambio di opinioni.