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Università degli Studi Roma Tre Facoltà di Economia “Federico Caffè” Corso di Laurea Magistrale in “Economia dell’ambiente e dello sviluppo”(LM-56) Tesi di Laurea in Sistemi agricoli e relazioni internazionali Filiera corta, prezzo giusto e sviluppo sostenibile: il caso dei Gruppi di Acquisto Solidale a Roma Relatore Prof. Fabrizio De Filippis Correlatrice Prof.ssa Maria Fonte Anno Accademico 2012/2013 Candidato Giacomo Crisci 282619 2 A mio nonno Alberto 3 4 INDICE Presentazione ....................................................................................................................................................... 7 Capitolo 1 La filiera corta………………………………………………………………………………………………..7 1.1 1.1.1 1.2 La modernizzazione dell’agricoltura e l’origine della “filiera lunga” ............... 9 Forme di filiera corta ............................................................................................................. 23 Le reti alimentari alternative nella letteratura scientifica .................................. 30 Capitolo 2 Il Consumo Critico e i Gruppi di Acquisto Solidali……………………………………....37 2.1 Il consumo critico ......................................................................................................................... 37 2.2 I GAS in Italia ................................................................................................................................... 42 2.2.1 I GAS a Roma ............................................................................................................................. 51 2.3 Il Consumo critico nel pensiero dei GAS .......................................................................... 56 2.3.1 I GAS nella transizione tecnologica verso lo sviluppo sostenibile ..................... 58 Capitolo 3 Il prezzo nella filiera agroalimentare………………………………………………………….73 3.1 3.1.1 3.2 Il dibattito sul prezzo ................................................................................................................. 74 Il dibattito sul prezzo giusto nelle filiere corte .......................................................... 78 Rassegna della letteratura sul confronto fra i prezzi dei prodotti in vendita presso i GAS e la GDO .............................................................................................. 88 Capitolo 4 Il confronto dei prezzi rilevati in un GAS di Roma e in altri canali di offerta…………….……………………………………………………………………………..…93 4.1 4.2 4.2.1 4.2.2 4.2.3 Le criticità del confronto tra i prezzi dei prodotti alimentari in diversi canali di vendita ........................................................................................................................... 97 I tre confronti dell’indagine sui livelli dei prezzi ..................................................... 105 Prezzo dei prodotti biologici del GAS TM vs prezzo minimo dei prodotti biologici reperibili presso altri canali di offerta ......................................................................... 105 Prezzo dei prodotti biologici del GAS TM vs prezzo medio dei prodotti convenzionali reperibili presso gli altri canali di offerta ..................................... 125 Prezzo dei prodotti biologici del GAS TM vs prezzo minimo dei prodotti convenzionali reperibili presso gli altri canali di offerta ..................................... 140 Conclusioni ....................................................................................................................................................... 155 Bibliografia ...................................................................................................................................................... 159 Sitografia ........................................................................................................................................................... 167 5 6 Presentaz ione Questa tesi intende fornire un contributo alla discussione scientifica che si domanda se le reti di agricoltura possano davvero prefigurare un’alternativa praticabile al sistema agroalimentare convenzionale. Tra le iniziative di filiera corta, la maggior parte degli studi focalizza l’attenzione sui mercati degli agricoltori, mentre sono poche le evidenze nei confronti dei Gruppi di Acquisto Solidale (GAS), iniziative mosse dai consumatori più dispersive e difficili da classificare. Lo scopo di questo lavoro è quello di approfondire il tema della sostenibilità sociale di queste esperienze. In particolare vogliamo capire a quale livello di prezzo si posizionano i prodotti distribuiti dai GAS rispetto agli altri sistemi di approvvigionamento, per comprendere se vi è possibilità di accesso ai loro prodotti per ampi strati della popolazione Nel primo capitolo presentiamo i passi fondamentali attraverso cui il sistema agroalimentare si è modificato nel corso degli anni, dando vita a diverse forme operative di filiera corta, tra cui farmers’ markets, box schemes e GAS. Poi esaminiamo la loro esperienza sotto il profilo del consumo critico e della teoria della transizione, che spiega il rapporto tra nicchie di innovazione e regime sociotecnologico. In questo capitolo viene introdotto il pensiero secondo il quale i GAS possono portare ad un cambiamento radicale del sistema agroalimentare. Nel terzo capitolo approfondiamo il tema del ‘prezzo giusto’. Nei GAS la formazione del prezzo avviene nell’ambito del nuovo rapporto di fiducia instauratosi tra produttori e consumatori. Analizzando il pensiero dei GAS di Roma, emerge che vi è una forte attenzione al tema del prezzo, soprattutto quando si parla di accesso ai prodotti biologici per ampi strati della popolazione. L’approccio di questa tesi è proprio quello di andare a verificare se i GAS riescono in questo intento. Nel quarto capitolo sono risportati i risultati dell’indagine in cui abbiamo confrontato i prezzi dei prodotti biologici di un GAS di Roma e quelli presenti in altri canali di offerta a esso limitrofi. Alla luce dei risultati emersi abiamo raccolto utili informazioni per indagare il grado di accesso che viene assicurato dai GAS nel rifornimento di prodotti biologici. Il GAS 1 preso in considerazione è stato studiato nell’ambito del progetto Agricoltura locale e consumo sostenibile nelle reti alimentari alternative (PRIN 2008) e conferma le caratteristiche socio-demografiche che sono emerse dalla ricerca stessa. 3 1 Gruppo di Acquisto Solidale Testaccio Meticcio (www.gastm.org) 7 8 Capitolo 1 La filiera corta 1.1 La moderniz z az ione dell’agricoltura e l’origine della “filiera lunga” Fino al XX secolo, per gli abitanti dei centri urbani i beni più facilmente reperibili erano quelli prodotti localmente (Schonhart, 2008) da artigiani e agricoltori, che di solito operavano in attività a carattere familiare. Erano quindi i contadini a raggiungere le città per offrire le proprie merci in un mondo dove il rapporto tra consumatore e produttore era alla base di qualsiasi tipo di commercio. Ma tra l’Ottocento e il ‘Novecento l’intero assetto sociale, economico e culturale ha subito radicali trasformazioni. A partire da quegli anni il modello agroalimentare può essere analizzato in tre fasi (Brunori et al., 2013). La prima è caratterizzata dalla modernizzazione dei processi agricoli, che si è intensificato dopo la seconda guerra mondiale. La seconda fase si distingue per una maggiore attenzione verso la qualità degli alimenti, divenuto con il tempo uno strumento di marketing. La terza fase intende rispondere alle crisi economiche e alimentari degli ultimi anni, in un’ottica di sostenibilità e di integrazione multidimensionale. La Rivoluzione Verde: nascita e crisi della modernizzazione in agricoltura Nell’Ottocento la crescita della popolazione sembrava un fenomeno inarrestabile, in grado di minare la sopravvivenza dell’umanità stessa. La questione è stata affrontata prima con la tesi di Malthus (1798), secondo cui la crescita della popolazione avrebbe costretto l’umanità a uno stato di indigenza; poi con quella di Helrich (1968), che ipotizzava gravi crisi alimentari tra gli anni Sessanta e Settanta; infine con quella di Meadows (et al., 1972) che sostenevano l’impossibilità di una crescita positiva illimitata e invocavano piuttosto la necessità di un modello di produzione e consumo stabili. Queste tesi sono state smentite nel corso degli anni poiché non hanno tenuto conto dell’innovazione e del progresso tecnologico che, in occidente, ha portato alla modernizzazione in agricoltura dando vita alla cosiddetta Rivoluzione Verde. Tale processo è caratterizzato da tre importanti cambiamenti (Grigg, 1992): 9 1) L’utilizzo delle macchine agricole in sostituzione del lavoro, umano e animale, per ridurre i costi di produzione dei prodotti agricoli. Se prima l’agricoltura era dominata da un sistema relativamente stabile grazie alla forza dell’uomo, degli animali domestici e degli animali selvatici (soprattutto impollinatori), con l’introduzione delle macchine agricole viene inserita una nuova energia capace di essere aumentata a piacere con l’uso dei combustibili fossili. Le macchine rappresentano una tecnologia importata in grado di ridurre sensibilmente il tempo di raccolta delle derrate e il costo del lavoro, anche se richiede ingenti investimenti per l’acquisto e la manutenzione. 2) L’introduzione di sostanze chimiche in agricoltura (fertilizzanti, pesticidi e diserbanti), necessarie da un lato per eliminare i parassiti che rischiavano di deteriorare le coltivazioni causando inaspettate perdite di raccolto; dall’altro per bilanciare l’imponente sfruttamento del suolo dato dalla monocoltura, che aveva bisogno di un continuo nutrimento, non avendo il tempo adatto per rigenerarsi. 3) La diffusione di sementi ibride, chiamate anche “varietà ad alta resa”, in grado di garantire una produzione maggiore di quella parte edibile e commercializzabile della pianta, e un migliore adattamento all’uso delle macchine. Alcune di queste sementi, ancora in commercio, hanno la caratteristica di essere sterili, vanno pertanto acquistate annualmente da chi ne detiene il brevetto2. Si è trattato di un processo di modernizzazione rivolto ad aumentare la produttività agricola e ridurre la scarsità alimentare sulla base dei processi di specializzazione e intensificazione. Il grande merito e scopo dell’operazione è stato quello di ridurre la fame e la sottonutrizione3 di ampi strati della popolazione mondiale, tramite miglioramenti nelle rese delle coltivazioni. Questo processo è stato caratterizzato da un’intensa crescita economica, i cui modelli di distribuzione e consumo hanno influito fortemente non solo sulle tecniche di produzione, ma anche sulle abitudini della popolazione mondiale (Schmidhuber e Shetty, 2009). 2 Negli Stati Uniti le multinazionali Monsanto, DuPont, Novartis e Stoneville controllano, ogni anno, il 65% delle sementi per la produzione di mais e l'84% di quelle per la produzione del cotone. 3 In realtà gli obiettivi della modernizzazione agricola non erano solo umanitari, come dimostra la stessa origine dell’espressione “Rivoluzione Verde”. Il termine fu utilizzato per la prima volta da William Gaud dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale in un discorso alla Società per lo Sviluppo Internazionale. Nel discorso, Gaud presentò la Rivoluzione Verde come un’iniziativa mirata a evitare che l’eredità di miseria e tensione sociale del colonialismo spingesse i paesi del sud del mondo ad abbracciare la “rivoluzione rossa” comunista. 10 A partire dagli anni Sessanta si è registrato un aumento della produttività agricola costante nelle coltivazioni interessate dall’innovazione: riso, mais e grano (figura 1.1). I principi della Rivoluzione Verde sono stati estesi anche all’attività di allevamento e hanno portato, nel corso del tempo, un cambiamento radicale dei principi che fino a quel momento caratterizzavano l’attività agricola. Cambiarono anche i paesaggi rurali in virtù dell’uso delle monocolture praticate su vaste estensioni a scapito dell’agricoltura diversificata dei piccoli contadini, che non avevano mezzi e risorse per partecipare al processo di trasformazione. In seguito, si è fatta luce sulle conseguenze dei principi della Rivoluzione Verde, in particolare è emersa la preoccupazione per gli ingenti costi economici, ambientali e sociali, riassunti nel termine “esternalità negativa”4. Figura 1.1: L'aumento di produttività in agricoltura dal 1961 al 2005 per tipologia di coltura Fonte: Venturini (2007) Dal punto di vista sociale, il sistema agroalimentare modernizzato è ad alta intensità di capitale e fu impiantato in un mondo dove l’agricoltura era ancora di sussistenza e dominata già di per sé da una drammatica sovrabbondanza di lavoro. Le prime conseguenze dell’introduzione delle macchine agricole furono fenomeni quali disoccupazione di massa, fuga dalle campagne e urbanizzazione forzata. La velocità con cui si sono diffusi questi fattori fu tale da non consentire un graduale assorbimento dei nuovi arrivati, producendo gravi tensioni sociali (Venturini, 2007). Gli effetti demografici Un’esternalità negativa si ha quando l’attività di produzione o consumo di un soggetto influenza negativamente il benessere di un altro soggetto, senza che questo riceva una compensazione economica o di altro genere. Fonte: Tirelli M., Politca economica e fallimenti del mercato, Torino, Giappichelli, 2009. 4 11 si possono analizzare a partire dagli USA, dove prima di altrove si è manifestata la modernizzazione. Infatti, tra il 1900 e il 1985, la popolazione americana è passata 30 a 5 milioni di residenti e gli occupati in agricoltura da 14 a 3,5 milioni (Molnar, 1986). In Italia le cose hanno seguito un andamento simile: nel 1950 il numero di occupati in agricoltura era di oltre 8,5 milioni (44%); nel 1970 tale numero è sceso a 3 milioni (15%), nel 2009 a sole 874 mila unità con un’incidenza del 3,7% (Istat, 2011). Altro aspetto rilevante sul tessuto sociale sono le conseguenze nelle abitudini di consumo: il modello agroalimentare “verde” ha influito sulle abitudini della popolazione mondiale con un fenomeno denominato transizione alimentare (o nutrizionale). Per transizione alimentare s’intende un mutamento nei livelli di assunzione media pro capite di calorie e soprattutto nella composizione della dieta. Nei paesi in via di sviluppo, ma anche in quelli industrializzati, l'inattesa e vasta disponibilità di cibo standardizzato, importato e spesso già trasformato ha portato le famiglie a repentini cambiamenti di abitudini alimentari e stili di vita (Schmidhuber e Shetty, 2009). La modernizzazione ha permesso l’ampia disponibilità di cibo pronto e a basso prezzo. Questo è apparentemente un vantaggio per i consumatori che possono risparmiare tempo e fatica delegando la coltivazione e la preparazione del cibo alle grandi azienda, ma ciò comporta anche alcuni rischi, soprattutto con riguardo alla qualità della dieta. In quegli anni, la diffusione dei supermercati e dei prodotti confezionati, infatti, ha permesso la sostituzione di buona parte delle calorie di origine vegetale con calorie di origine animale5 (Smil, 2000). Questa circostanza è eloquente nell’esperienza di alcune popolazioni delle isole del Pacifico (Naru, Cook, Tonga), in cui lo spostamento dalle diete tradizionali verso quelle a base di cibo trasformato ha indotto gravi conseguenze in termini di obesità, comportando l’abbandono di pratiche agricole tradizionali e conoscenze locali legati alla coltivazione e alla preparazione del cibo (Kirk et al., 2008). In alcuni di questi paesi la percentuale di persone in sovrappeso raggiunge il 92%; mentre quella di obesi oltrepassa l’80% (British Heart Foundation6, 2006). Il processo di modernizzazione ha dunque avuto dei risultati positivi riducendo la quota di popolazione sotto nutrita, ma ha anche complicato il problema della malnutrizione nel contesto della salute globale. Oggi il numero di sottonutriti si aggira intorno a 870 milioni di persone, (14,9% nei PVS), ma le malattie collegate al sovrappeso e all’obesità 5 http://www.agriregionieuropa.univpm.it/dettart.php?id_articolo=524 6 British Heart Foundation Health Promotion Research Group 12 sono in costante aumento. La Fao ha evidenziato che questa preoccupazione colpisce oggi il 20% della popolazione mondiale, vale a dire circa 1.400 milioni di persone tra cui 500 milioni sono obese (WHO, 20127). Si è così giunti a una paradossale convivenza di sotto nutrizione e obesità in diverse regioni del mondo, come si può vedere dalla figura 1.28. Dal punto di vista ambientale la modernizzazione ha comportato due importanti conseguenze. La prima è riferita al fatto che la selezione di poche varietà ibride per ogni pianta ha comportato la scomparsa di un altissimo numero di altre varietà autoctone e metodi di coltivazione tradizionali. Si stima che per alcuni raccolti, la perdita di biodiversità sia stata anche del 90%. In India, per esempio, le varietà di riso, una delle specie maggiormente coinvolte nel cambiamento, sono passate da 100.000 a 10, e lo stesso è accaduto per gli allevamenti. Figura 1.2: La convivenza di sotto nutrizione e obesità in alcuni paesi a Sud del mondo Fonte: FAO (2012) Vandana Shiva (2001) ha reso noto che le razze di maiale commercializzate in tutto il mondo sono oggi ridotte al solo numero di quattro, quando fino a poco tempo fa solamente in Cina erano oltre 40. La perdita di biodiversità si traduce spesso anche in una perdita di fattori nutritivi inducendo gli individui che li consumano a un’alimentazione povera, come risultato del passaggio da diete varie, con molte fonti nutritive a diete basate su uno o pochi cereali. 7 Obesity e overweight. Fact sheet No. 311. Geneva, Switzerlandon Agriculture document COAG/2010/6. 2008. 13 La modernizzazione dell’agricoltura, inoltre, basandosi sull’utilizzo di componenti chimici, ha impedito lo sviluppo adeguato dei microrganismi benefici del suolo e di altri organismi. Tale processo comporta la perdita totale di fertilità del suolo e la sua capacità di rigenerarsi (Venturini, 2007). La seconda difficoltà ambientale si riferisce al consistente utilizzo di sostanze chimiche in agricoltura, che provoca l’inquinamento dei suoli e delle falde acquifere, causando problemi sanitari tanto agli agricoltori quanto ai consumatori entrati in contatto con prodotti a elevata tossicità. Uno degli scandali che ha reso nota la pericolosità della produzione di componenti chimici in agricoltura (fitofarmaci) fu la tragedia avvenuta la notte del 3 dicembre 1984 a Bophal in India. In seguito a una serie di incidenti tecnici avvenuti in una fabbrica di pesticidi, si sprigionò una nube di fumi tossici che provocò la morte di quasi 4.000 persone e l’avvelenamento di altre migliaia. Da allora non è cambiato molto: in Italia l’ISPRA (2013) ha pubblicato un rapporto sulla presenza di pesticidi nelle acque italiane comunicando che tra il 2009 e il 2010 oltre la metà delle acque superficiali, e quasi un terzo di quelle sotterranee, erano contaminate da pesticidi e fertilizzanti, spesso al di sopra dei limiti di legge compromettendone la potabilità. Dal punto di vista economico la questione è più complicata. L’improvviso aumento delle rese agricole manifestò la difficoltà di assorbimento da parte del sistema e il conseguente crollo dei prezzi nei mercati internazionali. Risultò così pressoché impossibile rientrare dagli ingenti investimenti iniziali senza aiuti di stato o ulteriori indebitamenti. Ciò indusse un’ulteriore spinta all’acquisto di terra da parte delle grandi aziende agricole e l’abbandono da parte delle piccole imprese familiari, dando luogo alle pressioni sociali di cui sopra. Alla caduta del prezzo si aggiunse anche il problema della dipendenza da numerosi input quali tecnologia, fertilizzanti, sementi geneticamente modificate e combustibili fossili. Progressivamente l‘agricoltura si basò sui prodotti petroliferi, dipendendo quindi dalle fluttuazioni del prezzo del petrolio. Con l’introduzione di fattori di produzione esterni, che presuppongono il loro impiego secondo la logica del sistema che li ha creati, si è determinata una standardizzazione dei processi produttivi sempre più sganciati dai contesti locali e sempre più dipendenti dalle prescrizioni esterne. 14 In tal modo è stato circoscritto il lavoro degli agricoltori al ruolo di efficienti produttori agricoli, ed è stato delegato ad altri soggetti il compito di distribuirli. Si è così via via affermata la figura di una sorta di agricoltore “virtuale” (Van der Ploeg, 2003), capace di eseguire correttamente un complesso di operazioni prescritte dall’esterno e trasmesse attraverso un apparato di divulgazione e assistenza tecnica. È opinione condivisa che questo sistema abbia sottratto potere decisionale alle aziende agricole, piccole in particolare (Brunori et al., 2008), e abbia accentrato il potere (e i profitti) nelle mani dei soggetti al centro della filiera: gli intermediari. La progressiva perdita di potere decisionale degli agricoltori ha favorito i soggetti che dominano il mercato a monte e a valle, rispettivamente dal lato degli input e della distribuzione. Figura 1.3: Schema dello"squeeze on agriculture" Fonte: Ploeg, van der et al. (2000) L’aumento dei costi degli input è stato un importante motivo di sofferenza da parte degli agricoltori ma anche il nuovo meccanismo di distribuzione, necessario a gestire le ingenti derrate prodotte con metodi intensivi, ha contribuito alla compressione dei ricavi. I soggetti (grossisti, intermediari e soprattutto industrie alimentari) che hanno un maggior controllo dell’offerta (anche grazie alla pubblicità) essendo meglio integrate nei canali di commercializzazione, possono esercitare una pressione significativa sulle aziende agricole per comprimere il prezzo. Se si considera l’aumento del costo degli input e la pressione esercitata dai soggetti intermedi alla filiera, per i produttori si verifica una pressione economica insostenibile definita “squeeze on agriculture” - determinata da una costante riduzione del rapporto tra ricavi e costi di produzione (Van der Ploeg, 2003) (figura 1.3). Per Van der Ploeg (et al., 15 2000) lo squeeze si è intensificato a partire dagli anni Ottanta ed è necessario un nuovo paradigma di sviluppo rurale per allentare questa strettoia. Figura 1.4: Uno schema delle filiere lunghe produttore Omologazione delle produzioni n intermediari grossista alla produzione n intermediari Imprese di grandi dimensioni che operano su mercati globali industria alimentare grossista terminale n intermediari dettagliante distribuzione organizzata Standardizzazione dei gusti e dei consumi consumatore Fonte: Guidi (2009) Secondo l'osservazione di Van der Ploeg il paradigma della modernizzazione agricola, che ha ispirato le politiche agricole mondiali degli ultimi, non si è rivelato molto ‘razionale’. I motivi principali sono il fatto che riducendo sensibilmente l’occupazione e la ricchezza sociale, la qualità dei prodotti diminuisce e l’ambiente non è in grado di sostenere un simile cambiamento. Ecco perché alcuni identificano questo modello non più come il progresso, ma come il degrado dell’agricoltura9. In virtù delle ingenti derrate prodotte dalle grandi aziende, si è predisposto, infatti, un sistema detto di “filiera lunga”, basato sul ruolo di numerosi intermediari con il compito di distribuire le derrate a livello sempre più locale. Le produzioni vengono acquistate in grande quantità dai grossisti alla produzione che a loro volta li distribuiscono ad altri numerosi intermediari, integrati col territorio o con i mercati internazionali (figura 1.4) 9 PLOEG VAN DER JAN DOUWE, Oltre la modernizzazione. Processi di sviluppo rurale in Europa. Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 2006, p51. 16 Alle estremità della clessidra si trovano i milioni di produttori e consumatori, mentre al centro si riscontra un esiguo numero di intermediari e acquirenti aziendali. Secondo Grievink, il potere è concentrato nel collo di bottiglia, dove 110 intermediari hanno il controllo delle derrate offerte da oltre 3 milioni di produttori (figura 1.5). Figura 1.5: La concentrazione di potere nella filiera agroalimentare lunga Fonte: Grievink (2003) Analizzando la remunerazione delle aziende agricole, la polverizzazione dell’offerta (in presenza di alti volumi di produzione) e la presenza di pochi compratori, (quali sono le industrie alimentari), è possibile osservare che esse portano all’affermarsi di un regime di oligopsonio10, in cui la domanda è concentrata in un ristretto numero di operatori mentre l’offerta è frammentata in un numero indefinito di operatori. A tale proposito Pantini (2008) sostiene che queste sono logiche di mercato tipiche delle commodity. Dall’indagine conoscitiva condotta dall’AGCM (Tabella 1.1) è emerso che, per il settore dell’ortofrutta in Italia, la catena distributiva comporta in media più di 2,5 intermediazioni tra produzione e consumo finale. In Italia solo il 9% delle filiere si caratterizza per una catena “corta”, il 44% da più di 2 passaggi, mentre il 15% registra la presenza di 4 o 5 intermediari. Secondo Berger (2005) in alcuni casi si arriva anche a 7-8 passaggi. Di conseguenza i prezzi finali oltrepassano del 294% i prezzi alla produzione, generando un ricarico medio che può superare l’80% del prezzo finale. Nel caso della pasta, per esempio, l’AGCM ha accertato che le principali aziende produttrici, per difendersi dagli aumenti del prezzo della semola e della farina del 2007, concordavano incrementi minimi dei prezzi di listino, riuscendo così a trasferire una parte dei costi maggiore di quella che avrebbero potuto trasferire senza restringere la concorrenza. Quest’operazione è stata denominata “cartello della pasta” ed è stata sanzionata per 12 milioni di euro. 10 17 Le difficoltà del caso italiano non risiedono solo nella presenza di troppe fasi di intermediazione, ma anche nell’inefficiente sistema infrastrutturale, che comporta l’aumento dei costi sostenuti per l’acquisizione di prodotti e servizi offerti da imprese esterne alla filiera agroalimentare: trasporto, logistica, energia, acqua. Tabella 1.1: Ricarico medio in relazione alla lunghezza della filiera Fonte: AGCM (2005) La svolta della qualità A partire dagli anni Settanta, gli effetti della Rivoluzione Verde sono stati sempre più chiari. Ciò ha comportato diversi cambiamenti nel panorama agroalimentare. Le crisi petrolifere e una serie di scandali di alterazioni alimentari, dovuti alla scarsa trasparenza della filiera (Pansa, 1972), hanno modificato i modelli di consumo che si sono sviluppati nella direzione del “quality turn” (Goodman, 2003; Goodman e Dupuis, 2002). A partire da quegli anni si è affermata sempre più la critica nei confronti del paradigma della modernizzazione (Van der Ploeg, 2006; 2008) dando luogo alla nascita di diversi movimenti ambientalisti/biologici in tutto il mondo. Tali movimenti contrappongono alla produzione intensiva quella biologica, con l’intento di attutire gli effetti delle ricadute negative sull’ambiente, sulla società e sulla qualità degli alimenti. Sono nati movimenti di produttori e consumatori che, in maniera distinta dal modello standardizzato, hanno creato una rete di distribuzione di prodotti biologici tramite botteghe specializzate di piccole e piccolissime dimensioni (Brunori et al., 1988; Miele, 2001). In breve tempo il movimento biologico, ha sviluppato reti nazionali e internazionali che hanno trovato spazio anche nel mondo politico con la nascita dei “partiti verdi”11. Partito verde (o partito ecologista) è un partito politico organizzato sulla base dei principi che includono la giustizia sociale, il ricorso di base della democrazia, la non violenza, e il supporto per le cause dell'ambiente. I partiti verdi sostengono che l'esercizio di questi principi siano la guida per la salute del mondo. (http://it.wikipedia.org/wiki/Partito_verde). 11 18 Gli anni Ottanta si caratterizzano per il crescente aumento dell’attenzione verso i temi ambientali anche grazie al lavoro di Vandana Shiva. Nel 1980, la studiosa indiana ha pubblicato il libro Rivoluzione del filo di paglia che mette in discussione l’operato delle maggiori istituzioni regolatrici a livello internazionale come l’Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO), la Banca Mondiale, o il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e le imprese transnazionali della chimica e dell’alimentazione. Ha, inoltre, proposto un paradigma e una realtà alternativi a quelli dominanti. Di recente la Shiva ha reso esplicito il legame tra monocoltura e potere di mercato: “le monoculture si diffondono non perché permettono di produrre di più, ma perché permettono di controllare meglio. L’espansione delle monoculture dipende dalla politica e dal potere più che dai sistemi biologici della produzione”. Spiccano dunque sempre più, agli occhi dell’opinione pubblica, le gravi conseguenze dell’inquinamento dovuto alla produzione dei componenti chimici in agricoltura. I consumatori divengono più esigenti anche in seguito ai disastri di Bophal (1984) e Chernobyl 12 del 1986. La pressione della nicchia del biologico si fa più competitiva, l’offerta di prodotti biologici si specializza e si diversifica con un modello di business basato su piccole produzioni di alta qualità con prezzi più alti rispetto alla media (Brunori et al., 2013). In Italia nascono le prime associazioni in favore dell’agricoltura biologica (vedi Slow Food13), ma anche iniziative imprenditoriali su larga scala che vedono nell’aumento della domanda un’occasione di business. Avanza così la visione della campagna come arena di consumo per consumatori di nicchia (Marsden, 1995; Ray, 2003) accompagnata da una crescente globalizzazione della filiera del cibo (Murdoch, 2000; Bonanno et al., 1994; Higgins e Geoffrey, 2005; McMichael, 2004). Negli anni Novanta sono stati introdotti gli Organismi Geneticamente Modificati (Renting et al, 2003) e si sono verificati numerosi allarmi alimentari (BSE14, diossina nei polli e nel latte, malattia del piede e della bocca di bovini e suini, ecc), che hanno messo in discussione la fiducia dei consumatori. In seguito a questi eventi, i consumatori sono diventati dunque più esigenti nelle loro richieste. La domanda si segmenta: alcuni Tutt’oggi il numero di morti direttamente e indirettamente associate al disastro è oggetto di discussione, si và dalle 40.000 del rapporto ufficale delle agenzie dell’ONU agli oltre 6 milioni secondo il rapporto di Greenpeace. 12 Slow Food è un’associazione, fondata da Carlo Petrini nel 1986, che promuove “l'interesse legato al cibo come portatore di piacere, cultura, tradizioni, identità, e uno stile di vita, oltre che alimentare, rispettoso dei territori e delle tradizioni locali”. (www.slowfood.it). 13 La causa dell’encefalopatia spongiforme bovina (BSE, ossia Bovine Spongiform Encephalopathy), meglio nota con il nome di “mucca pazza”, è stata imputata all'uso delle farine animali come supplemento proteico nell'alimentazione dei bovini. Lo scandalo ha avuto un’importante risonanza mediatica e ha portato la comunità europea a rivedere la regolamentazione nella produzione di farine destinate all'alimentazione animale. 14 19 ricercano prodotti più compatibili con i nuovi ritmi domestici (Halweil, 2002); altri si orientano verso prodotti a basso costo; altri verso la ricerca di prodotti rispettosi dell’ambiente15 e dei diritti umani16. Questi ultimi sono orientati a integrare nelle scelte alimentari la ricerca di una soluzione ai problemi socio-economico-politici legati al sistema agro-alimentare dominante. L’emergere dei ‘movimenti del cibo’17 da ulteriore spazio alla diffusione delle produzioni rispettose dell’ambiente come quelle biologiche. Dal punto di vista dei produttori un importante evento è rappresentato dalla nascita, nel 1993, del movimento internazionale ‘Via Campesina18’ che raggruppa le organizzazioni contadine di svariate parti del mondo, con l'obiettivo principale di promuovere politiche agricole e alimentari solidali e sostenibili. In questi anni la filiera biologica si avvia verso la costruzione di reti commerciali e supermercati dedicati esclusivamente al biologico e si cominciano a registrare i primi investimenti della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) in questo settore. L’esito di questo processo è stato definito ‘convenzionalizzazione del biologico’19, che secondo alcuni ha minato i valori alla base del settore biologico stesso20 (Kirwan, 2004; Guthman, 2002). Con l’aiuto dei progressi nel settore dei trasporti, le produzioni biologiche passano in mano alle grandi aziende e si integrano progressivamente nel sistema alimentare sfruttando i canali distributivi della GDO. Un insieme di fattori quali le proteste dei movimenti anti OGM, le innovazioni commerciali (carte di credito) e le politiche 15 Per esempio quelli che prediligono prodotti locali per ridurre al minimo l’inquimaneto da trasporto, a tal proposito molti consumatori fanno riferimento ai “chilometri alimentari” (“food miles”), cioè alla distanza tra il luogo di produzione e quello di consumo. In tal senso, il più importante soggetto commerciale è rappresentato dal Commercio Equo e Solidale. Il Commercio 16 Equo e Solidale è un approccio al commercio che promuove la giustizia sociale ed economica, sviluppo sostenibile, rispetto per le persone e per l’ambiente, attraverso il commercio, la crescita della consapevolezza dei consumatori, l’educazione, l’informazione e l’azione politica. Il Commercio Equo e Solidale promuove una relazione paritaria fra tutti i soggetti coinvolti nella catena di commercializzazione: dai produttori ai consumatori (Agices, Carta Italiana dei Criteri del Commercio Equo e Solidale) (www.agices.org). Il “movimento” a cui ci riferiamo indica un insieme di gruppi, organizzazioni non governative, associazioni e singoli individui relativamente eterogenei dal punto di vista politico e accomunati dalla critica all'attuale sistema economico neoliberista la cui prima comparsa si ritiene comunemente avvenuta intorno al 1999 in occasione del G8 di Seattle, con il “movimento no-global”. Il termine “movimento del cibo” è stato definito da Kloppenburg et al. (2000) come “uno sforzo collaborativo per costruire un’economia alimentare auto-sufficiente a livello locale – in cui la produzione, la trasformazione, la distribuzione e il consumo del cibo sono attività integrate nell’obiettivo di migliorare la salute economica, ambientale e sociale di un determinato luogo”. 17 18 Sito internet: www.viacampesina.org. 19 Ci si riferisce al problema della “convenzionalizzazione” che ha interessato l’agricoltura biologica e che sta coinvolgendo anche il sistema delle produzioni tipiche e locali, dal momento che gli inquadramenti istituzionali e/o politici di riferimento appaiono inadeguati e favoriscono un processo di erosione delle caratteristiche peculiari di questi sistemi (Buck et al., 1997; Guthman, 2004; Moore, 2004; Brunori et al., 2007). 20 Alcuni autori hanno interpretato quest’evoluzione come un processo di “appropriazione” di significati e valori da parte di realtà diverse da quelle originarie che hanno definito gli stessi. 20 commerciali, come i sussidi, previsti dal WTO e dalla PAC, danno un’ulteriore spinta allo sviluppo delle filiere lunghe in tutto il mondo (Gardner et al, 2004). I concetti di locale e biologico diventano uno strumento di marketing, come nel caso della McDonald’s, coinvolta nel lanciare campagna21 di valorizzazione di prodotti tipici e locali. A fronte di questa grande espansione, è dalle stesse aziende agricole facenti parte delle filiere lunghe che viene manifestata la crescente insostenibilità, soprattutto economica, del sistema della Grande Distribuzione e del sistema produttivistico dell’agricoltura. Le critiche vengono recepite dall’UE a partire dal 1992 (Riforma Mc Sharry) con l’introduzione del secondo pilastro della Politica Agricola Comunitaria (PAC), la Politica di Sviluppo Rurale. Nell’ambito di una riflessione di ampio respiro sulle sfide poste dal processo di allargamento dell’Ue, nel documento “Agenda 2000” (1999) si riconosce la necessita di andare verso un nuovo modello di sviluppo dell’agricoltura. La rinascita della filiera corta In risposta alla convenzionalizzazione e alle diverse crisi finanziarie succedutesi nell’ultimo decennio, i movimenti biologici si sono evoluti orientandosi verso istanze di rilocalizzazione e ri-socializzazione del prodotto alimentare con l’obiettivo di reintegrare i valori del movimento biologico originale (Buck et al., 1997; Guthman, 2004; Lockie e Lyons, 2006; Fonte, 2008; Fonte e Agostino, 2008). Oltre alla sovranità alimentare22, questi movimenti organizzati focalizzano la loro azione sui temi della sostenibilità, del localismo e dello sviluppo rurale. Nasce così quello che è stato definito il movimento postbiologico (Moore, 2006) mosso dallo spirito del consumo critico (o consumerismo) che rifiuta le scelte di acquisto basate sulle sole considerazioni economiche, integrando visioni altruistiche volte a evitare le disuguaglianze (Tosi, 2006). Il movimento post-biologico raggiunge l’apice della critica verso la modernizzazione, affrontando non solo questioni ambientali ed economiche, ma anche tematiche etiche e morali. Nasce così il paradigma dell’agricoltura sostenibile multifunzionale che valorizza le conoscenze agro-ecologiche e storico-sociali e favorisce il mantenimento e la valorizzazione dei beni pubblici. Inoltre risponde a una nuova La campagna, denominata “McItaly”, prevedeva la selezione di materie prime di origine nazionale. http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/inbreve/2010/01/26/visualizza_new.html_1677608423.html 21 La «sovranità alimentare» è definita come il «diritto dei popoli a un cibo salubre, culturalmente appropriato, prodotto attraverso metodi sostenibili ed ecologici, in forza del loro diritto di definire i propri sistemi agricoli e alimentari». Definizione tratta dalla Dichiarazione di Nyéléni (Mali), al termine del Forum internazionale per la sovranità alimentare del 2007. 22 21 sensibilità delle amministrazioni pubbliche, dei consumatori e dell’opinione pubblica e poggia su una base produttiva composta in gran parte da piccole imprese (un segmento del mondo della produzione rimasto, in parte, volutamente estraneo ai processi di modernizzazione dell’agricoltura). La filiera corta riacquista forza con i movimenti post-biologici sulla base del concetto di ri-localizzazione che consiste principalmente nello spostamento dell’attività economica verso imprese presenti nella zona, che sono solitamente a carattere medio, piccolo o familiare, ma anche nel sostenere produzioni rispettose dell’ambiente e costruendo reti di relazioni tra consumatori e produttori (Norberg-Hodge, 2005). Si è aperta la nuova fase di ricerca del rapporto diretto tra consumatore e produttore con iniziative che pongono l’accento sulla vendita diretta e creando le cosiddette Reti Alimentari Alternative (Alternative Food Networks – AFN) (Marsden et al., 2000; Fonte e Papadopulos, 2010; Renting et al, 2003; Brunori, 2007; Goodman et al., 2012; Mariani et al., 2010). Queste ultime non sono altro che l’espressione di nuove forme di vendita diretta. Il rapporto diretto tra agricoltore e consumatore è stato un elemento molto importante nella commercializzazione dei prodotti biologici sin dagli anni Novanta (Zamboni, 1993; Santucci, 1998). Negli ultimi anni, tuttavia, si stanno arricchendo le modalità di vendita: ai punti vendita aziendali e ai banchi in mercati si aggiungono una serie di nuove forme come le vendite in abbonamento (box schemes o cassettoni) e i Gruppi d’Acquisto Solidale (GAS) che, tra le altre cose, garantiscono al produttore la diversificazione e la programmazione delle vendite minimizzando le rimanenze (Fonte e Salvioni, 2013). Le prime caratteristiche che la vendita diretta ha messo in luce sono un migliore flusso di informazioni tra i soggetti coinvolti che rendono superfluo il ricorso alla certificazione convenzionale23e il risparmio dei costi d’intermediazione, con una maggiore quota di valore aggiunto che rimane nelle mani del produttore e con un prezzo inferiore per il consumatore (Verhaegen, 2001). Le istanze di ri-localizzazione mirano anche a contenere l’impatto ambientale, anche se questo potenziale non è condiviso da tutti allo stesso modo (Schonhart et al., 2008; Torquati B., Taglioni C., 2010). La caratteristica comune della maggior parte delle AFN è di essere promosse dalla domanda (in inglese sono dette “consumer driven”), per cui sono state ribattezzate “forme 23 Nelle AFN è frequente il ricorso alla Certificazione Partecipata (PGS – Participatory Guarantee Systems), un sistema in cui sono coinvolti tutti gli stakeholders che è costruito basandosi sulla fiducia, sullele reti sociali e sullo scambio di conoscenze”.(http://www.ifoam.org/about_ifoam/standards/pgs.html). 22 di co-produzione”, ovvero situazioni in cui le scelte di produzione sono condivise da produttori e consumatori (Brunori et al, 2010). Secondo dati recenti (Federbio, 2012), tramite questi nuovi canali di vendita le aziende agricole biologiche italiane stanno registrando consistenti aumenti di vendite (figura 1.6). Tali iniziative si caratterizzano anche per la capacità di creare un’azione collettiva in grado di mantenere la sopravvivenza di forme di produzione che sono ritenute vitali per la sostenibilità sociale, economica e ambientale delle aree rurali (Soler et al, 2010). Inoltre, grazie all’eliminazione dell’intermediazione e alla collaborazione tra i membri del gruppo, le AFN perseguono un obiettivo di equità, che rappresenta la possibilità di dare accesso al consumo di prodotti biologici di qualità anche alle classi meno abbienti. Nel prossimo paragrafo vedremo come diversi studi vedono nelle AFN la risposta al sistema agro-alimentare reo di allontanare e separare la produzione del cibo dal suo Figura 1.6: canali di vendita per le aziende agricole biologiche italiane Fonte: FEDERBIO (2012) consumo (Venn et al., 2006). 1.1.1 Forme di filiera corta Data la moltitudine di esperienze che sono state attivate nel mondo, nel presentare le principali forme di filiera corta non vi è lo scopo di essere esaustivi. Tali esperienze differiscono tra loro in primo luogo per i soggetti che le promuovono. Prevalentemente si tratta di consumatori o produttori che adottano le diverse tipologia in risposta all’insoddisfazione di un sistema distributivo di tipo industriale che ha 23 deluso le aspettative (Sonnino e Marsden, 2006; Raffaelli et. al., 2009). Le iniziative sono il frutto dell’auto-organizzazione dei gruppi che definiscono il loro operato nel rispetto di determinati e condivisi principi. Non mancano casi in cui i promotori sono esterni dalla filiera e vedono nel riavvicinamento tra produzione e consumo la possibilità di creare proficue attività. Inoltre, le varie forme di filiera corta si differenziano per lo spirito che anima la loro creazione. Le attività mosse dai consumatori sono nate prevalentemente con lo scopo di garantire accesso ai prodotti biologici a un giusto prezzo; in seguito si è aggiunto anche uno scopo più politico, volto a supportare le realtà agricole locali private del potere contrattuale dal mercato (Van Der Ploeg 2000). Le iniziative dei produttori hanno generalmente l’obiettivo di permettere la sopravvivenza delle piccole aziende agricole. Le aziende coinvolte sono solitamente a carattere familiare e, ristabilendo un rapporto diretto con la propria domanda, riottengono un certo grado di indipendenza e autonomia rispetto alle politiche pubbliche, percependo un reddito maggiore. È comprensibile che tali esperienze siano nate prima nei paesi industrializzati, dove il mercato è maggiormente strutturato e dove i problemi legati all’industrializzazione dei processi agricoli sono più tangibili che altrove. I Farmers’ Market Farmers’ Market (FM) significa letteralmente “mercati dei contadini” o “mercati contadini” e si tratta di una delle forme di filiera corta promosse soprattutto da associazioni di agricoltori. I Farmers’ Market si svolgono spesso in aree riqualificate delle città, in cui gli agricoltori stessi si recano, generalmente una o due volte a settimana, per montare i propri banchi e vendere i prodotti disponibili a seconda della stagione (Marino & Cicatiello, 2012). Lo sviluppo di questi mercati in Europa si deve soprattutto alla presenza di attività tradizionali locali che rivendicano un concetto di qualità basato sulla sostenibilità e sul benessere animale (Sonnino & Marsden, 2006; Ilbery & Maye, 2005). Questi mercati sono frequentati abitualmente da consumatori residenti nelle aree limitrofe al mercato. I Farmers’ Market non comprendono solo agricoltori, ma anche piccole aziende di artigianato o di abbigliamento, che utilizzano tecniche rispettose dell’ambiente e materiali naturali, riciclabili o riciclati. Il primo mercato contadino è stato organizzato in Canada nel 1780. In seguito, nel 1973 è stato fondato l’Ontario Farm Fresh Marketing Association (OFFMA), un’associazione proprio con lo scopo di coordinare le varie esperienze di mercati degli 24 agricoltori. Questi ultimi si sono sviluppati a partire dagli anni Novanta negli Stati Uniti, dove la biologicità e la località dei prodotti erano considerati una filosofia di vita già da diversi anni. Il fenomeno ha guadagnato popolarità dopo l’attenzione dei consumatori verso la qualità (Vecchio, 2009) e costituisce, oggi, una realtà consolidata negli Stati Uniti. I dati dell’United States Department of Agriculture24 (USDA) contano 4.385 mercati attivi sul territorio nazionale nel 2006, con una crescita quasi del 150% dalle 1.755 unità nel 1994 (anno del primo censimento). Dal 200025 i mercati contadini rappresentano una forma diffusa che coinvolge oltre 2.760.000 consumatori ogni settimana. In Europa il fenomeno è più recente: in Gran Bretagna i primi mercati furono inaugurati negli anni Novanta e oggi, secondo i dati della National Farmers' Retail & Markets Association (FARMA)26, se ne contano oltre 550 per un giro d’affari di oltre 300 milioni di euro. L’Italia è probabilmente il paese europeo più ricco di queste iniziative. I mercati dei contadini sono organizzati prevalentemente da associazioni quali Coldiretti27, Slow Food, AIAB28 e associazioni libere di produttori. L’esperienza più diffusa è quella rappresentata dai mercati della Fondazione Campagna Amica29 di Coldiretti con oltre mille iniziative sparse su tutto il territorio. La Fondazione organizza i mercati (“Mercati di Campagna Amica”, MCA) al fine di “promuovere l’estensione capillare dei mercati degli agricoltori e di ogni formula di vendita diretta” per valorizzare le produzioni locali e rispondere alla crescente domanda di cibo genuino. Ai MCA partecipano agricoltori associati, di solito operanti nella stessa regione in cui è ospitato il mercato, che vendono direttamente le proprie produzioni. I produttori sono tenuti al rispetto di un regolamento/disciplinare che prevede, tra l'altro, il controllo dei prezzi massimi praticati, secondo quanto stabilito da un accordo quadro con le principali Associazioni di Consumatori italiane. Nei MCA i produttori accreditati, secondo le regole stabilite dal regolamento/disciplinare, si impegnano a garantire in modo trasparente un risparmio di almeno il 30% rispetto ai prezzi dei prodotti confrontabili comunicati tramite 24 Sito internet: http://www.usda.gov Payne T. (2002), U.S. Farmers Markets-2000, A Study of Emerging Trends, U.S. Department of Agriculture, Agricultural Marketing Service, Transportation e Marketing Programs, Marketing Services Branch. 25 26 Sito internet: www.farmersmarkets.net 27 La Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti (Coldiretti) è la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell'agricoltura italiana. Sito internet: http://www.coldiretti.it 28 L’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (AIAB) è una associazione di produttori, tecnici e cittadiniconsumatori. Sito internet: www.aiab.it 29 Sito internet: www.campagnamica.it. 25 "SMS consumatori". I produttori si impegnano altresì a garantire la provenienza, la tracciabilità, la qualità e la salubrità dei prodotti in vendita. Aderendo al progetto gli agricoltori hanno la possibilità di apporre il marchio di riconoscimento “Campagna Amica”30, che contraddistingue il prodotto agricolo “cento per cento italiano firmato dagli agricoltori”. I prodotti così tutelati sono offerti attraverso un’estesa rete commerciale nazionale sotto diverse forme. La Fondazione, infatti, non si limita all’organizzazione dei mercati, ma affianca a questi anche punti vendita in città, (chiamati “Botteghe di Campagna Amica” o “Botteghe italiane”), presso cooperative, consorzi agrari, agriturismi, aziende agricole, coinvolgendo inoltre la rete della ristorazione a chilometri zero e dei Gruppi di Acquisto Solidali. I Box Schemes Il Box Schemes è una forma distributiva organizzata dall’agricoltore che si occupa del rifornimento di prodotti agricoli stagionali (solitamente biologici) per un gruppo di consumatori convenzionati, i quali accolgono la merce direttamente in casa o al lavoro. Questo servizio viene proposto spesso sotto forma di abbonamento settimanale, quindicinale o a richiesta. Ciò che viene recapitato a casa dell’acquirente è il cosiddetto “cassettone” (o box), la cui composizione è definita in base alla disponibilità. Per offrire una combinazione di prodotti più appetibile, le aziende agricole sono spinte a cooperare in forma associata o fondando cooperative vere e proprie. Talvolta la produzione aziendale, o di cooperativa, può essere integrata con prodotti importati che rispettino determinate caratteristiche. Solitamente quando vi è un’ampia disponibilità di scelta, i consumatori possono scegliere le quantità e la composizione del loro “cassettone”. I vantaggi maggiori per il consumatore sono legati alla freschezza, alla qualità, alla varietà e alla consegna a domicilio, oltre a un ritrovato contatto diretto col produttore. Gli svantaggi sono collegati al costo che può essere alto per via della consegna a domicilio. Questa forma di distribuzione è molto popolare negli USA, in Canada e nel Nord Europa. In Gran Bretagna la Soil Association ha indicato che il fatturato delle iniziative di box schemes corrispondeva a oltre 174 milioni di sterline nel 2012, con un aumento del 4,4% rispetto all’anno precedente. In Italia, Bio bank (2013) ha censito 130 aziende che praticano vendita online di prodotti aziendali con un incremento del 20%. Una crescita che si inserisce a pieno titolo in quella più generale della vendita diretta che nel 2012 è 30 Il regolamento d’uso del marchio www.campagnamica.it/pagineCA/Documents/PUNTI_CHIAVE.pdf. 26 è scaricabile al link: aumentata del 4,9%. La maggior parte delle aziende propone esclusivamente la vendita di prodotti biologici. Al primo posto in assoluto è la Toscana, con 18 siti (13,8%), seguita dalla Puglia, con 16 (12,3%) e dalle regioni Emilia-Romagna e Sicilia, allineate su 15 ecommerce (11,5%). Dal 2004 opera su Roma "Officinae Bio", una Cooperativa di 12 aziende agricole biologiche certificate. L’offerta consiste in un "Cassettone Bio" da 4,5 o 9 kg di frutta e verdura di stagione venduta a prezzo fisso. La maggior parte sono aziende del territorio laziale, ma i prodotti come agrumi o mele provengono da soci di regioni più vocate (Toscana e Calabria). I Gruppi di Acquisto Solidale I Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) sono gruppi di consumatori che si riuniscono per acquistare prodotti direttamente dagli agricoltori (generalmente piccole imprese) e che si basano sui principi del consumo critico. Questa forma di filiera corta si distingue per l’alto grado di partecipazione e coinvolgimento da parte dei cittadini, che si riappropriano della loro sovranità alimentare e definiscono i modi e i principi con cui condividere quest’esperienza. Lo scopo primario è quello di accorciare la filiera e generare un prezzo giusto, rendendo i prodotti biologici più accessibili di quanto non lo siano nelle catene tradizionali. Ma il loro scopo è anche politico e mira alla creazione di occupazione, alla tutela dell’ambiente, all’incremento delle relazioni sociali e dei movimenti locali. Il principio fondamentale è quello della solidarietà in base al quale i consumatori prediligono fornitori che devono essere piccoli, per non concentrare il potere economico nelle mani delle grandi aziende e locali, per poter avere contatti diretti. Inoltre si cerca di seguire i criteri di rispetto dell’uomo, sia per quanto riguarda le condizioni dei lavoratori che per la salute dei consumatori, e rispetto dell’ambiente, in quanto prodotti e produttori non devono generare troppo inquinamento e devono limitare il consumo delle risorse naturali31. Di solito, gli agricoltori effettuano una consegna settimanale in un luogo prestabilito, in cui gli aderenti si recano per ritirare la loro spesa. I GAS possono prevedere la stipula di accordi duraturi con i produttori, tanto da organizzare riunioni periodiche, attività collaborazione nei confronti degli agricoltori, ricerca di lavoratori, risoluzione di problemi, sistemi di aiuto in caso di perdite di prodotto e sistemi di finanziamento anticipato. I GAS organizzano riunioni con i partecipanti anche per raccogliere feedback dei prodotti che 31 ibidem, p.67. 27 hanno comprato e per decidere la politica de seguire. Essi hanno inoltre un ruolo significativo poiché trasmettono la cultura del cibo e possono contribuire a modificare le abitudini alimentari delle famiglie che vi partecipano. I consumatori così riuniti, possono esercitare una critica di massa32 che li porta a ottenere uno sconto nei confronti degli agricoltori, ma allo stesso tempo li sostiene nel passaggio alle tecniche produttive biologiche. Vendita diretta in azienda Questa forma di vendita è tra le modalità più diffuse e forse più antiche. Si tratta di istituire lo spaccio dei prodotti dell’azienda presso la sede dell’azienda stessa. È un’iniziativa dei produttori che comporta diversi vantaggi come il risparmio del tempo connesso agli spostamenti al di fuori dell’azienda, l’eliminazione dei costi di trasporto e di personale, l’ampia disponibilità di prodotti, la riduzione dei rifiuti, la possibilità di offrire ai clienti servizi accessori, come quello di trascorrere del tempo in azienda, di aumentare il valore dei prodotti venduti, di acquistare prodotti freschi. A fronte di questi vantaggi vi sono, tuttavia, alcuni limiti: la disponibilità dei prodotti posti in vendita (limitata a quelli presenti sul luogo di produzione), la quantità di investimenti necessari per rendere lo spaccio aziendale a norma di legge, la soggezione allo stato della viabilità per raggiungere l’azienda e alla pubblicità necessaria per rendere visibile il negozio. Alcuni di questi fattori sono attenuati dal D.Lgs. 228/2001 33 , che permette l’ampliamento della gamma dei prodotti posti in vendita mediante l’acquisto di merci diverse da quelle che sono disponibili in azienda. Inoltre le imprese possono organizzare uno spaccio aziendale collettivo, realizzabile con il coinvolgimento di più aziende aventi prodotti complementari. Questa modalità consente di offrire ai clienti un’ampia scelta di prodotti, realizzata anche con la collaborazione di poche aziende agricole, opportunamente scelte per la diversità delle produzioni. 32 Il concetto di «massa critica» individua, in fisica, la quantità di materiale fissile (uranio, plutonio) necessaria a innescare una reazione a catena, viene utilizzato per analogia dalla nuova cultura emergente per indicare un processo di cambiamento sociale indotto da una minoranza attiva quando raggiunge un certo grado di numerosità o di intensità. Raggiunto questo grado, la pratica si diffonde come una reazione a catena a tutta la comunità. L’antropologa statunitense Margaret Mead scriveva: «Non dubitate che un piccolo gruppo di cittadini coscienti e risoluti possa cambiare il mondo. Questo infatti è quanto è sempre successo» (Nitamo Montecucco, 2009). 33 Sito internet: http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/01228dl.htm 28 La coltivazione diretta Questa forma di filiera corta coinvolge direttamente i consumatori che possono lavorare la terra e contribuendo alla coltivazione dei prodotti che in seguito consumeranno a casa. Questa forma di approvvigionamento si è diffusa negli USA durante gli anni della grande depressione, quando gli agricoltori, non riuscendo ad ottenere un prezzo convenevole per ripagare il lavoro, aprirono le porte ai consumatori per cercare aiuto e collaborazione. La coltivazione diretta da vita a nuove forme di convivialità che si istaurano dal momento in cui si lavora collettivamente. I consumatori ritrovano un contatto diretto con la terra e instaurano relazioni sociali durature. Alcune associazioni o aziende agricole offrono gratuitamente spazio e informazioni in cambio di piccole parti del raccolto oppure chiedono un pagamento fisso, mensile per esempio. Altre aziende invece si occupano della coltivazione, delegando al consumatore il compito di selezionare e raccogliere i prodotti. Orti urbani Per orti urbani si intendono delle aree che si trovano all'interno dei centri abitati e che vengono destinate alla coltivazione di frutta e verdura. La loro presenza permette ai residenti di cibarsi in modo sano e genuino, e favorisce lo sviluppo di un'economia etica e solidale. Gli orti cittadini sono considerati un valido strumento di aggregazione sociale, oltre che di riqualificazione urbana. Gli effetti positivi risiedono, infatti, anche nell’aumento di aree verdi, nel conseguente miglioramento della qualità dell’aria, nella riqualificazione di aree degradate, nel limitare il consumo di suolo (in particolare quello agricolo delle fasce periurbane), e nella valorizzazione del paesaggio attraverso le attività agricole. Secondo gli ultimi dati di Italia Nostra (2013), gli orti urbani occuperebbero un'estensione di oltre 500.000 metri quadrati, ma si stima che in realtà siano molti di più. Sono in crescita anche le iniziative istituzionali che si occupano di ciò. Nel Giugno 2013 sono stati assegnati a Milano 171 orti urbani; lo stesso è avvenuto a Roma con l’assegnazione di 33 orti nel quartiere Garbatella. Altre forme Il fenomeno dell’agricoltura locale è tuttavia molto variegato e si possono includere nella sua pertinenza anche attività per il recupero delle eccedenze di produzione. A tale 29 proposito ci sono le Banche del Cibo, come la fondazione Banco Alimentare34, che si occupano di recuperare le eccedenze alimentari della produzione agricola e industriale per distribuirli a strutture caritative sparse sul territorio. In Italia esiste anche una società spinoff denominata Last Minute Market 35 , nata nel 1998 come attività di ricerca, che promuove il riutilizzo dei prodotti scartati dalla grande distribuzione. L’attività è soprattutto volta all’organizzazione logistica delle donazioni/ritiri tenendo sotto controllo gli aspetti nutrizionali, igienico-sanitari, logistici e fiscali. Infine esistono movimenti indipendenti come il Freeganism36 che recupera le eccedenze alimentari per un consumo privato; mense scolastiche, dove viene privilegiato il consumo di generi alimentari lavorati direttamente sul territorio o reperiti in base al principio del minor numero di passaggi tra produttore e consumatore, con migliori garanzia di mantenimento delle caratteristiche organolettiche grazie al breve tempo di trasporto. Anche programmi di nutrizione e politiche agricole possono rientrare nel computo delle filiere corte. 1.2 Le reti alimentari alternativ e nella letteratura scientifica L’affermarsi delle diverse forme di filiera corta ha suggerito agli studiosi diverse definizioni tra cui “alternative”, “locali”, “civiche”, “sostenibili”, “nuove”, “brevi” (Murdoch et al., 2000; Renting et al., 2003). In Italia vengono tutte chiamate comunemente con il nome di “filiera corta”. In generale la letteratura sull’argomento mette in evidenza come si tratti di un approccio alla filiera agroalimentare basato su una metrica nuova: non più quella della produzione di massa, ma quella dello sviluppo sostenibile e della multifunzionalità (Morgan e Morley, 2002; Feagan e Morris, 2009; Aguglia, 2009; Kirwan, 2004; Ilbery et al., 2004; Fonte e Papadopulos, 2010; Holloway e Kneafsey, 2004; Brunori, 2007), in cui le attività produttive tornano a rapportarsi con le risorse - umane, sociali, ambientali, culturali, istituzionali - dei territori (Renting et al., 2003; Watts et al., 2005; Renting et al., 2008; van der Ploeg e Marsden, 2008). L’aspetto centrale è dato dalla volontà di ri-spazializzare, ri-socializzare ma soprattutto ri-localizzare il cibo attraverso relazioni dirette, credibili e autentiche che si creano tra produttori, consumatori e cibo (Marsden et al. 2000; Renting et al. 2003; Arce e Mardsen, 1993; Watts e Goodman, 1997; Murdoch et al., 2000; Hendrickson e Hefferman, 2002). 34 Sito internet: http://www.bancoalimentare.it/ 35 Sito internet: http://www.lastminutemarket.it/ 36 Sito internet: http://freegan.info/ 30 Tale nuovo sistema ha la caratteristica di attribuire al cibo un valore addizionale rispetto a quello di bene alimentare. Un valore che incorpora anche quello di identificazione con il territorio, migliori relazioni sociali, riduzione dell’inquinamento e solidarietà nei confronti dei piccoli produttori (Goodman e DuPuis, 2002; Sini 2009). Aspetti che vanno ad abbracciare anche considerazioni politiche (Holloway e Kneafsey, 2000; Lockie e Kitto, 2000; Hinrichs, 2000; Guthman, 2002; Goodman e DuPuis, 2002; Renting et al., 2003; Goodman, 2003; Brunori, 2006) e del rispetto dell’ambiente e della salute (Whatmore e Thorne, 1997). Dal punto di vista economico, alle filiere corte viene riconosciuto il merito di redistribuire il potere contrattuale lungo la filiera, in particolare verso i piccoli produttori agricoli i quali hanno la possibilità di riposizionarsi rispetto ai processi di globalizzazione del sistema agroalimentare (Gilg e Battershill, 1998; Goodman 2003). La ri-localizzazione emerge come processo per contrastare la compressione dei prezzi (van der Ploeg, 2000) sfruttando alcuni meccanismi per riottenere potere contrattuale: l’aumento del valore aggiunto per unità di prodotto, la diversificazione dei canali di vendita a livello territoriale e la riorganizzazione dei processi produttivi sulla base della valorizzazione delle risorse interne (van der Ploeg, 2003). In seno alle iniziative di filiera corta, inoltre, si è animato sempre più il sul prezzo giusto dei prodotti agricoli, che non deve solo integrare costi tradizionalmente inclusi dall’analisi economica, ma anche valori incorporati nel prodotto e nei servizi, come la conservazione delle risorse naturali, il rispetto per la dignità dei lavoratori, conservazione della biodiversità e delle conoscenze tradizionali, etc. Il concetto di località Riguardo alla diffusione dei movimenti per il cibo locale, recentemente il dibattito sulle reti alimentari alternative si è focalizzato sulla dimensione territoriale delle filiere corte. L’IAASTD (2009) ha riconosciuto che il sistema del cibo globale è economicamente insostenibile, ma non tutti sono convinti che la ‘località’ sia la soluzione migliore. La ‘località’ è intesa sia in termini di distanza, ricollegando consumatori e produttori nello stesso luogo, sia in termini di metodi di produzione tradizionali e a basso impatto (Fonte, 2008). Il movimento per il cibo locale considera il prodotto autoctono intrinsecamene migliore rispetto alla sostenibilità ecologica, alla giustizia sociale, alla democrazia, alla qualità degli alimenti o alla sovranità alimentare (Hinrichs, 2000, 2003; Allen et al. 2003; Ilbery et al., 2005; Kirwan, 2004; Holloway et al. 2007; Goodman et al. 2011; DeLind 31 2011). Alcuni ammoniscono che questa visione può incorrere nella “trappola del locale” (Born e Purcell, 2006), e trascura aspetti come la distribuzione del potere lungo la filiera, allontanandosi dal concetto di ‘buono, pulito e giusto’ 37 (Hinrichs, 2000), oppure trascurare la diversità e il pluralismo culturale (DeLind, 2011). Altri autori richiamano la necessità di condurre una completa analisi delle cause (Allen e Wilson, 2008) o di effettuare una disamina completa sul ciclo di vita delle produzioni. Goodman et al. (2011) invocano invece un approccio più riflessivo ai movimenti per la localizzazione. Sia in termini ambientali che economici, le produzioni locali non sempre sono efficienti, soprattutto in fase di trasporto (Schonhart, 2008) dato che possono addirittura arrivare a inquinare di più (Standage, 2009). Secondo questa linea di pensiero, solo un'analisi del ciclo di vita del cibo può offrire un'accurata valutazione del volume totale delle emissioni di gas serra, per cui la distanza rappresenta un fattore superabile38. In seguito alle diverse critiche, Holloway et al. (2007) e Seyfang (2006;2009) hanno elaborato degli schemi interpretativi multidimensionali per analizzare le AFN. Holloway ha superato il dualismo tra sistema convenzione e alternativo per soffermarsi sulla natura multidimensionale della relazione tra produttori e consumatori, mentre Seyfang ha elaborato un quadro teorico dove la località è solo una delle cinque dimensioni alla base del consumo sostenibile (sostenibilità ambientale, costruzione di comunità, azione collettiva, costruzione di un nuovo sistema di approvvigionamento alimentare). Per ‘localizzazione’ Seyfang intende un processo verso una economia locale più auto-sostenibile (l’accorciamento delle catene di offerta, l’acquisto di prodotti locali, il rafforzamento dell’economia locale). La sostenibilità ambientale implica la diminuzione dell’impronta ecologica, la riduzione dell’uso delle risorse, la scelta di prodotti e servizi meno intensivi nell’uso di energia, l’adozione di uno stile di vita sobrio. La “costruzione di comunità” si manifesta nelle reti di sostegno e solidarietà sociale, nella crescente partecipazione e nella condivisione di idee e esperienze, nello scambio gratuito di lavoro e di competenze che rafforzano il carattere inclusivo delle relazioni sociali. L’azione collettiva rende possibile controllare le proprie scelte di consumo, cambiando il contesto e Lo slogan ‘buono, pulito e giusto’ indica un nuovo concetto di qualità alimentare lanciato da Slow Food (http://www.slowfood.it) nel suo Manifesto. Le tre parole rappresentano gli elementi di riferimento per costruire una via virtuosa che tutti i soggetti della filiera alimentare (da chi produce fino a chi consuma) dovrebbero seguire. 37 38 Per esempio per le emissioni di CO2, recenti calcoli della Lincoln University dimostrano come la carbon footprint dell’agnello prodotto in Nuova Zelanda e consumato in Inghilterra sia nettamente inferiore a quella della produzione inglese, anche tenendo conto dei trasporti (Standage, 2009). Secondo i dati pubblicati, il trasporto incide soltanto per l’11% sull’energia consumata nella filiera produzione-consumo, a fronte del 26% delle lavorazioni e del 29% della cottura. 32 le norme sociali. Infine costruire nuove infrastrutture è necessario per stabilire nuove forme di scambio tra persone e comunità, sulla base dei nuovi valori alla base della cittadinanza ecologica (Salvioni e Fonte, 2013). La cornice concettuale multidimensionale di Seyfang è una guida utile per esplorare le nuove pratiche di consumo alimentare. I nuovi valori a esse connessi vanno in una prospettiva olistica di consumo sostenibile, in cui ridurre l’impronta ecologica e rafforzare le economie locali sono parte integrante di un processo più complesso di ri-socializzazione e ricostruzione dei ‘luoghi’ e delle comunità (Hinrichs 2000; DeLind 2011). Il concetto di ‘locale’, in questo caso, non è solo identificato dal luogo geografico ma anche dai metodi e dalle conoscenze tradizionali necessari per produrre un cambiamento che sia in grado di stabilizzarsi e contagiare il regime dominante (Jasanoff e Martello 2004: 14). Cittadinanza alimentare e cittadinanza ecologica Dal punto di vista del coinvolgimento attivo dei cittadini, Lamine (et al., 2012) propongono di abbandonare il termine ‘reti alimentari alternative’ e di chiamarle invece ‘reti alimentari civiche’ (Civic Food Networks-CFN) per sottolineare la peculiarità “consumer-driven”. Sotto il profilo della cittadinanza si parla di un nuovo concetto dove tutti gli attori sono chiamati a fare comunità e rete, sostenendosi l’un l’altro. Invece che essere visti come operatori economici indipendenti, produttori e consumatori, collaborano come cittadini in un ottica di cooperazione, sostenibilità e solidarietà (Lamine et al., 2012). La conoscenza e consapevolezza intorno ai temi legati al cibo, diverrebbe una sorta di trampolino di lancio per riappropriarsi del ruolo autonomo e attivo all’interno della società in una nuova dimensione che viene chiamata anche “cittadinanza alimentare” (food citizenship39). Lyson, definisce l’agricoltura civica come quel “sistema organizzato a livello locale del settore agricolo e produzione alimentare caratterizzato da reti di produttori che sono legati tra loro dal luogo”. Con ciò l’autore sostiene che l’agricoltura civica ha le potenzialità per trasformare le persone da passivi consumatori a cittadini alimentari attivi. Così il concetto di cittadinanza alimentare aiuta a definire quello di filiera corta ed è appropriato per identificare il grado di coinvolgimento degli attori all’interno della filiera. Anche Seyfang (2006) parla di cittadinanza, ma “ecologica” (ecological citizenship) (Seyfang 2006, Dobson e Bell, 2006) attenta alle responsabilità associate ai diritti: ad esempio il diritto a un ambiente sano, si associa alla responsabilità ecologica del 39 “Food citizenship” è un concetto nato in USA e Canda coniato da T. Lyson sotto il nome di “Civic Agriculture”. 33 cittadino consumatore. I cittadini si fanno dunque attivi nell’azione per ridurre l’impatto negativo dei loro acquisti e dei loro consumi sull’ambiente. Sotto un profilo istituzionale Lamine (2005) sostiene che le forme di agricoltura locale partecipativa, possono gettare le basi per una maggiore democratizzazione delle scelte da condividere a livello locale. Il coinvolgimento attivo dei cittadini nella ricercacostruzione di alternative indica un bisogno di impegno civico-politico e offre una forma accessibile di cittadinanza attiva (Sassatelli, 2004). Il riavvicinare produttori e consumatori prefigura la possibilità di creare un legame tra le istituzioni e i cittadini non solo nel settore agroalimentare (Leng e Heasman 2004, p 262), e la crisi economica in atto ha rimarcato la necessità di un coinvolgimento dei cittadini nella gestione della cosa pubblica. Filiera corta e forma di governance Il concetto di food citizenship non è limitato alle relazioni nello scambio di mercato e nell’approvvigionamento del cibo, ma anche a nuovi modelli di governance. Un primo esempio è la condivisione degli obiettivi della società attraverso la partecipazione civica, promuovendo la formazione di gruppi di pressione che agiscono nei confronti della collettività stessa e delle istituzioni per ridefinire i ruoli all’interno della società (Renting et al., 2012). La food citizenship è una pratica in grado di promuovere lo sviluppo di una democrazia socialmente ed economicamente giusta, oltre a sistemi agro-alimentari sostenibili (Wilkins, 2005, p. 271). Le forme di governance basate sulla società civile, sono oggi di crescente importanza e sono utili per comprendere le moderne dinamiche di governance dei sistemi alimentari. Inoltre, questa tendenza si sta rinforzando e accelerando, sia grazie all’avvento delle nuove forme di comunicazione (social network), sia a causa della crisi. Questi cambiamenti possono essere visualizzati a partire dal “triangolo della governance” (figura 1.7) che distingue tra stato, mercato e società civile e traccia uno schema dei meccanismi che spiegano il raggio di azione del comportamento umano all’interno della società e i potenziali cambiamenti nelle forme di governance (Rhodes, 1997; Renting, 2008; Renting e Wiskerke, 2010). Negli anni passati lo stato e il mercato sono stati i principali protagonisti nei meccanismi di governance. Lo stato si esprime prevalentemente attraverso la regolamentazione della res publica; il mercato tramite l’uso di meccanismi auto-regolanti tra cui i prezzi, il tasso 34 di interesse e le liberalizzazioni. Invece, la società civile si esprime, invece, attraverso la partecipazione, l’auto-organizzazione e il controllo della democrazia. Figura 1.7: Triangolo della governance: schema tradizionale Fonte: Renting et al. (2012) Applicando il triangolo della governance al sistema agro-alimentare attuale si nota che il ruolo dello stato e del mercato è stato predominante. Il controllo indiretto delle istituzioni democratiche tramite la partecipazione della società civile è limitato alle organizzazioni professionali o a gruppi di interesse come sindacati, organizzazioni di agricoltori e lobbies industriali. Il ruolo dei consumatori è stato dunque ridotto a quello di meri compratori passivi. Per molti anni questa struttura ha permesso il conseguimento di molteplici obiettivi, tra cui l’aumento della produttività, la disponibilità di cibo a basso costo e la stabilizzazione del regime fordista (Friedmann e McMichael, 1989). Il forte potere concesso al mercato ha permesso la creazione di quello che è stato chiamato “impero del mercato” (Hardt e Negri, 2000; Ploeg, 2008), in cui influenti aziende multinazionali hanno il potere di scavalcare la sovranità nazionale dei paesi in cui operano per conseguire i loro obiettivi privati. Questo modello ha anche portato a molteplici e recenti tensioni economiche e crisi sociali. La figura 1.8 visualizza un sistema atto a rivitalizzare e bilanciare i meccanismi di governance verso forme di democrazia più partecipate (Renting, 2012). Il nuovo modo di concepire la struttura relazionale tra le istituzioni e la società civile accresce l’importanza di quest’ultima nei processi decisionali. Ciò è molto importante nei momenti di crisi: quando lo stato e il mercato non riescono ad arrivare a nuove soluzioni, 35 Figura 1.8: Triangolo della governance: schema alternativo Fonte: Renting et al. (2012) la società civile può rappresentare un’importante fonte di innovazione attraverso l’apprendimento collettivo. Questo sistema può sembrare più complicato nel breve periodo, ma Renting et al. (2012) sostengono che a lungo può portare alla costruzione di nuove alleanze, regole e modelli organizzativi più sostenibili del sistema agroalimentare dominante. Esempi in tal senso sono le strategie di governance urbane e territoriali dell’approvvigionamento alimentare, in cui le decisioni sono prese congiuntamente dai governi e dalla società civile (Renting 2008; Lamine et al., 2012, Derkzen e Morgan, 2012). Così facendo le amministrazioni possono aumentare la domanda di prodotti locali e biologici (Morgan e Sonnino, 2008). La filiera corta diventa in questo caso anche uno strumento politico in grado di supportare le istituzioni per la tutela ambientale (Aubry et al., 2008). 36 Capitolo 2 Il Consumo Critico e i Gruppi di Acquisto Solidali I GAS sono una realtà che prende forza dal concetto di consumo critico (Fonte e Salvioni, 2013; CNMS, 2008 2011; Leonini e Sassatelli, 2008; Saroldi, 2002; Fonte et al, 2011, 2013; Rossi e Brunori, 2011). Il consumo critico è una modalità di scelta di beni e servizi, che prende in considerazione gli effetti sociali e ambientali dell'intero ciclo di vita del prodotto, e determina gli acquisti dando a tali aspetti un peso non inferiore a quello attribuito a prezzo e qualità. Concretamente, il "consumatore critico" orienta i propri acquisti in base a criteri ambientali e sociali, che prendono in considerazione le modalità di produzione del bene, il suo trasporto, le sue modalità di smaltimento e le caratteristiche del soggetto che lo produce40 In questi contesti i consumatori superano le logiche legate alla produttività e spostano la loro attenzione su produzioni di qualità legate al territorio. Sulla base di questo assunto, i consumatori sono convinti che esista un modo alternativo di lavorare, produrre e consumare, soprattutto beni alimentari, che porti a una crescita economica sostenibile a livello sociale e ambientale (D’Allestro, 2011). Prima di presentare il dibattito che si è articolato intorno alla questione del prezzo, aspetto centrale di questa tesi, in questo capitolo presento due temi: in primo luogo, la realtà dei GAS a partire dal pensiero del Consumo Critico; e la posizione della letteratura della transizione, che prefigura per loro un ruolo di primo piano nella costruzione di un sistema alternativo di produzione, distribuzione e consumo di prodotti alimentari. 2.1 Il consumo critico Già il concetto di attore sociale era stato accostato a quello di consumatore (Trentmann, 2006). Inizialmente fu posta l’attenzione sul rispetto dei lavoratori da parte delle aziende. Infatti i movimenti di cittadini chiedevano ai consumatori di adottare delle strategie per penalizzare le aziende che adottavano comportamenti scorretti nei confronti dei lavoratori, premiando invece quelle che si comportavano bene acquistando i loro 40 Scheda "Consumo critico" di Unimondo: www.unimondo.org/Temi/Economia/Consumo-critico 37 prodotti (Glickman, 1997). Agli inizi del secolo scorso si svilupparono così diverse associazioni e movimenti che avevano lo scopo di estendere il peso della loro cittadinanza politica. A metà degli anni Sessanta nacquero diverse associazioni in difesa dei consumatori ottennero una serie di vittorie politiche con l’introduzione dei “diritti dei consumatori”: sicurezza, scelta e informazione. Tramite le associazioni di consumatori si riuscì finalmente a dare una voce comune per garantire il rispetto dei diritti. Con l’istituzionalizzazione dei diritti dei consumatori (Sassatelli, 2003) si verifica un ulteriore passo verso la politicizzazione del consumo. Dagli anni Novanta in poi il consumatore ha assunto sempre più un ruolo politico (Leonini e Sassatelli, 2008) e si sono progressivamente diffuse le pratiche di boicottaggio dei prodotti delle multinazionali. I consumatori sono stati invitati a farsi carico degli effetti dei loro comportamenti privati (Micheletti, 2003) con nuove forme di partecipazione politica, che sono state denominate “consumerismo politico”, identificate come nuove forme di “azione collettiva individualizzante”. In seguito, soprattutto dopo le conseguenze della Rivoluzione Verde, il consumo critico si è rivolto anche agli aspetti ambientali e ha abbracciato anche le novità rappresentate dalla globalizzazione, dall’ecologismo, dal salutismo e da altre forme di edonismo come lo slow living, il veganesimo e il freeganesimo. In questa fase, il concetto del “locale”, si è affermato come reazione alla globalizzazione e ha favorito la fuga dei consumatori dai meccanismi di consumo convenzionale spostandoli verso consumi di ‘nicchia’. I concetti di produzione locale e artigianale si sono affermati anche in movimenti di carattere internazionale come Slow Food. Negli ultimi anni questo pensiero si è evoluto verso un approccio responsabile anche verso il settore dei servizi. Il consumo critico si può rivolgere anche all’edilizia, alla mobilità, al settore energetico, alla finanza e al turismo. Oggi arriva a promuovere uno stile di vita basato sull’approccio della sostenibilità sulla base di una molteplicità di motivazioni che spingono i consumatori a interessarsi a questa pratica. Il consumo critico è stato spesso associato a diversi concetti quali la salute, la genuinità, il rispetto dell’ambiente (Demos-Coop, 2006), la qualità, il gusto, l’eguaglianza (in particolare per il Fair Trade) (De Ferran e Grunert, 2005); mentre oggi si sono affacciati anche i concetti di solidarietà, altruismo e socialità (Leonini e Sassatelli, 2008). 38 Attualmente, il lungo percorso di maturazione del pensiero del consumo critico ha preso coscienza delle potenzialità e dei limiti dell’azione personale ed è dunque culminato nell’attenzione alle pratiche di consumo quotidiane delle singole persone (Rebughini, Figura 2.1: I significati del consumo critico Benessere Critica Solidarietà Sobrietà Fonte: Leonini e Sassatelli (2008) 2006). La maggiore spinta per la nuova concezione di consumo critico è quella di sentirsi finalmente parte di un cambiamento storico che viene portato avanti collettivamente e che fa leva proprio sulle potenzialità strategiche dell’azione singolare (Holzer e Sorensen, 2003). I significati del consumo critico Non si tratta quindi di una visione idealistica e sconnessa dal mondo reale, al contrario sembra una realtà in cui gli attori sono molto consapevoli delle loro azioni e dei loro limiti, per questo regna un atteggiamento di prudenza (Leonini e Sassatelli, 2008). Vi è la consapevolezza di voler contrastare un sistema molto strutturato e complesso che è difficile da controllare in modo sistematico (Beck, 1997). Le stesse pratiche di consumo critico sono molto frammentate e diverse tra loro; questo le rende difficili da interpretare e mettere in atto. Leonini e Sassatelli (2008) propongono due visioni del consumo critico: da un lato quello limitato alle proprie azioni quotidiane sotto il profilo critico, non necessariamente costruttivo; dall’altro quello che viene definito “Movimento dei movimenti” e che rappresenta la comune idea di dare un contributo personale a un movimento collettivo di cambiamento che si basa sul cambiamento delle singole abitudini di vita. A questo 39 proposito, per interpretare i significati attribuiti al consumo critico è stata proposta una visione basata su due assi (figura 2.1). Il primo caratterizza la dinamica delle scelte di consumo personali che devono fronteggiare i consumatori. Si divide tra la ricerca del benessere (cura di sé, edonismo, miglioramento della qualità della vita) e la sobrietà dei consumi, che non significano però rinunce o austerità. Per quanto riguarda il benessere, vi è la ricerca di conciliare il benessere fine a se stesso con quello invece caratterizzato da atteggiamenti di responsabilità verso la società e l’ambiente. In questo contesto si apre il dibattito tra etica ed economia, tra consumo privato e gli effetti prodotti dal consumo sulla società. Viene quindi riconosciuta in questo campo l’importanza della coerenza e della consapevolezza dei propri atti di consumo. Ne emerge una nuova concezione di benessere che può essere coniugata a forme di critica sociale (Bovone e Mora, 2007; Rebughini, 2008). La sobrietà, invece, si contrappone al benessere e richiama ad altri concetti di qualità della vita che abbracciano tutta la sfera dei consumi (Leonini, 2000), dalle tecnologie all’alimentazione, soffermandosi anche sul tema della socialità. Nel caso dei GAS la sobrietà rappresenta una variabile fondamentale dalla cui applicazione dipende la capacità di cambiare la qualità della vita nel presente (Gesualdi, 2005; Bologna et al., 2000). Il secondo asse rappresenta l’atto politico del consumo, che caratterizza il “Movimento dei movimenti”. È contraddistinto dalla solidarietà, da un lato, e la critica, dall’altro. La prima rappresenta una nuova rete di relazioni in quanto fa riferimento a concetti di responsabilità, etica, cooperazione e impegno. Questa rete si basa sul riconoscimento del valore di tutti i soggetti coinvolti nelle pratiche di consumo e apre uno spazio etico basato sulla reciprocità da contrapporre alle regole individualistiche del mercato. Questo rapporto di reciprocità è alla base della determinazione del prezzo che presentiamo nel prossimo capitolo. La tendenza verso la critica, invece, identifica quegli atti che vanno verso concetti di sfida, sovversione, resistenza, e che hanno una forte valenza politica. L’espressione della critica però non è fine a se stessa, ma incorpora valori di ricostruzione che vogliono rimanere liberi da compromessi. Tale spazio è fortemente connesso al tema dell’informazione e della trasparenza, sempre meno rintracciabile nelle aziende che operano su mercati globali. In questo spazio emerge l’interesse per l’acquisto locale. Nonostante la complessità della questione non vi è una vera e propria contraddizione in questi aspetti che mettono in atto il consumo critico (Leonini e Sassatelli, 2008). 40 I criteri In “Guida al consumo critico” 41 sono state elencate sei pratiche su cui basare la spesa responsabile: sobrietà, lotta ai rifiuti, consumo locale e naturale, commercio equo, attenzione al comportamento della imprese, consumo senza crudeltà. Queste sono più che altro delle indicazioni che invitano a porsi delle domande nell’ambito dell’acquisto di un prodotto. I principi etici424344 si riferiscono sia all’attenzione verso le pratiche messe in atto dalle aziende, sia alle caratteristiche dei prodotti. Nei confronti delle aziende questi principi sono rivolti a: - Rispetto dei diritti dei lavoratori: sono evitate le aziende in cui non sono garantiti i diritti dei lavoratori e che delocalizzano la produzione. L’attenzione è massima per i produttori dei paesi a Sud del mondo per i quali è preferito l’acquisto dei prodotti equo-solidali che assicurano loro un compenso equo. - Rispetto dell’ambiente: le aziende che attuano pratiche dannose per l’ambiente sono escluse in favore di quelle che applicano criteri e certificazioni che garantiscono il rispetto dell’ambiente. - Aspetti finanziari: sono evitate le aziende che investono in settori speculativi o che comunque non sono eticamente accettabili. - Dimensioni delle imprese: vengono preferite le aziende di piccole dimensioni, che hanno poco potere di mercato e che hanno un legame più stretto con le tradizioni e le usanze locali. Le imprese multinazionali sono invece evitate. - Boicottaggio: viene messo in pratica nei confronti di quelle aziende, soprattutto quelle internazionali, che adottano pratiche scorrette nei confronti dei lavoratori, dei consumatori o dannose nei confronti dell’ambiente. Per quanto riguarda i prodotti in sé si tengono in considerazione diversi aspetti: - Imballaggi minimi: le consegne sono gestite per contemplare il minor numero di imballaggi. Al massimo questi devono essere riciclabili, riciclati, biodegradabili o compostabili. Spesso viene promosso il riciclo dei barattoli e di altri contenitori. - Ciclo produttivo: sono da preferire le materie prodotte con un basso impatto ambientale o provenienti dal riciclo. Sono preferite le produzioni da energie rinnovabili e poco inquinanti. - Durabilità: sono preferiti i prodotti che durano nel tempo a quelli usa e getta. - Provenienza: la provenienza del prodotto deve essere certa, tracciabile e locale, o comunque più vicino possibile, al fine di contenere le foodmiles, di tutelare la freschezza e di instaurare rapporti di vicinanza con i produttori (vedi gite o aiuto nella raccolta dei prodotti). - Freschezza e la stagionalità: sono da preferire i prodotti freschi e di stagione per contenere l’energia necessaria alla produzione in serra o al congelamento. Inoltre sono preferiti prodotti 41 Centro Nuovo Modello di Sviluppo (2011), “Guida al Consumo critico” , Ponte alle Grazie, Milano. 42 Francesco Gesualdi, “Manuale per un consumo responsabile” ,Feltrinelli 43 Movimento Gocce di Giustizia, “Mini Guida al consumo critico e al boicottaggio”, La Tortuga 44 www.unimondo.org/Temi/Economia/Consumo-critico 41 poco trasformati anche per promuovere la socialità e il recupero del piacere nel cucinare e condividere. - Metodi di coltivazione naturali: i metodi biologici, biodinamici o naturali sono da preferire per il fatto di essere maggiormente rispettosi dell’ambiente e delle condizioni di lavoro. Quello del consumo critico è un pensiero che può essere portato avanti sia a livello singolo che collettivo. A riguardo i Gruppi di Acquisto Solidali rappresentano una realtà molto complessa dei fenomeni che costituiscono il consumo critico, apprezzabile soprattutto se osservata da vicino. Con queste pratiche consumatori dimostrano che è possibile conciliare il proprio benessere con l’acquisto di prodotti etici ed ecologici, rispettosi della società. Il fenomeno dei GAS appare un mondo molto compatto anche se presenta molte ambivalenze e contraddizioni: le sfide che si pongono sono soprattutto quelle di costruire un sistema alternativo di approvvigionamento alimentare che prenda in considerazione il cambiamento delle abitudini e il perseguimento del risparmio (Williams e Paddock, 2003). 2.2 I GA S in Italia Sin dagli anni Novanta sono iniziate a fiorire quelle attività volte a ri-spazializzare la filiera agricola mettendo in contatto produttori e consumatori. Il primo Gruppo di Acquisto Solidale (GAS) è nato a Fidenza nel 1994 su ispirazione del convegno tenutosi l’anno precedente, organizzato all'Arena dai Beati Costruttori di Pace 45 dal titolo Quando l'economia uccide...bisogna cambiare46. Il cambiamento auspicato mirava a modificare la struttura del consumo familiare secondo criteri di rispetto dell’ambiente e delle persone (Sassatelli e Rebughini, 2008). In quell’occasione un gruppo di famiglie di Fidenza decise di mettere in pratica il bisogno di cambiamento e di riflettere sui propri consumi, utilizzando criteri di giustizia e solidarietà. Mettendo a disposizione il proprio tempo libero, quelle famiglie hanno intrapreso la strada dell’acquisto diretto presso le aziende agricole che producevano prodotti “buoni e sani”47. Gli altri GAS si sono sviluppati per contagio48 o per scissione. Il primo caso si verifica quando gruppi di persone interessate entrano in contatto con queste realtà e decidono di replicarla nel loro territorio, con le loro forme e modalità. Il secondo avviene 45 Associazione Nazionale di Volontariato. Sito internet: www.beati.org 46 Sito internet: http://www.bilancidigiustizia.it 47 Anonimo “a fidenza dieci anni fa”, Terre di mezzo n 123, marzo 2005, p 25 48 Valera Lorenzo, GAS. Gruppi di Acquisto Solidali, Terre di Mezzo, MILANO, 2005, P.18. 42 $!#%" $!#$" $!##" $!#!" $!!+" $!!*" $!!)" $!!(" $!!'" $!!&" $!!%" $!!$" $!!#" $!!!" #+++" #++*" #++)" #++(" #++'" #!!!" +!!" *!!" )!!" (!!" '!!" &!!" %!!" $!!" #!!" !" #++&" Figura 2.2: Numero di GAS iscritti alla Rete dal 1994 a oggi Fonte: Elaborazione personale dei dati presenti sul sito www.retegas.org. quando un gruppo, diventato numericamente troppo consistente si scinde in due o più sottogruppi. Ciò può avvenire per evitare di snaturare la dimensione sociale della comunità, per difficoltà organizzative o logistiche, ma anche per diversità di vedute o divergenze tra i partecipanti. I GAS nascono dunque spontaneamente per iniziativa dei cittadini e si coordinano tramite il sito della Rete Nazionale dei GAS dove buona parte di essi sono registrati. Nel sito è possibile risalire a una scheda informativa che offre la descrizione del gruppo e i contatti. I gruppi nascono e si modellano a seconda del contesto in cui sono creati. Analizzando il numero di iscrizioni alla Rete Nazionale dei GAS (figura), si può notare come questi si siano moltiplicati con un ritmo esponenziale fino a raggiungere le 959 unità nell’Agosto 201349 includendo una decina di reti a livello locale. Il maggior incremento si è registrato tra il 2008 e il 2009 e il loro trend è in continua crescita. Sebbene sia possibile trovare alcuni gruppi non attivi iscritti alla rete, tali stime sono da considerare in difetto poiché molti gruppi decidono di non palesare la loro esistenza sul web, preferendo farsi conoscere sul territorio attraverso le associazioni di quartiere o il passaparola. I GAS sono spesso inseriti all’interno di associazioni che affiancano l’approvvigionamento di prodotti ad altre attività. Come per il GAS di Fidenza, anche i nuovi gruppi si sono strutturati a partire da amici e conoscenti, e sempre più spesso si appoggiano a realtà già esistenti, quali botteghe del Commercio Equo-solidale, organizzazioni di cooperazione internazionale, gruppi politici, parrocchie, Rete Lilliput, Banca Etica, Legambiente, ecc. 49 Fonte: www.retegas.org. 43 Tabella 2.1: Ripartizione per regione dei GAS iscritti alla Rete Nazionale N° DI GAS ISCRITTI REGIONE ALLA RETE Lombardia 249 Toscana 123 Piemonte 98 Lazio 87 Veneto 85 Emilia‐Romagna 84 Liguria 31 Marche 31 Puglia 28 Sicilia 28 Campania 23 Trentino Alto Adige 20 Friuli‐Venezia Giulia 15 Abruzzo 13 Umbria 13 Sardegna 10 Calabria 9 Valle d’Aosta 5 Basilicata 4 Molise 3 Tot 959 Fonte: Elaborazioni personali di dati presenti su www.retagas.org I GAS sono distribuiti su tutto il territorio italiano, ma in quantità maggiore nel Nord Italia (tabella 2.1) che conta 587 gruppi contro i 254 del Centro e i 118 del Sud. Secondo alcuni partecipanti ai GAS questi sono in rapida espansione per la continua crisi in cui versa il modello di sviluppo contemporaneo e la realtà dei GAS rappresenta “un luogo dove trovare un rifugio in cui le persone ritrovano un senso di soddisfazione ormai perduto” 50. Gli obiettivi Si tratta di gruppi auto-organizzati di famiglie di consumatori che acquistano insieme prodotti (alimentari e non) attraverso una relazione diretta con i produttori, con riferimento a principi etici condivisi (Brunori et al. 2007; Rossi e Brunori 2011; Brunori et al. 2011). Alla base della loro azione vi è un sentimento di sfiducia e insoddisfazione nei confronti del modello agroalimentare dominante, che rende inaccessibile il cibo sano, pulito e giusto (Fonte, 2011, 2013 ; Geels e Schot, 2007). I GAS rappresentano una delle forme di filiera corta più spontanee e informali: si caratterizzano per essere una delle esperienze consumer-driven di maggior successo (Brunori et al., 2011). Si sono sviluppati a partire dai GA (gruppi di acquisto tout court) che hanno lo scopo di spuntare un prezzo migliore, ma sono connotati come esperienze di consumo critico (Saroldi, 2002; Valera, 2005) 50 AAVV, Fa la cosa giusta! Guida pratica al consumo critico e agli stili di vita sostenibili a Milano e in Lombardia, Terre di Mezzo, Emi, 2005. 44 perché il loro obiettivo è di stabilire una “nuova economia delle relazione e dei luoghi”51 (www.retegas.it). I GAS sono stati riconosciuti dalla Legge Finanziaria 200852 che nell’Articolo 1 paragrafo 266, li definisce come “soggetti associativi senza scopo di lucro costituiti al fine di svolgere attività di acquisto collettivo di beni e distribuzione dei medesimi senza applicazione di alcun ricarico, esclusivamente agli aderenti, con finalità etiche di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale, in diretta attuazione degli scopi istituzionali e con esclusione di attività di somministrazione e vendita”. Inoltre il comma 267 sottolinea che non sono soggetti ai regimi di imposizione fiscale come le attività a fini commerciali: “le attività svolte dai soggetti di cui al comma 266, limitatamente a quelle rivolte verso gli aderenti, non si considerano commerciali ai fini dell’applicazione del regime di imposta di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 63353, ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 4, settimo comma, del medesimo decreto, e ai fini dell’applicazione del regime di imposta del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 91754”. Il Documento Base dei GAS55 (Retegas, 1999) specifica che la finalità di un GAS è quella di “provvedere all'acquisto di beni e servizi cercando di realizzare una concezione più umana dell'economia, cioè più vicina alle esigenze reali dell'uomo e dell'ambiente, formulando un'etica del consumare in modo critico che unisce le persone invece di dividerle, che mette in comune tempo e risorse invece di tenerli separati, che porta alla condivisione invece di rinchiudere ciascuno in un proprio mondo (di consumi)” (Retegas, 1999). Ogni GAS è formato mediamente da circa 30-80 nuclei familiari 56 dove il singolo partecipante è definito con il termine di gasista. Ciascun GAS organizza autonomamente l'approvvigionamento di una determinata categoria di prodotti (verdure, frutta, latticini, 51 Questo è il titolo dell’ assemblea GAS-DES svoltosi il 22-24 giugno 2012 presso la Golena del Furlo (PU). 52 Legge 24 Dicembre 2007, n. 244. “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (L.F. 2008)” (G.U. n. 300, - Suppl. Ord. n.285). (http://www.parlamento.it/parlam/leggi/07244l.htm) 53 “Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto” (GU n.292 del 11-11-1972 - Suppl. Ordinario ). (http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:presidente.repubblica:decreto:1972-10-26;633 ) 54 “Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi” (GU n.302 del 31-12-1986 - Suppl. Ordinario). (http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:presidente.repubblica:decreto:1986-12-22;917) 55 Il Documento base dei GAS reca il titolo “I Gruppi di Acquisto Solidale. Un modo diverso di fare la spesa” (http://www.retegas.org/index.php?module=pagesetter&func=viewpub&tid=2&pid=3) 56 Mantenere una misura limitata è considerato importante per molti gruppi, per sviluppare relazioni personali tra tutti gli aderenti. Un nucleo familiare sta qui per un gruppo di persone che vivono insieme, può essere anche un gruppo di studenti che coabitano o una persona singola. 45 carne bovina, ecc.) in base alle esigenze che emergono durante le riunioni57, cuore pulsante di molti gruppi. Organizzazione L’organizzazione base dei GAS è quella di creare delle sotto-reti (sub-networks) in virtù della partecipazione olontaria dei gasisti58. L’attività di un GAS comincia di solito con la raccolta di informazioni sui produttori che rispondono ai principi etici dell’economia solidale tramite contatti personali, ricerca sul territorio, ricerca online e informazioni dalla rete GAS. L’organizzazione di un GAS dipende dalla struttura che i partecipanti decidono di mettere in piedi. I coordinatori o referenti programmano i cicli di ordine e ritiro (figura 2.3) in riunione con tutti gli altri aderenti. Con riferimento alla definizione del ciclo si affrontano le questioni che riguardano: i prodotti ordinabili, i produttori che effettueranno la consegna, i tempi di apertura e chiusura degli ordini, il momento in cui il prodotto sarà distribuito, le modalità di pagamento, i prezzi, la frequenza degli ordini e altro. Figura 2.3: Esempio di un ciclo ordine-ritiri-riunione GIORNO 1 Apertura del periodo d'ordine e raccolta degli ordini GIORNO X Riunione: feedback , condivisione e ri‐ organizzazione GIORNO 3 Chiusura dell'ordine e invio al produttore GIORNO 5 consegna con contestuale riitiro e condivisione da parte degli aderenti GIORNO 5 ‐‐> X Consumo, condivisione, gite, co‐produzione, partecipazione Fonte: Elaborazioni personali Talvolta la figura dei coordinatori non coincide con quella dei referenti. In questi casi il referente è un gasista che si occupa esclusivamente di mantenere i rapporti con un 57 Non è infrequente che alcuni GAS decidano di non prendere in considerazione prodotti di provenienza animale, in un pieno stile vegano, o preferiscano evitare l’approvvigionamento di carne per sensibilizzare i partecipanti sui temi legati all’allevamento. 58 In alcuni casi si può prevedere che un gasista venga retribuito per una mansione che svolge, in tale caso la retribuzione e le possibili alternative sono solitamente discusse all’interno del gruppo. 46 singolo produttore. È la somma dei coordinatori-referenti che permette a un GAS di avere un’ampia offerta di prodotti e di essere attivo e coinvolgente nei confronti dei produttori e dei gasisti stessi. Nella figura 2.4 è riportato un esempio di struttura organizzativa di un GAS dove le frecce di colore diverso rappresentano il grado di relazioni (più è scuro più il contatto è forte). I coordinatori interagiscono tra loro intensamente e comunicano con tutti gli altri aderenti, organizzano il lavoro e possono assegnare singoli compiti ai referenti. Il compito dei referenti è quello di stringere i contatti con il produttore, aggiornare il listino e inviargli l’ordine in tempo utile alla consegna e che la stessa avvenga in un orario e luogo prestabilito, di solito la sede del GAS. I referenti mantengono un flusso costante e trasparente di informazioni verso i gasisti che non partecipano direttamente nella gestione del GAS, i quali ricevono le informazioni prevalentemente tramite internet o social network. Figura 2.4: Esempio di una struttura organizzativa di un GAS Coordinatori Referenti Produttori Aderenti al GAS Fonte: Rielaborazione su Brunori et al. (2011) In questo modo i GAS organizzano dei cicli periodici costanti di ordini e ritiri che avvengono perlopiù settimanalmente. I prodotti freschi, come frutta, verdura e uova, sono generalmente ordinati e consegnati ogni settimana; mentre i prodotti conservabili (carne, marmellate, biscotti, pasta, olio, vino) o non deperibili (vestiti, detersivi, detergenti, carta) hanno cadenze diverse che possono essere mensili, bimestrali, trimestrali e così via. Dal canto loro, i singoli aderenti, che non hanno un ruolo definito all’interno del GAS, interagiscono in un’atmosfera amichevole e solidale, che è alla base di quello che può essere definito l’humus culturale che permette ai consumatori di cambiare le proprie abitudini. I produttori possono anche autoorganizzarsi tra loro per offrire un migliore 47 range di prodotti o ottimizzare alcuni passaggi produttivi (in alto nella figura si può vedere un triangolo di tre produttori con tre frecce di colore scuro). Altre possibili strutture possono essere più o meno verticistiche con un diverso grado di interazioni. In alcune solo i coordinatori mantengono i contatti con i produttori e interagiscono tramite email con gli aderenti. In altre tutti i partecipanti mantengono i contatti con almeno un produttore e partecipano attivamente alle decisioni e al coordinamento del GAS. Tra questi si possono attivare delle sotto-reti tra coordinatori/referenti per attivare progetti specifici. Le sotto-reti sono caratterizzate da un alto grado di flessibilità per adattarsi alle caratteristiche peculiari del network. La flessibilità può comportare l’attivazione o disattivazione delle sotto-reti, nel rispetto dei bisogni personali degli aderenti (come esempio la rinuncia temporanea di un coordinatore a causa di motivi personali), alle necessità logistiche (per esempio la vicinanza di un gasista rispetto al punto di smercio), alle caratteristiche specifiche del prodotto (nel caso del Parmigiano Reggiano è necessario effettuare un ordine consistente) e alle necessità specifiche di un produttore, che può avere necessità di consegna particolari, come nel caso dei prodotti da frigorifero. Quando questi sotto-cicli lavorano a regime, è necessario un alto grado di interazione per variare la logistica e per far coincidere lo scarico dei prodotti con il ritiro da parte degli aderenti. Solitamente la consegna è circoscritta a un determinato periodo di tempo e luogo, in cui i consumatori e produttori possono incontrarsi e interagire, instaurando relazioni personali, immediate e legate a uno spazio condiviso (Lyson e Green, 1999). Un punto chiave dei GAS è quello della riunione periodica, solitamente organizzata su base mensile, alla quale è consentito partecipare a tutti i membri del gruppo. Gli argomenti della discussione sono frequentemente riferiti all’organizzazione interna, ai criteri di selezione dei produttori, a nuove iniziative e ai feedback per i prodotti ordinati in precedenza. Questo è in realtà solo uno dei modi più formalizzati con cui i partecipanti interagiscono. La maggior parte delle interazioni, infatti, avviene tramite internet, prevalentemente via email. Alcuni GAS hanno formalizzato la loro organizzazione in delle associazioni, di solito però si tratta di gruppi che operano in via informale, dove il processo decisionale è affidato prevalentemente alle riunioni. Quando un GAS cresce di dimensione, la struttura organizzativa può variare oppure il GAS si divide in due o più gruppi, con caratteristiche simili al precedente ma spesso anche con caratteristiche diverse. 48 Quando il GAS diventa Rete Nel 1997 nasce la Rete Nazionale dei GAS allo scopo di collegare tra loro i diversi gruppi, scambiare informazioni sui prodotti e sui produttori, e diffondere le idee alla base della creazione dei gruppi d'acquisto. La rete dei GAS lavora a diversi livelli: la rete nazionale e quelle locali, che fungono da punti di scambio e di confronto tra le varie realtà e come stimolo o “tutoraggio” per i nuovi gruppi. Nel 2001 la Rete si evolve con la creazione di uno spazio virtuale, rappresentato dal sito internet www.retegas.org, che realizza la volontà di un confronto costante tra le varie esperienze. L’attività all’interno dei Gas permette di innescare un meccanismo virtuoso che porta a sviluppare una riflessione più ampia sugli aspetti della vita quotidiana (in particolare del consumo), e conduce consumatori e produttori verso la creazione di una rete di relazioni a livello locale e nazionale. Questa rete si concretizza nell’esperienza dei Distretti di Economia Solidale (DES) e della Rete Nazionale dei GAS. La prima è un’espressione creata e definita per la prima volta nel 2002 all'interno di un gruppo di lavoro che ha creato la “Carta per la Rete Italiana di Economia Solidale” (RES Italia)59. Tale gruppo si è evoluto nel “Tavolo nazionale RES”, disciplinato da un regolamento, visionabile sullo stesso sito. Il concetto di DES viene collegato con quello più ampio di RES. Quest’ultime sono volte a creare “un'economia diversa, basata sulle seguenti caratteristiche: reciprocità, cooperazione, giustizia sociale, rispetto per la persona, rispetto per l'ambiente, partecipazione democratica, impegno nell'economia locale, rapporto attivo con il territorio, disponibilità a entrare in relazione di rete con le altre esperienze di economia solidale per un percorso comune e impiego degli utili residui per scopi di utilità sociale”. Per RES si intende il collegamento relazionale organico fra soggetti che intendono partecipare al progetto delineato nella carta, finalizzato alla creazione dal basso di una nuova economia con le caratteristiche sopra riportate. I DES si configurano come quei “laboratori di sperimentazione civica, economica e sociale, in altre parole come esperienze pilota in vista di future e più vaste applicazioni dei principi e delle pratiche caratteristiche dell'economia solidale”. Essi sono gli strumenti territoriali di base attraverso i quali le RES realizzano sui territori singoli il progetto dell'economia solidale. Attraverso il collegamento organico di tutti i DES si creerà la nuova economia solidale anche ai livelli provinciale, regionale e nazionale (www.retecosol.org). 59 Sito internet: www.retecosol.org 49 Un DES è un territorio dove prendono importanza, crescono e si affermano sempre più alcune pratiche virtuose già esistenti, sulla base dei principi di contiguità territoriale, collegamento geografico, collegamento storico e contemporaneo negli scambi culturali ed economici, facilità di interazione fra i soggetti partecipanti. Il suo aspetto essenziale è che le pratiche virtuose crescono congiuntamente le une dalle altre, ma in una più efficace ottica di rete, organizzata e consapevole, democratica e orizzontale, sostenendosi e rafforzandosi reciprocamente sul territorio del DES, con un'ampia partecipazione della comunità cittadina e con il fine di creare dal basso una nuova economia ecologica e solidale. In questo modo i consumatori critici (già organizzati nei GAS) e i piccoli produttori possono mettersi in contatto con le altre realtà dell’economia solidale e creare prodotti e servizi (botteghe equosolidali, turismo responsabile, finanza etica, cooperative sociali, ecc...), coinvolgendo anche le Pubbliche Amministrazioni e sensibilizzando le famiglie e i cittadini per farli incontrare in un circuito economico che si auto-sostiene. Un’iniziativa esemplare per capire quali sono le finalità dei DES è rappresentata dal progetto Spiga & Madia (http://des.desbri.org/), sorto su iniziativa del Comitato verso il DES della Brianza, un’associazione di promozione sociale creata a Monza nel 2006. Il progetto è nato con lo scopo di ricostruire una filiera di pane biologico interamente gestita in un territorio (la Brianza monzese) di circa 50 km di raggio. Nel 2006, con la stipula di un patto60,, gli attori coinvolti si impegnano a pianificare i propri consumi (in farina e/o pane) nell’arco di un anno. In funzione della richiesta effettiva la cooperativa si impegna alla semina di una equivalente superficie di terreno capace di produrre (biologicamente) il frumento tenero necessario a soddisfare i bisogni. Il gruppo di consumatori si impegna inoltre alla copertura di parte dei costi anticipati per la semina, subordinandoli al raggiungimento delle rese attese per ettaro. Si costituisce così un fondo di rischio e mutualità tra consumatori e produttori in cui i primi non solo partecipano con un prefinanziamento ma si impegnano anche a condividere il rischio imprenditoriale con il secondo. La cooperativa, in cambio, si impegna alla costruzione di un “prezzo trasparente”, che definisce preventivamente i prezzi riconosciuti ai produttori agricoli partecipanti al patto per tutta l’annata agraria. Al momento della rilevazione il pane veniva venduto a circa 3,3 euro al kg. 60 Il patto è visibile al seguente sito internet: http://des.desbri.org/spigamadia/patto 50 2.2.1 I GAS a Roma I primi GAS a Roma furono costituiti tra il 2001 e il 2003, ispirati dall'esperienza dei GAS nel Nord Italia. Nell’ambito del progetto PRIN 2008 Agricoltura locale e consumo sostenibile nelle reti alimentari alternative è stato possibile mappare 100 GAS attivi in Figura 2.5: Mappa di 100 GAS censiti nella provincia di Roma Fonte: www.agriloc.unina.it Roma e provincia con le rispettive schede informative61 (figura 2.5). In realtà si stima che siano più di 160 e, come avviene per i GAS in Italia, hanno una dimensione media compresa fra 30 e 80 famiglie62. Questa cifra è considerata da alcuni gruppi una dimensione ideale per avere una massa minima di ordini e di risorse umane disponibili per i vari compiti organizzativi. Da un campione di 28 GAS romani è emerso che raccolgono un numero variabile di ‘nuclei’ o ‘famiglie’ aderenti, da un minimo di cinque a un massimo di duecento, con una distribuzione molto dispersa tra le varie classi dimensionali (Tabella 2.3) 61 Riporto qui di seguito i risultati parziali di tale progetto finanziato dal MIUR, portato avanti dall'unità di ricerca dell'Università di Napoli Federico II coordinata da Maria Fonte. L'unità di ricerca è costituita da Maria Fonte (responsabile scientifico), Mariella Eboli, OrnellaWanda Maietta, Cristina Salvioni. Tali risultati sono stati presentati al XIII World Congress of R ural Sociology, tenutosi a Lisbona nell’Agosto 2012 e pubblicati in Fonte et al. (2011) e in Fonte e Salvioni (2013). 62 Tale dato è emerso da un campione di 28 dei 160 GAS di Roma. 51 La maggior parte dei GAS di Roma opera in modo informale: sono pochi quelli che sono registrati come ONLUS o associazioni di promozione sociale (Fonte et al., 2011 ). Dal punto di vista anagrafico gran parte degli aderenti si trovano nella fascia di età compresa tra i 35 e i 50 anni, con un livello di istruzione medio-alto e, per quel che riguarda l’occupazione, troviamo soprattutto impiegati del settore pubblico (scuola, università, ospedali, poste), liberi professionisti (medici, archeologi, psicologi, giornalisti), ma anche artigiani, giornalai, studenti e precari di varie fasce di età. Tabella 2.3: Dimensione di un campione di GAS romani N. Famiglie aderenti fino a 19 20 – 29 30 – 39 40 – 80 > 80 Totale N. di GAS 4 3 9 10 3 28 Fonte: Fonte e Salvioni (2013) Si tratta della classe media la cui percezione diffusa è che i prodotti biologici o ‘naturali’ non sono accessibili per chi vive con un budget limitato (Fonte e Salvioni, 2013). Dal punto di vista economico, la stessa indagine ha avuto accesso ai dati sulla spesa del 2010 di 13 dei 28 GAS intervistati evidenziando una spesa annua di 649.500 euro, con una media per gruppo di circa 50.000 euro. Generalizzando i dati sui 160 GAS di Roma (e provincia) si può stimare una spesa complessiva nel 2010 di circa 8 milioni di euro. Questa cifra è considerata soggetta a possibili variazioni a seconda del numero di famiglie che acquistano regolarmente, la cui spesa media annuale risulta pari a 700 euro. Il confronto è stato fatto prendendo come riferimento la spesa media mensile delle famiglie del Lazio per l’acquisto di cibo, pari a 480 euro mensili secondo l’Istat. Tenendo conto che la spesa fatta presso i GAS è generalmente a prezzi più bassi, Fonte (2013) ritiene che circa il 20 % della spesa alimentare mensile delle famiglie è speso attraverso il sistema di approvvigionamento dei GAS. Tutti i partecipanti ai GAS hanno dichiarato di comprare prodotti alimentari anche presso altri canali di filiera corta: mercati contadini, spacci aziendali e altre filiere alternative. Tuttavia, appare evidente che attualmente la spesa fatta con il GAS non sostituisce totalmente le catene di offerta convenzionali. I GAS di Roma hanno origini ideologiche diverse legate ai soggetti che ne hanno intrapreso l’iniziativa: associazioni culturali, ambientali e sportive, botteghe del 52 commercio equo, centri sociali, partiti politici, gruppi scout, soggetti legati alla chiesa, luoghi di lavoro, gruppi di madri in ambienti scolastici (tabella 2.4). Tutti sono chiamati generalmente Gruppi d’Acquisto o GAS, ma vi sono alcune sfumature. I GAS in senso stretto promuovono la partecipazione attiva tra tutti i componenti e cercano produttori che rispettano principi di economia etica e solidale; esistono poi i GASF (Solidali e Familiari) che pongono l’accento sui problemi delle famiglie e la partecipazione è vista più come condivisione dei problemi delle famiglie; altri funzionano come un ‘servizio’ presso associazioni culturali, sportive, sedi di partito o presso luoghi di lavoro. Tabella 2.4: contesto di nascita di un campione di GAS romani Contesto sociale / ideologico N. di GAS Botteghe del commercio equo Centri sociali Esperienza Scout GASP Spiritualità cattolica Associazioni culturali, ambientali, sportive Partiti politici Posto di lavoro Gruppo di madri presso le scuole Altri Totale 4 3 2 2 2 6 3 2 2 2 28 Fonte: Fonte e Salvioni (2013) Questi possono prevedere un’organizzazione più verticistica in cui si cercano soluzioni meno complesse per l’approvvigionamento dei prodotti. Anche i GASP (Gruppi d’Acquisto Solidali e Popolari) promuovono la partecipazione attiva degli aderenti in tutti i rami della gestione (ordini, consegne, organizzazione delle riunioni, ecc.). Sono nati come GAP63 (Gruppi d’Acquisto Popolari) con l’obiettivo di contrastare il carovita e hanno progressivamente incorporato la solidarietà come principio base. La visione dei GAS di Roma Nei GAS di Roma esistono due concezioni riferite alla loro attività (Fonte et al., 2011; Fonte e Salvioni, 2013). Nonostante la diversità di ideologie, alcuni vedono il GAS come ‘servizio’ per i propri colleghi o soci, con l’obiettivo principalmente di offrire un canale alternativo, più ‘umano’ che possa garantire un buon rapporto qualità prezzo; altri I GAP sono originati dalle iniziative contro il carovita promosse da Rifondazione Comunista ma oggi operano in modo del tutto indipendente. 63 53 (la maggioranza) hanno un approccio più politico: vedono gli acquisti tramite i GAS come una strategia di consumo critico, che mira a cambiare la struttura dell'economia e della società. Tra questi ultimi una parte vuole indurre il cambiamento nel sistema a partire da un cambiamento ‘immateriale’, inteso come cambiamento culturale e nelle relazioni sociali e chi invece intende la trasformazione in maniera strutturale, come impatto economico, considerato il solo capace di provocare un cambiamento socio-politico (Fonte e Salvioni, 2013). Queste due visioni non sono contraddittorie ma convivono nello stesso gruppo. I GAS di Roma esprimono un interesse comune per i cibi biologici e, in particolare, per la questione legata alla non accessibilità di questi prodotti all’interno dei canali convenzionali. L’obiettivo comune sembra essere quello di costruire un sistema per l’approvvigionamento di alimenti biologici accessibile anche a redditi medi e medio-bassi (Fonte et al., 2011; Brunori et al., 2010). Questo punto di vista è dovuto al fatto che, nonostante gli alimenti biologici siano considerati più sani e di migliore qualità degli alimenti convenzionali e che siano ambiti da tutti, nei negozi specializzati o nei supermercati non sono accessibili a tutti per i prezzi troppo elevati. Secondo alcuni partecipanti dei GAS di Roma i prezzi dei prodotti biologici nei negozi specializzati (paragonati a “negozi di gioielleria”) sono “esagerati” e “inaccessibili” (Fonte, 2011). Tali valutazioni rendono più esplicito quanto già è espresso nel Documento base, dove i GAS sottolineano la necessità di rendere disponibili i prodotti biologici alle fasce di reddito basse o medio-basse: “trattandosi spesso di prodotti di nicchia, con uno scarso mercato e una scarsa capacità distributiva da parte dei produttori, i prezzi sono alti e disincentivanti per le molte famiglie a basso reddito. Il GAS, oltre ad aumentare gli sbocchi di mercato di questi prodotti, consente di far accostare al consumo critico anche chi sarebbe altrimenti tagliato fuori per motivi di reddito”. L’organizzazione dei GAS di Roma risponde sia al problema della produzione di alimenti sani, sia a quello della distribuzione degli stessi a prezzi accessibili. L’attuazione del consumo critico nei GAS prende avvio dal cibo, poiché è considerato un’esigenza primaria che può creare quel legame particolare, intimo tra i componenti del GAS e fungere da tramite per trasmettere determinati ‘valori’ e avere un impatto politico concreto, per la transizione verso un modello più sostenibile. Nella filiera dei GAS si riflette la volontà di individuare quello che è un prezzo ‘giusto’ anziché ‘minimo’, giusto sia per i produttori che per i consumatori, in un’ottica di 54 sostenibilità economica di lungo periodo, tenendo conto dei valori ambientali e sociali incorporati nei prodotti. Secondo la loro visione, la determinazione dovrebbe tener conto anche dei rischi e della discontinuità degli acquisti (Fonte e Salvioni, 2013; Fonte et al., 2011), visione che corrisponde alla definizione di sicurezza alimentare. Vista questa necessità, i GAS di Roma promuovono la costruzione di una relazione di fiducia con il produttore, in cui si presuppone che il prezzo da lui stabilito sia il prezzo 'giusto', anche se ovviamente si fa contestualmente una comparazione tra prezzi al consumo e ne può scaturire un negoziato. Esemplare è, in questo caso, il progetto di prefinanziamento con l’Azienda Agricola il Papavero del maggio del 2013 (Riquadro X), in cui i GAS di Roma hanno stipulato un accordo per andare incontro ai diversi punti critici che venivano riscontrati nell’approvvigionamento di fragole e pesche. L’accordo di prefinanziamento tra l’Azienda Agricola “Il Papavero” e i GAS di Roma. Nel maggio 2013 è stato definito un accordo di prefinanziamento tra 25 GAS di Roma e l’azienda Agricola Biologica “Il Papavero”, produttore di fragole e pesche. L’Azienda, situata ad Acilia, è nata nel 1938 e ha acquisito la certificazione biologica nel 1994. Questa decisione ha portato i titolari, Angelo e Fiorella, a intraprendere la strada della filiera corta: “Abbiamo deciso di avere un contatto diretto con chi consumava i nostri prodotti, dando importanza anche all' aspetto sociale. Ci siamo avvicinati a questo mondo alternativo dei GAS che è una valida alternativa al malato sistema distributivo che governa la nostra società. Siamo arrivati al prefinanziamento, perché ci è sembrata una risposta veramente valida alla domanda di cambiamento nostra e dei GAS”. Il prefinanziamento ha permesso all’Azienda di pianificare la produzione con la certezza di trovare sbocco all’offerta e di non incorrere nell’eventualità di dover buttare il prodotto per mancanza di acquirenti. Il prezzo proposto dal produttore è stato discusso con i GAS coinvolti ed è stato reputato equo. In seno all’accordo è stato anche stabilito che il prezzo del 2013 fosse pari a quello 2012 (scontando quindi l’aumento IVA e di altre imposte e tasse che hanno inciso sui costi di produzione) e non fosse soggetto variabilità stagionale, sia nel caso di diminuzione che di aumento della quantità prodotta (salva la possibilità di concedere sconti). I GAS hanno così condiviso il rischio di impresa con “Il Papavero” e si sono impegnati nell’acquistare la produzione del 2013 (da Aprile a Luglio) al prezzo concordato di 4,20 Euro al kg per le Fragole e 2,80 Euro al kg per le Pesche (incluso il trasporto). Dopo la stipula dell’accordo i GAS hanno versato il 40% dell’importo prefinanziato e l’Azienda si è impegnata a dare precedenza alla fornitura dei GAS sottoscriventi nel caso si verificasse, per motivi naturali e imprevisti, una diminuzione della quantità effettivamente prodotta. In questo caso l’azienda si è anche impegnata a portare in acconto all’anno successivo la quota prefinanziata e non acquistata, oppure a restituirla nel caso in cui un GAS volesse recedere dall’accordo. In aggiunta ha garantito un’informazione costante sull'andamento della produzione, la possibilità di accesso alla documentazione di certificazione e la possibilità di concordare date di incontro in Azienda. Angelo e Fiorella sostengono che con l’accordo è cambiata la responsabilità di consumatori: “… i GAS hanno fatto proprio il progetto e si sono sentiti coinvolti (…) si sono mostrati disponibili a ricevere tempestivamente gli esuberi di prodotto(…) lo scorso anno abbiamo buttato della frutta perché non vi era un contatto consapevole e tempestivo, la maturazione può infatti essere improvvisa e bisogna agire rapidamente (…) Quest’anno si è iniziata la produzione con la consapevolezza che la frutta prodotta sarebbe stata ordinata, che il prezzo (di vendita e trasporto) avrebbe remunerato l’attività e che sarebbe rimasto costante e accessibile per i consumatori…” 55 2.3 Il Consumo critico nel pensiero dei GA S Il consumo critico64 per i GAS è un modo di concepire l’atto del consumo con il rispetto di alcuni principi etici, ossia l’acquisto di prodotti biologici/ecocompatibili, in quanto sono coltivati con pratiche che riducono al minimo l’utilizzo di composti chimici quali pesticidi, diserbanti e concimi chimici dannosi sia per l’uomo che per l’ambiente; l’acquisto di prodotti locali per sostenere l’economia del contesto, favorendo così la vitalità imprenditoriale nelle aree rurali, l’occupazione e la circolazione della ricchezza a livello locale. Comprare locale permette anche di tagliare la filiera riducendo i passaggi di intermediazione e quindi i costi, oltre che l’inquinamento dovuto al trasporto. Il sostegno ai piccoli/piccolissimi produttori vuole consentire la sopravvivenza alle piccole imprese che altrimenti sarebbero schiacciate dalle grandi aziende, le quali meglio sanno destreggiarsi in un mercato globalizzato e rispettare i diritti dell’uomo, in quanto vengono acquistati prodotti in aziende che rispettano i diritti dei lavoratori. La volontà di riacquistare autonomia e controllo sulle proprie scelte di consumo e applicare il consumo critico all’ intero modello di economia ha allargato la loro visione. Da un lato è preso in considerazione l’acquisto di altri prodotti oltre a quelli alimentari, come detersivi ecologici per la pulizia della casa o per l’igiene intima, vestiti e scarpe, filtri per l’acqua; dall’altro l’estensione del concetto di consumo critico a progetti più ampi nel campo dei servizi avviando collaborazioni con operatori telefonici no-profit come Livecom65, provider come Lillinet66 e di software open source67,Banca Etica68 come alternativa per i servizi bancari, MAG69 (Mutua per l’Autogestione) per i finanziamenti, CAES70 (Consorzio Assicurativo Etico Solidale) per le assicurazioni. La solidarietà è il carattere che contraddistingue queste realtà e può essere declinata sotto varie forme. Saroldi (2002) spiega così il significato della parola: “Il gruppo è solidale con i soci che si impegnano reciprocamente e volontariamente nella sua gestione, è solidale con i produttori adottando forme di scambio eque e diretta, è solidale con 64 Anche detto “consapevole”, “etico” o “responsabile”. 65 Sito internet: www.livecom.it. 66 Sito internet: www.lillinet.org. 67 Esistono diversi tipi di software open source creati ad hoc per gestire l’attività dei GAS come l’inserimento dei listini e la gestione della raccolta ordini. Alcuni esempi si possono trovare su www.opengas.org, www.gasdotto.net, www.retedes.it e www.gestigas.org. 68 Sito internet: www.bancaetica.it. 69 Sito internet: www.magroma.it. 70 Sito internet: www.consorziocaes.org. 56 l’ambiente perché si rifornisce di alimenti e di prodotti rispettosi della natura e infine è solidale col Sud del mondo in quanto favorisce lo sviluppo del commercio equosolidale”71. Prendere in considerazione i piccoli produttori, che sono in generale ad alta intensità di lavoro, permette di promuovere l’occupazione, al contrario di ciò che succede nelle grandi aziende meccanizzate. Allo stesso tempo, la distanza tra luoghi di produzione e consumo talvolta può portare a ignorare le condizioni di lavoro cui sono sottoposti i lavoratori nei paesi a Sud del mondo o in Asia. Il fine è proprio quello di costruire una coltura basata sul rispetto e sulla reciprocità. I prodotti acquistati tramite il GAS, infatti, mirano a creare una società basata sulla solidarietà dove i soggetti partecipanti cooperano e collaborano, invece di essere antagonisti nel sistema economico. È considerato molto importante lo sviluppo di una consapevolezza profonda delle conseguenze degli atti del consumo e dell’importanza di un’economia basata sulla solidarietà. Tutti gli attori sono invitati a la modalità con cui si relazionano l’un l’altro e a instaurare rapporti diretti basati sulla fiducia e reciprocità. Creazione di comunità e azione collettiva Il bisogno di “ri-personalizzare” e “ri-socializzare” l’atto del consumo è uno dei punti cardini dei GAS. Lo scopo dei promotori è quello di “formulare un'etica che unisca le persone invece di dividerle, che metta in comune tempo e risorse invece di tenerli separati, che porti alla condivisione invece di rinchiudere ciascuno in un proprio mondo (di consumi)” (Retegas, 1999). Il modo più formalizzato di socializzazione consiste nel partecipare attivamente alla vita organizzativa del gruppo. Ogni aderente, durante le riunioni, prende decisioni importanti in merito agli aspetti gestionali, quali la scelta dei produttori o la determinazione dei cicli di ordine e ritiro. Inoltre la possibilità di istituire uno spazio (fisico e temporale) in cui ciascuno possa incontrarsi, scambiarsi opinioni e pratiche di consumo, spinge l’individuo a sentirsi parte della comunità e a instaurare rapporti di amicizia basati sulla fiducia reciproca (Feenstra, 2007). Prossimità, fiducia e reciprocità sono, infatti, valori fondamentali di ogni gruppo e gettano le basi per un’ulteriore crescita di queste esperienze (Holloway e Kneafsey, 2000; Hinrichs, 2000). I consumatori possono arrivare anche a organizzare delle gite, condividere auto, elettrodomestici o case vacanze (Mont, 2004; Brunori et al., 2011). In questo modo è possibile condividere uno stile di vita, basato sulla ricerca quotidiana dell'essenzialità e 71 Saroldi, Gruppi di acquisto solidali. Guida al consumo locale, EMI, Bologna, 2001, p.8. 57 della sobrietà semplicemente come conseguenza naturale delle scelte attuate sino a quel momento (Retegas, 1999). In alcuni casi il rapporto diretto con il produttore può convincerli a stringere rapporti di collaborazione fino anche a condividere il rischio di impresa o partecipare attivamente (o solidalmente) all’attività lavorativa72.Un’ulteriore aspetto relazionale è che l’alleanza tra produttori e consumatori consente di conoscere l’origine dei prodotti, tramandando culture e tradizioni locali. Saroldi (2002) parla di cultura della convivialità basata sulla condivisione delle risorse naturali in un’ottica di fiducia reciproca. La forza del gruppo ha un diretto impatto sulla vita dei cittadini/consumatori. Coordinarsi per fare insieme gli acquisti rende possibile ripartire tra persone con diverse competenze le tante scelte che riguardano le varietà, i metodi di produzione, le tecniche di trasformazione, la provenienza e, più in generale, la qualità degli alimenti e, quindi, permette di prendere decisioni efficaci. Inoltre condividere uno stile di consumo più sostenibile può portare a creare una consapevolezza profonda che porta a modificare gli stili di vita delle persone e a renderli più vicini ai bisogni del territorio. Viene infatti promossa la costruzione di reti tra i diversi GAS a livello regionale e nazionale; la promozione di iniziative sociali o politiche sul territorio, che riguardano, per esempio, la mobilità sostenibile, la finanza etica, il benessere degli animali o il referendum contro la privatizzazione dell’acqua. Secondo Marino (et al. 2013), la consapevolezza ambientale dei consumatori ha effetti positivi moltiplicativi poiché si ripercuote anche nella scelta di acquisto di altri prodotti non prettamente alimentari e nel comportamento di tutti i giorni. 2.3.1 I GAS nella transizione tecnologica verso lo sviluppo sostenibile Analizzando il tema del prezzo vogliamo capire se quella dei GAS può essere una realtà replicabile su larga scala; se vi sia sostenibilità sociale e dunque accessibilità ai prodotti anche per le famiglie a medio e basso reddito. Innanzitutto però è utile comprendere come si pone la letteratura riguardo alle potenzialità dei GAS nel contribuire a una riforma radicale del sistema agroalimentare. Per far questo, analizziamo il contesto dei GAS sotto la lente della teoria dell’innovazione. Esistono due paradigmi sul modo in cui bisognerà affrontare la riforma del sistema agroalimentare. Il primo è quello che viene chiamato “dell’agricoltura neo-moderna” o 72 Ciò avviene più spesso tramite il prefinanziamento e l’impegno all'acquisto come nel caso del progetto “Spiga e Madia”. 58 “della modernizzazione ecologica”. Si tratta di una rivisitazione del modello della Rivoluzione Verde (ISFOL, 2011) che integra l’applicazione massiva delle nuove tecnologie (biotecnologie e nanotecnologie) per la gestione delle sfide della competizione globale e dei vincoli ambientali (Spaargaren et al. 2012). Il secondo è quello dell’agricoltura sostenibile e multifunzionale - anche chiamato dello sviluppo “ecologico integrato” (Lang, 2004), che ritiene necessaria una rifondazione delle priorità e dei valori dello sviluppo economico e assume come base fondante i limiti alla crescita derivanti dalla limitatezza delle risorse naturali, già riconosciuta dal famoso studio del Club di Roma nel 1972 (Meadows et al.,1972; Buttel, 2000; Jackson e Michaelis, 2003; Bruckmeier e Tovey, 2009). Per quel che riguarda le reti alimentari alternative, alcuni studiosi sostengono che le filiere corte si possono sviluppare solo negli “interstizi” (o nicchie di mercato73) del sistema dominante (Renard, 1999) e rappresentano quindi una reazione difensiva, non riflessiva, alla globalizzazione (Hinrichs, 2003; DuPuis e Goodman 2005, DuPuis et al. 2006, Guthman 2007). Esse non rappresenterebbero pertanto una minaccia al sistema dominante, poiché non solo convivono con esso, ma ne traggono il motivo della loro esistenza. Altri autori guardano con interesse all’intrinseco potenziale innovativo delle filiere corte, ritenendo gli attori coinvolti in grado di costruire delle alternative rispetto ai circuiti convenzionali di produzione-consumo, attraverso la condivisione di valori e principi diversi da quelli puramente economici (in questo caso ambientali, culturali ed etici) (Marsden et al., 2000; Hinrichs, 2000; Holloway e Kneafsey, 2000; Goodman e DuPuis, 2002; Renting et al., 2003; Ilbery e Maye, 2005; Kirwan, 2004; Fonte e Grando, 2006; Brunori, 2003; Brunori, 2007). Questa visione porta a considerare tali alternative una via di mezzo tra le mere nicchie di mercato e un rovesciamento radicale del capitalismo (Goodman e DuPuis 2002, p. 18). Le forme di filiera corta sono considerate come la prefigurazione di un “nuovo paradigma di sviluppo rurale” (Fonte, 2010; Raffaelli et al., 2009), che usa la ‘località’ come chiave per la transizione verso la qualità dei processi economici (Marsden et al., 2000; Goodman, 2003). Sostenendo i principi di sostenibilità e multifunzionalità si reputa che le filiere corte siano capaci di influenzare il sistema Il mercato di nicchia è una forma di vendita che si concentra su piccoli gruppi di clienti. La nicchia è infatti un gruppo circoscritto di clienti che ricerca in un prodotto o servizio benefici per soddisfare bisogni e desideri particolari. Di solito le nicchie sono disposte a pagare prezzi elevati per assicurarsi prodotti e servizi che rispecchino determinate caratteristiche. Il vantaggio di una nicchia rispetto a un segmento esteso di clienti, è la minore concorrenza presente. 73 59 dominante e di guidarlo verso pratiche più sostenibili (Lockie e Kitto, 2000; Tovey, 1997). Non a caso il Commissario europeo per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale, Dacian Cioloș74 (2012) ha affermato che uno degli elementi innovativi della politica di sviluppo rurale dopo il 2013 sarà quello di «rimettere in comunicazione tra loro i grandi bacini di utenza urbani e i bacini di produzione circostanti, favorendo le iniziative dei mercati nelle città». Nel contesto di questa seconda posizione vi è una parte di letteratura focalizzata sul ruolo della filiera corta nella “transizione tecnologica” verso lo sviluppo sostenibile. Essa intende analizzare le effettive potenzialità di consolidamento e crescita delle filiere corte per definire i possibili scenari futuri. La letteratura in questione si sviluppa nell'ambito dell'approccio convenzionale all’innovazione, in cui le innovazioni devono essere sperimentate all’interno di processi produttivi già esistenti per poi essere migliorate e giungere a condizionare il modello produttivo vigente. L’innovazione è qui intesa in senso complessivo e “multilivello” come quel cambiamento in grado di mettere in discussione i principi che regolano il network dal quale l'innovazione stessa è nata. I concetti fondamentali della teoria della transizione basata sulla prospettiva multilivello sono due: il paradigma tecnologico75 e il regime. Il primo rappresenta un modello che deve essere sviluppato e migliorato dalla continua sperimentazione, basato su idee e opinioni relative al modo e alle conoscenze con cui affrontare i problemi (Dosi, 1982); il secondo consiste invece nel sistema di regole che coordina le reti di attori e cose, grazie alla trasformazione dei paradigmi in concrete reti di relazioni (Brunori et al., 2007). La prospettiva multilivello (MLP) riferisce tre concetti di analisi ad altrettanti livelli (Geels e Schot, 2007) (figura 2.6): il regime socio-tecnologico, la nicchia tecnologica e il panorama socio-tecnologico. Il primo consiste nell’evoluzione del modello di regime tecnologico elaborato da Nelson e Winter’s (1982), definito come quel "sistema di regole comprese in un complesso coerente di conoscenze scientifiche, pratiche ingegneristiche, tecnologie del processo di produzione, caratteristiche del prodotto, abilità e procedure, modi di gestione di artefatti utili e persone, modi di definizione dei problemi, tutti fattori inseriti in istituzioni e infrastrutture” (Rip e Kemp, 1998). Il secondo concetto detto anche 74 Dal 2010 è commissario europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale nella Commissione Barroso II. (http://it.wikipedia.org/wiki/Dacian_Ciolos). 75 Il paradigma è inteso come l'insieme di teorie, leggi e strumenti che definiscono una tradizione di ricerca in cui le teorie sono accettate universalmente (Kunh, 1962). 60 “nicchia di innovazione 76 rappresenta quegli spazi economici protetti, posizionate ai margini del regime dominante, dove è possibile sperimentare pratiche alternative e trovare soluzioni a specifici problemi (Kemp et al., 1998; Seyfang, 2009). Nelle nicchie nascono novità (o novelty), piccoli cambiamenti con il potenziale di diventare radicali grazie al potere incubatore della nicchia stessa, che le protegge dalla selezione del mercato dominante (Schot, 1998; Kemp et al., 1998). Nello sviluppo l’innovazione è accompagnata dai piccoli network di attori interni alla nicchia. Il panorama socio-tecnologico rappresenta un ambiente esogeno, non direttamente influenzato dalla nicchia e dal regime, caratterizzato da elementi di natura globale al cui interno possono coesistere diversi regimi contemporaneamente. I cambiamenti al suo interno sono lenti e si possono visualizzare solo con il passare di decine di anni. L’importanza delle nicchie per conseguire cambiamenti radicali nel panorama sociotecnologico sono rimarcate da Kemp (et al., 1994), che sottolinea come le innovazioni che si creano all’interno del regime non sono in grado di cambiare radicalmente il regime Figura 2.6: Quadro concettuale della transizione tecnologica Fonte: Geels (2004) stesso, poiché si muovono sempre nel rispetto delle regole preesistenti. Lo sviluppo e il consolidamento delle novelty all’interno della nicchia, se direttamente genera la Il concetto di nicchia deriva dall’ecologia, che definisce lo ‘spazio ecologico’ come quel luogo in cui una o più specie attingono a risorse non insidiate da altre specie. La nicchia ecologica definisce il comportamento di un organismo o una popolazione rispetto alla distribuzione di risorse e come a loro volta essi alterino questi stessi fattori. La nicchia descrive la posizione relativa di una specie o di una popolazione nel suo ecosistema. 76 61 formazione di nuovi regimi, indirettamente causa pressioni sul sistema socio-tecnologico dominante. In questo processo il ruolo degli attori è centrale nell’influenzare il regime dominante. Tuttavia, un regime in cui le tecnologie sono fortemente radicate può bloccare l’innovazione prima ancora che abbia attivato nuovi percorsi. La prospettiva MLP sostiene che la transizione deriva dall’interazione tra i processi che avvengono a diversi livelli (figura 2.7). Dalle nicchie emergono nuovi paradigmi e innovazioni grazie all’effetto di processi di apprendimento, che favoriscono la ricostruzione di nuove chiavi interpretative con cui elaborare le informazioni, leggere la realtà, valutare concetti, discorsi e azioni (Brunori et al., 2007; 2008). In particolare la ricostruzione di nuovi schemi cognitivi avviene attraverso “processi di apprendimento Figura 2.7: Prospettiva multilivello Incremento della strutturazione delle attività in pratiche locali Panorama sociotecnologico Pressione del panorama sul regime che si apre alle novelty tramite finestre di opportunità Nuovo regime che influenza il panorama Preferenze di mercato Regime socio- scienze cultura tecnologico industria politiche tecnologia Una nuova configurazione fa ingresso nel regime tramite una finestra di opportunità, il regime è costretto ad adattarsi Il regime è stabile e si basa su differenti dimensioni che indicano processi continui Pressione del panorama sulla nicchia Nicchia di innovazione I vari elementi si allineano e si stabilizzano tramite processi di crescita interni Piccole reti di attori promuovono innovazioni sulla base di nuove idee (novelity) che derivano dalle aspettative e da processi di apprendimento sulla base di molteplici dimensioni (co-costruzione). L’attività iniziale si sforza di mettere in comunicazione i vari elementi, in origine scollegati Tempo Fonte: Geels e Schot (2007) collettivo” (Rossi, 2012) che stabilizzano e consolidano la nicchia internamente. Tali cambiamenti sono del tutto imprevedibili e possono variare a seconda dei soggetti che vi partecipano (Moors et al., 2004; Rotmans et al., 2000). Le pressioni che provengono dal consolidarsi della nicchia destabilizzano il regime dominante creando delle finestre di opportunità per l’affermarsi delle novelty. 62 Entrando a far parte del regime dominante le nicchie si adattano e subentrano ai diversi livelli della società: economico, relazionale, istituzionale, culturale, ecc. Sfidando attori, regole e artefatti preesistenti, la nicchia preme fino a quando il regime non si sarà modificato acquisendo i nuovi paradigmi (Brunori et al, 2007); dallo stesso panorama socio-tecnologico possono a loro volta provenire pressioni che innescano processi di cambiamento nei regimi e stimolare la formazione delle nicchie (Rip e Kemp, 1998; Guidi, 2009). L’allineamento di questi processi genera quella rottura in grado di far accedere la novelty nel mercato dominante e di mettere in competizione i nuovi regimi con quelli preesistenti. L’affermarsi e la buona riuscita della novelty, al contatto con il regime dominante, porta alla formazione di nuovi regimi che a loro volta influenzano il panorama socio-tecnologico. Analizzando i cambiamenti avvenuti nel settore agro-alimentare in questi anni, alcuni autori sostengono che, nei sistemi agro-alimentari, questi processi di cambiamento si possono compiere solamente a livello locale, poiché sono fortemente influenzati dalla conoscenza tradizionale del luogo (Ploeg et al, 2004). Per questo le innovazioni prodotte non possono essere trasferite in altri luoghi e situazioni senza essere adattate al contesto in cui devono funzionare. Dunque la nicchia si configura come lo spazio in cui i singoli attori mettono in pratica processi di apprendimento a livello locale. Tra questi processi vi è per esempio quello del prezzo. Il modo con cui i GAS si approcciano al tema del prezzo può essere considerato una novelty, un’innovazione in corso di sperimentazione e assestamento all’interno della nicchia che sta cercando una propria collocazione all’interno del regime agro-alimentare dominante. L’importanza del consumo nella transizione verso la sostenibilità Da ciò emerge la necessità di dirigere la transizione del regime alimentare verso una maggiore sostenibilità (ambientale, economica, sociale). Una rappresentazione della transizione si può vedere nella figura 2.8 in cui nuovi paradigmi si affermano e danno luogo a cambiamenti a diversi livelli. Seyfang e Smith (2006) propongono di applicare la teoria della transizione (Rip e Kemp 1998; Rotmans et al. 2001; Geels 2004; Kemp e Loorbach 2006) allo studio del consumo sostenibile. Questa teoria si basa sull'assunto che esistono due tipi di innovazione: la prima, detta incrementale, è basata su un miglioramento step by step' generato dall'apprendimento sul campo e supportato dalla 63 conoscenza tecnico-scientifica prodotta all'interno del paradigma stesso; la seconda, denominata radicale, consta nell'introduzione di un nuovo paradigma sulla base di nuove conoscenze e nuove risorse. A questo proposito si scorge, nella letteratura sulle filiere corte e sulle reti alimentari alternative, la visione del consumo critico quale il motore per favorire i processi di transizione verso la sostenibilità (Holloway et al. 2007; Lockie e Kitto, 2000; Maye et al. 2007; Fonte, 2008; Schermer et al. 2011). Per rispondere a tali esigenze, l’azione collettiva e le pratiche di acquisto e consumo vengono ridefinite e riorganizzate interamente. Nel contesto della transizione verso lo sviluppo sostenibile si sottolinea l'opportunità di favorire la creazione di 'nicchie verdi', come sperimentazione sociale, per la diffusione di processi di apprendimento (Geels e Schot 2007; Geels, 2004). Attraverso processi di Figura 2.8 : Schema riassuntivo della transizione attraverso l’azione collettiva e il consumo critico Rispetto per l'uomo (produzioni locali nel rispetto dei diritti) Nuovi valori (solidarietà, consapevolezza,, partecipazione) Rispetto per l'ambiente (produzioni locali ed eco compatibili) Azione collettiva e consumo critico Cambiamento sociale (norme e regole) Cambiamento infrastrutturale (sistema di approvvigionamento) Cambiamento soggettivo‐ culturale (stili di vita) Fonte: Elaborazioni personali apprendimento e interazione sociale, i gruppi riconfigurano il sistema socio-tecnico, definendo nuovi approcci, set di regole, modelli organizzativi e artefatti (Rossi e Brunori, 2011). È opinione condivisa che l'apprendimento sia di cruciale importanza per migliorare la capacità di generare soluzioni nuove a problemi specifici (apprendimento di primo ordine) o di immaginare e generare possibili alternative al sistema dominate (apprendimento di secondo ordine) (Kemp et al. 1998, Hoogma et al. 2002; Smith et al., 64 2005; Seyfang, 2009). Questo è qualcosa che va ben al di là del consumo critico, mostrando una capacità di cambiamento e di critica al sistema dominante ben più profonda e incisiva. È la capacità di sperimentare percorsi innovativi e di mostrare il bisogno di innovazione su più ampia scala il vero potenziale di questa esperienza, di per sé limitata in termini dimensionali (Rossi e Brunori, 2011). Se da una parte, la letteratura sulla transizione prende in considerazione 'nicchie verdi' di innovazione che operano interamente secondo una logica di mercato; dall’altra Seyfang (2006, 2009) sottolinea la necessità di tener conto nello studio della 'transizione' anche della necessità di creare una forza mirata al cambiamento dei modelli di consumo. Seyfang (2009) distingue tre principali approcci alla teoria del consumo: un approccio utilitaristico, uno psico-sociologico e uno strutturale. Il primo deriva dall'economia neo-classica e dall'individualismo metodologico, che pone la massimizzazione dell'utilità come obiettivo principale del consumatore. Tale concezione secondo Barry e Slater provoca una divisione tra consumatori e produttori, tra cittadini esperti e profani (2002). Il secondo ha le sue origini nell'antropologia sociale (Douglas e Isherwood, 1979) e nella sociologia (Bourdieu, 1984). In quest'approccio i consumatori rispondono non solo a obiettivi di massimizzazione dell'utilità individuale, ma anche a motivazioni intrinseche derivanti da norme sociale e valori morali. Per esempio alcuni interpretano il cibo secondo l’idea del totem di Durkheim, come simbolo che rappresenta le relazioni sociali alla base della produzione (Douglas e Isherwood, 1978), piuttosto che secondo quella del prodottofeticcio di Marx (Goodman e DuPuis, 2002). Infine l'approccio strutturale da valore alle dimensioni materiali e collettive del consumo, piuttosto che a quelle soggettive e individuali. Se oggi i sistemi di approvvigionamento alimentare sono considerati sistemi rigidi (Fine e Leopold, 1993) che costituiscono un insieme di modelli produttivi, istituzioni e norme che non lasciano molto spazio alle scelte dei consumatori, in accordo con Seyfang (2006, 2009), la transizione a un modello di consumo sostenibile non può avvenire con la somma dei cambiamenti nei comportamenti individuali ma piuttosto richiede un’azione collettiva mirata a trasformare radicalmente lo stesso sistema di approvvigionamento. La capacità di trasformazione del consumo, anche secondo Sanne (2002), non può essere sorretta appellandosi all'interesse personale dei consumatori. Per trovare una via alternativa è necessario guardare ai limiti che incontrano gli individui quando adottano nuovi comportamenti di consumo e alle opportunità che si presentano loro per superarli. 65 In accordo con la teoria della transizione, i GAS rappresentano quelle nicchie, intese come spazi protetti in cui sperimentare nuovi paradigmi e nuove soluzioni. I gruppi operano attraverso quelli che sono stati definiti processi di apprendimento e interazione sociale (Rossi e Brunori, 2011) per fornire al sistema socio-tecnico nuovi approcci, regole, modelli organizzativi e artefatti. Lo scopo è quello di riconfigurare i limiti tra consumo e politica offrendo un modo alternativo a quello consolidato di consumo, innescando in questo contesto processi di innovazione ad alto livello (Brunori et al., 2011). In poche parole sono la chiave per innovazioni di sistema e si prospettano come un terreno fertile in cui sperimentare e sviluppare il cambiamento nelle pratiche di consumo (Brunori et al., 2011). Ecco perché sono considerati "laboratori di sperimentazione" (Brunori et al., 2011; Rossi e Brunori, 2011; Salvioni e Fonte, 2013 ; Belletti et al., 2010). Il GAS mette in dubbio la relazione tra i bisogni e le necessità, tra l'indispensabile e il superfluo, un dibattito molto ampio nella letteratura del consumo sostenibile (Reisch e Ropke, 2004). Considerando che la pratica di consumo è inserita in un contesto sociale, il GAS crea un contesto sociale alternativo in cui è più facile staccarsi dalle vecchie pratiche. Secondo la teoria della transizione, infatti, il cambiamento degli stili di consumo passa per l'adozione di nuove norme e artefatti in sostituzione di quelli vecchi, processo che è alla base della costruzione di un nuovo regime socio-tecnico (Geels, 2004; Smith, 2006), cosa che i GAS hanno come obiettivo. Il consumo come pratica sociale Il GAS, creando un’azione collettiva, permette ai consumatori di esercitare la loro azione, applicando il cambiamento all’intera pratica del consumo. Questa visione si propone di analizzare l’attività dei GAS attraverso la lente della Teoria delle Pratiche Sociali. Per Reckwitz (2002) una 'pratica' (Praktik) è un tipo di comportamento routinario composto da diversi elementi, interconnessi tra loro: azioni fisiche, attività mentale, "oggetti" e il loro uso, background di conoscenza, know-how, emozioni e motivazione. 66 La pratica sociale ruota intorno al concetto di co-produzione, riassunto nella figura 2.9. Tale pratica viene vista come un comportamento routinario che convoglia tre differenti configurazioni: una teleo-affettiva, denominata anche ‘agency’, che abbraccia fini, progetti, emozioni e stati d'animo (Schatzki 1996); una materiale / funzionale, che comprende cose, oggetti, tecnologie e attività fisiche; una socio-culturale, immateriale, che comprende norme e ruoli sociali, abitudini, conoscenza tacite e pratiche delle cose e del loro uso (competenze). Secondo Fonte (2013), i GAS favoriscono la transizione verso un sistema alimentare più sostenibile tenendo conto della complessità della pratica sociale e della necessità di intervenire ai diversi livelli (motivazionali, socio-culturali, strutturali e materiali). Figura 2.9: Schema della co-produzione Processi di apprendimento e adattamento Feedback dai consumatori Logistica, organizzazione della distribuzione superamento dei vincoli Dimensione economica delle relazioni (prezzi di mercato, finanziamenti, condivisione del rischio) Stagionalità della produzione, varietà input dai consumatori CO-PRODUZIONE DI SISTEMI ALIMENTARI ALTERNATIVI ricerca di soluzioni implementa zione problemi/ opportunità per gli agricoltori Nuove relazioni (rispetto, conoscenza, reciprocità) Fonte: Elaborazioni personali Nel nostro caso, l’azione collettiva dei GAS mira a creare un sistema di approvvigionamento agroalimentare innovativo, che rende accessibile a tutti i prodotti biologici. La motivazione deriva dall’inaccessibilità di questi ultimi nel sistema di approvvigionamento convenzionale. Le nozioni socio-culturali si basano su diversi criteri di azione. Nel caso della selezione dei prodotti e dei produttori; la struttura materiale/funzionale si basa su un nuovo modo di fare la spesa, non più con il carrello dentro al supermercato ma su internet e poi in un luogo di scambio e socializzazione. La nuova pratica puà funzionare se gli individui riorganizzano le proprie routine e si adattano ai nuovi modelli (figura 2.10). Il cambiamento avviene grazie allo spostamento 67 del contesto relazionale: il consumatore lascia i vecchi networks, affidandosi ai nuovi, e modifica il suo grado di coerenza rispetto alle proprie scelte di consumo in base a processi di apprendimento (Brunori et al., 2011). I processi che si attivano all’interno dei GAS avvengono attraverso l’interazione sociale tra individui con un diverso grado di consapevolezza e di coerenza nei Figura 2.10: Affermazione della nuova pratica sociale nei GAS • Ricerca di cibo sano e più sostenibile a prezzi accessibili Norme, regole, competenze, abitudini, conoscenze Motivazioni, cini, progetti, stati d’animo • Agricoltura bio, legame diretto con il produttore locale e piccolo • Nuovo modo di fare la spesa: online e in socialità Tecnologie, oggetti e il loro uso, attività cisiche Fonte: Fonte e Seneghe (2013) comportamenti di produzione e di consumo. Il meccanismo si attiva nel momento in cui i più esperti trasferiscono conoscenze e valori ai nuovi entrati, i più consapevoli ai meno consapevoli. A tale proposito Rossi e Brunori (2011) distinguono tre ambiti di relazione attraverso cui avvengono i processi di apprendimento (figura 2.11): - L’interazione tra pari, ovvero tra consumatori o tra produttori - L’interazione tra consumatori e produttori - L‘interazione con altre organizzazioni Nel primo l’interazione tra consumatori li porta a uscire dalla dimensione “individualizzata” delle loro pratiche di acquisto-consumo (Jaffe e Gertler, 2006), condividendo processi di scelta e ritrovando la funzione di mediazione sociale svolta dal cibo. Tra i produttori si verifica una condizione di interazione e collaborazione, in molti casi impoverita nei rapporti di filiera. Alla necessità di ritrovare la socialità delle pratiche di produzione e consumo si affianca quella di una loro ri-territorializzazione (Renting et al., 2003) in contrapposizione al processo di de-territorializzazione in atto dal meccanismo moderno (van der Ploeg, 2004; Murdoch et al., 2000; Marsden, 2003). 68 In quest’area si affrontano diversi aspetti: il superamento delle difficoltà, il rafforzamento dell’identità, lo scambio di conoscenze e principi, la ridefinizione dei bisogni, il senso di efficacia dell’azione individuale, lo sviluppo di capitale sociale comunitario, la socializzazione e la crescita dell’impegno al di là dello scambio economico (esempio attraverso le pratiche del baratto o del dono; impegno civico e consapevolezza politica). Vivendo questa esperienza collettivamente, l’apprendimento diviene Figura 2.11: Schema di sintesi dei livelli di interazione tra GAS e altri soggetti INTERAZIONE TRA PRODUTTORI Collaborazione INTERAZIONE TRA PRODUTTORI E CONSUMATORI Co-produzione (supporto, collaborazione, qualità, innovazione, prezzo, gite, informazione, eventi…) INTERAZIONE TRA CONSUMATORI Apprendimento sociale collettivo (Consapevolezza, socializzazione, identità, azione individuale, scambio, condivisione, …) INTERAZIONE TRA CONSUMATORI E ALTRE ORGANIZZAZIONI (associazioni, movimenti, altri GAS, mercati, etc) (scambio, sostegno, …) Cittadinanza alimentare (azione politica, pressione verso i media, progetti più ampi, leggi, eventi, …) Fonte: rielaborazioni personali su Brunori (Ross e Brunori, 2012) “apprendimento sociale o collettivo” (social learning) nel senso che tale innovazione è condivisa e diviene parte di uno schema comune di pensiero e azione, che rafforza il percorso dei singoli e crea sinergie. Nel secondo caso si tratta di processi di co-apprendimento che portano alla creazione di quei nuovi significati e preferenze, norme e regole che sono alla base di modelli tecnici e organizzativi alternativi propri di questi sistemi di relazione diretta. Si tratta in sintesi dello svolgimento della co-produzione. In questa fase le interazioni tra consumatori e produttori vertono prevalentemente sulla qualità del prodotto, (biologico, locale, tradizionale, stagionale), sulla dimensione economica della relazione (prezzo giusto, forme di pagamento, modalità di condivisione del rischio economico) e gli altri aspetti che 69 qualificano la stessa relazione (rispetto, reciprocità, conoscenza diretta), gli aspetti organizzativi. Questo tipo di relazione aiuta a definire il concetto di co-produzione77 (Brunori et al., 2011) per indicare il diverso approccio alle relazioni tra produzione e consumo e ai loro processi, tradotto in modelli tecnici e organizzativi alternativi (Brunori et al., 2010). Nel contesto della co-produzione emergono metodi innovativi di gestione delle relazioni tra GAS e agricoltori. Nascono così reti di supporto a produttori in difficoltà finanziarie (in molti casi attraverso forme creative), come quella avviata agli inizi del 2009 dall’iniziativa di circa 80 GAS che si sono mobilitati e hanno concesso un prestito di 110 mila euro per permettere a un piccolo caseificio biologico in crisi di liquidità (Tomasoni di Gottolengo, BS) di non chiudere i battenti e continuare la sua produzione78 Il terzo livello di interazione avviene tra il GAS e altri attori e network: mercati contadini, associazioni di produttori, ma anche con altri attori locali impegnati nella costruzione di sistemi alimentari alternativi o, più in generale, interessati a modelli economici e a forme di organizzazione sociale sostenibili (associazioni ambientaliste o del commercio equo e solidale, movimenti sociali, comitati di cittadini, imprese del terzo settore, associazioni culturali, amministratori locali, istituzioni scolastiche e sanitarie, istituti di ricerca, agenzie formative, tecnici). La capacità di mettersi in relazione, di condividere approcci e progettualità all’interno di network inclusivi rappresenta una componente essenziale della possibilità di favorire più ampi processi di transizione, in grado di andare ben al di là di una mera ristrutturazione di filiera (Rossi o INEA, 2012). Le relazioni che si sviluppano in questo contesto inter-organizzativo e le relative opportunità che ne derivano si stanno rivelando molto importanti ai fini dei processi di apprendimento e di innovazione (Brunori et al., 2008; INEA, 2012). In particolare, sono alla base della possibilità di sviluppo di altre forme di cittadinanza alimentare (Renting et al., 2012; Seyfang, 2006) o di altre forme di consumo etico e della creazione delle condizioni per lo sviluppo di impegno civico e consapevolezza politica, contribuendo alla formazione di un diverso approccio al cibo quale punto di partenza per altri cambiamenti di atteggiamento e pratiche (Sassatelli, 2004). Per favorire una transizione verso un sistema alimentare più sostenibile, le politiche devono tenere conto della complessità della pratica sociale e del contesto relazionale in cui 77Vedi Ritzer e Jurgenson (2010) e Schermer et al., (2011). 78 AA.VV., GASP. Gruppi di acquisto solidale e partecipativo, Edizioni Punto Rosso, Milano, 2009, p.172. 70 sono immersi i consumatori. Bisogna dunque intervenire sui diversi livelli (motivazionali, socio-culturali, strutturali e materiali) per attivare il cambiamento. Uno di questi cambiamenti avviene infatti nel campo della sostenibilità sociale, dell’accessibilità. Affrontare il tema del prezzo nella filiera dei GAS, dunque, significa indagare se la pratica in corso di consolidamento sta raggiungendo l’obbiettivo di rendere accessibili i prodotti biologici a uno strato di popolazione che finora ne è escluso. 71 72 Capitolo 3 Il prezzo nella filiera agroalimentare Il prezzo è lo strumento principe di cui si avvalgono gli economisti79. Il prezzo è lo strumento con cui viene indicato il valore80 di un certo prodotto in moneta - o comunque nel mezzo di scambio vigente nel sistema economico - in un dato momento e luogo. Ma il prezzo ha anche altre funzioni81. Dovrebbe indicare anche il costo totale dei prodotti e dei servizi che sono stati utili alla sua creazione. Nel caso dei prodotti agricoli, dovrebbe indicare la quantità di capitale, lavoro, terra, input ed elementi immateriali impiegati nel processo produttivo. Dovrebbe essere in grado di indicare anche la tecnologia con cui quel prodotto è stato ottenuto e la provenienza. Il prezzo dovrebbe anche rappresentare un metro di giudizio riconosciuto per indicare la qualità intrinseca del bene. La qualità è riconosciuta per avere un carattere multidimensionale e intersoggettivo. Per il cibo gli attributi possono essere le proprietà organolettiche, l’estetica, la funzionalità, il contenuto di nutritivi e la sicurezza (Caswell, 1997). Se poi si prende in considerazione il significato che ha il prezzo nel Marketing si evince che questo può essere uno strumento utile per definire la strategia aziendale: può essere usato un prezzo basso per inserirsi nel mercato o uno alto per scremarlo, cosa che avviene per esempio nel caso dei prodotti di lusso. Ma soprattutto tramite il prezzo le imprese determinano il loro margine di guadagno (Peter et al., 2013). Tutti questi fattori rendono chiaro che il prezzo è uno strumento economico allo stesso tempo molto importante e molto complesso. Ecco perché il dibattito sulla formazione dei prezzi resta sempre aperto. 79Liberman et al,1965,37 Il valore è a sua volta il concetto che indica la quantità di moneta (o dell'unità di scambio in uso nel sistema economico vigente), o di merce, alla quale un bene jo un servizio possono essere scambiati nel mercato (). 80 In questa sezione si riporteranno prevalentemente i risultati dell’analisi di Belletti (et al., 2010), sotto il coordinamento dell’ Azienda Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel settore Agricolo-Forestale, che ha affrontato la dinamica dei prezzi nell’ambito dall’analisi dei mercati degli agricoltori in Toscana. 81 73 3.1 Il dibattito sul prez z o Il dibattito sulla corretta determinazione del prezzo si ritiene sia cominciato già nel Medioevo. I concetti principali attorno a cui ruotava il dibattito in materia economica riguardavano soprattutto il giusto prezzo e il giusto salario, la mercatura e la proibizione dell’usura. Questi concetti sono stati affrontati dagli scritti di Tommaso d’Aquino nell’ambito di una filosofia in cui i valori principali del cristianesimo integravano gli autentici valori umani tramandati dall’antichità classica82. Da sempre questo dibattito pone tre interrogativi. Il primo concentra l’attenzione sul conflitto tra società e individuo interrogandosi per quale soggetto, tra produttore, consumatore e società, deve essere giusto il prezzo. Il secondo si domanda per quale fine deve essere giusto Potrebbe essere usato, per esempio, per ridistribuire la ricchezza, per garantire la sicurezza nazionale, la sicurezza alimentare, il benessere dei cittadini o per scopi finanziari. Infine, una volta individuato chi tutelare e cosa perseguire, bisogna stabilire il criterio di determinazione del prezzo, analizzando le sue interdipendenze e gli strumenti per metterlo in pratica. Il dibattito sul prezzo nell’economia di mercato L'economia di mercato83 si basa sul presupposto che le indicazioni su come allocare le risorse scarse e come regolare i processi di scambio siano affidate ai Mercati84 tramite il meccanismo dei prezzi. I consumatori hanno un ruolo fondamentale: essi decidono che cosa acquistare in base a un vincolo di bilancio 85 (il budget) e a un comportamento razionale 86 . Il 82 La Società. Etica ed Economia, n 5-6 (2011), Fondazione Giuseppe Toniolo, Verona. L’economia di mercato è l’organizzazione economica di un paese che si fonda sulla proprietà privata, sulla libertà di impresa e sullo scambio di beni e servizi in mercati liberi. Fino alla caduta dei regimi socialisti, all'economia di mercato - propria dei Paesi occidentali - si contrapponeva l'economia pianificata, in cui le principali decisioni economiche non spettavano agli imprenditori privati e al gioco della domanda e dell'offerta sul mercato, ma provenivano, invece, dagli organi statali responsabili della pianificazione economica. Naturalmente, anche in un'economia di mercato vi è maggiore o minore libertà economica, a seconda che sia più o meno intensa la concorrenza fra le imprese. In particolare, la libertà d'iniziativa risulta profondamente limitata quando su un mercato opera un solo produttore (monopolio) o pochi grandi produttori (oligopolio). Varian (1997). 83 84 i mercati (dal lat. mercatus) sono luoghi e strutture per lo scambio di merci; con questo significato compare anche in numerosi toponimi, come per esempio "piazza del mercato". Nell'ambito delle scienze economiche, l'espressione Economia di mercato indica inoltre un sistema in cui i prezzi sono determinati (almeno sul piano teorico) dal libero gioco della domanda e dell'offerta (Concorrenza). Varian (1997). Il vincolo di bilancio o retta di bilancio definisce l’insieme dei panieri che il consumatore può acquistare spendendo completamente il proprio reddito (Varian, 2009). 85 86 Per esseri razionali, la teoria economica, dice che le preferenze dei consumatori si baano su quattro proprietà fondamentali: non sazietà, completezza, transitività, convessità (Varian, 2009). 74 consumatore sceglierà cosa consumare con l’obiettivo di massimizzare la sua utilità. I consumatori rappresentano la domanda di beni, mentre i produttori l’offerta. Secondo questo pensiero, il livello dei prezzi (il prezzo di equilibrio) è determinato dal gioco della domanda e dell’offerta i cui squilibri sono bilanciati da variazioni del prezzo tese a raggiungere un equilibrio (Varian, 2007). I mercati si fondano sulle ipotesi di asimmetria informativa, sul grande numero di produttori e compratori in ciascun mercato, piccole dimensioni dei produttori, sull’assenza di barriere all’ingresso87 e sull’omogeneità del bene prodotto/venduto in ogni mercato. Sulla base di queste semplificazioni la teoria economica sostiene l’esistenza di due tipi di mercati: i mercati che funzionano, chiamati “concorrenziali”, e quelli che non funzionano, chiamati “non concorrenziali”. Nei primi, a causa del gran numero di venditori e compratori, vige un sistema di concorrenza perfetta poiché nessun soggetto può influire sul prezzo e gli operatori sono price takers, devono cioè adattarsi al prezzo raggiunto dal mercato e decidere cosa e quanto produrre e/o acquistare. In questi mercati, quando il prezzo è troppo elevato significa che vi è un eccesso di domanda che l’offerta non riesce a soddisfare. Si producono meno beni di quanti ne chiedono i consumatori, il bene risulta relativamente scarso e il suo prezzo aumenta. Questo dovrebbe invitare altri imprenditori a investire in quel settore con l’ingresso di nuove imprese o l’ampliamento di quelle già esistenti. La maggiore capacità produttiva colmerebbe quel vuoto e renderebbe il bene meno scarso, ciò dovrebbe permettere di riequilibrare l’offerta e di adattarsi alla nuova richiesta con un abbassamento dei prezzi. Nei caso di prezzi bassi, accade l’inverso: il settore produce più prodotti del necessario e le imprese meno efficienti, che non riescono a trovare sbocco per i propri prodotti, si vedrebbero costrette a uscire dal mercato. Questo permetterebbe a quelle imprese efficienti che sono rimaste nel mercato di aumentare i prezzi perché il bene sarebbe adesso più scarso di prima. Così facendo l’offerta dovrebbe raggiungere la domanda nel punto di equilibrio. Nel caso dei mercati “non concorrenziali” (oligopoli o monopoli) i produttori, solitamene imprese di grandi dimensioni, e i compratori individuali possono influenzare il prezzo in virtù del loro potere contrattuale nei confronti degli altri operatori e vengono così detti price makers. Questo fa sì che non è il normale gioco della domanda e dell’offerta a 87 All’ingresso in un settore economico. 75 determinare il prezzo ma piuttosto l’impresa monopolista (o le imprese oligopoliste) a determinarlo grazie al loro potere di mercato. Giunti a questo punto, lo scopo dello Stato è quello di stabilire condizioni tali da assicurare il maggior grado di concorrenza 88 (concorrenza perfetta) tra gli operatori di mercato, limitando però il meno possibile la loro libertà di azione. Secondo gli economisti, la concorrenza sarebbe in grado di auto-regolare i meccanismi dell'economia facendo sì che il singolo, perseguendo la propria utilità individuale (il proprio interesse), concorrerebbe anche al bene della collettività. L’affermazione della concorrenza avrebbe due importanti pregi: la massimizzazione del rapporto tra qualità e prezzo dei beni e dei servizi commercializzati (attraverso l'ottimizzazione dei fattori della produzione); l'eliminazione (attraverso la competizione) di quei concorrenti che non riescono a conseguire il primo obiettivo. Questo permetterebbe all’economia di mercato di avvicinarsi all’ottimo paretiano, ovvero un sistema in cui l'allocazione delle risorse è tale che non è possibile apportare miglioramenti a una parte senza ledere il benessere dell’altra. Gli economisti sono dunque convinti che il prezzo di equilibrio raggiunto nel mercato concorrenziale (o prezzo di mercato) sia il prezzo giusto89 da pagare al produttore e da chiedere al consumatore. Già verso la fine dell’Ottocento, le teorie dell’economia di mercato erano al centro di forti critiche per la impossibilità di raggiungere quella situazione di concorrenza perfetta auspicata. Oggi è noto che la quasi totalità dei mercati è dominata da una situazione di concorrenza imperfetta. Questo comporta sbilanci economici (con le conseguenze economiche e sociali evidenziate nel capitolo precedente) che contemplano un’ineguale distribuzione del valore tra settori produttivi e nazioni; un grande dispendio di risorse sempre più scarse come quelle petrolifere; sprechi in termini di prodotti invenduti e distrutti; una concentrazione di potere economico nelle mani di un numero sempre più ristretto di soggetti con la conseguente creazione di posizioni oligopsonistiche e oligopolistiche. Con il passare degli anni è stato ricercato il modo migliore per colmare tali lacune, soprattutto dal punto di vista dell’inquinamento ambientale. Nel far questo però non sono mai stati messi in discussione i principi di base. Le soluzioni economiche che ancora oggi vengono proposte sono comunque volte a garantire il maggior grado di concorrenza 89 La giustizia sociale, secondo gli economisti è determinata dall’affermarsi della concorrenza. La concorrenza eliminerebbe i redditi non guadagnati, assicurando così un fattore di giustizia sociale (Le Garzantine: Economia, Garzanti Editore 2011, p 316) 76 possibile. Gli economisti si sono focalizzati sulla necessità di incrementare la regolamentazione di quei beni che non avevano ancora un prezzo di mercato e non erano dunque scambiati nel mercato. Ci si riferisce alle esternalità la cui presenza non veniva inserita nella determinazione del prezzo di mercato. La ricerca di un prezzo più corretto è stata dunque affrontata andando a regolamentare gli scambi anche di quelle merci, soprattutto risorse naturali. Si voleva risolvere la questione dell’esistenza di risorse sfruttabili senza limiti (acqua, sabbia, aria ecc) il cui sfruttamento indiscriminato è frutto di ulteriori costi negativi per la società. In base a queste considerazioni le soluzioni più importanti che l’economia di mercato ha proposto sono due. La prima è la creazione dei mercati delle esternalità (come nel caso delle quote di emissione di CO290, in quel caso si trattava di dare un prezzo all’inquinamento dell’aria a livello mondiale), tramite l’inserimento di normative sempre più stringenti mirate a far sì che le imprese private sostengano il costo di questi effetti negativi e li trasferiscano nel prezzo finale pagato dai consumatori. La seconda è stata l’introduzione del concetto di prezzo ombra alla formazione del prezzo di mercato: i prezzi ombra sono quelli che riflettono, meglio dei prezzi di mercato, il valore sociale di un bene o servizio (Pennisi, 1991). Si tratta di un prezzo definito dallo Stato, da far rispettare agli operatori privati. Il prezzo ombra è una valutazione terza, fatta in base a una serie di parametri, diretta a razionalizzare l'approvvigionamento altrimenti libero di una data risorsa naturale. Con l’introduzione di questo concetto si vuole scoraggiare l'uso di risorse naturali che ogni utente privato ritiene erroneamente abbondanti a causa dell'imperfezione informativa dei mercati (es. l'acqua dei mari ha un prezzo nullo pur rappresentando un bene fondamentale per molte attività economiche e per molti consumatori). Per la teoria economica moderna il prezzo ombra rappresenterebbe la migliore alternativa possibile per indicare quello che è un prezzo giusto, in assenza di validi segnali di mercato. Nonostante questi sforzi è chiaro che risulta pressoché impossibile regolamentare tutti gli aspetti negativi collegati alla formazione del prezzo e i risultati concreti raggiunti dalle soluzioni interne all’economia di mercato sono state deludenti. Nella ricerca delle soluzioni all’interno dell’economia di mercato si possono vedere quelle che la teoria dell’innovazione chiama “innovazioni incrementali”. Le soluzioni generate sono infatti figlie dello stesso sistema di regole che ha generato il problema. 90 Si veda la Direttiva 2003/87/CE. 77 Queste innovazioni nascono infatti sulla base di regole preesistenti (quelle dell’economia di mercato), e non possono portare a quella che invece si chiama innovazione radicale, che invece oggi è fortemente invocata dalla società. La filiera corta e le reti alimentari sostenibili, si pongono proprio in questa chiave, rappresentano un modo alternativo di pensare e di concepire l’economia al fine di trovare soluzioni attraverso il paradigma della sostenibilità. 1.1.1 Il dibattito sul prezzo giusto nelle filiere corte Nella filiera corta il dibattito91 che si è riattivato con l’introduzione del concetto di “giusto prezzo” (Kirwan, 2004; Mathjis et al, 2006; Brunori et al., 2010; Belletti et al., 2010). Noi analizzeremo questo concetto dal punto di vista della sostenibilità economica, con riferimento alla redditività degli agricoltori, ambientale, con riferimento alla produzione di esternalità negative, e sociale con riferimento all’accesso ai prodotti per i consumatori. Sostenibilità economica per gli agricoltori: il costo di produzione Il primo tema si riferisce al problema della redditività degli agricoltori. Nell’economia di mercato lo stato degli agricoltori nella filiera è pressato dalle posizioni oligopoliste a monte, rappresentate dalle industrie fornitrici di input e, a valle, rappresentate dai grossisti cui gli agricoltori vendono i prodotti. Come si è visto ciò comporta una progressiva perdita di autonomia decisionale degli agricoltori, definita squeeze on agriculture (Van der Ploeg, 2006). Lo squeeze genera una modalità di formazione del prezzo che è il frutto di una situazione di potere, in cui il prezzo non viene determinato dal mercato ma dalle strategie delle aziende alla ricerca di un maggiore profitto. Il “prezzo giusto” si riferisce alle differenti strutture di mercato esistenti nel sistema che determina lo squeeze. Nella filiera corta questo aspetto viene affrontato a partire dall’analisi del costo di produzione. È noto che la sola determinazione del costo di produzione non può essere l’unico parametro per la determinazione del prezzo 92 , tuttavia è un passaggio Il tema è stato ampiamente discusso all’interno delle reti agro-alimentari sostenibili ed è stato presentato in versione ridotta durante il seminario “Ok, il prezzo è ingiusto” tenutosi a Genova nel 2010 per merito del gruppo di lavoro agricoltura dei GAS della Provincia di Genova. 91 92 poiché questo rientra anche nella strategia di impresa e poichè dipende da una serie di costi intermedi difficili da valutare (congiunti, generali e figurativi), la cui stessa valutazione è fonte di ulteriori costi 78 fondamentale. La determinazione del prezzo a partire dal costo di produzione ha i seguenti limiti: non considera l’interazione con la domanda e la sua reattività al prezzo; il consumatore lo percepisce come attributo del prodotto separato dalla qualità; se il prodotto è deperibile e la produzione è già ottenuta, in caso di eccesso di offerta, l’unico strumento in mano all’azienda, per recuperare anche parzialmente i costi, è quello di modificare il prezzo di mercato del suo prodotto; non tiene conto della concorrenza, che pure ogni azienda deve tenere in considerazione nel determinare il prezzo di vendita; non tiene conto della dipendenza reciproca tra prezzi e costi: il prezzo influisce sulla quantità di prodotto che un’azienda può produrre e quindi sui costi che essa deve sostenere per realizzare la produzione. Nella filiera corta, la ricostruzione del costo di produzione è tuttavia fondamentale per individuare quelle componenti di costo che possono essere negoziate nell’ambito del rapporto tra produttore e consumatore. La componente sulla quale la filiera corta si sofferma è quella dei costi intermedi. Essi comprendono tutto ciò che serve per produrre in agricoltura e possono essere ricondotti, da un lato alle spese degli input (energia e chimica), dall’altro ai servizi intermedi come la trasformazione e la commercializzazione. Parlando dei primi, l’agricoltura biologica si basa su input che sono molto diversi, più programmabili e meno dipendenti dai prezzi del petrolio. L’adozione delle tecniche biologiche si attiva rispettando i cicli naturali, le rotazioni dei terrenti, l’applicazione di insetti “utili”, l’utilizzo di sementi adatte al territorio e l’utilizzo di input organici piuttosto che chimici. Ciò comporta talvolta anche una maggiore indipendenza dagli input esterni. Alcune aziende internalizzano la produzione di input valorizzando le risorse interne; ciò è fonte di ulteriore autonomia e indipendenza, non solo dalle aziende a monte, ma anche verso i produttori dei beni intermedi (fertilizzanti). Non è un caso che Van der Ploeg (2008) sostenga che le aziende che valorizzano le risorse interne, adottando tecniche rispettose dell’ambiente, danno luogo a una nuova “condizione contadina" che si basa sulla creazione di un fondo di risorse autoprodotte che consente loro di mettere in moto un circolo virtuoso in grado di accrescere la propria autonomia nei confronti degli agenti esterni. Le aziende sono quindi spinte a internalizzare alcuni processi produttivi per mantenere in loco il valore aggiunto i cui costi possono essere recuperati grazie alla vicinanza e al rapporto tra produttore e consumatore. Le aziende che praticano questo tipo di agricoltura sono dunque multifunzionali e piccole. Nelle filiere corte i costi intermedi possono essere ridotti, tagliati o addirittura annullati grazie al rapporto tra produttore e consumatore. Rientrano tra questi i costi di 79 certificazione, trasporto e commercializzazione. Le aziende agricole possono beneficiare anche del fatto che si svincolano dai contratti di coltivazione, dove il prezzo è solitamente fatto dalla GD, e anche dallo standard di riferimento della GD che vuole solo prodotti di certe dimensioni e forme, scartando tutto il resto93. Nel caso italiano, l’AGCM (2007) ha evidenziato che quando le aziende agricole internalizzano i processi di trasformazione e trasporto sono in grado di mantenere una quota rilevante di valore aggiunto. L’opportunità che si presenta per le aziende è quello di negoziare i costi nell’ambito del rapporto tra produttore e consumatore. Alcuni esempi possono essere: - La gestione collettiva della logistica, con altri produttori associati o con gruppi di consumatori organizzati: GAS94, associazioni, aziende, famiglie. - La sperimentazione di nuove forme di certificazione partecipata che riducano il costo delle certificazioni ufficiali; - La coltivazione di terre in luoghi urbani, prese in affitto o messe a disposizione dalle Amministrazioni Pubbliche; - Le esperienze di finanza alternativa, prefinanziamento95, micro finanza, donazioni o raccolta fondi; - La creazione di team di lavoro in cui produttori e consumatori mettono in comune le loro capacità per affrontare problemi comuni e trovare soluzioni creative. Questo è il punto fondamentale dove i GAS si presentano come innovazione radicale e mirano a rovesciare le convenzioni vigenti nel sistema di mercato. Nella filiera corta gli agricoltori, infatti, hanno la possibilità di contare su collaborazioni e cooperazioni che il sistema convenzionale non prenderebbe mai in considerazione. Gli operatori non sono più in una situazione concorrenziale, ma di cooperazione. La distinzione stessa tra consumatori e produttori infatti è molto più sottile nelle filiere corte. I consumatori generalmente residenti in aree urbane - sono portati a interagire con il mondo rurale delle aziende agricole e arrivano anche a condividere il rischio di impresa con gli agricoltori. Ripristinare la redditività in agricoltura permette di raggiungere un obiettivo fondamentale che è quello della sopravvivenza delle piccole aziende agricole. Il prezzo giusto per gli agricoltori deve dunque tenere conto di: 93 Si pensi che il GAS 1 preso in esame, per un breve periodo ha acqusistato kiwi biologici di seconda scelta (in questo caso avevano una forma leggermente diversa rispetto a quelli convenzionali) al prezzo di 0,80 centesimi al kg. E’ questo il caso della possibilità di selezionare aziende agricole che si trovano lungo la strada casa-lavoro di un aderente a un GAS, il quale dovrà solamenta fare una breve deviazione dal suo percorso quotidiano per far dimenticare al produttore qualsiasi onere connesso alla distribuzione. 94 95 Si faccia riferimento all’esperienza dei GAS di Roma nel prefinanziamento con la Fattoria Didattica “Il Papavero”, in cui i consumatori pagano prima che le piante siano state messe a dimora. 80 - La copertura dei costi di produzione (sostenibile) e commercializzazione. - Un compenso per il contadino che dia valore al tempo lavorato e che possa garantire una vita dignitosa. Le necessità saranno diverse a seconda dell’azienda, del luogo e di altri fattori. Sostenibilità ambientale: le esternalità negative Mentre l’economia di mercato risolve il problema delle esternalità negative tramite la creazione di un mercato apposito, nelle filiere corte il problema viene affrontato più in profondità. La creazione di esternalità negative è dunque un effetto da evitare a priori, ecco perché la sostenibilità ambientale e dell’agricoltura biologica è un principio fondamentale. La ricerca del giusto prezzo deve quindi tenere presente quegli elementi che il pensiero economico dominante generalmente trascura. Per colmare il vuoto derivante da questo problema, nella filiera corta è stata presa in considerazione l’analisi delle esternalità ambientali e sociali presenti nel sistema, quali possono essere la conservazione e la riproduzione delle risorse e della biodiversità. A questi si aggiungono aspetti di carattere sociale, come la dignità del lavoro impiegato, la qualità e la storia del cibo prodotto e la ri-socializzazione nell’atto dell’acquisto. Tabella 3.1 : Confronto tra costo di produzione privato e costo di produzione sociale di due prodotti (valori riferiti a un quintale di prodotto) Categorie di costo Metodo produttivo modernizzato: allevamento intensivo Metodo produttivo tradizionale: razza locale in ambiente montano, con pascolo estivo 100 140 120 +20 120 ‐20 ‐30 0 0 +40 ‐10 +20 COSTO DI PRODUZIONE PRIVATO (costi sostenuti dall’imprenditore per la gestione del processo produttivo) PREZZO DI MERCATO PROFITTO PRIVATO Valore monetario degli effetti esterni negativi: inquinamento della falda e olfattivo (stima) Valore monetario degli effetti esterni positivi: paesaggio, mantenimento habitat naturale, preservazione agri biodiversità (stima) PROFITTO SOCIALE Fonte: Belletti et al, 2010 Nelle filiere corte è stato presa in considerazione la possibilità di includere un quadro di analisi che prenda in considerazione le esternalità negative presenti dei sistemi di produzione-distribuzione-consumo del cibo, con la conseguente creazione di un differenziale tra il costo di produzione privato e il costo di produzione sociale del cibo. Ciò mette in evidenza come una valutazione di convenienza basata sui soli profitti privati 81 possa essere rovesciata qualora venga preso in considerazione il valore degli effetti esterni negativi e positivi generati (Belletti et al, 2010) (tabella. 3.1). La determinazione delle esternalità presenti nel sistema porta a prendere in considerazione l’agricoltura biologica o biodinamica come pratiche di base. Le pratiche agricole, per essere davvero sostenibili con l’ambiente circostante devono rispettare non solo l’ambiente circostante, ma anche le peculiarità locali che sono parte di quell’ambiente stesso. La conservazione delle ricette e delle sementi autoctone concorrono anch’esse nella determinazione di una completa sostenibilità ambientale multifunzionale. La formazione del prezzo non può prescindere dai sistemi e processi produttivi reali e dalle caratteristiche che tali sistemi devono avere nella gestione delle risorse naturali, del lavoro, dei saperi, dei valori culturali e nella distribuzione (Belletti et al., 2010). Valori che sono condivisi soprattutto dai consumatori e ai produttori, solitamente tenuti ai margini dalle decisioni nell’economia di mercato. L’adozione di tecniche eco-compatibili generare costi maggiori ma questi possono risolversi nei nuovi rapporti di collaborazione tra produttori e consumatori, generando nuove opportunità. Sostenibilità sociale: l’accesso ai prodotti biologici Per analizzare questo aspetto del prezzo giusto bisogna partire dalla definizione di “diritto al cibo”. Tale diritto è stato riconosciuto sin dall’adozione della dichiarazione Universale dei Diritti Umani96 del 1948. All’articolo 25 il tema dell’accesso al cibo viene enunciato in questo modo: “Ogni individuo ha diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari […]” Il cibo rappresenta uno dei bisogni primari dell’uomo. L’accesso al cibo è una dimensione fondamentale inserita anche nel Patto97 Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali del 1966, sottoscritto da 149 stati. In quella sede il diritto al cibo era affrontato tramite la definizione giuridica, la quale afferma che si tratta di un “diritto umano, riferito a tutte le persone, ad avere un accesso regolare, permanente e senza vincoli a un’alimentazione adeguata e sufficiente in termini quantitativi e qualitativi. Ciò dovrebbe Documento reperibile sul sito dell’ Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights (OHCHR): http://www.ohchr.org/EN/UDHR/Pages/UDHRIndex.aspx 96 97 Documento reperibile sul sito dell’ Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights (OHCHR): http://www.ohchr.org/EN/ProfessionalInterest/Pages/CESCR.aspx 82 corrispondere alle tradizioni culturali del popolo a cui appartiene il consumatore e garantire una vita fisica e mentale, individuale e collettiva appagante e dignitosa”. In seguito la FAO ha elaborato la definizione di Sicurezza Alimentare durante il World Food Summit nel 199698. La Sicurezza Alimentare viene definita come quella situazione in cui “tutte le persone, in ogni momento, hanno accesso fisico, sociale ed economico ad alimenti sufficienti, sicuri e nutrienti che garantiscano le loro necessità e preferenze alimentari per condurre una vita attiva e sana”. Il tema della sicurezza alimentare secondo Segrè, (2008) si articola in quattro dimensioni di base: - Disponibilità di cibo: il cibo deve essere in quantità sufficiente, idonea per una corretta alimentazione per tutta la popolazione, considerata come il risultato tra prodotto interno, importazioni esportazioni e scorte di un paese. - Accesso al cibo: l’accesso al cibo deve essere sufficiente e sicuro, attraverso le capacità individuali di produrre, acquistare, scambiare o ricevere in dono. - Utilizzo del cibo: il cibo deve essere utilizzato rispettando i requisiti igienici nutrizionali che rispettino lo stato di salute degli individui e alle condizioni ambientali in genere. - Stabilità: le tre dimensioni sopracitate devono essere stabili nel tempo al fine di garantire una corretta sicurezza alimentare. Questa definizione è stata con il tempo migliorata includendo anche i temi legati alla nutrizione. Il Libro Bianco sulla Sicurezza Alimentare (Commissione Europea, 1999) sottolinea che “…il fatto di assicurare la protezione della salute pubblica non significa limitarsi alla sola sicurezza chimica, biologica e fisica degli alimenti. Si dovrebbe anche fare in modo di assicurare l'assunzione delle sostanze nutritive essenziali limitando nel contempo l'assunzione di altri elementi onde evitare effetti nocivi per salute, tra cui anche effetti anti nutritivi. Da ricerche scientifiche è emerso che una dieta adeguata e variata è un fattore importante per la salute e il benessere in generale. …”. Il tema della sicurezza alimentare va quindi indagato sotto diversi punti di vista. Per molti anni la sicurezza alimentare è stata perseguita aumentando la produttività mondiale, quindi sotto un profilo strettamente quantitativo. Così facendo la produzione alimentare mondiale è aumentata più che proporzionalmente rispetto all’aumento di popolazione e ha determinato l’aumento della produzione pro capite (Segrè, 2008). Di recente invece, l’attenzione si è rivolta anche sugli aspetti legati all’accesso e all’alimentazione. Recentemente Amartya Sen, intervenendo all’apertura dei lavori della 38° Sessione della Conferenza della FAO (15-22 giugno 2013), ha riaffermato che la denutrizione e la fame 98 http://www.fao.org/wfs/homepage.htm 83 estrema sono la conseguenza della mancanza di accesso a una quantità di cibo sufficiente e non di un’insufficiente disponibilità di cibo in un determinato paese o regione. L’accesso non è garantito tramite il solo aumento della quantità di cibo prodotto, come erroneamente è stato considerato in passato. Il tema dell’accesso pone dunque il tema della sostenibilità sociale e include il consumatore quale altro soggetto da includere nella determinazione del “giusto prezzo”. I GAS cercano di affrontare questi argomenti con la creazione di un sistema di approvvigionamento alternativo che inizia proprio dalla determinazione del prezzo. Il prezzo giusto nelle filiere corte non ha un meccanismo preciso con cui deve essere definito, ma consumatori e produttori sono al centro del processo di determinazione del prezzo sulla base di un approccio sostenibile. La formazione del prezzo si basa dunque su una logica alternativa che prende in considerazione i tre aspetti di sostenibilità economica, ambientale e sociale. Il luogo centrale della determinazione è il negoziato (figura 3.1) che si attiva tra i soggetti coinvolti che possono essere produttori e consumatori, singoli o associati. È frequente che a tali discussioni partecipino anche realtà che possono essere considerate “concorrenti” di talune aziende agricole, ma la consapevolezza di far parte di una nuova logica partecipativa e Figura 3.1: Schema sulla determinazione del prezzo nelle filiere corte Sostenibilità economica Produttori Remunerativo e adeguato ai costi sostenuti Sostenibilità ambientale Negoziato, collaborazione e cooperazione Inclusivo delle realtà ambientali e locali Sostenibilità sociale Consumatori Accessibile, trasparente, stabile Fonte: Elaborazioni personali su Onorati (2010). inclusiva porta gli attori a collaborare. Dal negoziato ne scaturisce la definizione chiara 84 degli obiettivi di sostenibilità che possono essere raggiunti, le modalità di intervento, e quindi le regole di determinazione del prezzo. Il sostegno può sfociare in un più stretto rapporto di collaborazione proprio nei momenti di ‘crisi’, ovvero quando il produttore chiede una variazione di prezzo al rialzo. In questi casi ci si è ritrovati a cercare delle soluzioni condivise con i GAS rappresentate spesso da soluzioni creative e virtuose99. Un caso tipico è quello dell’aumento del prezzo del petrolio che può comportare nuove modalità di consegna dei prodotti. Per sopperire a queste eventualità alcuni GAS sono organizzati in modo che ogni aderente scelga il produttore a lui più congeniale e si occupi di andare a ritirare i prodotti ogni settimana, o ogni mese. Un esempio pratico è stato portato avanti dai GAS di Roma all’atto del prefinanziamento dell’Azienda Agricola “Il Papavero”. L’elaborazione del prezzo nelle filiere corte definisce i soggetti destinatari del giusto prezzo nelle figure degli agricoltori e dei consumatori. Entrambi, tramite il principio di località, rappresentano la società e perseguono finalità di utilità sociale. Nella tabella 3.2 sono riassunti i destinatari del nuovo processo di determinazione del prezzo, i principi e i processi adoperati. Tabella 3.2: I destinatari, i principi e il processo di determinazione del prezzo giusto nelle filiere corte DESTINATARI Agricoltori Consumatori Società PRINCIPIO ‐Costo di produzione ‐Remunerazione equa ‐Dimensione limitata ‐Disponibilità ‐Accessibilità ‐Utilizzo (salute) ‐Stabilità ‐Sviluppo sostenibile PROCESSO Ricostruzione del costo di produzione; Cooperazione con i consumatori per la riduzione dei costi intermedi; Indipendenza e autonomia nella proposizione del prezzo. Negoziato con il produttore; Cooperazione per compensare i costi maggiori; Diffusione di pratiche alimentari sostenibili e salutari; Definizione di progetti condivisi per la stabilità del prezzo. Introduzione delle esternalità. Principio di località; Applicazione di metodi di coltivazione sostenibili. Fonte: Elaborazioni personali I nuovi concetti di determinazione del prezzo nelle filiere corte si basano dunque su tutti i tre aspetti della sostenibilità. Nel corso degli anni le filiere corte hanno dato luogo a diverse sperimentazioni che vengono fatte sulla base dei nuovi paradigmi e modelli assunti (tabella 3.3) in cui il grado di partecipazione al rischio del consumatore può essere più o meno accentuato. 99 Per esempio, una produttrice di ricotta ha chiesto un aumento del prezzo: il GAS ha invece proposto di pagare 1 euro per il contenitore, che sarebbe stato restituito nel caso che il contenitore fosse stato riportato indietro o trattenuto nel caso contrario. Questa soluzione voleva anche stimolare comportamenti virtuosi negli aderenti al GAS. In un'altra situazione, una richiesta di un aumento dei prezzi ha portato a un dialogo con il produttore sul prefinanziamento degli acquisti o sulla condivisione dei rischi (Salvioni e Fonte, 2013). 85 A questo processo si affiancano altre iniziative volte a fare pressione sul settore pubblico, affinché rimuova gli ostacoli che lasciano i piccoli agricoltori in una situazione di svantaggio e facilitino l’accesso al mercato dei piccoli produttori. Il fatto che il prezzo venga definito da consumatori e produttori che fanno parte del mercato interno, rappresenta una rottura rispetto all’economia di mercato, poiché sostiene una perlomeno parziale indipendenza del mercato interno da quello internazionale (al contrario dell’economia di mercato, in cui il mercato interno è assoggettato da quello internazionale e così i suoi prezzi) e concede un margine di manovra che decidono loro stessi, secondo i rapporti “di forza” che vogliono stabilire. Tabella 3.3: Alcune esperienze di prezzo in corso di sperimentazione nelle filiere corte Prezzo popolare Prezzo sorgente Prezzo trasparente Prezzo equo Il prezzo è definito con particolare attenzione al potere d'acquisto dei consumatori. È un modo che assume gli interessi e i bisogni solo di una parte, quella del consumatore). È un approccio utilizzato soprattutto quando il divario tra i prezzi e il potere di acquisto si fa ampio, con l’obiettivo di salvaguardare quest’ultimo; è stato storicamente il motivo di attivazione del mutualismo storico e delle prime esperienze di acquisto all’ingrosso da parte di consumatori organizzati, ed è tornato in auge in tempi recenti di crisi economica (è la logica che guida i Gruppi di Acquisto Popolari). Esprime una visione riduttiva della rivendicazione della possibilità di accesso a prodotti alimentari di qualità per tutte le fasce sociali. E’ il prezzo che il commerciante ha pagato al produttore, ciò rende visibile, posto in etichetta accanto al prezzo di vendita al consumatore, il margine di ricarico praticato al dettaglio. È stato proposto dal movimento Critical Wine100 ma ha accolto il favore di altri movimenti che hanno visto nella sua diffusione un’opportunità per informare e fare chiarezza rispetto alla formazione della catena del valore, e utile a creare le basi per costruire un rapporto trasparente e fiduciario tra i consumatore e la distribuzione al dettaglio. In modo particolare, esso è visto come un possibile strumento per ristabilire credibilità e dignità e quindi nuova forza alla rete del piccolo dettaglio, nella prospettiva di riequilibrarne il ruolo rispetto alla grande distribuzione. Il prezzo trasparente rende visibile le componenti del prezzo relative alla remunerazione dei vari attori della filiera ma non offre garanzia di un prezzo equo o solidale. È una modalità da sempre adottata nel Commercio Equo e Solidale per comunicare le modalità di fissazione del prezzo e differenziarsi dalle strategie seguite sulle filiere convenzionali, ed è stata oggetto di rinnovato e più generalizzato interesse anche sul mercato interno, in seno al dibattito creatosi attorno alla sperequazione tra prezzo alla produzione e al dettaglio. Negli approcci più completi la sua fissazione prevede la valutazione di tutte le voci di costo. Il primo, che deriva dall’esperienza del Commercio Equo e Solidale, viene fissato attraverso la contrattazione con i produttori, prescindendo dagli andamenti del mercato e tenendo inconsiderazione i costi delle materie prime, del lavoro di produzione, del trasporto, delle tasse, della gestione dei rifiuti e del guadagno che renda possibile una qualità della vita dignitosa. Questo prezzo viene fissato spesso con largo anticipo e bloccato per tutto il periodo concordato e talvolta anche finanziato in anticipo. Il collettivo Terra e Libertà/Critical Wine è nato nel 2003 all'interno del movimento dei centri sociali (centro sociale La Chimica di Verona), con la collaborazione di Luigi Veronelli, noto giornalista enogastronomico, come progetto libertario per la difesa dei piccoli vignaioli indipendenti e biologici dal potere delle grandi multinazionali (Aa.Vv. 2004) 100 86 Prezzo solidale Il prezzo solidale va oltre il prezzo equo e include altre considerazioni. Può prevedere la destinazione di una quota a un fondo o una causa e la soddisfazione dei bisogni di tutti gli attori coinvolti, in una logica di mutua collaborazione di conservazione delle risorse ambientali e di utilità pubblica. A questo scopo concepisce la fissazione di un prezzo solidale come: frutto di processi partecipati da tutti gli attori coinvolti; elemento centrale di "patti" di equità (equa ripartizione dei benefici economici) costruiti tenendo presenti le specifiche situazioni territoriali e temporali dei processi produttivi; espressione dell’assunzione da parte di ciascuno dei soggetti coinvolti di una parte del rischio di impresa; applicazione del principio dell’internalizzazione delle esternalità ambientali. Fonte: Belletti et al, 2010 Questo approccio, in accordo con la teoria dell’innovazione, si pone come innovazione radicale del sistema agroalimentare dominante. La rassegna della letteratura sui GAS conferma questo approccio. In particolare l’attenzione per gli aspetti sociali legati all’accesso ai prodotti, quale ineludibile aspetto di sostenibilità sociale, è espressa con particolare interesse dai GAS di Roma. All’interno dei GAS di Roma, infatti, è molto vivo il dibattito sul prezzo giusto e sull’accesso. È interessante notare come questo tema sia considerato come la spinta che può permettere una vera, radicale trasformazione del sistema alimentare verso la sostenibilità, intesa come pratica diffusa e non come pratica di 'nicchia'. L’accesso ai prodotti naturali è fondamentale per consentire l’inserimento dell’innovazione radicale nel regime dominante. Non è possibile, secondo loro, raggiungere una piena sostenibilità ambientale se non vi è piena sostenibilità sociale, e quindi accessibilità. Nella loro ottica la sostenibilità sociale si concretizza in prezzi più bassi sia per gli agricoltori che per i produttori. Nell’ottica in cui solo se i prezzi dei prodotti biologici sono accessibili a un ampio strato della popolazione, l'agricoltura biologica e il nuovo modello di consumo proposto dai GAS possono diventare la base della transizione verso un'economia più sostenibile. Secondo quanto riportano gli intervistati dei GAS romani i prezzi che essi pagano sarebbero del 30-40% rispetto ai prezzi dei prodotti biologici al supermercato e del 50% rispetto a quelli dei negozi bio specializzati. L’aderente di un GAS ha stimato nel 20% il risparmio rispetto ai prezzi al supermercato di un paniere completo di prodotti biologici (verdure, frutta, carne e latticini). Secondo alcuni i prezzi dei prodotti acquistati tramite il GAS possono risultare “più bassi di quelli che uno potrebbe aspettarsi per i prodotti biologici”. Andremo quindi a verificare se i GAS di Roma riescono nel loro intento di garantire prezzi accessibili. 87 1.2 Rassegna della letteratura sul confronto fra i prez z i dei prodotti in v endita presso i GA S e la GDO L’ISMEA 101 (Istituto di servizio per il mercato agroalimentare) ha realizzato un'apposita rete di rilevazione per monitorare i prezzi al dettaglio dei prodotti agroalimentari, attraverso una partnership con le principali insegne della distribuzione alimentare. La rilevazione avviene settimanalmente, e consente di acquisire i prezzi di circa 5.000 prodotti agroalimentari confezionati e sfusi, classificati in base alle diverse specifiche merceologiche: varietà, qualità, pezzatura o taglia, confezione o confezionamento, marca, provenienza, stagionatura. La rilevazione 102 dei prezzi al dettaglio dei prodotti agroalimentari ISMEA è stata avviata nel 2009, per contribuire alla trasparenza del mercato, riducendo l'asimmetria informativa, e monitorare il valore dei prodotti lungo la filiera. L'obiettivo operativo della rilevazione consiste nel monitoraggio di un paniere di prodotti rappresentativo dei consumi alimentari degli italiani, attraverso la selezione dei prodotti maggiormente acquistati dalle famiglie italiane. L’ISMEA pubblica mensilmente un aggiornamento per ciò che riguarda i prezzi dei prodotti biologici nei diversi canali: vendita diretta, GDO e negozi specializzati. Dall’ultimo rapporto103 che si riferisce ai prezzi di Maggio 2013 si può effettuare un primo confronto dei prezzi al consumo di diversi prodotti biologici (Figure 3.2 e 3.3). Nonostante la rilevazione prenda in considerazione molti prodotti, non tutti sono presi in considerazione per tutti i tre canali. Il confronto tra tutti i tre canali è disponibile per le uova che risultano reperibili in confezione da 4 a 1,71 € presso la GDO, 2,38 € i negozi specializzati e a 1,16 € in vendita diretta. Per quanto riguarda il latte biologico, nel documento è assente il prezzo della vendita diretta. Tuttavia è possibile ipotizzare un L'ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) è un ente pubblico economico istituito con l'accorpamento dell'Istituto per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato Agricolo (già ISMEA) e della Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina, con decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 419, concernente il "riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali". 101 Per approfondire la metodologia di rilvazione http://www.ismeaservizi.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/2456. 102 si veda: 103 Il rapporto in questione è stato pubblicato l’8 Agosto 2013 e riporta i prezzi al dettaglio nei mesi di maggio 2013. Il documento è scaricbile al seguente indirizzo: http://www.ismea.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/8549 88 prezzo in virtù dei numerosi documenti e testimonianze presenti in rete104 ed effettuare così un confronto a tre. Figure 3.2 e 3.3 : Confronto tra prezzi in vendita diretta e nelle filiere lunghe Fonte: ISMEA (2013) Tra i prodotti ortofrutticoli e gli olii biologici il confronto è disponibile solo tra vendita diretta e GDO per zucchine, pomodori ciliegino, pere, patate, fragole, limoni, carote e olio. Quest’ultimo disponibile presso la GDO al prezzo medio di 10,85 €/lt e in vendita diretta a 10,50 euro/litro. Un utile contributo è stato fornito da Gosamo in “Biologico a km zero”105, dove sono confrontati i prezzi di frutta e ortaggi biologici nella filiera corta e nella GDO. Per il primo canale sono stati presi i listini del DESR 106 Parco Sud di Milano e del Movimento Consumatori107 di Torino; per il secondo sono stati presi in considerazione le quotazioni della borsa merci e prezzi di Bologna nel 2011 e quelle rilevate dall’ISMEA tra settembre 2011 e febbraio 2012 (distinguendo tra prezzi all’origine e al consumo). Da questo confronto è emerso che, in generale, nei canali di filiera corta il prezzo al consumo è più basso del 31% a fronte di un incremento per il produttore maggiore del 439%. A questo Il dato è stato reperito consultando listini di produttori che rifoniscono mercati contadini e che praticano la vendita diretta. Inoltre consultando articoli di giornale che riportano un prezzo del latte in vendita diretta che si aggira tra l’1 e l’1,2 sfuso, talvolta aumentato dal costo della bottiglia in plastica o vetro (a 0,25 o 0,50 €). 104 Gosano (2012), Biologico a km zero. Filiera corta contesti solidali locali territorio e ambiente. Ecoistituto del veneto, Mestre. 105 106 Per DER si intende “Distretto di Economia Solidale Rurale”. Fonte: www.retecosol.org. 107 Sito internet: http://www.movimentoconsumatorimilano.it/ 89 confronto se ne accosta un altro che prende come riferimento i listini dei GAC 108 , esperienza più simile a quella dei GAS. Da questo confronto emerge che il risparmio medio per il consumatore è del 113% a fronte di un prezzo pagato al produttore del 257% maggiore rispetto alla GDO (tabella 3.4). Tabella 3.4: Confronto del prezzo al consumo dei GAC con quello della GDO Pane bianco PREZZO GAC (€/kg) 2,70 PREZZO ISMEA GDO (€/kg) 4,50 Variazione ISMEA/GAC % 67% PRODOTTO Pasta 1,48 2,96 100% Riso Carnaroli 2,86 3,43 20% Uova cat A 1,03 1,65 60% Olio evo 6,50 10,58 63% Arance 1,30 1,98 52% Clementine 1,67 2,82 69% Mele golden 1,10 3,48 216% Pere Abate 1,50 3,85 157% Kiwi 1,15 3,99 247% Patate gialle 0,94 1,95 107% 150% Finocchi 1,77 4,42 Cipolle dorate 1,40 2,77 98% Peperoni 1,90 5,97 214% Pomodori 1,98 3,88 96% Zucchine 1,85 3,58 94% TOTALE 31,13 61,81 99% Fonte: Gosamo (2012) Sul sito della Rete Nazionale dei GAS vi è un confronto tra i prezzi dei prodotti acquistabili in un GAS milanese e quelli convenzionali acquistabili presso canali tradizionali (tabella 3.6). Tabella 3.6: Confronto tra prodotti di un GAS milanese e del supermercato PRODOTTO Stracchino Carne bovino Pasta grano duro Olio extravergine di oliva PREZZO GAS (euro) 9,4 11 1,5 6,16 PREZZO SM (euro) 11,27 14,72 2 5,94 Variazione SM/GAS % 20% 34% 33% TOTALE 28,06 33,93 21% ‐4% Fonte: Retegas (2008) 108 Nel 2008 il Movimento Consumatori di Torino ha promosso l’attivazione dei GAC (Gruppi di Acquisto Collettivi) che hanno come scopo principale quello di approvvigionarsi di beni alimentari biologoci da produttori locali a un prezzo accessibile. 90 Il confronto si riferisce a dati del luglio 2008 e mostra come il prezzo sia più alto nei canali convenzionali per stracchino, carne bovina e pasta, mentre risulta più alto nel GAS solo per l’olio. Rilevazioni di prezzo sono state riscontrate anche nella letteratura in “Così risparmio e mi diverto” (2004), dove è riportato un confronto tra prodotti acquistati dal gruppo GASTONE e prodotti di qualità reperiti presso un Supermercato facente parte della GDO (tabella 3.5). Tabella 3.5: Confronto tra prezzi del GAS "GASTONE" e quelli della GDO PRODOTTO 5 kg spaghetti 3 scatole di pomodoro da 340 gr 2 kg di Grana Padano DOP 900 gr di Robiola fresca 900 gr di Emmenthal 5 kg di riso Carnaroli 5 lt di olio evo 640 gr di confettura di albicocche 640 gr di confettura di fragole 640 gr di marmellata di arance 810 gr di melanzane sott’olio 870 gr di carciofini sott’olio 1 kg di miele biologico Spese di trasporto (4%) TOTALE PREZZO GAS (euro) 5,64 3,21 22,00 6,90 7,80 9,00 29,50 4,30 4,96 4,40 6,93 12,87 6,89 5,20 135,24 PREZZO SM (euro) 8,30 2,37 39,60 9,00 11,07 15,30 72,00 4,00 4,20 3,20 8,97 15,63 12,45 214,39 Variazione SM/GAS % 47% ‐26% 80% 30% 42% 70% 144% ‐7% ‐15% ‐27% 29% 21% 81% 59% Fonte: "Così risparmio e mi diverto" (2004) Da queste esperienze la realtà dei GAS sembra essere in grado di rendere accessibili prodotti naturali a un prezzo spesso più accessibile rispetto a quelli offerti dalla GDO. Con il prossimo capitolo cercheremo di approfondire questo argomento a partire dall’analisi dei listini di un GAS di Roma. 91 92 Capitolo 4 Il confronto dei prezzi rilevati in un GAS di Roma e in altri canali di offerta La letteratura analizzata nei capitoli precedenti mette in risalto la situazione di crisi ambientale e sociale in cui versa oggi il sistema agro-alimentare globale. Dal lato della produzione, le pratiche agricole oggi dominanti generano danni ambientali ed emissioni di gas serra; dal lato del consumo, oltre 800 milioni di persone, secondo la FAO, non hanno sufficiente cibo e altrettante sono mal-nutrite. L’organizzazione del sistema agroalimentare, inoltre, esercita forte pressione sulle piccole e medie imprese agricole, compromettendone la sopravvivenza. La risposta a questi problemi ha portato alla costruzione dal basso di nicchie innovative, per iniziativa dei consumatori e dei produttori, accomunati delle preoccupazioni economiche, sociali e ambientali. Molte aziende agricole mettono in pratica strategie di diversificazione e internalizzazione di fasi produttive già esternalizzate, mentre i consumatori organizzano sistemi di approvvigionamento dei prodotti alimentari in diretto contatto con i produttori. Tutte le diverse iniziative propugnano la ri-localizzazione e la risocializzazione dell’agricoltura, per la ricostruzione delle relazioni sociali sul territorio. Anche il progetto dei GAS mira alla ricostruzione di un sistema alimentare alternativo più giusto, più democratico e più sostenibile di quello attuale. Per alcuni, questo sistema, prefigura in piccola scala quello che potrebbe essere la transizione della società verso modelli più sostenibili. Un punto chiave nella soluzione di problemi ambientali e sociali è il prezzo dei prodotti. Il rispetto di pratiche agricole sostenibili, come quelle dell’agricoltura biologica, comporta costi più elevati, che si riflettono in un prezzo alto, che esclude molti consumatori di reddito medio e medio-basso. D’altra parte i prezzi elevati spesso non vanno a compensare il lavoro degli agricoltori, ma piuttosto alimentano i margini di guadagno degli intermediari del sistema agro-alimentare. Il dibattito sul prezzo, come abbiamo visto, è centrale nei nuovi movimenti del cibo e quindi nei GAS: l’obiettivo principale è quello di identificare il ‘prezzo giusto’, che da un 93 lato remunera i produttori per i costi sostenuti e dall’altro garantisce l’accesso al cibo sano e di qualità a tutta la popolazione. Tutto il sistema di approvvigionamento dei GAS mira a garantire un prezzo remunerativo ai produttori, che sia però anche accessibile a un numero vasto di consumatori In letteratura esistono già dei confronti tra i prezzi pagati dagli aderenti ai Gruppi di Acquisto e quelli pagati dai consumatori che acquistano i loro alimenti presso la GDO. Nonostante le difficoltà insite in questo tipo di confronti, quasi sempre emerge che il prezzo al consumo rilevato nella GDO è più alto. In questa tesi vogliamo verificare questo assunto, con una indagine in un quartiere specifico di Roma, dove abbiamo confrontato i prezzi di alcuni prodotti alimentari nelle diverse catene di offerta. Il Gruppo di Acquisto Solidale Testaccio Meticcio Il GAS Testaccio Meticcio (TM) è un gruppo informale, fondato nel 2011, il cui nome deriva dal fatto di aver avuto la sua prima sede all’interno di un’associazione che si occupa di immigrazione. Nel suo sito internet109 si legge che vuole creare una “rete di economia alternativa”, organizzando l’acquisto di prodotti con criteri di “solidarietà, economicità ed ecologicità”. Oggi conta 34 nuclei familiari aderenti di cui alcuni sono però inattivi (circa 4). Da un questionario che abbiamo somministrato110 è emerso che la maggior parte degli aderenti ai GAS (46%) si trova nella fascia d’età tra i 35 e i 44 anni. Vi è un sostanziale equilibrio tra gli aderenti che vivono con il proprio partner (57%) e chi no (43%). Dal punto di vista dell’istruzione emerge come quella del GAS TM sia una realtà che coinvolge prevalentemente persone con un livello di istruzione elevato: l’82% degli intervistati ha almeno la laurea di primo livello e il 43% un titolo superiore alla laurea. Per quel che riguarda l’occupazione il 39% è libero professionista e vi è un equilibrio tra impiegati nel settore pubblico e privato (29%), mentre solo il 4% è disoccupato. Dal punto di vista del reddito si rileva che i partecipanti appartengono prevalentemente a una classe di reddito media tra i 15 e i 45 mila euro annui (71%). Il 25% appartiene alla fascia più bassa, ossia entro i 15 mila euro annui, mentre solo il 4% presenta un reddito superiore ai 45 mila euro annui. 109 Sito intenet: www.gastm.org 110 Il questionario è stato somministrato a 30 utenti attivi e sono state ricevute 28 risposte. 94 Questo quadro si presenta in linea con i dati raccolti da Fonte (et al., 2011), in cui da un campione di 21 GAS di Roma è emerso che gran parte degli aderenti si trova nella fascia d’età 35-50 anni e che si tratta di persone con un livello di istruzione medio-alto. I membri del GAS TM hanno un livello di istruzione probabilmente più alto rispetto alla media che si osserva negli altri GAS di Roma. Probabilmente ciò è indice del fatto che la realtà di questo GAS è ancora oggi quella di una ‘nicchia’, sebbene dal punto di vista del reddito la situazione sia molto più omogenea (si ricordi che Fonte e Salvioni parlano di “classe media in via di proletarizzazione”). Il grado di istruzione può indicare che, per farne parte, vi sono delle barriere culturali (es. consumo critico), sociali (es. la necessità di ritagliare spazi di tempo da dedicare al GAS) e economiche, che possono essere rappresentate dalla necessità di acquistare congrue quantità di quei prodotti che vengono ordinati solo una volta al mese o dalla necessità di partecipare ai prefinanziamenti. Gli acquisti sono organizzati con cadenza variabile. Alcuni ordini vengono fatti su base settimanale: frutta, verdura e formaggi sono consegnati una volta a settimana mentre uova, erbe, torte rustiche e dolci artigianali ogni due settimane. Altri ordini hanno una cadenza mensile: olio, vino, farine, miele, pane, prodotti equosolidali, etc. Ma i criteri di stagionalità, naturalità, impatto ambientale e freschezza comportano che frequentemente vengano ordinati prodotti con cadenze più o meno impreviste, sebbene la consegna sia sempre su base settimanale (ciò avviene per la carta igienica, il Parmigiano, la pasta, le nocciole etc.). In questi ultimi casi gli aderenti vanno incontro alla necessità di fare delle piccole scorte di prodotti. Il GAS TM ha un’organizzazione tendenzialmente orizzontale in cui i membri sono posti a un livello più o meno paritario e si incontrano durante le riunioni per definire gli aspetti organizzativi, strategie e progetti del gruppo. Vi sono due coordinatori-referenti che sono supportati da altri 18 referenti, mentre gli altri offrono spontaneamente la loro disponibilità a collaborare in vari modi. Un ruolo che viene svolto a turno consiste nell’accogliere i produttori con la merce e attendere che gli altri aderenti passino a ritirare e pagare. Questo compito viene svolto a turno anche per entrare in empatia con i colleghi, per conoscersi e imparare a collaborare. Agli aderenti è richiesto un certo grado di partecipazione, ma questo varia sensibilmente a seconda delle inclinazioni delle persone. All’atto del ritiro del primo ordine, il nuovo aderente versa una quota associativa che rimane sempre nelle casse del gruppo per anticipare i pagamenti ai produttori. Tra un ritiro e l’altro un aderente calcola le spese effettive e paga i fornitori tramite bonifico. 95 L’aderente salda la spesa la volta successiva che si reca al ritiro, in pratica la spesa ritirata viene coperta dalla quota associativa. Le comunicazioni avvengono tramite diversi canali, soprattutto mailing-list, ma anche tramite social network. Con la mailing-list gli aderenti ricevono le comunicazioni più formali, le novità sui produttori, e la possibilità di partecipare ai progetti o alle gite. Sui social network avviene invece una comunicazione più libera e spontanea. Durante il momento del ritiro i partecipanti passano del tempo a scambiare opinioni, idee e progetti, anche al di fuori della riunione. Soprattutto in primavera vengono organizzate gite sia per conoscersi e passare delle giornate all’aria aperta, sia per raccogliere prodotti che altrimenti alcuni produttori non farebbero per mancanza di tempo e convenienza. Spesso questi prodotti vengono offerti a prezzi molto vantaggiosi dai produttori che beneficiano del fatto di non dover effettuare la consegna. Solitamente i produttori del GAS TM non chiedono un contributo per effettuare la consegna a patto che venga raggiunto un certo quantitativo di ordine. Oggi è difficile definire con certezza il numero di fornitori di cui si avvale il GAS TM. Dal sistema di ordini ne risultano 49 ma non tutti effettuano le consegne, inoltre spesso gli ordini sono fatti tramite una rete di mailing-list, per cui non sono inseriti nel computo. Le referenze totali sono circa 1400, ma vale lo stesso discorso. Per acquistare prodotti con il GAS è necessario contattare un coordinatore via email e chiedere di farsi attivare un account, accessibile da software simile a quello della posta elettronica. Il nuovo aderente può usufruire di un periodo di prova e ordinare durante l’apertura degli ordini, che avviene dal venerdì al lunedì per i prodotti settimanali e dal 2 al 9 del mese per i prodotti mensili. I prodotti così ordinati sono consegnati ogni giovedì sera. La pratica di acquisto del GAS è dunque molto diversa da quella che si può riscontrare nelle altre catene di offerta. In primo luogo i consumatori devono organizzarsi per ricevere una considerevole quantità di prodotto fresco durante la settimana. Alcuni preferiscono congelare subito alcune preparazioni per non incorrere in perdite di prodotto, altri preferiscono consumare mano a mano durante tutta la settimana senza ricorrere al congelamento. Il fatto di ricevere frutta e verdura ogni settimana e la carne saltuariamente è stata una scelta ben precisa del gruppo. La volontà è quella di auto-educarsi ad assumere degli stili alimentari che siano più rispettosi dell’ambiente, della salute e del benessere animale. Sebbene altri gruppi soddisfino ogni tipo di richiesta, il GAS TM invece vuole mandare un messaggio molto radicale ai suoi aderenti. Ciò non toglie che al suo interno vi siano persone che non hanno adottato (per necessità o voglia) stili di vita che implicano un 96 minor consumo di carne, tuttavia hanno comunque aumentato la propria consapevolezza intorno ai temi di una sana alimentazione. Gli acquisti, sulla base del principio della stagionalità, implicano anche un considerevole cambiamento delle abitudini alimentari. Gli ordini mensili riguardano prodotti che possono essere conservati per un prolungato periodo di tempo. Ciò spinge le persone a guardare ai propri consumi con riferimento a un periodo più ampio, ma anche ad acquistare tutte in una volta ingenti quantità di prodotti. Questo vale soprattutto per gli ordini di prodotti che vengono fatti poche volte l’anno (es. nocciole, pasta, carta igienica, Parmigiano). Questo rappresenta di certo un limite per le famiglie a basso reddito, che preferiscono acquistare le merci in piccole quantità per mantenere un minimo di sicurezza economica. Il cambiamento di pratica comporta necessariamente un adattamento importante sia per quanto riguarda gli aspetti economici che sociali. In questo senso è chiaro che il discorso che fanno i GAS è molto ampio. La volontà di acquistare prodotti naturali ha conseguenze positive sulla salute delle persone, cosa che si traduce anche in un risparmio economico e di tempo per molte persone, ma con una visione di lungo periodo. 1.1 Le criticità del confronto tra i prez z i dei prodotti alimentari in div ersi canali di v endita Per attuare un confronto rigoroso, le caratteristiche dei prodotti devono essere identiche. La difficoltà sta proprio nel tener presenti una molteplicità di aspetti e nel prendere in considerazione tutti i benefici di cui il consumatore può godere dall'acquisto di un prodotto. Tali benefici dipendono anche dal luogo e dalle modalità di vendita. Possiamo distinguere le caratteristiche dei prodotti in relazione a (tabella 4.1): - Funzionalità: queste caratteristiche possono riferirsi al grado di trasformazione o alla vicinanza del punto vendita, cose che permettono di ridurre i tempi di preparazione o di acquisto; alla libertà di scelta; al grado di informazione garantito; alla qualità dei fattori nutritivi, che hanno una diretta conseguenza sulla salute; - Piacere edonistico: comprende la varietà, che può riferirsi alla quantità di prodotti disponibili ma anche alla biodiversità dei prodotti offerti, e il gusto. - Estetica: si riferisce al colore, alle dimensioni, all’impatto visivo che il prodotto può assumere. - Simbolismo: per esempio l’acquisto di alcuni cibi invece di altri, può dipendere dalla percezione di aderire a uno status sociale privilegiato. - Eticità: si riferisce al grado di rispetto dell’ambiente, delle persone e della società che quel prodotto incorpora, ai metodi e alle tecniche produttive adottate lungo tutta la filiera. 97 - Socialità: può riferirsi al grado di connessioni sociali che il consumo di un certo prodotto comporta; alla storia incorporata nel prodotto. - Tabella 4.1: Differenza tra le caratteristiche dei prodotti acquistati tramite la GDO e i GAS Benefici Funzionalità Convenienza (tempo, praticità, certezza del risultato) Salute (contenuto di fattori nutritivi) Libertà di scelta Educazione Piacere edonistico Varietà Gusto Estetica Simbolismo Eticità Socialità Cibo convenzionale Alta (prodotti trasformati, forme prestabilite) Bassa Cibo acquistato con il GAS Bassa (prodotti non trasformati, forme inconsuete) Alta Alta Bassa Alta (prodotti fuori stagione e distanti) Bassa (biodiversità) Bassa Alta Bassa (scelta ridotta ai prodotti stagionali e locali) Alta (varietà e forme sconosciute, varietà locali) Alto (fresco e stagionale) Basso (non fresco, non stagionale) Alto (artificiale vs naturale) Alta Cibo come distinzione sociale e come servizio Bassa Bassa Bassa (rispetto ai criteri tradizionali) Alto in un contesto appropriato Alta Alta –come un modo per sentirsi parte di una comunità Fonte: Brunori (2012) I prodotti disponibili nel GAS di solito sono poco trasformati (il che può allungare i tempi di preparazione) e sono limitati a un certo numero, poiché i produttori con cui si è deciso di mantenere un rapporto stabile non possono mettersi troppo in concorrenza e perché viene rispettato il criterio della stagionalità. L'offerta dei GAS comprende prodotti più freschi (spesso colti entro 3 giorni dalla consegna), cosa che comporta qualità organolettiche e contenuti nutritivi migliori, la possibilità di conoscere nuove varietà (locali e autoctone) e imparare nuovi stili alimentari. Dal punto di vista estetico i consumatori sono portati ad assumere nuovi criteri di giudizio sulla qualità: sono presenti colori e forme inattesi in sostituzione di quelli standardizzati. Ciò contribuisce a contenere la distruzione di prodotti non conformi agli standard della GDO. Infine i prodotti dei GAS rappresentano un modo diverso di consumare e incorporano un contenuto etico e relazionale maggiore, essendo il frutto delle relazioni e della partecipazione a un progetto comune, che da la sensazione di ‘fare la cosa giusta'. Nei canali della GDO è invece presente una maggior varietà di prodotti già trasformati, precotti e freschi. La frutta e la verdura fresca viene comprata dai mercati dell’ingrosso e quindi segue il percorso che abbiamo descritto nel primo capitolo. Vi sono 98 diversi passaggi, cosa che comporta il fatto che spesso la maturazione avviene nei magazzini e non sulla pianta, con conseguente perdita di fattori nutritivi. Ciò avviene soprattutto nel caso di supermercati, discount, negozio specializzato e in parte anche nel mercato rionale. Il ‘fresco’ nella GDO si riferisce più che altro alla possibilità di acquistare le quantità a propria scelta piuttosto che all’effettiva freschezza di un prodotto. Per quanto riguarda i prodotti confezionati vi sono casi in cui la provenienza è estera o incerta. Per esempio nel caso del miele, dei legumi e dell’olio convenzionali si risale semplicemente dallo stabilimento che ha opertato il confezionamento e non all’azienda produttrice delle materie prime da cui il prodotto è stato ricavato. È ovvio che nei supermercati la convenienza risiede sulla possibilità di fare acquisti dilazionati e in piccole porzioni, sulla ampia varietà e libertà di scelta che il GAS non può offrire allo stesso modo. Nella GDO, inoltre, i marchi conferiscono ai prodotti in vendita un alto valore simbolico di distinzione sociale che il GAS non ha, o almeno ha solamente all’interno del proprio circuito. I supermercati inoltre hanno poche o nessuna barriera all’ingresso: sono presenti in ogni quartiere. In essi si può fare la spesa molto velocemente e pagarla contestualmente al ritiro; non vi è la necessità di apprendere nuovi metodi di preparazione e i prodotti posti in vendita sono largamente conosciuti dai consumatori grazie alla pubblicità. Il confronto tra GAS e altri canali è quindi delicato anche per il modo diverso di offrire i prodotti. Nel GAS bisogna iscriversi e ordinare su internet, andare a ritirare in un momento specifico della settimana e, in molti casi, partecipare attivamente al suo funzionamento. La spesa si fa in un’ottica di socialità molto diversa e per questo può rappresentare un limite per molte persone. Al di là del prezzo, dunque, queste caratteristiche possono indurre il consumatore a fare un acquisto in un canale commerciale piuttosto che un altro. Procedendo con il confronto, bisogna tener conto anche del periodo in cui è stato rilevato il prezzo. Nella GDO il prezzo dei prodotti è soggetto a continue variazioni, mentre nei GAS il prezzo è più stabile nel tempo. Il prezzo raccolto nei canali di vendita convenzionali può quindi essere condizionato da variazioni congiunturali del prezzo dei prodotti. La struttura del confronto tra prezzi nei diversi canali di offerta La nostra indagine si basa 3 livelli di confronto. Abbiamo confrontato i prezzi dei prodotti acquistati tramite il GAS con prodotti di pari qualità, quindi biologici certificati. 99 In seguito con prodotti convenzionali i quali, come abbiamo detto, hanno caratteristiche molto differenti dai primi Nel caso del confronto con i prezzi dei prodotti biologici disponibili nelle altre catene di offerta, il prezzo considerato è stato quello minimo. Ciò significa che misuriamo il vantaggio/svantaggio di acquistare tramite il sistema di approvvigionamento dei GAS rispetto al prezzo minimo disponibile per prodotti simili nel mercato convenzionale. Un eventuale vantaggio del sistema dei GAS rappresenterebbe quindi il vantaggio minimo che si possa realizzare acquistando prodotti biologici nelle altre catene di offerta. Poiché quello che vogliamo verificare è il vantaggio in termini di accesso ad alimenti più salubri del sistema GAS per la popolazione a reddito medio e medio-basso, è realistico supporre che questa fascia di ‘consumatori’ cerchi nelle altre catene di offerta il prezzo più basso. Dal momento che il target del nostro studio non sono le fasce di popolazione a reddito alto, ma quelle a reddito medio e medio-basso, confrontiamo anche i prezzi dei prodotti biologici del GAS con quelli dei prodotti convenzionali reperibili negli altri canali di offerta. Ovvero ci chiediamo qual è il livello dei prezzi dei prodotti del GAS rispetto all’offerta di prodotti convenzionali del quartiere e, indirettamente, quali sacrifici economici comporta il passaggio da una spesa convenzionale a una fatta presso il GAS. In questo caso paragoniamo ovviamente prodotti con diversa qualità (prodotti sostituti, ma non equivalenti: una zucchina fresca biologica e una non biologica). Ma ci è utile capire anche se il modello di approvvigionamento costruito dai GAS è accessibile per le fasce di consumatori che consumano prodotti convenzionali. Per questo prenderemo in esame due tipi di prezzo: quello minimo e quello medio, cercando di capire fino a quanto è vantaggioso comprare tramite il GAS. Il prezzo è stato rilevato nei mesi di giugno, luglio, agosto e settembre 2013 in tutti i canali di vendita. La rilevazione è stata fatta personalmente nelle varie catene di offerta mentre, per quanto riguarda il GAS, i prezzi sono stati raccolti tramite i listini che i produttori inviano periodicamente, considerando quelli che erano disponibili nel periodo indicato. 100 Non è possibile confrontare i prezzi dei prodotti in tutte le catene di offerta, per il semplice fatto che alcuni canali convenzionali non hanno molti prodotti biologici oppure perché i canali che commercializzano solo prodotti locali non hanno prodotti provenienti da altre zone d’Italia, come nel caso del Parmigiano Reggiano, che non si trova nei mercati Figura 4.1: la struttura dell'indagine Negozio specializzato biologico Mercati di Campagna Amica 1. Prezzo minimo rilevato per i prodotti biologici Supermercati Listino GAS Mercatino biologico locale Supermercato biologico -locale Mercato rionale 2. Prezzo medio rilevato per i prodotti convenzionali 3. Prezzo minimo rilevato per i prodotti convenzionali Discount degli agricoltori. Il confronto è stato realizzato in un quartiere di Roma – il Testaccio – che si trova nel I Municipio. È un quartiere che, pur appartenendo a una zona centrale, si distingue poiché conserva un carattere popolare. La vita sociale del quartiere si svolge nella piazza principale e presso il mercato rionale, anche se negli ultimi anni si stanno sviluppando nuovi punti di aggregazione nell’area della Città dell’Altra Economia, dove viene organizzato un mercatino biologico degli agricoltori ogni fine settimana. Il quartiere ha un’area commerciale molto ben sviluppata, per questo attira gli abitanti dei quartieri limitrofi, in particolare dell’Aventino, quartiere di estrazione sociale ben più elevata e sede di numerose ambasciate. Testaccio è oggi un quartiere di estrazione sociale mista, in cui sono presenti molte attività commerciali, ciò è anche evidenziato dal fatto che vi sono varie strutture di offerta (figura 4.2). Il canale di offerta più conosciuto è il mercato 101 rionale, ma negli ultimi anni sono sorti diversi punti vendita più specializzati: oltre al GAS, operano anche un negozio specializzato biologico, due supermercati, un discount, un mercatino e un supermercato di prodotti locali e biologici. Questi ultimi sono una singolarità poiché fanno capo a un organismo di certificazione. Figura 4.2: Mappa dei canali di offerta inclusi nell’indagine Oltre a questi opera un supermercato di recente apertura, che al momento della rilevazione stava praticando una strategia di penetrazione nel mercato, e diversi negozi di vicinato che per semplicità non abbiamo incluso nell’indagine. Abbiamo invece incluso nell’indagine i due MCA più vicini, che si trovano rispettivamente ad 1.4 e 1,8 km in linea d’aria. È chiaro che questi non possono essere presi in considerazione come elementi sostitutivi della spesa a livello rionale, ma sono un utile metro di confronto per chi si vuole approvvigionare di prodotti locali biologici e non. Il mercato rionale è il punto di riferimento del quartiere, il suo cuore pulsante. Fino al 2012 ha operato in Piazza Testaccio, poi è stato trasferito a poche centinaia di metri, in un’area leggermente meno centrale, è aperto sei giorni alla settimana. Il sistema di approvvigionamento è misto. I prodotti provengono perlopiù dai mercati all’ingrosso, quindi da canali di filiera lunga. I commercianti di questo mercato sembrano restii a commercializzare i prodotti biologici (che non sono presenti per la frutta e la verdura), per 102 cui sono pochi i banchi che si basano sulla vendita diretta. Il mercato rionale offre un’ampia varietà di prodotti: ortofrutticoli, di macelleria, confezionati, trasformati, latticini; ma vi sono anche bar e tavole calde. È stato possibile reperire i prezzi dei seguenti prodotti biologici: miele, uova, pollo, pasta, farina, legumi, olio e passata. Questo mercato è piuttosto un utile metro di confronto per i prodotti convenzionali. Il primo supermercato è a soli 400 metri dal punto di consegna del GAS ed è il principale supermercato del quartiere. È situato presso la piazza principale e offre una circoscritta varietà di prodotti. Difatti l’offerta di prodotti biologici certificati è piuttosto scarsa: solamente il latte e la farina. Frutta e ortaggi sono venduti a peso o in confezioni da 0,5 kg. In alcuni casi, (carote), è disponibile solamente la confezione da 0,5. La carne è presente solo confezionata mentre vi è un banco per i formaggi e gli affettati. Il supermercato è aperto tutti i giorni della settimana, compresa la domenica. Il secondo supermercato si trova a circa 600 metri dal GAS in un punto poco frequentato. Presenta una varietà di prodotto più ristretta del precedente, in particolare per quello che riguarda la frutta e gli ortaggi. Lo abbiamo incluso principalmente per integrare le eventuali mancanze del precedente supermercato. Sebbene non sia il luogo ideale dove cercare prodotti di qualità, in tempi di crisi il discount è, un canale di vendita da prendere in considerazione. Secondo l’Istat (2013), esso sta registrando incrementi di vendite a causa delle difficoltà cui vanno incontro le famiglie italiane. Questo è, infatti, il punto di riferimento per chi vuole acquistare a un prezzo economico. Si trova in una posizione centrale del quartiere, vicino alla piazza principale, e offre un’ampia varietà di prodotti: vi sono frutta e verdura fresca, prodotti confezionati di ogni genere, anche biologici. Frutta e verdura biologica si trovano in una sezione apposita, disponibili in confezioni da circa 0,5 kg, ma si trattava solo di carote, patate, zucchine, pomodoro ciliegino e limoni (che non abbiamo incluso nell’indagine poiché, al momento della rilevazione non erano presenti presso il GAS). Per il resto (carne, formaggi, etc.) i prodotti erano tutti confezionati. Non era presente alcun banco. Anche il discount è aperto tutti i giorni della settimana. Il negozio specializzato biologico è un esercizio commerciale che offre prodotti sia alimentari che per la cura della persona, derivanti da produzioni biologiche e biodinamiche. Il negozio in questione offre un’ampia varietà di frutta e verdura biologica certificata e si rifornisce presso varie categorie di fornitori (grandi distributori, cooperative, importatori, industrie di trasformazione e anche piccoli produttori) e rappresenta il punto di riferimento per l’acquisto di prodotti biologici nel quartiere. Si può 103 comunque parlare di un canale di filiera lunga. Vanta una clientela fissa che è rappresentata probabilmente dai residenti di un ceto sociale nettamente più elevato della media. L’attività va a vanti da molti anni e beneficia anche per la posizione centrale anni. È aperto sei giorni alla settimana. Da pochi anni a Testaccio è attivo anche un mercatino degli agricoltori locali che praticano unicamente agricoltura biologica certificata. Si trova in una posizione poco centrale e opera all’interno della Città dell’Altra Economia, in partnership con il supermercato limitrofo di cui parleremo di seguito. Il mercatino offre una varietà di prodotti stagionali che comprendono prevalentemente frutta e ortaggi, ma anche creme, marmellate, succhi, salumi, passate, formaggi, torte e pane. Sono anche presenti artigiani che fanno del riuso e del riciclo i loro principali punti di forza. I produttori sono quasi tutti del Lazio, certificati biologici, e sono presenti soprattutto prodotti freschi. Il mercato è aperto il sabato e la domenica fino al primo pomeriggio. Il supermercato biologico, che e lavora in parallelo con il mercatino limitrofo, offre un’ampia varietà di prodotti provenienti da agricoltura biologica certificata e prodotti ecologici per la casa e per la persona. Buona parte dei produttori sono gli stessi che partecipano al mercatino durante il fine settimana, dunque provengono quasi tutti dal Lazio. Questo punto vendita ha decisamente delle caratteristiche interessanti: la maggior parte dei prodotti provengono direttamente dagli agricoltori locali e solo in piccola parte provengono da canali di filiera lunga. Si potrebbe dire che si tratta di un canale di offerta misto, che pur operando un ricarico sui prodotti, dovrebbe tutelare il reddito percepito dai produttori. È aperto 7 giorni su 7 ed è stato facile selezionare prodotti che fossero simili ai prodotti del GAS, nel caso del latte si trattava proprio del medesimo produttore. Nelle vicinanze del quartiere (1,4 e 1,8 km dalla sede del GAS) si svolgono ogni sabato e domenica, dal mattino fino a metà pomeriggio, due mercati degli agricoltori che sono i punti di riferimento per chi vuole acquistare prodotti freschi, locali e spesso anche biologici. Questi sono i Mercati di Campagna Amica (MCA), organizzati dall’omonima Fondazione. L’offerta è molto ampia, anche se è stato necessario aggregare i dati di entrambi i mercati per raggiungere la completezza di listino sufficiente per un confronto attendibile. Vi è un’ampia offerta di prodotti convenzionali, soprattutto frutta, verdura, formaggi e salumi. Per quanto riguarda gli ortaggi biologici certificati vi sono un numero ristretto di banchi che ruotano periodicamente. In questo caso è stato semplice trovare prodotti simili a quelli del GAS. Le produzioni sono molto fresche e di qualità. 104 1.2 I tre confronti dell’indagine sui liv elli dei prez z i Come abbiamo visto per gli altri confronti presenti nella letteratura, la comparazione viene fatta sulla base del prezzo del prodotto del GAS TM, quindi sulla differenza così calcolata: !"#$$% !!!"#$$% !"# 𝑉𝑎𝑟𝑖𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 % = !"#$$% !"# % Per esempio se il GAS offre un prodotto al prezzo di 1 €/kg e il supermercato offre lo stesso prodotto a 2 €/kg significa che, rispetto al prodotto del GAS, il prezzo del supermercato è maggiore del 100%. Ciò significa che il costo è pari al prezzo del GAS aumentato del 100% del suo valore, quindi il doppio. Qualora si presentasse una variazione negativa significa che presso il punto vendita in questione il prezzo rilevato è più basso rispetto al GAS. Nel fare questi confronti non si sta tenendo conto del fatto che alcuni prodotti si consumano meno di altri. Stiamo quindi mettendo sullo stesso piano prodotti diversi come i cetrioli e le zucchine che hanno un peso ben diverso all’interno della dieta di una famiglia. Abbiamo fatto questa scelta perché il nostro obiettivo è quello di verificare indistintamente il livello dei prezzi per ogni categoria di prodotto. 1.2.1 Prezzo dei prodotti biologici del GAS TM vs prezzo minimo dei prodotti biologici reperibili presso altri canali di offerta Sono stati presi in considerazione 47 prodotti alimentari biologici presenti nel GAS. Non tutti i prodotti sono stati reperiti negli altri canali di vendita, ma ciò non significa che l’offerta fosse inferiore. In tutti gli altri canali, infatti, vi è una disponibilità immediata di un numero di prodotti più alto rispetto al GAS. Nel negozio specializzato biologico e nel supermercato biologico e locale vi è la massima disponibilità di prodotti, in misura decisamente superiore al GAS, ma anche ai mercati. Anche se sono frequenti i confronti con i prodotti dei MCA e del mercatino biologico e locale, bisogna tenere presente che questi hanno lavorato sotto un regime leggermente inferiore nel periodo in esame rispetto ai supermercati, inoltre, nel caso dei MCA il confronto con i prodotti biologici è stato possibile solo integrando i prezzi di entrambi i MCA considerati. Sebbene i prodotti di partenza siano stati scelti in base alla disponibilità del GAS, il mercato rionale, il 105 supermercato e il discount presentano davvero un’offerta minima di prodotti biologici, e si tratta perlopiù di prodotti confezionati, anche nel caso di frutta e verdura. La tabella sottostante è, dunque, puramente indicativa per descrivere il confronto che si andrà a fare e non la disponibilità di prodotti biologici. Tabella 4.2: numero di prodotti confrontati per canale di offerta Canale di vendita GAS N° prezzi confrontati 47 Negozio spec. biologico MCA 45 41 Supermercato biologico Mercatino biologico Mercato rionale 41 31 13 Discount Supermercato 9 2 Frutta biologica Abbiamo selezionato 6 tipi di frutta di stagione che erano disponibili nel GAS nel periodo in esame: meloni, albicocche, fragole, mele, pere e pesche presenti in 4 canali oltre al GAS. Il GAS si approvvigiona dallo stesso produttore per albicocche, mele, pere, meloni mentre per pesche e fragole ha stipulato l’accordo di prefinanziamento con l’azienda agricola “Il Papavero”. Questo ha portato a due evidenti benefici: da un lato il prezzo è stato stabile nel tempo; dall’altro il produttore ha consegnato tutta la merce evitando sprechi di prodotto e quindi perdite economiche. I sei tipi di frutta biologica sono presenti nel negozio specializzato, nel supermercato biologico e locale, nei MCA e nel mercatino biologico e locale. Non sono stati reperiti negli altri canali di vendita. Generalmente si riscontra un prezzo più alto per tutti gli altri canali con significative differenze. Nel negozio specializzato la frutta fresca ha un prezzo superiore in tutti i casi e i prezzi sono mediamente superiori del 115%. Vi sono variazioni significative nel caso del melone (+279%) e delle albicocche (+116%); mentre quelle più basse, comunque importanti, si registrano per le pesche (+66%) e per fragole e mele (+73%). Diverso è il caso del supermercato biologico, in cui il livello dei prezzi è mediamente superiore a quello del GAS dell’83%. Percentuale che è evidentemente viziata dal prezzo del melone che viene 4,00€ (+300%), ma vi sono prezzi più accettabili per le albicocche e le mele, rispettivamente +25% e +32% rispetto al GAS. 106 Nei MCA il livello dei prezzi della frutta biologica è del 32% più alto rispetto a quello del GAS. Ciò non vale per le pere e per le pesche che hanno prezzi più contenuti: i prodotti presentano prezzi alti per quanto riguarda il melone (+100%) e le pere (+50%), ma il livello di prezzo è più accessibile per le mele (+5%) e le pesche (-9%). Nel caso del mercatino biologico i prezzi risultano inferiori in 2 casi e superiori negli altri 4. Le pesche registrano un prezzo più basso del 46% e le pere del 9%. Meloni (+50%), fragole (+31%) e albicocche (+9%) hanno invece prezzi più alti. Il GAS dunque si presenta come il canale dove i vari tipi di frutta considerati hanno prezzi mediamente più bassi rispetto agli altri canali presi in considerazione. Le uniche eccezioni sono rappresentate dalle pesche nei mercati e dalle pere nel mercatino biologico. Il melone è il frutto in cui la Grande Distribuzione ha un prezzo decisamente più alto, superiore di oltre il 200% e dunque più che triplo rispetto al GAS. Nel caso delle fragole, in tutti i canali si riscontra un aumento del prezzo di oltre il 30%. La stagione non è stata favorevole per colpa delle frequenti piogge e le gelate che non facevano formare il frutto dopo la fioritura111, ciò ha favorito l’accordo stipulato dal GAS con il produttore che prendeva in considerazione eventuali perdite di prodotto. Nel GAS, infatti, il prezzo è rimasto stabile grazie al prefinanziamento. Anche nel mercatino biologico il prezzo delle fragole era più alto del 31%. Figura 4.3: confronto dei prezzi della frutta biologica € 8,00 € 7,00 € 6,00 GAS TM € 5,00 Negozio spec. € 4,00 SM biologico € 3,00 MCA € 2,00 Mercatino bio € 1,00 € ‐ Melone Albicocche Fragole Mele Pere Pesche I prezzi della frutta biologica si attestano a diversi livelli a seconda dei canali: molto alti nella Grande Distribuzione e nel supermercato biologico. Sia nei MCA che nel mercatino biologico il livello dei prezzi è più allineato con quello del GAS e vi sono prezzi Questa affermazione deriva da un’intervista con il produttore di fragole del GAS che si trova nell’area di Pomezia. 111 107 più bassi forse in virtù del fatto che i banchi possono aumentare o diminuire, favorendo la vendita di prodotti la cui disponibilità è maggiore. Il GAS presenta invece una forma più rigida, in cui spesso i prezzi sono stabiliti con anticipo, come nel caso delle pesche. Tabella 4.3: prezzi rilevati e variazioni della frutta biologica Prodotto GAS TM Melone € 1,00 Albicocche € 3,20 Fragole € 4,20 Mele € 1,90 Pere € 2,20 Pesche € 2,80 Var. media % Negozio spec. € 3,79 (+279%) € 6,90 (+116%) € 7,25 (+73%) € 3,29 (+73%) € 4,03 (+83%) € 4,64 (+66%) (+115%) SM biologico € 4,00 (+300%) € 4,00 (+25%) € 6,50 (+55%) € 2,50 (+32%) € 3,30 (+50%) € 3,80 (+36%) (+83%) MCA € 2,00 (+100%) € 4,00 (+25%) € 6,00 (+43%) € 2,00 (+5%) € 3,30 (+50%) € 2,00 (‐29%) (+32%) Mercatino bio € 1,80 (+80%) € 3,50 (+9%) € 5,50 (+31%) € 2,40 (+26%) € 2,00 (‐9%) € 1,50 (‐46%) (+15%) Ortaggi biologici Tramite il GAS TM, gli ortaggi vengono acquistati ogni settimana, l’ordine va completato entro il lunedì e gli ortaggi giungono il giovedì. Ciò significa che sono stati raccolti al massimo 3 giorni prima della consegna. Gli ortaggi confrontati sono 15, tutti presenti presso i mercati, il supermercato biologico e il negozio specializzato. Presso il discount, invece, sono reperibili solo 4 ortaggi biologici, ciò lo conferma come punto vendita poco attento alla richiesta di prodotti biologici. In generale si riscontra una situazione divisa in due blocchi: i canali di vendita diretta presentano un livello dei prezzi più basso rispetto a quello della GDO. Presso la Grande Distribuzione i prezzi degli ortaggi si posizionano a un livello più alto rispetto al GAS di oltre l’80%: +80% nel negozio specializzato e +91% nel caso del discount (nel secondo si tratta di soli 4 prodotti, per quegli stessi prodotti il negozio specializzato presenta una variazione maggiore dell’85%). Nel negozio specializzato si passa da un aumento minimo del 17% a uno massimo del 171%. Le variazioni maggiori si hanno per prodotti quali: patate (+171%) e peperoni (+166%). Nel discount i prodotti che presentano prezzi più alti rispetto al GAS sono patate (+99%) e pomodoro ciliegino (+109%). In nessun canale della GDO è stato riscontrato un prezzo più basso di quelli del circuito del GAS TM: la differenza più bassa si riscontra per il pomodoro tondo (+ 17%). 108 Prendendo in considerazione gli altri canali, questi sono decisamente più allineati con i prezzi del GAS e ciò vale sia per i mercati degli agricoltori, sia per il supermercato biologico, che si presenta con una forma ibrida di distribuzione Nei MCA i prezzi sono a un livello più alto dell’8%. Si rileva che 6 prodotti su 15 hanno un prezzo pari o inferiore a quello del GAS, in particolare il prezzo è più basso per carote (-15%), pomodoro ciliegino (-9%) e pomodoro tondo (-9%). I prezzi più alti sono invece patate (+30%), patate novelle e peperoni (+25%). In questo caso i MCA presentano variazioni più attenuate rispetto agli altri canali. Nel mercatino biologico, in media, il livello dei prezzi è più alto del 10%. Sono 5 i prodotti ad avere un prezzo pari o inferiore rispetto a quello del GAS: nessuna variazione per carote, pomodoro lungo, e peperoni mentre i prezzi sono più bassi per il pomodoro tondo (-9%) e la cipolla fresca (-21%). Patate (+50%), zucchine, patate novelle e melanzane (tutti +25%) sono i prodotti che hanno il prezzo più alto nei confronti del GAS. Nel supermercato biologico il livello di prezzo degli ortaggi è più alto del 15% rispetto al GAS. Questo canale di offerta presenta quindi un livello di prezzi non lontano da quello del GAS. Si possono rilevare due prodotti con un prezzo inferiore a quello del GAS: le carote con -25% e il pomodoro tondo con -9%. I peperoni e il pomodoro lungo hanno invece lo stesso prezzo del GAS; mentre negli altri casi il prezzo più basso è quello della cicoria (+11%) e quello più alto delle zucchine (+50%). Il supermercato biologico si trova, quindi, in una situazione intermedia con variazioni che vanno dal +50% al -25% per un risparmio o pareggio in 5 casi su 15. Ciò è probabilmente imputabile alla sinergia che l’organismo di certificazione ha intrapreso con le aziende agricole limitrofe e alla presenza del mercatino convenzionato. Approfondendo i risultati di alcuni prodotti, tra i pomodori si può analizzare il caso della varietà ciliegino. I canali convenzionali presentano prezzi decisamente superiori (discount e negozio specializzato) mentre nella filiera corta i prezzi tendono ad allinearsi e a essere anche più convenienti rispetto al GAS. Il supermercato biologico presenta un prezzo intermedio tra la GDO e la vendita diretta. Da notare è anche la stabilità del prezzo raggiunta dal GAS e dai MCA che vale anche per gli altri tipi di pomodori, i cui prezzi oscillano tra i 2 €/kg e i 2,2 €/kg. 109 Figura 4.4: confronto dei prezzi degli ortaggi biologici € 6,00 € 5,00 € 4,00 GAS TM € 3,00 Negozio spec. SM biologico € 2,00 MCA € 1,00 Mercatino bio € ‐ Discount Tabella 4.4: prezzi rilevati e variazioni dei prezzi degli ortaggi biologici Prodotto Carote Patate Zucchine Pomodoro ciliegino Pomodoro tondo Pomodoro lungo Bieta Cetrioli Cicoria Cipolla fresca GAS TM Negozio spec. SM biologico MCA Mercatino bio € 2,70 € 1,50 € 1,70 € 2,00 € 2,00 (+35%) (‐25%) (‐15%) (0%) € 2,71 € 1,20 € 1,30 € 1,50 € 1,00 (+171%) (+20%) (+30%) (+50%) € 2,90 € 3,00 € 2,00 € 2,50 € 2,00 (+45%) (+50%) 0%) (+25%) € 4,19 € 3,00 € 2,00 € 2,50 € 2,20 (+90%) (+36%) (‐9%) (+14%) € 2,57 € 2,00 € 2,00 € 2,00 € 2,20 (+17%) (‐9%) (‐9%) (‐9%) € 3,71 € 2,00 € 2,00 € 2,00 € 2,00 (+86%) (0%) (0%) (+0%) € 4,03 € 2,00 € 2,00 € 2,00 € 1,90 (+112%) (+5%) (+5%) (+5%) € 3,71 € 2,00 € 2,00 € 2,00 € 1,70 (+118%) (+18%) (+18%) (+18%) € 2,90 € 2,00 € 2,00 € 2,00 € 1,80 (+61%) (+11%) (+11%) (+11%) € 3,00 € 2,50 € 2,00 € 1,50 € 1,90 (+58%) (+32%) (+5%) (‐21%) Insalata € 1,90 Melanzane € 2,00 Patate novelle € 1,20 Peperoni € 2,00 Fagiolini € 3,40 Var. media % € 2,90 (+53%) € 2,75 (+38%) € 2,65 (+121%) € 5,32 (+166%) € 5,65 (+66%) (+80%) € 2,00 (+5%) € 2,00 (0%) € 1,50 (+25%) € 2,00 (0%) € 4,50 (+32%) (+15%) 110 € 2,00 (+5%) € 2,00 (0%) € 1,50 (+25%) € 2,50 (+25%) € 4,00 (+18%) (+8%) € 2,00 (+5%) € 2,50 (+25%) € 1,50 (+25%) € 2,00 (0%) € 3,50 (+3%) (+10%) Discount € 3,20 (+60%) € 1,99 (+99%) € 3,30 (+65%) € 4,60 (+109%) (+91%) Uova di gallina biologiche Le uova biologiche sono un prodotto il cui interesse è vivo da parte di molti esercizi commerciali, sono infatti presenti in quasi tutti i canali di vendita considerati fatta eccezione per il mercatino biologico. Per le uova biologiche è stato preso in considerazione la confezione da 6, rintracciata in tutti i canali a eccezione del discount dove è stata trovata solo in confezione da 4. In questo caso abbiamo scelto di rapportare il prezzo a una ipotetica confezione da 6. Presso il GAS le uova sono disponibili sfuse e provengono da un produttore bel basso Lazio, gli aderenti si devono recare con un proprio contenitore per trasportarle a casa. Questo genere di situazioni sono molto frequenti nei GAS e generano momenti di scambio e collaborazione che contribuiscono a creare un’atmosfera piacevole e familiare tra gli aderenti. Figura 4.5: confronto del prezzo delle uova di gallina biologiche € 3,00 Uova di gallina € 2,50 € 2,00 € 1,50 € 1,00 € 0,50 € ‐ GAS TM Negozio SM spec. biologico MCA Discount Mercato rionale SM Presso il GAS, una confezione da 6 uova ha il prezzo di 1,98 €. Il prezzo che più si avvicina a questo è quello del discount con 2,10 € (+6%), seguito dal negozio specializzato con 2,30 € (+16%). Presso i MCA l’offerta di uova biologiche è al prezzo di 2,4 € (+21%), vicina a quella del supermercato biologico con 2,45 € (+24%). I prezzi più alti si trovano presso il mercato rionale e il supermercato rispettivamente a 2,7 € (+36%) e 2,79 € (+41%) rispetto al GAS. Tabella 4.5: prezzi rilevati e variazioni delle uova biologiche Prodotto GAS TM Uova di gallina € 1,98 Negozio spec. € 2,30 (+16%) SM biologico € 2,45 (+24%) 111 MCA Discount € 2,40 (+21%) € 2,10 (+6%) Mercato rionale € 2,70 (+36%) SM € 2,79 (+41%) Per le uova biologiche il GAS rappresenta la via più accessibile e permette di guadagnare anche in virtù della propria freschezza rispetto ai canali della GDO. Anche in questo caso l’ordine viene inviato il martedì e giunge il giovedì, ma è probabile che non si tratti necessariamente di uova di giornata. I canali di filiera corta presentano prezzi più alti, mentre un aumento del 36% nel mercato rionale e del 41% presso il supermercato rappresentano senza dubbio un ostacolo all’acquisto per i ceti medio-bassi Carni biologiche Per quanto riguarda la carne, il GAS TM effettua delle consegne saltuarie, in pacchi da 5 kg, pronti per essere congelati in fazioni da 1 o 0,5 kg. Abbiamo preso in considerazione tre tipi di carne: bovino adulto, vitellone e pollo. La carne biologica di bovino adulto risulta poco rintracciabile negli altri canali di offerta. Presso il GAS TM i prezzi dei tagli macinato, bistecca e fettine di vitellone sono rispettivamente al livello di 10, 18 e 16 €/kg. Il livello dei prezzi della carne si posiziona a un livello più basso rispetto agli altri canali di offerta con la sola eccezione del mercato rionale, in cui è stato rilevato solo il prezzo del pollo intero, il quale risulta essere più economico. Presso i MCA le carni biologiche hanno un prezzo superiore nel caso del macinato e della bistecca. Il taglio che presenta il prezzo più basso è rappresentato dalle fettine, con un prezzo del 3% superiore a quello del GAS. Anche il pollo presenta un prezzo più basso: 8 €/kg (-11%). Il vantaggio è che è acquistabile in piccole quantità e quindi è sempre fresca. Il livello dei pezzi è di appena il 5% più alto rispetto al GAS. Nel negozio specializzato si riscontra un prezzo più alto in tutti i casi, cosa che comporta una aumento medio del 60%. Il macinato è quello che presenta un prezzo più alto: 16,90 €/kg (+69%). La bistecca 29,40 €/kg e le fettine 23,40 €/kg. Questi prodotti sono tutti confezionati e quindi non sono freschi. Nel supermercato biologico è presente solo il taglio del vitellone con il prezzo di 20,28 €/kg, più caro del 13% rispetto al GAS. Per quanto riguarda la carne bianca il GAS propone saltuariamente l’acquisto da un’azienda piccola il cui pollo è di qualità biologica ma non certificata. Il pollo viene acquistato solamente intero per venire incontro all’azienda produttrice che lo deve smaltire in ogni sua parte. Questo genera una certa consapevolezza, da parte degli aderenti, di comprendere quali siano le problematiche che incontrano tali aziende. Normalmente nella 112 GDO la parte di pollo che viene venduta di più è il petto mentre le parti inutilizzate sono impiegate nell’industria alimentare. Lo stesso prodotto, pollo intero biologico, è stato reperito solamente presso i MCA e il mercato rionale. I prezzi del mercato rionale e dei MCA risultano i più accessibili, rispettivamente a 7,9 €/kg (-12%) e 8,00 €/kg (-11%) rispetto a quello del GAS. Se nei mercati il prezzo basso del pollo è imputabile al fatto che deriva da una grande azienda che può permettersi adeguate economie di scala, il GAS TM si approvvigiona da un piccolo produttore estraneo al mercato. Figura 4.6: confronto del prezzo delle carni biologiche € 35,00 € 30,00 € 25,00 GAS TM € 20,00 MCA € 15,00 Negozio spec. € 10,00 SM biologico Mercato rionale € 5,00 € ‐ Macinato bovino Bistecca bovino Fettine bovino Fettine vitellone Pollo intero Tabella 4.6: prezzi e variazioni percentuali del prezzo delle carni biologiche Prodotto GAS TM Macinato bovino € 10,00 Bistecca bovino € 18,00 Fettine bovino € 16,00 Fettine vitellone € 18,00 Pollo intero € 9,00 Var. media % Negozio spec. € 16,90 (+69%) € 29,40 (+63%) € 23,40 (+46%) (+60%) SM biologico € 20,28 (+13%) (+13%) MCA € 12,00 (+20%) € 20,00 (+11%) € 16,50 (+3%) € 18,00 (0%) € 8,00 (‐11%) (5%) Mercato rionale € 7,90 (‐12%) (‐12%) In generale si può dire che l’approvvigionamento di carne presso il GAS è possibile a un prezzo più basso rispetto agli altri canali, in particolare per la carne di bovino adulto. I MCA rappresentano un’alternativa che garantisce un buon rapporto qualità-prezzo, mentre i prezzi dei canali di GDO sono molto elevati. Al di là della frequenza dell’ordine, che è stata scelta appositamente per contenere i consumi di carne, la necessità di acquistare 113 grandi quantitativi e di congelarli rappresenta senza dubbio un ostacolo per le famiglie a basso reddito che devono anticipare l’acquisto per un periodo di tempo prolungato. Latte e latticini biologici I latticini presi in considerazione sono 7: il latte pastorizzato, lo stracchino, la mozzarella fiordilatte, la ricotta di pecora, il primo sale, la ricotta di vacca e il Parmigiano Reggiano stagionato tra i 18 e i 26 mesi (quello più comune). Per quest’ultimo è chiaro che non è stato possibile reperirlo nei canali che commercializzano solo prodotti locali come i MCA e il mercatino biologici. L’acquisto di latticini nel GAS TM avviene in diversi modi poiché si tratta di diverse aziende. Latte112 e ricotta di pecora vengono consegnati su base settimanale o bi-settimanale. Stracchino, mozzarella, primo sale e ricotta di vacca sono invece ordinati saltuariamente113. Il Parmigiano Reggiano viene acquistato insieme ad altri GAS della zona con cadenze variabili. Per prima cosa analizziamo separatamente il prezzo del latte biologico, reperibile sul territorio presso 6 punti vendita. Abbiamo preso in considerazione il latte pastorizzato, solitamente disponibile in bottiglie da 1 litro. Dalla rilevazione emerge che i MCA e il supermercato biologico sono i luoghi in cui il latte biologico è più basso, al prezzo di 1,70 €/lt (-6%). In questi casi il latte è molto fresco ed è del tutto comparabile a quello del GAS TM. Nel negozio specializzato il latte ha un prezzo più basso del 3% rispetto al GAS (1,75 €/lt), mentre nel mercatino biologico il latte ha il medesimo prezzo che nel GAS, disponibile a 1,80 €/lt. Il supermercato e il discount presentano prezzi più alti: rispettivamente di 1,89 €/lt (+5%) e di 1,99 €/lt. Come abbiamo detto sia nel GAS TM che nel supermercato biologico si tratta dello stresso produttore. La differenza di prezzo è riferibile alle quantità che il supermercato può distribuire, questo sottintende una remunerazione inferiore rispetto a quella del GAS per il produttore. Per quanto riguarda i latticini di largo consumo, questi sono stati reperiti principalmente presso il negozio specializzato e i MCA. La mozzarella biologica è stata reperita anche presso il discount. Presso il GAS TM la mozzarella ha il prezzo di 10 €/kg, il primo sale 12,5 €/kg, la ricotta di mucca 8,00 €/kg e lo stracchino 10 €/kg. Presso il discount è presente solamente la mozzarella, il cui prezzo permette un risparmio del 4 % rispetto a quella del GAS. In 112 Al momento della rilevazione l’acquisto di latte era possibile ma non in corso per mancanza di un referente. Al momento della rilevazione il GAS aveva messo in pausa l’approvvigionamento di mozzarella, ricotta di vacca, primo sale e stracchino seppure fosse possibile rifornirsi ogni settimana. 113 114 questo caso si trattava di mozzarella confezionate la cui provenienza non era chiara. Presso i MCA il prezzo è superiore in due soli casi: ricotta di mucca (+13%) e stracchino (+10%), negli altri il prezzo è minore (latte e ricotta di pecora) o uguale (primo sale e mozzarella). Nel negozio specializzato i prodotti hanno tutti un prezzo più alto: si va dal +92% del Parmigiano Reggiano al + 8% della ricotta di mucca. Anche ricotta di pecora, stracchino e mozzarella hanno un prezzo alto: dal + 20% della ricotta di pecora al +75% dello stracchino. Nel supermercato biologico il prezzo del Parmigiano Reggiano è del 55% più alto rispetto a quello del GAS, la mozzarella e il primo sale anche hanno un prezzo più alto (+14% e +4%) mentre la ricotta di mucca ha il medesimo prezzo che nel GAS. Nel mercatino biologico i prezzi sono più allineati a quelli del GAS TM. Le variazioni sono contenuto tra il 22% di mozzarella e ricotta di pecora e lo 0% del primo sale. Dei 6 prodotti considerati, presso il GAS tre prodotti hanno il prezzo più basso. Nei MCA vi è un prezzo altrettanto basso per mozzarella e primo sale mentre è più accessibile per latte (assieme al SM biologico) e ricotta di pecora. Il discount presenta un prezzo più basso solo nel caso della mozzarella, e comunque l’offerta di latticini biologici è minima. Concludendo possiamo dire che il livello dei prezzi del GAS è molto più basso rispetto a quello del negozio specializzato (-44%), leggermente più basso rispetto a quello del supermercato biologico e del mercatino biologico (-14% entrambi) e invece è più alto rispetto a quello dei MCA (+3%). Nei SM e nel discount i prodotti hanno prezzi paragonabili a quelli del GAS ma si tratta comunque di pochi prodotti. Nel caso del latte è interessante notare come il prezzo più alto sia proprio quello del discount e dei SM. L’evidenza più interessante è senza dubbio rappresentata dal prezzo del Parmigiano Reggiano, che presso il GAS TM è più basso di almeno il 55%. Figura 4.7: confronto del prezzo di latte e latticini € 35,00 € 30,00 € 25,00 GAS TM € 20,00 € 15,00 Negozio spec. € 10,00 SM biologico € 5,00 MCA € ‐ Mercatino bio Discount 115 Tabella 4.7: prezzi e variazioni percentuali di latte e latticini biologici Negozio spec. € 31,00 Parmigiano Reggiano € 16,12 (+92%) € 1,75 Latte € 1,80 (‐3%) € 17,20 Mozzarella € 10,00 (+72%) Primo sale € 12,50 € 8,60 Ricotta mucca € 8,00 (+8%) € 12,00 Ricotta pecora € 10,00 (+20%) € 17,50 Stracchino € 10,00 (+75%) Var. media % (+44%) Prodotto GAS TM SM biologico € 25,00 (+55%) € 1,70 (‐6%) € 11,40 (+14%) € 13,00 (+4%) € 8,00 (0%) (+14%) Mercatino Discount bio € 1,70 € 1,80 € 1,99 (‐6%) (0%) (+11%) € 10,00 € 12,20 € 9,62 (0%) (+22%) (‐4%) € 12,50 € 12,50 (0%) (0%) € 9,00 € 10,00 (+13%) (+25%) € 7,00 € 12,20 (‐30%) (+22%) € 11,00 (+10%) (‐3%) (+14%) (+3%) MCA SM € 1,89 (+5%) (+5%) Pasta e farina biologica La pasta rappresenta, soprattutto in Italia, un prodotto di larghissimo consumo, il fabbisogno nazionale non può essere soddisfatto dalla produzione casalinga. Abbiamo preso in considerazione il tipo di pasta più ‘classico’, quella di grano duro e quella di grano duro integrale. Il prodotto del GAS è certificato biologico, proveniente da un produttore lombardo con filiera trasparente e controllata. Si tratta di un produttore che può usufruire di adeguate economie di scala tali da offrire un prodotto di tipo paragonabile alla pasta normalmente in commercio nei canali della GDO. Presso il GAS l’ordine viene effettuato con cadenza indicativamente trimestrale. Gli aderenti posso acquistare la quantità che desiderano, anche in pacchi da 0,5 kg. Non abbiamo preso in considerazione la pasta presente nei mercati degli agricoltori perché in tali mercati la qualità è molto differente: presso i MCA e il mercatino biologico la pasta proviene da piccoli produttori che offrono un prodotto con caratteristiche più ricercate e che non possono usufruire di adeguate economie di scala tali da offrire un prodotto a un basso prezzo. La pasta di grano duro biologica costa 1,70 €/kg nel GAS e rappresenta il prezzo più basso che è stato rilevato rispetto agli altri canali di offerta. Nel GAS, nel negozio specializzato e nel supermercato biologico il prezzo della pasta di grano duro ‘classica’ è uguale al prezzo di quella integrale. Nel caso del mercato rionale invece il prezzo è diverso. Presso il supermercato biologico la pasta di grano duro ha il prezzo di 2,5 €/kg (+47%), nel negozio specializzato 3,00 €/kg (+76%) e 5 €/kg (+224%) presso il mercato rionale. Nel supermercato biologico la pasta proviene da un’azienda che si rifornisce di farine del centro Italia mentre presso il negozio 116 specializzato si tratta di una nota impresa agroalimentare che opera nel settore del biologico, i cui prodotti sono distribuiti su tutto il territorio italiano. Nel mercato rionale invece il prodotto è di qualità leggermente più elevata, il che giustifica l’aumento di prezzo. La pasta di grano duro integrale biologica segue un percorso simile: è reperibile a un prezzo più conveniente presso il supermercato biologico con un aumento del 47%, presso il negozio specializzato con un aumento del 76%, mentre nel mercato rionale è più cara del 253%. Per le farine abbiamo preso in considerazione il pacco da 1 kg di tre diversi tipi di farina, presenti tanto nel GAS quanto negli altri canali. Il GAS TM si approvvigiona da vari produttori la cui cadenza dell’ordine solitamente è mensile. Il GAS si approvvigiona di farine da produttori differenti e l’ordine avviene su base mensile. La qualità della faina del GAS è molto alta e può essere accostata a quella del negozio specializzato. La farina biologica è reperibile in 4 canali. Il prezzo risulta più basso nel GAS rispetto agli altri canali di offerta. La farina di tipo 0 è reperibile presso il GAS al prezzo di 1,14 €/kg, il secondo prezzo più basso è quello del supermercato biologico con un aumento del 43% (1,63 €/kg) e il terzo è quello del mercato rionale, con un aumento del 58% (1,80 €/kg). Presso il negozio specializzato è più cara del 119%, viene 2,5 €/kg. La farina biologica integrale è accessibile presso il GAS al prezzo di 1,00 €/kg. Il costo è più alto nel supermercato biologico (1,81 €/kg, +81%), nel mercato rionale (2,00 €/kg , +100%), nel negozio specializzato (2,22 €/kg, +122%) e nei SM (2,38 €/kg +138%). La farina (o semola) di grano duro biologica risulta più accessibile attraverso il GAS al prezzo di 1,55 €/kg. Presso il supermercato biologico e il negozio specializzato è acquistabile rispettivamente con il prezzo di 2,75 €/kg (+77%) e 2,80 €/kg (+81%). A fronte di un livello dei prezzi del GAS TM più basso rispetto a tutti gli altri canali di offerta, con variazioni che vanno dal -59% nei confronti del supermercato biologico al 138% dei SM (sebbene si tratti di un solo prodotto), possiamo dire che nel quartiere in questione, il GAS risulta il canale di approvvigionamento con i prezzi mediamente più bassi. È interessante rilevare come il prezzo della pasta di grano duro sia a un livello molto più basso rispetto a quello degli altri canali di vendita, almeno del 47%. Solitamente i prezzi dei prodotti a base di farine integrali, come la pasta, sono considerati prodotti ‘di nicchia’, più salutari, e quindi, come vedremo più avanti, vengono commercializzati con prezzi più alti (soprattutto nella GDO); inoltre, i produttori che non offrono prodotti 117 ‘salutari’ non fanno grandi economie di scala per i prodotti integrali, quindi potrebbero avere un prezzo maggiore per questi ultimi. Questo si può notare guardando il prezzo della pasta integrale nel mercato rionale, che ha un prezzo maggiore. Negli altri canali, invece, vi è la consapevolezza di rivolgersi verso consumatori più consapevoli e quindi il prezzo è allineato tra i due tipi di pasta (come è riscontrabile nel negozio specializzato e nel supermercato biologico). Ciò può essere spiegato dalle strategie di marketing, ma anche dal fatto che le aziende produttrici avranno una richiesta di prodotti integrali maggiore rispetto ai canali che si rivolgono verso consumatori medi, ‘non salutisti’. Anche per le farine l’accessibilità e la freschezza sono due caratteristiche peculiari dei prodotti del GAS. In entrambi i casi (pasta e farina) bisogna anticipare l’acquisto, visto che gli ordini vengono fatti su base mensile o trimestrale, a seconda delle richieste degli aderenti. Questo, come detto più volte, rappresenta un limite per le famiglie a basso reddito, ma bisogna considerare che non è detto che i consumi alimentari rimangano gli stessi quando si decide di approvvigionarsi dal GAS. Gli ordini mensili o trimestrali vengono fatti anche perché l’approvvigionamento continuo e settimanale non è sostenibile dal punto di vista del trasporto e dell’organizzazione. I consumatori, quindi, probabilmente sono più consapevoli delle conseguenze e degli impatti dei loro acquisti e sono invogliati comunque ad acquistare prodotti il più locale possibile. In questo modo il GAS TM stimola l’acquisto soprattutto di frutta e verdura la cui consegna avviene una volta a settimana. Figura 4.8: confronto del prezzo di pasta e farina biologici € 7,00 € 6,00 GAS TM € 5,00 Negozio spec. SM biologico € 4,00 € 3,00 € 2,00 Mercato rionale SM € 1,00 € ‐ Pasta di Pasta Farina tipo 0 Farina grano duro integrale di integrale grano duro 118 Farina di Grano duro Tabella 4.8: prezzi e variazioni percentuali del prezzo di pasta e farina biologici Prodotto GAS TM Pasta di grano duro € 1,70 Pasta integrale di grano duro € 1,70 Farina tipo 0 Farina integrale Farina di Grano duro Var. media % Negozio SM Mercato spec. biologico rionale € 3,00 € 2,50 (+76%) (+47%) € 3,00 € 2,50 (+76%) € 2,50 € 1,14 (+119%) € 2,22 € 1,00 (+122%) € 2,80 € 1,55 (+81%) (+95%) (+47%) € 1,63 (+43%) € 1,81 (+81%) € 2,75 (+77%) (+59%) SM € 1,80 (+58%) € 2,00 € 2,38 100%) 138%) (+79%) (+138%) Legumi biologici I legumi che è stato possibile confrontare differiscono soprattutto per la modalità di acquisto. Presso il GAS l’acquisto si effettua con cadenza mensile, è dunque necessario anticipare l’acquisto rispetto al consumo di tutto il mese. Presso il negozio specializzato si tratta di confezioni singole da 0,5 kg mentre presso il supermercato biologico si tratta del prodotto sfuso (alla spina). Il GAS riceve i legumi in vari formati, (0,5 kg, 1 kg, 5 kg, 10 kg. Attualmente gli aderenti preferiscono decidere autonomamente quale confezione acquistare, tuttavia è possibile che decidano di prendere solo la confezione da 10 kg per dividere il prodotto a peso sfruttando l’uso di contenitori e riducendo la plastica necessaria al confezionamento. Presso i MCA il prodotto è di qualità superiore e proviene da coltivazioni autoctone, il che giustifica il prezzo più alto. Nel GAS il prezzo dei ceci e del farro è lo stesso: 2,65 €/kg per la confezione da 0,5 kg mentre nei MCA il prezzo del farro è di 3 €/kg (+13%), nel negozio specializzato 4,6 €/kg (+74%), nel supermercato biologico 5,5 €/kg (+108%) e nel mercato rionale 6,8 €/kg (+157%). Il farro ha quindi un prezzo più basso presso il GAS, anche i MCA permettono di acquistarlo a un prezzo piuttosto basso, ma negli altri canali il prezzo è decisamente più alto. Il prezzo dei ceci è più basso nel GAS (2,65 €/kg). Come per il farro il secondo prezzo più basso è quello di 3,5 €/kg (+32%) rilevato nei MCA. Nel supermercato biologico il prezzo è ancora più alto (4,45 €/kg) del +68% mentre nel mercato rionale è di 7,80 €/kg (+194%) e rappresenta il prezzo più alto. Le lenticchie114 biologiche presentano il prezzo di 6,00 €/kg sia nel GAS che nei MCA, che rappresenta il prezzo più basso. Nel caso delle lenticchie si tenga presente che si sta confrontando la lenticchia del GAS, la quale è paragonabile alla varietà “Castelluccio di Norcia”, con varietà non esattamente identiche. Considerando che la lenticchia “Castelluccio di Norcia” risulta tra le varietà più care, ciò non pregiudica la validità dei risultati. 114 119 Variazioni positive si riscontrano in tutti gli altri canali: +12% nel negozio specializzato, +43% nel supermercato biologico e + 63% nel mercato rionale. Per i legumi biologici, il GAS TM è il canale dove il prezzo è mediamente più basso. L’alternativa è rappresentata dai MCA che offrono la possibilità di acquistare prodotti a un prezzo mediamente superiore del 15% con la convenienza di poter effettuare l’acquisto in quantità più piccole senza pianificare l’acquisto per tutto il mese. Visto che il GAS TM vuole stimolare a un cambiamento delle abitudini, consumando meno carne, i legumi dovrebbero essere un prodotto di rilevante interesse, tuttavia la cadenza è mensile. Questo aspetto potrebbe rappresentare un limite per le famiglie con meno disponibilità economiche che decidono di prendere in considerazione l’idea di passare a una dieta più vegetale. Figura 4.9: confronto del prezzo dei legumi biologici € 12,00 € 10,00 GAS TM € 8,00 Negozio spec. € 6,00 SM biologico € 4,00 MCA € 2,00 Mercato rionale € ‐ Farro ceci lenticchie Tabella 4.9: prezzi e variazioni percentuali del prezzo dei legumi biologici Prodotto GAS TM Farro € 2,65 Ceci € 2,65 lenticchie € 6,00 Var. media % Negozio spec. € 4,60 (+74%) € 5,13 (+94%) € 6,70 (+12%) (+60%) SM biologico € 5,50 (+108%) € 4,45 (+68%) € 8,60 (+43%) (+73%) MCA € 3,00 (+13%) € 3,50 (+32%) € 6,00 (0%) (+15%) Mercato rionale € 6,80 (+157% € 7,80 (+194% € 9,80 (+63% (+138% Miele biologico Presso il GAS è disponibile il miele biologico di un agricoltore singolo la cui produzione è controllata e autocertificata da un’associazione di produttori. L’ordine di miele avviene su base mensile. È stato preso in considerazione il barattolo da 0,5 kg, reperibile in tutti i canali, il cui prezzo è stato riportato in €/kg. 120 Nel GAS TM il miele di Millefiori e Castagno hanno il prezzo di 8 €/kg, mentre quello di Acacia 9 €/kg. Questi sono i prezzi più basso rispetto a tutti gli altri canali di offerta. Presso il mercatino biologico e i MCA si trova il secondo prezzo più basso per il miele di Millefiori con un aumento del 13%. Seguono il supermercato biologico, con il +21%, e il discount con il + 25%. Più alti sono i prezzi del miele biologico di Millefiori nel negozio specializzato e nel mercato rionale dove prezzi sono superiori rispettivamente del 98% e del 126% (nel mercato rionale però si fa riferimento a due soli prodotti: Millefiori e Acacia). Risultati analoghi si possono riscontrare per il miele di Acacia, reperibile nel mercatino biologico con una variazione positiva dell’11% e del 33% nei MCA e nel supermercato biologico. Risulta sempre più alto nel negozio specializzato (+98%) e nel mercato rionale (+120%). Il miele di Castagno biologico risulta meno reperibile degli altri a e presenta due tendenze: una nel mercatino biologico e nei MCA con una variazione maggiore del 13%, un’altra nel supermercato biologico e nel negozio specializzato con prezzi più alti del 44%. Il miele biologico è, in media, più caro nel mercato rionale (+138%) e nel negozio specializzato (+67%), l’accesso è invece più agevole negli altri canali, in particolare nei MCA (+19% e nel mercatino biologico (+12%). Anche per quanto riguarda il miele biologico, il GAS si conferma come il canale dove il prezzo è più basso, soprattutto per il miele di Castagno e di Acacia. I mercati degli agricoltori e il supermercato biologico rappresentano una valida alternativa, in cui l’acquisto può essere fatto con più flessibilità. In questo caso però il miele acquistato su base mensile potrebbe non rappresentare un limite per le famiglie che ne consumano poco. Figura 4.10: confronto del prezzo del miele biologico € 25,00 GAS TM € 20,00 Negozio spec. € 15,00 SM biologico MCA € 10,00 Mercatino bio Discount € 5,00 Mercato rionale € ‐ Miele di Milleciori Miele di Acacia 121 Miele di Castagno Tabella 4.10: prezzi e variazioni percentuali del miele biologico Negozio spec. € 12,79 Miele di Millefiori € 8,00 (+60%) € 17,86 Miele di Acacia € 9,00 (+98%) € 11,53 Miele di Castagno € 8,00 (+44%) Var. media % (+67%) Prodotto GAS TM SM biologico € 9,70 (+21%) € 12,00 (+33%) € 11,50 (+44%) (+33%) MCA € 9,00 (+13%) € 12,00 (+33%) € 9,00 (+13%) (+19%) Mercatino Mercato Discount bio rionale € 9,00 € 9,98 € 18,60 (+13%) (+25%) (+133%) € 10,00 € 19,80 (+11%) (+120%) € 9,00 (+13%) (+12%) (+25%) (+126%) Olio extravergine di oliva biologico L’olio extravergine di oliva (e.v.o.) del GAS è un olio biologico non certificato che viene spremuto con le tecniche del DOP. Il GAS TM si approvvigiona di olio in latte di 5 litri che gli aderenti apprestano a dividersi travasandolo in bottiglie, con la stessa pratica con cui di dividono le uova. Sebbene si siano fatte avanti altre aziende offrendo un prodotto simile a un prezzo inferiore, il GAS ha deciso di sostenere l’azienda agricola a carattere familiare con cui aveva stretto il contatto. L’azienda agricola consegna anche le ciliegie oltre all’olio e si trova in Sabina. Bisogna sottolineare che solamente presso il GAS TM, i MCA, il mercatino biologico e il supermercato biologico l’olio è di provenienza locale (Lazio). Presso il negozio specializzato e il mercato rionale l’olio è italiano di pari qualità mentre presso il discount l’olio è biologico certificato di provenienza UE. Si tratta dell’unico olio biologico presente e di un prodotto di qualità più bassa. Il prezzo dell’olio è più basso presso il discount al prezzo più basso di 5,98 €/lt, con uno sconto del 15% rispetto a quello del GAS che costa 7 €/lt. In tutti gli altri casi il prezzo del GAS TM è più basso: +29% nei MCA, +43% nel mercatino biologico, +52% nel negozio specializzato, +57% nel supermercato biologico. Il GAS TM rappresenta, dunque, l’alternativa più economica dopo quella del discount, che presenta un prezzo inferiore di 1 euro circa. La freschezza e la qualità è sicuramente a favore dei mercati e del GAS, in cui il rapporto con il produttore è diretto. L’approvvigionamento di olio biologico può essere fatto in piccole quantità (1 litro minimo) presso il GAS TM, ma visto che viene fatto ogni due mesi. 122 Figura 4.11: confronto del prezzo dell’olio extravergine di oliva biologico € 16,00 € 14,00 Olio extravergine d'oliva € 12,00 € 10,00 € 8,00 € 6,00 € 4,00 € 2,00 € 0,00 GAS TM Negozio Mercatino Discount spec. bio. MCA Mercato SM rionale biologico Tabella 4.11: prezzi e variazioni percentuali del prezzo dell’olio extravergine di oliva biologico Prodotto Olio e.v.o. GAS TM Negozio spec. € 10,65 € 7,00 (+52%) SM biologico € 11,00 (+57%) Mercatino Mercato Discount bio rionale € 9,00 € 10,00 € 5,98 € 14,50 (+29%) (+43%) (‐15%) (+107%) MCA Passata di pomodoro biologica In questo caso il prezzo si riferisce al barattolo da 690 gr, reperito in tutti i canali di vendita. Il GAS TM si approvvigiona di passata di pomodoro saltuariamente poiché si tratta dello stesso produttore di pasta e di farina, il cui ordine avviene ogni 3-4 mesi. Tramite il GAS, vi è la necessità di acquistare una quantità di prodotti tale da coprire un ampio arco di tempo. Bisogna dire, però, che il GAS incentiva l’autoproduzione di passata di pomodoro in diversi modi: gli aderenti hanno avuto la possibilità di acquistare pomodori maturi, per fare la passata in casa, al prezzo di 1 €/kg; il produttore di frutta e verdura offre l’opportunità di fare le passate in alcuni periodi specifici dell’anno, facendo coincidere la raccolta con la trasformazione, e quindi a beneficio della freschezza e della qualità. Una pratica che richiede tempo ed energie. La passata di pomodoro biologica è presente al prezzo di 1,27 € presso il GAS, che risulta il prezzo più conveniente. Il secondo prezzo più basso è quello del supermercato biologico, dove è accessibile a un prezzo del 13% più alto. Nel negozio specializzato il prezzo è più alto del 34%; mentre in tutti i mercati il prezzo è più alto del 57%. In questi ultimi il prezzo è più alto soprattutto in virtù della qualità superiore ma i prodotti commercializzati nei mercati degli agricoltori con ogni probabilità remunerano maggiormente l’attività del produttore rispetto al mercato rionale. 123 Riassumendo, la passata offerta tramite il GAS si presenta come la prima alternativa del supermercato biologico, che offre il barattolo a un prezzo del 13% superiore. Questo risultato è però imputabile al fatto che il produttore di passata è il medesimo della pasta, e quindi può usufruire di adeguate economie di scala tali da permettere un prezzo più basso. Figura 4.12: confronto del prezzo della passata di pomodoro biologica € 2,50 Passata di pomodoro € 2,00 € 1,50 € 1,00 € 0,50 € ‐ GAS TM Negozio spec. SM biologico MCA Mercatino bio Mercato rionale Tabella 4.12: prezzi e variazioni percentuali della passata di pomodoro biologica Prodotto GAS TM Passata di pomodoro € 1,27 Negozio SM spec. biologico MCA Mercatino Mercato bio rionale € 1,70 € 1,43 € 2,00 € 2,00 € 2,00 (+34%) (+13%) (+57)% (+57%) (+57%) Per quanto riguarda i prodotti biologici, il livello dei prezzi nel GAS TM è più basso rispetto agli altri canali per quasi tutte le categorie di prodotti. Il prezzo del GAS è il più basso rilevato per 34 referenze su 47 e il secondo prezzo più basso per 7 referenze. Nei Mercati di Campagna Amica il primo prezzo più basso si presenta in 10 casi, il secondo in 18. In questi mercati, il livello dei prezzi è del 21% più alto del GAS. I prodotti sono ugualmente freschi ma in più vi è la possibilità di fare gli acquisti volta per volta. Il mercatino biologico e locale presenta il prezzo più basso in 7 casi e il secondo in 12. Insieme ai MCA rappresenta una valida alternativa per l’approvvigionamento di prodotti biologici con i prezzi del 25% più alti del GAS. Il discount rappresenta una valida alternativa solo per alcune categorie di prodotti, tra cui bisogna escludere gli ortaggi che presentano un livello dei prezzi più alto del GAS del 91%. Il risparmio è possibile soprattutto per l’olio extravergine di oliva biologico. Il negozio specializzato ha prezzi molto alti principalmente per l’orario di apertura, la varietà e la libertà di scelta. In questo canale il livello dei prezzi è paragonabile a quello 124 del supermercato e del mercato rionale, che tuttavia offrono una minima quantità di prodotti biologici. 1.2.2 Prezzo dei prodotti biologici del GAS TM vs prezzo medio dei prodotti convenzionali reperibili presso gli altri canali di offerta In questa parte confrontiamo il prezzo del prodotto biologico del GAS TM con il prezzo medio dei prodotti non biologici rilevato negli altri canali di vendita. In simile caso il confronto non è “alla pari”, ma ci è utile per capire quale sia il livello dei prezzi del GAS rispetto a quelli dei prodotti più comunemente in commercio, quindi supponiamo che questi prodotti siano acquistabili da famiglie con un reddito medio. Tutti i prezzi sono espressi in €/kg, a eccezione di quello del latte, che è in €/lt e della passata di pomodoro che si riferisce alla bottiglie da 690 gr. Tabella 4.13: numero di prodotti confrontati per canale di offerta Canale di vendita N° prodotti disponibili GAS 47 Supermercato 46 MCA 43 Mercato rionale Discount 47 44 Frutta Per confrontare la frutta biologica del GAS con quella convenzionale ci siamo riferiti sempre ai 6 tipi di frutta fresca del precedente confronto (meloni, fragole, albicocche, pesche, mele, pere), reperiti in 4 canali di vendita oltre al GAS. Il confronto mostra che, nel GAS, il prezzo della frutta biologica risulta più basso in diversi casi rispetto al prezzo medio presente negli altri canali di offerta. Dal confronto emerge che, nel GAS, il prezzo è più basso per le fragole, le albicocche e il melone. I MCA offrono prezzi più bassi negli altri tre confronti: mele, pere e pesche. I MCA presentano una variazione media maggiore del 7%. Sono 3 i prodotti che hanno un prezzo più basso rispetto al GAS e altrettanti hanno un prezzo più alto: +50% per il melone, +55% per le fragole e +9% per le albicocche. Presso il discount i prezzi sono più alti in 4 casi su 6: in particolare sono superiori del 76% nel caso delle fragole e sono più bassi, anche qui, solo nel caso delle pesche (-29%). Il prezzo delle mele è invece lo stesso che nel GAS: 1,9 €/kg. Presso il mercato rionale 3 prodotti hanno un prezzo più 125 basso e altrettanti uno più alto rispetto al GAS. I prezzi sono più elevati nel caso del melone (+50%), delle albicocche (+33%) e delle fragole (+39%), mentre sono inferiori in quello delle mele (-2%), delle pere (-12%) e delle pesche (-37%). Il prezzo mediamente più alto si registra nel supermercato, dove 5 prodotti su 6 presentano prezzi maggiori, e dove il livello dei prezzi è mediamente più alto del 26%. Le variazioni percentuali rispetto al GAS sono in un range che va dal +79% del melone al +9% delle albicocche. L’unico prodotto il cui prezzo medio è inferiore nel supermercato rispetto al GAS sono le pesche, con un risparmio del 25%, (2,09 €/kg invece di 2,8 €/kg). Il GAS si presenta come il canale di vendita con i prezzi inferiori per tre prodotti, ma non si può ignorare il fatto che si tratta di prodotti con pesi molto diversi. Secondo la struttura dei pesi degli indici nazionali dei prezzi al consumo dell'Istat (2013), mele, pere e pesche sono più consumate rispetto a albicocche, fragole e meloni. Figura 4.13: confronto del prezzo della frutta € 8,00 € 7,00 € 6,00 GAS TM € 5,00 Discount € 4,00 SM € 3,00 MCA € 2,00 Mercato rionale € 1,00 € ‐ Melone Albicocche Fragole Mele Pere Pesche Tabella 4.14: prezzi e variazioni percentuali della frutta Prodotto GAS TM Melone € 1,00 Albicocche € 3,20 Fragole € 4,20 Mele € 1,90 Pere € 2,20 Pesche € 2,80 Var. media % Discount € 1,15 (+15%) € 3,30 (+3%) € 7,40 (+76%) € 1,90 (0%) € 2,30 (+5%) € 1,99 (‐29%) (+12%) SM € 1,79 (+79%) € 3,50 (+9%) € 7,00 (+67%) € 2,19 (+15%) € 2,50 (+14%) € 2,09 (‐25%) (+26%) 126 MCA Mercato rionale € 1,50 € 1,50 (+50%) (+50%) € 3,50 € 4,25 (+9%) (+33%) € 6,50 € 5,84 (+55%) (+39%) € 1,75 € 1,87 (‐8%) (‐2%) € 1,75 € 1,93 (‐20%) (‐12%) € 1,60 € 1,77 (‐43%) (‐37%) (+7%) (+12%) Ortaggi Anche in questo caso gli ortaggi confrontati sono 15. Si possono notare dei trend molto differenti a seconda dei canali: tra gli ortaggi il prezzo più basso è quello del discount in 6 casi, quello dei MCA in 5 e quello del supermercato e del mercato rionale in 2. Nei MCA si registra un livello dei prezzi medio complessivamente inferiore del 16% rispetto al GAS TM. Solo in un caso il prezzo è superiore (fagiolini +3%). Nel discount vi è una situazione similare, in cui i prodotti sono meno freschi. Il livello dei prezzi degli ortaggi convenzionali è inferiore del 15% rispetto a quelli del GAS. In 3 casi il prezzo è superiore mentre negli altri 12 il prezzo è inferiore: dal -3% della cicoria al -41% del pomodoro tondo. Nel mercato rionale il livello dei prezzi degli ortaggi convenzionali è più basso del 9% rispetto agli ortaggi biologici del GAS: vi sono 11 prodotti con un prezzo inferiore (dal -5 dei peperoni al -40% delle carote), un prodotto con il medesimo prezzo (le patate) e tre prodotti con un prezzo superiore (pomodoro ciliegino con +13% , cicoria con +11% e fagiolini con +47%). Infine i SM si presentano come il canale di offerta con il livello dei prezzi più alto: +21% rispetto al GAS. Il prezzo medio è superiore a quello del GAS in 8 casi su 15 con picchi che vanno dal +106% dei fagiolini, +5% dei cetrioli. I prezzi più alti si riferiscono a patate (+99%), pomodoro ciliegino (+81%), cipolla fresca (+57%) e insalata (+57%). Rispetto al GAS i prezzi sono più bassi nei SM in 7 casi con i prezzi più bassi per quanto riguarda la bieta (-32%), le carote (26%) e il pomodoro lungo (-26%). Il livello dei prezzi degli ortaggi biologici acquistati presso il GAS è più alto nell’ordine del 9-16% rispetto al prezzo medio riscontrabile nei mercati e nel discount ma un livello di prezzo più basso rispetto a quello dei supermercati. Si attesta a un 20% più in alto rispetto agli ortaggi convenzionali dei MCA, a 15% rispetto al discount e a 9% rispetto al mercato rionale. Il livello dei prezzi degli ortaggi nei SM è invece superiore a quello del GAS del 20%. I MCA rappresentano il canale con il livello dei prezzi complessivamente più basso e allo stesso tempo offrono prodotti molto freschi. 127 Figura 4.14: confronto del prezzo degli ortaggi € 8,00 € 7,00 € 6,00 € 5,00 GAS TM € 4,00 Discount € 3,00 SM € 2,00 MCA € 1,00 Mercato rionale € ‐ Tabella 4.15: prezzi e variazioni percentuali degli ortaggi Prodotto Carote GAS TM Patate € 1,00 Zucchine € 2,00 Pomodoro ciliegino € 2,20 Pomodoro tondo € 2,20 Pomodoro lungo € 2,00 Bieta € 1,90 Cetrioli € 1,70 Cicoria € 1,80 Cipolla fresca € 1,90 Insalata € 1,90 Melanzane € 2,00 Patate novelle € 1,20 Peperoni € 2,00 Fagiolini € 3,40 Var. media % € 2,00 Discount SM € 1,49 € 1,49 (‐26%) (‐26%) € 1,15 € 1,99 15%) 99%) € 1,82 € 1,99 (‐9%) (‐1%) € 2,58 € 3,98 (+17%) (+81%) € 1,29 € 1,99 (‐41%) (‐10%) € 1,25 € 1,49 (‐38%) (‐26%) € 1,70 € 1,29 (‐11%) (‐32%) € 1,35 € 1,79 (‐21%) (+5%) € 1,75 € 1,99 (‐3%) (+11%) € 1,39 € 2,98 (‐27%) (+57%) € 1,45 € 2,99 (‐24%) (+57%) € 1,39 € 0,99 (‐31%) (‐51%) € 1,35 € 1,50 (+13%) (+25%) € 1,75 € 1,99 (‐13%) (‐1%) € 2,45 € 6,99 (‐28%) (+106%) (‐15%) (+20%) 128 MCA € 1,55 (‐23%) € 1,10 10%) € 1,70 (‐15%) € 1,80 (‐18%) € 1,60 (‐27%) € 1,50 (‐25%) € 1,50 (‐21%) € 1,30 (‐24%) € 1,55 (‐14%) € 1,50 (‐21%) € 1,50 (‐21%) € 1,50 (‐25%) € 1,00 (‐17%) € 2,00 (0%) € 3,50 (+3%) (‐16%) Mercato rionale € 1,20 (‐40%) € 0,90 (‐10%) € 2,25 (+13%) € 2,00 (‐9%) € 1,67 (‐24%) € 1,50 (‐25%) € 1,75 (‐8%) € 1,50 (‐12%) € 2,00 (+11%) € 1,50 (‐21%) € 1,55 (‐18%) € 1,40 (‐30%) € 1,20 (0%) € 1,90 (‐5%) € 5,00 (+47%) (‐9%) Uova di gallina Anche in questo caso il prodotto di riferimento è la confezione da 6 pezzi. Nel raccogliere i prezzi delle uova convenzionali non si è fatta distinzione tra le diverse qualità di allevamento (intensivo, a terra, all’aperto). Nel comparto delle uova il prezzo medio più basso è quello del discount con 1,22 €. Il mercato rionale e il supermercato hanno invece un livello dei prezzi più alto, rispettivamente a -9% e -2% confronto al GAS. Presso i MCA il prezzo medio è invece superiore del 21%. Questo dato è però da leggere in base alla qualità: presso i MCA non sono presenti uova provenienti da allevamento intensivo o in gabbia, la qualità più bassa che si è rilevata si riferisce a galline da allevamento a terra che vengono alimentare con mangimi naturali, seppure non biologici certificati. Il discount presenta un prezzo medio al di sotto del GAS del 38%. Sebbene il supermercato presenti anche prezzi bassi, il prezzo medio rilevato è di 1,93 con un aumento del 2% rispetto all’uovo biologico fresco del GAS. Le uova convenzionali hanno un prezzo più basso presso i canali convenzionali di vendita rispetto alla vendita diretta. Presso il discount si rileva senza dubbio il prezzo più basso, probabilmente a scapito di freschezza e qualità (si ricorda che si sta confrontando anche con uova provenienti da galline allevate in gabbie o provenienti dall’estero). Il discount presenta un prezzo realmente basso e quindi accessibile alle fasce di reddito basse. Al di là del discount è evidente come una variazione del solo -2% nel supermercato è piuttosto bassa, questo può indicare che l’accesso alle uova per una categoria di consumatori medi è possibile nel GAS. Figura 4.15: confronto del prezzo delle uova di gallina € 3,00 € 2,50 Uova di gallina € 2,00 € 1,50 € 1,00 € 0,50 € ‐ GAS TM Discount SM 129 MCA Mercato rionale Tabella 4.16: prezzi e variazioni percentuali delle uova di gallina Prodotto GAS TM Discount € 1,22 Uova di gallina € 1,98 (‐38%) SM € 1,93 (‐3%) MCA Mercato rionale € 2,40 € 2,07 (+21%) (+5%) Carni La carne di bovino adulto presa in considerazione si riferisce ai tre tagli macinato, bistecca e fettine. Come abbiamo detto il GAS si approvvigiona di carne saltuariamente e, sebbene arrivi freschissima, gli aderenti devono congelarla poiché la quantità minima da ordinare è di circa 5 kg. Lo stesso vale per la carne di vitellone mentre il GAS si approvvigiona di pollo saltuariamente con le stesse modalità della carne, sebbene si tratti di un altro produttore. Presso il discount e il supermercato la carne è confezionata mentre nei MCA e nel mercato rionale è fresca. Il canale attraverso cui il livello dei prezzi è più basso è il discount, dove la carne di bovino adulto si può acquistare con un prezzo più basso del 30% per il macinato, del 17% per la bistecca e del 28% per le fettine. Le fettine di vitellone hanno il prezzo di 17,60 €/kg e quindi -2% rispetto al GAS TM. Il pollo intero non era invece presente. Il livello dei prezzi nei MCA è mediamente inferiore del 12% rispetto al GAS e risulta quindi il canale in cui la spesa è possibile con un rapporto qualità prezzo che concilia diversi aspetti, quello della freschezza, dell’accesso e dell’acquisto dilazionato (seppure una sola volta a settimana). Nel mercato rionale la carne ha un livello dei prezzi più basso rispetto al GAS solamente per il pollo (-28%) e per le fettine di carne bovina (8%). Il livello dei prezzi è del 4% inferiore a quello del GAS, tale risultato è dovuto anche ai prezzi più alti per bistecca (+8%) e macinato (+4%). Nei SM i prezzi sono tutti più bassi rispetto a quelli del GAS TM. Le fettine di bovino sono il prodotto per cui il prezzo è di 13,25 con una variazione di -17% rispetto al prodotto del GAS. Per gli altri prodotti il prezzo è inferiore al massimo del 5% rispetto al GAS. Così il supermercato è il canale in cui il livello dei prezzi delle carni confezionate è maggiore, ma dove allo stesso tempo il livello dei prezzi è inferiore rispetto al mercato rionale. I prezzi della carne biologica del GAS si posizionano a un livello più alto rispetto agli altri canali di offerta, ma non distante da quelli del mercato rionale e dei SM. Il discount e i MCA presentano prezzi più accessibili per la carne bovina e gli stessi MCA insieme al mercato rionale lo sono per il pollo fresco. 130 Le famiglie che si approvvigionano di carne tramite i supermercati e il mercato rionale possono trovare un certo grado di accesso ai prodotti del GAS. Figura 4.16: confronto del prezzo delle carni € 25,00 € 20,00 GAS TM € 15,00 Discount SM € 10,00 MCA € 5,00 Mercato rionale € ‐ Macinato Bistecca bovino bovino Fettine Fettine bovino vitellone Pollo intero Tabella 4.17: prezzi e variazioni percentuali delle carni Prodotto Macinato bovino Bistecca bovino GAS TM Discount SM MCA € 6,99 € 9,60 € 8,50 (‐30%) (‐4%) (‐15%) € 14,89 € 17,09 € 17,00 € 18,00 (‐17%) (‐5%) (‐6%) € 11,49 € 13,25 € 14,00 Fettine bovino € 16,00 (‐28%) (‐17%) (‐13%) Fettine € 17,60 € 17,90 € 16,50 € 18,00 vitellone (‐2%) (‐1%) (‐8%) € 7,50 Pollo intero € 9,00 (‐17%) Var. media % (‐19%) (‐7%) (‐12%) € 10,00 Mercato rionale € 10,45 (+4%) € 19,35 (+8%) € 14,70 (‐8%) € 18,90 (+5%) € 6,50 (‐28%) (‐4%) Latte e latticini Anche in questo caso abbiamo selezionato 7 prodotti presenti nel sistema di approvvigionamento del GAS. I cui prezzi sono indicati in €/kg, fatta eccezione del latte che è indicato in €/lt: latte pastorizzato (1,80), mozzarella (10,00), primo sale (12,50), ricotta di vacca (8,00), ricotta di pecora (10,00), stracchino (10,00) e parmigiano (16,50). Presso il GAS questi prodotti sono reperiti con cadenza variabile, a seconda delle richieste degli aderenti. I prodotti sono freschi e sono consegnati in confezioni da circa 0,5 131 kg. Il Parmigiano viene acquistato a distanza di qualche mese115, quindi per ora il suo approvvigionamento è saltuario. Negli altri canali di offerta le confezioni possono essere più piccole, aspetto sicuramente a favore delle famiglie a basso reddito. Presso il discount le confezioni sono più piccole, ma i prodotti non sono freschi. Presso i MCA invece i latticini sono tutti freschi e possono essere acquistati a peso, quindi anche in piccole quantità. Presso i SM solo lo stracchino è confezionato, gli altri sono tutti freschi e acquistabili al banco. Nel mercato rionale vi è lo stesso sistema sistema di offerta: l’unico prodotto confezionato è lo stracchino. Su 6 prodotti su 7 i prezzi più bassi si trovano nel discount. Per il primo sale, invece, il prezzo più basso è quello dei MCA (il primo sale non è però presente presso il discount, quindi si tratta di 6 prodotti su 6 confrontati effettivamente). I prezzi del GAS si trovano dunque a un livello più basso rispetto a quello dei SM, ed è comparabile con quelli del mercato rionale, in cui il livello aumenta del 4%. Il latte ha un prezzo inferiore in tutti i canali alternativi al GAS: nel discount si può acquistare ad 1,00 €/lt, nei MCA ad 1,2 €/lt, nei SM a 1,49 €/lt e, infine, nel mercato rionale a 1,5 €/lt. Il prezzo più basso è dunque quello del discount e dei MCA, in cui la qualità è più alta. Nei SM ed nel mercato rionale presentano i prezzi più alti. In generale, nel discount, il livello dei prezzi è più basso del 48% rispetto al GAS, soprattutto per la ricotta di mucca (-71%) e di pecora (-62%), e per il Parmigiano Reggiano (-5%). Presso i MCA il livello dei prezzi è mediamente più basso di quello del GAS del’12%. In particolare per la ricotta di pecora (-35%), il primo sale (-4%) e la mozzarella (-10%). Il prezzo è lo stesso del GAS per la ricotta di pecora, mentre per lo stracchino si rileva un prezzo maggiore del 10%. Presso il mercato rionale il costo è mediamente inferiore del 1% rispetto ai prodotti biologici del GAS. In questo caso sono tre i prodotti con un prezzo maggiore: il Parmigiano Reggiano (+17%), la ricotta di mucca (+11%) e lo stracchino (+59%); mentre si rileva un prezzo inferiore per la mozzarella (-21%), il primo sale (-37%) e la ricotta di pecora (-21%). Il supermercato ha invece un prezzo medio superiore del 4% rispetto al GAS. Il prezzo è superiore per 4 latticini su 5: stracchino (+42%), primo sale (+16%), mozzarella (+9%) e Parmigiano Reggiano (+17%). Il prezzo è inferiore per la ricotta di mucca (-26%) e quella di pecora (-15%). 115 In questo caso perché manca un referente che organizzi la consegna. 132 Il prezzo del Parmigiano Reggiano biologico reperibile presso il GAS è solamente del 5% superiore a quello del discount; mentre risulta inferiore del 17% rispetto al prezzo del supermercato e del mercato rionale. Nei SM e nel mercato rionale, il livello dei prezzi è riconducibile alla disponibilità dei prodotti durante tutto l’arco della settimana e la possibilità di acquistare in piccole quantità. Il discount ha un livello dei prezzi più accessibile alle fasce di reddito basse, ma la qualità dei prodotti è bassa, anche confrontandola al SM e al mercato rionale. I prodotti dei MCA hanno invece un ottimo rapporto qualità-prezzo, in relazione al fatto che i prodotti sono acquistabili in piccole quantità. Figura 4.17: confronto del prezzo dei latticini € 20,00 € 18,00 € 16,00 € 14,00 € 12,00 € 10,00 € 8,00 € 6,00 € 4,00 € 2,00 € ‐ GAS TM Discount SM MCA Mercato rionale Tabella 4.18: prezzi e variazioni percentuali dei latticini Prodotto Parmigiano Reggiano GAS TM Discount € 15,30 € 16,12 (‐5%) € 1,00 Latte € 1,80 (‐44%) € 4,50 Mozzarella € 10,00 (‐55%) Primo sale € 12,50 € 2,36 Ricotta mucca € 8,00 (‐71%) € 3,80 Ricotta pecora € 10,00 (‐62%) € 4,97 Stracchino € 10,00 (‐50%) Var. media % (‐48%) SM € 18,90 (+17%) € 1,49 (‐17%) € 10,90 (+9%) € 14,50 (+16%) € 5,90 (‐26%) € 8,50 (‐15%) € 14,20 (+42%) (+4%) MCA € 1,20 (‐33%) € 9,50 (‐5%) € 12,00 (‐4%) € 8,00 (0%) € 7,00 (‐30%) € 11,00 (+10%) (‐10%) Mercato rionale € 18,90 (+17%) € 1,50 (‐17%) € 7,90 (‐21%) € 7,90 (‐37%) € 8,90 (+11%) € 7,90 (‐21%) € 15,90 (+59%) (‐1%) Escludendo il Parmigiano (che non è disponibile nei MCA) il livello dei prezzi è 12%, -4% nel discount e +1,5% nei SM. Anche in questo caso desta interesse il fatto che 133 alcuni prodotti convenzionali costino talvolta molto più dei prodotti biologici del GAS. Lo stracchino biologico del GAS è il secondo prezzo più basso dopo quello confezionato del discount; il mercato rionale e il SM hanno un prezzo superiore di almeno il 42%. Purtroppo per il Parmigiano Reggiano il problema è sempre relativo alla modalità di acquisto che necessita di acquisti in grandi quantità. Nonostante il prezzo sia il 17% inferiore rispetto al SM e al mercato rionale, l’impossibilità di fare acquisti dilazionati rappresenta un limite per le famiglie a basso reddito. Pasta e farina Abbiamo visto che la pasta di grano duro del GAS ha un livello dei prezzi molto basso se confrontata all’omologo prodotto biologico reperibile negli altri canali di offerta, e che il GAS TM si approvvigiona di pasta a distanza di qualche mese, quindi vi è la necessità di fare una certa scorta. Come nel confronto precedente, non abbiamo considerato la pasta dei MCA per la forte differenza di qualità. In tutti i casi (GAS compreso) la pasta è disponibile in confezioni da 0,5 kg, il cui prezzo è stato riportato in €/kg. Paragonando il prezzo della pasta del GAS con quello medio della pasta convenzionale, si può notare come questo sia al livello di 1,86 €/kg, più caro del prezzo medio rilevato in 2 canali di offerta su 3. Nel discount la pasta di grano duro ha il prezzo medio più basso: 1,21 (-35%). Questo rappresenta un costo che consente l’accesso alle famiglie a basso reddito, considerando il fatto che si tratta di un prodotto di largo consumo. Nel supermercato la pasta di grano duro classica ha un prezzo medio di 1,81, quindi presenta una variazione del -3% rispetto a quella del GAS TM, e rappresenta il secondo prezzo più basso. Questo scarto indica che vi sono dei margini di manovra per l’accesso al prodotto del GAS per le famiglie a medio reddito. Nel mercato rionale, invece, il prezzo medio è superiore a quello del GAS TM e si stabilizza sui 2,03 €/kg. Per quanto riguarda la pasta integrale di grano duro, il prezzo è invece più alto per tutti gli altri canali di vendita rispetto al GAS TM. Presso il GAS essa è disponibile allo stesso prezzo della pasta classica a 1,86 €/kg. Negli altri canali di offerta si tende a considerarlo un prodotto di nicchia e il prezzo diventa più alto sia presso il discount, con una variazione positiva del 28% (2,38 €/kg), sia presso i SM, con una variazione del 19% maggiore (2,22 €/kg), sia presso il mercato rionale, dove il prezzo è maggiore del 52% (2,83 €/kg). Tale risultato si può spiegare perché nei canali convenzionali il prezzo dei 134 prodotti derivanti da farine integrali ha un costo maggiore per questioni di marketing: il prodotto integrale è considerato più salutare e ‘di nicchia’; inoltre vi è meno richiesta da parte dei consumatori, forse attribuibile alla pubblicità all’abitudine o al gusto, ciò riduce i margini di manovra per i produttori che non possono sfruttare le medesime economie di scala che per la produzione di pasta classica. Il prezzo più basso deriva forse dal fatto che il produttore del GAS non decide il prezzo sulla base del marketing, ma piuttosto in base al costo di produzione; ma anche poiché si rivolge soprattutto a consumatori la cui richiesta di prodotti integrali è più alta. Ciò rappresenta un punto a favore dell’accessibilità di questo prodotto a tutte le categorie di reddito. Le farine hanno una qualità molto diversa a seconda dei canali per cui è bene fare alcune distinzioni. A parte quella del GAS che è di qualità molto più elevata, presso il Supermercato e il mercato rionale si tratta del medesimo prodotto. Presso il discount il prodotto è di bassa qualità mentre presso i MCA le farine possono considerarsi più vicine a quelle del GAS rispetto a quelle degli altri canali. Questo perché provengono da piccoli produttori che adoperano tecniche artigianali, e le farine derivano da qualità di grano tradizionale. Rispetto al GAS TM, la farina di tipo 0 è reperibile nel discount a un prezzo più basso del 57%, nel supermercato del 18%, nei MCA del 12%; mentre nel mercato rionale il prezzo medio è più alto del 10%. Per quanto riguarda la farina integrale vale lo stesso discorso fatto per la pasta. Questa è reperibile al prezzo più conveniente nel GAS e nei MCA al prezzo di 1 €/kg. Presso i SM e il mercato rionale il prezzo è più alto rispettivamente del 30% e dell’80%. La farina di grano duro ha il prezzo inferiore presso il discount con una variazione del 49% rispetto alla farina biologica del GAS, e anche presso il supermercato con una variazione del 19%. Presso il mercato rionale è invece reperibile a un prezzo superiore del 61%. Le farine sono dunque mediamente più accessibili in tuti gli altri canali, fatta eccezione del mercato rionale in cui il prezzo è del 38% maggiore. Il discount presenta un livello di prezzi del 48% più basso del GAS, rendendosi effettivamente più accessibile alle famiglie dal reddito basso. Il mercato rionale è un canale di offerta il cui prezzo medio è meno accessibile rispetto a tutti gli altri canali. 135 Figura 4.18: confronto del prezzo di pasta e farina € 3,00 GAS TM € 2,50 Discount € 2,00 SM € 1,50 MCA Mercato rionale € 1,00 € 0,50 € ‐ Pasta Farina tipo Farina Farina di Pasta di grano duro integrale di 0 integrale Grano duro grano duro Tabella 4.19: prezzi e variazioni percentuali di pasta e farina Prodotto Pasta di grano duro Pasta integrale di grano duro GAS TM € 1,70 € 1,70 Farina tipo 0 € 1,14 Farina integrale € 1,00 Farina di grano duro Var. media % € 1,55 Discount € 1,21 (‐29%) € 2,38 (+40%) € 0,49 (‐57%) € 0,79 (‐49%) (‐19%) Mercato rionale € 1,81 € 2,03 (+6%) (+19%) € 2,22 € 2,83 (+31%) (+66%) € 0,94 € 1,00 € 1,25 (‐18%) (‐12%) (+10%) € 1,30 € 1,00 € 1,80 (+30%) (0%) (+80%) € 1,25 € 2,50 (‐19%) (+61%) (+6%) (‐4%) (+47%) SM MCA Legumi I legumi non biologici disponibili nei vari punti vendita mostrano significative differenze. Nel caso del farro e dei ceci il GAS si approvvigiona da un produttore che si può permettere adeguate econmie di scala. In generale le variazioni medie dei vari prodotti indicano che, rispetto al GAS, il livello dei prezzi è più basso del 15% nel discount, ma è più alto negli altri casi. Il farro biologico del GAS ha un prezzo accessibile anche in confronto al prezzo medio del convenzionale, solamente il discount presenta un prezzo inferiore del 25%, tutti gli altri canali propongono prezzi medi superiori: +12% il supermercato, +32% il Mercato rionale e i MCA. I ceci biologici del GAS risultano più accessibili anche rispetto ai prezzi medi degli altri canali: il discount presenta un prezzo superiore del 13%, il supermercato del 51%, i MCA del 60% e il mercato rionale dell’89%. Le lenticchie sono al prezzo di 6,00 euro, sia nel GAS che nei MCA, la cui qualità e la medesima. Le lenticchie, sebbene 136 siano di qualità differente, sono più accessibili presso il discount (-34%), seguite dal supermercato (-19%) e dal mercato rionale (-6%). Il GAS si presenta, dunque, come la seconda alternativa con il livello dei prezzi inferiori, dopo il discount. Figura 4.19: confronto del prezzo dei legumi € 7,00 € 6,00 € 5,00 € 4,00 Farro € 3,00 ceci € 2,00 lenticchie € 1,00 € ‐ GAS TM Discount SM MCA Mercato rionale Tabella 4.20: prezzi e variazioni percentuali dei legumi Prodotto GAS TM Farro € 2,65 Ceci € 2,65 Lenticchie € 6,00 Var. media % Discount € 1,98 (‐25%) € 3,00 (+13%) € 3,98 (‐34%) (‐15%) SM € 2,98 (+12% € 3,99 (+51% € 5,59 (‐7% (+19% MCA € 3,00 (+13%) € 3,25 (+23%) € 6,00 (0%) (+12%) Mercato rionale € 3,50 (+32%) € 5,00 (+89%) € 5,67 (‐6%) (+38%) Miele Rispetto al miele convenzionale quello biologico del GAS è mediamente più accessibile in 2 casi su 4. Il livello dei prezzi è, in media, più basso solo nel discount (17%): -19% per il Millefiori, -21% per l’Acacia, -11% per il Castagno. Il Miele di Millefiori è altresì più accessibile nel supermercato, mentre nei MCA e nel Mercato rionale vi sono variazioni positive rispettivamente del +3% e del +40%. Il miele d’Acacia è meno accessibile nel supermercato (+11%), nei MCA (+22%) e nel Mercato rionale (+33%). Quello di Castagno è in linea con il prezzo del supermercato, mentre nei MCA e nel Mercato rionale è più caro del 16% e del 33%. Anche in questo caso il discount risulta essere il canale di approvvigionamento con il prezzo medio più accessibile. Il supermercato è invece in linea con il prezzo del GAS. Il miele convenzionale è invece davvero inaccessibile nel mercato rionale. 137 Figura 4.20: confronto del prezzo del miele € 14,00 € 13,00 € 12,00 € 11,00 € 10,00 € 9,00 € 8,00 € 7,00 € 6,00 € 5,00 € 4,00 GAS TM Discount SM MCA Miele di Milleciori Miele di Acacia Miele di Castagno Mercato rionale Tabella 4.21: prezzi e variazioni percentuali del miele Prodotto Miele di Millefiori Miele di Acacia Miele di Castagno Var. media % GAS TM Discount € 6,48 € 8,00 (‐19%) € 7,10 € 9,00 (‐21%) € 7,13 € 8,00 (‐11%) (‐17%) SM MCA Mercato rionale € 7,08 (‐12%) € 9,98 (+11%) € 8,04 (+0%) (+0%) € 8,50 (+6%) € 11,00 (+22%) € 9,00 (+13%) (+14%) € 11,20 (+40%) € 12,00 (+33%) € 13,00 (+63%) (45%) Olio extravergine di oliva Il confronto con l’olio d’oliva convenzionale evidenzia come il prezzo sia inferiore nei canali convenzionali, rispetto al GAS, con la sola eccezione dei MCA. Il livello dei prezzi dell’olio è più basso presso il discount con un prezzo del 40% inferiore a quello del GAS. Anche presso il supermercato e il mercato rionale il prezzo medio risulta inferiore rispettivamente del 14% e dell’11%. Diverso è il caso dei MCA dove l’olio d’oliva convenzionale viene venduto mediamente a 8/lt, con una qualità simile a quella del GAS. In questo caso la qualità è decisamente il fattore che fa la differenza. La maggior parte dei prezzi bassi è dovuta alla presenza di olii spesso provenienti dall’estero o di olii raffinati (in particolare presso il discount). Quando si è trattato di confrontare olii che avevano le stesse caratteristiche di quelli del GAS, seppur convenzionali, questi erano sempre più cari sia nel supermercato che nel mercato rionale; non erano invece reperibili presso il discount e talvolta erano di qualità addirittura superiore nei MCA. Nei MCA è infatti possibile ritrovare quelle caratteristiche che corrispondono al prodotto del GAS, sia per quanto riguarda il biologico che il convenzionale. Il prezzo alto in questo caso il 138 prezzo è dovuto dalla sola presenza presso il mercato di olii di qualità elevata, mente nel supermercato vi è una più ampia disponibilità di prodotti. Figura 4.21: confronto del prezzo dell’olio extravergine di oliva € 9,00 € 8,00 € 7,00 € 6,00 € 5,00 € 4,00 € 3,00 € 2,00 € 1,00 € ‐ olio extravergine di oliva GAS TM Discount SM MCA Mercato rionale Tabella 4.22: prezzi e variazioni percentuali dell’olio extravergine di oliva Prodotto GAS TM Discount Olio e.v.o. € 7,00 € 4,22 SM MCA Mercato rionale € 6,04 € 8,00 ‐40% ‐14% 14% € 6,20 ‐11% Passata di pomodoro Il prezzo della passata di pomodoro biologica del GAS è più basso rispetto agli altri canali, a eccezione del discount. Presso il discount è reperibile la passata convenzionale al prezzo medio più basso di 1,06 € (-17%), presso il supermercato è accessibile al prezzo medio più alto di 1,4 € (+10%) anche nel mercato rionale si può ritrovare un prezzo simile a quello del supermercato con uno scarto del 12% rispetto al prodotto del GAS. Nei MCA il costo è più elevato del 42%. Come per l’olio ciò può essere attribuito prevalentemente alla differenza di qualità. Figura 4.22: confronto del prezzo della passata di pomodoro € 2,00 € 1,80 € 1,60 Passata di pomodoro € 1,40 € 1,20 € 1,00 € 0,80 € 0,60 € 0,40 € 0,20 € ‐ GAS TM Discount SM 139 MCA Mercato rionale Tabella 4.23: prezzi e variazioni percentuali della passata di pomodoro Prodotto Passata di pomodoro GAS TM € 1,27 Discount € 1,06 (‐17%) SM € 1,40 (+10%) MCA € 1,80 (+42%) Mercato rionale € 1,42 (+12%) Per quanto riguarda il confronto con il prezzo medio dei prodotti convenzionali, il livello dei prezzi nel GAS TM è a un livello confrontabile: 6 prodotti presentano il primo prezzo più basso e in 10 il secondo. Nel discount i prezzi sono i più bassi rilevati per 26 prodotti su 44 confronti. Nel GAS TM i prezzi più bassi si hanno per: melone, albicocche, fragole, pasta e farina integrali e ceci. Il discount riesce a offrire prodotti convenzionali a un prezzo basso soprattutto per olio latticini e uova. In media i prezzi sono più bassi del 22% rispetto al GAS. I Mercati di Campagna Amica presentano il prezzo più basso in 10 casi, e il secondo più basso in altrettanti. In questi mercati, i prodotti freschi sono locali e permettono anche di beneficiare di effetti economici, sociali e ambientali positivi. Come per i prodotti biologici, in questi mercati i prezzi sono inferiori soprattutto per ortaggi, carne e latticini. Il mercato rionale può rappresentare una valida alternativa solo per alcune ristrette categorie di prodotto come gli ortaggi e l’olio, ma resta comunque il canale di vendita con prezzi medi più alti. Nei supermercati i prezzi sono più alti rispetto a quelli del GAS TM in 24 casi e più bassi in 22. I prezzi sono in media del 6% superiori a quelli del GAS, soprattutto a causa del prezzo di frutta, ortaggi e legumi. Nei SM è possibile risparmiare per l’acquisto di olio e carni. Guardando la media per ogni comparto si può notare che quelli in cui il GAS ha prezzi più confrontabili sono quelli di frutta, legumi e passata di pomodoro. Non si può altresì ignorare che, in media, il prezzo degli ortaggi è più basso solo del 5%, proprio in virtù della presenza di prezzi più alti nei supermercati. I MCA si presentano come canali di offerta con un ottimo rapporto qualità-prezzo. 1.2.3 Prezzo dei prodotti biologici del GAS TM vs prezzo minimo dei prodotti convenzionali reperibili presso gli altri canali di offerta In questa parte confrontiamo il prezzo del prodotto biologico del GAS TM con il prezzo minimo rilevato negli altri canali di vendita. Il confronto è utile per capire se il 140 livello dei prezzi del GAS TM facilita l’accesso ai prodotti biologici per le famiglie a basso reddito. Il numero di confronti effettuati è il medesimo che nel precedente e in alcuni casi i prezzi sono gli stessi poiché è stato l’unico reperibile nel canale in questione. Questo si è verificato per 3 referenze nei SM, 1 nei MCA e 7 nel mercato rionale. Tabella 4.24: numero di prodotti confrontati per canale di offerta Canale di vendita N° prodotti disponibili Percentuale GAS 47 100% Supermercato 46 98% MCA 43 91% Mercato rionale Discount 47 44 100% 94% Frutta Il confronto mostra che il prezzo della frutta del GAS TM è il più basso in assoluto solo nel caso delle fragole, tuttavia l’accesso è possibile alle famiglie a basso reddito anche per i meloni e le albicocche a seconda dei casi. Rispetto al GAS, i 6 tipi di frutta considerati hanno un livello dei prezzi mediamente inferiore dell’8% nel mercato rionale e del 1% nei MCA. Presso la GDO pura (SM e discount) la frutta ha un livello di prezzi maggiore: +3%. I prodotti sono più bassi in 4 casi su 6 per MCA, discount e mercato rionale. Presso i MCA il livello dei prezzi è più basso del -6% per le albicocche, del -23% per le pere, del -21% per le mele; del -46% per le pesche. Due prodotti hanno invece un prezzo più alto: +50% per il melone, +43% per le fragole. Nel discount i prezzi sono superiori del 76% nel caso delle fragole e del 3% in quello delle albicocche; sono più bassi nel caso delle pesche (-54%), delle mele (-48%), delle pere (-10%) e dei meloni (-1%). Presso il mercato rionale i prezzi sono più alti nel caso del melone (+50) e delle fragole (+19%); sono invece più bassi in quello delle mele (-32%), delle pere (-23%), delle pesche (-46%) e delle albicocche (-6%). Complessivamente il canale di offerta più caro è il supermercato, dove solo 3 prodotti su 6 hanno un prezzo inferiore rispetto al GAS TM. Ci sono prezzi più bassi per le pesche (-43%), le pere (-10%) e i meloni (-1%); i prezzi sono più alti per fragole (+76%), albicocche (+9%) e mele (+4%). Il livello dei prezzi nei SM è superiore del 3% rispetto al GAS TM. Nel mercato rionale, il livello dei prezzi è inferiore dell’8%, con ogni probabilità poiché i commercianti hanno più flessibilità nell’acquisto dei prodotti rispetto a SM e discount. Il GAS si presenta come il canale di offerta con prezzi bassi solo per fragole e melone. 141 Figura 4.22: confronto del prezzo della frutta € 8,00 € 7,00 Discount € 6,00 SM € 5,00 MCA € 4,00 € 3,00 Mercato rionale GAS TM € 2,00 € 1,00 € ‐ Melone Albicocche Fragole Mele Pere Pesche Tabella 4.25: prezzi e variazioni percentuali della frutta Prodotto GAS TM Melone € 1,00 Albicocche € 3,20 Fragole € 4,20 Mele € 1,90 Pere € 2,20 Pesche € 2,80 Var. media % Discount € 0,99 (‐1%) € 3,30 (+3%) € 7,40 (+76%) € 0,99 (‐48%) € 1,99 (‐10%) € 1,29 (‐54%) (‐6%) SM € 0,99 (‐1%) € 3,50 (+9%) € 7,00 (+67%) € 1,98 (+4%) € 1,99 (‐10%) € 1,29 (‐54%) (+3%) MCA € 1,50 (+50%) € 3,00 (‐6%) € 6,00 (+43%) € 1,50 (‐21%) € 1,70 (‐23%) € 1,50 (‐46%) (‐1%) Mercato rionale € 1,50 (+50%) € 3,00 (‐6%) € 5,00 (+19%) € 1,29 (‐32%) € 1,50 (‐32%) € 1,50 (‐46%) (‐8%) Ortaggi Nel comparto degli ortaggi il confronto evidenzia che il prezzo del GAS TM quasi sempre più alto del prezzo minimo rilevato negli altri canali di offerta. Il prezzo più basso è quello del discount in 7 casi, quello dei MCA in 4 e quello del supermercato e del mercato rionale in 3. Nei MCA è possibile riscontrare un risparmio del 23% rispetto al GAS TM. I prezzi sono più bassi in 12 casi con variazioni tra il -41% e il -21%. In due casi il prezzo è pari a quello del GAS TM (patate e peperoni) e in quello dei fagiolini è superiore del 3%. Nel discount il livello dei prezzi minimi degli ortaggi convenzionali si posiziona a un livello inferiore del 23% rispetto al GAS. Il prezzo è superiore a quello del GAS nel caso delle patate novelle (+8%) e in quello del pomodoro ciliegino che, come abbiamo detto, rappresenta un prodotto per cui l’allungamento della catena distributiva comporta un aumento di prezzo. Il prezzo minimo di questo prodotto nel discount è del 17% superiore rispetto al GAS. Negli altri casi il prezzo è più basso rispetto a quelli del GAS, le 142 variazioni vanno dal un massimo di -55% (pomodoro tondo) a uno minimo del 3% (cicoria). Nel mercato rionale il livello dei prezzi è del 22% più basso rispetto al GAS. In 13 casi il prezzo è più basso rispetto al GAS TM, mentre solo nel caso dei fagiolini e della cicoria il prezzo è meno favorevole di quello del GAS rispettivamente del 18% e dell’11%. Infine i SM si presentano come il canale di offerta con il livello dei prezzi più alto. Il prezzo è più basso, rispetto al GAS solo per 7 referenze. I prezzo sono inferiori con variazioni comprese tra il 51% (pomodoro lungo e melanzane) e l’1% (meloni, zucchine e peperoni). Negli altri casi il prezzo del GAS è più basso per 6 prodotti con variazioni che vanno dal +81% del pomodoro ciliegino al + 5% dei cetrioli. Nel GAS TM non vi sono prodotti il cui prezzo minimo è inferiore rispetto agli altri canali. Come nel caso delle patate, il pomodoro ciliegino e le patate novelle sono meno care nella GDO pura (SM e discount) e anche i fagiolini freschi in tutti i canali, escluso il discount. Figura 4.23: confronto del prezzo degli ortaggi € 5,00 € 4,50 € 4,00 € 3,50 € 3,00 GAS TM € 2,50 Discount € 2,00 SM € 1,50 € 1,00 MCA € 0,50 Mercato rionale € ‐ Tabella 4.26: prezzi e variazioni percentuali degli ortaggi Prodotto GAS TM Carote € 2,00 Patate € 1,00 Zucchine € 2,00 Pomodoro ciliegino € 2,20 Pomodoro tondo € 2,20 Pomodoro lungo € 2,00 Discount € 1,29 (‐36%) € 1,00 (0%) € 1,25 (‐38%) € 2,58 (+17%) € 0,99 (‐55%) € 1,15 143 SM € 2,00 (0%) € 0,99 (‐1%) € 1,99 (‐1%) € 3,98 (+81%) € 1,79 (‐19%) € 0,99 MCA € 1,20 (‐40%) € 1,00 (0%) € 1,55 (‐23%) € 1,50 (‐32%) € 1,50 (‐32%) € 1,50 Mercato rionale € 1,00 (‐50%) € 0,80 (‐20%) € 1,99 (‐1%) € 1,80 (‐18%) € 1,20 (‐45%) € 1,00 Bieta € 1,90 Cetrioli € 1,70 Cicoria € 1,80 Cipolla fresca € 1,90 Insalata € 1,90 Melanzane € 2,00 Patate novelle € 1,20 Peperoni € 2,00 Fagiolini € 3,40 Var. media % (‐43%) € 1,70 (‐11%) € 1,35 (‐21%) € 1,75 (‐3%) € 1,39 (‐27%) € 1,45 (‐24%) € 0,99 (‐51%) € 1,29 (+8%) € 1,25 (‐38%) € 2,45 (‐28%) (‐23%) (‐51%) € 1,29 (‐32%) € 1,79 (+5%) € 1,99 (+11%) € 1,50 (‐21%) € 2,99 (+57%) € 0,99 (‐51%) € 1,50 (+25%) € 1,99 (‐1%) € 4,50 (+32%) (+2%) (‐25%) € 1,30 (‐32%) € 1,00 (‐41%) € 1,30 (‐28%) € 1,50 (‐21%) € 1,50 (‐21%) € 1,30 (‐35%) € 0,80 (‐33%) € 2,00 (0%) € 3,50 (+3%) (‐24%) (‐50%) € 1,50 (‐21%) € 1,00 (‐41%) € 2,00 (+11%) € 1,50 (‐21%) € 1,50 (‐21%) € 1,00 (‐50%) € 1,10 (‐8%) € 1,80 (‐10%) € 4,00 (+18%) (‐22%) Uova di gallina Anche in questo caso il prodotto di riferimento è la confezione da 6 pezzi. Il prezzo minimo più basso è quello del discount che offre la confezione al prezzo di 0,89 € (-55%). Anche il mercato rionale e il supermercato hanno un prezzo più basso, rispettivamente a 1,04 € (-24%) e 1,5 € (-21%) confronto al GAS. Presso i MCA il prezzo minimo è invece allineato a quello del GAS a 2 € (+1%). Quindi si può dire che la qualità offerta dai MCA è superiore rispetto a quella riscontrata nella GDO, ma inferiore a quella offerta dal GAS TM. Il GAS TM rappresenta un canale il cui prezzo delle uova è doppio rispetto a quello del discount, dove l’accesso per le fasce di reddito basse è più agevole. Figura 4.24: confronto del prezzo delle uova di gallina € 2,50 Uova di gallina € 2,00 € 1,50 € 1,00 € 0,50 € ‐ GAS TM Discount SM 144 MCA Mercato rionale Tabella 4.27: prezzi e variazioni percentuali delle uova di gallina Prodotto Uova di gallina GAS TM € 1,98 Discount SM MCA Mercato rionale € 0,89 € 1,04 € 2,00 € 1,50 (‐55%) (‐47%) (+1%) (‐24%) Carni I prezzi minimi della carne bovina sono inferiori negli altri canali, in particolare presso i MCA il livello dei prezzi è inferiore del 23%. In questo canale i prezzi sono tutti più bassi, in particolare per la bistecca, le fettine e il macinato di bovino rispettivamente del 28%, 25% e 30%. Presso il discount il livello dei prezzi è più basso del 19% rispetto al GAS TM, anche qui i prezzi sono tutti inferiori con un costo più basso per il macinato bovino, disponibile al prezzo di 6,99 €/kg (contro i 10,00 €/kg del GAS). Le fettine di vitellone hanno un prezzo più vicino a quello del GAS: 17,60 €/kg (nel GAS TM è 18,00 €/kg). Nel mercato rionale invece la carne di bovino ha un livello dei prezzi minimi più vicino a quello del GAS TM, il prezzo è più basso soprattutto nel caso del pollo e delle fettine di bovino (rispettivamente -30% e -9%). Nel caso della bistecca di bovino, invece, il prezzo minore è quello del GAS TM, inferiore del 5%. Nei SM il livello dei prezzi è più basso dell’8%. Il prezzo è più basso in tutti i casi (a eccezione del pollo intero che non era presente) con variazioni che vanno tra il -4% della carne bovina macinata e il -17% delle fettine di bovino Figura 4.25: confronto del prezzo delle carni € 20,00 € 18,00 € 16,00 GAS TM € 14,00 Discount € 12,00 SM € 10,00 € 8,00 MCA € 6,00 Mercato rionale € 4,00 Macinato Bistecca Fettine Fettine Pollo bovino bovino bovino vitellone intero La carne biologica del GAS si posiziona a un livello dei prezzi più elevato rispetto agli altri canali di offerta. Il prezzo minore è solamente quello della carne di vitellone 145 rispetto al mercato rionale. Nei confronti del supermercato e del mercato rionale il prezzo è vagamente più concorrenziale, ma i MCA rappresentano il canale in cui la carne è effettivamente a un livello di prezzo accessibile. Tabella 4.28: prezzi e variazioni percentuali delle carni Prodotto GAS TM Macinato bovino € 10,00 Bistecca bovino € 18,00 Fettine bovino € 16,00 Fettine vitellone € 18,00 Pollo intero € 9,00 Var. media % Discount SM MCA € 6,99 (‐30%) € 14,89 (‐17%) € 11,49 (‐28%) € 17,60 (‐2%) (‐19%) € 9,60 (‐4%) € 17,09 (‐5%) € 13,25 (‐17%) € 17,10 (‐5%) (‐8%) € 7,00 (‐30%) € 13,00 (‐28%) € 12,00 (‐25%) € 16,00 (‐11%) € 7,20 (‐20%) (‐23%) Mercato rionale € 9,90 (‐1%) € 18,90 (+5%) € 14,50 (‐9%) € 18,90 (+5%) € 6,29 (‐30%) (‐6%) Latte e latticini I prezzi minimi dei latticini si posizionano a un livello piuttosto basso nel caso del discount dove è inferiore del 45% rispetto al GAS TM e presso il MCA, dove è inferiore del 28%. Mercato rionale e SM hanno un livello dei prezzi che, per certi specifici prodotti, può essere paragonato a quelli del GAS TM. Nel discount i prodotti hanno tutti un livello di prezzo molto basso: -71% per la ricotta di mucca; -65% per la ricotta di pecora; -55% per lo stracchino; -44% per il latte e 5% per il Parmigiano Reggiano. Presso i MCA i prezzi minimi sono più bassi soprattutto per ricotta di mucca (-75%), latte (-33%) e ricotta di pecora (-30%), mentre lo stracchino ha il medesimo prezzo che nel GAS TM (10 €/kg). Nel mercato rionale i costi sono invece superiori a quelli del GAS nel caso del Parmigiano Reggiano, (+17%), della ricotta di mucca (+6%), e dello stracchino (+59%). In questo ultimo caso il prezzo è anche quello medio, in quanto è l’unico che è stato possibile rilevare. Il mercato rionale presenta prezzi bassi solo per primo sale e mozzarella con una variazione di 45% e 41%. Il SM presenta, invece, prezzi più alti in 3 casi su 6. Il Parmigiano Reggiano ha lo stesso prezzo del mercato rionale e quindi un livello di prezzo superiore a quello del GAS del 17%. Anche primo sale e stracchino hanno un prezzo più alto (+16% e +42%). Negli altri casi i prezzi sono più bassi del 21-28 % nel caso di ricotta di pecora, stracchino e latte e del 5% per la mozzarella. 146 Il canale che presenta prezzi inferiori e quindi favorisce l’accesso per le fasce di reddito basse è il discount, in cui i prodotti sono però a un livello di qualità molto basso. Presso i MCA è possibile riscontrare un buon rapporto qualità prezzo in cui è possibile fare acquisti dilazionati di prodotti freschi. Il mercato rionale e i SM sono canali in cui i prezzi sono più simili a quelli del GAS per determinate categorie di prodotti. I SM si confermano un canale presso il quale i prezzi sono più alti per determinati prodotti e meno per altri. Il GAS TM presenta un prezzo basso soprattutto per il Parmigiano Reggiano, a questa conclusione siamo peraltro giunti anche nel precedente confronto, poiché il prezzo minimo rilevato è anche il medio per tutti i canali di offerta. Figura 4.26: confronto del prezzo dei latticini € 20,00 € 18,00 € 16,00 € 14,00 € 12,00 € 10,00 € 8,00 € 6,00 € 4,00 € 2,00 € ‐ GAS TM Discount SM MCA Mercato rionale Tabella 4.29: prezzi e variazioni percentuali dei latticini Prodotto GAS TM Parmigiano Reggiano € 16,12 Latte € 1,80 Mozzarella € 10,00 Primo sale € 12,50 Ricotta mucca € 8,00 Ricotta pecora € 10,00 Stracchino € 10,00 Var. media % Discount SM MCA € 15,30 (‐5%) € 1,00 (‐44%) € 3,90 (‐61%) € 2,29 (‐71%) € 3,49 (‐65%) € 4,97 (‐50%) (‐50%) € 18,90 (+17%) € 1,29 (‐28%) € 9,50 (‐5%) € 14,50 (+16%) € 5,90 (‐26%) € 7,90 (‐21%) € 14,20 (+42%) (‐1%) € 1,20 (‐33%) € 8,00 (‐20%) € 11,00 (‐12%) € 2,00 (‐75%) € 7,00 (‐30%) € 10,00 (0%) (‐28%) 147 Mercato rionale € 18,90 (+17%) € 1,40 (‐22%) € 5,90 (‐41%) € 6,90 (‐45%) € 8,50 (+6%) € 7,45 (‐26%) € 15,90 (+59%) (‐7%) Pasta e farina Paragonando il prezzo della pasta del GAS con quello minimo della pasta convenzionale si può notare come questo sia a un livello di 1,70 €/kg, dunque più caro del prezzo minimo rilevato in tutti gli altri canali di offerta. Nel discount la pasta di grano duro ha il prezzo minimo più basso del 40% (0,84) anche la farina di tipo 0 e quella di grano duro hanno un prezzo più basso rispetto al GAS, del 57% e del 49%. La pasta integrale è invece più cara del 40%, come nel confronto precedente, poiché il prezzo è stato l’unico rinvenuto. Nel mercato rionale il prezzo è inferiore solo per la pasta di grano duro (-12%) e per la farina di tipo 0 (-12%), negli altri casi il prezzo è invece più alto. Si va dal + 66% della pasta integrale, al +80% della farina integrale, ma anche la farina di grano duro ha un costo più alto del 61%. I MCA, il cui confronto è possibile solo per quanto riguarda le farina, presentano un prezzo minimo uguale al medio e quindi il prezzo è il medesimo per quanto riguarda la farina integrale ed è più basso del 12 % per quella di tipo 0. Il supermercato presenta prezzi più accessibili per la pasta di grano duro (-48%), per la farina di tipo 0 (-39%) e per la farina di grano duro (-19%). Per gli altri prodotti il prezzo è più alto e investe la farina integrale (+30%), la pasta integrale la farine integrale, rispettivamente con un prezzo più basso del 28% e del 30%. I prodotti integrali hanno quindi un prezzo più basso nel GAS TM, tuttavia questi non sono prodotti per cui le famiglie a basso reddito hanno un grande interesse, poiché in ogni caso il prezzo è più elevato dell’omologo non integrale. Figura 4.27: confronto del prezzo di pasta e farina € 3,00 € 2,50 GAS TM € 2,00 Discount € 1,50 SM € 1,00 MCA € 0,50 Mercato rionale € ‐ Pasta Pasta di Farina tipo 0 Farina grano duro integrale di integrale grano duro 148 Farina di Grano duro Tabella 4.30: prezzi e variazioni percentuali di pasta e farina Prodotto GAS TM Discount Pasta di grano duro € 1,70 Pasta integrale di grano duro € 1,70 Farina tipo 0 € 1,14 Farina integrale € 1,00 Farina di grano duro € 1,55 Var. media % € 0,84 (‐51%) € 2,38 (+40%) € 0,49 (‐57%) € 0,79 (‐49%) (‐23%) SM MCA € 0,89 (‐48%) € 2,18 (+28%) € 0,69 (‐39%) € 1,30 (+30%) € 1,25 (‐19%) (‐10%) € 1,00 (‐12%) € 1,00 (0%) (‐4%) Mercato rionale € 1,50 (‐12%) € 2,83 (+66%) € 1,00 (‐12%) € 1,80 (+80%) € 2,50 (+61%) (+37%) Legumi Il GAS TM presenta il secondo prezzo più basso nel caso del farro e dei ceci, mentre per le lenticchie rappresenta solo il quarto prezzo più basso tra cinque canali di offerta. Presso il discount il prezzo dei legumi è mediamente inferiore del 40% rispetto all’omologo prodotto del GAS. Questo grazie a un prezzo inferiore soprattutto per le lenticchie (-70%). I ceci e il farro hanno un prezzo del 25% più basso rispetto a quello del GAS TM. Nel mercato rionale i prezzi sono maggiori per farro (+13%) e ceci (+42%); ma sono inferiori per le lenticchie (-24%). Nei MCA i prezzi sono invece più allineati: +13% per il farro, +13% per i ceci; sono pari al prezzo del GAS per le lenticchie. Nel SM i prezzi sono più alti sia per ceci che per il farro (+51% e +13%) mentre pe le lenticchie, come per il discount, il prezzo è notevolmente più basso: -60%. Il GAS presenta quindi prezzi bassi soprattutto per ceci e farro. Figura 4.28: confronto del prezzo dei legumi € 7,00 € 6,00 GAS TM € 5,00 Discount € 4,00 SM € 3,00 MCA € 2,00 Mercato rionale € 1,00 € ‐ Farro ceci lenticchie 149 Tabella 4.31: prezzi e variazioni percentuali dei legumi Prodotto GAS TM Farro € 2,65 Ceci € 2,65 Lenticchie € 6,00 Var. media % Discount € 1,98 (‐25%) € 1,99 (‐25%) € 1,78 (‐70%) (‐40%) SM € 2,98 (+12%) € 3,99 (+51%) € 2,38 (‐60%) (+1%) MCA € 3,00 (+13%) € 3,00 (+13%) € 6,00 (0%) (+9%) Mercato rionale € 2,99 (+13%) € 3,75 (+42%) € 4,55 (‐24%) (+10%) Miele Rispetto al miele convenzionale quello biologico del GAS presenta prezzi in linea con quelli dei MCA e inferiore rispetto al mercato rionale. Presso il discount il prezzo del miele è più basso per tutte le tre tipologie: Millefiori 25%, Acacia -21% e Castagno -11%. Nei SM il prezzo minimo è invece più alto nel caso del miele di Acacia (+11%) e pari in quello di Castagno. Il miele di Millefiori ha un prezzo più basso del 25%. All’interno dei MCA la qualità del miele è superiore rispetto agli altri canali e paragonabile a quella del GAS TM. Il prezzo è lo stesso sia nel caso del miele di Millefiori che in quello del miele di Castagno mentre è più alto nel caso del miele di Acacia (+11%). Anche in questo caso il discount risulta essere il canale di approvvigionamento con il prezzo mediamente più basso e quindi più facilmente accessibile per le famiglie con un basso reddito. Nel GAS, tuttavia, il prezzo è paragonabile al prezzo minimo riscontrato nei MCA e nel discount. Figura 4.29: confronto del prezzo del miele € 13,00 € 12,00 € 11,00 GAS TM € 10,00 Discount € 9,00 SM € 8,00 MCA € 7,00 Mercato rionale € 6,00 € 5,00 € 4,00 Miele di Milleciori Miele di Acacia 150 Miele di Castagno Tabella 4.32: prezzi e variazioni percentuali del miele Prodotto GAS TM Discount Miele di Millefiori € 8,00 Miele di Acacia € 9,00 Miele di Castagno € 8,00 Var. media % € 5,98 (‐25%) € 7,10 (‐21%) € 7,13 (‐11%) (‐19%) Mercato rionale € 5,98 € 8,00 € 10,90 (‐25%) (0%) (+36%) € 9,98 € 11,00 € 11,00 (+11%) (+22%) (+22%) € 8,04 € 8,00 € 12,00 (0%) (0%) (+50%) (‐5%) (+7%) (+36%) SM MCA Olio extravergine di oliva Il confronto con il prezzo minimo dell’olio d’oliva convenzionale evidenzia come il prezzo sia più accessibile nei canali convenzionali, rispetto al GAS, con la sola eccezione dei MCA in cui il prezzo minimo è il medesimo che nel GAS TM. Questo, come abbiamo visto, è attribuibile alla qualità del prodotto, che negli altri canali è più bassa. In particolare nel discount, dove l’olio è presente al prezzo di 3,49 €/lt, il che consente un risparmio del 50% rispetto al GAS TM. Nei SM il prezzo minimo dell’olio extravergine di oliva è pari a 4,59, con un livello dei prezzi più basso del 34%. Nel mercato rionale il prezzo minimo è invece pari a 4,9 con una variazione del 30% inferiore a quella del GAS TM. Anche in questi casi il prezzo inferiore è indice della scarsa qualità del prodotto Figura 4.30: confronto del prezzo dell’olio extravergine di oliva € 8,00 olio extravergine di oliva € 7,00 € 6,00 € 5,00 € 4,00 € 3,00 € 2,00 € 1,00 € ‐ GAS TM Discount SM MCA Mercato rionale Tabella 4.33: prezzi e variazioni percentuali dell’olio extravergine di oliva Prodotto GAS TM Olio e.v.o. € 7,00 Discount SM MCA Mercato rionale € 3,49 € 4,59 € 7,00 € 4,90 (‐50%) (‐34%) (+0%) (‐30%) 151 Passata di pomodoro Il prezzo della passata di pomodoro biologica del GAS TM è inferiore solo rispetto a quello presente nei MCA e nel mercato rionale. Nel discount il prezzo della passata è il più basso (0,79€) e consente un risparmio del 38% in confronto a quello del GAS. Questo è il prezzo più basso, quindi l’accesso per le famiglie a basso reddito è più facile. Nei SM è altresì reperibile la passata a un prezzo più basso del GAS e quindi a 1,09 €, ossia a – 14% rispetto al GAS. Nel mercato rionale invece il prezzo è più alto 1,38 € e nel MCA è più alto del 42%. L’accesso è quindi più agevole nel caso della GDO pura. Figura 4.31: confronto del prezzo della passata di pomodoro € 2,00 Passata di pomodoro € 1,80 € 1,60 € 1,40 € 1,20 € 1,00 € 0,80 € 0,60 € 0,40 € 0,20 € ‐ GAS TM Discount SM MCA Mercato rionale Tabella 4.34: prezzi e variazioni percentuali della passata di pomodoro Prodotto GAS TM Passata di pomodoro € 1,27 Discount € 0,79 (‐38%) SM € 1,09 (‐14%) MCA € 1,80 (+42%) Mercato rionale € 1,38 (+9%) In quest’analisi abbiamo visto che il prezzo minimo dei prodotti convenzionali è quasi sempre inferiore ai prezzi dei prodotti biologici del GAS TM. Il discount si conferma come il canale in cui i prezzi sono più bassi: per 29 referenze su 44. Il GAS TM ha invece il prezzo più basso solo in 3 casi: fragole, pasta integrale e farina integrale. Anche Parmigiano Reggiano, fettine di vitellone, patate, pomodoro ciliegino e meloni hanno un prezzo conveniente. Nel discount i prezzi minimi sono del 32% inferiori al GAS. Questo soprattutto per i prezzi bassi di uova, latte, latticini, olio, legumi e passata. I Mercati di Campagna Amica presentano il primo prezzo più basso in 9 casi e il secondo più basso in 14. Il risparmio è possibile soprattutto per ortaggi, latte e latticini e carni. Nei supermercati i prezzi sono 152 inferiori di quelli del GAS TM in 28 confronti ma superiori in 18 (in 1 caso il prezzo è il medesimo). I prezzi sono maggiori per frutta, ortaggi e legumi ma sono minori negli altri casi (soprattutto uova, olio e passata). Nel mercato rionale vi sono livelli di prezzo spesso al di sopra o al di sotto di quelli del GAS TM. Il risparmio è possibile soprattutto nel caso degli ortaggi, dell’olio e delle uova; mentre per miele, legumi, pasta e farina il prezzo è, in media, più alto di quello del GAS. 153 154 Conclusioni Analizzando le problematiche connesse al sistema agro-alimentare dominante, abbiamo visto che si stanno affermando nuove forme di filiera corta, reputate più sostenibili sia dal punto di vista economico, ambientale e sociale. Abbiamo visto che i GAS sono iniziative mosse dai consumatori con l’obiettivo di creare un nuovo modello di produzione, distribuzione e consumo che metta al centro il rapporto tra produttore e consumatore. Sebbene la realtà dei GAS sia ancora circoscritta, il sistema da loro creato ha il merito di porre al centro dell’attenzione la questione dell’accesso ai prodotti sani per ampi strati della popolazione, come hanno sottolineato Fonte e Salvioni (2013). In quest’ottica ci siamo chiesti se il livello dei prezzi offerti dai GAS sia effettivamente accessibile ai redditi medi e medio-bassi. Per verificare questo assunto abbiamo messo a confronto i prezzi di un GAS di Roma – il GAS Testaccio Meticcio – con quelli dei prodotti biologici e convenzionali che abbiamo rilevato negli altri sistemi di vendita del quartiere. Il GAS che abbiamo preso in considerazione è stato già analizzato nell’ambito del progetto PRIN 2008 Agricoltura locale e consumo sostenibile nelle reti alimentari alternative e conferma le caratteristiche socio-demografiche che sono emerse dalla ricerca stessa. Alla luce dei risultati emersi, abbiamo raccolto utili indicazioni per studiare il grado di accesso che viene assicurato dai GAS nell’approvvigionamento di prodotti biologici. Abbiamo constatato che il GAS offre prodotti biologici ad un prezzo generalmente inferiore rispetto ai prezzi minimi dei prodotti biologici degli altri canali di offerta (supermercati, discount, mercati degli agricoltori e mercato rionale). Nel quartiere analizzato si nota una distinzione tra i prezzi offerti dalla GDO e dalla vendita diretta. Nel GAS i prezzi dei prodotti biologici sono più bassi del 62-38% rispetto ai canali di GDO specializzati nella vendita del biologico; mentre sono inferiori del 21-25% per i canali di vendita diretta che offrono una discreta varietà di prodotti biologici (mercati degli agricoltori) (tabella 4.35). Sebbene nei mercati degli agricoltori il prezzo sia più alto, è possibile fare gli acquisti con un buon rapporto qualità-prezzo (migliore tanto dei supermercati quanto dei discount), e con la possibilità di acquistare settimanalmente in piccole proporzioni, cosa che il GAS non permette di fare per tutte le categorie di prodotti. 155 Tabella 4.35: variazioni del livello dei prezzi minimi del biologico rispetto al GAS Prodotto Frutta Ortaggi Uova Carni Latte e latticini Pasta e farina Legumi Miele Olio e.v.o. Passata di pomodoro Media per canale D’altro Negozio spec. 115% SM biologico 83% 32% Mercatino bio 15% Mercato rionale Media per comparto 61% 80% 16% 60% 44% 95% 60% 67% 52% 15% 24% 13% 14% 59% 73% 33% 57% 8% 21% 5% ‐3% 15% 19% 29% 10% 14% 12% 43% 91% 6% 3% 25% ‐15% 36% ‐12% 79% 138% 126% 107% 41% 5% 138% 41% 24% 16% 13% 93% 71% 47% 46% 34% 13% 57% 57% 57% 44% +62% +38% +21% +25% +22% +76% +61% canto sia i MCA mercati degli Discount agricoltori che il SM GAS permettono l’approvvigionamento solamente in determinati giorni della settimana, al contrario degli altri canali che, anche per il fatto di lavorare almeno sei giorni a settimana, presentano prezzi molto più alti per i prodotti biologici. Vi sono però sistemi di vendita misti (supermercato biologico e mercato rionale) che offrono prezzi accessibili per determinate categorie di prodotti. Questo confronto è stato utile per capire che il sistema di approvvigionamento dei GAS permette effettivamente di accedere ai prodotti biologici a prezzi bassi. Paragonando i prezzi del GAS con quelli medi dei prodotti convenzionali (tabella 4.36), solo il discount presenta un livello dei prezzi significativamente più basso: circa il 22%. Tabella 4.36: variazioni del livello dei prezzi medi del convenzionale rispetto al GAS Prodotto Discount SM MCA Frutta Ortaggi Uova Carni Latte e latticini Pasta e farina Legumi Miele Olio e.v.o. Passata di pomodoro Media per canale 12% ‐15% ‐38% ‐19% ‐48% ‐19% ‐15% ‐17% ‐40% ‐17% ‐22% 26% 20% ‐3% ‐7% 4% 6% 19% 0% ‐14% 10% +6% 7% ‐16% 21% ‐12% ‐10% ‐4% 12% 14% 14% 42% +7% Mercato rionale 12% ‐9% 5% ‐4% ‐1% 47% 38% 45% ‐11% 12% +13% Media per comparto 14% ‐5% ‐4% ‐10% ‐14% 8% 13% 10% ‐13% 12% Gli altri canali di vendita presentano prezzi medi che sono più alti, o in linea, con quelli rilevati nel GAS. Si riscontra un prezzo mediamente più alto, del 6-7%, nei supermercati e nei mercati degli agricoltori; mentre nel mercato rionale del 13%. In particolare per pasta e farina, legumi, frutta, miele e passata di pomodoro il GAS propone prezzi del 15-23% più bassi rispetto a quelli medi del convenzionale. Per carni, latticini e 156 olio, il GAS non riesce ad offrire prezzi bassi. Questo può essere dovuto al fatto che le produzioni comportano costi significativamente maggiori e che negli altri canali di vendita vi è la concorrenza di prodotti provenienti dall’estero e da allevamenti intensivi, quindi a basso costo. Nel caso del confronto con i prezzi minimi del convenzionale è emerso che il discount offre prezzi molto più bassi (-32) rispetto a quelli del GAS, questi sono confrontabili a quelli i altri canali (mercati e supermercati) solo per determinate categorie di prodotti: legumi, miele e frutta. I supermercati presentano prezzi minimi più bassi di circa l’11%; mercati degli agricoltori e mercato rionale, invece, hanno prezzi del simili a quelli del GAS (-2 e -1%) (tabella 4.37). I comparti per cui la differenza è maggiore sono olio, uova, carni, ortaggi e latticini. Quelli in cui è minore sono legumi, miele, pasta e farina (grazie al basso prezzo delle versioni integrali). Tabella 4.37: variazioni del livello dei prezzi minimi del convenzionale rispetto al GAS Prodotto Discount SM MCA Frutta Ortaggi Uova Carni Latte e latticini Pasta e farina Legumi Miele Olio e.v.o. Passata di pomodoro Media per canale ‐6% ‐23% ‐55% ‐19% ‐50% ‐23% ‐40% ‐19% ‐50% ‐38% ‐32% 3% 2% ‐47% ‐8% ‐1% ‐10% 1% ‐5% ‐34% ‐14% ‐11% ‐1% ‐24% 1% ‐23% ‐28% ‐4% 9% 7% 0% 42% ‐2% Mercato rionale ‐8% ‐22% ‐24% ‐6% ‐7% 37% 10% 36% ‐30% 9% ‐1% Media per comparto ‐3% ‐17% ‐31% ‐14% ‐21% 0% ‐5% 5% ‐29% 0% Se l’analisi che abbiamo condotto è paragonabile con quella degli altri GAS italiani, possiamo concludere che il sistema di approvvigionamento che abbiamo analizzato offre prezzi che facilitano l’accesso ai prodotti biologici per i redditi medi. Tale segmento di popolazione potrebbe guardare con interesse al GAS, per tramutare la propria spesa da convenzionale a biologica senza grandi sacrifici, anzi in taluni casi anche con un certo risparmio. I redditi medio-bassi potrebbero prendere in considerazione questa possibilità ma dovrebbero operare un significativo adattamento delle loro routine e compensare la spesa fatta al GAS con prodotti più economici presenti negli altri canali. I redditi bassi, invece, vedono ancora nel discount, significative possibilità di risparmio connesse anche alla comodità di acquisto. Di fronte a questo quadro, la presenza dei mercati degli agricoltori (per esempio i Mercati di Campagna Amica) risulta essere un buon compromesso, poiché consentono di fare la spesa settimanale in piccole quantità con un buon rapporto qualità-prezzo. 157 La pratica sociale con cui vengono fatti gli acquisti nel nuovo sistema di approvvigionamento, infatti, è più complessa a causa di limiti culturali, sociali ed economici che vanno al di là delle mere questioni di prezzo: l’approvvigionamento avviene via internet; la disponibilità di prodotti dipende dalla stagionalità e dalla disponibilità del produttore; la partecipazione a un GAS può richiede tempo da sottrarre al lavoro o al tempo libero; l’approvvigionamento avviene su base settimanale o mensile, con forme di ordine più rigido; vi è la necessità di immagazzinare un certo numero di informazioni e raggiungere un buon grado di consapevolezza. Tale adattamento è più complesso per i redditi medio-bassi più che altro per la pratica di acquisto che per il livello dei prezzi in sé. Bisogna però tenere presente che nel GAS i prodotti più cari sono quelli che si riferiscono ad una dieta onnivora (latticini, uova, carne); mentre l’acquisto di frutta, ortaggi, pasta e farina integrali è più conveniente, poiché il loro prezzo è più affine a quello del convenzionale. Ciò può indicare che passando ad una dieta vegetale, l’accesso ai prodotti naturali può essere facilitato anche per i redditi medio-bassi. Il sistema dei GAS deve essere dunque approfondito proprio sotto il punto di vista della pratica sociale e degli aspetti economici, che comportano effetti a diversi livelli nel modo in cui ogni individuo si relaziona con la società. Difatti la vitalità e la continua evoluzione che caratterizza il mondo dei GAS lascia molte questioni aperte. Senza dubbio sarebbe interessante continuare ad approfondirle. 158 Bibliografia AGCM (2005) Autorità garante della concorrenza e del mercato, Indagine conoscitiva sulla distribuzione agroalimentare (IC/28). http://www.agcm.it/ Aguglia L. (2009), La filiera corta: una opportunità per agricoltori e consumatori, Agriregionieuropa, vol. 17 Allen P., Wilson A.B. (2008), Agrifood Inequalities: Globalization e Localization. Development, vol. 51, no. 4, pp. 534–540 Aubry C., Kebir L., Pasquier C. (2008), The (re) conquest of local food supply function by agriculture in the Ile de France region, Proceedings of 2nd International Working Conference for social scientists “Sustainable Consumption e alternative agri-food systems”, 27-30 maggio 2008, Arlon, www.suscons.ulg.ac.be Barry A., Slater D. (2002), Technology, politics e the market: an interview with Michel Callon, Economy e Society, vol. 31, no. 2, pp. 285–306. Belletti G., Innocenti S., Marescotti A., Margheriti G., Rocchi B., Rossi A. 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