Università degli Studi Roma Tre

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Università degli Studi Roma Tre
Università degli Studi Roma Tre
Facoltà di Economia “Federico Caffè”
Corso di Laurea Magistrale in
“Economia dell’ambiente e dello sviluppo”(LM-56)
Tesi di Laurea in
Sistemi agricoli e relazioni internazionali
Filiera corta, prezzo giusto e sviluppo sostenibile: il caso
dei Gruppi di Acquisto Solidale a Roma
Relatore
Prof. Fabrizio De Filippis
Correlatrice
Prof.ssa Maria Fonte
Anno Accademico 2012/2013 Candidato
Giacomo Crisci
282619
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A mio nonno Alberto
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INDICE Presentazione ....................................................................................................................................................... 7 Capitolo 1 La filiera corta………………………………………………………………………………………………..7 1.1 1.1.1 1.2 La modernizzazione dell’agricoltura e l’origine della “filiera lunga” ............... 9 Forme di filiera corta ............................................................................................................. 23 Le reti alimentari alternative nella letteratura scientifica .................................. 30 Capitolo 2 Il Consumo Critico e i Gruppi di Acquisto Solidali……………………………………....37 2.1 Il consumo critico ......................................................................................................................... 37 2.2 I GAS in Italia ................................................................................................................................... 42 2.2.1 I GAS a Roma ............................................................................................................................. 51 2.3 Il Consumo critico nel pensiero dei GAS .......................................................................... 56 2.3.1 I GAS nella transizione tecnologica verso lo sviluppo sostenibile ..................... 58 Capitolo 3 Il prezzo nella filiera agroalimentare………………………………………………………….73 3.1 3.1.1 3.2 Il dibattito sul prezzo ................................................................................................................. 74 Il dibattito sul prezzo giusto nelle filiere corte .......................................................... 78 Rassegna della letteratura sul confronto fra i prezzi dei prodotti in vendita presso i GAS e la GDO .............................................................................................. 88 Capitolo 4 Il confronto dei prezzi rilevati in un GAS di Roma e in altri canali di offerta…………….……………………………………………………………………………..…93 4.1 4.2 4.2.1 4.2.2 4.2.3 Le criticità del confronto tra i prezzi dei prodotti alimentari in diversi canali di vendita ........................................................................................................................... 97 I tre confronti dell’indagine sui livelli dei prezzi ..................................................... 105 Prezzo dei prodotti biologici del GAS TM vs prezzo minimo dei prodotti biologici reperibili presso altri canali di offerta ......................................................................... 105 Prezzo dei prodotti biologici del GAS TM vs prezzo medio dei prodotti convenzionali reperibili presso gli altri canali di offerta ..................................... 125 Prezzo dei prodotti biologici del GAS TM vs prezzo minimo dei prodotti convenzionali reperibili presso gli altri canali di offerta ..................................... 140 Conclusioni ....................................................................................................................................................... 155 Bibliografia ...................................................................................................................................................... 159 Sitografia ........................................................................................................................................................... 167 5
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Presentaz ione
Questa tesi intende fornire un contributo alla discussione scientifica che si domanda
se le reti di agricoltura possano davvero prefigurare un’alternativa praticabile al sistema
agroalimentare convenzionale. Tra le iniziative di filiera corta, la maggior parte degli studi
focalizza l’attenzione sui mercati degli agricoltori, mentre sono poche le evidenze nei
confronti dei Gruppi di Acquisto Solidale (GAS), iniziative mosse dai consumatori più
dispersive e difficili da classificare. Lo scopo di questo lavoro è quello di approfondire il
tema della sostenibilità sociale di queste esperienze. In particolare vogliamo capire a quale
livello di prezzo si posizionano i prodotti distribuiti dai GAS rispetto agli altri sistemi di
approvvigionamento, per comprendere se vi è possibilità di accesso ai loro prodotti per
ampi strati della popolazione
Nel primo capitolo presentiamo i passi fondamentali attraverso cui il sistema agroalimentare si è modificato nel corso degli anni, dando vita a diverse forme operative di
filiera corta, tra cui farmers’ markets, box schemes e GAS.
Poi esaminiamo la loro esperienza sotto il profilo del consumo critico e della teoria
della transizione, che spiega il rapporto tra nicchie di innovazione e regime sociotecnologico. In questo capitolo viene introdotto il pensiero secondo il quale i GAS possono
portare ad un cambiamento radicale del sistema agroalimentare.
Nel terzo capitolo approfondiamo il tema del ‘prezzo giusto’. Nei GAS la
formazione del prezzo avviene nell’ambito del nuovo rapporto di fiducia instauratosi tra
produttori e consumatori. Analizzando il pensiero dei GAS di Roma, emerge che vi è una
forte attenzione al tema del prezzo, soprattutto quando si parla di accesso ai prodotti
biologici per ampi strati della popolazione. L’approccio di questa tesi è proprio quello di
andare a verificare se i GAS riescono in questo intento.
Nel quarto capitolo sono risportati i risultati dell’indagine in cui abbiamo confrontato
i prezzi dei prodotti biologici di un GAS di Roma e quelli presenti in altri canali di offerta
a esso limitrofi. Alla luce dei risultati emersi abiamo raccolto utili informazioni per
indagare il grado di accesso che viene assicurato dai GAS nel rifornimento di prodotti
biologici. Il GAS 1 preso in considerazione è stato studiato nell’ambito del progetto
Agricoltura locale e consumo sostenibile nelle reti alimentari alternative (PRIN 2008) e
conferma le caratteristiche socio-demografiche che sono emerse dalla ricerca stessa.
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Gruppo di Acquisto Solidale Testaccio Meticcio (www.gastm.org)
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Capitolo 1
La filiera corta
1.1
La moderniz z az ione dell’agricoltura e l’origine della “filiera
lunga”
Fino al XX secolo, per gli abitanti dei centri urbani i beni più facilmente reperibili
erano quelli prodotti localmente (Schonhart, 2008) da artigiani e agricoltori, che di solito
operavano in attività a carattere familiare. Erano quindi i contadini a raggiungere le città
per offrire le proprie merci in un mondo dove il rapporto tra consumatore e produttore era
alla base di qualsiasi tipo di commercio.
Ma tra l’Ottocento e il ‘Novecento l’intero assetto sociale, economico e culturale ha
subito radicali trasformazioni. A partire da quegli anni il modello agroalimentare può
essere analizzato in tre fasi (Brunori et al., 2013). La prima è caratterizzata dalla
modernizzazione dei processi agricoli, che si è intensificato dopo la seconda guerra
mondiale. La seconda fase si distingue per una maggiore attenzione verso la qualità degli
alimenti, divenuto con il tempo uno strumento di marketing. La terza fase intende
rispondere alle crisi economiche e alimentari degli ultimi anni, in un’ottica di sostenibilità
e di integrazione multidimensionale.
La Rivoluzione Verde: nascita e crisi della modernizzazione in agricoltura
Nell’Ottocento la crescita della popolazione sembrava un fenomeno inarrestabile, in
grado di minare la sopravvivenza dell’umanità stessa. La questione è stata affrontata prima
con la tesi di Malthus (1798), secondo cui la crescita della popolazione avrebbe costretto
l’umanità a uno stato di indigenza; poi con quella di Helrich (1968), che ipotizzava gravi
crisi alimentari tra gli anni Sessanta e Settanta; infine con quella di Meadows (et al., 1972)
che sostenevano l’impossibilità di una crescita positiva illimitata e invocavano piuttosto la
necessità di un modello di produzione e consumo stabili.
Queste tesi sono state smentite nel corso degli anni poiché non hanno tenuto conto
dell’innovazione e del progresso tecnologico che, in occidente, ha portato alla
modernizzazione in agricoltura dando vita alla cosiddetta Rivoluzione Verde. Tale
processo è caratterizzato da tre importanti cambiamenti (Grigg, 1992):
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1) L’utilizzo delle macchine agricole in sostituzione del lavoro, umano e animale,
per ridurre i costi di produzione dei prodotti agricoli. Se prima l’agricoltura era dominata
da un sistema relativamente stabile grazie alla forza dell’uomo, degli animali domestici e
degli animali selvatici (soprattutto impollinatori), con l’introduzione delle macchine
agricole viene inserita una nuova energia capace di essere aumentata a piacere con l’uso
dei combustibili fossili. Le macchine rappresentano una tecnologia importata in grado di
ridurre sensibilmente il tempo di raccolta delle derrate e il costo del lavoro, anche se
richiede ingenti investimenti per l’acquisto e la manutenzione.
2) L’introduzione di sostanze chimiche in agricoltura (fertilizzanti, pesticidi e
diserbanti), necessarie da un lato per eliminare i parassiti che rischiavano di deteriorare le
coltivazioni causando inaspettate perdite di raccolto; dall’altro per bilanciare l’imponente
sfruttamento del suolo dato dalla monocoltura, che aveva bisogno di un continuo
nutrimento, non avendo il tempo adatto per rigenerarsi.
3) La diffusione di sementi ibride, chiamate anche “varietà ad alta resa”, in grado di
garantire una produzione maggiore di quella parte edibile e commercializzabile della
pianta, e un migliore adattamento all’uso delle macchine. Alcune di queste sementi, ancora
in commercio, hanno la caratteristica di essere sterili, vanno pertanto acquistate
annualmente da chi ne detiene il brevetto2.
Si è trattato di un processo di modernizzazione rivolto ad aumentare la produttività
agricola e ridurre la scarsità alimentare sulla base dei processi di specializzazione e
intensificazione.
Il grande merito e scopo dell’operazione è stato quello di ridurre la fame e la
sottonutrizione3 di ampi strati della popolazione mondiale, tramite miglioramenti nelle rese
delle coltivazioni. Questo processo è stato caratterizzato da un’intensa crescita economica,
i cui modelli di distribuzione e consumo hanno influito fortemente non solo sulle tecniche
di produzione, ma anche sulle abitudini della popolazione mondiale (Schmidhuber e
Shetty, 2009).
2 Negli Stati Uniti le multinazionali Monsanto, DuPont, Novartis e Stoneville controllano, ogni anno, il 65% delle
sementi per la produzione di mais e l'84% di quelle per la produzione del cotone.
3 In realtà gli obiettivi della modernizzazione agricola non erano solo umanitari, come dimostra la stessa origine
dell’espressione “Rivoluzione Verde”. Il termine fu utilizzato per la prima volta da William Gaud dell’Agenzia
degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale in un discorso alla Società per lo Sviluppo Internazionale. Nel
discorso, Gaud presentò la Rivoluzione Verde come un’iniziativa mirata a evitare che l’eredità di miseria e
tensione sociale del colonialismo spingesse i paesi del sud del mondo ad abbracciare la “rivoluzione rossa”
comunista.
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A partire dagli anni Sessanta si è registrato un aumento della produttività agricola
costante nelle coltivazioni interessate dall’innovazione: riso, mais e grano (figura 1.1).
I principi della Rivoluzione Verde sono stati estesi anche all’attività di allevamento e
hanno portato, nel corso del tempo, un cambiamento radicale dei principi che fino a quel
momento caratterizzavano l’attività agricola. Cambiarono anche i paesaggi rurali in virtù
dell’uso delle monocolture praticate su vaste estensioni a scapito dell’agricoltura
diversificata dei piccoli contadini, che non avevano mezzi e risorse per partecipare al
processo di trasformazione.
In seguito, si è fatta luce sulle conseguenze dei principi della Rivoluzione Verde, in
particolare è emersa la preoccupazione per gli ingenti costi economici, ambientali e sociali,
riassunti nel termine “esternalità negativa”4.
Figura 1.1: L'aumento di produttività in agricoltura dal 1961 al 2005 per tipologia di coltura
Fonte: Venturini (2007)
Dal punto di vista sociale, il sistema agroalimentare modernizzato è ad alta intensità
di capitale e fu impiantato in un mondo dove l’agricoltura era ancora di sussistenza e
dominata già di per sé da una drammatica sovrabbondanza di lavoro. Le prime
conseguenze
dell’introduzione
delle
macchine
agricole
furono
fenomeni
quali
disoccupazione di massa, fuga dalle campagne e urbanizzazione forzata. La velocità con
cui si sono diffusi questi fattori fu tale da non consentire un graduale assorbimento dei
nuovi arrivati, producendo gravi tensioni sociali (Venturini, 2007). Gli effetti demografici
Un’esternalità negativa si ha quando l’attività di produzione o consumo di un soggetto influenza negativamente
il benessere di un altro soggetto, senza che questo riceva una compensazione economica o di altro genere. Fonte:
Tirelli M., Politca economica e fallimenti del mercato, Torino, Giappichelli, 2009.
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si possono analizzare a partire dagli USA, dove prima di altrove si è manifestata la
modernizzazione. Infatti, tra il 1900 e il 1985, la popolazione americana è passata 30 a 5
milioni di residenti e gli occupati in agricoltura da 14 a 3,5 milioni (Molnar, 1986). In
Italia le cose hanno seguito un andamento simile: nel 1950 il numero di occupati in
agricoltura era di oltre 8,5 milioni (44%); nel 1970 tale numero è sceso a 3 milioni (15%),
nel 2009 a sole 874 mila unità con un’incidenza del 3,7% (Istat, 2011).
Altro aspetto rilevante sul tessuto sociale sono le conseguenze nelle abitudini di
consumo: il modello agroalimentare “verde” ha influito sulle abitudini della popolazione
mondiale con un fenomeno denominato transizione alimentare (o nutrizionale). Per
transizione alimentare s’intende un mutamento nei livelli di assunzione media pro capite
di calorie e soprattutto nella composizione della dieta.
Nei paesi in via di sviluppo, ma anche in quelli industrializzati, l'inattesa e vasta
disponibilità di cibo standardizzato, importato e spesso già trasformato ha portato le
famiglie a repentini cambiamenti di abitudini alimentari e stili di vita (Schmidhuber e
Shetty, 2009). La modernizzazione ha permesso l’ampia disponibilità di cibo pronto e a
basso prezzo. Questo è apparentemente un vantaggio per i consumatori che possono
risparmiare tempo e fatica delegando la coltivazione e la preparazione del cibo alle grandi
azienda, ma ciò comporta anche alcuni rischi, soprattutto con riguardo alla qualità della
dieta. In quegli anni, la diffusione dei supermercati e dei prodotti confezionati, infatti, ha
permesso la sostituzione di buona parte delle calorie di origine vegetale con calorie di
origine animale5 (Smil, 2000). Questa circostanza è eloquente nell’esperienza di alcune
popolazioni delle isole del Pacifico (Naru, Cook, Tonga), in cui lo spostamento dalle diete
tradizionali verso quelle a base di cibo trasformato ha indotto gravi conseguenze in termini
di obesità, comportando l’abbandono di pratiche agricole tradizionali e conoscenze locali
legati alla coltivazione e alla preparazione del cibo (Kirk et al., 2008). In alcuni di questi
paesi la percentuale di persone in sovrappeso raggiunge il 92%; mentre quella di obesi
oltrepassa l’80% (British Heart Foundation6, 2006).
Il processo di modernizzazione ha dunque avuto dei risultati positivi riducendo la
quota di popolazione sotto nutrita, ma ha anche complicato il problema della malnutrizione
nel contesto della salute globale. Oggi il numero di sottonutriti si aggira intorno a 870
milioni di persone, (14,9% nei PVS), ma le malattie collegate al sovrappeso e all’obesità
5
http://www.agriregionieuropa.univpm.it/dettart.php?id_articolo=524
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British Heart Foundation Health Promotion Research Group
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sono in costante aumento. La Fao ha evidenziato che questa preoccupazione colpisce oggi
il 20% della popolazione mondiale, vale a dire circa 1.400 milioni di persone tra cui 500
milioni sono obese (WHO, 20127). Si è così giunti a una paradossale convivenza di sotto
nutrizione e obesità in diverse regioni del mondo, come si può vedere dalla figura 1.28.
Dal punto di vista ambientale la modernizzazione ha comportato due importanti
conseguenze. La prima è riferita al fatto che la selezione di poche varietà ibride per ogni
pianta ha comportato la scomparsa di un altissimo numero di altre varietà autoctone e
metodi di coltivazione tradizionali. Si stima che per alcuni raccolti, la perdita di
biodiversità sia stata anche del 90%. In India, per esempio, le varietà di riso, una delle
specie maggiormente coinvolte nel cambiamento, sono passate da 100.000 a 10, e lo stesso
è accaduto per gli allevamenti.
Figura 1.2: La convivenza di sotto nutrizione e obesità in alcuni paesi a Sud del mondo
Fonte: FAO (2012)
Vandana Shiva (2001) ha reso noto che le razze di maiale commercializzate in tutto
il mondo sono oggi ridotte al solo numero di quattro, quando fino a poco tempo fa
solamente in Cina erano oltre 40. La perdita di biodiversità si traduce spesso anche in una
perdita di fattori nutritivi inducendo gli individui che li consumano a un’alimentazione
povera, come risultato del passaggio da diete varie, con molte fonti nutritive a diete basate
su uno o pochi cereali.
7
Obesity e overweight. Fact sheet No. 311. Geneva, Switzerlandon Agriculture document COAG/2010/6. 2008.
13
La modernizzazione dell’agricoltura, inoltre, basandosi sull’utilizzo di componenti
chimici, ha impedito lo sviluppo adeguato dei microrganismi benefici del suolo e di altri
organismi. Tale processo comporta la perdita totale di fertilità del suolo e la sua capacità di
rigenerarsi (Venturini, 2007).
La seconda difficoltà ambientale si riferisce al consistente utilizzo di sostanze
chimiche in agricoltura, che provoca l’inquinamento dei suoli e delle falde acquifere,
causando problemi sanitari tanto agli agricoltori quanto ai consumatori entrati in contatto
con prodotti a elevata tossicità. Uno degli scandali che ha reso nota la pericolosità della
produzione di componenti chimici in agricoltura (fitofarmaci) fu la tragedia avvenuta la
notte del 3 dicembre 1984 a Bophal in India. In seguito a una serie di incidenti tecnici
avvenuti in una fabbrica di pesticidi, si sprigionò una nube di fumi tossici che provocò la
morte di quasi 4.000 persone e l’avvelenamento di altre migliaia. Da allora non è cambiato
molto: in Italia l’ISPRA (2013) ha pubblicato un rapporto sulla presenza di pesticidi nelle
acque italiane comunicando che tra il 2009 e il 2010 oltre la metà delle acque superficiali,
e quasi un terzo di quelle sotterranee, erano contaminate da pesticidi e fertilizzanti, spesso
al di sopra dei limiti di legge compromettendone la potabilità.
Dal punto di vista economico la questione è più complicata. L’improvviso aumento
delle rese agricole manifestò la difficoltà di assorbimento da parte del sistema e il
conseguente crollo dei prezzi nei mercati internazionali. Risultò così pressoché impossibile
rientrare dagli ingenti investimenti iniziali senza aiuti di stato o ulteriori indebitamenti. Ciò
indusse un’ulteriore spinta all’acquisto di terra da parte delle grandi aziende agricole e
l’abbandono da parte delle piccole imprese familiari, dando luogo alle pressioni sociali di
cui sopra.
Alla caduta del prezzo si aggiunse anche il problema della dipendenza da numerosi
input quali tecnologia, fertilizzanti, sementi geneticamente modificate e combustibili
fossili. Progressivamente l‘agricoltura si basò sui prodotti petroliferi, dipendendo quindi
dalle fluttuazioni del prezzo del petrolio. Con l’introduzione di fattori di produzione
esterni, che presuppongono il loro impiego secondo la logica del sistema che li ha creati, si
è determinata una standardizzazione dei processi produttivi sempre più sganciati dai
contesti locali e sempre più dipendenti dalle prescrizioni esterne.
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In tal modo è stato circoscritto il lavoro degli agricoltori al ruolo di efficienti
produttori agricoli, ed è stato delegato ad altri soggetti il compito di distribuirli. Si è così
via via affermata la figura di una sorta di agricoltore “virtuale” (Van der Ploeg, 2003),
capace di eseguire correttamente un complesso di operazioni prescritte dall’esterno e
trasmesse attraverso un apparato di divulgazione e assistenza tecnica. È opinione condivisa
che questo sistema abbia sottratto potere decisionale alle aziende agricole, piccole in
particolare (Brunori et al., 2008), e abbia accentrato il potere (e i profitti) nelle mani dei
soggetti al centro della filiera: gli intermediari. La progressiva perdita di potere decisionale
degli agricoltori ha favorito i soggetti che dominano il mercato a monte e a valle,
rispettivamente dal lato degli input e della distribuzione.
Figura 1.3: Schema dello"squeeze on agriculture"
Fonte: Ploeg, van der et al. (2000)
L’aumento dei costi degli input è stato un importante motivo di sofferenza da parte
degli agricoltori ma anche il nuovo meccanismo di distribuzione, necessario a gestire le
ingenti derrate prodotte con metodi intensivi, ha contribuito alla compressione dei ricavi. I
soggetti (grossisti, intermediari e soprattutto industrie alimentari) che hanno un maggior
controllo dell’offerta (anche grazie alla pubblicità) essendo meglio integrate nei canali di
commercializzazione, possono esercitare una pressione significativa sulle aziende agricole
per comprimere il prezzo.
Se si considera l’aumento del costo degli input e la pressione esercitata dai soggetti
intermedi alla filiera, per i produttori si verifica una pressione economica insostenibile definita “squeeze on agriculture” - determinata da una costante riduzione del rapporto tra
ricavi e costi di produzione (Van der Ploeg, 2003) (figura 1.3). Per Van der Ploeg (et al.,
15
2000) lo squeeze si è intensificato a partire dagli anni Ottanta ed è necessario un nuovo
paradigma di sviluppo rurale per allentare questa strettoia.
Figura 1.4: Uno schema delle filiere lunghe
produttore Omologazione
delle produzioni
n intermediari
grossista alla produzione n intermediari
Imprese di grandi
dimensioni che
operano su mercati
globali
industria alimentare grossista terminale n intermediari
dettagliante distribuzione organizzata Standardizzazione dei
gusti e dei consumi
consumatore Fonte: Guidi (2009)
Secondo l'osservazione di Van der Ploeg il paradigma della modernizzazione
agricola, che ha ispirato le politiche agricole mondiali degli ultimi, non si è rivelato molto
‘razionale’. I motivi principali sono il fatto che riducendo sensibilmente l’occupazione e la
ricchezza sociale, la qualità dei prodotti diminuisce e l’ambiente non è in grado di
sostenere un simile cambiamento. Ecco perché alcuni identificano questo modello non più
come il progresso, ma come il degrado dell’agricoltura9.
In virtù delle ingenti derrate prodotte dalle grandi aziende, si è predisposto, infatti,
un sistema detto di “filiera lunga”, basato sul ruolo di numerosi intermediari con il
compito di distribuire le derrate a livello sempre più locale. Le produzioni vengono
acquistate in grande quantità dai grossisti alla produzione che a loro volta li distribuiscono
ad altri numerosi intermediari, integrati col territorio o con i mercati internazionali (figura
1.4)
9
PLOEG VAN DER JAN DOUWE, Oltre la modernizzazione. Processi di sviluppo rurale in Europa. Rubbettino
Editore, Soveria Mannelli, 2006, p51.
16
Alle estremità della clessidra si trovano i milioni di produttori e consumatori, mentre
al centro si riscontra un esiguo numero di intermediari e acquirenti aziendali. Secondo
Grievink, il potere è concentrato nel collo di bottiglia, dove 110 intermediari hanno il
controllo delle derrate offerte da oltre 3 milioni di produttori (figura 1.5).
Figura 1.5: La concentrazione di potere nella filiera agroalimentare
lunga
Fonte: Grievink (2003)
Analizzando la remunerazione delle aziende agricole, la polverizzazione dell’offerta
(in presenza di alti volumi di produzione) e la presenza di pochi compratori, (quali sono le
industrie alimentari), è possibile osservare che esse portano all’affermarsi di un regime di
oligopsonio10, in cui la domanda è concentrata in un ristretto numero di operatori mentre
l’offerta è frammentata in un numero indefinito di operatori. A tale proposito Pantini
(2008) sostiene che queste sono logiche di mercato tipiche delle commodity.
Dall’indagine conoscitiva condotta dall’AGCM (Tabella 1.1) è emerso che, per il
settore dell’ortofrutta in Italia, la catena distributiva comporta in media più di 2,5
intermediazioni tra produzione e consumo finale. In Italia solo il 9% delle filiere si
caratterizza per una catena “corta”, il 44% da più di 2 passaggi, mentre il 15% registra la
presenza di 4 o 5 intermediari. Secondo Berger (2005) in alcuni casi si arriva anche a 7-8
passaggi. Di conseguenza i prezzi finali oltrepassano del 294% i prezzi alla produzione,
generando un ricarico medio che può superare l’80% del prezzo finale.
Nel caso della pasta, per esempio, l’AGCM ha accertato che le principali aziende produttrici, per difendersi
dagli aumenti del prezzo della semola e della farina del 2007, concordavano incrementi minimi dei prezzi di
listino, riuscendo così a trasferire una parte dei costi maggiore di quella che avrebbero potuto trasferire senza
restringere la concorrenza. Quest’operazione è stata denominata “cartello della pasta” ed è stata sanzionata per
12 milioni di euro.
10
17
Le difficoltà del caso italiano non risiedono solo nella presenza di troppe fasi di
intermediazione, ma anche nell’inefficiente sistema infrastrutturale, che comporta
l’aumento dei costi sostenuti per l’acquisizione di prodotti e servizi offerti da imprese
esterne alla filiera agroalimentare: trasporto, logistica, energia, acqua.
Tabella 1.1: Ricarico medio in relazione alla lunghezza della filiera
Fonte: AGCM (2005)
La svolta della qualità
A partire dagli anni Settanta, gli effetti della Rivoluzione Verde sono stati sempre più
chiari. Ciò ha comportato diversi cambiamenti nel panorama agroalimentare. Le crisi
petrolifere e una serie di scandali di alterazioni alimentari, dovuti alla scarsa trasparenza
della filiera (Pansa, 1972), hanno modificato i modelli di consumo che si sono sviluppati
nella direzione del “quality turn” (Goodman, 2003; Goodman e Dupuis, 2002). A partire
da quegli anni si è affermata sempre più la critica nei confronti del paradigma della
modernizzazione (Van der Ploeg, 2006; 2008) dando luogo alla nascita di diversi
movimenti ambientalisti/biologici in tutto il mondo. Tali movimenti contrappongono alla
produzione intensiva quella biologica, con l’intento di attutire gli effetti delle ricadute
negative sull’ambiente, sulla società e sulla qualità degli alimenti.
Sono nati movimenti di produttori e consumatori che, in maniera distinta dal modello
standardizzato, hanno creato una rete di distribuzione di prodotti biologici tramite botteghe
specializzate di piccole e piccolissime dimensioni (Brunori et al., 1988; Miele, 2001). In
breve tempo il movimento biologico, ha sviluppato reti nazionali e internazionali che
hanno trovato spazio anche nel mondo politico con la nascita dei “partiti verdi”11.
Partito verde (o partito ecologista) è un partito politico organizzato sulla base dei principi che includono la
giustizia sociale, il ricorso di base della democrazia, la non violenza, e il supporto per le cause dell'ambiente. I
partiti verdi sostengono che l'esercizio di questi principi siano la guida per la salute del mondo.
(http://it.wikipedia.org/wiki/Partito_verde).
11
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Gli anni Ottanta si caratterizzano per il crescente aumento dell’attenzione verso i
temi ambientali anche grazie al lavoro di Vandana Shiva. Nel 1980, la studiosa indiana ha
pubblicato il libro Rivoluzione del filo di paglia che mette in discussione l’operato delle
maggiori istituzioni regolatrici a livello internazionale come l’Organizzazione Mondiale
per il Commercio (WTO), la Banca Mondiale, o il Fondo Monetario Internazionale (FMI)
e le imprese transnazionali della chimica e dell’alimentazione. Ha, inoltre, proposto un
paradigma e una realtà alternativi a quelli dominanti. Di recente la Shiva ha reso esplicito
il legame tra monocoltura e potere di mercato: “le monoculture si diffondono non perché
permettono di produrre di più, ma perché permettono di controllare meglio. L’espansione
delle monoculture dipende dalla politica e dal potere più che dai sistemi biologici della
produzione”. Spiccano dunque sempre più, agli occhi dell’opinione pubblica, le gravi
conseguenze dell’inquinamento dovuto alla produzione dei componenti chimici in
agricoltura. I consumatori divengono più esigenti anche in seguito ai disastri di Bophal
(1984) e Chernobyl 12 del 1986. La pressione della nicchia del biologico si fa più
competitiva, l’offerta di prodotti biologici si specializza e si diversifica con un modello di
business basato su piccole produzioni di alta qualità con prezzi più alti rispetto alla media
(Brunori et al., 2013). In Italia nascono le prime associazioni in favore dell’agricoltura
biologica (vedi Slow Food13), ma anche iniziative imprenditoriali su larga scala che
vedono nell’aumento della domanda un’occasione di business. Avanza così la visione della
campagna come arena di consumo per consumatori di nicchia (Marsden, 1995; Ray, 2003)
accompagnata da una crescente globalizzazione della filiera del cibo (Murdoch, 2000;
Bonanno et al., 1994; Higgins e Geoffrey, 2005; McMichael, 2004).
Negli anni Novanta sono stati introdotti gli Organismi Geneticamente Modificati
(Renting et al, 2003) e si sono verificati numerosi allarmi alimentari (BSE14, diossina nei
polli e nel latte, malattia del piede e della bocca di bovini e suini, ecc), che hanno messo in
discussione la fiducia dei consumatori. In seguito a questi eventi, i consumatori sono
diventati dunque più esigenti nelle loro richieste. La domanda si segmenta: alcuni
Tutt’oggi il numero di morti direttamente e indirettamente associate al disastro è oggetto di discussione, si và
dalle 40.000 del rapporto ufficale delle agenzie dell’ONU agli oltre 6 milioni secondo il rapporto di Greenpeace.
12
Slow Food è un’associazione, fondata da Carlo Petrini nel 1986, che promuove “l'interesse legato al cibo come
portatore di piacere, cultura, tradizioni, identità, e uno stile di vita, oltre che alimentare, rispettoso dei territori e
delle tradizioni locali”. (www.slowfood.it).
13
La causa dell’encefalopatia spongiforme bovina (BSE, ossia Bovine Spongiform Encephalopathy), meglio nota con il
nome di “mucca pazza”, è stata imputata all'uso delle farine animali come supplemento proteico
nell'alimentazione dei bovini. Lo scandalo ha avuto un’importante risonanza mediatica e ha portato la comunità
europea a rivedere la regolamentazione nella produzione di farine destinate all'alimentazione animale.
14
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ricercano prodotti più compatibili con i nuovi ritmi domestici (Halweil, 2002); altri si
orientano verso prodotti a basso costo; altri verso la ricerca di prodotti rispettosi
dell’ambiente15 e dei diritti umani16. Questi ultimi sono orientati a integrare nelle scelte
alimentari la ricerca di una soluzione ai problemi socio-economico-politici legati al
sistema agro-alimentare dominante. L’emergere dei ‘movimenti del cibo’17 da ulteriore
spazio alla diffusione delle produzioni rispettose dell’ambiente come quelle biologiche.
Dal punto di vista dei produttori un importante evento è rappresentato dalla nascita, nel
1993, del movimento internazionale ‘Via Campesina18’ che raggruppa le organizzazioni
contadine di svariate parti del mondo, con l'obiettivo principale di promuovere politiche
agricole e alimentari solidali e sostenibili.
In questi anni la filiera biologica si avvia verso la costruzione di reti commerciali e
supermercati dedicati esclusivamente al biologico e si cominciano a registrare i primi
investimenti della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) in questo settore. L’esito di
questo processo è stato definito ‘convenzionalizzazione del biologico’19, che secondo
alcuni ha minato i valori alla base del settore biologico stesso20 (Kirwan, 2004; Guthman,
2002). Con l’aiuto dei progressi nel settore dei trasporti, le produzioni biologiche passano
in mano alle grandi aziende e si integrano progressivamente nel sistema alimentare
sfruttando i canali distributivi della GDO. Un insieme di fattori quali le proteste dei
movimenti anti OGM, le innovazioni commerciali (carte di credito) e le politiche
15 Per esempio quelli che prediligono prodotti locali per ridurre al minimo l’inquimaneto da trasporto, a tal
proposito molti consumatori fanno riferimento ai “chilometri alimentari” (“food miles”), cioè alla distanza tra il
luogo di produzione e quello di consumo.
In tal senso, il più importante soggetto commerciale è rappresentato dal Commercio Equo e Solidale. Il
Commercio
16
Equo e Solidale è un approccio al commercio che promuove la giustizia sociale ed economica, sviluppo
sostenibile, rispetto per le persone e per l’ambiente, attraverso il commercio, la crescita della consapevolezza dei
consumatori, l’educazione, l’informazione e l’azione politica. Il Commercio Equo e Solidale promuove una
relazione paritaria fra tutti i soggetti coinvolti nella catena di commercializzazione: dai produttori ai consumatori
(Agices, Carta Italiana dei Criteri del Commercio Equo e Solidale) (www.agices.org).
Il “movimento” a cui ci riferiamo indica un insieme di gruppi, organizzazioni non governative, associazioni e
singoli individui relativamente eterogenei dal punto di vista politico e accomunati dalla critica all'attuale sistema
economico neoliberista la cui prima comparsa si ritiene comunemente avvenuta intorno al 1999 in occasione del
G8 di Seattle, con il “movimento no-global”. Il termine “movimento del cibo” è stato definito da Kloppenburg
et al. (2000) come “uno sforzo collaborativo per costruire un’economia alimentare auto-sufficiente a livello locale – in cui la
produzione, la trasformazione, la distribuzione e il consumo del cibo sono attività integrate nell’obiettivo di migliorare la salute
economica, ambientale e sociale di un determinato luogo”.
17
18
Sito internet: www.viacampesina.org.
19 Ci si riferisce al problema della “convenzionalizzazione” che ha interessato l’agricoltura biologica e che sta
coinvolgendo anche il sistema delle produzioni tipiche e locali, dal momento che gli inquadramenti istituzionali
e/o politici di riferimento appaiono inadeguati e favoriscono un processo di erosione delle caratteristiche
peculiari di questi sistemi (Buck et al., 1997; Guthman, 2004; Moore, 2004; Brunori et al., 2007).
20 Alcuni autori hanno interpretato quest’evoluzione come un processo di “appropriazione” di significati e valori
da parte di realtà diverse da quelle originarie che hanno definito gli stessi.
20
commerciali, come i sussidi, previsti dal WTO e dalla PAC, danno un’ulteriore spinta allo
sviluppo delle filiere lunghe in tutto il mondo (Gardner et al, 2004). I concetti di locale e
biologico diventano uno strumento di marketing, come nel caso della McDonald’s,
coinvolta nel lanciare campagna21 di valorizzazione di prodotti tipici e locali.
A fronte di questa grande espansione, è dalle stesse aziende agricole facenti parte
delle filiere lunghe che viene manifestata la crescente insostenibilità, soprattutto
economica, del sistema della Grande Distribuzione e del sistema produttivistico
dell’agricoltura. Le critiche vengono recepite dall’UE a partire dal 1992 (Riforma Mc
Sharry) con l’introduzione del secondo pilastro della Politica Agricola Comunitaria (PAC),
la Politica di Sviluppo Rurale. Nell’ambito di una riflessione di ampio respiro sulle sfide
poste dal processo di allargamento dell’Ue, nel documento “Agenda 2000” (1999) si
riconosce la necessita di andare verso un nuovo modello di sviluppo dell’agricoltura.
La rinascita della filiera corta
In risposta alla convenzionalizzazione e alle diverse crisi finanziarie succedutesi
nell’ultimo decennio, i movimenti biologici si sono evoluti orientandosi verso istanze di rilocalizzazione e ri-socializzazione del prodotto alimentare con l’obiettivo di reintegrare i
valori del movimento biologico originale (Buck et al., 1997; Guthman, 2004; Lockie e
Lyons, 2006; Fonte, 2008; Fonte e Agostino, 2008). Oltre alla sovranità alimentare22,
questi movimenti organizzati focalizzano la loro azione sui temi della sostenibilità, del
localismo e dello sviluppo rurale. Nasce così quello che è stato definito il movimento postbiologico (Moore, 2006) mosso dallo spirito del consumo critico (o consumerismo) che
rifiuta le scelte di acquisto basate sulle sole considerazioni economiche, integrando visioni
altruistiche volte a evitare le disuguaglianze (Tosi, 2006).
Il
movimento
post-biologico
raggiunge
l’apice
della
critica
verso
la
modernizzazione, affrontando non solo questioni ambientali ed economiche, ma anche
tematiche etiche e morali. Nasce così il paradigma dell’agricoltura sostenibile
multifunzionale che valorizza le conoscenze agro-ecologiche e storico-sociali e favorisce il
mantenimento e la valorizzazione dei beni pubblici. Inoltre risponde a una nuova
La campagna, denominata “McItaly”, prevedeva la selezione di materie prime di origine nazionale.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/inbreve/2010/01/26/visualizza_new.html_1677608423.html
21
La «sovranità alimentare» è definita come il «diritto dei popoli a un cibo salubre, culturalmente appropriato,
prodotto attraverso metodi sostenibili ed ecologici, in forza del loro diritto di definire i propri sistemi agricoli e
alimentari». Definizione tratta dalla Dichiarazione di Nyéléni (Mali), al termine del Forum internazionale per la
sovranità alimentare del 2007.
22
21
sensibilità delle amministrazioni pubbliche, dei consumatori e dell’opinione pubblica e
poggia su una base produttiva composta in gran parte da piccole imprese (un segmento del
mondo della produzione rimasto, in parte, volutamente estraneo ai processi di
modernizzazione dell’agricoltura).
La filiera corta riacquista forza con i movimenti post-biologici sulla base del
concetto di ri-localizzazione che consiste principalmente nello spostamento dell’attività
economica verso imprese presenti nella zona, che sono solitamente a carattere medio,
piccolo o familiare, ma anche nel sostenere produzioni rispettose dell’ambiente e
costruendo reti di relazioni tra consumatori e produttori (Norberg-Hodge, 2005).
Si è aperta la nuova fase di ricerca del rapporto diretto tra consumatore e produttore
con iniziative che pongono l’accento sulla vendita diretta e creando le cosiddette Reti
Alimentari Alternative (Alternative Food Networks – AFN) (Marsden et al., 2000; Fonte e
Papadopulos, 2010; Renting et al, 2003; Brunori, 2007; Goodman et al., 2012; Mariani et
al., 2010).
Queste ultime non sono altro che l’espressione di nuove forme di vendita diretta. Il
rapporto diretto tra agricoltore e consumatore è stato un elemento molto importante nella
commercializzazione dei prodotti biologici sin dagli anni Novanta (Zamboni, 1993;
Santucci, 1998). Negli ultimi anni, tuttavia, si stanno arricchendo le modalità di vendita: ai
punti vendita aziendali e ai banchi in mercati si aggiungono una serie di nuove forme come
le vendite in abbonamento (box schemes o cassettoni) e i Gruppi d’Acquisto Solidale
(GAS) che, tra le altre cose, garantiscono al produttore la diversificazione e la
programmazione delle vendite minimizzando le rimanenze (Fonte e Salvioni, 2013). Le
prime caratteristiche che la vendita diretta ha messo in luce sono un migliore flusso di
informazioni tra i soggetti coinvolti che rendono superfluo il ricorso alla certificazione
convenzionale23e il risparmio dei costi d’intermediazione, con una maggiore quota di
valore aggiunto che rimane nelle mani del produttore e con un prezzo inferiore per il
consumatore (Verhaegen, 2001). Le istanze di ri-localizzazione mirano anche a contenere
l’impatto ambientale, anche se questo potenziale non è condiviso da tutti allo stesso modo
(Schonhart et al., 2008; Torquati B., Taglioni C., 2010).
La caratteristica comune della maggior parte delle AFN è di essere promosse dalla
domanda (in inglese sono dette “consumer driven”), per cui sono state ribattezzate “forme
23 Nelle AFN è frequente il ricorso alla Certificazione Partecipata (PGS – Participatory Guarantee Systems), un
sistema in cui sono coinvolti tutti gli stakeholders che è costruito basandosi sulla fiducia, sullele reti sociali e sullo
scambio di conoscenze”.(http://www.ifoam.org/about_ifoam/standards/pgs.html).
22
di co-produzione”, ovvero situazioni in cui le scelte di produzione sono condivise da
produttori e consumatori (Brunori et al, 2010). Secondo dati recenti (Federbio, 2012),
tramite questi nuovi canali di vendita le aziende agricole biologiche italiane stanno
registrando consistenti aumenti di vendite (figura 1.6).
Tali iniziative si caratterizzano anche per la capacità di creare un’azione collettiva in
grado di mantenere la sopravvivenza di forme di produzione che sono ritenute vitali per la
sostenibilità sociale, economica e ambientale delle aree rurali (Soler et al, 2010). Inoltre,
grazie all’eliminazione dell’intermediazione e alla collaborazione tra i membri del gruppo,
le AFN perseguono un obiettivo di equità, che rappresenta la possibilità di dare accesso al
consumo di prodotti biologici di qualità anche alle classi meno abbienti.
Nel prossimo paragrafo vedremo come diversi studi vedono nelle AFN la risposta al
sistema agro-alimentare reo di allontanare e separare la produzione del cibo dal suo
Figura 1.6: canali di vendita per le aziende agricole biologiche
italiane
Fonte: FEDERBIO (2012)
consumo (Venn et al., 2006).
1.1.1
Forme di filiera corta
Data la moltitudine di esperienze che sono state attivate nel mondo, nel presentare le
principali forme di filiera corta non vi è lo scopo di essere esaustivi. Tali esperienze
differiscono tra loro in primo luogo per i soggetti che le promuovono.
Prevalentemente si tratta di consumatori o produttori che adottano le diverse
tipologia in risposta all’insoddisfazione di un sistema distributivo di tipo industriale che ha
23
deluso le aspettative (Sonnino e Marsden, 2006; Raffaelli et. al., 2009). Le iniziative sono
il frutto dell’auto-organizzazione dei gruppi che definiscono il loro operato nel rispetto di
determinati e condivisi principi. Non mancano casi in cui i promotori sono esterni dalla
filiera e vedono nel riavvicinamento tra produzione e consumo la possibilità di creare
proficue attività.
Inoltre, le varie forme di filiera corta si differenziano per lo spirito che anima la loro
creazione. Le attività mosse dai consumatori sono nate prevalentemente con lo scopo di
garantire accesso ai prodotti biologici a un giusto prezzo; in seguito si è aggiunto anche
uno scopo più politico, volto a supportare le realtà agricole locali private del potere
contrattuale dal mercato (Van Der Ploeg 2000). Le iniziative dei produttori hanno
generalmente l’obiettivo di permettere la sopravvivenza delle piccole aziende agricole. Le
aziende coinvolte sono solitamente a carattere familiare e, ristabilendo un rapporto diretto
con la propria domanda, riottengono un certo grado di indipendenza e autonomia rispetto
alle politiche pubbliche, percependo un reddito maggiore. È comprensibile che tali
esperienze siano nate prima nei paesi industrializzati, dove il mercato è maggiormente
strutturato e dove i problemi legati all’industrializzazione dei processi agricoli sono più
tangibili che altrove.
I Farmers’ Market
Farmers’ Market (FM) significa letteralmente “mercati dei contadini” o “mercati
contadini” e si tratta di una delle forme di filiera corta promosse soprattutto da associazioni
di agricoltori. I Farmers’ Market si svolgono spesso in aree riqualificate delle città, in cui
gli agricoltori stessi si recano, generalmente una o due volte a settimana, per montare i
propri banchi e vendere i prodotti disponibili a seconda della stagione (Marino &
Cicatiello, 2012). Lo sviluppo di questi mercati in Europa si deve soprattutto alla presenza
di attività tradizionali locali che rivendicano un concetto di qualità basato sulla
sostenibilità e sul benessere animale (Sonnino & Marsden, 2006; Ilbery & Maye, 2005).
Questi mercati sono frequentati abitualmente da consumatori residenti nelle aree limitrofe
al mercato. I Farmers’ Market non comprendono solo agricoltori, ma anche piccole
aziende di artigianato o di abbigliamento, che utilizzano tecniche rispettose dell’ambiente
e materiali naturali, riciclabili o riciclati.
Il primo mercato contadino è stato organizzato in Canada nel 1780. In seguito, nel
1973 è stato fondato l’Ontario Farm Fresh Marketing Association (OFFMA),
un’associazione proprio con lo scopo di coordinare le varie esperienze di mercati degli
24
agricoltori. Questi ultimi si sono sviluppati a partire dagli anni Novanta negli Stati Uniti,
dove la biologicità e la località dei prodotti erano considerati una filosofia di vita già da
diversi anni. Il fenomeno ha guadagnato popolarità dopo l’attenzione dei consumatori
verso la qualità (Vecchio, 2009) e costituisce, oggi, una realtà consolidata negli Stati Uniti.
I dati dell’United States Department of Agriculture24 (USDA) contano 4.385 mercati attivi
sul territorio nazionale nel 2006, con una crescita quasi del 150% dalle 1.755 unità nel
1994 (anno del primo censimento). Dal 200025 i mercati contadini rappresentano una
forma diffusa che coinvolge oltre 2.760.000 consumatori ogni settimana. In Europa il
fenomeno è più recente: in Gran Bretagna i primi mercati furono inaugurati negli anni
Novanta e oggi, secondo i dati della National Farmers' Retail & Markets Association
(FARMA)26, se ne contano oltre 550 per un giro d’affari di oltre 300 milioni di euro.
L’Italia è probabilmente il paese europeo più ricco di queste iniziative. I mercati dei
contadini sono organizzati prevalentemente da associazioni quali Coldiretti27, Slow Food,
AIAB28 e associazioni libere di produttori. L’esperienza più diffusa è quella rappresentata
dai mercati della Fondazione Campagna Amica29 di Coldiretti con oltre mille iniziative
sparse su tutto il territorio. La Fondazione organizza i mercati (“Mercati di Campagna
Amica”, MCA) al fine di “promuovere l’estensione capillare dei mercati degli agricoltori e
di ogni formula di vendita diretta” per valorizzare le produzioni locali e rispondere alla
crescente domanda di cibo genuino.
Ai MCA partecipano agricoltori associati, di solito operanti nella stessa regione in
cui è ospitato il mercato, che vendono direttamente le proprie produzioni. I produttori sono
tenuti al rispetto di un regolamento/disciplinare che prevede, tra l'altro, il controllo dei
prezzi massimi praticati, secondo quanto stabilito da un accordo quadro con le principali
Associazioni di Consumatori italiane. Nei MCA i produttori accreditati, secondo le regole
stabilite dal regolamento/disciplinare, si impegnano a garantire in modo trasparente un
risparmio di almeno il 30% rispetto ai prezzi dei prodotti confrontabili comunicati tramite
24
Sito internet: http://www.usda.gov
Payne T. (2002), U.S. Farmers Markets-2000, A Study of Emerging Trends, U.S. Department of Agriculture,
Agricultural Marketing Service, Transportation e Marketing Programs, Marketing Services Branch.
25
26
Sito internet: www.farmersmarkets.net
27
La Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti (Coldiretti) è la maggiore associazione di rappresentanza e
assistenza dell'agricoltura italiana. Sito internet: http://www.coldiretti.it
28
L’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (AIAB) è una associazione di produttori, tecnici e cittadiniconsumatori. Sito internet: www.aiab.it
29
Sito internet: www.campagnamica.it.
25
"SMS consumatori". I produttori si impegnano altresì a garantire la provenienza, la
tracciabilità, la qualità e la salubrità dei prodotti in vendita.
Aderendo al progetto gli agricoltori hanno la possibilità di apporre il marchio di
riconoscimento “Campagna Amica”30, che contraddistingue il prodotto agricolo “cento per
cento italiano firmato dagli agricoltori”. I prodotti così tutelati sono offerti attraverso
un’estesa rete commerciale nazionale sotto diverse forme. La Fondazione, infatti, non si
limita all’organizzazione dei mercati, ma affianca a questi anche punti vendita in città,
(chiamati “Botteghe di Campagna Amica” o “Botteghe italiane”), presso cooperative,
consorzi agrari, agriturismi, aziende agricole, coinvolgendo inoltre la rete della
ristorazione a chilometri zero e dei Gruppi di Acquisto Solidali.
I Box Schemes
Il Box Schemes è una forma distributiva organizzata dall’agricoltore che si occupa
del rifornimento di prodotti agricoli stagionali (solitamente biologici) per un gruppo di
consumatori convenzionati, i quali accolgono la merce direttamente in casa o al lavoro.
Questo servizio viene proposto spesso sotto forma di abbonamento settimanale,
quindicinale o a richiesta. Ciò che viene recapitato a casa dell’acquirente è il cosiddetto
“cassettone” (o box), la cui composizione è definita in base alla disponibilità. Per offrire
una combinazione di prodotti più appetibile, le aziende agricole sono spinte a cooperare in
forma associata o fondando cooperative vere e proprie. Talvolta la produzione aziendale, o
di cooperativa, può essere integrata con prodotti importati che rispettino determinate
caratteristiche. Solitamente quando vi è un’ampia disponibilità di scelta, i consumatori
possono scegliere le quantità e la composizione del loro “cassettone”. I vantaggi maggiori
per il consumatore sono legati alla freschezza, alla qualità, alla varietà e alla consegna a
domicilio, oltre a un ritrovato contatto diretto col produttore. Gli svantaggi sono collegati
al costo che può essere alto per via della consegna a domicilio. Questa forma di
distribuzione è molto popolare negli USA, in Canada e nel Nord Europa. In Gran Bretagna
la Soil Association ha indicato che il fatturato delle iniziative di box schemes
corrispondeva a oltre 174 milioni di sterline nel 2012, con un aumento del 4,4% rispetto
all’anno precedente. In Italia, Bio bank (2013) ha censito 130 aziende che praticano
vendita online di prodotti aziendali con un incremento del 20%. Una crescita che si
inserisce a pieno titolo in quella più generale della vendita diretta che nel 2012 è
30
Il
regolamento
d’uso
del
marchio
www.campagnamica.it/pagineCA/Documents/PUNTI_CHIAVE.pdf.
26
è
scaricabile
al
link:
aumentata del 4,9%. La maggior parte delle aziende propone esclusivamente la vendita di
prodotti biologici. Al primo posto in assoluto è la Toscana, con 18 siti (13,8%), seguita
dalla Puglia, con 16 (12,3%) e dalle regioni Emilia-Romagna e Sicilia, allineate su 15 ecommerce (11,5%). Dal 2004 opera su Roma "Officinae Bio", una Cooperativa di 12
aziende agricole biologiche certificate. L’offerta consiste in un "Cassettone Bio" da 4,5 o 9
kg di frutta e verdura di stagione venduta a prezzo fisso. La maggior parte sono aziende
del territorio laziale, ma i prodotti come agrumi o mele provengono da soci di regioni più
vocate (Toscana e Calabria).
I Gruppi di Acquisto Solidale
I Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) sono gruppi di consumatori che si riuniscono
per acquistare prodotti direttamente dagli agricoltori (generalmente piccole imprese) e che
si basano sui principi del consumo critico. Questa forma di filiera corta si distingue per
l’alto grado di partecipazione e coinvolgimento da parte dei cittadini, che si riappropriano
della loro sovranità alimentare e definiscono i modi e i principi con cui condividere
quest’esperienza. Lo scopo primario è quello di accorciare la filiera e generare un prezzo
giusto, rendendo i prodotti biologici più accessibili di quanto non lo siano nelle catene
tradizionali. Ma il loro scopo è anche politico e mira alla creazione di occupazione, alla
tutela dell’ambiente, all’incremento delle relazioni sociali e dei movimenti locali. Il
principio fondamentale è quello della solidarietà in base al quale i consumatori
prediligono fornitori che devono essere piccoli, per non concentrare il potere economico
nelle mani delle grandi aziende e locali, per poter avere contatti diretti.
Inoltre si cerca di seguire i criteri di rispetto dell’uomo, sia per quanto riguarda le
condizioni dei lavoratori che per la salute dei consumatori, e rispetto dell’ambiente, in
quanto prodotti e produttori non devono generare troppo inquinamento e devono limitare il
consumo delle risorse naturali31.
Di solito, gli agricoltori effettuano una consegna settimanale in un luogo prestabilito,
in cui gli aderenti si recano per ritirare la loro spesa. I GAS possono prevedere la stipula di
accordi duraturi con i produttori, tanto da organizzare riunioni periodiche, attività
collaborazione nei confronti degli agricoltori, ricerca di lavoratori, risoluzione di problemi,
sistemi di aiuto in caso di perdite di prodotto e sistemi di finanziamento anticipato. I GAS
organizzano riunioni con i partecipanti anche per raccogliere feedback dei prodotti che
31
ibidem, p.67.
27
hanno comprato e per decidere la politica de seguire. Essi hanno inoltre un ruolo
significativo poiché trasmettono la cultura del cibo e possono contribuire a modificare le
abitudini alimentari delle famiglie che vi partecipano.
I consumatori così riuniti, possono esercitare una critica di massa32 che li porta a
ottenere uno sconto nei confronti degli agricoltori, ma allo stesso tempo li sostiene nel
passaggio alle tecniche produttive biologiche.
Vendita diretta in azienda
Questa forma di vendita è tra le modalità più diffuse e forse più antiche. Si tratta di
istituire lo spaccio dei prodotti dell’azienda presso la sede dell’azienda stessa. È
un’iniziativa dei produttori che comporta diversi vantaggi come il risparmio del tempo
connesso agli spostamenti al di fuori dell’azienda, l’eliminazione dei costi di trasporto e di
personale, l’ampia disponibilità di prodotti, la riduzione dei rifiuti, la possibilità di offrire
ai clienti servizi accessori, come quello di trascorrere del tempo in azienda, di aumentare il
valore dei prodotti venduti, di acquistare prodotti freschi. A fronte di questi vantaggi vi
sono, tuttavia, alcuni limiti: la disponibilità dei prodotti posti in vendita (limitata a quelli
presenti sul luogo di produzione), la quantità di investimenti necessari per rendere lo
spaccio aziendale a norma di legge, la soggezione allo stato della viabilità per raggiungere
l’azienda e alla pubblicità necessaria per rendere visibile il negozio. Alcuni di questi fattori
sono attenuati dal D.Lgs. 228/2001 33 , che permette l’ampliamento della gamma dei
prodotti posti in vendita mediante l’acquisto di merci diverse da quelle che sono
disponibili in azienda. Inoltre le imprese possono organizzare uno spaccio aziendale
collettivo, realizzabile con il coinvolgimento di più aziende aventi prodotti complementari.
Questa modalità consente di offrire ai clienti un’ampia scelta di prodotti, realizzata anche
con la collaborazione di poche aziende agricole, opportunamente scelte per la diversità
delle produzioni.
32 Il concetto di «massa critica» individua, in fisica, la quantità di materiale fissile (uranio, plutonio) necessaria a
innescare una reazione a catena, viene utilizzato per analogia dalla nuova cultura emergente per indicare un
processo di cambiamento sociale indotto da una minoranza attiva quando raggiunge un certo grado di
numerosità o di intensità. Raggiunto questo grado, la pratica si diffonde come una reazione a catena a tutta la
comunità. L’antropologa statunitense Margaret Mead scriveva: «Non dubitate che un piccolo gruppo di cittadini
coscienti e risoluti possa cambiare il mondo. Questo infatti è quanto è sempre successo» (Nitamo Montecucco,
2009).
33
Sito internet: http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/01228dl.htm
28
La coltivazione diretta
Questa forma di filiera corta coinvolge direttamente i consumatori che possono
lavorare la terra e contribuendo alla coltivazione dei prodotti che in seguito consumeranno
a casa. Questa forma di approvvigionamento si è diffusa negli USA durante gli anni della
grande depressione, quando gli agricoltori, non riuscendo ad ottenere un prezzo
convenevole per ripagare il lavoro, aprirono le porte ai consumatori per cercare aiuto e
collaborazione. La coltivazione diretta da vita a nuove forme di convivialità che si
istaurano dal momento in cui si lavora collettivamente. I consumatori ritrovano un contatto
diretto con la terra e instaurano relazioni sociali durature. Alcune associazioni o aziende
agricole offrono gratuitamente spazio e informazioni in cambio di piccole parti del
raccolto oppure chiedono un pagamento fisso, mensile per esempio. Altre aziende invece
si occupano della coltivazione, delegando al consumatore il compito di selezionare e
raccogliere i prodotti.
Orti urbani
Per orti urbani si intendono delle aree che si trovano all'interno dei centri abitati e
che vengono destinate alla coltivazione di frutta e verdura. La loro presenza permette ai
residenti di cibarsi in modo sano e genuino, e favorisce lo sviluppo di un'economia etica e
solidale. Gli orti cittadini sono considerati un valido strumento di aggregazione sociale,
oltre che di riqualificazione urbana. Gli effetti positivi risiedono, infatti, anche
nell’aumento di aree verdi, nel conseguente miglioramento della qualità dell’aria, nella
riqualificazione di aree degradate, nel limitare il consumo di suolo (in particolare quello
agricolo delle fasce periurbane), e nella valorizzazione del paesaggio attraverso le attività
agricole. Secondo gli ultimi dati di Italia Nostra (2013), gli orti urbani occuperebbero
un'estensione di oltre 500.000 metri quadrati, ma si stima che in realtà siano molti di più.
Sono in crescita anche le iniziative istituzionali che si occupano di ciò. Nel Giugno 2013
sono stati assegnati a Milano 171 orti urbani; lo stesso è avvenuto a Roma con
l’assegnazione di 33 orti nel quartiere Garbatella.
Altre forme
Il fenomeno dell’agricoltura locale è tuttavia molto variegato e si possono includere
nella sua pertinenza anche attività per il recupero delle eccedenze di produzione. A tale
29
proposito ci sono le Banche del Cibo, come la fondazione Banco Alimentare34, che si
occupano di recuperare le eccedenze alimentari della produzione agricola e industriale per
distribuirli a strutture caritative sparse sul territorio. In Italia esiste anche una società spinoff denominata Last Minute Market 35 , nata nel 1998 come attività di ricerca, che
promuove il riutilizzo dei prodotti scartati dalla grande distribuzione. L’attività è
soprattutto volta all’organizzazione logistica delle donazioni/ritiri tenendo sotto controllo
gli aspetti nutrizionali, igienico-sanitari, logistici e fiscali. Infine esistono movimenti
indipendenti come il Freeganism36 che recupera le eccedenze alimentari per un consumo
privato; mense scolastiche, dove viene privilegiato il consumo di generi alimentari lavorati
direttamente sul territorio o reperiti in base al principio del minor numero di passaggi tra
produttore e consumatore, con migliori garanzia di mantenimento delle caratteristiche
organolettiche grazie al breve tempo di trasporto. Anche programmi di nutrizione e
politiche agricole possono rientrare nel computo delle filiere corte.
1.2 Le reti alimentari alternativ e nella letteratura scientifica
L’affermarsi delle diverse forme di filiera corta ha suggerito agli studiosi diverse
definizioni tra cui “alternative”, “locali”, “civiche”, “sostenibili”, “nuove”, “brevi”
(Murdoch et al., 2000; Renting et al., 2003). In Italia vengono tutte chiamate comunemente
con il nome di “filiera corta”. In generale la letteratura sull’argomento mette in evidenza
come si tratti di un approccio alla filiera agroalimentare basato su una metrica nuova: non
più quella della produzione di massa, ma quella dello sviluppo sostenibile e della
multifunzionalità (Morgan e Morley, 2002; Feagan e Morris, 2009; Aguglia, 2009;
Kirwan, 2004; Ilbery et al., 2004; Fonte e Papadopulos, 2010; Holloway e Kneafsey, 2004;
Brunori, 2007), in cui le attività produttive tornano a rapportarsi con le risorse - umane,
sociali, ambientali, culturali, istituzionali - dei territori (Renting et al., 2003; Watts et al.,
2005; Renting et al., 2008; van der Ploeg e Marsden, 2008).
L’aspetto centrale è dato dalla volontà di ri-spazializzare, ri-socializzare ma
soprattutto ri-localizzare il cibo attraverso relazioni dirette, credibili e autentiche che si
creano tra produttori, consumatori e cibo (Marsden et al. 2000; Renting et al. 2003; Arce e
Mardsen, 1993; Watts e Goodman, 1997; Murdoch et al., 2000; Hendrickson e Hefferman,
2002).
34
Sito internet: http://www.bancoalimentare.it/
35
Sito internet: http://www.lastminutemarket.it/
36
Sito internet: http://freegan.info/
30
Tale nuovo sistema ha la caratteristica di attribuire al cibo un valore addizionale
rispetto a quello di bene alimentare. Un valore che incorpora anche quello di
identificazione con il territorio, migliori relazioni sociali, riduzione dell’inquinamento e
solidarietà nei confronti dei piccoli produttori (Goodman e DuPuis, 2002; Sini 2009).
Aspetti che vanno ad abbracciare anche considerazioni politiche (Holloway e Kneafsey,
2000; Lockie e Kitto, 2000; Hinrichs, 2000; Guthman, 2002; Goodman e DuPuis, 2002;
Renting et al., 2003; Goodman, 2003; Brunori, 2006) e del rispetto dell’ambiente e della
salute (Whatmore e Thorne, 1997).
Dal punto di vista economico, alle filiere corte viene riconosciuto il merito di
redistribuire il potere contrattuale lungo la filiera, in particolare verso i piccoli produttori
agricoli i quali hanno la possibilità di riposizionarsi rispetto ai processi di globalizzazione
del sistema agroalimentare (Gilg e Battershill, 1998; Goodman 2003). La ri-localizzazione
emerge come processo per contrastare la compressione dei prezzi (van der Ploeg, 2000)
sfruttando alcuni meccanismi per riottenere potere contrattuale: l’aumento del valore
aggiunto per unità di prodotto, la diversificazione dei canali di vendita a livello territoriale
e la riorganizzazione dei processi produttivi sulla base della valorizzazione delle risorse
interne (van der Ploeg, 2003).
In seno alle iniziative di filiera corta, inoltre, si è animato sempre più il sul prezzo
giusto dei prodotti agricoli, che non deve solo integrare costi tradizionalmente inclusi
dall’analisi economica, ma anche valori incorporati nel prodotto e nei servizi, come la
conservazione delle risorse naturali, il rispetto per la dignità dei lavoratori, conservazione
della biodiversità e delle conoscenze tradizionali, etc.
Il concetto di località
Riguardo alla diffusione dei movimenti per il cibo locale, recentemente il dibattito
sulle reti alimentari alternative si è focalizzato sulla dimensione territoriale delle filiere
corte. L’IAASTD (2009) ha riconosciuto che il sistema del cibo globale è economicamente
insostenibile, ma non tutti sono convinti che la ‘località’ sia la soluzione migliore. La
‘località’ è intesa sia in termini di distanza, ricollegando consumatori e produttori nello
stesso luogo, sia in termini di metodi di produzione tradizionali e a basso impatto (Fonte,
2008). Il movimento per il cibo locale considera il prodotto autoctono intrinsecamene
migliore rispetto alla sostenibilità ecologica, alla giustizia sociale, alla democrazia, alla
qualità degli alimenti o alla sovranità alimentare (Hinrichs, 2000, 2003; Allen et al. 2003;
Ilbery et al., 2005; Kirwan, 2004; Holloway et al. 2007; Goodman et al. 2011; DeLind
31
2011). Alcuni ammoniscono che questa visione può incorrere nella “trappola del locale”
(Born e Purcell, 2006), e trascura aspetti come la distribuzione del potere lungo la filiera,
allontanandosi dal concetto di ‘buono, pulito e giusto’ 37 (Hinrichs, 2000), oppure
trascurare la diversità e il pluralismo culturale (DeLind, 2011). Altri autori richiamano la
necessità di condurre una completa analisi delle cause (Allen e Wilson, 2008) o di
effettuare una disamina completa sul ciclo di vita delle produzioni. Goodman et al. (2011)
invocano invece un approccio più riflessivo ai movimenti per la localizzazione. Sia in
termini ambientali che economici, le produzioni locali non sempre sono efficienti,
soprattutto in fase di trasporto (Schonhart, 2008) dato che possono addirittura arrivare a
inquinare di più (Standage, 2009). Secondo questa linea di pensiero, solo un'analisi del
ciclo di vita del cibo può offrire un'accurata valutazione del volume totale delle emissioni
di gas serra, per cui la distanza rappresenta un fattore superabile38.
In seguito alle diverse critiche, Holloway et al. (2007) e Seyfang (2006;2009) hanno
elaborato degli schemi interpretativi multidimensionali per analizzare le AFN. Holloway
ha superato il dualismo tra sistema convenzione e alternativo per soffermarsi sulla natura
multidimensionale della relazione tra produttori e consumatori, mentre Seyfang ha
elaborato un quadro teorico dove la località è solo una delle cinque dimensioni alla base
del consumo sostenibile (sostenibilità ambientale, costruzione di comunità, azione
collettiva, costruzione di un nuovo sistema di approvvigionamento alimentare).
Per ‘localizzazione’ Seyfang intende un processo verso una economia locale più
auto-sostenibile (l’accorciamento delle catene di offerta, l’acquisto di prodotti locali, il
rafforzamento dell’economia locale). La sostenibilità ambientale implica la diminuzione
dell’impronta ecologica, la riduzione dell’uso delle risorse, la scelta di prodotti e servizi
meno intensivi nell’uso di energia, l’adozione di uno stile di vita sobrio. La “costruzione di
comunità” si manifesta nelle reti di sostegno e solidarietà sociale, nella crescente
partecipazione e nella condivisione di idee e esperienze, nello scambio gratuito di lavoro e
di competenze che rafforzano il carattere inclusivo delle relazioni sociali. L’azione
collettiva rende possibile controllare le proprie scelte di consumo, cambiando il contesto e
Lo slogan ‘buono, pulito e giusto’ indica un nuovo concetto di qualità alimentare lanciato da Slow Food
(http://www.slowfood.it) nel suo Manifesto. Le tre parole rappresentano gli elementi di riferimento per costruire
una via virtuosa che tutti i soggetti della filiera alimentare (da chi produce fino a chi consuma) dovrebbero
seguire.
37
38 Per esempio per le emissioni di CO2, recenti calcoli della Lincoln University dimostrano come la carbon footprint
dell’agnello prodotto in Nuova Zelanda e consumato in Inghilterra sia nettamente inferiore a quella della
produzione inglese, anche tenendo conto dei trasporti (Standage, 2009). Secondo i dati pubblicati, il trasporto
incide soltanto per l’11% sull’energia consumata nella filiera produzione-consumo, a fronte del 26% delle
lavorazioni e del 29% della cottura.
32
le norme sociali. Infine costruire nuove infrastrutture è necessario per stabilire nuove
forme di scambio tra persone e comunità, sulla base dei nuovi valori alla base della
cittadinanza ecologica (Salvioni e Fonte, 2013).
La cornice concettuale multidimensionale di Seyfang è una guida utile per esplorare
le nuove pratiche di consumo alimentare. I nuovi valori a esse connessi vanno in una
prospettiva olistica di consumo sostenibile, in cui ridurre l’impronta ecologica e rafforzare
le economie locali sono parte integrante di un processo più complesso di ri-socializzazione
e ricostruzione dei ‘luoghi’ e delle comunità (Hinrichs 2000; DeLind 2011). Il concetto di
‘locale’, in questo caso, non è solo identificato dal luogo geografico ma anche dai metodi e
dalle conoscenze tradizionali necessari per produrre un cambiamento che sia in grado di
stabilizzarsi e contagiare il regime dominante (Jasanoff e Martello 2004: 14).
Cittadinanza alimentare e cittadinanza ecologica
Dal punto di vista del coinvolgimento attivo dei cittadini, Lamine (et al., 2012)
propongono di abbandonare il termine ‘reti alimentari alternative’ e di chiamarle invece
‘reti alimentari civiche’ (Civic Food Networks-CFN) per sottolineare la peculiarità
“consumer-driven”. Sotto il profilo della cittadinanza si parla di un nuovo concetto dove
tutti gli attori sono chiamati a fare comunità e rete, sostenendosi l’un l’altro. Invece che
essere visti come operatori economici indipendenti, produttori e consumatori, collaborano
come cittadini in un ottica di cooperazione, sostenibilità e solidarietà (Lamine et al., 2012).
La conoscenza e consapevolezza intorno ai temi legati al cibo, diverrebbe una sorta di
trampolino di lancio per riappropriarsi del ruolo autonomo e attivo all’interno della società
in una nuova dimensione che viene chiamata anche “cittadinanza alimentare” (food
citizenship39). Lyson, definisce l’agricoltura civica come quel “sistema organizzato a
livello locale del settore agricolo e produzione alimentare caratterizzato da reti di
produttori che sono legati tra loro dal luogo”. Con ciò l’autore sostiene che l’agricoltura
civica ha le potenzialità per trasformare le persone da passivi consumatori a cittadini
alimentari attivi. Così il concetto di cittadinanza alimentare aiuta a definire quello di filiera
corta ed è appropriato per identificare il grado di coinvolgimento degli attori all’interno
della filiera. Anche Seyfang (2006) parla di cittadinanza, ma “ecologica” (ecological
citizenship) (Seyfang 2006, Dobson e Bell, 2006) attenta alle responsabilità associate ai
diritti: ad esempio il diritto a un ambiente sano, si associa alla responsabilità ecologica del
39
“Food citizenship” è un concetto nato in USA e Canda coniato da T. Lyson sotto il nome di “Civic Agriculture”.
33
cittadino consumatore. I cittadini si fanno dunque attivi nell’azione per ridurre l’impatto
negativo dei loro acquisti e dei loro consumi sull’ambiente.
Sotto un profilo istituzionale Lamine (2005) sostiene che le forme di agricoltura
locale partecipativa, possono gettare le basi per una maggiore democratizzazione delle
scelte da condividere a livello locale. Il coinvolgimento attivo dei cittadini nella ricercacostruzione di alternative indica un bisogno di impegno civico-politico e offre una forma
accessibile di cittadinanza attiva (Sassatelli, 2004).
Il riavvicinare produttori e consumatori prefigura la possibilità di creare un legame
tra le istituzioni e i cittadini non solo nel settore agroalimentare (Leng e Heasman 2004, p
262), e la crisi economica in atto ha rimarcato la necessità di un coinvolgimento dei
cittadini nella gestione della cosa pubblica.
Filiera corta e forma di governance
Il concetto di food citizenship non è limitato alle relazioni nello scambio di mercato e
nell’approvvigionamento del cibo, ma anche a nuovi modelli di governance. Un primo
esempio è la condivisione degli obiettivi della società attraverso la partecipazione civica,
promuovendo la formazione di gruppi di pressione che agiscono nei confronti della
collettività stessa e delle istituzioni per ridefinire i ruoli all’interno della società (Renting
et al., 2012). La food citizenship è una pratica in grado di promuovere lo sviluppo di una
democrazia socialmente ed economicamente giusta, oltre a sistemi agro-alimentari
sostenibili (Wilkins, 2005, p. 271). Le forme di governance basate sulla società civile,
sono oggi di crescente importanza e sono utili per comprendere le moderne dinamiche di
governance dei sistemi alimentari. Inoltre, questa tendenza si sta rinforzando e
accelerando, sia grazie all’avvento delle nuove forme di comunicazione (social network),
sia a causa della crisi.
Questi cambiamenti possono essere visualizzati a partire dal “triangolo della
governance” (figura 1.7) che distingue tra stato, mercato e società civile e traccia uno
schema dei meccanismi che spiegano il raggio di azione del comportamento umano
all’interno della società e i potenziali cambiamenti nelle forme di governance (Rhodes,
1997; Renting, 2008; Renting e Wiskerke, 2010).
Negli anni passati lo stato e il mercato sono stati i principali protagonisti nei meccanismi
di governance. Lo stato si esprime prevalentemente attraverso la regolamentazione della
res publica; il mercato tramite l’uso di meccanismi auto-regolanti tra cui i prezzi, il tasso
34
di interesse e le liberalizzazioni. Invece, la società civile si esprime, invece, attraverso la
partecipazione, l’auto-organizzazione e il controllo della democrazia.
Figura 1.7: Triangolo della governance: schema tradizionale
Fonte: Renting et al. (2012)
Applicando il triangolo della governance al sistema agro-alimentare attuale si nota
che il ruolo dello stato e del mercato è stato predominante. Il controllo indiretto delle
istituzioni democratiche tramite la partecipazione della società civile è limitato alle
organizzazioni professionali o a gruppi di interesse come sindacati, organizzazioni di
agricoltori e lobbies industriali. Il ruolo dei consumatori è stato dunque ridotto a quello di
meri compratori passivi.
Per molti anni questa struttura ha permesso il conseguimento di molteplici obiettivi,
tra cui l’aumento della produttività, la disponibilità di cibo a basso costo e la
stabilizzazione del regime fordista (Friedmann e McMichael, 1989). Il forte potere
concesso al mercato ha permesso la creazione di quello che è stato chiamato “impero del
mercato” (Hardt e Negri, 2000; Ploeg, 2008), in cui influenti aziende multinazionali hanno
il potere di scavalcare la sovranità nazionale dei paesi in cui operano per conseguire i loro
obiettivi privati.
Questo modello ha anche portato a molteplici e recenti tensioni economiche e crisi
sociali. La figura 1.8 visualizza un sistema atto a rivitalizzare e bilanciare i meccanismi di
governance verso forme di democrazia più partecipate (Renting, 2012).
Il nuovo modo di concepire la struttura relazionale tra le istituzioni e la società civile
accresce l’importanza di quest’ultima nei processi decisionali. Ciò è molto importante nei
momenti di crisi: quando lo stato e il mercato non riescono ad arrivare a nuove soluzioni,
35
Figura 1.8: Triangolo della governance: schema alternativo
Fonte: Renting et al. (2012)
la società civile può rappresentare un’importante fonte di innovazione attraverso
l’apprendimento collettivo.
Questo sistema può sembrare più complicato nel breve periodo, ma Renting et al.
(2012) sostengono che a lungo può portare alla costruzione di nuove alleanze, regole e
modelli organizzativi più sostenibili del sistema agroalimentare dominante.
Esempi in tal senso sono le strategie di governance urbane e territoriali
dell’approvvigionamento alimentare, in cui le decisioni sono prese congiuntamente dai
governi e dalla società civile (Renting 2008; Lamine et al., 2012, Derkzen e Morgan,
2012). Così facendo le amministrazioni possono aumentare la domanda di prodotti locali e
biologici (Morgan e Sonnino, 2008). La filiera corta diventa in questo caso anche uno
strumento politico in grado di supportare le istituzioni per la tutela ambientale (Aubry et
al., 2008).
36
Capitolo 2
Il Consumo Critico e i Gruppi di Acquisto Solidali
I GAS sono una realtà che prende forza dal concetto di consumo critico (Fonte e
Salvioni, 2013; CNMS, 2008 2011; Leonini e Sassatelli, 2008; Saroldi, 2002; Fonte et al,
2011, 2013; Rossi e Brunori, 2011).
Il consumo critico è una modalità di scelta di beni e servizi, che prende in
considerazione gli effetti sociali e ambientali dell'intero ciclo di vita del prodotto, e
determina gli acquisti dando a tali aspetti un peso non inferiore a quello attribuito a prezzo
e qualità. Concretamente, il "consumatore critico" orienta i propri acquisti in base a criteri
ambientali e sociali, che prendono in considerazione le modalità di produzione del bene, il
suo trasporto, le sue modalità di smaltimento e le caratteristiche del soggetto che lo
produce40
In questi contesti i consumatori superano le logiche legate alla produttività e
spostano la loro attenzione su produzioni di qualità legate al territorio. Sulla base di questo
assunto, i consumatori sono convinti che esista un modo alternativo di lavorare, produrre e
consumare, soprattutto beni alimentari, che porti a una crescita economica sostenibile a
livello sociale e ambientale (D’Allestro, 2011).
Prima di presentare il dibattito che si è articolato intorno alla questione del prezzo,
aspetto centrale di questa tesi, in questo capitolo presento due temi: in primo luogo, la
realtà dei GAS a partire dal pensiero del Consumo Critico; e la posizione della letteratura
della transizione, che prefigura per loro un ruolo di primo piano nella costruzione di un
sistema alternativo di produzione, distribuzione e consumo di prodotti alimentari.
2.1
Il consumo critico
Già il concetto di attore sociale era stato accostato a quello di consumatore
(Trentmann, 2006). Inizialmente fu posta l’attenzione sul rispetto dei lavoratori da parte
delle aziende. Infatti i movimenti di cittadini chiedevano ai consumatori di adottare delle
strategie per penalizzare le aziende che adottavano comportamenti scorretti nei confronti
dei lavoratori, premiando invece quelle che si comportavano bene acquistando i loro
40
Scheda "Consumo critico" di Unimondo: www.unimondo.org/Temi/Economia/Consumo-critico
37
prodotti (Glickman, 1997). Agli inizi del secolo scorso si svilupparono così diverse
associazioni e movimenti che avevano lo scopo di estendere il peso della loro cittadinanza
politica.
A metà degli anni Sessanta nacquero diverse associazioni in difesa dei consumatori
ottennero una serie di vittorie politiche con l’introduzione dei “diritti dei consumatori”:
sicurezza, scelta e informazione. Tramite le associazioni di consumatori si riuscì
finalmente a dare una voce comune per garantire il rispetto dei diritti. Con
l’istituzionalizzazione dei diritti dei consumatori (Sassatelli, 2003) si verifica un ulteriore
passo verso la politicizzazione del consumo.
Dagli anni Novanta in poi il consumatore ha assunto sempre più un ruolo politico
(Leonini e Sassatelli, 2008) e si sono progressivamente diffuse le pratiche di boicottaggio
dei prodotti delle multinazionali. I consumatori sono stati invitati a farsi carico degli effetti
dei loro comportamenti privati (Micheletti, 2003) con nuove forme di partecipazione
politica, che sono state denominate “consumerismo politico”, identificate come nuove
forme di “azione collettiva individualizzante”. In seguito, soprattutto dopo le conseguenze
della Rivoluzione Verde, il consumo critico si è rivolto anche agli aspetti ambientali e ha
abbracciato anche le novità rappresentate dalla globalizzazione, dall’ecologismo, dal
salutismo e da altre forme di edonismo come lo slow living, il veganesimo e il
freeganesimo.
In questa fase, il concetto del “locale”, si è affermato come reazione alla
globalizzazione e ha favorito la fuga dei consumatori dai meccanismi di consumo
convenzionale spostandoli verso consumi di ‘nicchia’. I concetti di produzione locale e
artigianale si sono affermati anche in movimenti di carattere internazionale come Slow
Food.
Negli ultimi anni questo pensiero si è evoluto verso un approccio responsabile anche
verso il settore dei servizi. Il consumo critico si può rivolgere anche all’edilizia, alla
mobilità, al settore energetico, alla finanza e al turismo. Oggi arriva a promuovere uno
stile di vita basato sull’approccio della sostenibilità sulla base di una molteplicità di
motivazioni che spingono i consumatori a interessarsi a questa pratica. Il consumo critico è
stato spesso associato a diversi concetti quali la salute, la genuinità, il rispetto
dell’ambiente (Demos-Coop, 2006), la qualità, il gusto, l’eguaglianza (in particolare per il
Fair Trade) (De Ferran e Grunert, 2005); mentre oggi si sono affacciati anche i concetti di
solidarietà, altruismo e socialità (Leonini e Sassatelli, 2008).
38
Attualmente, il lungo percorso di maturazione del pensiero del consumo critico ha
preso coscienza delle potenzialità e dei limiti dell’azione personale ed è dunque culminato
nell’attenzione alle pratiche di consumo quotidiane delle singole persone (Rebughini,
Figura 2.1: I significati del consumo critico
Benessere
Critica
Solidarietà
Sobrietà
Fonte: Leonini e Sassatelli (2008)
2006). La maggiore spinta per la nuova concezione di consumo critico è quella di sentirsi
finalmente parte di un cambiamento storico che viene portato avanti collettivamente e che
fa leva proprio sulle potenzialità strategiche dell’azione singolare (Holzer e Sorensen,
2003).
I significati del consumo critico
Non si tratta quindi di una visione idealistica e sconnessa dal mondo reale, al
contrario sembra una realtà in cui gli attori sono molto consapevoli delle loro azioni e dei
loro limiti, per questo regna un atteggiamento di prudenza (Leonini e Sassatelli, 2008). Vi
è la consapevolezza di voler contrastare un sistema molto strutturato e complesso che è
difficile da controllare in modo sistematico (Beck, 1997). Le stesse pratiche di consumo
critico sono molto frammentate e diverse tra loro; questo le rende difficili da interpretare e
mettere in atto.
Leonini e Sassatelli (2008) propongono due visioni del consumo critico: da un lato
quello limitato alle proprie azioni quotidiane sotto il profilo critico, non necessariamente
costruttivo; dall’altro quello che viene definito “Movimento dei movimenti” e che
rappresenta la comune idea di dare un contributo personale a un movimento collettivo di
cambiamento che si basa sul cambiamento delle singole abitudini di vita. A questo
39
proposito, per interpretare i significati attribuiti al consumo critico è stata proposta una
visione basata su due assi (figura 2.1).
Il primo caratterizza la dinamica delle scelte di consumo personali che devono
fronteggiare i consumatori. Si divide tra la ricerca del benessere (cura di sé, edonismo,
miglioramento della qualità della vita) e la sobrietà dei consumi, che non significano però
rinunce o austerità. Per quanto riguarda il benessere, vi è la ricerca di conciliare il
benessere fine a se stesso con quello invece caratterizzato da atteggiamenti di
responsabilità verso la società e l’ambiente. In questo contesto si apre il dibattito tra etica
ed economia, tra consumo privato e gli effetti prodotti dal consumo sulla società. Viene
quindi riconosciuta in questo campo l’importanza della coerenza e della consapevolezza
dei propri atti di consumo. Ne emerge una nuova concezione di benessere che può essere
coniugata a forme di critica sociale (Bovone e Mora, 2007; Rebughini, 2008). La sobrietà,
invece, si contrappone al benessere e richiama ad altri concetti di qualità della vita che
abbracciano tutta la sfera dei consumi (Leonini, 2000), dalle tecnologie all’alimentazione,
soffermandosi anche sul tema della socialità. Nel caso dei GAS la sobrietà rappresenta una
variabile fondamentale dalla cui applicazione dipende la capacità di cambiare la qualità
della vita nel presente (Gesualdi, 2005; Bologna et al., 2000).
Il secondo asse rappresenta l’atto politico del consumo, che caratterizza il
“Movimento dei movimenti”. È contraddistinto dalla solidarietà, da un lato, e la critica,
dall’altro. La prima rappresenta una nuova rete di relazioni in quanto fa riferimento a
concetti di responsabilità, etica, cooperazione e impegno. Questa rete si basa sul
riconoscimento del valore di tutti i soggetti coinvolti nelle pratiche di consumo e apre uno
spazio etico basato sulla reciprocità da contrapporre alle regole individualistiche del
mercato. Questo rapporto di reciprocità è alla base della determinazione del prezzo che
presentiamo nel prossimo capitolo. La tendenza verso la critica, invece, identifica quegli
atti che vanno verso concetti di sfida, sovversione, resistenza, e che hanno una forte
valenza politica. L’espressione della critica però non è fine a se stessa, ma incorpora valori
di ricostruzione che vogliono rimanere liberi da compromessi. Tale spazio è fortemente
connesso al tema dell’informazione e della trasparenza, sempre meno rintracciabile nelle
aziende che operano su mercati globali. In questo spazio emerge l’interesse per l’acquisto
locale.
Nonostante la complessità della questione non vi è una vera e propria contraddizione
in questi aspetti che mettono in atto il consumo critico (Leonini e Sassatelli, 2008).
40
I criteri
In “Guida al consumo critico” 41 sono state elencate sei pratiche su cui basare la
spesa responsabile: sobrietà, lotta ai rifiuti, consumo locale e naturale, commercio equo,
attenzione al comportamento della imprese, consumo senza crudeltà. Queste sono più che
altro delle indicazioni che invitano a porsi delle domande nell’ambito dell’acquisto di un
prodotto. I principi etici424344 si riferiscono sia all’attenzione verso le pratiche messe in atto
dalle aziende, sia alle caratteristiche dei prodotti. Nei confronti delle aziende questi
principi sono rivolti a:
-
Rispetto dei diritti dei lavoratori: sono evitate le aziende in cui non sono garantiti i diritti dei
lavoratori e che delocalizzano la produzione. L’attenzione è massima per i produttori dei paesi a
Sud del mondo per i quali è preferito l’acquisto dei prodotti equo-solidali che assicurano loro un
compenso equo.
-
Rispetto dell’ambiente: le aziende che attuano pratiche dannose per l’ambiente sono escluse in
favore di quelle che applicano criteri e certificazioni che garantiscono il rispetto dell’ambiente.
-
Aspetti finanziari: sono evitate le aziende che investono in settori speculativi o che comunque
non sono eticamente accettabili.
-
Dimensioni delle imprese: vengono preferite le aziende di piccole dimensioni, che hanno poco
potere di mercato e che hanno un legame più stretto con le tradizioni e le usanze locali. Le
imprese multinazionali sono invece evitate.
-
Boicottaggio: viene messo in pratica nei confronti di quelle aziende, soprattutto quelle
internazionali, che adottano pratiche scorrette nei confronti dei lavoratori, dei consumatori o
dannose nei confronti dell’ambiente.
Per quanto riguarda i prodotti in sé si tengono in considerazione diversi aspetti:
-
Imballaggi minimi: le consegne sono gestite per contemplare il minor numero di imballaggi. Al
massimo questi devono essere riciclabili, riciclati, biodegradabili o compostabili. Spesso viene
promosso il riciclo dei barattoli e di altri contenitori.
-
Ciclo produttivo: sono da preferire le materie prodotte con un basso impatto ambientale o
provenienti dal riciclo. Sono preferite le produzioni da energie rinnovabili e poco inquinanti.
-
Durabilità: sono preferiti i prodotti che durano nel tempo a quelli usa e getta.
-
Provenienza: la provenienza del prodotto deve essere certa, tracciabile e locale, o comunque più
vicino possibile, al fine di contenere le foodmiles, di tutelare la freschezza e di instaurare
rapporti di vicinanza con i produttori (vedi gite o aiuto nella raccolta dei prodotti).
-
Freschezza e la stagionalità: sono da preferire i prodotti freschi e di stagione per contenere
l’energia necessaria alla produzione in serra o al congelamento. Inoltre sono preferiti prodotti
41
Centro Nuovo Modello di Sviluppo (2011), “Guida al Consumo critico” , Ponte alle Grazie, Milano.
42
Francesco Gesualdi, “Manuale per un consumo responsabile” ,Feltrinelli
43
Movimento Gocce di Giustizia, “Mini Guida al consumo critico e al boicottaggio”, La Tortuga
44
www.unimondo.org/Temi/Economia/Consumo-critico
41
poco trasformati anche per promuovere la socialità e il recupero del piacere nel cucinare e
condividere.
-
Metodi di coltivazione naturali: i metodi biologici, biodinamici o naturali sono da preferire per il
fatto di essere maggiormente rispettosi dell’ambiente e delle condizioni di lavoro.
Quello del consumo critico è un pensiero che può essere portato avanti sia a livello
singolo che collettivo. A riguardo i Gruppi di Acquisto Solidali rappresentano una realtà
molto complessa dei fenomeni che costituiscono il consumo critico, apprezzabile
soprattutto se osservata da vicino. Con queste pratiche consumatori dimostrano che è
possibile conciliare il proprio benessere con l’acquisto di prodotti etici ed ecologici,
rispettosi della società. Il fenomeno dei GAS appare un mondo molto compatto anche se
presenta molte ambivalenze e contraddizioni: le sfide che si pongono sono soprattutto
quelle di costruire un sistema alternativo di approvvigionamento alimentare che prenda in
considerazione il cambiamento delle abitudini e il perseguimento del risparmio (Williams
e Paddock, 2003).
2.2 I GA S in Italia
Sin dagli anni Novanta sono iniziate a fiorire quelle attività volte a ri-spazializzare la
filiera agricola mettendo in contatto produttori e consumatori. Il primo Gruppo di Acquisto
Solidale (GAS) è nato a Fidenza nel 1994 su ispirazione del convegno tenutosi l’anno
precedente, organizzato all'Arena dai Beati Costruttori di Pace 45 dal titolo Quando
l'economia uccide...bisogna cambiare46. Il cambiamento auspicato mirava a modificare la
struttura del consumo familiare secondo criteri di rispetto dell’ambiente e delle persone
(Sassatelli e Rebughini, 2008). In quell’occasione un gruppo di famiglie di Fidenza decise
di mettere in pratica il bisogno di cambiamento e di riflettere sui propri consumi,
utilizzando criteri di giustizia e solidarietà. Mettendo a disposizione il proprio tempo
libero, quelle famiglie hanno intrapreso la strada dell’acquisto diretto presso le aziende
agricole che producevano prodotti “buoni e sani”47.
Gli altri GAS si sono sviluppati per contagio48 o per scissione. Il primo caso si
verifica quando gruppi di persone interessate entrano in contatto con queste realtà e
decidono di replicarla nel loro territorio, con le loro forme e modalità. Il secondo avviene
45 Associazione Nazionale di Volontariato. Sito internet: www.beati.org
46 Sito internet: http://www.bilancidigiustizia.it
47 Anonimo “a fidenza dieci anni fa”, Terre di mezzo n 123, marzo 2005, p 25
48 Valera Lorenzo, GAS. Gruppi di Acquisto Solidali, Terre di Mezzo, MILANO, 2005, P.18.
42
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Figura 2.2: Numero di GAS iscritti alla Rete dal 1994 a oggi
Fonte: Elaborazione personale dei dati presenti sul sito www.retegas.org.
quando un gruppo, diventato numericamente troppo consistente si scinde in due o più
sottogruppi. Ciò può avvenire per evitare di snaturare la dimensione sociale della
comunità, per difficoltà organizzative o logistiche, ma anche per diversità di vedute o
divergenze tra i partecipanti. I GAS nascono dunque spontaneamente per iniziativa dei
cittadini e si coordinano tramite il sito della Rete Nazionale dei GAS dove buona parte di
essi sono registrati. Nel sito è possibile risalire a una scheda informativa che offre la
descrizione del gruppo e i contatti. I gruppi nascono e si modellano a seconda del contesto
in cui sono creati.
Analizzando il numero di iscrizioni alla Rete Nazionale dei GAS (figura), si può
notare come questi si siano moltiplicati con un ritmo esponenziale fino a raggiungere le
959 unità nell’Agosto 201349 includendo una decina di reti a livello locale. Il maggior
incremento si è registrato tra il 2008 e il 2009 e il loro trend è in continua crescita.
Sebbene sia possibile trovare alcuni gruppi non attivi iscritti alla rete, tali stime sono da
considerare in difetto poiché molti gruppi decidono di non palesare la loro esistenza sul
web, preferendo farsi conoscere sul territorio attraverso le associazioni di quartiere o il
passaparola. I GAS sono spesso inseriti all’interno di associazioni che affiancano
l’approvvigionamento di prodotti ad altre attività.
Come per il GAS di Fidenza, anche i nuovi gruppi si sono strutturati a partire da
amici e conoscenti, e sempre più spesso si appoggiano a realtà già esistenti, quali botteghe
del Commercio Equo-solidale, organizzazioni di cooperazione internazionale, gruppi
politici, parrocchie, Rete Lilliput, Banca Etica, Legambiente, ecc.
49 Fonte: www.retegas.org.
43
Tabella 2.1: Ripartizione per regione dei GAS iscritti alla Rete Nazionale
N° DI GAS ISCRITTI REGIONE ALLA RETE Lombardia 249 Toscana 123 Piemonte 98 Lazio 87 Veneto 85 Emilia‐Romagna 84 Liguria 31 Marche 31 Puglia 28 Sicilia 28 Campania 23 Trentino Alto Adige 20 Friuli‐Venezia Giulia 15 Abruzzo 13 Umbria 13 Sardegna 10 Calabria 9 Valle d’Aosta 5 Basilicata 4 Molise 3 Tot 959 Fonte: Elaborazioni personali di dati presenti su www.retagas.org
I GAS sono distribuiti su tutto il territorio italiano, ma in quantità maggiore nel Nord
Italia (tabella 2.1) che conta 587 gruppi contro i 254 del Centro e i 118 del Sud. Secondo
alcuni partecipanti ai GAS questi sono in rapida espansione per la continua crisi in cui
versa il modello di sviluppo contemporaneo e la realtà dei GAS rappresenta “un luogo
dove trovare un rifugio in cui le persone ritrovano un senso di soddisfazione ormai
perduto” 50.
Gli obiettivi
Si tratta di gruppi auto-organizzati di famiglie di consumatori che acquistano insieme
prodotti (alimentari e non) attraverso una relazione diretta con i produttori, con riferimento
a principi etici condivisi (Brunori et al. 2007; Rossi e Brunori 2011; Brunori et al. 2011).
Alla base della loro azione vi è un sentimento di sfiducia e insoddisfazione nei confronti
del modello agroalimentare dominante, che rende inaccessibile il cibo sano, pulito e giusto
(Fonte, 2011, 2013 ; Geels e Schot, 2007). I GAS rappresentano una delle forme di filiera
corta più spontanee e informali: si caratterizzano per essere una delle esperienze
consumer-driven di maggior successo (Brunori et al., 2011). Si sono sviluppati a partire
dai GA (gruppi di acquisto tout court) che hanno lo scopo di spuntare un prezzo migliore,
ma sono connotati come esperienze di consumo critico (Saroldi, 2002; Valera, 2005)
50 AAVV, Fa la cosa giusta! Guida pratica al consumo critico e agli stili di vita sostenibili a Milano e in
Lombardia, Terre di Mezzo, Emi, 2005.
44
perché il loro obiettivo è di stabilire una “nuova economia delle relazione e dei luoghi”51
(www.retegas.it).
I GAS sono stati riconosciuti dalla Legge Finanziaria 200852 che nell’Articolo 1
paragrafo 266, li definisce come “soggetti associativi senza scopo di lucro costituiti al fine
di svolgere attività di acquisto collettivo di beni e distribuzione dei medesimi senza
applicazione di alcun ricarico, esclusivamente agli aderenti, con finalità etiche di
solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale, in diretta attuazione degli scopi
istituzionali e con esclusione di attività di somministrazione e vendita”.
Inoltre il comma 267 sottolinea che non sono soggetti ai regimi di imposizione
fiscale come le attività a fini commerciali: “le attività svolte dai soggetti di cui al comma
266, limitatamente a quelle rivolte verso gli aderenti, non si considerano commerciali ai
fini dell’applicazione del regime di imposta di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 63353, ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 4,
settimo comma, del medesimo decreto, e ai fini dell’applicazione del regime di imposta del
testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 91754”.
Il Documento Base dei GAS55 (Retegas, 1999) specifica che la finalità di un GAS è
quella di “provvedere all'acquisto di beni e servizi cercando di realizzare una concezione
più umana dell'economia, cioè più vicina alle esigenze reali dell'uomo e dell'ambiente,
formulando un'etica del consumare in modo critico che unisce le persone invece di
dividerle, che mette in comune tempo e risorse invece di tenerli separati, che porta alla
condivisione invece di rinchiudere ciascuno in un proprio mondo (di consumi)” (Retegas,
1999).
Ogni GAS è formato mediamente da circa 30-80 nuclei familiari 56 dove il singolo
partecipante è definito con il termine di gasista. Ciascun GAS organizza autonomamente
l'approvvigionamento di una determinata categoria di prodotti (verdure, frutta, latticini,
51 Questo è il titolo dell’ assemblea GAS-DES svoltosi il 22-24 giugno 2012 presso la Golena del Furlo (PU).
52 Legge 24 Dicembre 2007, n. 244. “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato (L.F. 2008)” (G.U. n. 300, - Suppl. Ord. n.285). (http://www.parlamento.it/parlam/leggi/07244l.htm)
53 “Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto” (GU n.292 del 11-11-1972 - Suppl. Ordinario ).
(http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:presidente.repubblica:decreto:1972-10-26;633 )
54 “Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi” (GU n.302 del 31-12-1986 - Suppl. Ordinario).
(http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:presidente.repubblica:decreto:1986-12-22;917)
55 Il Documento base dei GAS reca il titolo “I Gruppi di Acquisto Solidale. Un modo diverso di fare la spesa”
(http://www.retegas.org/index.php?module=pagesetter&func=viewpub&tid=2&pid=3)
56 Mantenere una misura limitata è considerato importante per molti gruppi, per sviluppare relazioni personali
tra tutti gli aderenti. Un nucleo familiare sta qui per un gruppo di persone che vivono insieme, può essere anche
un gruppo di studenti che coabitano o una persona singola.
45
carne bovina, ecc.) in base alle esigenze che emergono durante le riunioni57, cuore pulsante
di molti gruppi.
Organizzazione
L’organizzazione base dei GAS è quella di creare delle sotto-reti (sub-networks) in virtù
della partecipazione olontaria dei gasisti58. L’attività di un GAS comincia di solito con la
raccolta di informazioni sui produttori che rispondono ai principi etici dell’economia
solidale tramite contatti personali, ricerca sul territorio, ricerca online e informazioni dalla
rete GAS. L’organizzazione di un GAS dipende dalla struttura che i partecipanti decidono
di mettere in piedi.
I coordinatori o referenti programmano i cicli di ordine e ritiro (figura 2.3) in
riunione con tutti gli altri aderenti. Con riferimento alla definizione del ciclo si affrontano
le questioni che riguardano: i prodotti ordinabili, i produttori che effettueranno la
consegna, i tempi di apertura e chiusura degli ordini, il momento in cui il prodotto sarà
distribuito, le modalità di pagamento, i prezzi, la frequenza degli ordini e altro.
Figura 2.3: Esempio di un ciclo ordine-ritiri-riunione
GIORNO 1 Apertura del periodo d'ordine e raccolta degli ordini GIORNO X Riunione: feedback , condivisione e ri‐
organizzazione GIORNO 3 Chiusura dell'ordine e invio al produttore GIORNO 5 consegna con contestuale riitiro e condivisione da parte degli aderenti GIORNO 5 ‐‐> X Consumo, condivisione, gite, co‐produzione, partecipazione Fonte: Elaborazioni personali
Talvolta la figura dei coordinatori non coincide con quella dei referenti. In questi
casi il referente è un gasista che si occupa esclusivamente di mantenere i rapporti con un
57 Non è infrequente che alcuni GAS decidano di non prendere in considerazione prodotti di provenienza
animale, in un pieno stile vegano, o preferiscano evitare l’approvvigionamento di carne per sensibilizzare i
partecipanti sui temi legati all’allevamento.
58 In alcuni casi si può prevedere che un gasista venga retribuito per una mansione che svolge, in tale caso la
retribuzione e le possibili alternative sono solitamente discusse all’interno del gruppo.
46
singolo produttore. È la somma dei coordinatori-referenti che permette a un GAS di avere
un’ampia offerta di prodotti e di essere attivo e coinvolgente nei confronti dei produttori e
dei gasisti stessi.
Nella figura 2.4 è riportato un esempio di struttura organizzativa di un GAS dove le
frecce di colore diverso rappresentano il grado di relazioni (più è scuro più il contatto è
forte). I coordinatori interagiscono tra loro intensamente e comunicano con tutti gli altri
aderenti, organizzano il lavoro e possono assegnare singoli compiti ai referenti.
Il compito dei referenti è quello di stringere i contatti con il produttore, aggiornare il
listino e inviargli l’ordine in tempo utile alla consegna e che la stessa avvenga in un orario
e luogo prestabilito, di solito la sede del GAS. I referenti mantengono un flusso costante e
trasparente di informazioni verso i gasisti che non partecipano direttamente nella gestione
del GAS, i quali ricevono le informazioni prevalentemente tramite internet o social
network.
Figura 2.4: Esempio di una struttura organizzativa di un GAS
Coordinatori
Referenti
Produttori
Aderenti al GAS
Fonte: Rielaborazione su Brunori et al. (2011)
In questo modo i GAS organizzano dei cicli periodici costanti di ordini e ritiri che
avvengono perlopiù settimanalmente. I prodotti freschi, come frutta, verdura e uova, sono
generalmente ordinati e consegnati ogni settimana; mentre i prodotti conservabili (carne,
marmellate, biscotti, pasta, olio, vino) o non deperibili (vestiti, detersivi, detergenti, carta)
hanno cadenze diverse che possono essere mensili, bimestrali, trimestrali e così via.
Dal canto loro, i singoli aderenti, che non hanno un ruolo definito all’interno del
GAS, interagiscono in un’atmosfera amichevole e solidale, che è alla base di quello che
può essere definito l’humus culturale che permette ai consumatori di cambiare le proprie
abitudini. I produttori possono anche autoorganizzarsi tra loro per offrire un migliore
47
range di prodotti o ottimizzare alcuni passaggi produttivi (in alto nella figura si può vedere
un triangolo di tre produttori con tre frecce di colore scuro).
Altre possibili strutture possono essere più o meno verticistiche con un diverso grado
di interazioni. In alcune solo i coordinatori mantengono i contatti con i produttori e
interagiscono tramite email con gli aderenti. In altre tutti i partecipanti mantengono i
contatti con almeno un produttore e partecipano attivamente alle decisioni e al
coordinamento del GAS. Tra questi si possono attivare delle sotto-reti tra
coordinatori/referenti per attivare progetti specifici.
Le sotto-reti sono caratterizzate da un alto grado di flessibilità per adattarsi alle
caratteristiche peculiari del network. La flessibilità può comportare l’attivazione o
disattivazione delle sotto-reti, nel rispetto dei bisogni personali degli aderenti (come
esempio la rinuncia temporanea di un coordinatore a causa di motivi personali), alle
necessità logistiche (per esempio la vicinanza di un gasista rispetto al punto di smercio),
alle caratteristiche specifiche del prodotto (nel caso del Parmigiano Reggiano è necessario
effettuare un ordine consistente) e alle necessità specifiche di un produttore, che può avere
necessità di consegna particolari, come nel caso dei prodotti da frigorifero.
Quando questi sotto-cicli lavorano a regime, è necessario un alto grado di interazione
per variare la logistica e per far coincidere lo scarico dei prodotti con il ritiro da parte degli
aderenti. Solitamente la consegna è circoscritta a un determinato periodo di tempo e luogo,
in cui i consumatori e produttori possono incontrarsi e interagire, instaurando relazioni
personali, immediate e legate a uno spazio condiviso (Lyson e Green, 1999). Un punto
chiave dei GAS è quello della riunione periodica, solitamente organizzata su base mensile,
alla quale è consentito partecipare a tutti i membri del gruppo. Gli argomenti della
discussione sono frequentemente riferiti all’organizzazione interna, ai criteri di selezione
dei produttori, a nuove iniziative e ai feedback per i prodotti ordinati in precedenza.
Questo è in realtà solo uno dei modi più formalizzati con cui i partecipanti interagiscono.
La maggior parte delle interazioni, infatti, avviene tramite internet, prevalentemente via
email.
Alcuni GAS hanno formalizzato la loro organizzazione in delle associazioni, di
solito però si tratta di gruppi che operano in via informale, dove il processo decisionale è
affidato prevalentemente alle riunioni. Quando un GAS cresce di dimensione, la struttura
organizzativa può variare oppure il GAS si divide in due o più gruppi, con caratteristiche
simili al precedente ma spesso anche con caratteristiche diverse.
48
Quando il GAS diventa Rete
Nel 1997 nasce la Rete Nazionale dei GAS allo scopo di collegare tra loro i diversi
gruppi, scambiare informazioni sui prodotti e sui produttori, e diffondere le idee alla base
della creazione dei gruppi d'acquisto. La rete dei GAS lavora a diversi livelli: la rete
nazionale e quelle locali, che fungono da punti di scambio e di confronto tra le varie realtà
e come stimolo o “tutoraggio” per i nuovi gruppi. Nel 2001 la Rete si evolve con la
creazione di uno spazio virtuale, rappresentato dal sito internet www.retegas.org, che
realizza la volontà di un confronto costante tra le varie esperienze.
L’attività all’interno dei Gas permette di innescare un meccanismo virtuoso che
porta a sviluppare una riflessione più ampia sugli aspetti della vita quotidiana (in
particolare del consumo), e conduce consumatori e produttori verso la creazione di una
rete di relazioni a livello locale e nazionale. Questa rete si concretizza nell’esperienza dei
Distretti di Economia Solidale (DES) e della Rete Nazionale dei GAS. La prima è
un’espressione creata e definita per la prima volta nel 2002 all'interno di un gruppo di
lavoro che ha creato la “Carta per la Rete Italiana di Economia Solidale” (RES Italia)59.
Tale gruppo si è evoluto nel “Tavolo nazionale RES”, disciplinato da un regolamento,
visionabile sullo stesso sito. Il concetto di DES viene collegato con quello più ampio di
RES. Quest’ultime sono volte a creare “un'economia diversa, basata sulle seguenti
caratteristiche: reciprocità, cooperazione, giustizia sociale, rispetto per la persona,
rispetto per l'ambiente, partecipazione democratica, impegno nell'economia locale,
rapporto attivo con il territorio, disponibilità a entrare in relazione di rete con le altre
esperienze di economia solidale per un percorso comune e impiego degli utili residui per
scopi di utilità sociale”. Per RES si intende il collegamento relazionale organico fra
soggetti che intendono partecipare al progetto delineato nella carta, finalizzato alla
creazione dal basso di una nuova economia con le caratteristiche sopra riportate. I DES si
configurano come quei “laboratori di sperimentazione civica, economica e sociale, in
altre parole come esperienze pilota in vista di future e più vaste applicazioni dei principi e
delle pratiche caratteristiche dell'economia solidale”. Essi sono gli strumenti territoriali di
base attraverso i quali le RES realizzano sui territori singoli il progetto dell'economia
solidale. Attraverso il collegamento organico di tutti i DES si creerà la nuova economia
solidale anche ai livelli provinciale, regionale e nazionale (www.retecosol.org).
59
Sito internet: www.retecosol.org
49
Un DES è un territorio dove prendono importanza, crescono e si affermano sempre
più alcune pratiche virtuose già esistenti, sulla base dei principi di contiguità territoriale,
collegamento geografico, collegamento storico e contemporaneo negli scambi culturali ed
economici, facilità di interazione fra i soggetti partecipanti. Il suo aspetto essenziale è che
le pratiche virtuose crescono congiuntamente le une dalle altre, ma in una più efficace
ottica di rete, organizzata e consapevole, democratica e orizzontale, sostenendosi e
rafforzandosi reciprocamente sul territorio del DES, con un'ampia partecipazione della
comunità cittadina e con il fine di creare dal basso una nuova economia ecologica e
solidale. In questo modo i consumatori critici (già organizzati nei GAS) e i piccoli
produttori possono mettersi in contatto con le altre realtà dell’economia solidale e creare
prodotti e servizi (botteghe equosolidali, turismo responsabile, finanza etica, cooperative
sociali, ecc...), coinvolgendo anche le Pubbliche Amministrazioni e sensibilizzando le
famiglie e i cittadini per farli incontrare in un circuito economico che si auto-sostiene.
Un’iniziativa esemplare per capire quali sono le finalità dei DES è rappresentata dal
progetto Spiga & Madia (http://des.desbri.org/), sorto su iniziativa del Comitato verso il
DES della Brianza, un’associazione di promozione sociale creata a Monza nel 2006. Il
progetto è nato con lo scopo di ricostruire una filiera di pane biologico interamente gestita
in un territorio (la Brianza monzese) di circa 50 km di raggio. Nel 2006, con la stipula di
un patto60,, gli attori coinvolti si impegnano a pianificare i propri consumi (in farina e/o
pane) nell’arco di un anno. In funzione della richiesta effettiva la cooperativa si impegna
alla semina di una equivalente superficie di terreno capace di produrre (biologicamente) il
frumento tenero necessario a soddisfare i bisogni. Il gruppo di consumatori si impegna
inoltre alla copertura di parte dei costi anticipati per la semina, subordinandoli al
raggiungimento delle rese attese per ettaro. Si costituisce così un fondo di rischio e
mutualità tra consumatori e produttori in cui i primi non solo partecipano con un
prefinanziamento ma si impegnano anche a condividere il rischio imprenditoriale con il
secondo. La cooperativa, in cambio, si impegna alla costruzione di un “prezzo
trasparente”, che definisce preventivamente i prezzi riconosciuti ai produttori agricoli
partecipanti al patto per tutta l’annata agraria. Al momento della rilevazione il pane veniva
venduto a circa 3,3 euro al kg.
60 Il patto è visibile al seguente sito internet: http://des.desbri.org/spigamadia/patto
50
2.2.1
I GAS a Roma
I primi GAS a Roma furono costituiti tra il 2001 e il 2003, ispirati dall'esperienza dei
GAS nel Nord Italia. Nell’ambito del progetto PRIN 2008 Agricoltura locale e consumo
sostenibile nelle reti alimentari alternative è stato possibile mappare 100 GAS attivi in
Figura 2.5: Mappa di 100 GAS censiti nella provincia di Roma
Fonte: www.agriloc.unina.it
Roma e provincia con le rispettive schede informative61 (figura 2.5).
In realtà si stima che siano più di 160 e, come avviene per i GAS in Italia, hanno una
dimensione media compresa fra 30 e 80 famiglie62. Questa cifra è considerata da alcuni
gruppi una dimensione ideale per avere una massa minima di ordini e di risorse umane
disponibili per i vari compiti organizzativi. Da un campione di 28 GAS romani è emerso
che raccolgono un numero variabile di ‘nuclei’ o ‘famiglie’ aderenti, da un minimo di
cinque a un massimo di duecento, con una distribuzione molto dispersa tra le varie classi
dimensionali (Tabella 2.3)
61 Riporto
qui di seguito i risultati parziali di tale progetto finanziato dal MIUR, portato avanti dall'unità di ricerca
dell'Università di Napoli Federico II coordinata da Maria Fonte. L'unità di ricerca è costituita da Maria Fonte
(responsabile scientifico), Mariella Eboli, OrnellaWanda Maietta, Cristina Salvioni. Tali risultati sono stati
presentati al XIII World Congress of R ural Sociology, tenutosi a Lisbona nell’Agosto 2012 e pubblicati in Fonte et al.
(2011) e in Fonte e Salvioni (2013).
62
Tale dato è emerso da un campione di 28 dei 160 GAS di Roma.
51
La maggior parte dei GAS di Roma opera in modo informale: sono pochi quelli che sono
registrati come ONLUS o associazioni di promozione sociale (Fonte et al., 2011 ). Dal
punto di vista anagrafico gran parte degli aderenti si trovano nella fascia di età compresa
tra i 35 e i 50 anni, con un livello di istruzione medio-alto e, per quel che riguarda
l’occupazione, troviamo soprattutto impiegati del settore pubblico (scuola, università,
ospedali, poste), liberi professionisti (medici, archeologi, psicologi, giornalisti), ma anche
artigiani, giornalai, studenti e precari di varie fasce di età.
Tabella 2.3: Dimensione di un campione di GAS romani
N. Famiglie aderenti fino a 19 20 – 29 30 – 39 40 – 80 > 80 Totale N. di GAS 4 3 9 10 3 28 Fonte: Fonte e Salvioni (2013)
Si tratta della classe media la cui percezione diffusa è che i prodotti biologici o
‘naturali’ non sono accessibili per chi vive con un budget limitato (Fonte e Salvioni, 2013).
Dal punto di vista economico, la stessa indagine ha avuto accesso ai dati sulla spesa
del 2010 di 13 dei 28 GAS intervistati evidenziando una spesa annua di 649.500 euro, con
una media per gruppo di circa 50.000 euro. Generalizzando i dati sui 160 GAS di Roma (e
provincia) si può stimare una spesa complessiva nel 2010 di circa 8 milioni di euro. Questa
cifra è considerata soggetta a possibili variazioni a seconda del numero di famiglie che
acquistano regolarmente, la cui spesa media annuale risulta pari a 700 euro. Il confronto è
stato fatto prendendo come riferimento la spesa media mensile delle famiglie del Lazio per
l’acquisto di cibo, pari a 480 euro mensili secondo l’Istat. Tenendo conto che la spesa fatta
presso i GAS è generalmente a prezzi più bassi, Fonte (2013) ritiene che circa il 20 % della
spesa
alimentare
mensile
delle
famiglie
è
speso
attraverso
il
sistema
di
approvvigionamento dei GAS.
Tutti i partecipanti ai GAS hanno dichiarato di comprare prodotti alimentari anche
presso altri canali di filiera corta: mercati contadini, spacci aziendali e altre filiere
alternative.
Tuttavia, appare evidente che attualmente la spesa fatta con il GAS non sostituisce
totalmente le catene di offerta convenzionali.
I GAS di Roma hanno origini ideologiche diverse legate ai soggetti che ne hanno
intrapreso l’iniziativa: associazioni culturali, ambientali e sportive, botteghe del
52
commercio equo, centri sociali, partiti politici, gruppi scout, soggetti legati alla chiesa,
luoghi di lavoro, gruppi di madri in ambienti scolastici (tabella 2.4).
Tutti sono chiamati generalmente Gruppi d’Acquisto o GAS, ma vi sono alcune
sfumature. I GAS in senso stretto promuovono la partecipazione attiva tra tutti i
componenti e cercano produttori che rispettano principi di economia etica e solidale;
esistono poi i GASF (Solidali e Familiari) che pongono l’accento sui problemi delle
famiglie e la partecipazione è vista più come condivisione dei problemi delle famiglie; altri
funzionano come un ‘servizio’ presso associazioni culturali, sportive, sedi di partito o
presso luoghi di lavoro.
Tabella 2.4: contesto di nascita di un campione di GAS romani
Contesto sociale / ideologico N. di GAS Botteghe del commercio equo Centri sociali Esperienza Scout GASP Spiritualità cattolica Associazioni culturali, ambientali, sportive Partiti politici Posto di lavoro Gruppo di madri presso le scuole Altri Totale 4 3 2 2 2 6 3 2 2 2 28 Fonte: Fonte e Salvioni (2013)
Questi possono prevedere un’organizzazione più verticistica in cui si cercano
soluzioni meno complesse per l’approvvigionamento dei prodotti. Anche i GASP (Gruppi
d’Acquisto Solidali e Popolari) promuovono la partecipazione attiva degli aderenti in tutti i
rami della gestione (ordini, consegne, organizzazione delle riunioni, ecc.). Sono nati come
GAP63 (Gruppi d’Acquisto Popolari) con l’obiettivo di contrastare il carovita e hanno
progressivamente incorporato la solidarietà come principio base.
La visione dei GAS di Roma
Nei GAS di Roma esistono due concezioni riferite alla loro attività (Fonte et al.,
2011; Fonte e Salvioni, 2013). Nonostante la diversità di ideologie, alcuni vedono il GAS
come ‘servizio’ per i propri colleghi o soci, con l’obiettivo principalmente di offrire un
canale alternativo, più ‘umano’ che possa garantire un buon rapporto qualità prezzo; altri
I GAP sono originati dalle iniziative contro il carovita promosse da Rifondazione Comunista ma oggi operano
in modo del tutto indipendente.
63
53
(la maggioranza) hanno un approccio più politico: vedono gli acquisti tramite i GAS come
una strategia di consumo critico, che mira a cambiare la struttura dell'economia e della
società. Tra questi ultimi una parte vuole indurre il cambiamento nel sistema a partire da
un cambiamento ‘immateriale’, inteso come cambiamento culturale e nelle relazioni
sociali e chi invece intende la trasformazione in maniera strutturale, come impatto
economico, considerato il solo capace di provocare un cambiamento socio-politico (Fonte
e Salvioni, 2013). Queste due visioni non sono contraddittorie ma convivono nello stesso
gruppo.
I GAS di Roma esprimono un interesse comune per i cibi biologici e, in particolare,
per la questione legata alla non accessibilità di questi prodotti all’interno dei canali
convenzionali. L’obiettivo comune sembra essere quello di costruire un sistema per
l’approvvigionamento di alimenti biologici accessibile anche a redditi medi e medio-bassi
(Fonte et al., 2011; Brunori et al., 2010).
Questo punto di vista è dovuto al fatto che, nonostante gli alimenti biologici siano
considerati più sani e di migliore qualità degli alimenti convenzionali e che siano ambiti da
tutti, nei negozi specializzati o nei supermercati non sono accessibili a tutti per i prezzi
troppo elevati. Secondo alcuni partecipanti dei GAS di Roma i prezzi dei prodotti biologici
nei negozi specializzati (paragonati a “negozi di gioielleria”) sono “esagerati” e
“inaccessibili” (Fonte, 2011).
Tali valutazioni rendono più esplicito quanto già è espresso nel Documento base,
dove i GAS sottolineano la necessità di rendere disponibili i prodotti biologici alle fasce di
reddito basse o medio-basse: “trattandosi spesso di prodotti di nicchia, con uno scarso
mercato e una scarsa capacità distributiva da parte dei produttori, i prezzi sono alti e
disincentivanti per le molte famiglie a basso reddito. Il GAS, oltre ad aumentare gli
sbocchi di mercato di questi prodotti, consente di far accostare al consumo critico anche
chi sarebbe altrimenti tagliato fuori per motivi di reddito”.
L’organizzazione dei GAS di Roma risponde sia al problema della produzione di
alimenti sani, sia a quello della distribuzione degli stessi a prezzi accessibili. L’attuazione
del consumo critico nei GAS prende avvio dal cibo, poiché è considerato un’esigenza
primaria che può creare quel legame particolare, intimo tra i componenti del GAS e
fungere da tramite per trasmettere determinati ‘valori’ e avere un impatto politico
concreto, per la transizione verso un modello più sostenibile.
Nella filiera dei GAS si riflette la volontà di individuare quello che è un prezzo
‘giusto’ anziché ‘minimo’, giusto sia per i produttori che per i consumatori, in un’ottica di
54
sostenibilità economica di lungo periodo, tenendo conto dei valori ambientali e sociali
incorporati nei prodotti. Secondo la loro visione, la determinazione dovrebbe tener conto
anche dei rischi e della discontinuità degli acquisti (Fonte e Salvioni, 2013; Fonte et al.,
2011), visione che corrisponde alla definizione di sicurezza alimentare.
Vista questa necessità, i GAS di Roma promuovono la costruzione di una relazione
di fiducia con il produttore, in cui si presuppone che il prezzo da lui stabilito sia il prezzo
'giusto', anche se ovviamente si fa contestualmente una comparazione tra prezzi al
consumo e ne può scaturire un negoziato.
Esemplare è, in questo caso, il progetto di prefinanziamento con l’Azienda Agricola
il Papavero del maggio del 2013 (Riquadro X), in cui i GAS di Roma hanno stipulato un
accordo per andare incontro ai diversi punti critici che venivano riscontrati
nell’approvvigionamento di fragole e pesche.
L’accordo di prefinanziamento tra l’Azienda Agricola “Il Papavero” e i GAS di
Roma.
Nel maggio 2013 è stato definito un accordo di prefinanziamento tra 25 GAS di Roma e l’azienda
Agricola Biologica “Il Papavero”, produttore di fragole e pesche. L’Azienda, situata ad Acilia, è nata nel
1938 e ha acquisito la certificazione biologica nel 1994. Questa decisione ha portato i titolari, Angelo e
Fiorella, a intraprendere la strada della filiera corta: “Abbiamo deciso di avere un contatto diretto con
chi consumava i nostri prodotti, dando importanza anche all' aspetto sociale. Ci siamo avvicinati a
questo mondo alternativo dei GAS che è una valida alternativa al malato sistema distributivo che
governa la nostra società. Siamo arrivati al prefinanziamento, perché ci è sembrata una risposta
veramente valida alla domanda di cambiamento nostra e dei GAS”. Il prefinanziamento ha permesso
all’Azienda di pianificare la produzione con la certezza di trovare sbocco all’offerta e di non incorrere
nell’eventualità di dover buttare il prodotto per mancanza di acquirenti. Il prezzo proposto dal produttore
è stato discusso con i GAS coinvolti ed è stato reputato equo. In seno all’accordo è stato anche stabilito
che il prezzo del 2013 fosse pari a quello 2012 (scontando quindi l’aumento IVA e di altre imposte e
tasse che hanno inciso sui costi di produzione) e non fosse soggetto variabilità stagionale, sia nel caso di
diminuzione che di aumento della quantità prodotta (salva la possibilità di concedere sconti). I GAS
hanno così condiviso il rischio di impresa con “Il Papavero” e si sono impegnati nell’acquistare la
produzione del 2013 (da Aprile a Luglio) al prezzo concordato di 4,20 Euro al kg per le Fragole e 2,80
Euro al kg per le Pesche (incluso il trasporto). Dopo la stipula dell’accordo i GAS hanno versato il 40%
dell’importo prefinanziato e l’Azienda si è impegnata a dare precedenza alla fornitura dei GAS
sottoscriventi nel caso si verificasse, per motivi naturali e imprevisti, una diminuzione della quantità
effettivamente prodotta. In questo caso l’azienda si è anche impegnata a portare in acconto all’anno
successivo la quota prefinanziata e non acquistata, oppure a restituirla nel caso in cui un GAS volesse
recedere dall’accordo. In aggiunta ha garantito un’informazione costante sull'andamento della
produzione, la possibilità di accesso alla documentazione di certificazione e la possibilità di concordare
date di incontro in Azienda. Angelo e Fiorella sostengono che con l’accordo è cambiata la responsabilità
di consumatori: “… i GAS hanno fatto proprio il progetto e si sono sentiti coinvolti (…) si sono mostrati
disponibili a ricevere tempestivamente gli esuberi di prodotto(…) lo scorso anno abbiamo buttato della
frutta perché non vi era un contatto consapevole e tempestivo, la maturazione può infatti essere
improvvisa e bisogna agire rapidamente (…) Quest’anno si è iniziata la produzione con la
consapevolezza che la frutta prodotta sarebbe stata ordinata, che il prezzo (di vendita e trasporto)
avrebbe remunerato l’attività e che sarebbe rimasto costante e accessibile per i consumatori…”
55
2.3 Il Consumo critico nel pensiero dei GA S
Il consumo critico64 per i GAS è un modo di concepire l’atto del consumo con il
rispetto di alcuni principi etici, ossia l’acquisto di prodotti biologici/ecocompatibili, in
quanto sono coltivati con pratiche che riducono al minimo l’utilizzo di composti chimici
quali pesticidi, diserbanti e concimi chimici dannosi sia per l’uomo che per l’ambiente;
l’acquisto di prodotti locali per sostenere l’economia del contesto, favorendo così la
vitalità imprenditoriale nelle aree rurali, l’occupazione e la circolazione della ricchezza a
livello locale. Comprare locale permette anche di tagliare la filiera riducendo i passaggi di
intermediazione e quindi i costi, oltre che l’inquinamento dovuto al trasporto. Il sostegno
ai piccoli/piccolissimi produttori vuole consentire la sopravvivenza alle piccole imprese
che altrimenti sarebbero schiacciate dalle grandi aziende, le quali meglio sanno
destreggiarsi in un mercato globalizzato e rispettare i diritti dell’uomo, in quanto vengono
acquistati prodotti in aziende che rispettano i diritti dei lavoratori. La volontà di
riacquistare autonomia e controllo sulle proprie scelte di consumo e applicare il consumo
critico all’ intero modello di economia ha allargato la loro visione. Da un lato è preso in
considerazione l’acquisto di altri prodotti oltre a quelli alimentari, come detersivi ecologici
per la pulizia della casa o per l’igiene intima, vestiti e scarpe, filtri per l’acqua; dall’altro
l’estensione del concetto di consumo critico a progetti più ampi nel campo dei servizi
avviando collaborazioni con operatori telefonici no-profit come Livecom65, provider come
Lillinet66 e di software open source67,Banca Etica68 come alternativa per i servizi bancari,
MAG69 (Mutua per l’Autogestione) per i finanziamenti, CAES70 (Consorzio Assicurativo
Etico Solidale) per le assicurazioni.
La solidarietà è il carattere che contraddistingue queste realtà e può essere declinata
sotto varie forme. Saroldi (2002) spiega così il significato della parola: “Il gruppo è
solidale con i soci che si impegnano reciprocamente e volontariamente nella sua gestione,
è solidale con i produttori adottando forme di scambio eque e diretta, è solidale con
64 Anche detto “consapevole”, “etico” o “responsabile”.
65 Sito internet: www.livecom.it.
66 Sito internet: www.lillinet.org.
67 Esistono diversi tipi di software open source creati ad hoc per gestire l’attività dei GAS come l’inserimento
dei listini e la gestione della raccolta ordini. Alcuni esempi si possono trovare su www.opengas.org,
www.gasdotto.net, www.retedes.it e www.gestigas.org.
68 Sito internet: www.bancaetica.it.
69 Sito internet: www.magroma.it.
70 Sito internet: www.consorziocaes.org.
56
l’ambiente perché si rifornisce di alimenti e di prodotti rispettosi della natura e infine è
solidale col Sud del mondo in quanto favorisce lo sviluppo del commercio equosolidale”71.
Prendere in considerazione i piccoli produttori, che sono in generale ad alta intensità
di lavoro, permette di promuovere l’occupazione, al contrario di ciò che succede nelle
grandi aziende meccanizzate. Allo stesso tempo, la distanza tra luoghi di produzione e
consumo talvolta può portare a ignorare le condizioni di lavoro cui sono sottoposti i
lavoratori nei paesi a Sud del mondo o in Asia. Il fine è proprio quello di costruire una
coltura basata sul rispetto e sulla reciprocità. I prodotti acquistati tramite il GAS, infatti,
mirano a creare una società basata sulla solidarietà dove i soggetti partecipanti cooperano e
collaborano, invece di essere antagonisti nel sistema economico. È considerato molto
importante lo sviluppo di una consapevolezza profonda delle conseguenze degli atti del
consumo e dell’importanza di un’economia basata sulla solidarietà. Tutti gli attori sono
invitati a la modalità con cui si relazionano l’un l’altro e a instaurare rapporti diretti basati
sulla fiducia e reciprocità.
Creazione di comunità e azione collettiva
Il bisogno di “ri-personalizzare” e “ri-socializzare” l’atto del consumo è uno dei
punti cardini dei GAS. Lo scopo dei promotori è quello di “formulare un'etica che unisca
le persone invece di dividerle, che metta in comune tempo e risorse invece di tenerli
separati, che porti alla condivisione invece di rinchiudere ciascuno in un proprio mondo
(di consumi)” (Retegas, 1999). Il modo più formalizzato di socializzazione consiste nel
partecipare attivamente alla vita organizzativa del gruppo. Ogni aderente, durante le
riunioni, prende decisioni importanti in merito agli aspetti gestionali, quali la scelta dei
produttori o la determinazione dei cicli di ordine e ritiro. Inoltre la possibilità di istituire
uno spazio (fisico e temporale) in cui ciascuno possa incontrarsi, scambiarsi opinioni e
pratiche di consumo, spinge l’individuo a sentirsi parte della comunità e a instaurare
rapporti di amicizia basati sulla fiducia reciproca (Feenstra, 2007). Prossimità, fiducia e
reciprocità sono, infatti, valori fondamentali di ogni gruppo e gettano le basi per
un’ulteriore crescita di queste esperienze (Holloway e Kneafsey, 2000; Hinrichs, 2000). I
consumatori possono arrivare anche a organizzare delle gite, condividere auto,
elettrodomestici o case vacanze (Mont, 2004; Brunori et al., 2011). In questo modo è
possibile condividere uno stile di vita, basato sulla ricerca quotidiana dell'essenzialità e
71 Saroldi, Gruppi di acquisto solidali. Guida al consumo locale, EMI, Bologna, 2001, p.8.
57
della sobrietà semplicemente come conseguenza naturale delle scelte attuate sino a quel
momento (Retegas, 1999). In alcuni casi il rapporto diretto con il produttore può
convincerli a stringere rapporti di collaborazione fino anche a condividere il rischio di
impresa o partecipare attivamente (o solidalmente) all’attività lavorativa72.Un’ulteriore
aspetto relazionale è che l’alleanza tra produttori e consumatori consente di conoscere
l’origine dei prodotti, tramandando culture e tradizioni locali. Saroldi (2002) parla di
cultura della convivialità basata sulla condivisione delle risorse naturali in un’ottica di
fiducia reciproca.
La forza del gruppo ha un diretto impatto sulla vita dei cittadini/consumatori.
Coordinarsi per fare insieme gli acquisti rende possibile ripartire tra persone con diverse
competenze le tante scelte che riguardano le varietà, i metodi di produzione, le tecniche di
trasformazione, la provenienza e, più in generale, la qualità degli alimenti e, quindi,
permette di prendere decisioni efficaci. Inoltre condividere uno stile di consumo più
sostenibile può portare a creare una consapevolezza profonda che porta a modificare gli
stili di vita delle persone e a renderli più vicini ai bisogni del territorio. Viene infatti
promossa la costruzione di reti tra i diversi GAS a livello regionale e nazionale; la
promozione di iniziative sociali o politiche sul territorio, che riguardano, per esempio, la
mobilità sostenibile, la finanza etica, il benessere degli animali o il referendum contro la
privatizzazione dell’acqua. Secondo Marino (et al. 2013), la consapevolezza ambientale
dei consumatori ha effetti positivi moltiplicativi poiché si ripercuote anche nella scelta di
acquisto di altri prodotti non prettamente alimentari e nel comportamento di tutti i giorni.
2.3.1 I GAS nella transizione tecnologica verso lo sviluppo sostenibile
Analizzando il tema del prezzo vogliamo capire se quella dei GAS può essere una
realtà replicabile su larga scala; se vi sia sostenibilità sociale e dunque accessibilità ai
prodotti anche per le famiglie a medio e basso reddito. Innanzitutto però è utile
comprendere come si pone la letteratura riguardo alle potenzialità dei GAS nel contribuire
a una riforma radicale del sistema agroalimentare. Per far questo, analizziamo il contesto
dei GAS sotto la lente della teoria dell’innovazione.
Esistono due paradigmi sul modo in cui bisognerà affrontare la riforma del sistema
agroalimentare. Il primo è quello che viene chiamato “dell’agricoltura neo-moderna” o
72 Ciò avviene più spesso tramite il prefinanziamento e l’impegno all'acquisto come nel caso del progetto “Spiga
e Madia”.
58
“della modernizzazione ecologica”. Si tratta di una rivisitazione del modello della
Rivoluzione Verde (ISFOL, 2011) che integra l’applicazione massiva delle nuove
tecnologie (biotecnologie e nanotecnologie) per la gestione delle sfide della competizione
globale e dei vincoli ambientali (Spaargaren et al. 2012). Il secondo è quello
dell’agricoltura sostenibile e multifunzionale - anche chiamato dello sviluppo “ecologico
integrato” (Lang, 2004), che ritiene necessaria una rifondazione delle priorità e dei valori
dello sviluppo economico e assume come base fondante i limiti alla crescita derivanti dalla
limitatezza delle risorse naturali, già riconosciuta dal famoso studio del Club di Roma nel
1972 (Meadows et al.,1972; Buttel, 2000; Jackson e Michaelis, 2003; Bruckmeier e Tovey,
2009).
Per quel che riguarda le reti alimentari alternative, alcuni studiosi sostengono che le
filiere corte si possono sviluppare solo negli “interstizi” (o nicchie di mercato73) del
sistema dominante (Renard, 1999) e rappresentano quindi una reazione difensiva, non
riflessiva, alla globalizzazione (Hinrichs, 2003; DuPuis e Goodman 2005, DuPuis et al.
2006, Guthman 2007). Esse non rappresenterebbero pertanto una minaccia al sistema
dominante, poiché non solo convivono con esso, ma ne traggono il motivo della loro
esistenza.
Altri autori guardano con interesse all’intrinseco potenziale innovativo delle filiere
corte, ritenendo gli attori coinvolti in grado di costruire delle alternative rispetto ai circuiti
convenzionali di produzione-consumo, attraverso la condivisione di valori e principi
diversi da quelli puramente economici (in questo caso ambientali, culturali ed etici)
(Marsden et al., 2000; Hinrichs, 2000; Holloway e Kneafsey, 2000; Goodman e DuPuis,
2002; Renting et al., 2003; Ilbery e Maye, 2005; Kirwan, 2004; Fonte e Grando, 2006;
Brunori, 2003; Brunori, 2007). Questa visione porta a considerare tali alternative una via
di mezzo tra le mere nicchie di mercato e un rovesciamento radicale del capitalismo
(Goodman e DuPuis 2002, p. 18). Le forme di filiera corta sono considerate come la
prefigurazione di un “nuovo paradigma di sviluppo rurale” (Fonte, 2010; Raffaelli et al.,
2009), che usa la ‘località’ come chiave per la transizione verso la qualità dei processi
economici (Marsden et al., 2000; Goodman, 2003). Sostenendo i principi di sostenibilità e
multifunzionalità si reputa che le filiere corte siano capaci di influenzare il sistema
Il mercato di nicchia è una forma di vendita che si concentra su piccoli gruppi di clienti. La nicchia è infatti un
gruppo circoscritto di clienti che ricerca in un prodotto o servizio benefici per soddisfare bisogni e desideri
particolari. Di solito le nicchie sono disposte a pagare prezzi elevati per assicurarsi prodotti e servizi che
rispecchino determinate caratteristiche. Il vantaggio di una nicchia rispetto a un segmento esteso di clienti, è la
minore concorrenza presente.
73
59
dominante e di guidarlo verso pratiche più sostenibili (Lockie e Kitto, 2000; Tovey, 1997).
Non a caso il Commissario europeo per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale, Dacian
Cioloș74 (2012) ha affermato che uno degli elementi innovativi della politica di sviluppo
rurale dopo il 2013 sarà quello di «rimettere in comunicazione tra loro i grandi bacini di
utenza urbani e i bacini di produzione circostanti, favorendo le iniziative dei mercati nelle
città».
Nel contesto di questa seconda posizione vi è una parte di letteratura focalizzata sul
ruolo della filiera corta nella “transizione tecnologica” verso lo sviluppo sostenibile. Essa
intende analizzare le effettive potenzialità di consolidamento e crescita delle filiere corte
per definire i possibili scenari futuri. La letteratura in questione si sviluppa nell'ambito
dell'approccio convenzionale all’innovazione, in cui le innovazioni devono essere
sperimentate all’interno di processi produttivi già esistenti per poi essere migliorate e
giungere a condizionare il modello produttivo vigente.
L’innovazione è qui intesa in senso complessivo e “multilivello” come quel
cambiamento in grado di mettere in discussione i principi che regolano il network dal
quale l'innovazione stessa è nata.
I concetti fondamentali della teoria della transizione basata sulla prospettiva
multilivello sono due: il paradigma tecnologico75 e il regime. Il primo rappresenta un
modello che deve essere sviluppato e migliorato dalla continua sperimentazione, basato su
idee e opinioni relative al modo e alle conoscenze con cui affrontare i problemi (Dosi,
1982); il secondo consiste invece nel sistema di regole che coordina le reti di attori e cose,
grazie alla trasformazione dei paradigmi in concrete reti di relazioni (Brunori et al., 2007).
La prospettiva multilivello (MLP) riferisce tre concetti di analisi ad altrettanti livelli
(Geels e Schot, 2007) (figura 2.6): il regime socio-tecnologico, la nicchia tecnologica e il
panorama socio-tecnologico. Il primo consiste nell’evoluzione del modello di regime
tecnologico elaborato da Nelson e Winter’s (1982), definito come quel "sistema di regole
comprese in un complesso coerente di conoscenze scientifiche, pratiche ingegneristiche,
tecnologie del processo di produzione, caratteristiche del prodotto, abilità e procedure,
modi di gestione di artefatti utili e persone, modi di definizione dei problemi, tutti fattori
inseriti in istituzioni e infrastrutture” (Rip e Kemp, 1998). Il secondo concetto detto anche
74 Dal 2010 è commissario europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale nella Commissione Barroso II.
(http://it.wikipedia.org/wiki/Dacian_Ciolos).
75 Il paradigma è inteso come l'insieme di teorie, leggi e strumenti che definiscono una tradizione di ricerca in cui
le teorie sono accettate universalmente (Kunh, 1962).
60
“nicchia di innovazione 76 rappresenta quegli spazi economici protetti, posizionate ai
margini del regime dominante, dove è possibile sperimentare pratiche alternative e trovare
soluzioni a specifici problemi (Kemp et al., 1998; Seyfang, 2009). Nelle nicchie nascono
novità (o novelty), piccoli cambiamenti con il potenziale di diventare radicali grazie al
potere incubatore della nicchia stessa, che le protegge dalla selezione del mercato
dominante (Schot, 1998; Kemp et al., 1998). Nello sviluppo l’innovazione è accompagnata
dai piccoli network di attori interni alla nicchia. Il panorama socio-tecnologico rappresenta
un ambiente esogeno, non direttamente influenzato dalla nicchia e dal regime,
caratterizzato da elementi di natura globale al cui interno possono coesistere diversi regimi
contemporaneamente. I cambiamenti al suo interno sono lenti e si possono visualizzare
solo con il passare di decine di anni.
L’importanza delle nicchie per conseguire cambiamenti radicali nel panorama sociotecnologico sono rimarcate da Kemp (et al., 1994), che sottolinea come le innovazioni che
si creano all’interno del regime non sono in grado di cambiare radicalmente il regime
Figura 2.6: Quadro concettuale della transizione tecnologica
Fonte: Geels (2004)
stesso, poiché si muovono sempre nel rispetto delle regole preesistenti. Lo sviluppo e il
consolidamento delle novelty all’interno della nicchia, se direttamente genera la
Il concetto di nicchia deriva dall’ecologia, che definisce lo ‘spazio ecologico’ come quel luogo in cui una o più
specie attingono a risorse non insidiate da altre specie. La nicchia ecologica definisce il comportamento di un
organismo o una popolazione rispetto alla distribuzione di risorse e come a loro volta essi alterino questi stessi
fattori. La nicchia descrive la posizione relativa di una specie o di una popolazione nel suo ecosistema.
76
61
formazione di nuovi regimi, indirettamente causa pressioni sul sistema socio-tecnologico
dominante.
In questo processo il ruolo degli attori è centrale nell’influenzare il regime
dominante. Tuttavia, un regime in cui le tecnologie sono fortemente radicate può bloccare
l’innovazione prima ancora che abbia attivato nuovi percorsi.
La prospettiva MLP sostiene che la transizione deriva dall’interazione tra i processi
che avvengono a diversi livelli (figura 2.7). Dalle nicchie emergono nuovi paradigmi e
innovazioni grazie all’effetto di processi di apprendimento, che favoriscono la
ricostruzione di nuove chiavi interpretative con cui elaborare le informazioni, leggere la
realtà, valutare concetti, discorsi e azioni (Brunori et al., 2007; 2008). In particolare la
ricostruzione di nuovi schemi cognitivi avviene attraverso “processi di apprendimento
Figura 2.7: Prospettiva multilivello
Incremento della strutturazione delle attività in pratiche locali
Panorama sociotecnologico
Pressione del panorama sul
regime che si apre alle novelty
tramite finestre di opportunità
Nuovo regime che
influenza il panorama
Preferenze di mercato
Regime
socio-
scienze
cultura
tecnologico
industria
politiche
tecnologia
Una nuova configurazione fa ingresso
nel regime tramite una finestra di
opportunità, il regime è costretto ad adattarsi
Il regime è stabile e si basa
su differenti dimensioni che
indicano processi continui
Pressione del
panorama sulla
nicchia
Nicchia di
innovazione
I vari elementi si allineano e si stabilizzano
tramite processi di crescita interni
Piccole reti di attori promuovono innovazioni sulla base di nuove
idee (novelity) che derivano dalle aspettative e da processi di apprendimento
sulla base di molteplici dimensioni (co-costruzione). L’attività iniziale si
sforza di mettere in comunicazione i vari elementi, in origine scollegati
Tempo
Fonte: Geels e Schot (2007)
collettivo” (Rossi, 2012) che stabilizzano e consolidano la nicchia internamente. Tali
cambiamenti sono del tutto imprevedibili e possono variare a seconda dei soggetti che vi
partecipano (Moors et al., 2004; Rotmans et al., 2000). Le pressioni che provengono dal
consolidarsi della nicchia destabilizzano il regime dominante creando delle finestre di
opportunità per l’affermarsi delle novelty.
62
Entrando a far parte del regime dominante le nicchie si adattano e subentrano ai
diversi livelli della società: economico, relazionale, istituzionale, culturale, ecc. Sfidando
attori, regole e artefatti preesistenti, la nicchia preme fino a quando il regime non si sarà
modificato acquisendo i nuovi paradigmi (Brunori et al, 2007); dallo stesso panorama
socio-tecnologico possono a loro volta provenire pressioni che innescano processi di
cambiamento nei regimi e stimolare la formazione delle nicchie (Rip e Kemp, 1998; Guidi,
2009).
L’allineamento di questi processi genera quella rottura in grado di far accedere la
novelty nel mercato dominante e di mettere in competizione i nuovi regimi con quelli
preesistenti. L’affermarsi e la buona riuscita della novelty, al contatto con il regime
dominante, porta alla formazione di nuovi regimi che a loro volta influenzano il panorama
socio-tecnologico.
Analizzando i cambiamenti avvenuti nel settore agro-alimentare in questi anni,
alcuni autori sostengono che, nei sistemi agro-alimentari, questi processi di cambiamento
si possono compiere solamente a livello locale, poiché sono fortemente influenzati dalla
conoscenza tradizionale del luogo (Ploeg et al, 2004). Per questo le innovazioni prodotte
non possono essere trasferite in altri luoghi e situazioni senza essere adattate al contesto in
cui devono funzionare. Dunque la nicchia si configura come lo spazio in cui i singoli attori
mettono in pratica processi di apprendimento a livello locale. Tra questi processi vi è per
esempio quello del prezzo.
Il modo con cui i GAS si approcciano al tema del prezzo può essere considerato una
novelty, un’innovazione in corso di sperimentazione e assestamento all’interno della
nicchia che sta cercando una propria collocazione all’interno del regime agro-alimentare
dominante.
L’importanza del consumo nella transizione verso la sostenibilità
Da ciò emerge la necessità di dirigere la transizione del regime alimentare verso una
maggiore sostenibilità (ambientale, economica, sociale). Una rappresentazione della
transizione si può vedere nella figura 2.8 in cui nuovi paradigmi si affermano e danno
luogo a cambiamenti a diversi livelli. Seyfang e Smith (2006) propongono di applicare la
teoria della transizione (Rip e Kemp 1998; Rotmans et al. 2001; Geels 2004; Kemp e
Loorbach 2006) allo studio del consumo sostenibile. Questa teoria si basa sull'assunto che
esistono due tipi di innovazione: la prima, detta incrementale, è basata su un
miglioramento step by step' generato dall'apprendimento sul campo e supportato dalla
63
conoscenza tecnico-scientifica prodotta all'interno del paradigma stesso; la seconda,
denominata radicale, consta nell'introduzione di un nuovo paradigma sulla base di nuove
conoscenze e nuove risorse. A questo proposito si scorge, nella letteratura sulle filiere
corte e sulle reti alimentari alternative, la visione del consumo critico quale il motore per
favorire i processi di transizione verso la sostenibilità (Holloway et al. 2007; Lockie e
Kitto, 2000; Maye et al. 2007; Fonte, 2008; Schermer et al. 2011). Per rispondere a tali
esigenze, l’azione collettiva e le pratiche di acquisto e consumo vengono ridefinite e
riorganizzate interamente.
Nel contesto della transizione verso lo sviluppo sostenibile si sottolinea l'opportunità
di favorire la creazione di 'nicchie verdi', come sperimentazione sociale, per la diffusione
di processi di apprendimento (Geels e Schot 2007; Geels, 2004). Attraverso processi di
Figura 2.8 : Schema riassuntivo della transizione attraverso l’azione collettiva e il
consumo critico
Rispetto per l'uomo (produzioni locali nel rispetto dei diritti) Nuovi valori (solidarietà, consapevolezza,, partecipazione) Rispetto per l'ambiente (produzioni locali ed eco compatibili) Azione collettiva e consumo critico Cambiamento sociale (norme e regole) Cambiamento infrastrutturale (sistema di approvvigionamento) Cambiamento soggettivo‐
culturale (stili di vita) Fonte: Elaborazioni personali
apprendimento e interazione sociale, i gruppi riconfigurano il sistema socio-tecnico,
definendo nuovi approcci, set di regole, modelli organizzativi e artefatti (Rossi e Brunori,
2011).
È opinione condivisa che l'apprendimento sia di cruciale importanza per migliorare
la capacità di generare soluzioni nuove a problemi specifici (apprendimento di primo
ordine) o di immaginare e generare possibili alternative al sistema dominate
(apprendimento di secondo ordine) (Kemp et al. 1998, Hoogma et al. 2002; Smith et al.,
64
2005; Seyfang, 2009). Questo è qualcosa che va ben al di là del consumo critico,
mostrando una capacità di cambiamento e di critica al sistema dominante ben più profonda
e incisiva. È la capacità di sperimentare percorsi innovativi e di mostrare il bisogno di
innovazione su più ampia scala il vero potenziale di questa esperienza, di per sé limitata in
termini dimensionali (Rossi e Brunori, 2011).
Se da una parte, la letteratura sulla transizione prende in considerazione 'nicchie
verdi' di innovazione che operano interamente secondo una logica di mercato; dall’altra
Seyfang (2006, 2009) sottolinea la necessità di tener conto nello studio della 'transizione'
anche della necessità di creare una forza mirata al cambiamento dei modelli di consumo.
Seyfang (2009) distingue tre principali approcci alla teoria del consumo: un
approccio utilitaristico, uno psico-sociologico e uno strutturale. Il primo deriva
dall'economia
neo-classica
e
dall'individualismo
metodologico,
che
pone
la
massimizzazione dell'utilità come obiettivo principale del consumatore. Tale concezione
secondo Barry e Slater provoca una divisione tra consumatori e produttori, tra cittadini
esperti e profani (2002).
Il secondo ha le sue origini nell'antropologia sociale (Douglas e Isherwood, 1979) e
nella sociologia (Bourdieu, 1984). In quest'approccio i consumatori rispondono non solo a
obiettivi di massimizzazione dell'utilità individuale, ma anche a motivazioni intrinseche
derivanti da norme sociale e valori morali. Per esempio alcuni interpretano il cibo secondo
l’idea del totem di Durkheim, come simbolo che rappresenta le relazioni sociali alla base
della produzione (Douglas e Isherwood, 1978), piuttosto che secondo quella del prodottofeticcio di Marx (Goodman e DuPuis, 2002).
Infine l'approccio strutturale da valore alle dimensioni materiali e collettive del
consumo, piuttosto che a quelle soggettive e individuali. Se oggi i sistemi di
approvvigionamento alimentare sono considerati sistemi rigidi (Fine e Leopold, 1993) che
costituiscono un insieme di modelli produttivi, istituzioni e norme che non lasciano molto
spazio alle scelte dei consumatori, in accordo con Seyfang (2006, 2009), la transizione a
un modello di consumo sostenibile non può avvenire con la somma dei cambiamenti nei
comportamenti individuali ma piuttosto richiede un’azione collettiva mirata a trasformare
radicalmente lo stesso sistema di approvvigionamento.
La capacità di trasformazione del consumo, anche secondo Sanne (2002), non può
essere sorretta appellandosi all'interesse personale dei consumatori. Per trovare una via
alternativa è necessario guardare ai limiti che incontrano gli individui quando adottano
nuovi comportamenti di consumo e alle opportunità che si presentano loro per superarli.
65
In accordo con la teoria della transizione, i GAS rappresentano quelle nicchie, intese
come spazi protetti in cui sperimentare nuovi paradigmi e nuove soluzioni. I gruppi
operano attraverso quelli che sono stati definiti processi di apprendimento e interazione
sociale (Rossi e Brunori, 2011) per fornire al sistema socio-tecnico nuovi approcci, regole,
modelli organizzativi e artefatti. Lo scopo è quello di riconfigurare i limiti tra consumo e
politica offrendo un modo alternativo a quello consolidato di consumo, innescando in
questo contesto processi di innovazione ad alto livello (Brunori et al., 2011).
In poche parole sono la chiave per innovazioni di sistema e si prospettano come un
terreno fertile in cui sperimentare e sviluppare il cambiamento nelle pratiche di consumo
(Brunori et al., 2011). Ecco perché sono considerati "laboratori di sperimentazione"
(Brunori et al., 2011; Rossi e Brunori, 2011; Salvioni e Fonte, 2013 ; Belletti et al., 2010).
Il GAS mette in dubbio la relazione tra i bisogni e le necessità, tra l'indispensabile e
il superfluo, un dibattito molto ampio nella letteratura del consumo sostenibile (Reisch e
Ropke, 2004). Considerando che la pratica di consumo è inserita in un contesto sociale, il
GAS crea un contesto sociale alternativo in cui è più facile staccarsi dalle vecchie pratiche.
Secondo la teoria della transizione, infatti, il cambiamento degli stili di consumo passa per
l'adozione di nuove norme e artefatti in sostituzione di quelli vecchi, processo che è alla
base della costruzione di un nuovo regime socio-tecnico (Geels, 2004; Smith, 2006), cosa
che i GAS hanno come obiettivo.
Il consumo come pratica sociale
Il GAS, creando un’azione collettiva, permette ai consumatori di esercitare la loro
azione, applicando il cambiamento all’intera pratica del consumo. Questa visione si
propone di analizzare l’attività dei GAS attraverso la lente della Teoria delle Pratiche
Sociali. Per Reckwitz (2002) una 'pratica' (Praktik) è un tipo di comportamento routinario
composto da diversi elementi, interconnessi tra loro: azioni fisiche, attività mentale,
"oggetti" e il loro uso, background di conoscenza, know-how, emozioni e motivazione.
66
La pratica sociale ruota intorno al concetto di co-produzione, riassunto nella figura
2.9. Tale pratica viene vista come un comportamento routinario che convoglia tre
differenti configurazioni: una teleo-affettiva, denominata anche ‘agency’, che abbraccia
fini, progetti, emozioni e stati d'animo (Schatzki 1996); una materiale / funzionale, che
comprende cose, oggetti, tecnologie e attività fisiche; una socio-culturale, immateriale, che
comprende norme e ruoli sociali, abitudini, conoscenza tacite e pratiche delle cose e del
loro uso (competenze). Secondo Fonte (2013), i GAS favoriscono la transizione verso un
sistema alimentare più sostenibile tenendo conto della complessità della pratica sociale e
della necessità di intervenire ai diversi livelli (motivazionali, socio-culturali, strutturali e
materiali).
Figura 2.9: Schema della co-produzione
Processi di apprendimento e adattamento Feedback dai consumatori Logistica,
organizzazione
della
distribuzione
superamento dei vincoli Dimensione economica
delle relazioni (prezzi di
mercato, finanziamenti,
condivisione del rischio)
Stagionalità della
produzione, varietà
input dai consumatori CO-PRODUZIONE DI
SISTEMI
ALIMENTARI
ALTERNATIVI
ricerca di soluzioni implementa
zione problemi/
opportunità per gli agricoltori Nuove relazioni
(rispetto,
conoscenza,
reciprocità)
Fonte: Elaborazioni personali
Nel nostro caso, l’azione collettiva dei GAS mira a creare un sistema di
approvvigionamento agroalimentare innovativo, che rende accessibile a tutti i prodotti
biologici. La motivazione deriva dall’inaccessibilità di questi ultimi nel sistema di
approvvigionamento convenzionale. Le nozioni socio-culturali si basano su diversi criteri
di azione. Nel caso della selezione dei prodotti e dei produttori; la struttura
materiale/funzionale si basa su un nuovo modo di fare la spesa, non più con il carrello
dentro al supermercato ma su internet e poi in un luogo di scambio e socializzazione.
La nuova pratica puà funzionare se gli individui riorganizzano le proprie routine e si
adattano ai nuovi modelli (figura 2.10). Il cambiamento avviene grazie allo spostamento
67
del contesto relazionale: il consumatore lascia i vecchi networks, affidandosi ai nuovi, e
modifica il suo grado di coerenza rispetto alle proprie scelte di consumo in base a processi
di apprendimento (Brunori et al., 2011).
I processi che si attivano all’interno dei GAS avvengono attraverso l’interazione
sociale tra individui con un diverso grado di consapevolezza e di coerenza nei
Figura 2.10: Affermazione della nuova pratica sociale nei GAS
• Ricerca di cibo sano e più sostenibile a prezzi accessibili Norme, regole, competenze, abitudini, conoscenze Motivazioni, cini, progetti, stati d’animo • Agricoltura bio, legame diretto con il produttore locale e piccolo • Nuovo modo di fare la spesa: online e in socialità Tecnologie, oggetti e il loro uso, attività cisiche Fonte: Fonte e Seneghe (2013)
comportamenti di produzione e di consumo. Il meccanismo si attiva nel momento in cui i
più esperti trasferiscono conoscenze e valori ai nuovi entrati, i più consapevoli ai meno
consapevoli.
A tale proposito Rossi e Brunori (2011) distinguono tre ambiti di relazione attraverso
cui avvengono i processi di apprendimento (figura 2.11):
-
L’interazione tra pari, ovvero tra consumatori o tra produttori
-
L’interazione tra consumatori e produttori
-
L‘interazione con altre organizzazioni
Nel primo l’interazione tra consumatori li porta a uscire dalla dimensione
“individualizzata” delle loro pratiche di acquisto-consumo (Jaffe e Gertler, 2006),
condividendo processi di scelta e ritrovando la funzione di mediazione sociale svolta dal
cibo. Tra i produttori si verifica una condizione di interazione e collaborazione, in molti
casi impoverita nei rapporti di filiera. Alla necessità di ritrovare la socialità delle pratiche
di produzione e consumo si affianca quella di una loro ri-territorializzazione (Renting et
al., 2003) in contrapposizione al processo di de-territorializzazione in atto dal meccanismo
moderno (van der Ploeg, 2004; Murdoch et al., 2000; Marsden, 2003).
68
In quest’area si affrontano diversi aspetti: il superamento delle difficoltà, il
rafforzamento dell’identità, lo scambio di conoscenze e principi, la ridefinizione dei
bisogni, il senso di efficacia dell’azione individuale, lo sviluppo di capitale sociale
comunitario, la socializzazione e la crescita dell’impegno al di là dello scambio economico
(esempio attraverso le pratiche del baratto o del dono; impegno civico e consapevolezza
politica).
Vivendo
questa
esperienza
collettivamente,
l’apprendimento
diviene
Figura 2.11: Schema di sintesi dei livelli di interazione tra GAS e altri soggetti
INTERAZIONE TRA
PRODUTTORI
Collaborazione
INTERAZIONE TRA
PRODUTTORI
E
CONSUMATORI
Co-produzione
(supporto,
collaborazione,
qualità,
innovazione, prezzo, gite,
informazione, eventi…)
INTERAZIONE TRA
CONSUMATORI
Apprendimento
sociale
collettivo
(Consapevolezza,
socializzazione,
identità,
azione individuale, scambio,
condivisione, …)
INTERAZIONE TRA
CONSUMATORI
E
ALTRE
ORGANIZZAZIONI
(associazioni,
movimenti, altri GAS,
mercati, etc)
(scambio, sostegno, …)
Cittadinanza
alimentare
(azione politica, pressione
verso i media, progetti più
ampi, leggi, eventi, …)
Fonte: rielaborazioni personali su Brunori (Ross e Brunori, 2012)
“apprendimento sociale o collettivo” (social learning) nel senso che tale innovazione è
condivisa e diviene parte di uno schema comune di pensiero e azione, che rafforza il
percorso dei singoli e crea sinergie.
Nel secondo caso si tratta di processi di co-apprendimento che portano alla creazione
di quei nuovi significati e preferenze, norme e regole che sono alla base di modelli tecnici
e organizzativi alternativi propri di questi sistemi di relazione diretta. Si tratta in sintesi
dello svolgimento della co-produzione. In questa fase le interazioni tra consumatori e
produttori vertono prevalentemente sulla qualità del prodotto, (biologico, locale,
tradizionale, stagionale), sulla dimensione economica della relazione (prezzo giusto, forme
di pagamento, modalità di condivisione del rischio economico) e gli altri aspetti che
69
qualificano la stessa relazione (rispetto, reciprocità, conoscenza diretta), gli aspetti
organizzativi.
Questo tipo di relazione aiuta a definire il concetto di co-produzione77 (Brunori et al.,
2011) per indicare il diverso approccio alle relazioni tra produzione e consumo e ai loro
processi, tradotto in modelli tecnici e organizzativi alternativi (Brunori et al., 2010). Nel
contesto della co-produzione emergono metodi innovativi di gestione delle relazioni tra
GAS e agricoltori. Nascono così reti di supporto a produttori in difficoltà finanziarie (in
molti casi attraverso forme creative), come quella avviata agli inizi del 2009 dall’iniziativa
di circa 80 GAS che si sono mobilitati e hanno concesso un prestito di 110 mila euro per
permettere a un piccolo caseificio biologico in crisi di liquidità (Tomasoni di Gottolengo,
BS) di non chiudere i battenti e continuare la sua produzione78
Il terzo livello di interazione avviene tra il GAS e altri attori e network: mercati
contadini, associazioni di produttori, ma anche con altri attori locali impegnati nella
costruzione di sistemi alimentari alternativi o, più in generale, interessati a modelli
economici e a forme di organizzazione sociale sostenibili (associazioni ambientaliste o del
commercio equo e solidale, movimenti sociali, comitati di cittadini, imprese del terzo
settore, associazioni culturali, amministratori locali, istituzioni scolastiche e sanitarie,
istituti di ricerca, agenzie formative, tecnici). La capacità di mettersi in relazione, di
condividere approcci e progettualità all’interno di network inclusivi rappresenta una
componente essenziale della possibilità di favorire più ampi processi di transizione, in
grado di andare ben al di là di una mera ristrutturazione di filiera (Rossi o INEA, 2012). Le
relazioni che si sviluppano in questo contesto inter-organizzativo e le relative opportunità
che ne derivano si stanno rivelando molto importanti ai fini dei processi di apprendimento
e di innovazione (Brunori et al., 2008; INEA, 2012). In particolare, sono alla base della
possibilità di sviluppo di altre forme di cittadinanza alimentare (Renting et al., 2012;
Seyfang, 2006) o di altre forme di consumo etico e della creazione delle condizioni per lo
sviluppo di impegno civico e consapevolezza politica, contribuendo alla formazione di un
diverso approccio al cibo quale punto di partenza per altri cambiamenti di atteggiamento e
pratiche (Sassatelli, 2004).
Per favorire una transizione verso un sistema alimentare più sostenibile, le politiche
devono tenere conto della complessità della pratica sociale e del contesto relazionale in cui
77Vedi Ritzer e Jurgenson (2010) e Schermer et al., (2011).
78 AA.VV., GASP. Gruppi di acquisto solidale e partecipativo, Edizioni Punto Rosso, Milano, 2009,
p.172.
70
sono immersi i consumatori. Bisogna dunque intervenire sui diversi livelli (motivazionali,
socio-culturali, strutturali e materiali) per attivare il cambiamento.
Uno di questi cambiamenti avviene infatti nel campo della sostenibilità sociale,
dell’accessibilità. Affrontare il tema del prezzo nella filiera dei GAS, dunque, significa
indagare se la pratica in corso di consolidamento sta raggiungendo l’obbiettivo di rendere
accessibili i prodotti biologici a uno strato di popolazione che finora ne è escluso.
71
72
Capitolo 3
Il prezzo nella filiera agroalimentare
Il prezzo è lo strumento principe di cui si avvalgono gli economisti79. Il prezzo è lo
strumento con cui viene indicato il valore80 di un certo prodotto in moneta - o comunque
nel mezzo di scambio vigente nel sistema economico - in un dato momento e luogo. Ma il
prezzo ha anche altre funzioni81.
Dovrebbe indicare anche il costo totale dei prodotti e dei servizi che sono stati utili
alla sua creazione. Nel caso dei prodotti agricoli, dovrebbe indicare la quantità di capitale,
lavoro, terra, input ed elementi immateriali impiegati nel processo produttivo. Dovrebbe
essere in grado di indicare anche la tecnologia con cui quel prodotto è stato ottenuto e la
provenienza.
Il prezzo dovrebbe anche rappresentare un metro di giudizio riconosciuto per
indicare la qualità intrinseca del bene. La qualità è riconosciuta per avere un carattere
multidimensionale e intersoggettivo. Per il cibo gli attributi possono essere le proprietà
organolettiche, l’estetica, la funzionalità, il contenuto di nutritivi e la sicurezza (Caswell,
1997).
Se poi si prende in considerazione il significato che ha il prezzo nel Marketing si evince
che questo può essere uno strumento utile per definire la strategia aziendale: può essere
usato un prezzo basso per inserirsi nel mercato o uno alto per scremarlo, cosa che avviene
per esempio nel caso dei prodotti di lusso. Ma soprattutto tramite il prezzo le imprese
determinano il loro margine di guadagno (Peter et al., 2013).
Tutti questi fattori rendono chiaro che il prezzo è uno strumento economico allo
stesso tempo molto importante e molto complesso. Ecco perché il dibattito sulla
formazione dei prezzi resta sempre aperto.
79Liberman
et al,1965,37
Il valore è a sua volta il concetto che indica la quantità di moneta (o dell'unità di scambio in uso nel sistema
economico vigente), o di merce, alla quale un bene jo un servizio possono essere scambiati nel mercato ().
80
In questa sezione si riporteranno prevalentemente i risultati dell’analisi di Belletti (et al., 2010), sotto il
coordinamento dell’ Azienda Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel settore Agricolo-Forestale, che ha
affrontato la dinamica dei prezzi nell’ambito dall’analisi dei mercati degli agricoltori in Toscana.
81
73
3.1 Il dibattito sul prez z o
Il dibattito sulla corretta determinazione del prezzo si ritiene sia cominciato già nel
Medioevo. I concetti principali attorno a cui ruotava il dibattito in materia economica
riguardavano soprattutto il giusto prezzo e il giusto salario, la mercatura e la proibizione
dell’usura. Questi concetti sono stati affrontati dagli scritti di Tommaso d’Aquino
nell’ambito di una filosofia in cui i valori principali del cristianesimo integravano gli
autentici valori umani tramandati dall’antichità classica82.
Da sempre questo dibattito pone tre interrogativi. Il primo concentra l’attenzione sul
conflitto tra società e individuo interrogandosi per quale soggetto, tra produttore,
consumatore e società, deve essere giusto il prezzo. Il secondo si domanda per quale fine
deve essere giusto Potrebbe essere usato, per esempio, per ridistribuire la ricchezza, per
garantire la sicurezza nazionale, la sicurezza alimentare, il benessere dei cittadini o per
scopi finanziari. Infine, una volta individuato chi tutelare e cosa perseguire, bisogna
stabilire il criterio di determinazione del prezzo, analizzando le sue interdipendenze e gli
strumenti per metterlo in pratica.
Il dibattito sul prezzo nell’economia di mercato
L'economia di mercato83 si basa sul presupposto che le indicazioni su come allocare
le risorse scarse e come regolare i processi di scambio siano affidate ai Mercati84 tramite il
meccanismo dei prezzi.
I consumatori hanno un ruolo fondamentale: essi decidono che cosa acquistare in
base a un vincolo di bilancio 85 (il budget) e a un comportamento razionale 86 . Il
82
La Società. Etica ed Economia, n 5-6 (2011), Fondazione Giuseppe Toniolo, Verona.
L’economia di mercato è l’organizzazione economica di un paese che si fonda sulla proprietà privata, sulla
libertà di impresa e sullo scambio di beni e servizi in mercati liberi. Fino alla caduta dei regimi socialisti,
all'economia di mercato - propria dei Paesi occidentali - si contrapponeva l'economia pianificata, in cui le
principali decisioni economiche non spettavano agli imprenditori privati e al gioco della domanda e dell'offerta
sul mercato, ma provenivano, invece, dagli organi statali responsabili della pianificazione economica.
Naturalmente, anche in un'economia di mercato vi è maggiore o minore libertà economica, a seconda che sia più
o meno intensa la concorrenza fra le imprese. In particolare, la libertà d'iniziativa risulta profondamente limitata
quando su un mercato opera un solo produttore (monopolio) o pochi grandi produttori (oligopolio). Varian
(1997).
83
84 i mercati (dal lat. mercatus) sono luoghi e strutture per lo scambio di merci; con questo significato compare
anche in numerosi toponimi, come per esempio "piazza del mercato". Nell'ambito delle scienze economiche,
l'espressione Economia di mercato indica inoltre un sistema in cui i prezzi sono determinati (almeno sul piano
teorico) dal libero gioco della domanda e dell'offerta (Concorrenza). Varian (1997).
Il vincolo di bilancio o retta di bilancio definisce l’insieme dei panieri che il consumatore può acquistare
spendendo completamente il proprio reddito (Varian, 2009).
85
86 Per esseri razionali, la teoria economica, dice che le preferenze dei consumatori si baano su quattro proprietà
fondamentali: non sazietà, completezza, transitività, convessità (Varian, 2009).
74
consumatore sceglierà cosa consumare con l’obiettivo di massimizzare la sua utilità. I
consumatori rappresentano la domanda di beni, mentre i produttori l’offerta. Secondo
questo pensiero, il livello dei prezzi (il prezzo di equilibrio) è determinato dal gioco della
domanda e dell’offerta i cui squilibri sono bilanciati da variazioni del prezzo tese a
raggiungere un equilibrio (Varian, 2007).
I mercati si fondano sulle ipotesi di asimmetria informativa, sul grande numero di
produttori e compratori in ciascun mercato, piccole dimensioni dei produttori, sull’assenza
di barriere all’ingresso87 e sull’omogeneità del bene prodotto/venduto in ogni mercato.
Sulla base di queste semplificazioni la teoria economica sostiene l’esistenza di due tipi di
mercati: i mercati che funzionano, chiamati “concorrenziali”, e quelli che non funzionano,
chiamati “non concorrenziali”.
Nei primi, a causa del gran numero di venditori e compratori, vige un sistema di
concorrenza perfetta poiché nessun soggetto può influire sul prezzo e gli operatori sono
price takers, devono cioè adattarsi al prezzo raggiunto dal mercato e decidere cosa e
quanto produrre e/o acquistare. In questi mercati, quando il prezzo è troppo elevato
significa che vi è un eccesso di domanda che l’offerta non riesce a soddisfare. Si
producono meno beni di quanti ne chiedono i consumatori, il bene risulta relativamente
scarso e il suo prezzo aumenta. Questo dovrebbe invitare altri imprenditori a investire in
quel settore con l’ingresso di nuove imprese o l’ampliamento di quelle già esistenti. La
maggiore capacità produttiva colmerebbe quel vuoto e renderebbe il bene meno scarso, ciò
dovrebbe permettere di riequilibrare l’offerta e di adattarsi alla nuova richiesta con un
abbassamento dei prezzi.
Nei caso di prezzi bassi, accade l’inverso: il settore produce più prodotti del
necessario e le imprese meno efficienti, che non riescono a trovare sbocco per i propri
prodotti, si vedrebbero costrette a uscire dal mercato. Questo permetterebbe a quelle
imprese efficienti che sono rimaste nel mercato di aumentare i prezzi perché il bene
sarebbe adesso più scarso di prima. Così facendo l’offerta dovrebbe raggiungere la
domanda nel punto di equilibrio.
Nel caso dei mercati “non concorrenziali” (oligopoli o monopoli) i produttori,
solitamene imprese di grandi dimensioni, e i compratori individuali possono influenzare il
prezzo in virtù del loro potere contrattuale nei confronti degli altri operatori e vengono così
detti price makers. Questo fa sì che non è il normale gioco della domanda e dell’offerta a
87
All’ingresso in un settore economico.
75
determinare il prezzo ma piuttosto l’impresa monopolista (o le imprese oligopoliste) a
determinarlo grazie al loro potere di mercato. Giunti a questo punto, lo scopo dello Stato è
quello di stabilire condizioni tali da assicurare il maggior grado di concorrenza 88
(concorrenza perfetta) tra gli operatori di mercato, limitando però il meno possibile la loro
libertà di azione. Secondo gli economisti, la concorrenza sarebbe in grado di auto-regolare
i meccanismi dell'economia facendo sì che il singolo, perseguendo la propria utilità
individuale (il proprio interesse), concorrerebbe anche al bene della collettività.
L’affermazione della concorrenza avrebbe due importanti pregi: la massimizzazione
del rapporto tra qualità e prezzo dei beni e dei servizi commercializzati (attraverso
l'ottimizzazione dei fattori della produzione); l'eliminazione (attraverso la competizione) di
quei concorrenti che non riescono a conseguire il primo obiettivo. Questo permetterebbe
all’economia di mercato di avvicinarsi all’ottimo paretiano, ovvero un sistema in cui
l'allocazione delle risorse è tale che non è possibile apportare miglioramenti a una parte
senza ledere il benessere dell’altra. Gli economisti sono dunque convinti che il prezzo di
equilibrio raggiunto nel mercato concorrenziale (o prezzo di mercato) sia il prezzo giusto89
da pagare al produttore e da chiedere al consumatore.
Già verso la fine dell’Ottocento, le teorie dell’economia di mercato erano al centro di
forti critiche per la impossibilità di raggiungere quella situazione di concorrenza perfetta
auspicata. Oggi è noto che la quasi totalità dei mercati è dominata da una situazione di
concorrenza imperfetta. Questo comporta sbilanci economici (con le conseguenze
economiche e sociali evidenziate nel capitolo precedente) che contemplano un’ineguale
distribuzione del valore tra settori produttivi e nazioni; un grande dispendio di risorse
sempre più scarse come quelle petrolifere; sprechi in termini di prodotti invenduti e
distrutti; una concentrazione di potere economico nelle mani di un numero sempre più
ristretto di soggetti con la conseguente creazione di posizioni oligopsonistiche e
oligopolistiche.
Con il passare degli anni è stato ricercato il modo migliore per colmare tali lacune,
soprattutto dal punto di vista dell’inquinamento ambientale. Nel far questo però non sono
mai stati messi in discussione i principi di base. Le soluzioni economiche che ancora oggi
vengono proposte sono comunque volte a garantire il maggior grado di concorrenza
89 La giustizia sociale, secondo gli economisti è determinata dall’affermarsi della concorrenza. La concorrenza
eliminerebbe i redditi non guadagnati, assicurando così un fattore di giustizia sociale (Le Garzantine: Economia,
Garzanti Editore 2011, p 316)
76
possibile. Gli economisti si sono focalizzati sulla necessità di incrementare la
regolamentazione di quei beni che non avevano ancora un prezzo di mercato e non erano
dunque scambiati nel mercato. Ci si riferisce alle esternalità la cui presenza non veniva
inserita nella determinazione del prezzo di mercato. La ricerca di un prezzo più corretto è
stata dunque affrontata andando a regolamentare gli scambi anche di quelle merci,
soprattutto risorse naturali. Si voleva risolvere la questione dell’esistenza di risorse
sfruttabili senza limiti (acqua, sabbia, aria ecc) il cui sfruttamento indiscriminato è frutto di
ulteriori costi negativi per la società.
In base a queste considerazioni le soluzioni più importanti che l’economia di
mercato ha proposto sono due. La prima è la creazione dei mercati delle esternalità (come
nel caso delle quote di emissione di CO290, in quel caso si trattava di dare un prezzo
all’inquinamento dell’aria a livello mondiale), tramite l’inserimento di normative sempre
più stringenti mirate a far sì che le imprese private sostengano il costo di questi effetti
negativi e li trasferiscano nel prezzo finale pagato dai consumatori.
La seconda è stata l’introduzione del concetto di prezzo ombra alla formazione del
prezzo di mercato: i prezzi ombra sono quelli che riflettono, meglio dei prezzi di mercato,
il valore sociale di un bene o servizio (Pennisi, 1991). Si tratta di un prezzo definito dallo
Stato, da far rispettare agli operatori privati. Il prezzo ombra è una valutazione terza, fatta
in base a una serie di parametri, diretta a razionalizzare l'approvvigionamento altrimenti
libero di una data risorsa naturale. Con l’introduzione di questo concetto si vuole
scoraggiare l'uso di risorse naturali che ogni utente privato ritiene erroneamente
abbondanti a causa dell'imperfezione informativa dei mercati (es. l'acqua dei mari ha un
prezzo nullo pur rappresentando un bene fondamentale per molte attività economiche e per
molti consumatori). Per la teoria economica moderna il prezzo ombra rappresenterebbe la
migliore alternativa possibile per indicare quello che è un prezzo giusto, in assenza di
validi segnali di mercato.
Nonostante questi sforzi è chiaro che risulta pressoché impossibile regolamentare
tutti gli aspetti negativi collegati alla formazione del prezzo e i risultati concreti raggiunti
dalle soluzioni interne all’economia di mercato sono state deludenti.
Nella ricerca delle soluzioni all’interno dell’economia di mercato si possono vedere
quelle che la teoria dell’innovazione chiama “innovazioni incrementali”. Le soluzioni
generate sono infatti figlie dello stesso sistema di regole che ha generato il problema.
90
Si veda la Direttiva 2003/87/CE.
77
Queste innovazioni nascono infatti sulla base di regole preesistenti (quelle dell’economia
di mercato), e non possono portare a quella che invece si chiama innovazione radicale, che
invece oggi è fortemente invocata dalla società. La filiera corta e le reti alimentari
sostenibili, si pongono proprio in questa chiave, rappresentano un modo alternativo di
pensare e di concepire l’economia al fine di trovare soluzioni attraverso il paradigma della
sostenibilità.
1.1.1
Il dibattito sul prezzo giusto nelle filiere corte
Nella filiera corta il dibattito91 che si è riattivato con l’introduzione del concetto di
“giusto prezzo” (Kirwan, 2004; Mathjis et al, 2006; Brunori et al., 2010; Belletti et al.,
2010). Noi analizzeremo questo concetto dal punto di vista della sostenibilità economica,
con riferimento alla redditività degli agricoltori, ambientale, con riferimento alla
produzione di esternalità negative, e sociale con riferimento all’accesso ai prodotti per i
consumatori.
Sostenibilità economica per gli agricoltori: il costo di produzione
Il primo tema si riferisce al problema della redditività degli agricoltori.
Nell’economia di mercato lo stato degli agricoltori nella filiera è pressato dalle posizioni
oligopoliste a monte, rappresentate dalle industrie fornitrici di input e, a valle,
rappresentate dai grossisti cui gli agricoltori vendono i prodotti. Come si è visto ciò
comporta una progressiva perdita di autonomia decisionale degli agricoltori, definita
squeeze on agriculture (Van der Ploeg, 2006). Lo squeeze genera una modalità di
formazione del prezzo che è il frutto di una situazione di potere, in cui il prezzo non viene
determinato dal mercato ma dalle strategie delle aziende alla ricerca di un maggiore
profitto. Il “prezzo giusto” si riferisce alle differenti strutture di mercato esistenti nel
sistema che determina lo squeeze.
Nella filiera corta questo aspetto viene affrontato a partire dall’analisi del costo di
produzione. È noto che la sola determinazione del costo di produzione non può essere
l’unico parametro per la determinazione del prezzo 92 , tuttavia è un passaggio
Il tema è stato ampiamente discusso all’interno delle reti agro-alimentari sostenibili ed è stato presentato in
versione ridotta durante il seminario “Ok, il prezzo è ingiusto” tenutosi a Genova nel 2010 per merito del
gruppo di lavoro agricoltura dei GAS della Provincia di Genova.
91
92 poiché questo rientra anche nella strategia di impresa e poichè dipende da una serie di costi intermedi difficili
da valutare (congiunti, generali e figurativi), la cui stessa valutazione è fonte di ulteriori costi
78
fondamentale. La determinazione del prezzo a partire dal costo di produzione ha i seguenti
limiti: non considera l’interazione con la domanda e la sua reattività al prezzo; il
consumatore lo percepisce come attributo del prodotto separato dalla qualità; se il prodotto
è deperibile e la produzione è già ottenuta, in caso di eccesso di offerta, l’unico strumento
in mano all’azienda, per recuperare anche parzialmente i costi, è quello di modificare il
prezzo di mercato del suo prodotto; non tiene conto della concorrenza, che pure ogni
azienda deve tenere in considerazione nel determinare il prezzo di vendita; non tiene conto
della dipendenza reciproca tra prezzi e costi: il prezzo influisce sulla quantità di prodotto
che un’azienda può produrre e quindi sui costi che essa deve sostenere per realizzare la
produzione.
Nella filiera corta, la ricostruzione del costo di produzione è tuttavia fondamentale
per individuare quelle componenti di costo che possono essere negoziate nell’ambito del
rapporto tra produttore e consumatore. La componente sulla quale la filiera corta si
sofferma è quella dei costi intermedi. Essi comprendono tutto ciò che serve per produrre in
agricoltura e possono essere ricondotti, da un lato alle spese degli input (energia e
chimica), dall’altro ai servizi intermedi come la trasformazione e la commercializzazione.
Parlando dei primi, l’agricoltura biologica si basa su input che sono molto diversi,
più programmabili e meno dipendenti dai prezzi del petrolio. L’adozione delle tecniche
biologiche si attiva rispettando i cicli naturali, le rotazioni dei terrenti, l’applicazione di
insetti “utili”, l’utilizzo di sementi adatte al territorio e l’utilizzo di input organici piuttosto
che chimici. Ciò comporta talvolta anche una maggiore indipendenza dagli input esterni.
Alcune aziende internalizzano la produzione di input valorizzando le risorse interne;
ciò è fonte di ulteriore autonomia e indipendenza, non solo dalle aziende a monte, ma
anche verso i produttori dei beni intermedi (fertilizzanti). Non è un caso che Van der Ploeg
(2008) sostenga che le aziende che valorizzano le risorse interne, adottando tecniche
rispettose dell’ambiente, danno luogo a una nuova “condizione contadina" che si basa sulla
creazione di un fondo di risorse autoprodotte che consente loro di mettere in moto un
circolo virtuoso in grado di accrescere la propria autonomia nei confronti degli agenti
esterni. Le aziende sono quindi spinte a internalizzare alcuni processi produttivi per
mantenere in loco il valore aggiunto i cui costi possono essere recuperati grazie alla
vicinanza e al rapporto tra produttore e consumatore. Le aziende che praticano questo tipo
di agricoltura sono dunque multifunzionali e piccole.
Nelle filiere corte i costi intermedi possono essere ridotti, tagliati o addirittura
annullati grazie al rapporto tra produttore e consumatore. Rientrano tra questi i costi di
79
certificazione, trasporto e commercializzazione. Le aziende agricole possono beneficiare
anche del fatto che si svincolano dai contratti di coltivazione, dove il prezzo è solitamente
fatto dalla GD, e anche dallo standard di riferimento della GD che vuole solo prodotti di
certe dimensioni e forme, scartando tutto il resto93. Nel caso italiano, l’AGCM (2007) ha
evidenziato che quando le aziende agricole internalizzano i processi di trasformazione e
trasporto sono in grado di mantenere una quota rilevante di valore aggiunto. L’opportunità
che si presenta per le aziende è quello di negoziare i costi nell’ambito del rapporto tra
produttore e consumatore.
Alcuni esempi possono essere:
-
La gestione collettiva della logistica, con altri produttori associati o con gruppi di consumatori
organizzati: GAS94, associazioni, aziende, famiglie.
-
La sperimentazione di nuove forme di certificazione partecipata che riducano il costo delle
certificazioni ufficiali;
-
La coltivazione di terre in luoghi urbani, prese in affitto o messe a disposizione dalle
Amministrazioni Pubbliche;
-
Le esperienze di finanza alternativa, prefinanziamento95, micro finanza, donazioni o raccolta
fondi;
-
La creazione di team di lavoro in cui produttori e consumatori mettono in comune le loro
capacità per affrontare problemi comuni e trovare soluzioni creative.
Questo è il punto fondamentale dove i GAS si presentano come innovazione radicale
e mirano a rovesciare le convenzioni vigenti nel sistema di mercato. Nella filiera corta gli
agricoltori, infatti, hanno la possibilità di contare su collaborazioni e cooperazioni che il
sistema convenzionale non prenderebbe mai in considerazione. Gli operatori non sono più
in una situazione concorrenziale, ma di cooperazione. La distinzione stessa tra
consumatori e produttori infatti è molto più sottile nelle filiere corte. I consumatori generalmente residenti in aree urbane - sono portati a interagire con il mondo rurale delle
aziende agricole e arrivano anche a condividere il rischio di impresa con gli agricoltori.
Ripristinare la redditività in agricoltura permette di raggiungere un obiettivo
fondamentale che è quello della sopravvivenza delle piccole aziende agricole. Il prezzo
giusto per gli agricoltori deve dunque tenere conto di:
93 Si pensi che il GAS 1 preso in esame, per un breve periodo ha acqusistato kiwi biologici di seconda scelta (in
questo caso avevano una forma leggermente diversa rispetto a quelli convenzionali) al prezzo di 0,80 centesimi al
kg.
E’ questo il caso della possibilità di selezionare aziende agricole che si trovano lungo la strada casa-lavoro di un
aderente a un GAS, il quale dovrà solamenta fare una breve deviazione dal suo percorso quotidiano per far
dimenticare al produttore qualsiasi onere connesso alla distribuzione.
94
95 Si faccia riferimento all’esperienza dei GAS di Roma nel prefinanziamento con la Fattoria Didattica “Il
Papavero”, in cui i consumatori pagano prima che le piante siano state messe a dimora.
80
-
La copertura dei costi di produzione (sostenibile) e commercializzazione.
-
Un compenso per il contadino che dia valore al tempo lavorato e che possa garantire una vita
dignitosa. Le necessità saranno diverse a seconda dell’azienda, del luogo e di altri fattori.
Sostenibilità ambientale: le esternalità negative
Mentre l’economia di mercato risolve il problema delle esternalità negative tramite
la creazione di un mercato apposito, nelle filiere corte il problema viene affrontato più in
profondità. La creazione di esternalità negative è dunque un effetto da evitare a priori, ecco
perché la sostenibilità ambientale e dell’agricoltura biologica è un principio fondamentale.
La ricerca del giusto prezzo deve quindi tenere presente quegli elementi che il pensiero
economico dominante generalmente trascura.
Per colmare il vuoto derivante da questo problema, nella filiera corta è stata presa in
considerazione l’analisi delle esternalità ambientali e sociali presenti nel sistema, quali
possono essere la conservazione e la riproduzione delle risorse e della biodiversità. A
questi si aggiungono aspetti di carattere sociale, come la dignità del lavoro impiegato, la
qualità e la storia del cibo prodotto e la ri-socializzazione nell’atto dell’acquisto.
Tabella 3.1 : Confronto tra costo di produzione privato e costo di produzione sociale di due
prodotti (valori riferiti a un quintale di prodotto)
Categorie di costo Metodo produttivo modernizzato: allevamento intensivo Metodo produttivo tradizionale: razza locale in ambiente montano, con pascolo estivo 100 140 120 +20 120 ‐20 ‐30 0 0 +40 ‐10 +20 COSTO DI PRODUZIONE PRIVATO (costi sostenuti dall’imprenditore per la gestione del processo produttivo) PREZZO DI MERCATO PROFITTO PRIVATO Valore monetario degli effetti esterni negativi: inquinamento della falda e olfattivo (stima) Valore monetario degli effetti esterni positivi: paesaggio, mantenimento habitat naturale, preservazione agri biodiversità (stima) PROFITTO SOCIALE Fonte: Belletti et al, 2010
Nelle filiere corte è stato presa in considerazione la possibilità di includere un quadro
di analisi che prenda in considerazione le esternalità negative presenti dei sistemi di
produzione-distribuzione-consumo del cibo, con la conseguente creazione di un
differenziale tra il costo di produzione privato e il costo di produzione sociale del cibo. Ciò
mette in evidenza come una valutazione di convenienza basata sui soli profitti privati
81
possa essere rovesciata qualora venga preso in considerazione il valore degli effetti esterni
negativi e positivi generati (Belletti et al, 2010) (tabella. 3.1).
La determinazione delle esternalità presenti nel sistema porta a prendere in
considerazione l’agricoltura biologica o biodinamica come pratiche di base. Le pratiche
agricole, per essere davvero sostenibili con l’ambiente circostante devono rispettare non
solo l’ambiente circostante, ma anche le peculiarità locali che sono parte di quell’ambiente
stesso. La conservazione delle ricette e delle sementi autoctone concorrono anch’esse nella
determinazione di una completa sostenibilità ambientale multifunzionale. La formazione
del prezzo non può prescindere dai sistemi e processi produttivi reali e dalle caratteristiche
che tali sistemi devono avere nella gestione delle risorse naturali, del lavoro, dei saperi, dei
valori culturali e nella distribuzione (Belletti et al., 2010). Valori che sono condivisi
soprattutto dai consumatori e ai produttori, solitamente tenuti ai margini dalle decisioni
nell’economia di mercato. L’adozione di tecniche eco-compatibili generare costi maggiori
ma questi possono risolversi nei nuovi rapporti di collaborazione tra produttori e
consumatori, generando nuove opportunità.
Sostenibilità sociale: l’accesso ai prodotti biologici
Per analizzare questo aspetto del prezzo giusto bisogna partire dalla definizione di
“diritto al cibo”. Tale diritto è stato riconosciuto sin dall’adozione della dichiarazione
Universale dei Diritti Umani96 del 1948. All’articolo 25 il tema dell’accesso al cibo viene
enunciato in questo modo: “Ogni individuo ha diritto a un tenore di vita sufficiente a
garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo
all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali
necessari […]”
Il cibo rappresenta uno dei bisogni primari dell’uomo. L’accesso al cibo è una
dimensione fondamentale inserita anche nel Patto97 Internazionale sui Diritti Economici,
Sociali e Culturali del 1966, sottoscritto da 149 stati. In quella sede il diritto al cibo era
affrontato tramite la definizione giuridica, la quale afferma che si tratta di un “diritto
umano, riferito a tutte le persone, ad avere un accesso regolare, permanente e senza vincoli
a un’alimentazione adeguata e sufficiente in termini quantitativi e qualitativi. Ciò dovrebbe
Documento reperibile sul sito dell’ Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights
(OHCHR): http://www.ohchr.org/EN/UDHR/Pages/UDHRIndex.aspx
96
97 Documento reperibile sul sito dell’ Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights
(OHCHR): http://www.ohchr.org/EN/ProfessionalInterest/Pages/CESCR.aspx
82
corrispondere alle tradizioni culturali del popolo a cui appartiene il consumatore e
garantire una vita fisica e mentale, individuale e collettiva appagante e dignitosa”.
In seguito la FAO ha elaborato la definizione di Sicurezza Alimentare durante il
World Food Summit nel 199698. La Sicurezza Alimentare viene definita come quella
situazione in cui “tutte le persone, in ogni momento, hanno accesso fisico, sociale ed
economico ad alimenti sufficienti, sicuri e nutrienti che garantiscano le loro necessità e
preferenze alimentari per condurre una vita attiva e sana”.
Il tema della sicurezza alimentare secondo Segrè, (2008) si articola in quattro
dimensioni di base:
-
Disponibilità di cibo: il cibo deve essere in quantità sufficiente, idonea per una corretta
alimentazione per tutta la popolazione, considerata come il risultato tra prodotto interno,
importazioni esportazioni e scorte di un paese.
-
Accesso al cibo: l’accesso al cibo deve essere sufficiente e sicuro, attraverso le capacità individuali
di produrre, acquistare, scambiare o ricevere in dono.
-
Utilizzo del cibo: il cibo deve essere utilizzato rispettando i requisiti igienici nutrizionali che
rispettino lo stato di salute degli individui e alle condizioni ambientali in genere.
-
Stabilità: le tre dimensioni sopracitate devono essere stabili nel tempo al fine di garantire una
corretta sicurezza alimentare.
Questa definizione è stata con il tempo migliorata includendo anche i temi legati alla
nutrizione. Il Libro Bianco sulla Sicurezza Alimentare (Commissione Europea, 1999)
sottolinea che “…il fatto di assicurare la protezione della salute pubblica non significa
limitarsi alla sola sicurezza chimica, biologica e fisica degli alimenti. Si dovrebbe anche
fare in modo di assicurare l'assunzione delle sostanze nutritive essenziali limitando nel
contempo l'assunzione di altri elementi onde evitare effetti nocivi per salute, tra cui anche
effetti anti nutritivi. Da ricerche scientifiche è emerso che una dieta adeguata e variata è
un fattore importante per la salute e il benessere in generale. …”.
Il tema della sicurezza alimentare va quindi indagato sotto diversi punti di vista. Per
molti anni la sicurezza alimentare è stata perseguita aumentando la produttività mondiale,
quindi sotto un profilo strettamente quantitativo. Così facendo la produzione alimentare
mondiale è aumentata più che proporzionalmente rispetto all’aumento di popolazione e ha
determinato l’aumento della produzione pro capite (Segrè, 2008). Di recente invece,
l’attenzione si è rivolta anche sugli aspetti legati all’accesso e all’alimentazione.
Recentemente Amartya Sen, intervenendo all’apertura dei lavori della 38° Sessione della
Conferenza della FAO (15-22 giugno 2013), ha riaffermato che la denutrizione e la fame
98
http://www.fao.org/wfs/homepage.htm
83
estrema sono la conseguenza della mancanza di accesso a una quantità di cibo sufficiente e
non di un’insufficiente disponibilità di cibo in un determinato paese o regione. L’accesso
non è garantito tramite il solo aumento della quantità di cibo prodotto, come erroneamente
è stato considerato in passato. Il tema dell’accesso pone dunque il tema della sostenibilità
sociale e include il consumatore quale altro soggetto da includere nella determinazione del
“giusto prezzo”.
I GAS cercano di affrontare questi argomenti con la creazione di un sistema di
approvvigionamento alternativo che inizia proprio dalla determinazione del prezzo. Il
prezzo giusto nelle filiere corte non ha un meccanismo preciso con cui deve essere
definito, ma consumatori e produttori sono al centro del processo di determinazione del
prezzo sulla base di un approccio sostenibile.
La formazione del prezzo si basa dunque su una logica alternativa che prende in
considerazione i tre aspetti di sostenibilità economica, ambientale e sociale. Il luogo
centrale della determinazione è il negoziato (figura 3.1) che si attiva tra i soggetti coinvolti
che possono essere produttori e consumatori, singoli o associati. È frequente che a tali
discussioni partecipino anche realtà che possono essere considerate “concorrenti” di talune
aziende agricole, ma la consapevolezza di far parte di una nuova logica partecipativa e
Figura 3.1: Schema sulla determinazione del prezzo nelle filiere corte
Sostenibilità economica Produttori Remunerativo e adeguato ai costi sostenuti Sostenibilità ambientale Negoziato, collaborazione e cooperazione Inclusivo delle realtà ambientali e locali Sostenibilità sociale Consumatori Accessibile, trasparente, stabile Fonte: Elaborazioni personali su Onorati (2010).
inclusiva porta gli attori a collaborare. Dal negoziato ne scaturisce la definizione chiara
84
degli obiettivi di sostenibilità che possono essere raggiunti, le modalità di intervento, e
quindi le regole di determinazione del prezzo.
Il sostegno può sfociare in un più stretto rapporto di collaborazione proprio nei
momenti di ‘crisi’, ovvero quando il produttore chiede una variazione di prezzo al rialzo.
In questi casi ci si è ritrovati a cercare delle soluzioni condivise con i GAS rappresentate
spesso da soluzioni creative e virtuose99. Un caso tipico è quello dell’aumento del prezzo
del petrolio che può comportare nuove modalità di consegna dei prodotti. Per sopperire a
queste eventualità alcuni GAS sono organizzati in modo che ogni aderente scelga il
produttore a lui più congeniale e si occupi di andare a ritirare i prodotti ogni settimana, o
ogni mese. Un esempio pratico è stato portato avanti dai GAS di Roma all’atto del
prefinanziamento dell’Azienda Agricola “Il Papavero”.
L’elaborazione del prezzo nelle filiere corte definisce i soggetti destinatari del giusto
prezzo nelle figure degli agricoltori e dei consumatori. Entrambi, tramite il principio di
località, rappresentano la società e perseguono finalità di utilità sociale. Nella tabella 3.2
sono riassunti i destinatari del nuovo processo di determinazione del prezzo, i principi e i
processi adoperati.
Tabella 3.2: I destinatari, i principi e il processo di determinazione del prezzo giusto nelle filiere
corte
DESTINATARI Agricoltori Consumatori Società PRINCIPIO ‐Costo di produzione ‐Remunerazione equa ‐Dimensione limitata ‐Disponibilità ‐Accessibilità ‐Utilizzo (salute) ‐Stabilità ‐Sviluppo sostenibile PROCESSO Ricostruzione del costo di produzione; Cooperazione con i consumatori per la riduzione dei costi intermedi; Indipendenza e autonomia nella proposizione del prezzo. Negoziato con il produttore; Cooperazione per compensare i costi maggiori; Diffusione di pratiche alimentari sostenibili e salutari; Definizione di progetti condivisi per la stabilità del prezzo. Introduzione delle esternalità. Principio di località; Applicazione di metodi di coltivazione sostenibili. Fonte: Elaborazioni personali
I nuovi concetti di determinazione del prezzo nelle filiere corte si basano dunque su
tutti i tre aspetti della sostenibilità. Nel corso degli anni le filiere corte hanno dato luogo a
diverse sperimentazioni che vengono fatte sulla base dei nuovi paradigmi e modelli assunti
(tabella 3.3) in cui il grado di partecipazione al rischio del consumatore può essere più o
meno accentuato.
99 Per
esempio, una produttrice di ricotta ha chiesto un aumento del prezzo: il GAS ha invece proposto di pagare
1 euro per il contenitore, che sarebbe stato restituito nel caso che il contenitore fosse stato riportato indietro o
trattenuto nel caso contrario. Questa soluzione voleva anche stimolare comportamenti virtuosi negli aderenti al
GAS. In un'altra situazione, una richiesta di un aumento dei prezzi ha portato a un dialogo con il produttore sul
prefinanziamento degli acquisti o sulla condivisione dei rischi (Salvioni e Fonte, 2013).
85
A questo processo si affiancano altre iniziative volte a fare pressione sul settore
pubblico, affinché rimuova gli ostacoli che lasciano i piccoli agricoltori in una situazione
di svantaggio e facilitino l’accesso al mercato dei piccoli produttori. Il fatto che il prezzo
venga definito da consumatori e produttori che fanno parte del mercato interno,
rappresenta una rottura rispetto all’economia di mercato, poiché sostiene una perlomeno
parziale indipendenza del mercato interno da quello internazionale (al contrario
dell’economia di mercato, in cui il mercato interno è assoggettato da quello internazionale
e così i suoi prezzi) e concede un margine di manovra che decidono loro stessi, secondo i
rapporti “di forza” che vogliono stabilire.
Tabella 3.3: Alcune esperienze di prezzo in corso di sperimentazione nelle filiere corte
Prezzo popolare Prezzo sorgente Prezzo trasparente Prezzo equo Il prezzo è definito con particolare attenzione al potere d'acquisto dei consumatori. È un modo che assume gli interessi e i bisogni solo di una parte, quella del consumatore). È un approccio utilizzato soprattutto quando il divario tra i prezzi e il potere di acquisto si fa ampio, con l’obiettivo di salvaguardare quest’ultimo; è stato storicamente il motivo di attivazione del mutualismo storico e delle prime esperienze di acquisto all’ingrosso da parte di consumatori organizzati, ed è tornato in auge in tempi recenti di crisi economica (è la logica che guida i Gruppi di Acquisto Popolari). Esprime una visione riduttiva della rivendicazione della possibilità di accesso a prodotti alimentari di qualità per tutte le fasce sociali. E’ il prezzo che il commerciante ha pagato al produttore, ciò rende visibile, posto in etichetta accanto al prezzo di vendita al consumatore, il margine di ricarico praticato al dettaglio. È stato proposto dal movimento Critical Wine100 ma ha accolto il favore di altri movimenti che hanno visto nella sua diffusione un’opportunità per informare e fare chiarezza rispetto alla formazione della catena del valore, e utile a creare le basi per costruire un rapporto trasparente e fiduciario tra i consumatore e la distribuzione al dettaglio. In modo particolare, esso è visto come un possibile strumento per ristabilire credibilità e dignità e quindi nuova forza alla rete del piccolo dettaglio, nella prospettiva di riequilibrarne il ruolo rispetto alla grande distribuzione. Il prezzo trasparente rende visibile le componenti del prezzo relative alla remunerazione dei vari attori della filiera ma non offre garanzia di un prezzo equo o solidale. È una modalità da sempre adottata nel Commercio Equo e Solidale per comunicare le modalità di fissazione del prezzo e differenziarsi dalle strategie seguite sulle filiere convenzionali, ed è stata oggetto di rinnovato e più generalizzato interesse anche sul mercato interno, in seno al dibattito creatosi attorno alla sperequazione tra prezzo alla produzione e al dettaglio. Negli approcci più completi la sua fissazione prevede la valutazione di tutte le voci di costo. Il primo, che deriva dall’esperienza del Commercio Equo e Solidale, viene fissato attraverso la contrattazione con i produttori, prescindendo dagli andamenti del mercato e tenendo inconsiderazione i costi delle materie prime, del lavoro di produzione, del trasporto, delle tasse, della gestione dei rifiuti e del guadagno che renda possibile una qualità della vita dignitosa. Questo prezzo viene fissato spesso con largo anticipo e bloccato per tutto il periodo concordato e talvolta anche finanziato in anticipo. Il collettivo Terra e Libertà/Critical Wine è nato nel 2003 all'interno del movimento dei centri sociali (centro
sociale La Chimica di Verona), con la collaborazione di Luigi Veronelli, noto giornalista enogastronomico, come
progetto libertario per la difesa dei piccoli vignaioli indipendenti e biologici dal potere delle grandi multinazionali
(Aa.Vv. 2004)
100
86
Prezzo solidale Il prezzo solidale va oltre il prezzo equo e include altre considerazioni. Può prevedere la destinazione di una quota a un fondo o una causa e la soddisfazione dei bisogni di tutti gli attori coinvolti, in una logica di mutua collaborazione di conservazione delle risorse ambientali e di utilità pubblica. A questo scopo concepisce la fissazione di un prezzo solidale come: frutto di processi partecipati da tutti gli attori coinvolti; elemento centrale di "patti" di equità (equa ripartizione dei benefici economici) costruiti tenendo presenti le specifiche situazioni territoriali e temporali dei processi produttivi; espressione dell’assunzione da parte di ciascuno dei soggetti coinvolti di una parte del rischio di impresa; applicazione del principio dell’internalizzazione delle esternalità ambientali. Fonte: Belletti et al, 2010
Questo approccio, in accordo con la teoria dell’innovazione, si pone come
innovazione radicale del sistema agroalimentare dominante. La rassegna della letteratura
sui GAS conferma questo approccio. In particolare l’attenzione per gli aspetti sociali legati
all’accesso ai prodotti, quale ineludibile aspetto di sostenibilità sociale, è espressa con
particolare interesse dai GAS di Roma.
All’interno dei GAS di Roma, infatti, è molto vivo il dibattito sul prezzo giusto e
sull’accesso. È interessante notare come questo tema sia considerato come la spinta che
può permettere una vera, radicale trasformazione del sistema alimentare verso la
sostenibilità, intesa come pratica diffusa e non come pratica di 'nicchia'.
L’accesso ai prodotti naturali è fondamentale per consentire l’inserimento
dell’innovazione radicale nel regime dominante. Non è possibile, secondo loro,
raggiungere una piena sostenibilità ambientale se non vi è piena sostenibilità sociale, e
quindi accessibilità. Nella loro ottica la sostenibilità sociale si concretizza in prezzi più
bassi sia per gli agricoltori che per i produttori. Nell’ottica in cui solo se i prezzi dei
prodotti biologici sono accessibili a un ampio strato della popolazione, l'agricoltura
biologica e il nuovo modello di consumo proposto dai GAS possono diventare la base
della transizione verso un'economia più sostenibile.
Secondo quanto riportano gli intervistati dei GAS romani i prezzi che essi pagano
sarebbero del 30-40% rispetto ai prezzi dei prodotti biologici al supermercato e del 50%
rispetto a quelli dei negozi bio specializzati. L’aderente di un GAS ha stimato nel 20% il
risparmio rispetto ai prezzi al supermercato di un paniere completo di prodotti biologici
(verdure, frutta, carne e latticini). Secondo alcuni i prezzi dei prodotti acquistati tramite il
GAS possono risultare “più bassi di quelli che uno potrebbe aspettarsi per i prodotti
biologici”.
Andremo quindi a verificare se i GAS di Roma riescono nel loro intento di garantire
prezzi accessibili.
87
1.2
Rassegna della letteratura sul confronto fra i prez z i dei prodotti
in v endita presso i GA S e la GDO
L’ISMEA 101 (Istituto di servizio per il mercato agroalimentare) ha realizzato
un'apposita rete di rilevazione per monitorare i prezzi al dettaglio dei prodotti
agroalimentari, attraverso una partnership con le principali insegne della distribuzione
alimentare. La rilevazione avviene settimanalmente, e consente di acquisire i prezzi di
circa 5.000 prodotti agroalimentari confezionati e sfusi, classificati in base alle diverse
specifiche
merceologiche:
varietà,
qualità,
pezzatura
o
taglia,
confezione
o
confezionamento, marca, provenienza, stagionatura. La rilevazione 102 dei prezzi al
dettaglio dei prodotti agroalimentari ISMEA è stata avviata nel 2009, per contribuire alla
trasparenza del mercato, riducendo l'asimmetria informativa, e monitorare il valore dei
prodotti lungo la filiera.
L'obiettivo operativo della rilevazione consiste nel monitoraggio di un paniere di
prodotti rappresentativo dei consumi alimentari degli italiani, attraverso la selezione dei
prodotti maggiormente acquistati dalle famiglie italiane.
L’ISMEA pubblica mensilmente un aggiornamento per ciò che riguarda i prezzi dei
prodotti biologici nei diversi canali: vendita diretta, GDO e negozi specializzati.
Dall’ultimo rapporto103 che si riferisce ai prezzi di Maggio 2013 si può effettuare un
primo confronto dei prezzi al consumo di diversi prodotti biologici (Figure 3.2 e 3.3).
Nonostante la rilevazione prenda in considerazione molti prodotti, non tutti sono
presi in considerazione per tutti i tre canali. Il confronto tra tutti i tre canali è disponibile
per le uova che risultano reperibili in confezione da 4 a 1,71 € presso la GDO, 2,38 € i
negozi specializzati e a 1,16 € in vendita diretta. Per quanto riguarda il latte biologico, nel
documento è assente il prezzo della vendita diretta. Tuttavia è possibile ipotizzare un
L'ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) è un ente pubblico economico istituito con
l'accorpamento dell'Istituto per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato Agricolo (già ISMEA) e della Cassa
per la Formazione della Proprietà Contadina, con decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 419, concernente il
"riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali".
101
Per
approfondire
la
metodologia
di
rilvazione
http://www.ismeaservizi.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/2456.
102
si
veda:
103 Il rapporto in questione è stato pubblicato l’8 Agosto 2013 e riporta i prezzi al dettaglio nei mesi di maggio
2013.
Il
documento
è
scaricbile
al
seguente
indirizzo:
http://www.ismea.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/8549
88
prezzo in virtù dei numerosi documenti e testimonianze presenti in rete104 ed effettuare
così un confronto a tre.
Figure 3.2 e 3.3 : Confronto tra prezzi in vendita diretta e nelle filiere lunghe
Fonte: ISMEA (2013)
Tra i prodotti ortofrutticoli e gli olii biologici il confronto è disponibile solo tra
vendita diretta e GDO per zucchine, pomodori ciliegino, pere, patate, fragole, limoni,
carote e olio. Quest’ultimo disponibile presso la GDO al prezzo medio di 10,85 €/lt e in
vendita diretta a 10,50 euro/litro.
Un utile contributo è stato fornito da Gosamo in “Biologico a km zero”105, dove sono
confrontati i prezzi di frutta e ortaggi biologici nella filiera corta e nella GDO. Per il primo
canale sono stati presi i listini del DESR 106 Parco Sud di Milano e del Movimento
Consumatori107 di Torino; per il secondo sono stati presi in considerazione le quotazioni
della borsa merci e prezzi di Bologna nel 2011 e quelle rilevate dall’ISMEA tra settembre
2011 e febbraio 2012 (distinguendo tra prezzi all’origine e al consumo). Da questo
confronto è emerso che, in generale, nei canali di filiera corta il prezzo al consumo è più
basso del 31% a fronte di un incremento per il produttore maggiore del 439%. A questo
Il dato è stato reperito consultando listini di produttori che rifoniscono mercati contadini e che praticano la
vendita diretta. Inoltre consultando articoli di giornale che riportano un prezzo del latte in vendita diretta che si
aggira tra l’1 e l’1,2 sfuso, talvolta aumentato dal costo della bottiglia in plastica o vetro (a 0,25 o 0,50 €).
104
Gosano (2012), Biologico a km zero. Filiera corta contesti solidali locali territorio e ambiente. Ecoistituto del
veneto, Mestre.
105
106
Per DER si intende “Distretto di Economia Solidale Rurale”. Fonte: www.retecosol.org.
107
Sito internet: http://www.movimentoconsumatorimilano.it/
89
confronto se ne accosta un altro che prende come riferimento i listini dei GAC 108 ,
esperienza più simile a quella dei GAS. Da questo confronto emerge che il risparmio
medio per il consumatore è del 113% a fronte di un prezzo pagato al produttore del 257%
maggiore rispetto alla GDO (tabella 3.4).
Tabella 3.4: Confronto del prezzo al consumo dei GAC con quello della GDO
Pane bianco PREZZO GAC (€/kg) 2,70 PREZZO ISMEA GDO (€/kg) 4,50 Variazione ISMEA/GAC % 67% PRODOTTO Pasta 1,48 2,96 100% Riso Carnaroli 2,86 3,43 20% Uova cat A 1,03 1,65 60% Olio evo 6,50 10,58 63% Arance 1,30 1,98 52% Clementine 1,67 2,82 69% Mele golden 1,10 3,48 216% Pere Abate 1,50 3,85 157% Kiwi 1,15 3,99 247% Patate gialle 0,94 1,95 107% 150% Finocchi 1,77 4,42 Cipolle dorate 1,40 2,77 98% Peperoni 1,90 5,97 214% Pomodori 1,98 3,88 96% Zucchine 1,85 3,58 94% TOTALE 31,13 61,81 99% Fonte: Gosamo (2012)
Sul sito della Rete Nazionale dei GAS vi è un confronto tra i prezzi dei prodotti
acquistabili in un GAS milanese e quelli convenzionali acquistabili presso canali
tradizionali (tabella 3.6).
Tabella 3.6: Confronto tra prodotti di un GAS milanese e del supermercato
PRODOTTO Stracchino Carne bovino Pasta grano duro Olio extravergine di oliva PREZZO GAS (euro) 9,4 11 1,5 6,16 PREZZO SM (euro) 11,27 14,72 2 5,94 Variazione SM/GAS % 20% 34% 33% TOTALE 28,06 33,93 21% ‐4% Fonte: Retegas (2008)
108 Nel 2008 il Movimento Consumatori di Torino ha promosso l’attivazione dei GAC (Gruppi di Acquisto
Collettivi) che hanno come scopo principale quello di approvvigionarsi di beni alimentari biologoci da produttori
locali a un prezzo accessibile.
90
Il confronto si riferisce a dati del luglio 2008 e mostra come il prezzo sia più alto nei
canali convenzionali per stracchino, carne bovina e pasta, mentre risulta più alto nel GAS
solo per l’olio.
Rilevazioni di prezzo sono state riscontrate anche nella letteratura in “Così risparmio
e mi diverto” (2004), dove è riportato un confronto tra prodotti acquistati dal gruppo
GASTONE e prodotti di qualità reperiti presso un Supermercato facente parte della GDO
(tabella 3.5).
Tabella 3.5: Confronto tra prezzi del GAS "GASTONE" e quelli della GDO
PRODOTTO 5 kg spaghetti 3 scatole di pomodoro da 340 gr 2 kg di Grana Padano DOP 900 gr di Robiola fresca 900 gr di Emmenthal 5 kg di riso Carnaroli 5 lt di olio evo 640 gr di confettura di albicocche 640 gr di confettura di fragole 640 gr di marmellata di arance 810 gr di melanzane sott’olio 870 gr di carciofini sott’olio 1 kg di miele biologico Spese di trasporto (4%) TOTALE PREZZO GAS (euro) 5,64 3,21 22,00 6,90 7,80 9,00 29,50 4,30 4,96 4,40 6,93 12,87 6,89 5,20 135,24 PREZZO SM (euro) 8,30 2,37 39,60 9,00 11,07 15,30 72,00 4,00 4,20 3,20 8,97 15,63 12,45 214,39 Variazione SM/GAS % 47% ‐26% 80% 30% 42% 70% 144% ‐7% ‐15% ‐27% 29% 21% 81% 59% Fonte: "Così risparmio e mi diverto" (2004)
Da queste esperienze la realtà dei GAS sembra essere in grado di rendere accessibili
prodotti naturali a un prezzo spesso più accessibile rispetto a quelli offerti dalla GDO. Con
il prossimo capitolo cercheremo di approfondire questo argomento a partire dall’analisi dei
listini di un GAS di Roma.
91
92
Capitolo 4
Il confronto dei prezzi rilevati in un GAS di Roma e in altri
canali di offerta
La letteratura analizzata nei capitoli precedenti mette in risalto la situazione di crisi
ambientale e sociale in cui versa oggi il sistema agro-alimentare globale. Dal lato della
produzione, le pratiche agricole oggi dominanti generano danni ambientali ed emissioni di
gas serra; dal lato del consumo, oltre 800 milioni di persone, secondo la FAO, non hanno
sufficiente cibo e altrettante sono mal-nutrite. L’organizzazione del sistema agroalimentare, inoltre, esercita forte pressione sulle piccole e medie imprese agricole,
compromettendone la sopravvivenza.
La risposta a questi problemi ha portato alla costruzione dal basso di nicchie
innovative, per iniziativa dei consumatori e dei produttori, accomunati delle
preoccupazioni economiche, sociali e ambientali. Molte aziende agricole mettono in
pratica strategie di diversificazione e internalizzazione di fasi produttive già esternalizzate,
mentre i consumatori organizzano sistemi di approvvigionamento dei prodotti alimentari in
diretto contatto con i produttori. Tutte le diverse iniziative propugnano la ri-localizzazione
e la risocializzazione dell’agricoltura, per la ricostruzione delle relazioni sociali sul
territorio.
Anche il progetto dei GAS mira alla ricostruzione di un sistema alimentare
alternativo più giusto, più democratico e più sostenibile di quello attuale. Per alcuni,
questo sistema, prefigura in piccola scala quello che potrebbe essere la transizione della
società verso modelli più sostenibili.
Un punto chiave nella soluzione di problemi ambientali e sociali è il prezzo dei
prodotti. Il rispetto di pratiche agricole sostenibili, come quelle dell’agricoltura biologica,
comporta costi più elevati, che si riflettono in un prezzo alto, che esclude molti
consumatori di reddito medio e medio-basso. D’altra parte i prezzi elevati spesso non
vanno a compensare il lavoro degli agricoltori, ma piuttosto alimentano i margini di
guadagno degli intermediari del sistema agro-alimentare.
Il dibattito sul prezzo, come abbiamo visto, è centrale nei nuovi movimenti del cibo e
quindi nei GAS: l’obiettivo principale è quello di identificare il ‘prezzo giusto’, che da un
93
lato remunera i produttori per i costi sostenuti e dall’altro garantisce l’accesso al cibo sano
e di qualità a tutta la popolazione. Tutto il sistema di approvvigionamento dei GAS mira a
garantire un prezzo remunerativo ai produttori, che sia però anche accessibile a un numero
vasto di consumatori
In letteratura esistono già dei confronti tra i prezzi pagati dagli aderenti ai Gruppi di
Acquisto e quelli pagati dai consumatori che acquistano i loro alimenti presso la GDO.
Nonostante le difficoltà insite in questo tipo di confronti, quasi sempre emerge che il
prezzo al consumo rilevato nella GDO è più alto. In questa tesi vogliamo verificare questo
assunto, con una indagine in un quartiere specifico di Roma, dove abbiamo confrontato i
prezzi di alcuni prodotti alimentari nelle diverse catene di offerta.
Il Gruppo di Acquisto Solidale Testaccio Meticcio
Il GAS Testaccio Meticcio (TM) è un gruppo informale, fondato nel 2011, il cui
nome deriva dal fatto di aver avuto la sua prima sede all’interno di un’associazione che si
occupa di immigrazione. Nel suo sito internet109 si legge che vuole creare una “rete di
economia alternativa”, organizzando l’acquisto di prodotti con criteri di “solidarietà,
economicità ed ecologicità”.
Oggi conta 34 nuclei familiari aderenti di cui alcuni sono però inattivi (circa 4). Da
un questionario che abbiamo somministrato110 è emerso che la maggior parte degli aderenti
ai GAS (46%) si trova nella fascia d’età tra i 35 e i 44 anni. Vi è un sostanziale equilibrio
tra gli aderenti che vivono con il proprio partner (57%) e chi no (43%). Dal punto di vista
dell’istruzione emerge come quella del GAS TM sia una realtà che coinvolge
prevalentemente persone con un livello di istruzione elevato: l’82% degli intervistati ha
almeno la laurea di primo livello e il 43% un titolo superiore alla laurea. Per quel che
riguarda l’occupazione il 39% è libero professionista e vi è un equilibrio tra impiegati nel
settore pubblico e privato (29%), mentre solo il 4% è disoccupato. Dal punto di vista del
reddito si rileva che i partecipanti appartengono prevalentemente a una classe di reddito
media tra i 15 e i 45 mila euro annui (71%). Il 25% appartiene alla fascia più bassa, ossia
entro i 15 mila euro annui, mentre solo il 4% presenta un reddito superiore ai 45 mila euro
annui.
109
Sito intenet: www.gastm.org
110
Il questionario è stato somministrato a 30 utenti attivi e sono state ricevute 28 risposte.
94
Questo quadro si presenta in linea con i dati raccolti da Fonte (et al., 2011), in cui da
un campione di 21 GAS di Roma è emerso che gran parte degli aderenti si trova nella
fascia d’età 35-50 anni e che si tratta di persone con un livello di istruzione medio-alto. I
membri del GAS TM hanno un livello di istruzione probabilmente più alto rispetto alla
media che si osserva negli altri GAS di Roma. Probabilmente ciò è indice del fatto che la
realtà di questo GAS è ancora oggi quella di una ‘nicchia’, sebbene dal punto di vista del
reddito la situazione sia molto più omogenea (si ricordi che Fonte e Salvioni parlano di
“classe media in via di proletarizzazione”). Il grado di istruzione può indicare che, per
farne parte, vi sono delle barriere culturali (es. consumo critico), sociali (es. la necessità di
ritagliare spazi di tempo da dedicare al GAS) e economiche, che possono essere
rappresentate dalla necessità di acquistare congrue quantità di quei prodotti che vengono
ordinati solo una volta al mese o dalla necessità di partecipare ai prefinanziamenti.
Gli acquisti sono organizzati con cadenza variabile. Alcuni ordini vengono fatti su
base settimanale: frutta, verdura e formaggi sono consegnati una volta a settimana mentre
uova, erbe, torte rustiche e dolci artigianali ogni due settimane. Altri ordini hanno una
cadenza mensile: olio, vino, farine, miele, pane, prodotti equosolidali, etc. Ma i criteri di
stagionalità, naturalità, impatto ambientale e freschezza comportano che frequentemente
vengano ordinati prodotti con cadenze più o meno impreviste, sebbene la consegna sia
sempre su base settimanale (ciò avviene per la carta igienica, il Parmigiano, la pasta, le
nocciole etc.). In questi ultimi casi gli aderenti vanno incontro alla necessità di fare delle
piccole scorte di prodotti.
Il GAS TM ha un’organizzazione tendenzialmente orizzontale in cui i membri sono
posti a un livello più o meno paritario e si incontrano durante le riunioni per definire gli
aspetti organizzativi, strategie e progetti del gruppo. Vi sono due coordinatori-referenti che
sono supportati da altri 18 referenti, mentre gli altri offrono spontaneamente la loro
disponibilità a collaborare in vari modi. Un ruolo che viene svolto a turno consiste
nell’accogliere i produttori con la merce e attendere che gli altri aderenti passino a ritirare
e pagare. Questo compito viene svolto a turno anche per entrare in empatia con i colleghi,
per conoscersi e imparare a collaborare. Agli aderenti è richiesto un certo grado di
partecipazione, ma questo varia sensibilmente a seconda delle inclinazioni delle persone.
All’atto del ritiro del primo ordine, il nuovo aderente versa una quota associativa che
rimane sempre nelle casse del gruppo per anticipare i pagamenti ai produttori. Tra un ritiro
e l’altro un aderente calcola le spese effettive e paga i fornitori tramite bonifico.
95
L’aderente salda la spesa la volta successiva che si reca al ritiro, in pratica la spesa ritirata
viene coperta dalla quota associativa.
Le comunicazioni avvengono tramite diversi canali, soprattutto mailing-list, ma
anche tramite social network. Con la mailing-list gli aderenti ricevono le comunicazioni
più formali, le novità sui produttori, e la possibilità di partecipare ai progetti o alle gite. Sui
social network avviene invece una comunicazione più libera e spontanea. Durante il
momento del ritiro i partecipanti passano del tempo a scambiare opinioni, idee e progetti,
anche al di fuori della riunione. Soprattutto in primavera vengono organizzate gite sia per
conoscersi e passare delle giornate all’aria aperta, sia per raccogliere prodotti che
altrimenti alcuni produttori non farebbero per mancanza di tempo e convenienza. Spesso
questi prodotti vengono offerti a prezzi molto vantaggiosi dai produttori che beneficiano
del fatto di non dover effettuare la consegna. Solitamente i produttori del GAS TM non
chiedono un contributo per effettuare la consegna a patto che venga raggiunto un certo
quantitativo di ordine.
Oggi è difficile definire con certezza il numero di fornitori di cui si avvale il GAS
TM. Dal sistema di ordini ne risultano 49 ma non tutti effettuano le consegne, inoltre
spesso gli ordini sono fatti tramite una rete di mailing-list, per cui non sono inseriti nel
computo. Le referenze totali sono circa 1400, ma vale lo stesso discorso.
Per acquistare prodotti con il GAS è necessario contattare un coordinatore via email
e chiedere di farsi attivare un account, accessibile da software simile a quello della posta
elettronica. Il nuovo aderente può usufruire di un periodo di prova e ordinare durante
l’apertura degli ordini, che avviene dal venerdì al lunedì per i prodotti settimanali e dal 2 al
9 del mese per i prodotti mensili. I prodotti così ordinati sono consegnati ogni giovedì sera.
La pratica di acquisto del GAS è dunque molto diversa da quella che si può
riscontrare nelle altre catene di offerta. In primo luogo i consumatori devono organizzarsi
per ricevere una considerevole quantità di prodotto fresco durante la settimana. Alcuni
preferiscono congelare subito alcune preparazioni per non incorrere in perdite di prodotto,
altri preferiscono consumare mano a mano durante tutta la settimana senza ricorrere al
congelamento. Il fatto di ricevere frutta e verdura ogni settimana e la carne saltuariamente
è stata una scelta ben precisa del gruppo. La volontà è quella di auto-educarsi ad assumere
degli stili alimentari che siano più rispettosi dell’ambiente, della salute e del benessere
animale. Sebbene altri gruppi soddisfino ogni tipo di richiesta, il GAS TM invece vuole
mandare un messaggio molto radicale ai suoi aderenti. Ciò non toglie che al suo interno vi
siano persone che non hanno adottato (per necessità o voglia) stili di vita che implicano un
96
minor consumo di carne, tuttavia hanno comunque aumentato la propria consapevolezza
intorno ai temi di una sana alimentazione. Gli acquisti, sulla base del principio della
stagionalità, implicano anche un considerevole cambiamento delle abitudini alimentari.
Gli ordini mensili riguardano prodotti che possono essere conservati per un
prolungato periodo di tempo. Ciò spinge le persone a guardare ai propri consumi con
riferimento a un periodo più ampio, ma anche ad acquistare tutte in una volta ingenti
quantità di prodotti. Questo vale soprattutto per gli ordini di prodotti che vengono fatti
poche volte l’anno (es. nocciole, pasta, carta igienica, Parmigiano).
Questo rappresenta di certo un limite per le famiglie a basso reddito, che
preferiscono acquistare le merci in piccole quantità per mantenere un minimo di sicurezza
economica. Il cambiamento di pratica comporta necessariamente un adattamento
importante sia per quanto riguarda gli aspetti economici che sociali. In questo senso è
chiaro che il discorso che fanno i GAS è molto ampio. La volontà di acquistare prodotti
naturali ha conseguenze positive sulla salute delle persone, cosa che si traduce anche in un
risparmio economico e di tempo per molte persone, ma con una visione di lungo periodo.
1.1 Le criticità del confronto tra i prez z i dei prodotti alimentari in
div ersi canali di v endita
Per attuare un confronto rigoroso, le caratteristiche dei prodotti devono essere
identiche. La difficoltà sta proprio nel tener presenti una molteplicità di aspetti e nel
prendere in considerazione tutti i benefici di cui il consumatore può godere dall'acquisto di
un prodotto. Tali benefici dipendono anche dal luogo e dalle modalità di vendita. Possiamo
distinguere le caratteristiche dei prodotti in relazione a (tabella 4.1):
-
Funzionalità: queste caratteristiche possono riferirsi al grado di trasformazione o alla vicinanza del
punto vendita, cose che permettono di ridurre i tempi di preparazione o di acquisto; alla libertà di
scelta; al grado di informazione garantito; alla qualità dei fattori nutritivi, che hanno una diretta
conseguenza sulla salute;
-
Piacere edonistico: comprende la varietà, che può riferirsi alla quantità di prodotti disponibili ma
anche alla biodiversità dei prodotti offerti, e il gusto.
-
Estetica: si riferisce al colore, alle dimensioni, all’impatto visivo che il prodotto può assumere.
-
Simbolismo: per esempio l’acquisto di alcuni cibi invece di altri, può dipendere dalla percezione di
aderire a uno status sociale privilegiato.
-
Eticità: si riferisce al grado di rispetto dell’ambiente, delle persone e della società che quel prodotto
incorpora, ai metodi e alle tecniche produttive adottate lungo tutta la filiera.
97
-
Socialità: può riferirsi al grado di connessioni sociali che il consumo di un certo prodotto comporta;
alla storia incorporata nel prodotto.
-
Tabella 4.1: Differenza tra le caratteristiche dei prodotti acquistati tramite la GDO e i GAS
Benefici Funzionalità Convenienza (tempo, praticità, certezza del risultato) Salute (contenuto di fattori nutritivi) Libertà di scelta Educazione Piacere edonistico Varietà Gusto Estetica Simbolismo Eticità Socialità Cibo convenzionale Alta (prodotti trasformati, forme prestabilite) Bassa Cibo acquistato con il GAS Bassa (prodotti non trasformati, forme inconsuete) Alta Alta Bassa Alta (prodotti fuori stagione e distanti) Bassa (biodiversità) Bassa Alta Bassa (scelta ridotta ai prodotti stagionali e locali) Alta (varietà e forme sconosciute, varietà locali) Alto (fresco e stagionale) Basso (non fresco, non stagionale) Alto (artificiale vs naturale) Alta Cibo come distinzione sociale e come servizio Bassa Bassa Bassa (rispetto ai criteri tradizionali) Alto in un contesto appropriato Alta Alta –come un modo per sentirsi parte di una comunità Fonte: Brunori (2012)
I prodotti disponibili nel GAS di solito sono poco trasformati (il che può allungare i
tempi di preparazione) e sono limitati a un certo numero, poiché i produttori con cui si è
deciso di mantenere un rapporto stabile non possono mettersi troppo in concorrenza e
perché viene rispettato il criterio della stagionalità.
L'offerta dei GAS comprende prodotti più freschi (spesso colti entro 3 giorni dalla
consegna), cosa che comporta qualità organolettiche e contenuti nutritivi migliori, la
possibilità di conoscere nuove varietà (locali e autoctone) e imparare nuovi stili alimentari.
Dal punto di vista estetico i consumatori sono portati ad assumere nuovi criteri di giudizio
sulla qualità: sono presenti colori e forme inattesi in sostituzione di quelli standardizzati.
Ciò contribuisce a contenere la distruzione di prodotti non conformi agli standard della
GDO. Infine i prodotti dei GAS rappresentano un modo diverso di consumare e
incorporano un contenuto etico e relazionale maggiore, essendo il frutto delle relazioni e
della partecipazione a un progetto comune, che da la sensazione di ‘fare la cosa giusta'.
Nei canali della GDO è invece presente una maggior varietà di prodotti già
trasformati, precotti e freschi. La frutta e la verdura fresca viene comprata dai mercati
dell’ingrosso e quindi segue il percorso che abbiamo descritto nel primo capitolo. Vi sono
98
diversi passaggi, cosa che comporta il fatto che spesso la maturazione avviene nei
magazzini e non sulla pianta, con conseguente perdita di fattori nutritivi. Ciò avviene
soprattutto nel caso di supermercati, discount, negozio specializzato e in parte anche nel
mercato rionale. Il ‘fresco’ nella GDO si riferisce più che altro alla possibilità di acquistare
le quantità a propria scelta piuttosto che all’effettiva freschezza di un prodotto. Per quanto
riguarda i prodotti confezionati vi sono casi in cui la provenienza è estera o incerta. Per
esempio nel caso del miele, dei legumi e dell’olio convenzionali si risale semplicemente
dallo stabilimento che ha opertato il confezionamento e non all’azienda produttrice delle
materie prime da cui il prodotto è stato ricavato. È ovvio che nei supermercati la
convenienza risiede sulla possibilità di fare acquisti dilazionati e in piccole porzioni, sulla
ampia varietà e libertà di scelta che il GAS non può offrire allo stesso modo. Nella GDO,
inoltre, i marchi conferiscono ai prodotti in vendita un alto valore simbolico di distinzione
sociale che il GAS non ha, o almeno ha solamente all’interno del proprio circuito. I
supermercati inoltre hanno poche o nessuna barriera all’ingresso: sono presenti in ogni
quartiere. In essi si può fare la spesa molto velocemente e pagarla contestualmente al
ritiro; non vi è la necessità di apprendere nuovi metodi di preparazione e i prodotti posti in
vendita sono largamente conosciuti dai consumatori grazie alla pubblicità. Il confronto tra
GAS e altri canali è quindi delicato anche per il modo diverso di offrire i prodotti. Nel
GAS bisogna iscriversi e ordinare su internet, andare a ritirare in un momento specifico
della settimana e, in molti casi, partecipare attivamente al suo funzionamento. La spesa si
fa in un’ottica di socialità molto diversa e per questo può rappresentare un limite per molte
persone.
Al di là del prezzo, dunque, queste caratteristiche possono indurre il consumatore a
fare un acquisto in un canale commerciale piuttosto che un altro.
Procedendo con il confronto, bisogna tener conto anche del periodo in cui è stato
rilevato il prezzo. Nella GDO il prezzo dei prodotti è soggetto a continue variazioni,
mentre nei GAS il prezzo è più stabile nel tempo. Il prezzo raccolto nei canali di vendita
convenzionali può quindi essere condizionato da variazioni congiunturali del prezzo dei
prodotti.
La struttura del confronto tra prezzi nei diversi canali di offerta
La nostra indagine si basa 3 livelli di confronto. Abbiamo confrontato i prezzi dei
prodotti acquistati tramite il GAS con prodotti di pari qualità, quindi biologici certificati.
99
In seguito con prodotti convenzionali i quali, come abbiamo detto, hanno caratteristiche
molto differenti dai primi
Nel caso del confronto con i prezzi dei prodotti biologici disponibili nelle altre
catene di offerta, il prezzo considerato è stato quello minimo. Ciò significa che misuriamo
il vantaggio/svantaggio di acquistare tramite il sistema di approvvigionamento dei GAS
rispetto al prezzo minimo disponibile per prodotti simili nel mercato convenzionale. Un
eventuale vantaggio del sistema dei GAS rappresenterebbe quindi il vantaggio minimo che
si possa realizzare acquistando prodotti biologici nelle altre catene di offerta. Poiché quello
che vogliamo verificare è il vantaggio in termini di accesso ad alimenti più salubri del
sistema GAS per la popolazione a reddito medio e medio-basso, è realistico supporre che
questa fascia di ‘consumatori’ cerchi nelle altre catene di offerta il prezzo più basso.
Dal momento che il target del nostro studio non sono le fasce di popolazione a
reddito alto, ma quelle a reddito medio e medio-basso, confrontiamo anche i prezzi dei
prodotti biologici del GAS con quelli dei prodotti convenzionali reperibili negli altri canali
di offerta. Ovvero ci chiediamo qual è il livello dei prezzi dei prodotti del GAS rispetto
all’offerta di prodotti convenzionali del quartiere e, indirettamente, quali sacrifici
economici comporta il passaggio da una spesa convenzionale a una fatta presso il GAS.
In questo caso paragoniamo ovviamente prodotti con diversa qualità (prodotti
sostituti, ma non equivalenti: una zucchina fresca biologica e una non biologica). Ma ci è
utile capire anche se il modello di approvvigionamento costruito dai GAS è accessibile per
le fasce di consumatori che consumano prodotti convenzionali. Per questo prenderemo in
esame due tipi di prezzo: quello minimo e quello medio, cercando di capire fino a quanto è
vantaggioso comprare tramite il GAS.
Il prezzo è stato rilevato nei mesi di giugno, luglio, agosto e settembre 2013 in tutti i
canali di vendita. La rilevazione è stata fatta personalmente nelle varie catene di offerta
mentre, per quanto riguarda il GAS, i prezzi sono stati raccolti tramite i listini che i
produttori inviano periodicamente, considerando quelli che erano disponibili nel periodo
indicato.
100
Non è possibile confrontare i prezzi dei prodotti in tutte le catene di offerta, per il
semplice fatto che alcuni canali convenzionali non hanno molti prodotti biologici oppure
perché i canali che commercializzano solo prodotti locali non hanno prodotti provenienti
da altre zone d’Italia, come nel caso del Parmigiano Reggiano, che non si trova nei mercati
Figura 4.1: la struttura dell'indagine
Negozio specializzato
biologico
Mercati di Campagna
Amica
1. Prezzo minimo
rilevato per i
prodotti biologici
Supermercati
Listino
GAS
Mercatino biologico locale
Supermercato
biologico -locale
Mercato rionale
2. Prezzo medio
rilevato per i
prodotti
convenzionali
3. Prezzo minimo
rilevato per i
prodotti
convenzionali
Discount
degli agricoltori.
Il confronto è stato realizzato in un quartiere di Roma – il Testaccio – che si trova
nel I Municipio. È un quartiere che, pur appartenendo a una zona centrale, si distingue
poiché conserva un carattere popolare. La vita sociale del quartiere si svolge nella piazza
principale e presso il mercato rionale, anche se negli ultimi anni si stanno sviluppando
nuovi punti di aggregazione nell’area della Città dell’Altra Economia, dove viene
organizzato un mercatino biologico degli agricoltori ogni fine settimana. Il quartiere ha
un’area commerciale molto ben sviluppata, per questo attira gli abitanti dei quartieri
limitrofi, in particolare dell’Aventino, quartiere di estrazione sociale ben più elevata e sede
di numerose ambasciate. Testaccio è oggi un quartiere di estrazione sociale mista, in cui
sono presenti molte attività commerciali, ciò è anche evidenziato dal fatto che vi sono
varie strutture di offerta (figura 4.2). Il canale di offerta più conosciuto è il mercato
101
rionale, ma negli ultimi anni sono sorti diversi punti vendita più specializzati: oltre al
GAS, operano anche un negozio specializzato biologico, due supermercati, un discount, un
mercatino e un supermercato di prodotti locali e biologici. Questi ultimi sono una
singolarità poiché fanno capo a un organismo di certificazione.
Figura 4.2: Mappa dei canali di offerta inclusi nell’indagine
Oltre a questi opera un supermercato di recente apertura, che al momento della
rilevazione stava praticando una strategia di penetrazione nel mercato, e diversi negozi di
vicinato che per semplicità non abbiamo incluso nell’indagine. Abbiamo invece incluso
nell’indagine i due MCA più vicini, che si trovano rispettivamente ad 1.4 e 1,8 km in linea
d’aria. È chiaro che questi non possono essere presi in considerazione come elementi
sostitutivi della spesa a livello rionale, ma sono un utile metro di confronto per chi si vuole
approvvigionare di prodotti locali biologici e non.
Il mercato rionale è il punto di riferimento del quartiere, il suo cuore pulsante. Fino
al 2012 ha operato in Piazza Testaccio, poi è stato trasferito a poche centinaia di metri, in
un’area leggermente meno centrale, è aperto sei giorni alla settimana. Il sistema di
approvvigionamento è misto. I prodotti provengono perlopiù dai mercati all’ingrosso,
quindi da canali di filiera lunga. I commercianti di questo mercato sembrano restii a
commercializzare i prodotti biologici (che non sono presenti per la frutta e la verdura), per
102
cui sono pochi i banchi che si basano sulla vendita diretta. Il mercato rionale offre
un’ampia varietà di prodotti: ortofrutticoli, di macelleria, confezionati, trasformati,
latticini; ma vi sono anche bar e tavole calde. È stato possibile reperire i prezzi dei
seguenti prodotti biologici: miele, uova, pollo, pasta, farina, legumi, olio e passata. Questo
mercato è piuttosto un utile metro di confronto per i prodotti convenzionali.
Il primo supermercato è a soli 400 metri dal punto di consegna del GAS ed è il
principale supermercato del quartiere. È situato presso la piazza principale e offre una
circoscritta varietà di prodotti. Difatti l’offerta di prodotti biologici certificati è piuttosto
scarsa: solamente il latte e la farina. Frutta e ortaggi sono venduti a peso o in confezioni da
0,5 kg. In alcuni casi, (carote), è disponibile solamente la confezione da 0,5. La carne è
presente solo confezionata mentre vi è un banco per i formaggi e gli affettati. Il
supermercato è aperto tutti i giorni della settimana, compresa la domenica. Il secondo
supermercato si trova a circa 600 metri dal GAS in un punto poco frequentato. Presenta
una varietà di prodotto più ristretta del precedente, in particolare per quello che riguarda la
frutta e gli ortaggi. Lo abbiamo incluso principalmente per integrare le eventuali mancanze
del precedente supermercato.
Sebbene non sia il luogo ideale dove cercare prodotti di qualità, in tempi di crisi il
discount è, un canale di vendita da prendere in considerazione. Secondo l’Istat (2013), esso
sta registrando incrementi di vendite a causa delle difficoltà cui vanno incontro le famiglie
italiane. Questo è, infatti, il punto di riferimento per chi vuole acquistare a un prezzo
economico. Si trova in una posizione centrale del quartiere, vicino alla piazza principale, e
offre un’ampia varietà di prodotti: vi sono frutta e verdura fresca, prodotti confezionati di
ogni genere, anche biologici. Frutta e verdura biologica si trovano in una sezione apposita,
disponibili in confezioni da circa 0,5 kg, ma si trattava solo di carote, patate, zucchine,
pomodoro ciliegino e limoni (che non abbiamo incluso nell’indagine poiché, al momento
della rilevazione non erano presenti presso il GAS). Per il resto (carne, formaggi, etc.) i
prodotti erano tutti confezionati. Non era presente alcun banco. Anche il discount è aperto
tutti i giorni della settimana.
Il negozio specializzato biologico è un esercizio commerciale che offre prodotti sia
alimentari che per la cura della persona, derivanti da produzioni biologiche e
biodinamiche. Il negozio in questione offre un’ampia varietà di frutta e verdura biologica
certificata e si rifornisce presso varie categorie di fornitori (grandi distributori,
cooperative, importatori, industrie di trasformazione e anche piccoli produttori) e
rappresenta il punto di riferimento per l’acquisto di prodotti biologici nel quartiere. Si può
103
comunque parlare di un canale di filiera lunga. Vanta una clientela fissa che è
rappresentata probabilmente dai residenti di un ceto sociale nettamente più elevato della
media. L’attività va a vanti da molti anni e beneficia anche per la posizione centrale anni.
È aperto sei giorni alla settimana.
Da pochi anni a Testaccio è attivo anche un mercatino degli agricoltori locali che
praticano unicamente agricoltura biologica certificata. Si trova in una posizione poco
centrale e opera all’interno della Città dell’Altra Economia, in partnership con il
supermercato limitrofo di cui parleremo di seguito. Il mercatino offre una varietà di
prodotti stagionali che comprendono prevalentemente frutta e ortaggi, ma anche creme,
marmellate, succhi, salumi, passate, formaggi, torte e pane. Sono anche presenti artigiani
che fanno del riuso e del riciclo i loro principali punti di forza. I produttori sono quasi tutti
del Lazio, certificati biologici, e sono presenti soprattutto prodotti freschi. Il mercato è
aperto il sabato e la domenica fino al primo pomeriggio.
Il supermercato biologico, che e lavora in parallelo con il mercatino limitrofo, offre
un’ampia varietà di prodotti provenienti da agricoltura biologica certificata e prodotti
ecologici per la casa e per la persona. Buona parte dei produttori sono gli stessi che
partecipano al mercatino durante il fine settimana, dunque provengono quasi tutti dal
Lazio. Questo punto vendita ha decisamente delle caratteristiche interessanti: la maggior
parte dei prodotti provengono direttamente dagli agricoltori locali e solo in piccola parte
provengono da canali di filiera lunga. Si potrebbe dire che si tratta di un canale di offerta
misto, che pur operando un ricarico sui prodotti, dovrebbe tutelare il reddito percepito dai
produttori. È aperto 7 giorni su 7 ed è stato facile selezionare prodotti che fossero simili ai
prodotti del GAS, nel caso del latte si trattava proprio del medesimo produttore.
Nelle vicinanze del quartiere (1,4 e 1,8 km dalla sede del GAS) si svolgono ogni
sabato e domenica, dal mattino fino a metà pomeriggio, due mercati degli agricoltori che
sono i punti di riferimento per chi vuole acquistare prodotti freschi, locali e spesso anche
biologici. Questi sono i Mercati di Campagna Amica (MCA), organizzati dall’omonima
Fondazione. L’offerta è molto ampia, anche se è stato necessario aggregare i dati di
entrambi i mercati per raggiungere la completezza di listino sufficiente per un confronto
attendibile. Vi è un’ampia offerta di prodotti convenzionali, soprattutto frutta, verdura,
formaggi e salumi. Per quanto riguarda gli ortaggi biologici certificati vi sono un numero
ristretto di banchi che ruotano periodicamente. In questo caso è stato semplice trovare
prodotti simili a quelli del GAS. Le produzioni sono molto fresche e di qualità.
104
1.2 I tre confronti dell’indagine sui liv elli dei prez z i
Come abbiamo visto per gli altri confronti presenti nella letteratura, la comparazione
viene fatta sulla base del prezzo del prodotto del GAS TM, quindi sulla differenza così
calcolata:
!"#$$% !!!"#$$% !"#
𝑉𝑎𝑟𝑖𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 % =
!"#$$% !"#
%
Per esempio se il GAS offre un prodotto al prezzo di 1 €/kg e il supermercato offre
lo stesso prodotto a 2 €/kg significa che, rispetto al prodotto del GAS, il prezzo del
supermercato è maggiore del 100%. Ciò significa che il costo è pari al prezzo del GAS
aumentato del 100% del suo valore, quindi il doppio.
Qualora si presentasse una variazione negativa significa che presso il punto vendita
in questione il prezzo rilevato è più basso rispetto al GAS.
Nel fare questi confronti non si sta tenendo conto del fatto che alcuni prodotti si
consumano meno di altri. Stiamo quindi mettendo sullo stesso piano prodotti diversi come
i cetrioli e le zucchine che hanno un peso ben diverso all’interno della dieta di una
famiglia. Abbiamo fatto questa scelta perché il nostro obiettivo è quello di verificare
indistintamente il livello dei prezzi per ogni categoria di prodotto.
1.2.1 Prezzo dei prodotti biologici del GAS TM vs prezzo minimo dei prodotti biologici
reperibili presso altri canali di offerta
Sono stati presi in considerazione 47 prodotti alimentari biologici presenti nel GAS.
Non tutti i prodotti sono stati reperiti negli altri canali di vendita, ma ciò non significa che
l’offerta fosse inferiore. In tutti gli altri canali, infatti, vi è una disponibilità immediata di
un numero di prodotti più alto rispetto al GAS. Nel negozio specializzato biologico e nel
supermercato biologico e locale vi è la massima disponibilità di prodotti, in misura
decisamente superiore al GAS, ma anche ai mercati. Anche se sono frequenti i confronti
con i prodotti dei MCA e del mercatino biologico e locale, bisogna tenere presente che
questi hanno lavorato sotto un regime leggermente inferiore nel periodo in esame rispetto
ai supermercati, inoltre, nel caso dei MCA il confronto con i prodotti biologici è stato
possibile solo integrando i prezzi di entrambi i MCA considerati. Sebbene i prodotti di
partenza siano stati scelti in base alla disponibilità del GAS, il mercato rionale, il
105
supermercato e il discount presentano davvero un’offerta minima di prodotti biologici, e si
tratta perlopiù di prodotti confezionati, anche nel caso di frutta e verdura. La tabella
sottostante è, dunque, puramente indicativa per descrivere il confronto che si andrà a fare e
non la disponibilità di prodotti biologici.
Tabella 4.2: numero di prodotti confrontati per canale di offerta
Canale di vendita GAS N° prezzi confrontati 47 Negozio spec. biologico MCA 45 41 Supermercato biologico Mercatino biologico Mercato rionale 41 31 13 Discount Supermercato 9 2 Frutta biologica
Abbiamo selezionato 6 tipi di frutta di stagione che erano disponibili nel GAS nel
periodo in esame: meloni, albicocche, fragole, mele, pere e pesche presenti in 4 canali oltre
al GAS. Il GAS si approvvigiona dallo stesso produttore per albicocche, mele, pere,
meloni mentre per pesche e fragole ha stipulato l’accordo di prefinanziamento con
l’azienda agricola “Il Papavero”. Questo ha portato a due evidenti benefici: da un lato il
prezzo è stato stabile nel tempo; dall’altro il produttore ha consegnato tutta la merce
evitando sprechi di prodotto e quindi perdite economiche. I sei tipi di frutta biologica sono
presenti nel negozio specializzato, nel supermercato biologico e locale, nei MCA e nel
mercatino biologico e locale. Non sono stati reperiti negli altri canali di vendita.
Generalmente si riscontra un prezzo più alto per tutti gli altri canali con significative
differenze.
Nel negozio specializzato la frutta fresca ha un prezzo superiore in tutti i casi e i
prezzi sono mediamente superiori del 115%. Vi sono variazioni significative nel caso del
melone (+279%) e delle albicocche (+116%); mentre quelle più basse, comunque
importanti, si registrano per le pesche (+66%) e per fragole e mele (+73%).
Diverso è il caso del supermercato biologico, in cui il livello dei prezzi è
mediamente superiore a quello del GAS dell’83%. Percentuale che è evidentemente viziata
dal prezzo del melone che viene 4,00€ (+300%), ma vi sono prezzi più accettabili per le
albicocche e le mele, rispettivamente +25% e +32% rispetto al GAS.
106
Nei MCA il livello dei prezzi della frutta biologica è del 32% più alto rispetto a
quello del GAS. Ciò non vale per le pere e per le pesche che hanno prezzi più contenuti: i
prodotti presentano prezzi alti per quanto riguarda il melone (+100%) e le pere (+50%),
ma il livello di prezzo è più accessibile per le mele (+5%) e le pesche (-9%).
Nel caso del mercatino biologico i prezzi risultano inferiori in 2 casi e superiori negli
altri 4. Le pesche registrano un prezzo più basso del 46% e le pere del 9%. Meloni (+50%),
fragole (+31%) e albicocche (+9%) hanno invece prezzi più alti.
Il GAS dunque si presenta come il canale dove i vari tipi di frutta considerati hanno
prezzi mediamente più bassi rispetto agli altri canali presi in considerazione. Le uniche
eccezioni sono rappresentate dalle pesche nei mercati e dalle pere nel mercatino biologico.
Il melone è il frutto in cui la Grande Distribuzione ha un prezzo decisamente più
alto, superiore di oltre il 200% e dunque più che triplo rispetto al GAS.
Nel caso delle fragole, in tutti i canali si riscontra un aumento del prezzo di oltre il
30%. La stagione non è stata favorevole per colpa delle frequenti piogge e le gelate che
non facevano formare il frutto dopo la fioritura111, ciò ha favorito l’accordo stipulato dal
GAS con il produttore che prendeva in considerazione eventuali perdite di prodotto. Nel
GAS, infatti, il prezzo è rimasto stabile grazie al prefinanziamento. Anche nel mercatino
biologico il prezzo delle fragole era più alto del 31%.
Figura 4.3: confronto dei prezzi della frutta biologica
€ 8,00 € 7,00 € 6,00 GAS TM € 5,00 Negozio spec. € 4,00 SM biologico € 3,00 MCA € 2,00 Mercatino bio € 1,00 € ‐ Melone Albicocche Fragole Mele Pere Pesche I prezzi della frutta biologica si attestano a diversi livelli a seconda dei canali: molto
alti nella Grande Distribuzione e nel supermercato biologico. Sia nei MCA che nel
mercatino biologico il livello dei prezzi è più allineato con quello del GAS e vi sono prezzi
Questa affermazione deriva da un’intervista con il produttore di fragole del GAS che si trova nell’area di
Pomezia.
111
107
più bassi forse in virtù del fatto che i banchi possono aumentare o diminuire, favorendo la
vendita di prodotti la cui disponibilità è maggiore. Il GAS presenta invece una forma più
rigida, in cui spesso i prezzi sono stabiliti con anticipo, come nel caso delle pesche.
Tabella 4.3: prezzi rilevati e variazioni della frutta biologica
Prodotto GAS TM Melone € 1,00 Albicocche € 3,20 Fragole € 4,20 Mele € 1,90 Pere € 2,20 Pesche € 2,80 Var. media % Negozio spec. € 3,79 (+279%) € 6,90 (+116%) € 7,25 (+73%) € 3,29 (+73%) € 4,03 (+83%) € 4,64 (+66%) (+115%) SM biologico € 4,00 (+300%) € 4,00 (+25%) € 6,50 (+55%) € 2,50 (+32%) € 3,30 (+50%) € 3,80 (+36%) (+83%) MCA € 2,00 (+100%) € 4,00 (+25%) € 6,00 (+43%) € 2,00 (+5%) € 3,30 (+50%) € 2,00 (‐29%) (+32%) Mercatino bio € 1,80 (+80%) € 3,50 (+9%) € 5,50 (+31%) € 2,40 (+26%) € 2,00 (‐9%) € 1,50 (‐46%) (+15%) Ortaggi biologici
Tramite il GAS TM, gli ortaggi vengono acquistati ogni settimana, l’ordine va
completato entro il lunedì e gli ortaggi giungono il giovedì. Ciò significa che sono stati
raccolti al massimo 3 giorni prima della consegna. Gli ortaggi confrontati sono 15, tutti
presenti presso i mercati, il supermercato biologico e il negozio specializzato. Presso il
discount, invece, sono reperibili solo 4 ortaggi biologici, ciò lo conferma come punto
vendita poco attento alla richiesta di prodotti biologici. In generale si riscontra una
situazione divisa in due blocchi: i canali di vendita diretta presentano un livello dei prezzi
più basso rispetto a quello della GDO.
Presso la Grande Distribuzione i prezzi degli ortaggi si posizionano a un livello più
alto rispetto al GAS di oltre l’80%: +80% nel negozio specializzato e +91% nel caso del
discount (nel secondo si tratta di soli 4 prodotti, per quegli stessi prodotti il negozio
specializzato presenta una variazione maggiore dell’85%). Nel negozio specializzato si
passa da un aumento minimo del 17% a uno massimo del 171%. Le variazioni maggiori si
hanno per prodotti quali: patate (+171%) e peperoni (+166%). Nel discount i prodotti che
presentano prezzi più alti rispetto al GAS sono patate (+99%) e pomodoro ciliegino
(+109%). In nessun canale della GDO è stato riscontrato un prezzo più basso di quelli del
circuito del GAS TM: la differenza più bassa si riscontra per il pomodoro tondo (+ 17%).
108
Prendendo in considerazione gli altri canali, questi sono decisamente più allineati
con i prezzi del GAS e ciò vale sia per i mercati degli agricoltori, sia per il supermercato
biologico, che si presenta con una forma ibrida di distribuzione Nei MCA i prezzi sono a
un livello più alto dell’8%. Si rileva che 6 prodotti su 15 hanno un prezzo pari o inferiore a
quello del GAS, in particolare il prezzo è più basso per carote (-15%), pomodoro ciliegino
(-9%) e pomodoro tondo (-9%). I prezzi più alti sono invece patate (+30%), patate novelle
e peperoni (+25%). In questo caso i MCA presentano variazioni più attenuate rispetto agli
altri canali.
Nel mercatino biologico, in media, il livello dei prezzi è più alto del 10%. Sono 5 i
prodotti ad avere un prezzo pari o inferiore rispetto a quello del GAS: nessuna variazione
per carote, pomodoro lungo, e peperoni mentre i prezzi sono più bassi per il pomodoro
tondo (-9%) e la cipolla fresca (-21%). Patate (+50%), zucchine, patate novelle e
melanzane (tutti +25%) sono i prodotti che hanno il prezzo più alto nei confronti del GAS.
Nel supermercato biologico il livello di prezzo degli ortaggi è più alto del 15%
rispetto al GAS. Questo canale di offerta presenta quindi un livello di prezzi non lontano
da quello del GAS.
Si possono rilevare due prodotti con un prezzo inferiore a quello del GAS: le carote
con -25% e il pomodoro tondo con -9%. I peperoni e il pomodoro lungo hanno invece lo
stesso prezzo del GAS; mentre negli altri casi il prezzo più basso è quello della cicoria
(+11%) e quello più alto delle zucchine (+50%). Il supermercato biologico si trova, quindi,
in una situazione intermedia con variazioni che vanno dal +50% al -25% per un risparmio
o pareggio in 5 casi su 15. Ciò è probabilmente imputabile alla sinergia che l’organismo di
certificazione ha intrapreso con le aziende agricole limitrofe e alla presenza del mercatino
convenzionato.
Approfondendo i risultati di alcuni prodotti, tra i pomodori si può analizzare il caso
della varietà ciliegino. I canali convenzionali presentano prezzi decisamente superiori
(discount e negozio specializzato) mentre nella filiera corta i prezzi tendono ad allinearsi e
a essere anche più convenienti rispetto al GAS. Il supermercato biologico presenta un
prezzo intermedio tra la GDO e la vendita diretta. Da notare è anche la stabilità del prezzo
raggiunta dal GAS e dai MCA che vale anche per gli altri tipi di pomodori, i cui prezzi
oscillano tra i 2 €/kg e i 2,2 €/kg.
109
Figura 4.4: confronto dei prezzi degli ortaggi biologici
€ 6,00 € 5,00 € 4,00 GAS TM € 3,00 Negozio spec. SM biologico € 2,00 MCA € 1,00 Mercatino bio € ‐ Discount Tabella 4.4: prezzi rilevati e variazioni dei prezzi degli ortaggi biologici
Prodotto Carote Patate Zucchine Pomodoro ciliegino Pomodoro tondo Pomodoro lungo Bieta Cetrioli Cicoria Cipolla fresca GAS TM Negozio spec. SM biologico MCA Mercatino bio € 2,70 € 1,50 € 1,70 € 2,00 € 2,00 (+35%) (‐25%) (‐15%) (0%) € 2,71 € 1,20 € 1,30 € 1,50 € 1,00 (+171%) (+20%) (+30%) (+50%) € 2,90 € 3,00 € 2,00 € 2,50 € 2,00 (+45%) (+50%) 0%) (+25%) € 4,19 € 3,00 € 2,00 € 2,50 € 2,20 (+90%) (+36%) (‐9%) (+14%) € 2,57 € 2,00 € 2,00 € 2,00 € 2,20 (+17%) (‐9%) (‐9%) (‐9%) € 3,71 € 2,00 € 2,00 € 2,00 € 2,00 (+86%) (0%) (0%) (+0%) € 4,03 € 2,00 € 2,00 € 2,00 € 1,90 (+112%) (+5%) (+5%) (+5%) € 3,71 € 2,00 € 2,00 € 2,00 € 1,70 (+118%) (+18%) (+18%) (+18%) € 2,90 € 2,00 € 2,00 € 2,00 € 1,80 (+61%) (+11%) (+11%) (+11%) € 3,00 € 2,50 € 2,00 € 1,50 € 1,90 (+58%) (+32%) (+5%) (‐21%) Insalata € 1,90 Melanzane € 2,00 Patate novelle € 1,20 Peperoni € 2,00 Fagiolini € 3,40 Var. media % € 2,90 (+53%) € 2,75 (+38%) € 2,65 (+121%) € 5,32 (+166%) € 5,65 (+66%) (+80%) € 2,00 (+5%) € 2,00 (0%) € 1,50 (+25%) € 2,00 (0%) € 4,50 (+32%) (+15%) 110
€ 2,00 (+5%) € 2,00 (0%) € 1,50 (+25%) € 2,50 (+25%) € 4,00 (+18%) (+8%) € 2,00 (+5%) € 2,50 (+25%) € 1,50 (+25%) € 2,00 (0%) € 3,50 (+3%) (+10%) Discount € 3,20 (+60%) € 1,99 (+99%) € 3,30 (+65%) € 4,60 (+109%) (+91%) Uova di gallina biologiche
Le uova biologiche sono un prodotto il cui interesse è vivo da parte di molti esercizi
commerciali, sono infatti presenti in quasi tutti i canali di vendita considerati fatta
eccezione per il mercatino biologico. Per le uova biologiche è stato preso in
considerazione la confezione da 6, rintracciata in tutti i canali a eccezione del discount
dove è stata trovata solo in confezione da 4. In questo caso abbiamo scelto di rapportare il
prezzo a una ipotetica confezione da 6. Presso il GAS le uova sono disponibili sfuse e
provengono da un produttore bel basso Lazio, gli aderenti si devono recare con un proprio
contenitore per trasportarle a casa. Questo genere di situazioni sono molto frequenti nei
GAS e generano momenti di scambio e collaborazione che contribuiscono a creare
un’atmosfera piacevole e familiare tra gli aderenti.
Figura 4.5: confronto del prezzo delle uova di gallina biologiche
€ 3,00 Uova di gallina € 2,50 € 2,00 € 1,50 € 1,00 € 0,50 € ‐ GAS TM Negozio SM spec. biologico MCA Discount Mercato rionale SM Presso il GAS, una confezione da 6 uova ha il prezzo di 1,98 €. Il prezzo che più si
avvicina a questo è quello del discount con 2,10 € (+6%), seguito dal negozio specializzato
con 2,30 € (+16%). Presso i MCA l’offerta di uova biologiche è al prezzo di 2,4 € (+21%),
vicina a quella del supermercato biologico con 2,45 € (+24%). I prezzi più alti si trovano
presso il mercato rionale e il supermercato rispettivamente a 2,7 € (+36%) e 2,79 € (+41%)
rispetto al GAS.
Tabella 4.5: prezzi rilevati e variazioni delle uova biologiche
Prodotto GAS TM Uova di gallina € 1,98 Negozio spec. € 2,30 (+16%) SM biologico € 2,45 (+24%) 111
MCA Discount € 2,40 (+21%) € 2,10 (+6%) Mercato rionale € 2,70 (+36%) SM € 2,79 (+41%) Per le uova biologiche il GAS rappresenta la via più accessibile e permette di
guadagnare anche in virtù della propria freschezza rispetto ai canali della GDO. Anche in
questo caso l’ordine viene inviato il martedì e giunge il giovedì, ma è probabile che non si
tratti necessariamente di uova di giornata. I canali di filiera corta presentano prezzi più alti,
mentre un aumento del 36% nel mercato rionale e del 41% presso il supermercato
rappresentano senza dubbio un ostacolo all’acquisto per i ceti medio-bassi
Carni biologiche
Per quanto riguarda la carne, il GAS TM effettua delle consegne saltuarie, in pacchi
da 5 kg, pronti per essere congelati in fazioni da 1 o 0,5 kg. Abbiamo preso in
considerazione tre tipi di carne: bovino adulto, vitellone e pollo.
La carne biologica di bovino adulto risulta poco rintracciabile negli altri canali di
offerta. Presso il GAS TM i prezzi dei tagli macinato, bistecca e fettine di vitellone sono
rispettivamente al livello di 10, 18 e 16 €/kg. Il livello dei prezzi della carne si posiziona a
un livello più basso rispetto agli altri canali di offerta con la sola eccezione del mercato
rionale, in cui è stato rilevato solo il prezzo del pollo intero, il quale risulta essere più
economico.
Presso i MCA le carni biologiche hanno un prezzo superiore nel caso del macinato e
della bistecca. Il taglio che presenta il prezzo più basso è rappresentato dalle fettine, con
un prezzo del 3% superiore a quello del GAS. Anche il pollo presenta un prezzo più basso:
8 €/kg (-11%). Il vantaggio è che è acquistabile in piccole quantità e quindi è sempre
fresca. Il livello dei pezzi è di appena il 5% più alto rispetto al GAS.
Nel negozio specializzato si riscontra un prezzo più alto in tutti i casi, cosa che
comporta una aumento medio del 60%. Il macinato è quello che presenta un prezzo più
alto: 16,90 €/kg (+69%). La bistecca 29,40 €/kg e le fettine 23,40 €/kg. Questi prodotti
sono tutti confezionati e quindi non sono freschi.
Nel supermercato biologico è presente solo il taglio del vitellone con il prezzo di
20,28 €/kg, più caro del 13% rispetto al GAS.
Per quanto riguarda la carne bianca il GAS propone saltuariamente l’acquisto da
un’azienda piccola il cui pollo è di qualità biologica ma non certificata. Il pollo viene
acquistato solamente intero per venire incontro all’azienda produttrice che lo deve smaltire
in ogni sua parte. Questo genera una certa consapevolezza, da parte degli aderenti, di
comprendere quali siano le problematiche che incontrano tali aziende. Normalmente nella
112
GDO la parte di pollo che viene venduta di più è il petto mentre le parti inutilizzate sono
impiegate nell’industria alimentare.
Lo stesso prodotto, pollo intero biologico, è stato reperito solamente presso i MCA e
il mercato rionale. I prezzi del mercato rionale e dei MCA risultano i più accessibili,
rispettivamente a 7,9 €/kg (-12%) e 8,00 €/kg (-11%) rispetto a quello del GAS. Se nei
mercati il prezzo basso del pollo è imputabile al fatto che deriva da una grande azienda che
può permettersi adeguate economie di scala, il GAS TM si approvvigiona da un piccolo
produttore estraneo al mercato.
Figura 4.6: confronto del prezzo delle carni biologiche
€ 35,00 € 30,00 € 25,00 GAS TM € 20,00 MCA € 15,00 Negozio spec. € 10,00 SM biologico Mercato rionale € 5,00 € ‐ Macinato bovino Bistecca bovino Fettine bovino Fettine vitellone Pollo intero Tabella 4.6: prezzi e variazioni percentuali del prezzo delle carni biologiche
Prodotto GAS TM Macinato bovino € 10,00 Bistecca bovino € 18,00 Fettine bovino € 16,00 Fettine vitellone € 18,00 Pollo intero € 9,00 Var. media % Negozio spec. € 16,90 (+69%) € 29,40 (+63%) € 23,40 (+46%) (+60%) SM biologico € 20,28 (+13%) (+13%) MCA € 12,00 (+20%) € 20,00 (+11%) € 16,50 (+3%) € 18,00 (0%) € 8,00 (‐11%) (5%) Mercato rionale € 7,90 (‐12%) (‐12%) In generale si può dire che l’approvvigionamento di carne presso il GAS è possibile
a un prezzo più basso rispetto agli altri canali, in particolare per la carne di bovino adulto. I
MCA rappresentano un’alternativa che garantisce un buon rapporto qualità-prezzo, mentre
i prezzi dei canali di GDO sono molto elevati. Al di là della frequenza dell’ordine, che è
stata scelta appositamente per contenere i consumi di carne, la necessità di acquistare
113
grandi quantitativi e di congelarli rappresenta senza dubbio un ostacolo per le famiglie a
basso reddito che devono anticipare l’acquisto per un periodo di tempo prolungato.
Latte e latticini biologici
I latticini presi in considerazione sono 7: il latte pastorizzato, lo stracchino, la
mozzarella fiordilatte, la ricotta di pecora, il primo sale, la ricotta di vacca e il Parmigiano
Reggiano stagionato tra i 18 e i 26 mesi (quello più comune). Per quest’ultimo è chiaro che
non è stato possibile reperirlo nei canali che commercializzano solo prodotti locali come i
MCA e il mercatino biologici. L’acquisto di latticini nel GAS TM avviene in diversi modi
poiché si tratta di diverse aziende. Latte112 e ricotta di pecora vengono consegnati su base
settimanale o bi-settimanale. Stracchino, mozzarella, primo sale e ricotta di vacca sono
invece ordinati saltuariamente113. Il Parmigiano Reggiano viene acquistato insieme ad altri
GAS della zona con cadenze variabili. Per prima cosa analizziamo separatamente il prezzo
del latte biologico, reperibile sul territorio presso 6 punti vendita. Abbiamo preso in
considerazione il latte pastorizzato, solitamente disponibile in bottiglie da 1 litro.
Dalla rilevazione emerge che i MCA e il supermercato biologico sono i luoghi in cui
il latte biologico è più basso, al prezzo di 1,70 €/lt (-6%). In questi casi il latte è molto
fresco ed è del tutto comparabile a quello del GAS TM. Nel negozio specializzato il latte
ha un prezzo più basso del 3% rispetto al GAS (1,75 €/lt), mentre nel mercatino biologico
il latte ha il medesimo prezzo che nel GAS, disponibile a 1,80 €/lt. Il supermercato e il
discount presentano prezzi più alti: rispettivamente di 1,89 €/lt (+5%) e di 1,99 €/lt. Come
abbiamo detto sia nel GAS TM che nel supermercato biologico si tratta dello stresso
produttore. La differenza di prezzo è riferibile alle quantità che il supermercato può
distribuire, questo sottintende una remunerazione inferiore rispetto a quella del GAS per il
produttore. Per quanto riguarda i latticini di largo consumo, questi sono stati reperiti
principalmente presso il negozio specializzato e i MCA. La mozzarella biologica è stata
reperita anche presso il discount.
Presso il GAS TM la mozzarella ha il prezzo di 10 €/kg, il primo sale 12,5 €/kg, la
ricotta di mucca 8,00 €/kg e lo stracchino 10 €/kg. Presso il discount è presente solamente
la mozzarella, il cui prezzo permette un risparmio del 4 % rispetto a quella del GAS. In
112
Al momento della rilevazione l’acquisto di latte era possibile ma non in corso per mancanza di un referente.
Al momento della rilevazione il GAS aveva messo in pausa l’approvvigionamento di mozzarella, ricotta di
vacca, primo sale e stracchino seppure fosse possibile rifornirsi ogni settimana.
113
114
questo caso si trattava di mozzarella confezionate la cui provenienza non era chiara. Presso
i MCA il prezzo è superiore in due soli casi: ricotta di mucca (+13%) e stracchino (+10%),
negli altri il prezzo è minore (latte e ricotta di pecora) o uguale (primo sale e mozzarella).
Nel negozio specializzato i prodotti hanno tutti un prezzo più alto: si va dal +92% del
Parmigiano Reggiano al + 8% della ricotta di mucca. Anche ricotta di pecora, stracchino e
mozzarella hanno un prezzo alto: dal + 20% della ricotta di pecora al +75% dello
stracchino. Nel supermercato biologico il prezzo del Parmigiano Reggiano è del 55% più
alto rispetto a quello del GAS, la mozzarella e il primo sale anche hanno un prezzo più alto
(+14% e +4%) mentre la ricotta di mucca ha il medesimo prezzo che nel GAS. Nel
mercatino biologico i prezzi sono più allineati a quelli del GAS TM. Le variazioni sono
contenuto tra il 22% di mozzarella e ricotta di pecora e lo 0% del primo sale. Dei 6
prodotti considerati, presso il GAS tre prodotti hanno il prezzo più basso. Nei MCA vi è un
prezzo altrettanto basso per mozzarella e primo sale mentre è più accessibile per latte
(assieme al SM biologico) e ricotta di pecora. Il discount presenta un prezzo più basso solo
nel caso della mozzarella, e comunque l’offerta di latticini biologici è minima.
Concludendo possiamo dire che il livello dei prezzi del GAS è molto più basso
rispetto a quello del negozio specializzato (-44%), leggermente più basso rispetto a quello
del supermercato biologico e del mercatino biologico (-14% entrambi) e invece è più alto
rispetto a quello dei MCA (+3%). Nei SM e nel discount i prodotti hanno prezzi
paragonabili a quelli del GAS ma si tratta comunque di pochi prodotti. Nel caso del latte è
interessante notare come il prezzo più alto sia proprio quello del discount e dei SM.
L’evidenza più interessante è senza dubbio rappresentata dal prezzo del Parmigiano
Reggiano, che presso il GAS TM è più basso di almeno il 55%.
Figura 4.7: confronto del prezzo di latte e latticini
€ 35,00 € 30,00 € 25,00 GAS TM € 20,00 € 15,00 Negozio spec. € 10,00 SM biologico € 5,00 MCA € ‐ Mercatino bio Discount 115
Tabella 4.7: prezzi e variazioni percentuali di latte e latticini biologici
Negozio spec. € 31,00 Parmigiano Reggiano € 16,12 (+92%) € 1,75 Latte € 1,80 (‐3%) € 17,20 Mozzarella € 10,00 (+72%) Primo sale € 12,50 € 8,60 Ricotta mucca € 8,00 (+8%) € 12,00 Ricotta pecora € 10,00 (+20%) € 17,50 Stracchino € 10,00 (+75%) Var. media % (+44%) Prodotto GAS TM SM biologico € 25,00 (+55%) € 1,70 (‐6%) € 11,40 (+14%) € 13,00 (+4%) € 8,00 (0%) (+14%) Mercatino Discount bio € 1,70 € 1,80 € 1,99 (‐6%) (0%) (+11%) € 10,00 € 12,20 € 9,62 (0%) (+22%) (‐4%) € 12,50 € 12,50 (0%) (0%) € 9,00 € 10,00 (+13%) (+25%) € 7,00 € 12,20 (‐30%) (+22%) € 11,00 (+10%) (‐3%) (+14%) (+3%) MCA SM € 1,89 (+5%) (+5%) Pasta e farina biologica
La pasta rappresenta, soprattutto in Italia, un prodotto di larghissimo consumo, il
fabbisogno nazionale non può essere soddisfatto dalla produzione casalinga. Abbiamo
preso in considerazione il tipo di pasta più ‘classico’, quella di grano duro e quella di
grano duro integrale. Il prodotto del GAS è certificato biologico, proveniente da un
produttore lombardo con filiera trasparente e controllata. Si tratta di un produttore che può
usufruire di adeguate economie di scala tali da offrire un prodotto di tipo paragonabile alla
pasta normalmente in commercio nei canali della GDO. Presso il GAS l’ordine viene
effettuato con cadenza indicativamente trimestrale. Gli aderenti posso acquistare la
quantità che desiderano, anche in pacchi da 0,5 kg. Non abbiamo preso in considerazione
la pasta presente nei mercati degli agricoltori perché in tali mercati la qualità è molto
differente: presso i MCA e il mercatino biologico la pasta proviene da piccoli produttori
che offrono un prodotto con caratteristiche più ricercate e che non possono usufruire di
adeguate economie di scala tali da offrire un prodotto a un basso prezzo. La pasta di grano
duro biologica costa 1,70 €/kg nel GAS e rappresenta il prezzo più basso che è stato
rilevato rispetto agli altri canali di offerta.
Nel GAS, nel negozio specializzato e nel supermercato biologico il prezzo della
pasta di grano duro ‘classica’ è uguale al prezzo di quella integrale. Nel caso del mercato
rionale invece il prezzo è diverso. Presso il supermercato biologico la pasta di grano duro
ha il prezzo di 2,5 €/kg (+47%), nel negozio specializzato 3,00 €/kg (+76%) e 5 €/kg
(+224%) presso il mercato rionale. Nel supermercato biologico la pasta proviene da
un’azienda che si rifornisce di farine del centro Italia mentre presso il negozio
116
specializzato si tratta di una nota impresa agroalimentare che opera nel settore del
biologico, i cui prodotti sono distribuiti su tutto il territorio italiano. Nel mercato rionale
invece il prodotto è di qualità leggermente più elevata, il che giustifica l’aumento di
prezzo. La pasta di grano duro integrale biologica segue un percorso simile: è reperibile a
un prezzo più conveniente presso il supermercato biologico con un aumento del 47%,
presso il negozio specializzato con un aumento del 76%, mentre nel mercato rionale è più
cara del 253%.
Per le farine abbiamo preso in considerazione il pacco da 1 kg di tre diversi tipi di
farina, presenti tanto nel GAS quanto negli altri canali. Il GAS TM si approvvigiona da
vari produttori la cui cadenza dell’ordine solitamente è mensile. Il GAS si approvvigiona
di farine da produttori differenti e l’ordine avviene su base mensile. La qualità della faina
del GAS è molto alta e può essere accostata a quella del negozio specializzato. La farina
biologica è reperibile in 4 canali. Il prezzo risulta più basso nel GAS rispetto agli altri
canali di offerta.
La farina di tipo 0 è reperibile presso il GAS al prezzo di 1,14 €/kg, il secondo
prezzo più basso è quello del supermercato biologico con un aumento del 43% (1,63 €/kg)
e il terzo è quello del mercato rionale, con un aumento del 58% (1,80 €/kg). Presso il
negozio specializzato è più cara del 119%, viene 2,5 €/kg. La farina biologica integrale è
accessibile presso il GAS al prezzo di 1,00 €/kg. Il costo è più alto nel supermercato
biologico (1,81 €/kg, +81%), nel mercato rionale (2,00 €/kg , +100%), nel negozio
specializzato (2,22 €/kg, +122%) e nei SM (2,38 €/kg +138%). La farina (o semola) di
grano duro biologica risulta più accessibile attraverso il GAS al prezzo di 1,55 €/kg. Presso
il supermercato biologico e il negozio specializzato è acquistabile rispettivamente con il
prezzo di 2,75 €/kg (+77%) e 2,80 €/kg (+81%).
A fronte di un livello dei prezzi del GAS TM più basso rispetto a tutti gli altri canali
di offerta, con variazioni che vanno dal -59% nei confronti del supermercato biologico al
138% dei SM (sebbene si tratti di un solo prodotto), possiamo dire che nel quartiere in
questione, il GAS risulta il canale di approvvigionamento con i prezzi mediamente più
bassi.
È interessante rilevare come il prezzo della pasta di grano duro sia a un livello molto
più basso rispetto a quello degli altri canali di vendita, almeno del 47%. Solitamente i
prezzi dei prodotti a base di farine integrali, come la pasta, sono considerati prodotti ‘di
nicchia’, più salutari, e quindi, come vedremo più avanti, vengono commercializzati con
prezzi più alti (soprattutto nella GDO); inoltre, i produttori che non offrono prodotti
117
‘salutari’ non fanno grandi economie di scala per i prodotti integrali, quindi potrebbero
avere un prezzo maggiore per questi ultimi. Questo si può notare guardando il prezzo della
pasta integrale nel mercato rionale, che ha un prezzo maggiore. Negli altri canali, invece,
vi è la consapevolezza di rivolgersi verso consumatori più consapevoli e quindi il prezzo è
allineato tra i due tipi di pasta (come è riscontrabile nel negozio specializzato e nel
supermercato biologico). Ciò può essere spiegato dalle strategie di marketing, ma anche
dal fatto che le aziende produttrici avranno una richiesta di prodotti integrali maggiore
rispetto ai canali che si rivolgono verso consumatori medi, ‘non salutisti’.
Anche per le farine l’accessibilità e la freschezza sono due caratteristiche peculiari
dei prodotti del GAS. In entrambi i casi (pasta e farina) bisogna anticipare l’acquisto, visto
che gli ordini vengono fatti su base mensile o trimestrale, a seconda delle richieste degli
aderenti.
Questo, come detto più volte, rappresenta un limite per le famiglie a basso reddito,
ma bisogna considerare che non è detto che i consumi alimentari rimangano gli stessi
quando si decide di approvvigionarsi dal GAS. Gli ordini mensili o trimestrali vengono
fatti anche perché l’approvvigionamento continuo e settimanale non è sostenibile dal punto
di vista del trasporto e dell’organizzazione.
I consumatori, quindi, probabilmente sono più consapevoli delle conseguenze e degli
impatti dei loro acquisti e sono invogliati comunque ad acquistare prodotti il più locale
possibile. In questo modo il GAS TM stimola l’acquisto soprattutto di frutta e verdura la
cui consegna avviene una volta a settimana.
Figura 4.8: confronto del prezzo di pasta e farina biologici
€ 7,00 € 6,00 GAS TM € 5,00 Negozio spec. SM biologico € 4,00 € 3,00 € 2,00 Mercato rionale SM € 1,00 € ‐ Pasta di Pasta Farina tipo 0 Farina grano duro integrale di integrale grano duro 118
Farina di Grano duro Tabella 4.8: prezzi e variazioni percentuali del prezzo di pasta e farina biologici
Prodotto GAS TM Pasta di grano duro € 1,70 Pasta integrale di grano duro € 1,70 Farina tipo 0 Farina integrale Farina di Grano duro Var. media % Negozio SM Mercato spec. biologico rionale € 3,00 € 2,50 (+76%) (+47%) € 3,00 € 2,50 (+76%) € 2,50 € 1,14 (+119%) € 2,22 € 1,00 (+122%) € 2,80 € 1,55 (+81%) (+95%) (+47%) € 1,63 (+43%) € 1,81 (+81%) € 2,75 (+77%) (+59%) SM € 1,80 (+58%) € 2,00 € 2,38 100%) 138%) (+79%) (+138%) Legumi biologici
I legumi che è stato possibile confrontare differiscono soprattutto per la modalità di
acquisto. Presso il GAS l’acquisto si effettua con cadenza mensile, è dunque necessario
anticipare l’acquisto rispetto al consumo di tutto il mese. Presso il negozio specializzato si
tratta di confezioni singole da 0,5 kg mentre presso il supermercato biologico si tratta del
prodotto sfuso (alla spina). Il GAS riceve i legumi in vari formati, (0,5 kg, 1 kg, 5 kg, 10
kg. Attualmente gli aderenti preferiscono decidere autonomamente quale confezione
acquistare, tuttavia è possibile che decidano di prendere solo la confezione da 10 kg per
dividere il prodotto a peso sfruttando l’uso di contenitori e riducendo la plastica necessaria
al confezionamento. Presso i MCA il prodotto è di qualità superiore e proviene da
coltivazioni autoctone, il che giustifica il prezzo più alto.
Nel GAS il prezzo dei ceci e del farro è lo stesso: 2,65 €/kg per la confezione da 0,5
kg mentre nei MCA il prezzo del farro è di 3 €/kg (+13%), nel negozio specializzato 4,6
€/kg (+74%), nel supermercato biologico 5,5 €/kg (+108%) e nel mercato rionale 6,8 €/kg
(+157%). Il farro ha quindi un prezzo più basso presso il GAS, anche i MCA permettono
di acquistarlo a un prezzo piuttosto basso, ma negli altri canali il prezzo è decisamente più
alto. Il prezzo dei ceci è più basso nel GAS (2,65 €/kg). Come per il farro il secondo
prezzo più basso è quello di 3,5 €/kg (+32%) rilevato nei MCA. Nel supermercato
biologico il prezzo è ancora più alto (4,45 €/kg) del +68% mentre nel mercato rionale è di
7,80 €/kg (+194%) e rappresenta il prezzo più alto. Le lenticchie114 biologiche presentano
il prezzo di 6,00 €/kg sia nel GAS che nei MCA, che rappresenta il prezzo più basso.
Nel caso delle lenticchie si tenga presente che si sta confrontando la lenticchia del GAS, la quale è
paragonabile alla varietà “Castelluccio di Norcia”, con varietà non esattamente identiche. Considerando che la
lenticchia “Castelluccio di Norcia” risulta tra le varietà più care, ciò non pregiudica la validità dei risultati.
114
119
Variazioni positive si riscontrano in tutti gli altri canali: +12% nel negozio specializzato,
+43% nel supermercato biologico e + 63% nel mercato rionale. Per i legumi biologici, il
GAS TM è il canale dove il prezzo è mediamente più basso. L’alternativa è rappresentata
dai MCA che offrono la possibilità di acquistare prodotti a un prezzo mediamente
superiore del 15% con la convenienza di poter effettuare l’acquisto in quantità più piccole
senza pianificare l’acquisto per tutto il mese. Visto che il GAS TM vuole stimolare a un
cambiamento delle abitudini, consumando meno carne, i legumi dovrebbero essere un
prodotto di rilevante interesse, tuttavia la cadenza è mensile. Questo aspetto potrebbe
rappresentare un limite per le famiglie con meno disponibilità economiche che decidono di
prendere in considerazione l’idea di passare a una dieta più vegetale.
Figura 4.9: confronto del prezzo dei legumi biologici
€ 12,00 € 10,00 GAS TM € 8,00 Negozio spec. € 6,00 SM biologico € 4,00 MCA € 2,00 Mercato rionale € ‐ Farro ceci lenticchie Tabella 4.9: prezzi e variazioni percentuali del prezzo dei legumi biologici
Prodotto GAS TM Farro € 2,65 Ceci € 2,65 lenticchie € 6,00 Var. media % Negozio spec. € 4,60 (+74%) € 5,13 (+94%) € 6,70 (+12%) (+60%) SM biologico € 5,50 (+108%) € 4,45 (+68%) € 8,60 (+43%) (+73%) MCA € 3,00 (+13%) € 3,50 (+32%) € 6,00 (0%) (+15%) Mercato rionale € 6,80 (+157% € 7,80 (+194% € 9,80 (+63% (+138% Miele biologico
Presso il GAS è disponibile il miele biologico di un agricoltore singolo la cui
produzione è controllata e autocertificata da un’associazione di produttori. L’ordine di
miele avviene su base mensile. È stato preso in considerazione il barattolo da 0,5 kg,
reperibile in tutti i canali, il cui prezzo è stato riportato in €/kg.
120
Nel GAS TM il miele di Millefiori e Castagno hanno il prezzo di 8 €/kg, mentre
quello di Acacia 9 €/kg. Questi sono i prezzi più basso rispetto a tutti gli altri canali di
offerta. Presso il mercatino biologico e i MCA si trova il secondo prezzo più basso per il
miele di Millefiori con un aumento del 13%. Seguono il supermercato biologico, con il
+21%, e il discount con il + 25%. Più alti sono i prezzi del miele biologico di Millefiori
nel negozio specializzato e nel mercato rionale dove prezzi sono superiori rispettivamente
del 98% e del 126% (nel mercato rionale però si fa riferimento a due soli prodotti:
Millefiori e Acacia). Risultati analoghi si possono riscontrare per il miele di Acacia,
reperibile nel mercatino biologico con una variazione positiva dell’11% e del 33% nei
MCA e nel supermercato biologico. Risulta sempre più alto nel negozio specializzato
(+98%) e nel mercato rionale (+120%). Il miele di Castagno biologico risulta meno
reperibile degli altri a e presenta due tendenze: una nel mercatino biologico e nei MCA
con una variazione maggiore del 13%, un’altra nel supermercato biologico e nel negozio
specializzato con prezzi più alti del 44%. Il miele biologico è, in media, più caro nel
mercato rionale (+138%) e nel negozio specializzato (+67%), l’accesso è invece più
agevole negli altri canali, in particolare nei MCA (+19% e nel mercatino biologico
(+12%).
Anche per quanto riguarda il miele biologico, il GAS si conferma come il canale
dove il prezzo è più basso, soprattutto per il miele di Castagno e di Acacia. I mercati degli
agricoltori e il supermercato biologico rappresentano una valida alternativa, in cui
l’acquisto può essere fatto con più flessibilità. In questo caso però il miele acquistato su
base mensile potrebbe non rappresentare un limite per le famiglie che ne consumano poco.
Figura 4.10: confronto del prezzo del miele biologico
€ 25,00 GAS TM € 20,00 Negozio spec. € 15,00 SM biologico MCA € 10,00 Mercatino bio Discount € 5,00 Mercato rionale € ‐ Miele di Milleciori Miele di Acacia 121
Miele di Castagno Tabella 4.10: prezzi e variazioni percentuali del miele biologico
Negozio spec. € 12,79 Miele di Millefiori € 8,00 (+60%) € 17,86 Miele di Acacia € 9,00 (+98%) € 11,53 Miele di Castagno € 8,00 (+44%) Var. media % (+67%) Prodotto GAS TM SM biologico € 9,70 (+21%) € 12,00 (+33%) € 11,50 (+44%) (+33%) MCA € 9,00 (+13%) € 12,00 (+33%) € 9,00 (+13%) (+19%) Mercatino Mercato Discount bio rionale € 9,00 € 9,98 € 18,60 (+13%) (+25%) (+133%) € 10,00 € 19,80 (+11%) (+120%) € 9,00 (+13%) (+12%) (+25%) (+126%) Olio extravergine di oliva biologico
L’olio extravergine di oliva (e.v.o.) del GAS è un olio biologico non certificato che
viene spremuto con le tecniche del DOP. Il GAS TM si approvvigiona di olio in latte di 5
litri che gli aderenti apprestano a dividersi travasandolo in bottiglie, con la stessa pratica
con cui di dividono le uova. Sebbene si siano fatte avanti altre aziende offrendo un
prodotto simile a un prezzo inferiore, il GAS ha deciso di sostenere l’azienda agricola a
carattere familiare con cui aveva stretto il contatto. L’azienda agricola consegna anche le
ciliegie oltre all’olio e si trova in Sabina. Bisogna sottolineare che solamente presso il
GAS TM, i MCA, il mercatino biologico e il supermercato biologico l’olio è di
provenienza locale (Lazio). Presso il negozio specializzato e il mercato rionale l’olio è
italiano di pari qualità mentre presso il discount l’olio è biologico certificato di
provenienza UE. Si tratta dell’unico olio biologico presente e di un prodotto di qualità più
bassa.
Il prezzo dell’olio è più basso presso il discount al prezzo più basso di 5,98 €/lt, con
uno sconto del 15% rispetto a quello del GAS che costa 7 €/lt. In tutti gli altri casi il prezzo
del GAS TM è più basso: +29% nei MCA, +43% nel mercatino biologico, +52% nel
negozio specializzato, +57% nel supermercato biologico.
Il GAS TM rappresenta, dunque, l’alternativa più economica dopo quella del
discount, che presenta un prezzo inferiore di 1 euro circa. La freschezza e la qualità è
sicuramente a favore dei mercati e del GAS, in cui il rapporto con il produttore è diretto.
L’approvvigionamento di olio biologico può essere fatto in piccole quantità (1 litro
minimo) presso il GAS TM, ma visto che viene fatto ogni due mesi.
122
Figura 4.11: confronto del prezzo dell’olio extravergine di oliva biologico
€ 16,00 € 14,00 Olio extravergine d'oliva € 12,00 € 10,00 € 8,00 € 6,00 € 4,00 € 2,00 € 0,00 GAS TM Negozio Mercatino Discount spec. bio. MCA Mercato SM rionale biologico Tabella 4.11: prezzi e variazioni percentuali del prezzo dell’olio extravergine di oliva biologico
Prodotto Olio e.v.o. GAS TM Negozio spec. € 10,65 € 7,00 (+52%) SM biologico € 11,00 (+57%) Mercatino Mercato Discount bio rionale € 9,00 € 10,00 € 5,98 € 14,50 (+29%) (+43%) (‐15%) (+107%) MCA Passata di pomodoro biologica
In questo caso il prezzo si riferisce al barattolo da 690 gr, reperito in tutti i canali di
vendita. Il GAS TM si approvvigiona di passata di pomodoro saltuariamente poiché si
tratta dello stesso produttore di pasta e di farina, il cui ordine avviene ogni 3-4 mesi.
Tramite il GAS, vi è la necessità di acquistare una quantità di prodotti tale da coprire
un ampio arco di tempo. Bisogna dire, però, che il GAS incentiva l’autoproduzione di
passata di pomodoro in diversi modi: gli aderenti hanno avuto la possibilità di acquistare
pomodori maturi, per fare la passata in casa, al prezzo di 1 €/kg; il produttore di frutta e
verdura offre l’opportunità di fare le passate in alcuni periodi specifici dell’anno, facendo
coincidere la raccolta con la trasformazione, e quindi a beneficio della freschezza e della
qualità. Una pratica che richiede tempo ed energie.
La passata di pomodoro biologica è presente al prezzo di 1,27 € presso il GAS, che
risulta il prezzo più conveniente. Il secondo prezzo più basso è quello del supermercato
biologico, dove è accessibile a un prezzo del 13% più alto. Nel negozio specializzato il
prezzo è più alto del 34%; mentre in tutti i mercati il prezzo è più alto del 57%. In questi
ultimi il prezzo è più alto soprattutto in virtù della qualità superiore ma i prodotti
commercializzati nei mercati degli agricoltori con ogni probabilità remunerano
maggiormente l’attività del produttore rispetto al mercato rionale.
123
Riassumendo, la passata offerta tramite il GAS si presenta come la prima alternativa
del supermercato biologico, che offre il barattolo a un prezzo del 13% superiore. Questo
risultato è però imputabile al fatto che il produttore di passata è il medesimo della pasta, e
quindi può usufruire di adeguate economie di scala tali da permettere un prezzo più basso.
Figura 4.12: confronto del prezzo della passata di pomodoro biologica
€ 2,50 Passata di pomodoro € 2,00 € 1,50 € 1,00 € 0,50 € ‐ GAS TM Negozio spec. SM biologico MCA Mercatino bio Mercato rionale Tabella 4.12: prezzi e variazioni percentuali della passata di pomodoro biologica
Prodotto GAS TM Passata di pomodoro € 1,27 Negozio SM spec. biologico MCA Mercatino Mercato bio rionale € 1,70 € 1,43 € 2,00 € 2,00 € 2,00 (+34%) (+13%) (+57)% (+57%) (+57%) Per quanto riguarda i prodotti biologici, il livello dei prezzi nel GAS TM è più basso
rispetto agli altri canali per quasi tutte le categorie di prodotti. Il prezzo del GAS è il più
basso rilevato per 34 referenze su 47 e il secondo prezzo più basso per 7 referenze.
Nei Mercati di Campagna Amica il primo prezzo più basso si presenta in 10 casi, il
secondo in 18. In questi mercati, il livello dei prezzi è del 21% più alto del GAS. I prodotti
sono ugualmente freschi ma in più vi è la possibilità di fare gli acquisti volta per volta.
Il mercatino biologico e locale presenta il prezzo più basso in 7 casi e il secondo in
12. Insieme ai MCA rappresenta una valida alternativa per l’approvvigionamento di
prodotti biologici con i prezzi del 25% più alti del GAS.
Il discount rappresenta una valida alternativa solo per alcune categorie di prodotti, tra cui
bisogna escludere gli ortaggi che presentano un livello dei prezzi più alto del GAS del
91%. Il risparmio è possibile soprattutto per l’olio extravergine di oliva biologico.
Il negozio specializzato ha prezzi molto alti principalmente per l’orario di apertura,
la varietà e la libertà di scelta. In questo canale il livello dei prezzi è paragonabile a quello
124
del supermercato e del mercato rionale, che tuttavia offrono una minima quantità di
prodotti biologici.
1.2.2 Prezzo dei prodotti biologici del GAS TM vs prezzo medio dei prodotti convenzionali
reperibili presso gli altri canali di offerta
In questa parte confrontiamo il prezzo del prodotto biologico del GAS TM con il
prezzo medio dei prodotti non biologici rilevato negli altri canali di vendita. In simile caso
il confronto non è “alla pari”, ma ci è utile per capire quale sia il livello dei prezzi del GAS
rispetto a quelli dei prodotti più comunemente in commercio, quindi supponiamo che
questi prodotti siano acquistabili da famiglie con un reddito medio. Tutti i prezzi sono
espressi in €/kg, a eccezione di quello del latte, che è in €/lt e della passata di pomodoro
che si riferisce alla bottiglie da 690 gr.
Tabella 4.13: numero di prodotti confrontati per canale di offerta
Canale di vendita N° prodotti disponibili GAS 47 Supermercato 46 MCA 43 Mercato rionale Discount 47 44 Frutta
Per confrontare la frutta biologica del GAS con quella convenzionale ci siamo riferiti
sempre ai 6 tipi di frutta fresca del precedente confronto (meloni, fragole, albicocche,
pesche, mele, pere), reperiti in 4 canali di vendita oltre al GAS.
Il confronto mostra che, nel GAS, il prezzo della frutta biologica risulta più basso in
diversi casi rispetto al prezzo medio presente negli altri canali di offerta.
Dal confronto emerge che, nel GAS, il prezzo è più basso per le fragole, le
albicocche e il melone. I MCA offrono prezzi più bassi negli altri tre confronti: mele, pere
e pesche. I MCA presentano una variazione media maggiore del 7%. Sono 3 i prodotti che
hanno un prezzo più basso rispetto al GAS e altrettanti hanno un prezzo più alto: +50% per
il melone, +55% per le fragole e +9% per le albicocche. Presso il discount i prezzi sono
più alti in 4 casi su 6: in particolare sono superiori del 76% nel caso delle fragole e sono
più bassi, anche qui, solo nel caso delle pesche (-29%). Il prezzo delle mele è invece lo
stesso che nel GAS: 1,9 €/kg. Presso il mercato rionale 3 prodotti hanno un prezzo più
125
basso e altrettanti uno più alto rispetto al GAS. I prezzi sono più elevati nel caso del
melone (+50%), delle albicocche (+33%) e delle fragole (+39%), mentre sono inferiori in
quello delle mele (-2%), delle pere (-12%) e delle pesche (-37%).
Il prezzo mediamente più alto si registra nel supermercato, dove 5 prodotti su 6
presentano prezzi maggiori, e dove il livello dei prezzi è mediamente più alto del 26%. Le
variazioni percentuali rispetto al GAS sono in un range che va dal +79% del melone al
+9% delle albicocche. L’unico prodotto il cui prezzo medio è inferiore nel supermercato
rispetto al GAS sono le pesche, con un risparmio del 25%, (2,09 €/kg invece di 2,8 €/kg).
Il GAS si presenta come il canale di vendita con i prezzi inferiori per tre prodotti, ma
non si può ignorare il fatto che si tratta di prodotti con pesi molto diversi. Secondo la
struttura dei pesi degli indici nazionali dei prezzi al consumo dell'Istat (2013), mele, pere e
pesche sono più consumate rispetto a albicocche, fragole e meloni.
Figura 4.13: confronto del prezzo della frutta
€ 8,00 € 7,00 € 6,00 GAS TM € 5,00 Discount € 4,00 SM € 3,00 MCA € 2,00 Mercato rionale € 1,00 € ‐ Melone Albicocche Fragole Mele Pere Pesche Tabella 4.14: prezzi e variazioni percentuali della frutta
Prodotto GAS TM Melone € 1,00 Albicocche € 3,20 Fragole € 4,20 Mele € 1,90 Pere € 2,20 Pesche € 2,80 Var. media % Discount € 1,15 (+15%) € 3,30 (+3%) € 7,40 (+76%) € 1,90 (0%) € 2,30 (+5%) € 1,99 (‐29%) (+12%) SM € 1,79 (+79%) € 3,50 (+9%) € 7,00 (+67%) € 2,19 (+15%) € 2,50 (+14%) € 2,09 (‐25%) (+26%) 126
MCA Mercato rionale € 1,50 € 1,50 (+50%) (+50%) € 3,50 € 4,25 (+9%) (+33%) € 6,50 € 5,84 (+55%) (+39%) € 1,75 € 1,87 (‐8%) (‐2%) € 1,75 € 1,93 (‐20%) (‐12%) € 1,60 € 1,77 (‐43%) (‐37%) (+7%) (+12%) Ortaggi
Anche in questo caso gli ortaggi confrontati sono 15. Si possono notare dei trend
molto differenti a seconda dei canali: tra gli ortaggi il prezzo più basso è quello del
discount in 6 casi, quello dei MCA in 5 e quello del supermercato e del mercato rionale in
2.
Nei MCA si registra un livello dei prezzi medio complessivamente inferiore del 16%
rispetto al GAS TM. Solo in un caso il prezzo è superiore (fagiolini +3%). Nel discount vi
è una situazione similare, in cui i prodotti sono meno freschi. Il livello dei prezzi degli
ortaggi convenzionali è inferiore del 15% rispetto a quelli del GAS.
In 3 casi il prezzo è superiore mentre negli altri 12 il prezzo è inferiore: dal -3% della
cicoria al -41% del pomodoro tondo. Nel mercato rionale il livello dei prezzi degli ortaggi
convenzionali è più basso del 9% rispetto agli ortaggi biologici del GAS: vi sono 11
prodotti con un prezzo inferiore (dal -5 dei peperoni al -40% delle carote), un prodotto con
il medesimo prezzo (le patate) e tre prodotti con un prezzo superiore (pomodoro ciliegino
con +13% , cicoria con +11% e fagiolini con +47%). Infine i SM si presentano come il
canale di offerta con il livello dei prezzi più alto: +21% rispetto al GAS. Il prezzo medio è
superiore a quello del GAS in 8 casi su 15 con picchi che vanno dal +106% dei fagiolini,
+5% dei cetrioli. I prezzi più alti si riferiscono a patate (+99%), pomodoro ciliegino
(+81%), cipolla fresca (+57%) e insalata (+57%). Rispetto al GAS i prezzi sono più bassi
nei SM in 7 casi con i prezzi più bassi per quanto riguarda la bieta (-32%), le carote (26%) e il pomodoro lungo (-26%).
Il livello dei prezzi degli ortaggi biologici acquistati presso il GAS è più alto
nell’ordine del 9-16% rispetto al prezzo medio riscontrabile nei mercati e nel discount ma
un livello di prezzo più basso rispetto a quello dei supermercati. Si attesta a un 20% più in
alto rispetto agli ortaggi convenzionali dei MCA, a 15% rispetto al discount e a 9%
rispetto al mercato rionale. Il livello dei prezzi degli ortaggi nei SM è invece superiore a
quello del GAS del 20%. I MCA rappresentano il canale con il livello dei prezzi
complessivamente più basso e allo stesso tempo offrono prodotti molto freschi.
127
Figura 4.14: confronto del prezzo degli ortaggi
€ 8,00 € 7,00 € 6,00 € 5,00 GAS TM € 4,00 Discount € 3,00 SM € 2,00 MCA € 1,00 Mercato rionale € ‐ Tabella 4.15: prezzi e variazioni percentuali degli ortaggi
Prodotto Carote GAS TM Patate € 1,00 Zucchine € 2,00 Pomodoro ciliegino € 2,20 Pomodoro tondo € 2,20 Pomodoro lungo € 2,00 Bieta € 1,90 Cetrioli € 1,70 Cicoria € 1,80 Cipolla fresca € 1,90 Insalata € 1,90 Melanzane € 2,00 Patate novelle € 1,20 Peperoni € 2,00 Fagiolini € 3,40 Var. media % € 2,00 Discount SM € 1,49 € 1,49 (‐26%) (‐26%) € 1,15 € 1,99 15%) 99%) € 1,82 € 1,99 (‐9%) (‐1%) € 2,58 € 3,98 (+17%) (+81%) € 1,29 € 1,99 (‐41%) (‐10%) € 1,25 € 1,49 (‐38%) (‐26%) € 1,70 € 1,29 (‐11%) (‐32%) € 1,35 € 1,79 (‐21%) (+5%) € 1,75 € 1,99 (‐3%) (+11%) € 1,39 € 2,98 (‐27%) (+57%) € 1,45 € 2,99 (‐24%) (+57%) € 1,39 € 0,99 (‐31%) (‐51%) € 1,35 € 1,50 (+13%) (+25%) € 1,75 € 1,99 (‐13%) (‐1%) € 2,45 € 6,99 (‐28%) (+106%) (‐15%) (+20%) 128
MCA € 1,55 (‐23%) € 1,10 10%) € 1,70 (‐15%) € 1,80 (‐18%) € 1,60 (‐27%) € 1,50 (‐25%) € 1,50 (‐21%) € 1,30 (‐24%) € 1,55 (‐14%) € 1,50 (‐21%) € 1,50 (‐21%) € 1,50 (‐25%) € 1,00 (‐17%) € 2,00 (0%) € 3,50 (+3%) (‐16%) Mercato rionale € 1,20 (‐40%) € 0,90 (‐10%) € 2,25 (+13%) € 2,00 (‐9%) € 1,67 (‐24%) € 1,50 (‐25%) € 1,75 (‐8%) € 1,50 (‐12%) € 2,00 (+11%) € 1,50 (‐21%) € 1,55 (‐18%) € 1,40 (‐30%) € 1,20 (0%) € 1,90 (‐5%) € 5,00 (+47%) (‐9%) Uova di gallina
Anche in questo caso il prodotto di riferimento è la confezione da 6 pezzi. Nel
raccogliere i prezzi delle uova convenzionali non si è fatta distinzione tra le diverse qualità
di allevamento (intensivo, a terra, all’aperto).
Nel comparto delle uova il prezzo medio più basso è quello del discount con 1,22 €.
Il mercato rionale e il supermercato hanno invece un livello dei prezzi più alto,
rispettivamente a -9% e -2% confronto al GAS. Presso i MCA il prezzo medio è invece
superiore del 21%. Questo dato è però da leggere in base alla qualità: presso i MCA non
sono presenti uova provenienti da allevamento intensivo o in gabbia, la qualità più bassa
che si è rilevata si riferisce a galline da allevamento a terra che vengono alimentare con
mangimi naturali, seppure non biologici certificati.
Il discount presenta un prezzo medio al di sotto del GAS del 38%. Sebbene il
supermercato presenti anche prezzi bassi, il prezzo medio rilevato è di 1,93 con un
aumento del 2% rispetto all’uovo biologico fresco del GAS.
Le uova convenzionali hanno un prezzo più basso presso i canali convenzionali di
vendita rispetto alla vendita diretta. Presso il discount si rileva senza dubbio il prezzo più
basso, probabilmente a scapito di freschezza e qualità (si ricorda che si sta confrontando
anche con uova provenienti da galline allevate in gabbie o provenienti dall’estero). Il
discount presenta un prezzo realmente basso e quindi accessibile alle fasce di reddito
basse.
Al di là del discount è evidente come una variazione del solo -2% nel supermercato è
piuttosto bassa, questo può indicare che l’accesso alle uova per una categoria di
consumatori medi è possibile nel GAS.
Figura 4.15: confronto del prezzo delle uova di gallina
€ 3,00 € 2,50 Uova di gallina € 2,00 € 1,50 € 1,00 € 0,50 € ‐ GAS TM Discount SM 129
MCA Mercato rionale Tabella 4.16: prezzi e variazioni percentuali delle uova di gallina
Prodotto GAS TM Discount € 1,22 Uova di gallina € 1,98 (‐38%) SM € 1,93 (‐3%) MCA Mercato rionale € 2,40 € 2,07 (+21%) (+5%) Carni
La carne di bovino adulto presa in considerazione si riferisce ai tre tagli macinato,
bistecca e fettine.
Come abbiamo detto il GAS si approvvigiona di carne saltuariamente e, sebbene
arrivi freschissima, gli aderenti devono congelarla poiché la quantità minima da ordinare è
di circa 5 kg. Lo stesso vale per la carne di vitellone mentre il GAS si approvvigiona di
pollo saltuariamente con le stesse modalità della carne, sebbene si tratti di un altro
produttore. Presso il discount e il supermercato la carne è confezionata mentre nei MCA e
nel mercato rionale è fresca. Il canale attraverso cui il livello dei prezzi è più basso è il
discount, dove la carne di bovino adulto si può acquistare con un prezzo più basso del 30%
per il macinato, del 17% per la bistecca e del 28% per le fettine. Le fettine di vitellone
hanno il prezzo di 17,60 €/kg e quindi -2% rispetto al GAS TM. Il pollo intero non era
invece presente.
Il livello dei prezzi nei MCA è mediamente inferiore del 12% rispetto al GAS e
risulta quindi il canale in cui la spesa è possibile con un rapporto qualità prezzo che
concilia diversi aspetti, quello della freschezza, dell’accesso e dell’acquisto dilazionato
(seppure una sola volta a settimana). Nel mercato rionale la carne ha un livello dei prezzi
più basso rispetto al GAS solamente per il pollo (-28%) e per le fettine di carne bovina (8%). Il livello dei prezzi è del 4% inferiore a quello del GAS, tale risultato è dovuto anche
ai prezzi più alti per bistecca (+8%) e macinato (+4%). Nei SM i prezzi sono tutti più bassi
rispetto a quelli del GAS TM. Le fettine di bovino sono il prodotto per cui il prezzo è di
13,25 con una variazione di -17% rispetto al prodotto del GAS.
Per gli altri prodotti il prezzo è inferiore al massimo del 5% rispetto al GAS. Così il
supermercato è il canale in cui il livello dei prezzi delle carni confezionate è maggiore, ma
dove allo stesso tempo il livello dei prezzi è inferiore rispetto al mercato rionale.
I prezzi della carne biologica del GAS si posizionano a un livello più alto rispetto
agli altri canali di offerta, ma non distante da quelli del mercato rionale e dei SM. Il
discount e i MCA presentano prezzi più accessibili per la carne bovina e gli stessi MCA
insieme al mercato rionale lo sono per il pollo fresco.
130
Le famiglie che si approvvigionano di carne tramite i supermercati e il mercato
rionale possono trovare un certo grado di accesso ai prodotti del GAS.
Figura 4.16: confronto del prezzo delle carni
€ 25,00 € 20,00 GAS TM € 15,00 Discount SM € 10,00 MCA € 5,00 Mercato rionale € ‐ Macinato Bistecca bovino bovino Fettine Fettine bovino vitellone Pollo intero Tabella 4.17: prezzi e variazioni percentuali delle carni
Prodotto Macinato bovino Bistecca bovino GAS TM Discount SM MCA € 6,99 € 9,60 € 8,50 (‐30%) (‐4%) (‐15%) € 14,89 € 17,09 € 17,00 € 18,00 (‐17%) (‐5%) (‐6%) € 11,49 € 13,25 € 14,00 Fettine bovino € 16,00 (‐28%) (‐17%) (‐13%) Fettine € 17,60 € 17,90 € 16,50 € 18,00 vitellone (‐2%) (‐1%) (‐8%) € 7,50 Pollo intero € 9,00 (‐17%) Var. media % (‐19%) (‐7%) (‐12%) € 10,00 Mercato rionale € 10,45 (+4%) € 19,35 (+8%) € 14,70 (‐8%) € 18,90 (+5%) € 6,50 (‐28%) (‐4%) Latte e latticini
Anche in questo caso abbiamo selezionato 7 prodotti presenti nel sistema di
approvvigionamento del GAS. I cui prezzi sono indicati in €/kg, fatta eccezione del latte
che è indicato in €/lt: latte pastorizzato (1,80), mozzarella (10,00), primo sale (12,50),
ricotta di vacca (8,00), ricotta di pecora (10,00), stracchino (10,00) e parmigiano (16,50).
Presso il GAS questi prodotti sono reperiti con cadenza variabile, a seconda delle
richieste degli aderenti. I prodotti sono freschi e sono consegnati in confezioni da circa 0,5
131
kg. Il Parmigiano viene acquistato a distanza di qualche mese115, quindi per ora il suo
approvvigionamento è saltuario.
Negli altri canali di offerta le confezioni possono essere più piccole, aspetto
sicuramente a favore delle famiglie a basso reddito. Presso il discount le confezioni sono
più piccole, ma i prodotti non sono freschi. Presso i MCA invece i latticini sono tutti
freschi e possono essere acquistati a peso, quindi anche in piccole quantità. Presso i SM
solo lo stracchino è confezionato, gli altri sono tutti freschi e acquistabili al banco. Nel
mercato rionale vi è lo stesso sistema sistema di offerta: l’unico prodotto confezionato è lo
stracchino.
Su 6 prodotti su 7 i prezzi più bassi si trovano nel discount. Per il primo sale, invece,
il prezzo più basso è quello dei MCA (il primo sale non è però presente presso il discount,
quindi si tratta di 6 prodotti su 6 confrontati effettivamente). I prezzi del GAS si trovano
dunque a un livello più basso rispetto a quello dei SM, ed è comparabile con quelli del
mercato rionale, in cui il livello aumenta del 4%.
Il latte ha un prezzo inferiore in tutti i canali alternativi al GAS: nel discount si può
acquistare ad 1,00 €/lt, nei MCA ad 1,2 €/lt, nei SM a 1,49 €/lt e, infine, nel mercato
rionale a 1,5 €/lt. Il prezzo più basso è dunque quello del discount e dei MCA, in cui la
qualità è più alta. Nei SM ed nel mercato rionale presentano i prezzi più alti.
In generale, nel discount, il livello dei prezzi è più basso del 48% rispetto al GAS,
soprattutto per la ricotta di mucca (-71%) e di pecora (-62%), e per il Parmigiano Reggiano
(-5%).
Presso i MCA il livello dei prezzi è mediamente più basso di quello del GAS
del’12%. In particolare per la ricotta di pecora (-35%), il primo sale (-4%) e la mozzarella
(-10%). Il prezzo è lo stesso del GAS per la ricotta di pecora, mentre per lo stracchino si
rileva un prezzo maggiore del 10%. Presso il mercato rionale il costo è mediamente
inferiore del 1% rispetto ai prodotti biologici del GAS. In questo caso sono tre i prodotti
con un prezzo maggiore: il Parmigiano Reggiano (+17%), la ricotta di mucca (+11%) e lo
stracchino (+59%); mentre si rileva un prezzo inferiore per la mozzarella (-21%), il primo
sale (-37%) e la ricotta di pecora (-21%). Il supermercato ha invece un prezzo medio
superiore del 4% rispetto al GAS. Il prezzo è superiore per 4 latticini su 5: stracchino
(+42%), primo sale (+16%), mozzarella (+9%) e Parmigiano Reggiano (+17%). Il prezzo è
inferiore per la ricotta di mucca (-26%) e quella di pecora (-15%).
115
In questo caso perché manca un referente che organizzi la consegna.
132
Il prezzo del Parmigiano Reggiano biologico reperibile presso il GAS è solamente
del 5% superiore a quello del discount; mentre risulta inferiore del 17% rispetto al prezzo
del supermercato e del mercato rionale. Nei SM e nel mercato rionale, il livello dei prezzi
è riconducibile alla disponibilità dei prodotti durante tutto l’arco della settimana e la
possibilità di acquistare in piccole quantità. Il discount ha un livello dei prezzi più
accessibile alle fasce di reddito basse, ma la qualità dei prodotti è bassa, anche
confrontandola al SM e al mercato rionale. I prodotti dei MCA hanno invece un ottimo
rapporto qualità-prezzo, in relazione al fatto che i prodotti sono acquistabili in piccole
quantità.
Figura 4.17: confronto del prezzo dei latticini
€ 20,00 € 18,00 € 16,00 € 14,00 € 12,00 € 10,00 € 8,00 € 6,00 € 4,00 € 2,00 € ‐ GAS TM Discount SM MCA Mercato rionale Tabella 4.18: prezzi e variazioni percentuali dei latticini
Prodotto Parmigiano Reggiano GAS TM Discount € 15,30 € 16,12 (‐5%) € 1,00 Latte € 1,80 (‐44%) € 4,50 Mozzarella € 10,00 (‐55%) Primo sale € 12,50 € 2,36 Ricotta mucca € 8,00 (‐71%) € 3,80 Ricotta pecora € 10,00 (‐62%) € 4,97 Stracchino € 10,00 (‐50%) Var. media % (‐48%) SM € 18,90 (+17%) € 1,49 (‐17%) € 10,90 (+9%) € 14,50 (+16%) € 5,90 (‐26%) € 8,50 (‐15%) € 14,20 (+42%) (+4%) MCA € 1,20 (‐33%) € 9,50 (‐5%) € 12,00 (‐4%) € 8,00 (0%) € 7,00 (‐30%) € 11,00 (+10%) (‐10%) Mercato rionale € 18,90 (+17%) € 1,50 (‐17%) € 7,90 (‐21%) € 7,90 (‐37%) € 8,90 (+11%) € 7,90 (‐21%) € 15,90 (+59%) (‐1%) Escludendo il Parmigiano (che non è disponibile nei MCA) il livello dei prezzi è 12%, -4% nel discount e +1,5% nei SM. Anche in questo caso desta interesse il fatto che
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alcuni prodotti convenzionali costino talvolta molto più dei prodotti biologici del GAS. Lo
stracchino biologico del GAS è il secondo prezzo più basso dopo quello confezionato del
discount; il mercato rionale e il SM hanno un prezzo superiore di almeno il 42%.
Purtroppo per il Parmigiano Reggiano il problema è sempre relativo alla modalità di
acquisto che necessita di acquisti in grandi quantità. Nonostante il prezzo sia il 17%
inferiore rispetto al SM e al mercato rionale, l’impossibilità di fare acquisti dilazionati
rappresenta un limite per le famiglie a basso reddito.
Pasta e farina
Abbiamo visto che la pasta di grano duro del GAS ha un livello dei prezzi molto
basso se confrontata all’omologo prodotto biologico reperibile negli altri canali di offerta,
e che il GAS TM si approvvigiona di pasta a distanza di qualche mese, quindi vi è la
necessità di fare una certa scorta. Come nel confronto precedente, non abbiamo
considerato la pasta dei MCA per la forte differenza di qualità. In tutti i casi (GAS
compreso) la pasta è disponibile in confezioni da 0,5 kg, il cui prezzo è stato riportato in
€/kg.
Paragonando il prezzo della pasta del GAS con quello medio della pasta
convenzionale, si può notare come questo sia al livello di 1,86 €/kg, più caro del prezzo
medio rilevato in 2 canali di offerta su 3. Nel discount la pasta di grano duro ha il prezzo
medio più basso: 1,21 (-35%). Questo rappresenta un costo che consente l’accesso alle
famiglie a basso reddito, considerando il fatto che si tratta di un prodotto di largo
consumo.
Nel supermercato la pasta di grano duro classica ha un prezzo medio di 1,81, quindi
presenta una variazione del -3% rispetto a quella del GAS TM, e rappresenta il secondo
prezzo più basso. Questo scarto indica che vi sono dei margini di manovra per l’accesso al
prodotto del GAS per le famiglie a medio reddito. Nel mercato rionale, invece, il prezzo
medio è superiore a quello del GAS TM e si stabilizza sui 2,03 €/kg.
Per quanto riguarda la pasta integrale di grano duro, il prezzo è invece più alto per
tutti gli altri canali di vendita rispetto al GAS TM. Presso il GAS essa è disponibile allo
stesso prezzo della pasta classica a 1,86 €/kg. Negli altri canali di offerta si tende a
considerarlo un prodotto di nicchia e il prezzo diventa più alto sia presso il discount, con
una variazione positiva del 28% (2,38 €/kg), sia presso i SM, con una variazione del 19%
maggiore (2,22 €/kg), sia presso il mercato rionale, dove il prezzo è maggiore del 52%
(2,83 €/kg). Tale risultato si può spiegare perché nei canali convenzionali il prezzo dei
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prodotti derivanti da farine integrali ha un costo maggiore per questioni di marketing: il
prodotto integrale è considerato più salutare e ‘di nicchia’; inoltre vi è meno richiesta da
parte dei consumatori, forse attribuibile alla pubblicità all’abitudine o al gusto, ciò riduce i
margini di manovra per i produttori che non possono sfruttare le medesime economie di
scala che per la produzione di pasta classica. Il prezzo più basso deriva forse dal fatto che
il produttore del GAS non decide il prezzo sulla base del marketing, ma piuttosto in base al
costo di produzione; ma anche poiché si rivolge soprattutto a consumatori la cui richiesta
di prodotti integrali è più alta. Ciò rappresenta un punto a favore dell’accessibilità di
questo prodotto a tutte le categorie di reddito.
Le farine hanno una qualità molto diversa a seconda dei canali per cui è bene fare
alcune distinzioni. A parte quella del GAS che è di qualità molto più elevata, presso il
Supermercato e il mercato rionale si tratta del medesimo prodotto. Presso il discount il
prodotto è di bassa qualità mentre presso i MCA le farine possono considerarsi più vicine a
quelle del GAS rispetto a quelle degli altri canali. Questo perché provengono da piccoli
produttori che adoperano tecniche artigianali, e le farine derivano da qualità di grano
tradizionale.
Rispetto al GAS TM, la farina di tipo 0 è reperibile nel discount a un prezzo più
basso del 57%, nel supermercato del 18%, nei MCA del 12%; mentre nel mercato rionale
il prezzo medio è più alto del 10%.
Per quanto riguarda la farina integrale vale lo stesso discorso fatto per la pasta.
Questa è reperibile al prezzo più conveniente nel GAS e nei MCA al prezzo di 1 €/kg.
Presso i SM e il mercato rionale il prezzo è più alto rispettivamente del 30% e dell’80%.
La farina di grano duro ha il prezzo inferiore presso il discount con una variazione
del 49% rispetto alla farina biologica del GAS, e anche presso il supermercato con una
variazione del 19%. Presso il mercato rionale è invece reperibile a un prezzo superiore del
61%.
Le farine sono dunque mediamente più accessibili in tuti gli altri canali, fatta
eccezione del mercato rionale in cui il prezzo è del 38% maggiore. Il discount presenta un
livello di prezzi del 48% più basso del GAS, rendendosi effettivamente più accessibile alle
famiglie dal reddito basso.
Il mercato rionale è un canale di offerta il cui prezzo medio è meno accessibile
rispetto a tutti gli altri canali.
135
Figura 4.18: confronto del prezzo di pasta e farina
€ 3,00 GAS TM € 2,50 Discount € 2,00 SM € 1,50 MCA Mercato rionale € 1,00 € 0,50 € ‐ Pasta Farina tipo Farina Farina di Pasta di grano duro integrale di 0 integrale Grano duro grano duro Tabella 4.19: prezzi e variazioni percentuali di pasta e farina
Prodotto Pasta di grano duro Pasta integrale di grano duro GAS TM € 1,70 € 1,70 Farina tipo 0 € 1,14 Farina integrale € 1,00 Farina di grano duro Var. media % € 1,55 Discount € 1,21 (‐29%) € 2,38 (+40%) € 0,49 (‐57%) € 0,79 (‐49%) (‐19%) Mercato rionale € 1,81 € 2,03 (+6%) (+19%) € 2,22 € 2,83 (+31%) (+66%) € 0,94 € 1,00 € 1,25 (‐18%) (‐12%) (+10%) € 1,30 € 1,00 € 1,80 (+30%) (0%) (+80%) € 1,25 € 2,50 (‐19%) (+61%) (+6%) (‐4%) (+47%) SM MCA Legumi
I legumi non biologici disponibili nei vari punti vendita mostrano significative
differenze. Nel caso del farro e dei ceci il GAS si approvvigiona da un produttore che si
può permettere adeguate econmie di scala. In generale le variazioni medie dei vari prodotti
indicano che, rispetto al GAS, il livello dei prezzi è più basso del 15% nel discount, ma è
più alto negli altri casi.
Il farro biologico del GAS ha un prezzo accessibile anche in confronto al prezzo
medio del convenzionale, solamente il discount presenta un prezzo inferiore del 25%, tutti
gli altri canali propongono prezzi medi superiori: +12% il supermercato, +32% il Mercato
rionale e i MCA. I ceci biologici del GAS risultano più accessibili anche rispetto ai prezzi
medi degli altri canali: il discount presenta un prezzo superiore del 13%, il supermercato
del 51%, i MCA del 60% e il mercato rionale dell’89%. Le lenticchie sono al prezzo di
6,00 euro, sia nel GAS che nei MCA, la cui qualità e la medesima. Le lenticchie, sebbene
136
siano di qualità differente, sono più accessibili presso il discount (-34%), seguite dal
supermercato (-19%) e dal mercato rionale (-6%).
Il GAS si presenta, dunque, come la seconda alternativa con il livello dei prezzi
inferiori, dopo il discount.
Figura 4.19: confronto del prezzo dei legumi
€ 7,00 € 6,00 € 5,00 € 4,00 Farro € 3,00 ceci € 2,00 lenticchie € 1,00 € ‐ GAS TM Discount SM MCA Mercato rionale Tabella 4.20: prezzi e variazioni percentuali dei legumi
Prodotto GAS TM Farro € 2,65 Ceci € 2,65 Lenticchie € 6,00 Var. media % Discount € 1,98 (‐25%) € 3,00 (+13%) € 3,98 (‐34%) (‐15%) SM € 2,98 (+12% € 3,99 (+51% € 5,59 (‐7% (+19% MCA € 3,00 (+13%) € 3,25 (+23%) € 6,00 (0%) (+12%) Mercato rionale € 3,50 (+32%) € 5,00 (+89%) € 5,67 (‐6%) (+38%) Miele
Rispetto al miele convenzionale quello biologico del GAS è mediamente più
accessibile in 2 casi su 4. Il livello dei prezzi è, in media, più basso solo nel discount (17%): -19% per il Millefiori, -21% per l’Acacia, -11% per il Castagno.
Il Miele di Millefiori è altresì più accessibile nel supermercato, mentre nei MCA e
nel Mercato rionale vi sono variazioni positive rispettivamente del +3% e del +40%. Il
miele d’Acacia è meno accessibile nel supermercato (+11%), nei MCA (+22%) e nel
Mercato rionale (+33%). Quello di Castagno è in linea con il prezzo del supermercato,
mentre nei MCA e nel Mercato rionale è più caro del 16% e del 33%.
Anche in questo caso il discount risulta essere il canale di approvvigionamento con il
prezzo medio più accessibile. Il supermercato è invece in linea con il prezzo del GAS. Il
miele convenzionale è invece davvero inaccessibile nel mercato rionale.
137
Figura 4.20: confronto del prezzo del miele
€ 14,00 € 13,00 € 12,00 € 11,00 € 10,00 € 9,00 € 8,00 € 7,00 € 6,00 € 5,00 € 4,00 GAS TM Discount SM MCA Miele di Milleciori Miele di Acacia Miele di Castagno Mercato rionale Tabella 4.21: prezzi e variazioni percentuali del miele
Prodotto Miele di Millefiori Miele di Acacia Miele di Castagno Var. media % GAS TM Discount € 6,48 € 8,00 (‐19%) € 7,10 € 9,00 (‐21%) € 7,13 € 8,00 (‐11%) (‐17%) SM MCA Mercato rionale € 7,08 (‐12%) € 9,98 (+11%) € 8,04 (+0%) (+0%) € 8,50 (+6%) € 11,00 (+22%) € 9,00 (+13%) (+14%) € 11,20 (+40%) € 12,00 (+33%) € 13,00 (+63%) (45%) Olio extravergine di oliva
Il confronto con l’olio d’oliva convenzionale evidenzia come il prezzo sia inferiore
nei canali convenzionali, rispetto al GAS, con la sola eccezione dei MCA. Il livello dei
prezzi dell’olio è più basso presso il discount con un prezzo del 40% inferiore a quello del
GAS. Anche presso il supermercato e il mercato rionale il prezzo medio risulta inferiore
rispettivamente del 14% e dell’11%. Diverso è il caso dei MCA dove l’olio d’oliva
convenzionale viene venduto mediamente a 8/lt, con una qualità simile a quella del GAS.
In questo caso la qualità è decisamente il fattore che fa la differenza. La maggior
parte dei prezzi bassi è dovuta alla presenza di olii spesso provenienti dall’estero o di olii
raffinati (in particolare presso il discount). Quando si è trattato di confrontare olii che
avevano le stesse caratteristiche di quelli del GAS, seppur convenzionali, questi erano
sempre più cari sia nel supermercato che nel mercato rionale; non erano invece reperibili
presso il discount e talvolta erano di qualità addirittura superiore nei MCA. Nei MCA è
infatti possibile ritrovare quelle caratteristiche che corrispondono al prodotto del GAS, sia
per quanto riguarda il biologico che il convenzionale. Il prezzo alto in questo caso il
138
prezzo è dovuto dalla sola presenza presso il mercato di olii di qualità elevata, mente nel
supermercato vi è una più ampia disponibilità di prodotti.
Figura 4.21: confronto del prezzo dell’olio extravergine di oliva
€ 9,00 € 8,00 € 7,00 € 6,00 € 5,00 € 4,00 € 3,00 € 2,00 € 1,00 € ‐ olio extravergine di oliva GAS TM Discount SM MCA Mercato rionale Tabella 4.22: prezzi e variazioni percentuali dell’olio extravergine di oliva
Prodotto GAS TM Discount Olio e.v.o. € 7,00 € 4,22 SM MCA Mercato rionale € 6,04 € 8,00 ‐40% ‐14% 14% € 6,20 ‐11% Passata di pomodoro
Il prezzo della passata di pomodoro biologica del GAS è più basso rispetto agli altri
canali, a eccezione del discount. Presso il discount è reperibile la passata convenzionale al
prezzo medio più basso di 1,06 € (-17%), presso il supermercato è accessibile al prezzo
medio più alto di 1,4 € (+10%) anche nel mercato rionale si può ritrovare un prezzo simile
a quello del supermercato con uno scarto del 12% rispetto al prodotto del GAS. Nei MCA
il costo è più elevato del 42%. Come per l’olio ciò può essere attribuito prevalentemente
alla differenza di qualità.
Figura 4.22: confronto del prezzo della passata di pomodoro
€ 2,00 € 1,80 € 1,60 Passata di pomodoro € 1,40 € 1,20 € 1,00 € 0,80 € 0,60 € 0,40 € 0,20 € ‐ GAS TM Discount SM 139
MCA Mercato rionale Tabella 4.23: prezzi e variazioni percentuali della passata di pomodoro
Prodotto Passata di pomodoro GAS TM € 1,27 Discount € 1,06 (‐17%) SM € 1,40 (+10%) MCA € 1,80 (+42%) Mercato rionale € 1,42 (+12%) Per quanto riguarda il confronto con il prezzo medio dei prodotti convenzionali, il
livello dei prezzi nel GAS TM è a un livello confrontabile: 6 prodotti presentano il primo
prezzo più basso e in 10 il secondo. Nel discount i prezzi sono i più bassi rilevati per 26
prodotti su 44 confronti.
Nel GAS TM i prezzi più bassi si hanno per: melone, albicocche, fragole, pasta e
farina integrali e ceci. Il discount riesce a offrire prodotti convenzionali a un prezzo basso
soprattutto per olio latticini e uova. In media i prezzi sono più bassi del 22% rispetto al
GAS.
I Mercati di Campagna Amica presentano il prezzo più basso in 10 casi, e il secondo
più basso in altrettanti. In questi mercati, i prodotti freschi sono locali e permettono anche
di beneficiare di effetti economici, sociali e ambientali positivi. Come per i prodotti
biologici, in questi mercati i prezzi sono inferiori soprattutto per ortaggi, carne e latticini.
Il mercato rionale può rappresentare una valida alternativa solo per alcune ristrette
categorie di prodotto come gli ortaggi e l’olio, ma resta comunque il canale di vendita con
prezzi medi più alti.
Nei supermercati i prezzi sono più alti rispetto a quelli del GAS TM in 24 casi e più
bassi in 22. I prezzi sono in media del 6% superiori a quelli del GAS, soprattutto a causa
del prezzo di frutta, ortaggi e legumi. Nei SM è possibile risparmiare per l’acquisto di olio
e carni.
Guardando la media per ogni comparto si può notare che quelli in cui il GAS ha
prezzi più confrontabili sono quelli di frutta, legumi e passata di pomodoro. Non si può
altresì ignorare che, in media, il prezzo degli ortaggi è più basso solo del 5%, proprio in
virtù della presenza di prezzi più alti nei supermercati. I MCA si presentano come canali di
offerta con un ottimo rapporto qualità-prezzo.
1.2.3 Prezzo dei prodotti biologici del GAS TM vs prezzo minimo dei prodotti
convenzionali reperibili presso gli altri canali di offerta
In questa parte confrontiamo il prezzo del prodotto biologico del GAS TM con il
prezzo minimo rilevato negli altri canali di vendita. Il confronto è utile per capire se il
140
livello dei prezzi del GAS TM facilita l’accesso ai prodotti biologici per le famiglie a
basso reddito. Il numero di confronti effettuati è il medesimo che nel precedente e in alcuni
casi i prezzi sono gli stessi poiché è stato l’unico reperibile nel canale in questione. Questo
si è verificato per 3 referenze nei SM, 1 nei MCA e 7 nel mercato rionale.
Tabella 4.24: numero di prodotti confrontati per canale di offerta
Canale di vendita N° prodotti disponibili Percentuale GAS 47 100% Supermercato 46 98% MCA 43 91% Mercato rionale Discount 47 44 100% 94% Frutta
Il confronto mostra che il prezzo della frutta del GAS TM è il più basso in assoluto
solo nel caso delle fragole, tuttavia l’accesso è possibile alle famiglie a basso reddito anche
per i meloni e le albicocche a seconda dei casi. Rispetto al GAS, i 6 tipi di frutta
considerati hanno un livello dei prezzi mediamente inferiore dell’8% nel mercato rionale e
del 1% nei MCA. Presso la GDO pura (SM e discount) la frutta ha un livello di prezzi
maggiore: +3%. I prodotti sono più bassi in 4 casi su 6 per MCA, discount e mercato
rionale.
Presso i MCA il livello dei prezzi è più basso del -6% per le albicocche, del -23%
per le pere, del -21% per le mele; del -46% per le pesche. Due prodotti hanno invece un
prezzo più alto: +50% per il melone, +43% per le fragole. Nel discount i prezzi sono
superiori del 76% nel caso delle fragole e del 3% in quello delle albicocche; sono più bassi
nel caso delle pesche (-54%), delle mele (-48%), delle pere (-10%) e dei meloni (-1%).
Presso il mercato rionale i prezzi sono più alti nel caso del melone (+50) e delle fragole
(+19%); sono invece più bassi in quello delle mele (-32%), delle pere (-23%), delle pesche
(-46%) e delle albicocche (-6%).
Complessivamente il canale di offerta più caro è il supermercato, dove solo 3
prodotti su 6 hanno un prezzo inferiore rispetto al GAS TM. Ci sono prezzi più bassi per le
pesche (-43%), le pere (-10%) e i meloni (-1%); i prezzi sono più alti per fragole (+76%),
albicocche (+9%) e mele (+4%). Il livello dei prezzi nei SM è superiore del 3% rispetto al
GAS TM. Nel mercato rionale, il livello dei prezzi è inferiore dell’8%, con ogni
probabilità poiché i commercianti hanno più flessibilità nell’acquisto dei prodotti rispetto a
SM e discount. Il GAS si presenta come il canale di offerta con prezzi bassi solo per
fragole e melone.
141
Figura 4.22: confronto del prezzo della frutta
€ 8,00 € 7,00 Discount € 6,00 SM € 5,00 MCA € 4,00 € 3,00 Mercato rionale GAS TM € 2,00 € 1,00 € ‐ Melone Albicocche Fragole Mele Pere Pesche Tabella 4.25: prezzi e variazioni percentuali della frutta
Prodotto GAS TM Melone € 1,00 Albicocche € 3,20 Fragole € 4,20 Mele € 1,90 Pere € 2,20 Pesche € 2,80 Var. media % Discount € 0,99 (‐1%) € 3,30 (+3%) € 7,40 (+76%) € 0,99 (‐48%) € 1,99 (‐10%) € 1,29 (‐54%) (‐6%) SM € 0,99 (‐1%) € 3,50 (+9%) € 7,00 (+67%) € 1,98 (+4%) € 1,99 (‐10%) € 1,29 (‐54%) (+3%) MCA € 1,50 (+50%) € 3,00 (‐6%) € 6,00 (+43%) € 1,50 (‐21%) € 1,70 (‐23%) € 1,50 (‐46%) (‐1%) Mercato rionale € 1,50 (+50%) € 3,00 (‐6%) € 5,00 (+19%) € 1,29 (‐32%) € 1,50 (‐32%) € 1,50 (‐46%) (‐8%) Ortaggi
Nel comparto degli ortaggi il confronto evidenzia che il prezzo del GAS TM quasi
sempre più alto del prezzo minimo rilevato negli altri canali di offerta. Il prezzo più basso
è quello del discount in 7 casi, quello dei MCA in 4 e quello del supermercato e del
mercato rionale in 3.
Nei MCA è possibile riscontrare un risparmio del 23% rispetto al GAS TM. I prezzi
sono più bassi in 12 casi con variazioni tra il -41% e il -21%. In due casi il prezzo è pari a
quello del GAS TM (patate e peperoni) e in quello dei fagiolini è superiore del 3%. Nel
discount il livello dei prezzi minimi degli ortaggi convenzionali si posiziona a un livello
inferiore del 23% rispetto al GAS. Il prezzo è superiore a quello del GAS nel caso delle
patate novelle (+8%) e in quello del pomodoro ciliegino che, come abbiamo detto,
rappresenta un prodotto per cui l’allungamento della catena distributiva comporta un
aumento di prezzo. Il prezzo minimo di questo prodotto nel discount è del 17% superiore
rispetto al GAS. Negli altri casi il prezzo è più basso rispetto a quelli del GAS, le
142
variazioni vanno dal un massimo di -55% (pomodoro tondo) a uno minimo del 3%
(cicoria). Nel mercato rionale il livello dei prezzi è del 22% più basso rispetto al GAS. In
13 casi il prezzo è più basso rispetto al GAS TM, mentre solo nel caso dei fagiolini e della
cicoria il prezzo è meno favorevole di quello del GAS rispettivamente del 18% e dell’11%.
Infine i SM si presentano come il canale di offerta con il livello dei prezzi più alto. Il
prezzo è più basso, rispetto al GAS solo per 7 referenze. I prezzo sono inferiori con
variazioni comprese tra il 51% (pomodoro lungo e melanzane) e l’1% (meloni, zucchine e
peperoni). Negli altri casi il prezzo del GAS è più basso per 6 prodotti con variazioni che
vanno dal +81% del pomodoro ciliegino al + 5% dei cetrioli. Nel GAS TM non vi sono
prodotti il cui prezzo minimo è inferiore rispetto agli altri canali. Come nel caso delle
patate, il pomodoro ciliegino e le patate novelle sono meno care nella GDO pura (SM e
discount) e anche i fagiolini freschi in tutti i canali, escluso il discount.
Figura 4.23: confronto del prezzo degli ortaggi
€ 5,00 € 4,50 € 4,00 € 3,50 € 3,00 GAS TM € 2,50 Discount € 2,00 SM € 1,50 € 1,00 MCA € 0,50 Mercato rionale € ‐ Tabella 4.26: prezzi e variazioni percentuali degli ortaggi
Prodotto GAS TM Carote € 2,00 Patate € 1,00 Zucchine € 2,00 Pomodoro ciliegino € 2,20 Pomodoro tondo € 2,20 Pomodoro lungo € 2,00 Discount € 1,29 (‐36%) € 1,00 (0%) € 1,25 (‐38%) € 2,58 (+17%) € 0,99 (‐55%) € 1,15 143
SM € 2,00 (0%) € 0,99 (‐1%) € 1,99 (‐1%) € 3,98 (+81%) € 1,79 (‐19%) € 0,99 MCA € 1,20 (‐40%) € 1,00 (0%) € 1,55 (‐23%) € 1,50 (‐32%) € 1,50 (‐32%) € 1,50 Mercato rionale € 1,00 (‐50%) € 0,80 (‐20%) € 1,99 (‐1%) € 1,80 (‐18%) € 1,20 (‐45%) € 1,00 Bieta € 1,90 Cetrioli € 1,70 Cicoria € 1,80 Cipolla fresca € 1,90 Insalata € 1,90 Melanzane € 2,00 Patate novelle € 1,20 Peperoni € 2,00 Fagiolini € 3,40 Var. media % (‐43%) € 1,70 (‐11%) € 1,35 (‐21%) € 1,75 (‐3%) € 1,39 (‐27%) € 1,45 (‐24%) € 0,99 (‐51%) € 1,29 (+8%) € 1,25 (‐38%) € 2,45 (‐28%) (‐23%) (‐51%) € 1,29 (‐32%) € 1,79 (+5%) € 1,99 (+11%) € 1,50 (‐21%) € 2,99 (+57%) € 0,99 (‐51%) € 1,50 (+25%) € 1,99 (‐1%) € 4,50 (+32%) (+2%) (‐25%) € 1,30 (‐32%) € 1,00 (‐41%) € 1,30 (‐28%) € 1,50 (‐21%) € 1,50 (‐21%) € 1,30 (‐35%) € 0,80 (‐33%) € 2,00 (0%) € 3,50 (+3%) (‐24%) (‐50%) € 1,50 (‐21%) € 1,00 (‐41%) € 2,00 (+11%) € 1,50 (‐21%) € 1,50 (‐21%) € 1,00 (‐50%) € 1,10 (‐8%) € 1,80 (‐10%) € 4,00 (+18%) (‐22%) Uova di gallina
Anche in questo caso il prodotto di riferimento è la confezione da 6 pezzi. Il prezzo
minimo più basso è quello del discount che offre la confezione al prezzo di 0,89 € (-55%).
Anche il mercato rionale e il supermercato hanno un prezzo più basso, rispettivamente a
1,04 € (-24%) e 1,5 € (-21%) confronto al GAS. Presso i MCA il prezzo minimo è invece
allineato a quello del GAS a 2 € (+1%). Quindi si può dire che la qualità offerta dai MCA
è superiore rispetto a quella riscontrata nella GDO, ma inferiore a quella offerta dal GAS
TM. Il GAS TM rappresenta un canale il cui prezzo delle uova è doppio rispetto a quello
del discount, dove l’accesso per le fasce di reddito basse è più agevole.
Figura 4.24: confronto del prezzo delle uova di gallina
€ 2,50 Uova di gallina € 2,00 € 1,50 € 1,00 € 0,50 € ‐ GAS TM Discount SM 144
MCA Mercato rionale Tabella 4.27: prezzi e variazioni percentuali delle uova di gallina
Prodotto Uova di gallina GAS TM € 1,98 Discount SM MCA Mercato rionale € 0,89 € 1,04 € 2,00 € 1,50 (‐55%) (‐47%) (+1%) (‐24%) Carni
I prezzi minimi della carne bovina sono inferiori negli altri canali, in particolare
presso i MCA il livello dei prezzi è inferiore del 23%. In questo canale i prezzi sono tutti
più bassi, in particolare per la bistecca, le fettine e il macinato di bovino rispettivamente
del 28%, 25% e 30%.
Presso il discount il livello dei prezzi è più basso del 19% rispetto al GAS TM, anche
qui i prezzi sono tutti inferiori con un costo più basso per il macinato bovino, disponibile
al prezzo di 6,99 €/kg (contro i 10,00 €/kg del GAS). Le fettine di vitellone hanno un
prezzo più vicino a quello del GAS: 17,60 €/kg (nel GAS TM è 18,00 €/kg). Nel mercato
rionale invece la carne di bovino ha un livello dei prezzi minimi più vicino a quello del
GAS TM, il prezzo è più basso soprattutto nel caso del pollo e delle fettine di bovino
(rispettivamente -30% e -9%). Nel caso della bistecca di bovino, invece, il prezzo minore è
quello del GAS TM, inferiore del 5%. Nei SM il livello dei prezzi è più basso dell’8%. Il
prezzo è più basso in tutti i casi (a eccezione del pollo intero che non era presente) con
variazioni che vanno tra il -4% della carne bovina macinata e il -17% delle fettine di
bovino
Figura 4.25: confronto del prezzo delle carni
€ 20,00 € 18,00 € 16,00 GAS TM € 14,00 Discount € 12,00 SM € 10,00 € 8,00 MCA € 6,00 Mercato rionale € 4,00 Macinato Bistecca Fettine Fettine Pollo bovino bovino bovino vitellone intero La carne biologica del GAS si posiziona a un livello dei prezzi più elevato rispetto
agli altri canali di offerta. Il prezzo minore è solamente quello della carne di vitellone
145
rispetto al mercato rionale. Nei confronti del supermercato e del mercato rionale il prezzo
è vagamente più concorrenziale, ma i MCA rappresentano il canale in cui la carne è
effettivamente a un livello di prezzo accessibile.
Tabella 4.28: prezzi e variazioni percentuali delle carni
Prodotto GAS TM Macinato bovino € 10,00 Bistecca bovino € 18,00 Fettine bovino € 16,00 Fettine vitellone € 18,00 Pollo intero € 9,00 Var. media % Discount SM MCA € 6,99 (‐30%) € 14,89 (‐17%) € 11,49 (‐28%) € 17,60 (‐2%) (‐19%) € 9,60 (‐4%) € 17,09 (‐5%) € 13,25 (‐17%) € 17,10 (‐5%) (‐8%) € 7,00 (‐30%) € 13,00 (‐28%) € 12,00 (‐25%) € 16,00 (‐11%) € 7,20 (‐20%) (‐23%) Mercato rionale € 9,90 (‐1%) € 18,90 (+5%) € 14,50 (‐9%) € 18,90 (+5%) € 6,29 (‐30%) (‐6%) Latte e latticini
I prezzi minimi dei latticini si posizionano a un livello piuttosto basso nel caso del
discount dove è inferiore del 45% rispetto al GAS TM e presso il MCA, dove è inferiore
del 28%. Mercato rionale e SM hanno un livello dei prezzi che, per certi specifici prodotti,
può essere paragonato a quelli del GAS TM.
Nel discount i prodotti hanno tutti un livello di prezzo molto basso: -71% per la
ricotta di mucca; -65% per la ricotta di pecora; -55% per lo stracchino; -44% per il latte e 5% per il Parmigiano Reggiano.
Presso i MCA i prezzi minimi sono più bassi soprattutto per ricotta di mucca (-75%),
latte (-33%) e ricotta di pecora (-30%), mentre lo stracchino ha il medesimo prezzo che nel
GAS TM (10 €/kg). Nel mercato rionale i costi sono invece superiori a quelli del GAS nel
caso del Parmigiano Reggiano, (+17%), della ricotta di mucca (+6%), e dello stracchino
(+59%). In questo ultimo caso il prezzo è anche quello medio, in quanto è l’unico che è
stato possibile rilevare. Il mercato rionale presenta prezzi bassi solo per primo sale e
mozzarella con una variazione di 45% e 41%. Il SM presenta, invece, prezzi più alti in 3
casi su 6. Il Parmigiano Reggiano ha lo stesso prezzo del mercato rionale e quindi un
livello di prezzo superiore a quello del GAS del 17%.
Anche primo sale e stracchino hanno un prezzo più alto (+16% e +42%). Negli altri
casi i prezzi sono più bassi del 21-28 % nel caso di ricotta di pecora, stracchino e latte e
del 5% per la mozzarella.
146
Il canale che presenta prezzi inferiori e quindi favorisce l’accesso per le fasce di
reddito basse è il discount, in cui i prodotti sono però a un livello di qualità molto basso.
Presso i MCA è possibile riscontrare un buon rapporto qualità prezzo in cui è possibile
fare acquisti dilazionati di prodotti freschi. Il mercato rionale e i SM sono canali in cui i
prezzi sono più simili a quelli del GAS per determinate categorie di prodotti. I SM si
confermano un canale presso il quale i prezzi sono più alti per determinati prodotti e meno
per altri.
Il GAS TM presenta un prezzo basso soprattutto per il Parmigiano Reggiano, a
questa conclusione siamo peraltro giunti anche nel precedente confronto, poiché il prezzo
minimo rilevato è anche il medio per tutti i canali di offerta.
Figura 4.26: confronto del prezzo dei latticini
€ 20,00 € 18,00 € 16,00 € 14,00 € 12,00 € 10,00 € 8,00 € 6,00 € 4,00 € 2,00 € ‐ GAS TM Discount SM MCA Mercato rionale Tabella 4.29: prezzi e variazioni percentuali dei latticini
Prodotto GAS TM Parmigiano Reggiano € 16,12 Latte € 1,80 Mozzarella € 10,00 Primo sale € 12,50 Ricotta mucca € 8,00 Ricotta pecora € 10,00 Stracchino € 10,00 Var. media % Discount SM MCA € 15,30 (‐5%) € 1,00 (‐44%) € 3,90 (‐61%) € 2,29 (‐71%) € 3,49 (‐65%) € 4,97 (‐50%) (‐50%) € 18,90 (+17%) € 1,29 (‐28%) € 9,50 (‐5%) € 14,50 (+16%) € 5,90 (‐26%) € 7,90 (‐21%) € 14,20 (+42%) (‐1%) € 1,20 (‐33%) € 8,00 (‐20%) € 11,00 (‐12%) € 2,00 (‐75%) € 7,00 (‐30%) € 10,00 (0%) (‐28%) 147
Mercato rionale € 18,90 (+17%) € 1,40 (‐22%) € 5,90 (‐41%) € 6,90 (‐45%) € 8,50 (+6%) € 7,45 (‐26%) € 15,90 (+59%) (‐7%) Pasta e farina
Paragonando il prezzo della pasta del GAS con quello minimo della pasta
convenzionale si può notare come questo sia a un livello di 1,70 €/kg, dunque più caro del
prezzo minimo rilevato in tutti gli altri canali di offerta.
Nel discount la pasta di grano duro ha il prezzo minimo più basso del 40% (0,84)
anche la farina di tipo 0 e quella di grano duro hanno un prezzo più basso rispetto al GAS,
del 57% e del 49%. La pasta integrale è invece più cara del 40%, come nel confronto
precedente, poiché il prezzo è stato l’unico rinvenuto.
Nel mercato rionale il prezzo è inferiore solo per la pasta di grano duro (-12%) e per
la farina di tipo 0 (-12%), negli altri casi il prezzo è invece più alto. Si va dal + 66% della
pasta integrale, al +80% della farina integrale, ma anche la farina di grano duro ha un costo
più alto del 61%. I MCA, il cui confronto è possibile solo per quanto riguarda le farina,
presentano un prezzo minimo uguale al medio e quindi il prezzo è il medesimo per quanto
riguarda la farina integrale ed è più basso del 12 % per quella di tipo 0.
Il supermercato presenta prezzi più accessibili per la pasta di grano duro (-48%), per
la farina di tipo 0 (-39%) e per la farina di grano duro (-19%). Per gli altri prodotti il
prezzo è più alto e investe la farina integrale (+30%), la pasta integrale la farine integrale,
rispettivamente con un prezzo più basso del 28% e del 30%.
I prodotti integrali hanno quindi un prezzo più basso nel GAS TM, tuttavia questi
non sono prodotti per cui le famiglie a basso reddito hanno un grande interesse, poiché in
ogni caso il prezzo è più elevato dell’omologo non integrale.
Figura 4.27: confronto del prezzo di pasta e farina
€ 3,00 € 2,50 GAS TM € 2,00 Discount € 1,50 SM € 1,00 MCA € 0,50 Mercato rionale € ‐ Pasta Pasta di Farina tipo 0 Farina grano duro integrale di integrale grano duro 148
Farina di Grano duro Tabella 4.30: prezzi e variazioni percentuali di pasta e farina
Prodotto GAS TM Discount Pasta di grano duro € 1,70 Pasta integrale di grano duro € 1,70 Farina tipo 0 € 1,14 Farina integrale € 1,00 Farina di grano duro € 1,55 Var. media % € 0,84 (‐51%) € 2,38 (+40%) € 0,49 (‐57%) € 0,79 (‐49%) (‐23%) SM MCA € 0,89 (‐48%) € 2,18 (+28%) € 0,69 (‐39%) € 1,30 (+30%) € 1,25 (‐19%) (‐10%) € 1,00 (‐12%) € 1,00 (0%) (‐4%) Mercato rionale € 1,50 (‐12%) € 2,83 (+66%) € 1,00 (‐12%) € 1,80 (+80%) € 2,50 (+61%) (+37%) Legumi
Il GAS TM presenta il secondo prezzo più basso nel caso del farro e dei ceci, mentre
per le lenticchie rappresenta solo il quarto prezzo più basso tra cinque canali di offerta.
Presso il discount il prezzo dei legumi è mediamente inferiore del 40% rispetto
all’omologo prodotto del GAS. Questo grazie a un prezzo inferiore soprattutto per le
lenticchie (-70%). I ceci e il farro hanno un prezzo del 25% più basso rispetto a quello del
GAS TM. Nel mercato rionale i prezzi sono maggiori per farro (+13%) e ceci (+42%); ma
sono inferiori per le lenticchie (-24%).
Nei MCA i prezzi sono invece più allineati: +13% per il farro, +13% per i ceci; sono
pari al prezzo del GAS per le lenticchie. Nel SM i prezzi sono più alti sia per ceci che per
il farro (+51% e +13%) mentre pe le lenticchie, come per il discount, il prezzo è
notevolmente più basso: -60%. Il GAS presenta quindi prezzi bassi soprattutto per ceci e
farro.
Figura 4.28: confronto del prezzo dei legumi
€ 7,00 € 6,00 GAS TM € 5,00 Discount € 4,00 SM € 3,00 MCA € 2,00 Mercato rionale € 1,00 € ‐ Farro ceci lenticchie 149
Tabella 4.31: prezzi e variazioni percentuali dei legumi
Prodotto GAS TM Farro € 2,65 Ceci € 2,65 Lenticchie € 6,00 Var. media % Discount € 1,98 (‐25%) € 1,99 (‐25%) € 1,78 (‐70%) (‐40%) SM € 2,98 (+12%) € 3,99 (+51%) € 2,38 (‐60%) (+1%) MCA € 3,00 (+13%) € 3,00 (+13%) € 6,00 (0%) (+9%) Mercato rionale € 2,99 (+13%) € 3,75 (+42%) € 4,55 (‐24%) (+10%) Miele
Rispetto al miele convenzionale quello biologico del GAS presenta prezzi in linea
con quelli dei MCA e inferiore rispetto al mercato rionale.
Presso il discount il prezzo del miele è più basso per tutte le tre tipologie: Millefiori 25%, Acacia -21% e Castagno -11%. Nei SM il prezzo minimo è invece più alto nel caso
del miele di Acacia (+11%) e pari in quello di Castagno. Il miele di Millefiori ha un prezzo
più basso del 25%. All’interno dei MCA la qualità del miele è superiore rispetto agli altri
canali e paragonabile a quella del GAS TM. Il prezzo è lo stesso sia nel caso del miele di
Millefiori che in quello del miele di Castagno mentre è più alto nel caso del miele di
Acacia (+11%).
Anche in questo caso il discount risulta essere il canale di
approvvigionamento con il prezzo mediamente più basso e quindi più facilmente
accessibile per le famiglie con un basso reddito. Nel GAS, tuttavia, il prezzo è
paragonabile al prezzo minimo riscontrato nei MCA e nel discount.
Figura 4.29: confronto del prezzo del miele
€ 13,00 € 12,00 € 11,00 GAS TM € 10,00 Discount € 9,00 SM € 8,00 MCA € 7,00 Mercato rionale € 6,00 € 5,00 € 4,00 Miele di Milleciori Miele di Acacia 150
Miele di Castagno Tabella 4.32: prezzi e variazioni percentuali del miele
Prodotto GAS TM Discount Miele di Millefiori € 8,00 Miele di Acacia € 9,00 Miele di Castagno € 8,00 Var. media % € 5,98 (‐25%) € 7,10 (‐21%) € 7,13 (‐11%) (‐19%) Mercato rionale € 5,98 € 8,00 € 10,90 (‐25%) (0%) (+36%) € 9,98 € 11,00 € 11,00 (+11%) (+22%) (+22%) € 8,04 € 8,00 € 12,00 (0%) (0%) (+50%) (‐5%) (+7%) (+36%) SM MCA Olio extravergine di oliva
Il confronto con il prezzo minimo dell’olio d’oliva convenzionale evidenzia come il
prezzo sia più accessibile nei canali convenzionali, rispetto al GAS, con la sola eccezione
dei MCA in cui il prezzo minimo è il medesimo che nel GAS TM. Questo, come abbiamo
visto, è attribuibile alla qualità del prodotto, che negli altri canali è più bassa.
In particolare nel discount, dove l’olio è presente al prezzo di 3,49 €/lt, il che
consente un risparmio del 50% rispetto al GAS TM.
Nei SM il prezzo minimo dell’olio extravergine di oliva è pari a 4,59, con un livello
dei prezzi più basso del 34%. Nel mercato rionale il prezzo minimo è invece pari a 4,9 con
una variazione del 30% inferiore a quella del GAS TM.
Anche in questi casi il prezzo inferiore è indice della scarsa qualità del prodotto
Figura 4.30: confronto del prezzo dell’olio extravergine di oliva
€ 8,00 olio extravergine di oliva € 7,00 € 6,00 € 5,00 € 4,00 € 3,00 € 2,00 € 1,00 € ‐ GAS TM Discount SM MCA Mercato rionale Tabella 4.33: prezzi e variazioni percentuali dell’olio extravergine di oliva
Prodotto GAS TM Olio e.v.o. € 7,00 Discount SM MCA Mercato rionale € 3,49 € 4,59 € 7,00 € 4,90 (‐50%) (‐34%) (+0%) (‐30%) 151
Passata di pomodoro
Il prezzo della passata di pomodoro biologica del GAS TM è inferiore solo rispetto a
quello presente nei MCA e nel mercato rionale.
Nel discount il prezzo della passata è il più basso (0,79€) e consente un risparmio del
38% in confronto a quello del GAS. Questo è il prezzo più basso, quindi l’accesso per le
famiglie a basso reddito è più facile. Nei SM è altresì reperibile la passata a un prezzo più
basso del GAS e quindi a 1,09 €, ossia a – 14% rispetto al GAS. Nel mercato rionale
invece il prezzo è più alto 1,38 € e nel MCA è più alto del 42%. L’accesso è quindi più
agevole nel caso della GDO pura.
Figura 4.31: confronto del prezzo della passata di pomodoro
€ 2,00 Passata di pomodoro € 1,80 € 1,60 € 1,40 € 1,20 € 1,00 € 0,80 € 0,60 € 0,40 € 0,20 € ‐ GAS TM Discount SM MCA Mercato rionale Tabella 4.34: prezzi e variazioni percentuali della passata di pomodoro
Prodotto GAS TM Passata di pomodoro € 1,27 Discount € 0,79 (‐38%) SM € 1,09 (‐14%) MCA € 1,80 (+42%) Mercato rionale € 1,38 (+9%) In quest’analisi abbiamo visto che il prezzo minimo dei prodotti convenzionali è
quasi sempre inferiore ai prezzi dei prodotti biologici del GAS TM. Il discount si conferma
come il canale in cui i prezzi sono più bassi: per 29 referenze su 44.
Il GAS TM ha invece il prezzo più basso solo in 3 casi: fragole, pasta integrale e
farina integrale. Anche Parmigiano Reggiano, fettine di vitellone, patate, pomodoro
ciliegino e meloni hanno un prezzo conveniente.
Nel discount i prezzi minimi sono del 32% inferiori al GAS. Questo soprattutto per i
prezzi bassi di uova, latte, latticini, olio, legumi e passata. I Mercati di Campagna Amica
presentano il primo prezzo più basso in 9 casi e il secondo più basso in 14. Il risparmio è
possibile soprattutto per ortaggi, latte e latticini e carni. Nei supermercati i prezzi sono
152
inferiori di quelli del GAS TM in 28 confronti ma superiori in 18 (in 1 caso il prezzo è il
medesimo). I prezzi sono maggiori per frutta, ortaggi e legumi ma sono minori negli altri
casi (soprattutto uova, olio e passata). Nel mercato rionale vi sono livelli di prezzo spesso
al di sopra o al di sotto di quelli del GAS TM. Il risparmio è possibile soprattutto nel caso
degli ortaggi, dell’olio e delle uova; mentre per miele, legumi, pasta e farina il prezzo è, in
media, più alto di quello del GAS.
153
154
Conclusioni
Analizzando le problematiche connesse al sistema agro-alimentare dominante,
abbiamo visto che si stanno affermando nuove forme di filiera corta, reputate più
sostenibili sia dal punto di vista economico, ambientale e sociale. Abbiamo visto che i
GAS sono iniziative mosse dai consumatori con l’obiettivo di creare un nuovo modello di
produzione, distribuzione e consumo che metta al centro il rapporto tra produttore e
consumatore. Sebbene la realtà dei GAS sia ancora circoscritta, il sistema da loro creato ha
il merito di porre al centro dell’attenzione la questione dell’accesso ai prodotti sani per
ampi strati della popolazione, come hanno sottolineato Fonte e Salvioni (2013).
In quest’ottica ci siamo chiesti se il livello dei prezzi offerti dai GAS sia
effettivamente accessibile ai redditi medi e medio-bassi. Per verificare questo assunto
abbiamo messo a confronto i prezzi di un GAS di Roma – il GAS Testaccio Meticcio –
con quelli dei prodotti biologici e convenzionali che abbiamo rilevato negli altri sistemi di
vendita del quartiere. Il GAS che abbiamo preso in considerazione è stato già analizzato
nell’ambito del progetto PRIN 2008 Agricoltura locale e consumo sostenibile nelle reti
alimentari alternative e conferma le caratteristiche socio-demografiche che sono emerse
dalla ricerca stessa.
Alla luce dei risultati emersi, abbiamo raccolto utili indicazioni per studiare il grado
di accesso che viene assicurato dai GAS nell’approvvigionamento di prodotti biologici.
Abbiamo constatato che il GAS offre prodotti biologici ad un prezzo generalmente
inferiore rispetto ai prezzi minimi dei prodotti biologici degli altri canali di offerta
(supermercati, discount, mercati degli agricoltori e mercato rionale). Nel quartiere
analizzato si nota una distinzione tra i prezzi offerti dalla GDO e dalla vendita diretta. Nel
GAS i prezzi dei prodotti biologici sono più bassi del 62-38% rispetto ai canali di GDO
specializzati nella vendita del biologico; mentre sono inferiori del 21-25% per i canali di
vendita diretta che offrono una discreta varietà di prodotti biologici (mercati degli
agricoltori) (tabella 4.35).
Sebbene nei mercati degli agricoltori il prezzo sia più alto, è possibile fare gli
acquisti con un buon rapporto qualità-prezzo (migliore tanto dei supermercati quanto dei
discount), e con la possibilità di acquistare settimanalmente in piccole proporzioni, cosa
che il GAS non permette di fare per tutte le categorie di prodotti.
155
Tabella 4.35: variazioni del livello dei prezzi minimi del biologico rispetto al GAS
Prodotto Frutta Ortaggi Uova Carni Latte e latticini Pasta e farina Legumi Miele Olio e.v.o. Passata di pomodoro Media per canale D’altro
Negozio spec. 115% SM biologico 83% 32% Mercatino bio 15% Mercato rionale Media per comparto 61% 80% 16% 60% 44% 95% 60% 67% 52% 15% 24% 13% 14% 59% 73% 33% 57% 8% 21% 5% ‐3% 15% 19% 29% 10% 14% 12% 43% 91% 6% 3% 25% ‐15% 36% ‐12% 79% 138% 126% 107% 41% 5% 138% 41% 24% 16% 13% 93% 71% 47% 46% 34% 13% 57% 57% 57% 44% +62% +38% +21% +25% +22% +76% +61% canto
sia
i
MCA mercati
degli
Discount agricoltori
che
il
SM GAS
permettono
l’approvvigionamento solamente in determinati giorni della settimana, al contrario degli
altri canali che, anche per il fatto di lavorare almeno sei giorni a settimana, presentano
prezzi molto più alti per i prodotti biologici. Vi sono però sistemi di vendita misti
(supermercato biologico e mercato rionale) che offrono prezzi accessibili per determinate
categorie di prodotti.
Questo confronto è stato utile per capire che il sistema di approvvigionamento dei
GAS permette effettivamente di accedere ai prodotti biologici a prezzi bassi.
Paragonando i prezzi del GAS con quelli medi dei prodotti convenzionali (tabella
4.36), solo il discount presenta un livello dei prezzi significativamente più basso: circa il
22%.
Tabella 4.36: variazioni del livello dei prezzi medi del convenzionale rispetto al GAS
Prodotto Discount SM MCA Frutta Ortaggi Uova Carni Latte e latticini Pasta e farina Legumi Miele Olio e.v.o. Passata di pomodoro Media per canale 12% ‐15% ‐38% ‐19% ‐48% ‐19% ‐15% ‐17% ‐40% ‐17% ‐22% 26% 20% ‐3% ‐7% 4% 6% 19% 0% ‐14% 10% +6% 7% ‐16% 21% ‐12% ‐10% ‐4% 12% 14% 14% 42% +7% Mercato rionale 12% ‐9% 5% ‐4% ‐1% 47% 38% 45% ‐11% 12% +13% Media per comparto 14% ‐5% ‐4% ‐10% ‐14% 8% 13% 10% ‐13% 12% Gli altri canali di vendita presentano prezzi medi che sono più alti, o in linea, con
quelli rilevati nel GAS. Si riscontra un prezzo mediamente più alto, del 6-7%, nei
supermercati e nei mercati degli agricoltori; mentre nel mercato rionale del 13%. In
particolare per pasta e farina, legumi, frutta, miele e passata di pomodoro il GAS propone
prezzi del 15-23% più bassi rispetto a quelli medi del convenzionale. Per carni, latticini e
156
olio, il GAS non riesce ad offrire prezzi bassi. Questo può essere dovuto al fatto che le
produzioni comportano costi significativamente maggiori e che negli altri canali di vendita
vi è la concorrenza di prodotti provenienti dall’estero e da allevamenti intensivi, quindi a
basso costo.
Nel caso del confronto con i prezzi minimi del convenzionale è emerso che il
discount offre prezzi molto più bassi (-32) rispetto a quelli del GAS, questi sono
confrontabili a quelli i altri canali (mercati e supermercati) solo per determinate categorie
di prodotti: legumi, miele e frutta. I supermercati presentano prezzi minimi più bassi di
circa l’11%; mercati degli agricoltori e mercato rionale, invece, hanno prezzi del simili a
quelli del GAS (-2 e -1%) (tabella 4.37). I comparti per cui la differenza è maggiore sono
olio, uova, carni, ortaggi e latticini. Quelli in cui è minore sono legumi, miele, pasta e
farina (grazie al basso prezzo delle versioni integrali).
Tabella 4.37: variazioni del livello dei prezzi minimi del convenzionale rispetto al GAS
Prodotto Discount SM MCA Frutta Ortaggi Uova Carni Latte e latticini Pasta e farina Legumi Miele Olio e.v.o. Passata di pomodoro Media per canale ‐6% ‐23% ‐55% ‐19% ‐50% ‐23% ‐40% ‐19% ‐50% ‐38% ‐32% 3% 2% ‐47% ‐8% ‐1% ‐10% 1% ‐5% ‐34% ‐14% ‐11% ‐1% ‐24% 1% ‐23% ‐28% ‐4% 9% 7% 0% 42% ‐2% Mercato rionale ‐8% ‐22% ‐24% ‐6% ‐7% 37% 10% 36% ‐30% 9% ‐1% Media per comparto ‐3% ‐17% ‐31% ‐14% ‐21% 0% ‐5% 5% ‐29% 0% Se l’analisi che abbiamo condotto è paragonabile con quella degli altri GAS italiani,
possiamo concludere che il sistema di approvvigionamento che abbiamo analizzato offre
prezzi che facilitano l’accesso ai prodotti biologici per i redditi medi. Tale segmento di
popolazione potrebbe guardare con interesse al GAS, per tramutare la propria spesa da
convenzionale a biologica senza grandi sacrifici, anzi in taluni casi anche con un certo
risparmio. I redditi medio-bassi potrebbero prendere in considerazione questa possibilità
ma dovrebbero operare un significativo adattamento delle loro routine e compensare la
spesa fatta al GAS con prodotti più economici presenti negli altri canali. I redditi bassi,
invece, vedono ancora nel discount, significative possibilità di risparmio connesse anche
alla comodità di acquisto.
Di fronte a questo quadro, la presenza dei mercati degli agricoltori (per esempio i
Mercati di Campagna Amica) risulta essere un buon compromesso, poiché consentono di
fare la spesa settimanale in piccole quantità con un buon rapporto qualità-prezzo.
157
La pratica sociale con cui vengono fatti gli acquisti nel nuovo sistema di
approvvigionamento, infatti, è più complessa a causa di limiti culturali, sociali ed
economici che vanno al di là delle mere questioni di prezzo: l’approvvigionamento
avviene via internet; la disponibilità di prodotti dipende dalla stagionalità e dalla
disponibilità del produttore; la partecipazione a un GAS può richiede tempo da sottrarre al
lavoro o al tempo libero; l’approvvigionamento avviene su base settimanale o mensile, con
forme di ordine più rigido; vi è la necessità di immagazzinare un certo numero di
informazioni e raggiungere un buon grado di consapevolezza.
Tale adattamento è più complesso per i redditi medio-bassi più che altro per la
pratica di acquisto che per il livello dei prezzi in sé.
Bisogna però tenere presente che nel GAS i prodotti più cari sono quelli che si
riferiscono ad una dieta onnivora (latticini, uova, carne); mentre l’acquisto di frutta,
ortaggi, pasta e farina integrali è più conveniente, poiché il loro prezzo è più affine a
quello del convenzionale.
Ciò può indicare che passando ad una dieta vegetale, l’accesso ai prodotti naturali
può essere facilitato anche per i redditi medio-bassi.
Il sistema dei GAS deve essere dunque approfondito proprio sotto il punto di vista
della pratica sociale e degli aspetti economici, che comportano effetti a diversi livelli nel
modo in cui ogni individuo si relaziona con la società. Difatti la vitalità e la continua
evoluzione che caratterizza il mondo dei GAS lascia molte questioni aperte. Senza dubbio
sarebbe interessante continuare ad approfondirle.
158
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