A001479 L`incompatibilità genetica risultante dal test del DNA non
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A001479 L`incompatibilità genetica risultante dal test del DNA non
A001479, 1 A001479 FONDAZIONE INSIEME onlus. Da ILSOLE24ORE del 10/11/2008 pag. 8 <<NON SEMPRE IL DNA BASTA A ‘DISCONOSCERE’ IL FIGLIO>> (cass.civ. sez. I, sent. n.25623-08) di Remo Bresciani, giornalista. Per la lettura completa del pezzo si rimanda al quotidiano citato. L’incompatibilità genetica risultante dal test del DNA non sempre consente di disconoscere un figlio. Infatti, se il marito ha conoscenza dell’adulterio della moglie, deve iniziare la causa entro un anno e non può attendere l’esito degli esami ematologici sui figli per raggiungere la certezza negativa della paternità biologica. Le cose cambiano tuttavia quando il presunto padre viene a sapere dell’incompatibilità genetica per caso. In questa seconda ipotesi, infatti, i 12 mesi previsti dalla legge cominciano a decorrere dal momento in cui ha appreso che il figlio presenta caratteristiche del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre. Queste conclusioni sono valide, peraltro, anche dopo la decisione della Corte Costituzionale (sentenza 266-2006) in forza della quale nell’azione di disconoscimento la prova del tradimento non è più necessaria per essere ammessi al test del DNA. Sono questi gli importanti principi indicati dalla prima sezione civile della Cassazione nella sentenza 25623-08 (scritta da giudice Paolo Giuliani e depositata lo scorso 23 ottobre) che ha respinto il ricorso di un padre che ha agito, dopo aver effettuato il test del DNA, per fare dichiarare che le bambine nate durante il matrimonio non erano sue figlie legittime. Il Tribunale di Milano ha accolto la domanda, ma la Corte d’appello ha dichiarato inammissibile l’azione in quanto proposta oltre il termine annuale di decadenza. La vicenda è arrivata così in Cassazione. Di fronte ai giudici di legittimità il ricorrente ha sostenuto che dopo la decisione della Corte costituzionale n.266 del 2006 anche la Corte di Cassazione dovrebbe rimeditare il suo orientamento. In particolare i giudici di legittimità dovrebbero interpretare gli articoli 235 e 244 del C.C. nel senso, costituzionalmente orientato, che l’azione di disconoscimento va promossa dal marito entro un anno quando ha conoscenza certa e scientifica dell’incompatibilità genetica. La suprema Corte, al contrario, ha affermato che il termine per la proposizione dell’azione di disconoscimento decorre, in caso di adulterio, <<dal giorno della scoperta di esso>> se successiva alla nascita. In questo caso, precisa la Corte di Cassazione, è sufficiente l’acquisizione della conoscenza del tradimento e la no raggiunta certezza dell’incompatibilità genetica con i figli. Una diversa interpretazione dell’articolo 244 C.C., la quale differisse a tempo indeterminato l’azione di disconoscimento, facendone decorrere il termine per la proponibilità dai risultati di un’indagine stragiudiziale, <<sacrificherebbe in misura irragionevole i valori di certezza e di stabilità degli status e dei rapporti familiari, a garanzia dei quali la norma è, invece, predisposta>>. REGOLE GENERALI. L’AZIONE. 1 A001479, 2 L’azione per il disconoscimento di paternità del figlio concepito durante il matrimonio è consentita: 1. Se i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso fra il 300° e 180° giorno prima della nascita; 2. Se durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza, anche se soltanto di generare; 3. Se nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata al marito la propria gravidanza e nascita del figlio. I TERMINI PER LA MADRE. Il disconoscimento da parte della madre deve essere proposto entro sei mesi dalla nascita del figlio. PER IL MARITO. Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio; dal giorno del suo ritorno nel luogo in cui è nato il figlio o in cui è la residenza familiare se egli ne era lontano. Se prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia. PER IL FIGLIO. L’azione può essere proposta dal figlio, entro un anno dal compimento della maggiore età o dal momento in cui viene a conoscenza dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento. PER IL CURATORE. L’azione può essere anche promossa dal curatore speciale nominato dal giudice, su istanza del figlio minore che ha compiuto 16 anni, o del PM in caso di età inferiore. 2