sentenza 19 luglio 2012 n - Consiglio Grande e Generale
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sentenza 19 luglio 2012 n - Consiglio Grande e Generale
REPUBBLICA DI SAN MARINO COLLEGIO GARANTE DELLA COSTITUZIONALITÀ DELLE NORME SENTENZA 19 LUGLIO 2012 N. 5 Nel Nome della Serenissima Repubblica di San Marino Il Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme nel Sindacato di Legittimità Costituzionale n. 0001/2012, sollevato, in via incidentale, dal Giudice delle Appellazioni Civili Prof. Guido Guidi, con ordinanza dell'11 aprile 2012 nel ricorso d’appello civile n. 90/2011 nell’Udienza Pubblica del 2 luglio 2012 sentita la relazione del Prof. Carlo Fusaro uditi gli avvocati delle parti costituiti come da verbale ha pronunciato la seguente SENTENZA Fatto 1. Con citazione del 15 giugno 2007 il signor L. M. convenne la signora V. S. e il minore A.M. davanti al Commissario della Legge per sentirlo «accertare e dichiarare che il signor L. M. non è il padre del piccolo A. M.». Con decreto del 18 giugno 2007 veniva autorizzata la citazione ed era nominato curatore speciale del minore l'avv. Chiara Benedettini che accettava l'incarico. Si instaurava così la causa civile 171/2007. La parte convenuta contestava si trattasse di azione di contestazione di legittimità quanto piuttosto di azione di disconoscimento di paternità. Nel primo termine probatorio l'attore chiedeva che fossero disposti accertamenti peritali di tipo bio-genetico o ematico sul minore A. M. al fine di accertare la sua compatibilità con le caratteristiche bio-genetiche o ematiche del signor L. M. La madre signora V. S. non prestava il consenso per il minore; tale consenso veniva però prestato dal curatore speciale nell'interesse del minore l'11 settembre 2008. Con decreto del 16 settembre 2008 il Commissario della Legge disponeva la perizia che veniva depositata il 18 dicembre 2009. Il giorno successivo la parte attrice indicava che il perito aveva informato le parti dell'esito della perizia secondo la quale L. M. non era padre del piccolo A. M. Dopo le ulteriori fasi processuali la parte attrice confermava la richiesta che fosse dichiarato che il signor L. M. non è il padre di A. M. e chiedeva che la signora V. S. fosse condannata al risarcimento dei danni. La parte convenuta chiedeva che il signor L. M. fosse dichiarato decaduto dall'esercizio dell'azione per la contestazione di legittimità e che fosse respinta l'azione di disconoscimento di paternità, e dunque anche ogni richiesta di risarcimento danni. La curatrice speciale del minore A. M. si rimetteva a giustizia. 2. Il 1° agosto 2011 il Commissario della Legge pronunciava la sentenza 113/2011, respingendo le richieste dell'attore. Il giudice qualificava l'azione avviata come azione di disconoscimento di paternità (regolata dall'art. 36 della Legge 26 aprile 1986, n.49 Riforma del 1 REPUBBLICA DI SAN MARINO COLLEGIO GARANTE DELLA COSTITUZIONALITÀ DELLE NORME diritto di famiglia) e non come azione di contestazione di legittimità (regolata dall'art. 42 della Legge 49/1986). Ricostruiva il tenore del citato art. 36 nonché il successivo art. 39 della stessa legge che prevede un termine decadenziale di un anno dalla nascita del figlio la cui paternità si intenda eventualmente disconoscere. Citava giurisprudenza e dottrina sia sammarinese sia italiana sia della Cedu a sostegno della legittimità (e anche dell'opportunità) del termine. Evocava l'ipotesi di sollevare questione di legittimità costituzionale «quanto meno sotto il profilo del principio di uguaglianza» del termine decadenziale nel caso di scoperta dell'adulterio oltre l'anno dalla nascita del figlio. Affermava peraltro che l'attore non aveva fornito le prove della scoperta dell'adulterio «che ontologicamente deve precedere quella della compatibilità bio-genetica del figlio con il presunto padre e non può essere superata da quest'ultima». Secondo il Commissario della Legge «la prova delle situazioni considerate dal legislatore presupposto dell'azione di disconoscimento di paternità è indispensabile e non altrimenti surrogabile». In altri termini l'attore non avrebbe dato prova dell'adulterio della moglie al tempo del concepimento del piccolo A. M. : ne derivava, il Commissario della Legge che «malgrado le risultanze della perizia d'ufficio... non è possibile sollevare la ritenuta non manifestamente infondata questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 della legge 49 del 1986, pur in presenza della prova dell'incompatibilità genetica del figlio con il presunto padre, prova che secondo il testo della legge si configura come un posterius...» rispetto alla dimostrazione della sussistenza di uno dei presupposti previsti dall'art. 36 della legge 49/1986. Di qui il non accoglimento della domanda principale dell'attore. 3. Contro la sent. 113/2011 il signor L. M. faceva ricorso il 29 settembre 2011, introducendo così la causa civile d'appello n. 90/2011 davanti al Giudice delle Appellazioni civili. Nel corso dell'udienza del 1 dicembre 2011 la parte attrice sollevava due eccezioni di costituzionalità, rispettivamente contro l'art. 36.1 lett. d) della legge 26 aprile 1986 n. 49 nella interpretazione datane dal Commissario della Legge secondo la quale la prova bio-genetica rileva solo previa dimostrazione dell'adulterio della madre (per contrasto con gli artt. 4, 12.1 ee 15.1-2 della legge 8 luglio 1974, n. 59 Dichiarazione dei diritti dei cittadini e dei principi fondamentali dell'ordinamento sammarinese: d'ora in avanti DdD) e contro l'art. 39.1 della stessa legge 49/1986 nella parte in cui prevede il termine di un anno per l'azione di disconoscimento di paternità ovvero nella parte in cui non prevede che il termine decorra dal momento in cui è insorto il sospetto dell'adulterio ovvero dell'avvenuta scoperta di fatti e/o degli elementi da cui discenda l'inesistenza del rapporto di filiazione (per contrasto con i medesimi artt. 4, 12.1 e 15.1-2 DdD). La parte convenuta eccepiva, invece, che l'eccezione di costituzionalità sarebbe stata irrilevante perché, ove anche fosse riconosciuta la legittimità di un diverso modo di computare il termine previsto dalla legge, lo stesso non avrebbe potuto essere usato dato che l'attore «non ha dato prova dell'adulterio». 4. Con ordinanza dell'11 aprile 2012 (registrata in pari data col n. 3697/2012) il Giudice delle Appellazioni civili, considerata la rilevanza delle questioni proposte (sia per la necessità di rimuovere la pregiudizialità di cui all'art. 36 lett. d, sia al fine di rimuovere il termine decadenziale di cui all'art. 39.1 della legge 26 aprile 1986, n. 49), ha promosso giudizio di legittimità costituzionale nei confronti delle disposizioni indicate per contrasto con l'art. 4 commi 1 e 3 e con l'art. 15 commi 1 e 2 della DdD, dopo aver considerato non fondata, invece, l'ipotesi di contrasto con l'art. 12 della DdD (principio di uguaglianza dei coniugi). Il giudice a quo considerava fondato il motivo di incostituzionalità sollevato in ordine alla prospettata violazione del principio di eguaglianza per irragionevolezza del disposto in base al quale presupposto 2 REPUBBLICA DI SAN MARINO COLLEGIO GARANTE DELLA COSTITUZIONALITÀ DELLE NORME dell'azione di disconoscimento sarebbe - fra gli altri - che «nello stesso periodo la moglie ha avuto rapporti extraconiugali»: «subordinare l'accesso alle prove tecniche, che da sole consentono di affermare se il figlio è nato o meno da colui che è considerato il padre legittimo, alla previa prova dell'adulterio è, da una parte, irragionevole, attesa l'irrilevanza di quest'ultima prova al fine dell'accoglimento nel merito della domanda, dall'altra si risolve in un sostanziale impedimento all'esercizio del diritto di azione o di difesa». Il Giudice delle Appellazioni citava al riguardo una decisione della Corte costituzionale italiana, la sent. 266/2006. Il giudice a quo considerava pure fondato il contrasto della medesima disposizione con l'art. 15.1 DdD: «è del tutto evidente che il diritto di difesa non è pienamente garantito nel caso in cui l'accertamento dei fatti sui quali si fonda la decisione sia reso praticamente inutilizzabile... ove la previsione legislativa della pregiudiziale (prova dell'adulterio), non sempre riscontrabile, non risolutiva e talora non direttamente connessa all'evento della filiazione, rende di fatto inutile l'acquisita prova della non paternità...». Parimenti non manifestamente infondata considerava la questione di incostituzionalità dell'art. 39.1 della legge 49/1986 rispetto al parametro dell'art. 4 DdD, «nella parte in cui non prevede un termine per la prescrizione [decadenza] dell'azione di disconoscimento di paternità decorrente non dalla nascita del figlio, bensì dal momento in cui il padre venga a conoscenza dei fatti che facciamo presumere la mancanza del rapporto di paternità». Lo stesso affermava in relazione all'art. 15.1-2 DdD perché l'art. 39.1 della legge 49/1986 «limita la possibilità per il presunto padre di proporre azione di disconoscimento nei casi di dissimulazione fraudolenta o comunque intenzionale dell'altrui paternità biologica». 5. Con Decreto emesso in data 23 aprile 2012 n. 3, il Presidente del Collegio Garante della Costituzionalità della Norme ha dichiarato ricevibile la questione e convocato per il 2 luglio 2012 l’udienza pubblica sul Sindacato di Costituzionalità. 6. Si è costituito in giudizio lo Stato, ai sensi dell'art. 9, comma 3 della Legge qualificata n. 55/2003, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato. 7. Nei termini di cui all’art. 13, comma 7, Legge Qualificata n. 55/2003, le parti hanno presentato le proprie memorie e deduzioni. 8. Con memoria depositata il 10 maggio 2012 la signora V. S. chiede sia pronunciata la manifesta infondatezza delle questioni sollevate e al tempo stesso la irrilevanza di esse. In particolare sostiene che «l'assenza della prova dell'adulterio preclude al giudice d'appello qualsiasi vaglio ulteriore sui termini di decadenza dell'azione di disconoscimento di paternità». L'attore non avrebbe dato alcuna prova di aver promosso l'azione nel termini di un anno da quando venne a conoscenza dell'adulterio della moglie né dell'adulterio stesso. 9. Con memoria depositata il 10 maggio 2012 la curatrice speciale del minore A. M., così come in primo grado, si rimette a giustizia «per quanto l'Ecc. mo Collegio Garante voglia statuire in ordine al legittimo e al provato dalle parti». 10. Con memoria depositata l'11 maggio 2012 il signor L. M. conferma a sua volta quanto sostenuto in precedenza nella istanza di verifica di legittimità costituzionale presentata al Giudice delle Appellazioni civili il 1 dicembre 2011. In merito all'asserita illegittimità costituzionale dell'art. 36 della legge 49/1986 sotto il profilo della violazione del principio di 3 REPUBBLICA DI SAN MARINO COLLEGIO GARANTE DELLA COSTITUZIONALITÀ DELLE NORME uguaglianza ex art. 4 ed ex art. 15 della DdD, sostiene l'irragionevolezza della norma in base alla quale presupposto dell'azione di disconoscimento sarebbe la dimostrazione dell'adulterio: in particolare nei confronti del figlio, titolare dell'azione entro l'anno dal raggiungimento della maggiore età: nel caso costretto a dimostrare fatti accaduti prima ancora di nascere, «un onere probatorio pressoché impossibile». Aggiunge poi una serie di elementi di diritto comparato con particolare riferimento alla giurisprudenza della Corte costituzionale italiana. 11. Con memoria presentata, nell'interesse dello Stato, il 14 maggio 2012 l'Avvocatura dello Stato si concentra in particolare sulle eccezioni relative all'art. 39.1 della legge 49/1986 sostenendone l'irrilevanza ai fini del giudizio principale dal momento che l'attore non avrebbe dimostrato non solo l'adulterio ma neppure il giorno in cui ebbe prova del tradimento della moglie: momento dal quale - nel caso - sarebbe decorso l'anno entro il quale a pena di decadenza avrebbe potuto agire per il disconoscimento di paternità. L'irrilevanza dell'eccezione di costituzionalità relativa all'art. 39.1 travolgerebbe conseguentemente anche la rilevanza delle eccezioni relative all'art. 36.1 lett. d) (questione se la prova dell'adulterio sia preliminare all'ammissione e all'utilizzo della prova bio-genetica o ematica). Conclude peraltro sostenendo che la prova dell'adulterio deve essere dimostrata autonomamente rispetto alla prova genetica che «non può tradursi in un mezzo meramente esplorativo o da sperimentarsi sulla base di meri sospetti di infedeltà». Consentire l'accesso a prove biologiche indipendentemente dalla dimostrazione dell'adulterio «sacrificherebbe in misura irragionevole i valori di certezza e stabilità degli status e delle relazioni instauratesi tra i componenti del nucleo familiare. 12. Ad esito dell’Udienza pubblica, tenutasi il giorno 2 luglio 2012, la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto 1. Le questioni sollevate sono due. La prima concerne la legittimità costituzionale dell'art. 36.1 lett. d) della legge n. 49 del 1986 laddove è stabilito che l'azione di disconoscimento di paternità del figlio è consentita in un numero limitato di casi e, in particolare, se - nel periodo nel quale vige la presunzione di paternità (dal trecentesimo al centottantesimo giorno prima della nascita) - «la moglie ha avuto rapporti extraconiugali». Ad avviso del giudice a quo tale disposizione sarebbe in contrasto sia con il principio di eguaglianza, sotto il profilo dell'irragionevolezza, di cui all'art. 4, sia con la garanzia giurisdizionale dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi e con il diritto alla difesa, di cui all'art. 15 commi 1 e 2 della Dichiarazione dei diritti sammarinese. La seconda concerne la legittimità costituzionale dell'art. 39.1 della stessa legge 49/1986 laddove fissa il decorrere del termine decadenziale ai fini dell'esercizio dell'azione di disconoscimento (per il padre e per la madre) dalla nascita del figlio e non invece dal momento in cui il padre venga a conoscenza dei fatti che facciamo presumere la mancanza del rapporto di paternità. 2. Le due questioni sono entrambe fondate. Quanto alla prima, non può resistere alla prova di ragionevolezza (art. 4 DdD) e viola il diritto alla difesa (art. 15.2 DdD) la pretesa della disposizione in oggetto di subordinare 4 REPUBBLICA DI SAN MARINO COLLEGIO GARANTE DELLA COSTITUZIONALITÀ DELLE NORME l'accesso alla prova bio-genetica alla previa dimostrazione dell'aver avuto la moglie rapporti extraconiugali. Occorre considerare che la norma risale al 1986. Da allora la scienza biomedica ha conosciuto progressi tali che i test di paternità (non più fondati sull'esame del sangue, ma del DNA attraverso campioni di saliva: dunque con invasività minima) sono oggi disponibili direttamente su internet, e danno risultanze certe nel provare la non riconducibilità del figlio al padre (diversamente da quanto affermato nella sentenza 113/2011) e quasi certe nel provare invece la filiazione. Tanto più tenuto conto della irrilevanza della prova di rapporti extraconiugali della madre (la paternità potrebbe ben essere comunque proprio del presunto padre, ovviamente), subordinare a questa l'accesso alle prove tecniche configura il sostanziale impedimento all'esercizio del diritto di azione tutelato dall'art. 15.2 DdD. E ciò in relazione alla tutela di diritti fondamentali che toccano la stessa identità biologica delle persone coinvolte: il che può prefigurare una violazione anche dell'art. 1 DdD nei suoi commi 3 e 4 e dell'art. 5 DdD («i diritti della persona umana sono inviolabili»). La norma che si ricava dall'art. 36.1 lett. d) rispecchia un contesto sociale e tecnologico superato e incompatibile con un'interpretazione attuale dei principi e dei diritti di cui alla Dichiarazione dei diritti. D'altra parte già nella decisione Shofman contro Russia (n. 74826/01) del 24 novembre 2005 la Corte europea per la protezione dei diritti dell'uomo, la cui giurisprudenza assume rilievo nell'ordinamento sammarinese ai sensi dell'art. 1. commi 3 e 4 DdD, ha avuto modo di affermare che «presunzioni legali che prevalgono sulla realtà biologica e sociale senza riguardo per fatti conclamati... non sono compatibili con l'obbligo degli Stati di assicurare una reale tutela della vita privata e familiare». Ciò concorre a spiegare anche la sentenza 266/2006 della Corte costituzionale italiana che ha sancito la illegittimità dell'art. 235 comma 1 n.3 del codice civile italiano esattamente nella parte che, ai fini dell'azione di disconoscimento della paternità, subordina l'esame delle prove tecniche alla previa dimostrazione dell'adulterio della moglie. Non è privo di significato che la Corte italiana nel motivare quella decisione ebbe a fare espresso riferimento alla giurisprudenza della Corte di cassazione che andava appunto proprio nel senso di ritenere che l'indagine sul verificarsi dell'adulterio avesse carattere preliminare con conseguenze in tutto analoghe a quelle derivate dalla sent. 113/2011, che proprio quella giurisprudenza richiama (vedi, invece, Cass. civ. sez. I. sent. 6 giugno 2008, n. 15088). Non è altresì inutile ricordare che la legislazione di paesi vicini alla Repubblica (Belgio, Francia, Germania, Svizzera) tutta recente o recentissima in nessun caso fa riferimento all'adulterio (o a relazioni extraconiugali) come presupposto o condizione dell'azione di disconoscimento di paternità (mentre tutti, ammettendo l'inseminazione eterologa, non ammettono tale azione, invece, in caso di consenso all'inseminazione prestato dal marito). In un caso, in Germania il recentissimo §1598a del BGB (Bürger Gesetzbuch, il codice civile) disciplina specificamente «l'azione per ottenere il consenso a un esame genetico volto a chiarire la genitorialità» disponendo che, ove il consenso non sia prestato, sia il tribunale di famiglia a disporlo salvo il solo rischio di danni "irragionevoli" al minore. Del resto difficilmente la tutela della famiglia espressamente richiamata a sua volta dall'art. 12.1 DdD potrebbe essere invocata in casi quali quello di cui al processo principale: non solo perché si tratta di casi in cui l'unità familiare è già largamente compromessa (e non si vede come potrebbe essere ragionevolmente meglio protetta o addirittura recuperata dall'affermazione dell'eventuale irrilevanza meramente processuale delle risultanze delle prove tecniche sulla paternità), ma altresì perché pretendere di trasformare l'azione di disconoscimento di paternità in un processo sulle eventuali relazioni extraconiugali della madre del figlio, di cui si chiede il disconoscimento, può solo costituire una minaccia ulteriore e potenzialmente anticipata nei 5 REPUBBLICA DI SAN MARINO COLLEGIO GARANTE DELLA COSTITUZIONALITÀ DELLE NORME confronti dell'unità della famiglia, inducendo il coniuge anche solo geloso o vagamente sospettoso a forme di controllo ossessive, queste sì destinate a colpire la serenità della famiglia. 3. Quanto alla seconda, anch'essa appare in violazione dell'art. 4 e dell'art. 15.1 e 2, ove interpretata nel senso che il termine decorre dalla nascita del figlio e non dal momento in cui il presunto padre consegua gli elementi per sospettare della propria non paternità, perché viola il diritto di agire in giudizio, irrazionalmente negando al padre la possibilità di avvalersi delle facoltà che gli riconosce l'art. 36 della legge 49 del 1986 (di provare che il figlio non è suo). Non è in effetti ragionevole (e pone il padre in condizioni di diseguaglianza) imporre un termine decadenziale che decorra dalla nascita del figlio quando è esperienza comune la costatazione che può ben accadere che solo successivamente il padre venga ad apprendere fatti o circostanze che lo inducano a ritenere non suo il figlio. E' ben vero che valori costituzionalmente rilevanti quali la tutela della famiglia, la stabilità degli status e la stessa tutela dei minori legittimamente possono indurre il legislatore a porre un termine oltre il quale l'azione di disconoscimento non è più esperibile: così è in effetti in tutti gli ordinamenti di paesi vicini alla Repubblica. Il termine va da 6 mesi (Francia) a un anno (Belgio, Italia e Svizzera) a due anni (Germania). Ma in tutti questi ordinamenti (anche in Italia dopo la sentenza Corte cost. 134 del 1985) il termine è calcolato da quando l'attore viene a conoscenza delle circostanze che mettono in discussione la paternità e, per di più, l'azione è permessa anche successivamente per giustificato motivo. In Francia, dove la prova non è subordinata a condizioni e può essere raggiunta par tous le moyens (con ogni mezzo legale), si è registrato un caso di azione di disconoscimento considerata legittima dopo ben 37 anni (Corte d'appello di Digione, 29 novembre 1990). In altri termini: il valore della stabilità della famiglia e della stabilità degli status viene dappertutto contemperato con quello del diritto alla difesa e del diritto alla propria personalità e dignità sotto il profilo specifico del rispetto dell'identità biologica. Sul punto, nella già citata decisione Cedu Shofman contro Russia si afferma che se porre da parte del legislatore un termine «per assicurare certezza giuridica nelle relazioni familiari e per proteggere gli interessi del bambino» può ben giustificarsi, dettare termini decadenziali rigidi che non tengano conto del fatto che il padre possa venire a conoscenza - appunto - di elementi che lo inducano a dubitare della paternità solo dopo, non è compatibile con l'obbligo degli Stati di assicurare una reale tutela della vita privata e familiare. Anche in questo caso la legislazione della Repubblica deve conformarsi a un più equilibrato bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti in gioco rispetto a quanto non consenta l'art. 39.1 della legge 49/1986 che deve considerarsi pertanto a sua volta costituzionalmente illegittimo. PQM il Collegio: dichiara l’incostituzionalità dell'art. 36 comma 1 lett. d) della legge 26 aprile 1986, n. 49 nella parte in cui subordina l'esame delle prove tecniche, dalle quali risulti che il figlio presenta caratteristiche genetiche incompatibili con quelle del presunto padre, alla previa dimostrazione di rapporti extraconiugali della moglie; dichiara l'incostituzionalità dell'art. 39 comma 1 della legge 26 aprile 1986, n. 49, nella parte in cui prevede che il termine decadenziale di un anno decorra dalla nascita del figlio, anziché dal 6 REPUBBLICA DI SAN MARINO COLLEGIO GARANTE DELLA COSTITUZIONALITÀ DELLE NORME momento in cui il padre venga a conoscenza degli elementi che facciano presumere la mancanza del rapporto di paternità. Manda alla Cancelleria per la pubblicazione ai sensi dell’articolo 10 della Legge Qualificata 25 aprile 2003, n. 55 e per la notifica alle parti. San Marino, 19 luglio 2012/1711 d.F.R. I Membri del Collegio Garante Prof. Angelo Piazza (Presidente) Prof. Carlo Fusaro (Membro Effettivo - Relatore – Redattore) Avv. Giovanni Nicolini (Membro supplente) 7