Affido esclusivo in caso di conflitto genitoriale

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Affido esclusivo in caso di conflitto genitoriale
Legittimo l’affidamento esclusivo in ipotesi di
elevata conflittualità tra i coniugi
Pubblicato in
Sentenze
in data
02/04/2012
Anna Costagliola
In caso di elevata conflittualità tra i coniugi, tale da pregiudicare il benessere e la salute psico-fisica
dei figli, vengono meno i presupposti dell’affidamento condiviso e si prefigurano le condizioni per
disporre l’affidamento esclusivo ad uno dei genitori.
È quanto affermato dalla prima sezione civile della Cassazione nella sentenza del 29 marzo 2012, n.
5108 con cui la Corte, nel respingere il ricorso di un padre, ha confermato le precedenti statuizioni
di merito, ritenendo legittima la misura della revoca dell’affidamento condiviso con conseguente
affidamento esclusivo della figlia minore alla madre.
Osserva la Corte come, nel quadro della nuova disciplina relativa alla separazione dei coniugi
introdotta dalla L. 54/2006, improntata alla tutela del diritto del minore alla cd. «bigenitorialità», al
diritto, cioè, dei figli di continuare ad avere un rapporto equilibrato con il padre e con la madre
anche dopo la separazione, l’affidamento condiviso (comportante l’esercizio della potestà
genitoriale da parte di entrambi i genitori ed una condivisione, appunto, delle decisioni di maggior
importanza attinenti alla sfera personale e patrimoniale del minore) si pone come regola generale
rispetto alla quale costituisce, invece, ora eccezione la soluzione dell’affidamento esclusivo. La
regola prioritaria dell’affidamento condiviso ad entrambi i genitori è infatti derogabile solo ove la
sua applicazione risulti contraria all’interesse del minore, interesse che costituisce esclusivo criterio
di valutazione in rapporto alle diverse e alle specifiche connotazioni dei singoli casi dedotti in sede
giudiziaria.
Si legge nella sentenza che la mera conflittualità esistente tra i coniugi, che spesso connota i
procedimenti separatizi, non preclude il ricorso a tale regime preferenziale solo se si mantenga nei
limiti di un tollerabile disagio per la prole. Assume invece connotati ostativi alla relativa
applicazione ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in pericolo l’equilibrio e lo sviluppo
psico-fisico dei figli, e dunque tale da pregiudicare il loro superiore interesse.
Nel caso sottoposto all’attenzione della Corte questa ha osservato come i giudici dell’appello
avessero ben argomentato e giustificato la sostituzione del regime di affidamento condiviso della
figlia ad entrambi i genitori con quello dell’affidamento esclusivo della minore alla madre. In sede
di istruttoria era emerso, infatti, che, a causa della estrema conflittualità dei rapporti tra i coniugi, i
quali neanche comunicavano tra loro, l’affidamento condiviso si era dimostrato nocivo alla minore
e possibile fonte di future patologie per la stessa, in quanto generante ansia, confusione e tensione.
Pertanto, nella descritta situazione, tale regime di affidamento condiviso non poteva non
considerarsi irrimediabilmente precluso, a causa della sussistenza di condizioni pregiudizievoli
all’interesse della minore.
D’altra parte, risponde ai principi interpretativi del novellato art. 155 c.c. l’esigenza, ai fini
dell’applicazione dell’affidamento condiviso, che tra i coniugi vi sia un basilare accordo sugli
obiettivi educativi, una buona alleanza genitoriale e un rispetto dei rispettivi ruoli. Viceversa,
nella fattispecie de qua i genitori, non comunicando tra loro, hanno finito col decidere
autonomamente le attività della figlia, costretta a fare due turni a scuola, due diverse attività
sportive e persino due diete alimentari, situazione certamente ingenerante confusione e alterazione
della condizione psicologica della minore. Posta, pertanto, l’esistenza di simili condizioni, la minore
sarebbe stata costretta a subire un adattamento a due realtà tra loro così diverse e nemiche tali da
creare il presupposto per l’insorgere in lei di turbamento, confusione ed alterazione dei propri
comportamenti.
In definitiva, negandosi l’affidamento condiviso, non si è inteso negare alla figlia un diritto alla
bigenitorialità, ma si è, piuttosto, valutato attentamente il contesto familiare esistente, voluto
rapportarlo al reale e primario interesse della minore, in funzione preminente del suo corretto
sviluppo psicologico ed affettivo.