ESIODO, TRA GENEALOGIA DIVINA E POESIA DIDASCALICA
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ESIODO, TRA GENEALOGIA DIVINA E POESIA DIDASCALICA
ESIODO, TRA GENEALOGIA DIVINA E POESIA DIDASCALICA LA VITA: LA PRIMA PERSONALITÀ POETICA D’OCCIDENTE Una difficile collocazione temporale Per quanto riguarda la data di nascita, fin dall'antichità non si sa con precisione se parlò come precedente, contemporaneo o posteriore a Omero. Erodoto lo crede anteriore a lui di quattro secoli, un'indicazione che riporterebbe la nascita di Esiodo intorno all'VIII secolo prima di Cristo. Egli tuttavia prese parte alle feste in onore del principe Anfidamante nell'isola di Eubea (si tratta del re di Calcide morto nel 730 a.C. in una guerra epicorica, la guerra lelantina), dove partecipò a un agone in cui ottenne la vittoria ed un tripode in premio. È quindi riconosciuta dai critici moderni la collocazione di Esiodo intorno al principio del VII secolo a.C. (nettamente successivo a Omero). Il breve poemetto Agone di Omero e Esiodo dà invece una testimonianza del tutto sospetta della contemporaneità dei due poeti, perché narra che ai ludi funebri in onore di Anfidamante, vinse e superò persino in bravura Omero stesso. Un poeta che dice “io” I dati biografici ci provengono invece dalle sue stesse opere. Figlio del commerciante marittimo Dios, originario della Cuma eolica, costretto a trasferirsi ad Ascra in Beozia per la fallita attività, dice egli stesso di non intendersi di mare e di navigazione, perché fece una sola traversata nella sua vita, quella dell'Euripe, da Aulide a Calcide in Eubea per le feste di Anfidamante. Per questo motivo i critici ritengono impossibile la nascita nella città di origine del padre (non avendo fatto che quella traversata e non il passaggio da Cuma ad Ascra), e vedono come città natale Ascra stessa, anche se l'affermazione di Esiodo non sarebbe in contraddizione con una sua nascita nella Cuma eolica (la traversata infatti avrebbe potuto esser compiuta da un Esiodo ancora bambino). Trasferitosi quindi in Beozia, il padre dovette diventare un agricoltore e, sulle sue orme, lo divenne pure Esiodo, tanto che Le opere e i giorni, danno una dettagliata descrizione della vita contadina del tempo. Alla morte del padre, il patrimonio viene diviso tra lui e il fratello, Perse, che dopo avere dilapidato tutta la sua parte, riesce tramite un raggiro ad impossessarsi della parte di Esiodo (grazie a un processo giudiziario in cui corrompe i giudici). Plutarco ci informa della sua morte violenta, ucciso dai fratelli di una donna che sedusse o tentò di sedurre. LE OPERE: IL CORPUS ESIODEO 1. La “Teogonia” La Teogonia (in greco Θεογονία) è un poema mitologico, in cui si raccontano la storia e la genealogia degli dei greci. Si ritiene che sia stato scritto intorno all'anno 700 a.C., ed è una fonte fondamentale per la mitografia. L'opera è composta da 1022 esametri e ripercorre gli avvenimenti mitologici dal Caos primordiale fino a quando Zeus diviene re degli dei. La struttura L'ordine introdotto dal poeta non è ben riconoscibile, tanto da far discutere i critici su trasposizione e interpolazioni. Il disegno generale è comunque quello del pensiero esiodeo, quale risulta anche ne Le opere e i giorni. 1) In un ampio proemio iniziale, Esiodo parla delle Muse, citando anche se stesso. 2) Quindi racconta di come dal Caos si originarono l'Erebo e la Notte, poi l'Etere e il Giorno. Dalla Terra nacquero Urano (il cielo stellato) e il Mare; da Urano la famiglia dei Titani, l'ultimo dei quali, Crono, mutilò il padre e regnò sugli altri dei, finché non venne sostituito da Zeus.Il passaggio dalla signoria dei Titani alla monarchia di Zeus viene visto dal poeta come il passaggio dalla violenza e dal disordine all'ordine e alla giustizia. 3) Segue una lunga ridistribuzione della potenza degli dei, con l'indicazione anche delle divinità minori, talora in elenchi che sembrano alberi genealogici. 4) Alla fine viene fatto cenno alle unioni tra gli dei e degli dei con i mortali, che daranno origine alle schiere degli eroi della mitologia greca. Vengono raccontati anche il mito di Prometeo e il mito di Pandora. La funzione della Teogonia. Sicuramente antecedente alle Opere, quest'opera non va probabilmente considerata teologica in senso stretto. La sua funzione non è quella di spiegare razionalmente (o giustificare) la natura del mondo divino, ma solo di descrivere tale mondo e la sua struttura. Esiodo propone quindi una dettagliata genealogia divina, simile a quella degli eroi, che però nell'epica si limita a scarne indicazioni, soprattutto formulari, che servono a integrare la visione complessiva dell'eroe con la sua discendenza. Per Esiodo, la genealogia divina non è un'integrazione, è il soggetto stesso dell'opera. L'investitura poetica. Il poema si apre (come di consueto nell'epica greca) con una invocazione alle Muse; ma è una novità di quest'opera è l'"investitura personale" che Esiodo proclama per sé stesso. Non va trascurato che Esiodo è il primo autore occidentale di cui abbiamo una biografia (o almeno dei dati biografici) forniti dall'autore stesso, a differenza di quanto si può dire, per esempio, riguardo a Omero. Esiodo scrive di sé, sa di essere poeta, di inventare, di creare; a differenza dell'aedo tradizionale, egli non è più un mero tramite fra le Muse e gli ascoltatori. Per evidenziare questo, nella Teogonia compare quello che diverrà un importantissimo topos, appunto quello dell'investitura: le Muse, nate da Zeus e Mnemosine (la memoria) e dette eliconie poiché abitano il monte Elicona, si rivolgono a Esiodo stesso mentre pascolava vicino a quel luogo: « Cominciamo il canto dalle Muse eliconie (v. 1) che di Elicona possiedono il monte grande e divino; [...] Esse una volta a Esiodo insegnarono il canto bello, mentre pascolava gli armenti sotto il divino Elicone; questo discorso, per primo, a me rivolsero le dee, le Muse d'Olimpo, figlie dell'egioco Zeus: (v. 25) "O pastori, cui la campagna è casa, mala genia, solo ventre; noi sappiamo dire molte menzogne simili al vero, ma sappiamo anche, quando vogliamo, il vero cantare".» (traduzione di G. Arrighetti) Il dovere della verità Verso la fine di questo passaggio viene introdotto un tema molto importante nell'opera di Esiodo: la verità. Nell'epos, la distinzione tra vero e falso avveniva solo nei rapporti fra i personaggi (un esempio è il verso omerico da cui è ricavato il v. 27, in cui si definisce il comportamento menzognero di Odisseo nei confronti di Penelope: ...fingeva e diceva molte menzogne simili al vero...). "Dire la verità" non era però mai stato citato in precedenza come un dovere dei cantori epici, poiché quello che cantavano non era cantato perché vero, ma vero perché cantato. Questo nuovo atteggiamento distacca Esiodo dall'epos omerico, e forse è anche inteso a chiarire che l'opera si rivolge solo a quel pubblico che non crede alle Muse anche quando dicono cose simili al vero. Esiodo fu anche il primo poeta a specificare il numero delle Muse, e dare un nome ad ognuna. L'inizio della trattazione È al v. 112 che inizia la trattazione effettiva del testo. Esiodo dice: ...e come i beni si divisero e gli onori si spartirono..., ad indicare come le divinità effettivamente si dividano i compiti; cioè comincia una certa differenziazione fra gli dei, che sarà infatti poi il tema centrale del testo. La fede in un ordine universale e lo sforzo di trovare nella volontà divina una giustificazione profonda a tutte le ingiustizie e le contraddizioni del mondo umano, conferiscono al pessimismo uno sfondo religioso, che lo limita e lo riscatta. Esiodo ha dato espressione di pensiero che diverrà fondamentale negli autori delle età successive. 2. “Le Opere e i Giorni” Esiodo si occupò per primo di una nuova poesia: la poesia "didascalica" cioè tesa ad insegnare. Le opere e i giorni (in greco antico Ἔργα καὶ Ἡμέραι, Erga kài Hemérai) sono un poema didascalico della lunghezza di 828 esametri nel quale si illustrano la necessità del lavoro da parte dell'uomo, consigli pratici per l'agricoltura e giorni del mese nel quale compiere determinate attività. La struttura 1) L'opera inizia con un proemio di 10 versi nei quali è elevata una preghiera a Zeus e alle Muse della Pieria; questo proemio è da alcuni critici moderni ritenuto interpolato; inoltre è interessante notare che non si rivolge alle Muse Eliconie come nella tradizione. 2) Esiodo passa quindi a parlare della contesa col fratello Perse il quale, dopo aver sperperato la parte della propria eredità concessa dal padre, vuole impossessarsi anche dell'eredità di Esiodo e pertanto intenta contro di lui un processo nel quale corrompe i giudici. 3) L'autore passa quindi a descrivere la necessità del lavoro da parte degli uomini per fugare la punizione degli dei e vivere secondo giustizia. Questi concetti vengono espressi tramite tre episodi: il mito di Prometeo, il mito delle Cinque Età e il breve Apologo dello Sparviero e dell'Usignolo. Il primo mito risulta distaccarsi dal racconto presente nella Teogonia: nelle Opere e i Giorni è semplicemente narrato come il fratello di Prometeo, Epimeteo abbia accolto presso gli uomini Pandora, donna creata dagli dei allo scopo di distribuire i mali tra i mortali; ciò era la naturale punizione per il furto del fuoco commesso da Prometeo, ossia rubare il fuoco agli dei; l'unico bene che rimase fu la Speranza. Nel secondo mito invece si narrano le cinque età nelle quali vissero gli uomini dalle origini fino al presente: • Età dell' Oro: ai tempi di Crono gli uomini vivevano senza preoccupazioni, perennemente giovani erano nutriti dalla terra stessa senza fare nessun lavoro. Morivano come colti dal sonno e dopo la loro estinzione vennero trasformati in spiriti protettori degli uomini, • Età dell'Argento: prima età degli uomini sotto Zeus nella quale gli uomini vivevano per cent'anni presso le madri; stolti, anche una volta cresciuti non si astenevano dalle liti tra di loro e non veneravano gli dei. Per questo vennero fatti estinguere da Zeus e divennero demoni inferiori. • Età del Bronzo: in questa età vissero uomini possenti e violenti che non avevano nessun'altra preoccupazione se non scontrarsi e uccidersi a vicenda; si estinsero per la loro stessa scelleratezza nonostante fossero invincibili. • Età degli Eroi: in quest'età vissero appunti gli eroi, uomini-dei o semidei, stirpe giusta e migliore rispetto alla precedente. Gli eroi combatterono a Troia e a Tebe, e lì molti di loro perirono, altri furono portati da Zeus stesso nelle Isole dei Beati dove vissero in pace in terre fertili e ricche di greggi. Questa età è l'unica a non essere definita con il nome di un metallo. • Età del Ferro: è la stirpe che tuttora vive sulla terra caratterizzata dalla sofferenza, dall'ingiustizia e dal fatto di dover lavorare per sopravvivere. Esiodo non intravede nessuna possibilità di salvezza per l'uomo. Il terzo racconto viene spesso definito come la più antica favola a noi giunta dall'antichità, così "togliendo il primato" a Esopo. Uno sparviero dopo aver afferrato un usignolo risponde alla sua richiesta di libertà affermando che farà di lui ciò che vuole: il più forte domina sul più debole che oltre al danno subisce la beffa se vuole opporre resistenza a questa legge di natura.Dopo l'apologo, si rivolge ai giudici (da lui definiti "divoratori di ricchezze") esortandoli ad esprimere il verdetto secondo giustizia, la vergine Dike, ricordando la presenza divina nelle azioni umane, dalle quali dipende un premio o una pena da Zeus. Ammonisce il fratello a rinunciare ai suoi piani ricordando che è proprio dell'uomo rispettare le leggi, a differenza delle fiere. Lo esorta al lavoro, evidenziandone la necessità e la fruibilità per scongiurare la fame, guidandolo al Bene. La violenza e il furto portano ricchezze di cui si vien privati dagli dei. Inoltre gli raccomanda il culto verso gli dei, il rispetto del vicino e dei cari. Come per spiegargli l'onesto e fruttuoso lavoro, gli descrive l'aratura e la mietitura, come comportarsi nelle varie stagioni, e anche gli dà consigli sulla navigazione. In aggiunta lo consiglia sul matrimonio, badando ad avere un figlio maschio che possa mantenere il patrimonio paterno, sulle amicizie e sul comportamento (contro il pettegolezzo, contro gli atti vandalici, contro la negligenza verso la religione...), il tutto per evitare la diffamazione, difficile da scrollarsi di dosso. 4) Dopo questi tre episodi sostanzialmente narrativi, l'opera assume carattere descrittivo e didascalico, spesso personalizzando le entità astratte (cosa che si può comprendere dall'uso della lettera maiuscola). Segue infatti una parte nella quale si spiega la necessità del lavoro per vivere secondo giustizia per poi passare in rassegna le varie attività da svolgere nelle quattro diverse stagioni, norme del vivere quotidiano e singole date fauste e infauste. Si tende per lo più a ritenere che quest' ultima parte di calendario su date propizie o meno sia da ritenere non autentica (quest’ultima parte viene spesso chiamata “I giorni”). In maniera più precisa, consiglia ai proprietari terrieri di ispezionare il lavoro compiuto ogni fine mese; parla di mese crescente e mese calante (come diviso in due parti, la prima, fino al venti del mese, come la fase lunare, si dice crescente, l'altra calante), da qui consigliando di coltivare piante nel 13° giorno crescente, sconsigliando il 6°. Addirittura suggerisce in che giorni concepire figli dalle ottime qualità; tutti gli altri giorni sono incerti, ma conclude dicendo che la felicità è di chi lavora senza colpa verso le divinità, interpretando gli uccelli ed evitando le trasgressioni. La funzione de “Le Opere e i Giorni”. L'opera Esiodea, come intuibile dalla trama, si colloca in un filone propriamente didascalico e descrittivo. Rispecchia quindi la volontà di Esiodo di riordinare razionalmente il patrimonio di conoscenze umane in questo caso per lo più nell'ambito agricolo. Alla parte però di mera utilità pratica rappresentata dall'elenco e dai consigli sulle attività da svolgere nella singola stagione, si colloca la parte più propriamente riflessiva rappresentata essenzialmente dai due miti e dall' apologo dello sparviero. In questi tre racconti, Esiodo esprime la sua personale riflessione sulla natura dell'uomo: l'essere umano del presente è corrotto, debole rispetto agli esseri del passato. Una prima tematica è quella quindi dell'opposizione tra un passato glorioso e un presente decaduto. D'altra parte però agli uomini dell'età del Ferro è concessa pur sempre una possibilità per elevare la propria condizione e vivere secondo giustizia: il lavoro. Il lavoro è una pena data dagli dei, come visibile dal mito di Prometeo e dal mito delle Età, ma d'altra parte è anche l'unico modo che ha l'uomo di riscattarsi non senza sofferenza e fatica. Chi vuole vivere senza lavorare, come Perse, si imbatte nel castigo degli dei in quanto non vive nella giustizia. In Esiodo quindi, come avverrà poi nelle grandi tragedie di Eschilo, gli dei sono tutori dell'ordine umano e sorvegliano l'operato del mortali. Lo stile de “Le Opere e i Giorni”. Da un punto di vista stilistico, l'opera è composta in una lingua ancora perfettamente aderente al modello e al lessico omerico, anche se si può riscontrare una maggiore incidenza di elementi del dialetto eolico nelle particolari forme del beotico. A differenza di Omero, cantore di eroi, quindi del ceto monarchico e aristocratico del tempo, Esiodo illustra con realismo anche materialista un mondo umile, in cui egli è vissuto a stretto contatto (e del quale ha anche criticato il conservatorismo ottuso, da cui il suo "Us Boiotia", cioè "porca Beozia"). Da notare è anche il fatto che la narrazione risulti formata da blocchi giustapposti: prima parte con il racconto dei due miti e dell'apologo, seconda parte di precetti agricoli a seconda delle stagioni, parte finale con calendario di date fauste e infauste. Ultimo elemento da segnalare è la particolare cura che Esiodo presenta nella descrizione dei minimi dettagli del mondo agreste: è un mondo che egli conosce perfettamente e del quale non fa una rappresentazione idealizzata come avverrà poi in Teocrito o in Virgilio. L'autore sa che l'agricoltura è prima di tutto fatica e lavoro, alla quale può seguire un momento di gratificazione dato dal godimento dei frutti del proprio operato. 3) Le opere minori Essendo una grandissima personalità, Esiodo attirò a sé una discreta quantità di opere non sue (fenomeno analogo a quello che avvenne per Omero). Questa è la lista completa delle opere minori, tutte conservate in modo frammentario, della cui autenticità gli stessi antichi già dubitavano: • Il catalogo delle donne o Eoie, conservato in forma frammentaria, • Lo scudo di Eracle • I precetti di Chirone • L'Astronomia • L'Aigìmios • La Melampodia • La discesa nell'Ade di Pirìtoo • Le nozze di Ceìce (forse appartente al Catalogo) • Dattili Idei • Le Grandi Eoie • L'Ornithomànteia ANALISI DELLE OPERE Possiamo considerare l’opera di Esiodo innovativa sotto tre diversi aspetti: 1) poetico Esiodo configura in modo assolutamente inedito l'attività poetica. Mentre l'epica tradizionale era oggettiva e impersonale, senza un autore dichiarato, Esiodo porta l'epica verso un orizzonte a noi più consono: egli si dichiara e rende la poesia personale, le conferisce un'individualità storica. 2) idelogico: fino ad allora nessuno aveva provato ad ordinare la mitologia greca costruendo un complesso teologico e teogonico (Teogonia), affiancandolo con una riflessione etica (Le Opere e i Giorni). Se l'epica tradizionale aveva una funzione prettamente edonistica, in Esiodo la poesia acquista un timbro schiettamente didascalico e una funzione chiaramente pedagogica: Esiodo si fa maestro di sapienza, poeta vate; la poesia diviene magistero sapienziale, ponendo le basi di una radice ineliminabile della cultura occidentale. 3) sociologico: Le Opere e i Giorni suonano come una critica contro l'inerte oziosità dell'aristocrazia; inoltre, è la prima volta che i ceti inferiori sono protagonisti dalla poesia epica greca. LINGUA, STILE E METRICA Esiodo è un poeta epico, e quindi la sua lingua è quella dell'epos, condizionata già dall'uso dell'esametro. Esiste tuttavia qualche eccezione, spesso forme che rimandano ai dialettismi locali, più presenti nelle Opere. Ovviamente, data la posizione eolica della Beozia (dove le opere esiodee sono composte), sono più presenti gli eolismi in confronto all'epos omerico. Da parte di quei critici che vogliono Esiodo come un rappresentante di una tradizione poetica indipendente, sono stati considerati con maggiore attenzione quegli aspetti linguistici estranei totalmente ad Omero, come alcuni infiniti brevi e accusativi plurali brevi della prima declinazione. Lo stile formulare invece, è variegato. Molte difatti le formule prettamente omeriche o costruite su di esse. Omero inoltre non poteva essere presente come modello (a differenza di quello che avvenne nell'epica più tarda) bensì come rappresentante di un genere letterario ancora vivo e attivo, e la cultura a cui apparteneva Esiodo, quella Beotica, era diversa da quella che aveva prodotto l'epos. Lo stile epico tradizionale ha una tonalità uniforme, senza frastagliature. Invece lo stile di Esiodo è versicolore, pericolosamente oscillante fra una tonalità ieratica e una tonalità popolareggiante. Comunque nel suo complesso ha un andamento icastico, lapidario, tendenzialmente caustico, ellittico. La grandezza di Esiodo è testimoniata dal fatto che egli è parimenti abile nel delineare scene di genere, magari tracciate con una sorta di gusto oleografico ottocentesco, quanto nel condensare affreschi tipicamente epici. Esiodo sostanzialmente transcodifica il linguaggio omerico, manipola quindi il testo omerico in rapporto alle sue necessità contingenti, oppure, essendo un innovatore, segue la strada della neoformazione, inventa cioè un nuovo lessico e nuove immagini. Da alcuni, per questo suo spirito innovativo, è stato paragonato ad un Leopardi dell'epoca. Liberamente tratto, con adattamenti e modifiche da: G. PERROTTA, Disegno storico della letteratura greca, Principato D. DEL CORNO, Letteratura greca, Principato L.E. ROSSI e R. NICOLAI, Storia e testi della letteratura greca, Le Monnier Wikipedia