Il fatto - Asl Benevento

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Il fatto - Asl Benevento
Dipartimento
di
Prevenzione
ASL - Benevento
Bollettino Epidemiologico n.104
Servizio Epidemiologia e Prevenzione
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Pesce crudo:
il pericolo si chiama Anisakis
Mangiare pesce crudo comporta sicuramente un alto rischio di malattie alimentari
causate da batteri patogeni, oppure da parassiti. Il rischio maggiore per chi
consuma pesce crudo si chiama Anisakidosi.
L’anisakidosi è una parassitosi che può colpire l’uomo, causata da vermi tondi
(nematodi), appartenenti alla famiglia degli Anisakidae, composta da quattro generi:
Anisakis, Pseudoteranova, Contracaecum e Hysterothylacium. Di questi, i primi tre
generi sono responsabili di malattie nell'uomo.
Il genere Anisakis, il più diffuso, è presente Nel Mar Mediterraneo, negli oceani
Atlantico, Pacifico e Indiano
I vermi del genere Anisakis misurano da 1 a 3 cm, vanno dal colore bianco al rosato,
sono sottili e tendono a presentarsi arrotolati su se stessi.
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anisakis
I nematodi sono in grado di sopravvivere a trattamenti di affumicatura a freddo, a
trattamenti di marinatura con basso tenore di sale ed alle temperature di
refrigerazione.
Sono uccisi con temperature superiori a 60°C per 10 minuti e dal congelamento
(almeno 24 ore a – 20°C).
Nei pesci le larve, che misurano circa 4 mm, si localizzano sulle sierose di fegato,
ovaio, stomaco e intestino, dove tendono a incistarsi e assumere una caratteristica
forma a spirale.
I prodotti ittici dei mari italiani più frequentemente parassitati sono: sardine,
aringhe, acciughe, sgombri, gadidi, sparidi, lophidi, pesci S. Pietro, pesci sciabola
(quasi sempre infestati), totani, calamari.
Il rischio è legato al consumo dei prodotti
ittici crudi, marinati o affumicati a freddo,
sushi e sashimi, ultime tendenze provenienti
dall’Oriente, semiconserve domestiche a base
di pesce azzurro.
Gadidi: merluzzo, nasello;
Sparidi: orata, fragolino, sarago,
dentice, marmora;
Lophidi: rana pescatrice, pesce
rospo.
Il ciclo dell'Anisakis
Il parassita adulto vive nello stomaco di vari cetacei o mammiferi marini (balene,
delfini). Questi eliminano attraverso le feci le uova da cui si sviluppano le larve,
dette di secondo stadio, che infestano piccoli crostacei marini, divenendo larve di
terzo stadio.
Quando questi crostacei vengono ingeriti dall’ospite definitivo, la larva diventa di
quarto
stadio
e
il
ciclo
ricomincia.
Pesci e cefalopodi che si cibano di questi crostacei possono fungere da ospiti
intermedi, dove la larva rimane di terzo stadio e tende a migrare nella cavità
celomatica. Se il pesce parassitato viene ingerito dall’ospite definitivo, il ciclo si
chiude. (Vedi immagini)
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In che modo l’uomo può contrarre l’Anisakidosi
L’uomo può comportarsi da ospite accidentale (nel quale il parassita non evolve a
successivi stadi di sviluppo) contraendo l'infezione quando ingerisce pesci che
contengono al loro interno la larva di Anisakis.
In rapporto alle abitudini alimentari, l’aniakidosi presenta una particolare incidenza
in Giappone e nei Paesi del mare del nord, anche se, negli ultimi anni, sono
incrementate le segnalazioni anche in altre aree geografiche, tra cui l’Italia.
I primi casi decritti di patologia da Anisakis sono avvenuti a seguito di consumo di
aringhe in nord Europa e per tale motivo l'anisakidosi è detta anche “Malattia del
verme dell'Aringa”.
Risultano particolarmente a rischio i pesci ed i cefalopodi appartenenti a numerose
specie contenuti nelle seguenti preparazioni:
–
sushi,
–
sashimi,
–
prodotti ittici marinati, affumicati e salati.
I principali sintomi dell'Anisakidosi
Nella migliore delle ipotesi, una volta ingerita, la larva muore o non dà sintomi.
In seguito all’assunzione di pesce infetto crudo, non completamente cotto o in
salamoia, soprattutto quando vengono ingerite più larve, queste possono impiantarsi
sulla parete dell’apparato gastrointestinale, dallo stomaco fino al colon.
Per difendersi dai succhi gastrici, le larve attaccano le mucose con grande capacità
perforante,
determinando
una
parassitosi
acuta
o
cronica.
La parassitosi acuta da Anisakis insorge già dopo poche ore dall’ingestione di pesce
crudo e si manifesta con intenso dolore addominale, nausea, vomito ed
occasionalmente febbre.
Le forme croniche sono diverse, possono mimare svariate malattie infiammatorie e
ulcerose del tratto intestinale oppure coinvolgere altri organi come fegato, milza,
pancreas, vasi ematici e miocardio.
Generalmente l’età dei soggetti che manifestano questa sintomatologia è di 40-50
anni.
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Allergia da Anisakis
L’ Anisakis è stato riconosciuto anche come possibile causa di allergia.
I soggetti sensibili possono avere reazioni allergiche non solo ingerendo il pesce
infetto ma anche manipolandolo o respirando allergeni diffusi nell’aria.
Si tratta di un rischio prevalentemente legato alla lavorazione del pesce (malattia
professionale che riguarda i lavoratori nel settore della trasformazione dei prodotti
ittici).
La presenza del parassita vivo o morto nell'organismo può causare fenomeni allergici
quali:
- orticaria,
- angioedema,
- rinite,
- congiuntivite,
- difficoltà respiratorie,
- morte per shock anafilattico.
L’allergia all’Anisakis compare immediatamente dopo esserne venuti a contatto, o
entro 6 ore dall'ingestione del pesce contaminato a causa della sensibilizzazione alle
proteine antigeniche termoresistenti del parassita.
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Nelle uova libere in acqua (1) si sviluppa l’embrione, da cui si formano le larve di primo stadio che dopo una prima
muta, diventano di secondo stadio (2a), quindi, uscite dall’uovo, diventano larve libere in grado di nuotare (2b). Se
ingerite da crostacei (3), sviluppano a larve di terzo stadio, capaci di infettare pesci e cefalopodi (4) dove migrano
dall’intestino agli altri organi in cavità peritoneale e crescono fino a 3 centimetri di lunghezza. Alla morte dell’ospite
infestato, le larve migrano verso i tessuti muscolari e, attraverso la predazione, le larve vengono trasferite da un
pesce all’altro. Nei pesci e nei
cefalopodi le larve rimangono di terzo stadio, forma infestante anche per l’uomo ed i mammiferi marini (5). Quando i
pesci o i cefalopodi vengono ingeriti da mammiferi marini, le larve di terzo stadio mutano per due volte e diventano
forme adulte. Le femmine adulte producono uova che vengono disperse dai mammiferi marini (6). L’uomo si infesta
mangiando pesci o cefalopodi crudi o poco cotti (7). Dopo l’ingestione, le larve di anisakidae (Anisakis simplex o
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Pseudoterranova decipiens), penetrano nella mucosa gastrica o dell’intestino causando i sintomi dell’anisakidosi.
(Fonte CDC – Atlanta)
La diagnosi di Anisakidosi
La diagnosi di sospetto di Anisakidosi si basa sull’osservazione dei sintomi e sul
riscontro dell’ingestione di prodotti ittici a rischio.
La diagnosi di certezza è molto difficoltosa e può essere emessa solo previa
identificazione del parassita nei tessuti prelevati durante biopsie o endoscopie.
Non esistono, infatti, test sierologici affidabili.
Per quanto concerne invece le forme allergiche si possono utilizzare alcune prove di
laboratorio e lo skin test che consente di vedere la reazione del paziente dopo
contatto con gli antigeni del parassita.
La terapia
La cura dell’anisakidosi richiede molto spesso l’intervento chirurgico, per asportare
la parte dello stomaco o dell’intestino invasa dai parassiti. Una volta contratta la
malattia, infatti, la rimozione endoscopica della larva sembra essere la terapia di
scelta, considerando che i comuni antielmintici non sono stati ritenuti fino ad ora
efficaci.
Modalità di prevenzione
Questi nematodi migrano dalle viscere del pesce alle sue carni se, dopo la cattura
non viene prontamente eviscerato. Pertanto è importante osservare attentamente i
prodotti della pesca ed eviscerarli il prima possibile dopo la cattura per evitare la
migrazione
delle
larve
nella
carne.
Risulta altresì fondamentale l’impiego di adeguati processi di preparazione del cibo.
E’ noto infatti che le forme gastroenteriche della malattia sono riconducibili
all’assunzione di prodotti ittici contenenti larve vive. Per questa ragione durante la
lavorazione dell’alimento si dovrebbero utilizzare tutti gli accorgimenti necessari ad
assicurare la morte delle stesse.
L'affumicatura e la marinatura non sono in grado di uccidere con sicurezza le larve
di anisakis.
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I trattamenti tecnologici che possono eliminare o ridurre il rischio di
Anisakidosi
Le larve dei parassiti appartenenti alla famiglia Anisakidae sono devitalizzate se il
prodotto ittico viene congelato (-20°C per 24 ore) o cotto (almeno 60°C a cuore per
10
minuti).
Una circolare del Ministero di Sanità del 1992, ancora in vigore, obbliga chi
somministra pesce crudo o in salamoia ad utilizzare pesce congelato (il limone e
l’aceto non hanno alcun effetto sul parassita) o a sottoporre a congelamento
preventivo
il
pesce
fresco
da
somministrare
crudo.
La salagione secca, se il sale è in grado di raggiungere tutte le parti del muscolo ed
è
impiegato
alle
giuste
concentrazioni,
devitalizza
il
parassita.
L’affumicatura e la marinatura non sono in grado di uccidere con sicurezza le larve
di
anisakidi.
La marinatura riesce ad uccidere le larve dopo circa 4 settimane nei casi in cui si
proceda utilizzando il
6% di sale ed il 4% di acido acetico.
Nel caso dell’ affumicatura, invece, l’87% delle larve di Anisakis presenti nel cibo
resistono se la temperatura impiegata è di 28°C, mentre la devitalizzazione è
completa se il procedimento prevede l’uso di una temperatura di 53 – 60°C.
I comportamenti che si possono adottare per ridurre o evitare il rischio di
Anisakidosi
➢
Evitare il consumo di prodotti ittici crudi;
➢
Acquistare già eviscerati, i pesci più a rischio di infestazione o in alternativa
il pescato deve venire eviscerato al più presto dal momento della cattura
(con distruzione dei visceri) per allontanare i parassiti presenti, prima del
loro passaggio nella muscolatura;
➢
Cuocere in modo completo e corretto i prodotti ittici;
➢
Se si desidera preparare piatti a base di pesce crudo o poco cotto
effettuare un congelamento preventivo.
7
I pericoli maggiori provengono dai ristoranti e dal consumo casalingo. Poiché i casi
sono in aumento e la causa è spesso da imputare ad alici marinate, evidentemente
non viene effettuato il congelamento preventivo.
Temperature per la
distruzione dell'Anisakis nel
pesce:
➢
96 ore a -15°C
➢
60 ore a -20°C
➢
12 ore a -30°C
➢
9 ore a -40°C
➢
60°C
1)
2)
3)
4)
Il testo è stato tratto dalll'O.R.S.A.
(Osservatorio Regionale Sicurezza
Alimentare)
5)
Raccomandazioni
evitare il consumo di pesce
crudo,
evitare il consumo di alici
marinate, se non
preventivamente congelate
(chiedere al gestore del
ristorante);
nel consumo casalingo di
pesce crudo, acquistarlo
fresco e congelarlo per
almeno 4-5 giorni nel
congelatore a -18 gradi.
Il pesce prontamente
eviscerato (come il salmone
di allevamento) è più sicuro
di quello venduto con le
viscere;
prestare particolare
attenzione alle specie a
rischio, come lo sgombro, le
sardine, il tonno e il pesce
azzurro in genere.
Per informazioni o denunce rivolgersi al Servizio Veterinario Igiene degli Alimenti di Origine Animale
dell'ASl: tel 0824 308 257
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Prevenzione
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Luglio 2010
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