VITA DI ADELE pdf - Lo Spettacolo del Veneto

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VITA DI ADELE pdf - Lo Spettacolo del Veneto
Federazione
[email protected]
Italiana
Cinema
d’Essai
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wwww.spettacoloveneto.it
Associazione
Generale
Italiana
dello Spettacolo
Palma d'oro e Premio
Fipresci al Festival di
Cannes, 2013
INTERPRETI:
Léa Seydoux, Adèle
Exarchopoulos, Salim
Kechiouche, Mona
Walravens, Jeremie
Laheurte
SCENEGGIATURA:
Abdellatif Kechiche,
Ghalya Lacroix
FOTOGRAFIA:
Sofian El Fani
MONTAGGIO:
Albertine Lastera,
Camille Toubkis,
Jean-Marie Lengellé,
Ghalya Lacroix
DISTRIBUZIONE:
Lucky Red
NAZIONALITA’:
Francia, 2013
DURATA: 179 min.
di Abdellatif Kechiche
PRESENTAZIONE E CRITICA
Adèle ha quindici anni e un appetito insaziabile di cibo e di vita. Leggendo
della Marianna di Marivaux si invaghisce di Thomas, a cui si concede
senza mai accendersi davvero. A innamorarla è invece una ragazza dai
capelli blu incontrata per caso e ritrovata in un locale gay, dove si è recata
con l'amico di sempre. Un cocktail e una panchina condivisa avviano una
storia d'amore appassionata e travolgente che matura Adèle,
conducendola fuori dall'adolescenza e verso l'insegnamento. Perché
Adèle, che alle ostriche preferisce gli spaghetti, vuole formare gli adulti di
domani, restituendo ai suoi bambini tutto il bello imparato dietro ai banchi e
nella vita. Nella vita con Emma, che studia alle Belle Arti e la dipinge nuda
dopo averla amata per ore. Traghettata da quel sentimento impetuoso,
Adèle diventa donna imparando molto presto che la vita non è sempre un
(bel) romanzo. Ancora una volta Abdellatif Kechiche guarda a Pierre de
Marivaux, maître dei sentimenti nella società francese del diciottesimo
secolo, spiando il cuore della 'petites gens' dove si nasconde l'amore.
L'amore che il suo cinema come la letteratura dello scrittore fa uscire allo
scoperto, segnato da un movimento della parola e da una naturalezza di espressione che incanta. Sul
romanzo La Vie de Marianne apre LA VIE D'ADÈLE, storia d'amore e di formazione di un'adolescente che
concede alla macchina da presa ogni dettaglio e ogni sfumatura di sé. Eludendo il compiacimento
dell'esibizione, il regista tunisino racconta una stagione d'amore dolorosa e irripetibile, senza psicologismi
e con una carnalità priva di morbosità. Al centro del film due giovani donne che leggono la realtà con gli
occhi del desiderio, il loro, che esplode sullo schermo accordando i capitoli della loro esistenza. L'abilità
dell'autore a dirigere gli attori, già osservata nei lavori precedenti (La schivata, Cous cous, Venere Nera),
produce periodi di pura bellezza come in occasione della lunghissima scena dell'amplesso, delle cene di
presentazione e delle letture scolastiche. Con un movimento dall'esterno verso l'interno, Kechiche realizza
un film che quanto più si distende nel tempo (quello diegetico e quello effettuale), tanto più si stringe nello
spazio di una camera, di un'aula, di una cucina, placandosi nel ritmo e dentro un'appassionata ricerca di
interiorità. La galleria di reincarnazioni dell'eterno femminino dopo la danzatrice del ventre di Cous cous e
la 'schiava assoluta' di Venere Nera si arricchisce di un'altra figura, questa volta divorata dall'eros,
spregiudicata, libera e bellissima. Adèle Exarchopoulos è l'Adèle del titolo, colta nell'incandescenza di un
sentimento fervidissimo e totalizzante per Emma e congedata con una raggiunta consapevolezza. Dentro
un abito blu, 'preso in prestito' dalla bande dessinée di Julie Maroh (Le Bleu est une couleur chaude), la
protagonista comprenderà di poter sopravvivere agli amori che non possiamo trattenere, preferendo le
lacrime (tante lacrime) e lo struggente languore all'innaturale rimozione. E la bellezza di LA VITA DI
ADÈLE nasce proprio nei momenti di frattura, chiavi per aprire il futuro alla protagonista rimasta sola col
suo sentimento infelice. Come nei romanzi, tutti francesi, che divora da studentessa e poi da insegnante,
Adèle si cerca nel fondo del proprio amore, sopportando una solitudine che ha imparato a curare. Alla
maniera di Antoine Doinel, la protagonista di Kechiche è iniziata alla vita adulta nel tempo di due capitoli,
che la formano e la rimandano a una nuova avventura esistenziale, dopo averne determinato il sé sociale
ed emotivo con tenace aspirazione. 'Ricomposto' il corpo freak di Saartjie Baartman, su cui si fissava il
potenziale oppressivo dello sguardo, il regista 'assedia' quello vitalistico di Adèle, a cui corrisponde quello
impressionista e languido di Léa Seydoux, magnifica ossessione che la introduce alle 'belle arti', all'arte
amatoria e alla celebrazione dell'energia del corpo.
(www.mymovies.it)
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di Abdellatif Kechiche
LA VITA DI ADÈLE è tratto molto liberamente dalla graphic novel di Le bleu est une couleur chaude di
Julie Maroh, la cui storyline si fonde, nel progetto di Kechiche, con un altro soggetto concepito dal regista
franco-tunisino, dedicato al percorso di una donna che desidera insegnare; e il tema della storia d'amore si
appaia alla perfezione con l'altro, perché Adèle è stata ispirata dai suoi migliori docenti, ma la sua
insegnante più importante è Emma. Il loro rapporto così completo e stimolante, negli aspetti intellettuali
come in quelli fisici, è il cuore del racconto ampio e vibrante di Kechiche, che s'incolla alla sua eroina
senza lasciarla un secondo, tanto che non abbiamo alcun bisogno di leggere le pagine del suo diario
segreto: di rado abbiamo visto un personaggio sviscerato tanto profondamente, indagato senza tregua,
con esiti tanto avvincenti. Kechiche chiede molto alle sue interpreti, a Léa Seydoux che modula la sua
incontenibile femminilità sulle frequenze insolite del suo personaggio, una donna ancora molto giovane ma
con una matura coscienza di sé, del mondo e della sua sessualità, ma soprattutto ad Adèle
Exarchopoulos, diciannove anni, che dimentica l'estraneo che la spia, dimentica di stare recitando;
scompare nella sua omonima, assorbe, va in estasi, soffre, singhiozza, cambia e cresce di fronte a noi ben
oltre i suoi anni. Il risultato è la vita, o meglio, i primi due capitoli della vita, raccontati in tre ore. Da un
autentico maestro.
(www.movieplayer.it)
Adèle ed Emma s’incontrano ed è colpo di fulmine. Si amano, condividono in pienezza un segmento di
vita, si lasciano. La parabola dell’esistenza simboleggiata dal suo aspetto più forte e incontrollabile:
l’amore. Lineare perché universale, l’opera vincitrice della Palma d’oro all’ultimo festival di Cannes è
destinata a lasciare il segno da ogni punto di vista la si osservi. È stato lungimirante il presidente della
giuria, Steven Spielberg, a decretarlo non solo vincitore assoluto su tutti i concorrenti (all’unanimità) ma
“film per la storia del cinema, di universalità rara e straordinaria”. Mettendoci il meglio del proprio talento, è
quasi riduttivo considerare LA VITA DI ADÈLE il capolavoro (ad oggi) di Abdellatif Kechiche. Immenso,
commovente, provocatorio, si pone quasi alter ego opposto/uguale di quell’Amour di Michael Haneke che,
sulla medesima Croisette, trionfò nel 2012. Due storie d’amore totalizzanti di cui il cinema mondiale ha con
evidenza bisogno. Entrambi, paradossalmente, a modo loro toccano tabù socio-culturali: da una parte
l’eutanasia “indotta” messa in arte dal grande regista austriaco, dall’altra la passione omosessuale resa
“normale” (com’è giusto che sia) dal personale tocco del cineasta franco-tunisino. La denuncia socioculturale resta comunque ai margini del discorso messo in campo da Kechiche: se il suo film vuole
scuotere non è certo per il “fattore lesbico” bensì proprio per il suo contrario, ovvero mostrare come
l’amore non abbia né segno né genere. Se il discorso ricorda quel che fece Ang Lee con Brokeback
mountain (non a caso Leone d’oro a Venezia), la modalità rappresentativa e tematica lavora su ben altro.
Ciò che Kechiche costruisce attorno ad Adèle ed Emma è un grande romanzo di formazione, un’epica
sentimentale degna della migliore letteratura ottocentesca con la sorpresa che la fonte d’ispirazione per il
film è (solo) un graphic novel, Le bleu est une couleur chaude di Julie Maroh. La 15enne Adèle compie il
suo cammino di emancipazione attraverso l’innamoramento di Emma, artista dai capelli blu, già
consapevole di sé e del proprio ruolo nel mondo. L’attrazione sessuale tra loro sfugge a ogni controllo e
non c’è censura che tenga, vederle nude a fare l’amore è solo poesia per gli occhi di chiunque. Ma nulla è
eterno, e nel momento del distacco lo spettatore è posto davanti a un dramma “veritè” di rara capacità
empatica. Kechiche fa vivere e risiedere le sue amanti (trovate e perdute) nel cuore dello spettatore,
mostrando un talento strepitoso. Sue complici assolute sono le attrici, che il cineasta ha saputo plasmare
attraverso un’operazione osmotica a livello cognitivo ed emozionale. La già affermata Léa Seydoux
(Emma) e la giovane promessa Adèle Exarchopoulos si sono pertanto guadagnate con merito la Palma
d’oro “insieme” a Kechiche per esplicità volontà della giuria: qualcosa che in questo caso ci riporta ad
Amour e alla sua formidabile coppia di protagonisti. Quando cinema e vita si confondono, ogni eccezione
diventa dettaglio.
(Anna Maria Pasetti in Vivilcinema n.5/2013)
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