Maggio 2013

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Maggio 2013
Numero 2 - Maggio 2013
Scambi culturali
Dai Traboules alla Nevsky Prospekt
Le idee che cambiano il mondo...
Intervista al presidente dell’Eurotech dott.
Roberto Siagri
Cervello, scoperto l'angolo delle
emozioni
"Così si custodiscono i ricordi dolorosi"
INDICE
1
2
3
4
5
Work in Progress...
Scambi culturali
Dai Traboules
Prospekt
alla
Nevsky
Scambi culturali
Il sistema scolastico francese
Scambi culturali
Incontro di due culture
Le idee che cambiano
il mondo...
Intervista al presidente
dell’Eurotech dott. Roberto Siagri
9
10
12
14
Il razzismo: cos'è e
da dove nasce
Dov’era l’uomo di
fronte all’orrore?
Diritti umani e lo
Sfruttamento dei bambini
I diritti umani tra
storia e attualità
15
16
18
19
Lettera della terra
dei sogni...
Sogna, ragazzo
sogna…
La Terra…quale
rispetto?
La storia di Devis
Pecoranera.
Un ragazzo che ha scelto di vivere
nella natura
20
21
I miracoli dell’amore
Cervello, scoperto
l'angolo delle emozioni
"Così si custodiscono i ricordi
dolorosi"
22
24
Donne della nostra terra
Il racconto di Anndreas
SCUOLA
Paolo Bulfoni
Work in Progress...
Questo è il secondo anno che mi occupo della Funzione Strumentale legata alle attività degli studenti
e sento il "dovere" di esternare alcune considerazioni sull'esperienza vissuta in questo biennio.
L’anno scorso ci siamo limitati al "minimo sindacale"! Sicuramente ha influito molto il fatto che, essendo io
nuovo dell'Istituto, non conoscevo l'ambiente e tantomeno i colleghi e gli studenti. Per quanto riguarda gli
studenti va anche detto che i Rappresentanti eletti "si sono visti poco" e non sempre abbiamo potuto
confrontarci alla ricerca di idee e proposte. Come spesso accade, a volte, le situazioni sono determinati da
fattori variabili che spesso ne condizionano i risultati e questo è stato, a mio avviso, il nostro caso.
Questi fattori sono cambiati, anche grazie alla buona volontà, per quanto riguarda l'anno scolastico in
corso; per quanto mi riguarda una maggior dimestichezza con l'ambiente scolastico, unita ad una
conoscenza più approfondita dei colleghi e delle loro competenze, ha permesso di lavorare in maniera più
serena e proficua. Decisamente diversa si è presentata anche la situazione per quanto riguarda i
Rappresentanti di Istituto.
Innanzitutto, in occasione delle elezioni degli Organi Collegiali, sono state presentate quattro liste tra le
quali gli studenti hanno potuto scegliere democraticamente i Rappresentanti di Istituto e le Rappresentanti
nella Consulta degli Studenti. La presenza di più liste è stato il primo segno, a mio avviso, della volontà
degli studenti di impegnarsi e di lavorare in maniera seria e impegnata. Tale volontà si è poi tramutata, nel
corso dell'anno scolastico, nella realizzazione di iniziative rivolte agli studenti e nell'organizzazione delle
Assemblee di Istituto che hanno evidenziato, accanto ad una valenza sociale ed educativa, anche una
capacità organizzativa che è migliorata nel corso dell'anno scolastico. Accanto ai Rappresentanti di Istituto
hanno lavorato, a volte unendo il loro impegno, anche le Rappresentanti nella Consulta degli Studenti che,
oltre a fare da tramite tra la scuola e la Consulta, hanno proposto e realizzato diverse attività all'interno
dell'Istituto tra le quali vorrei ricordare il concorso “Geografia e Legalità” che ha permesso la
partecipazione al viaggio sulle "Navi della Legalità" a Palermo.
Sempre all'interno della mia Funzione meritano un pensiero anche tutti gli studenti che hanno lavorato
nella Redazione del Giornalino di Istituto. Siamo ripartiti da capo anche in questo caso ma in breve tempo
si sono dati da fare elaborando un prodotto, per quanto migliorabile, di buona qualità.
Sicuramente io ho contribuito "rompendo le scatole"...ho chiesto loro di lavorare seriamente, di non
spaventarsi di fronte alle difficoltà e alle critiche, di osare e non avere paura delle sfide!
Sono convinto che i ragazzi, e anche i nostri studenti, non sono perfetti e a volte magari sono pigri e
indolenti. Ma sono altrettanto convinto che a volte noi adulti non osiamo proporre loro traguardi
impegnativi e scelte coraggiose rischiando così di non motivarli ad uscire dal torpore e dall'indifferenza. Ci
sono un sacco di giovani che aspettano solo di trovare qualcuno che creda in loro, che indichi loro una via,
una possibilità, e che li spinga a dare il meglio di loro! Vorrei concludere queste righe con due pensieri che
tutti, giovani e adulti, dovremmo fare nostri:
"Un educatore é un istruttore di volo
i nostri ragazzi
Intrepidi piloti di meravigliose macchine volanti"
"Non c'è torto peggiore che un adulto possa fare a un giovane
che proporgli una meta
più bassa di quella alla quale potrebbe ambire"
1
SCUOLA
Chiara Tomasicchio
Scambi culturali
DAI TRABOULES ALLA NEVSKY PROSPEKT
Salve Ragazzi, alla fine dell’anno
scolastico, come docente incaricata
dell’organizzazione degli scambi
culturali, vorrei fare un bilancio
sull’attività svolta.
Due gruppi di studenti dell’Istituto
hanno soggiornato nel periodo aprile
– maggio a Vienne, in Francia e a San
Pietroburgo, in Russia.
Mi viene in mente uno spot
paesaggistico per ricordare due
momenti vissuti in paesi molto
diversi: i traboules e il corso Nevsky.
Quale fatica per il gruppo che
s’inerpicava per quegli stretti
passaggi che servivano a collegare gli
edifici di Lione nel Medio Evo, quando nella città era molto fiorente l’attività tessile e notevole era la
densità abitativa nella zona vicino alla confluenza del Rodano e dell’Isère e quale leggerezza, invece, per i
ragazzi che, spinti dal gelido vento artico, ma avvolti da una luminosità incredibile, camminavano sulla
prospettiva Nevsky, godendo la vista dei sontuosi palazzi degli Zar!
Le parole di Giorgia sull’“Incontro delle due culture” mi danno lo spunto per fare una considerazione:
all’inizio di tutte le esperienze di scambio nasce l’incertezza dovuta alla non conoscenza quindi, grazie alla
vostra curiosità, alle vostre capacità di adattamento a situazioni diverse da quelle abituali, alla
schiettezza con cui affrontate i rapporti, riuscite trovare punti di intesa con i partner. Questi confronti,
queste nuove amicizie, sono senza dubbio esperienze importanti che vi aiutano a crescere e che
ricorderete negli anni futuri.
La professoressa Olga di San Pietroburgo conosce a fondo, come molte sue colleghe, la cultura italiana,
tanto da aver fondato presso la scuola 318 Dante Alighieri il club degli “Innamorati dell’Italia” e accoglie
sempre con molto entusiasmo tutte le iniziative che possono avvicinare i due paesi; il suo consiglio è
quello di continuare a studiare la lingua Russa nel nostro Istituto per migliorare la reciproca intesa.
Come racconta Martina nel suo articolo, abbiamo anche avuto l’opportunità di visitare a Vienne
l’Istitution Robin, istituto privato, al top in Francia per quanto riguarda la qualità dell’istruzione. Il
Dirigente Lacome è stato ospite del Deganutti a Udine e ha voluto, alla presenza del Sindaco Honsell,
firmare una convenzione che impegna le due scuole a uno scambio culturale biennale e prevede la
possibilità di effettuare stage di lavoro all’estero nell’ambito del progetto di alternanza scuola-lavoro.
Mi ha dato soddisfazione la collaborazione che tutti voi, assieme alle vostre famiglie, avete dimostrato,
grazie ancora, arrivederci alla prossima!
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SCUOLA
Bucovaz Martina
Scambi culturali
Il sistema scolastico francese
Il sistema scolastico francese presenta alcune
differenze rispetto al sistema scolastico italiano:
ad esempio, l'orario delle lezioni comprende la
fascia oraria dalle ore 8,00 alle ore 15,30 (17 nel
caso in cui gli studenti seguano corsi aggiuntivi).
L'Istituto Robin, gemellato con l'ITC Deganutti,
con cui abbiamo effettuato lo scambio culturale è
composto da tre diversi edifici a loro volta
dedicati a tre diversi indirizzi di studio: uno
comprende quella che in Italia corrisponde alla
scuola secondaria di 1° grado, un altro i vari licei
ed istituti professionali e l'altro l'università.
Vi è la presenza di molteplici laboratori, tra cui
quello di infermeria (il laboratorio simula un vero e proprio ospedale con tanto di manichini) in cui agli
alunni viene insegnato come comportarsi nel caso in cui vi si presenti un malato che ha bisogno di essere
accudito e come deve essere preso per essere spostato con particolari attenzioni.
In un altro laboratorio invece viene simulato un asilo nido (questo per il corso di baby-sitter); in un altro
ancora vi sono gli utensili per pulire la casa e per la sua amministrazione (questo per il corso, detto in
modo 'volgare', per casalinghe). Agli studenti viene insegnato anche a cucinare.
Durante la lezione di francese a cui abbiamo assistito abbiamo constatato anche un diverso metodo di
valutazione.
Agli alunni era stato assegnato il compito di scrivere una lettera al Ministro dell'Educazione francese
elencando quello che funziona nel loro sistema scolastico e quello che, a loro aviso andrebbe cambiato.
Gli alunni proponevano di seguire le lezioni più pesanti al mattino e, al pomeriggio, di dedicarsi a materie
più “leggere” quali ad esempio educazione fisica.
Dopo aver scritto la lettera (ovviamente assegnata come compito per casa) sono stati interrogati dalla
professoressa che della loro esposizione, valutava sia lo scritto che l'orale.
Riguardo allo scritto, i voti venivano assegnati in base al tema esposto (il quale doveva essere chiaro e
comprensibile), al lessico curato e alla presentazione della lettera in sé, mentre per quanto riguarda
l'esposizione orale, nella valutazione la professoressa usava come criteri l'articolazione delle parole,
l'intensità della voce, lo sguardo (che deve essere sempre rivolto al pubblico), la velocità con la quale la
propria lettera veniva letta e presentata e anche la loro postura.
Venivano assegnati dieci punti totali per lo scritto e dieci punti totali per l'orale (in Francia infatti i voti
raggiungono un massimo di 20 anziché di 10).
Abbiamo riscontrato differenze sopratutto nel metodo di insegnamento adottato dai professori che è più
severo ed impostato; le loro valutazioni e le esposizioni orali sono finalizzate più ad un futuro lavoro che
ad una scuola fine a se stessa.
Gli studenti che frequentano il corso alberghiero sono tenuti per esempio a vestirsi in modo elegante
durante alcuni giorni settimanali, sono tenuti ad avere un abbigliamento adeguato e se questo manca, a
causa di una dimenticanza o di una leggerezza, l'alunno viene fatto uscire dall'aula e mandato a casa. In
poche parole, viene richiesta un'educazione ed un sistema più rigido che non ammette compromessi, il
tutto per preparare gli alunni ad un lavoro futuro in cui non possono permettersi di comportarsi in modo
non corretto o di non presentarsi con l'abbigliamento richiesto, nemmeno per sbadataggine o
dimenticanza.
3
SCUOLA
Giorgia De Biaggio
Scambi culturali
Incontro di due culture
Al giorno d’oggi noi ragazzi, a volte,
facciamo difficoltà ad accettare e ad inserire
nel gruppo di amici altri ragazzi come noi ma di
nazionalità diversa, non capendo quanto
l'incontro di due culture possa arricchirci.
Questo è quello che ho capito partecipando al
progetto di scambio culturale organizzato dalla
mia scuola con un’altra di San Pietroburgo.
L’esperienza ha avuto inizio con l’arrivo in Italia
degli studenti russi. Questi erano ospiti a casa
nostra, e hanno avuto così la possibilità di
condividere le nostre abitudini, di conoscere il
nostro paese e di partecipare ad una giornata
di lezioni presso la nostra scuola.
In seguito noi studenti italiani siamo partiti per San Pietroburgo, una città molto più grande di Udine.
Abbiamo visitato diversi musei, tra i quali l’Hermitage ed il museo Russo, numerosi parchi e dimore
antiche, e abbiamo anche percorso, come da tradizione, la prospettiva Nevsky, la via più importante della
città.
Anche noi eravamo ospiti a casa dei ragazzi russi ma per fortuna loro parlavano italiano e questo ci ha
permesso di comunicare con meno difficoltà.
Questa è stata un’esperienza che mi ha cambiata! Il rapporto con gli altri compagni italiani si è rafforzato
molto, ho intrapreso nuove, e spero durature, amicizie con ragazzi di cui non sapevo nemmeno il nome
prima di questa avventura.
Invece con i partner russi continuiamo a mantenere contatti anche al di là del termine del progetto.
Tutto questo lo possiamo racchiudere in un’unica parola: AMICIZIA.
Se mi sarà possibile vorrei ritornare in quella fantastica città per riabbracciare ancora una volta tutti!
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SCUOLA
Piera Ridolfo, Mihai Gabara, Davide De Stefano
Le idee che cambiano il mondo...
Intervista al presidente dell’Eurotech dott. Roberto Siagri
Il giorno 22 marzo le classi 3C sia e 5b mercurio si sono
recate nella sede di Confindustria di Udine per partecipare alla
presentazione del Workshop: “Le idee che cambiano il mondo –
Per una migliore comprensione delle ‘invasioni’ tecnologiche”.
In pochi decenni la nascita del computer, di altre macchine
tecnologiche e delle nanotecnologie ha cambiato radicalmente le
nostre vite e ha portato innumerevoli vantaggi, ma indubbiamente
ha fatto sorgere in noi dubbi e paure sulla natura di queste
innovazioni. Lo scopo di questa conferenza era appunto cercare di
chiarire l’importanza della tecnica, la sua influenza e la sua
legittimità.
In seguito a questo evento noi ragazzi della 3C sia, insieme al prof. Duni e alla prof.ssa Tonello, abbiamo
intervistato uno dei relatori presenti quel giorno, il presidente dell’Eurotech Spa, azienda multinazionale
con sede ad Amaro attiva nel settore delle nuove tecnologie, dott. Roberto Siagri. Visto che si parlava di
nuove tecnologie, l’intervista è stata fatta in videoconferenza via Skype all'interno del laboratorio
Multilab. Dopo un intero pomeriggio di prove tecniche, gli studenti hanno interagito con il dott. Siagri
attraverso la LIM mentre le domande, frutto di una settimana di lavoro dell'intera classe, venivano poste
da tre ragazzi che operavano attraverso un portatile dotato di webcam e microfono.
A cosa è dovuta la Sua scelta di specializzarsi in campo informatico e quale percorso ha dovuto
compiere per raggiungere la sua posizione attuale?
In realtà io non mi sono specializzato in campo informatico. Nel mio percorso di studi non ho
sostenuto esami né di elettronica né di computer né di informatica perché io ho studiato fisica. Per
fare i conti si utilizzavano grossi calcolatori che io ho così imparato a usare. Devo dire che all’inizio
scrivevo programmi e non avevo nessun idea di come funzionasse “dentro” la macchina, non mi era
chiara qual fosse la differenza tra programma, sistema operativo e hardware, ma poi la cosa mi
interessò, mi prese così tanto che mi venne in mente di costruire qualcosa del genere. Nel 1986 a un
mio collega che faceva fisica con me, Stefano, lanciai l’idea di costituire un’impresa. Lui mi disse: ”Non
sappiamo come si fa una fattura, non sappiamo come si prende un ordine, non sappiamo come è fatta
un’azienda, perché non andiamo a farci assumere così impariamo?”. In realtà, quando ti fai assumere
poi fai carriera, cresci, prendi anche dei bei soldi come dirigente, ti dimentichi completamente del
fatto che vuoi fare impresa. Poi è arrivata nel 1992 la crisi: io mi dimisi da dirigente, rinunciai a un
ottimo stipendio e decisi che era ora di cominciare a realizzare l’idea di far nascere un’impresa. Se
qualcuno mi avesse chiesto alla vostra età cosa volevo fare io avrei risposto che sognavo di fare il
medico in Africa. Quando avevo nove anni volevo fare l’astronauta per cui in me non c’era una reale
predisposizione. Si è trattato di un’ evoluzione, un adeguarsi un po’ al mondo che cambiava.
5
SCUOLA
Piera Ridolfo, Mihai Gabara, Davide De Stefano
Quale figura di esperto informatico è più richiesta nel mercato del lavoro?
Io credo che l’informatica sia come la lingua, bisogna saperla padroneggiare. Imparare la parte
inerente alla sicurezza informatica è importante. Quello che conta, secondo me, è avere una buona
conoscenza di base di cosa vuol dire informatica e poi iniziare a specializzarsi. Potreste farlo anche
per vostra passione. Il più grande bagaglio che potete portarvi a casa dalla scuola è comprendere
come si fa ad imparare ad imparare. Credo che le aziende cerchino gente che ha grande passione,
con voglia di imparare e di darci dentro. Dopo di che, se uno è sufficientemente intelligente e ci
mette impegno, riesce a fare quello che serve alle aziende. Esse non sono in cerca di geni, ma di
gente con buona volontà e che ha voglia di mettersi in discussione.
Quanta importanza ha per un informatico possedere creatività, fantasia e capacità di rapportarsi con
gli altri?
Altrettanto, ma se hai la passione, le altre due-tre cose vengono quasi da sole. Se uno vuole lavorare
da solo, deve essere sulla fascia del genio isolato, del problem solver, con conoscenze veramente
outstanding, sopra tutti quanti gli altri, altrimenti ci vuole la passione e la capacità di lavorare con gli
altri per tirare fuori dal gruppo quello che c’è di meglio perché, come si dice, “da soli si va veloci, ma
lontano si va in gruppo”. E’ chiaro che la passione è basilare per tutte le cose, dopodiché saper
lavorare in gruppo è altrettanto importante perché se non si riesce a interagire con gli altri diventa
un problema per la crescita delle imprese. Determinante è imparare a condividere le cose, crescere
tutti quanti insieme ed essere d’ispirazione per gli altri. Quello che cercano le imprese è qualcuno
che sia in grado di automotivarsi e di tirare fuori il meglio dalle persone che stanno intorno a lui.
Quante possibilità hanno i giovani informatici di lavorare in Italia, senza doversi trasferire all’estero?
Secondo me vedere il mondo intorno a voi è importante e, se ne avete l’opportunità, fatelo perchè
quando tornate a casa vi dà dei punti di vista totalmente diversi e capite molte cose che da dentro il
Paese non si comprendono.
Secono me un’esperienza all’estero non farebbe male. Poi da questa esperienza può nascere anche
un’attività oppure si ritorna in Italia. Io non sarei così negativo sul fatto che per forza bisogni
scappare dall’Italia.
La vostra generazione, quella tra i 16 e i 20 anni, è quella che può cambiare in meglio il Paese e non
provarci sarebbe un peccato. Se questo Paese perdesse la vostra energia e la vostra voglia di
cambiamento, lo vedrei come una sconfitta.
Se fossi in voi, cercherei di capire cosa potrei fare per cambiare questo Paese, che idee potrei
mettere in campo. E poi non penserei solo al fatto di trovare un posto di lavoro, bensì a come
crearlo. Questo non vale per tutti, però se 4 di voi in questa classe pensano a come generarsi un
posto di lavoro, nel giro di 3-4 anni potrebbero assumere altri 5 di questa classe.
6
SCUOLA
Piera Ridolfo, Mihai Gabara, Davide De Stefano
Secondo Lei è meglio specializzarsi in un determinato ambito oppure acquisire una conoscenza
generale ma meno specialistica?
Quello che serve è avere delle basi solide, sennò non si può imparare ad imparare. È evidente che
ogni impresa ha delle esigenze diverse. La specializzazione potrebbe essere importante perché si va
ad approfondire un determinato settore. Essa non è fine a se stessa perché dovrebbe aiutare a
comprendere che ogni singola area, se guardata un po’ con la lente d’ingrandimento, è molto
complessa e varia. Alla fine, se studiate bene, magari non imparate tutto, ma ricevete alcuni principi
di base che aiutano nella vita. Le cose più difficili vanno capite e non imparate a memoria; se esse si
comprendono bene, bastano per risolvere molti problemi: andate in fondo alle cose, cercando di
domandarvi i perché!
Se uno di noi ambisse ad entrare nella Sua azienda, quali capacità e competenze dovrebbe possedere?
Dovrebbe intendersi un po’ di tutto perché quando le aziende crescono molto hanno bisogno di tante
competenze diverse. Credo che sia importante il fatto di avere la passione, capire che ci si vuole
mettere in gioco, che si vuole cercare di andare oltre i propri limiti e poi avere un minimo di
conoscenze di base che permettono di adattarsi al cambio dell’impresa, perché l’impresa cambia.
Credo che sia importante avere qualcuno che possa crescere con l’impresa e diventare il nuovo
leader o il nuovo responsabile di un’area. Voi dovete diventare sempre più bravi e studiare sempre di
più. Se avete uno spirito critico, se mettete insieme creatività e passione, è difficile fermarvi e,
secondo me, si vedono queste cose quando si fa un colloquio, si vedono dagli occhi, da come uno
parla: sono cose che traspaiono durante un colloquio di lavoro.
In conclusione, quali altri consigli ritiene di poter dare a noi giovani, oltre a quelli che ci ha già
esplicitato?
Ogni giorno la vita vi metterà di fronte a delle scelte. Avere delle basi logiche forse vi potrà
permettere anche di fare delle scelte più giuste. La concorrente emotiva e, tante volte, anche quella
del caso comunque contano. Di sicuro se uno ha un bagaglio importante di conoscenze potrà
affrontare le cose in maniera migliore.
Il mondo, se si va a vedere il trend storico, a lunga scala, cioè nell’arco di decine o di centinaia d’anni,
va sempre in meglio. E va in meglio perché? Perché c’è qualcuno più giovane che arriva, c’è una nuova
generazione che decide che vuole migliorare. Io non vorrei adesso mettervi sulle spalle delle
responsabilità più grosse di quelle che dovreste avere però è evidente che il futuro appartiene a voi e
alle vostre capacità di interpretarlo. I giovani hanno sempre fatto qualcosa di meglio rispetto a quelli
che sono venuti prima, perchè non si sono seduti, ma sono saliti sulle spalle dei giganti che li hanno
preceduti e che hanno costruito delle cose.
Credo che la vita non possa essere solo vista come “Mi trovo un posto di lavoro e mi prendo uno
stipendio”, perché sarebbe troppo riduttivo. Ci vuole uno stimolo, una sfida, una sfida con se stessi. Se
voi vi migliorate, automaticamente migliorate il mondo. L’ultima cosa che posso dirvi è che quando
avevo la vostra età ho perso del tempo, avrei dovuto studiare di più e me ne sono pentito. E quando ci
si pente, purtroppo, è troppo tardi.
7
SCUOLA
Piera Ridolfo, Mihai Gabara, Davide De Stefano
Prof. Duni: Mi ha tanto incuriosito la regola delle diecimila ore. La propongo a ogni ragazzo e
chiaramente loro restano sempre un po’ sbigottiti da questa regola.
Non è una mia regola. Si tratta di uno studio scientifico pubblicato da Malcom Gladwell nel libro
Outliers, e che si trova anche in rete. È stato fatto andando proprio a misurare le performance di
alcuni musicisti, perché era più facile fare questo tipo di analisi di tipo scientifico sulle ore. Io sono
abbastanza convinto, che sia così, perché alla fine noi tendiamo, come umani, a mollare, nel senso
che quando ci sembra troppo difficile troviamo una scusa per non andare avanti. Sembra proprio che
fino a 5.000 ore di studio si sia abbastanza bravi, ma nella media, mentre se si supera questo dato, si
è più bravi della media. Se gli altri studiano dieci ore, tu devi studiarne undici, se gli altri studiano
undici tu devi studiare dodici; l’unica fregatura è che se gli altri studiano 24 ore, tu sei fregato! Non è
un problema di quanto bravo o non bravo sei, è quanto studi alla fine. Ora i bravi per natura, con
poco riescono ad arrivare subito ad un livello, ma non è che gli altri non possano raggiungerlo. E i
bravi che arrivano velocemente ad un livello non è detto che se non continuano a studiare riescano a
fare un salto avanti. Sembra che Mozart, anche se era molto bravo all’inizio, la musica vera l’abbia
fatta dopo che aveva studiato 10.000 ore. Poi sapete cosa succede? Che una volta che ci avete dato
dentro effettivamente riuscite a raccogliere in pochissimo tempo un sacco di valore: denaro, fama,
quello che volete. Pochissima roba arriva per caso. Poi sì, c’è il colpo di fortuna, ma quello c’è, ma
statisticamente non funziona; per noi ha una percentuale così bassa che non è da considerarsi
significativo e non va presa come un’opportunità. Per cui l’unica strada è quella di studiare tanto. Io
vi auguro diecimila ore, perché vuol dire che avete veramente grande motivazione e perseveranza.
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DIRITTI UMANI
Licul Caterina
Il razzismo: cos'è e da dove nasce
Il razzismo è un atteggiamento presente nella
storia umana fin dall'antichità; i romani, per
esempio, avevano forme di razzismo nei
confronti dei popoli che abitavano al di là del
confine e che usavano definire "barbari". Le più
grandi forme di razzismo però si sono verificate
il secolo scorso con la shoah, ovvero la
persecuzione e l'uccisione di circa sei milioni di
ebrei da parte dei nazisti durante la seconda
guerra mondiale e con i genocidi degli Armeni e
dei Curdi.
Ma la domanda che sorge spontanea è: cos'è e
da dove nasce il razzismo?
Il razzismo è la paura e l'allontanamento dello
straniero da parte di una o più persone. Questa
paura molte volte nasce dal fatto che lo
straniero, appartenente a una cultura e a una
religione diversa, non viene visto di buon occhio
nel momento in cui lascia il suo Paese d'origine
perché, secondo alcuni, il suo trasferimento ha
come scopo quello di rubare la ricchezza e il
lavoro a persone che da sempre vivono in quel
luogo. Di conseguenza gli stranieri vengono
isolati soprattutto se hanno il colore della pelle
atipico rispetto al Paese in cui si sono trasferiti. Il
razzismo però è anche frutto di una mentalità
chiusa, la cui caratteristica è il non voler
conoscere e accettare culture diverse dalla
propria. In una società multietnica come la
nostra, il razziso non dovrebbe esistere perchè si
dovrebbe capire che siamo tutti esseri umani, a
prescindere dal colore della pelle, dalla religione
e dalle usanze tipiche locali. Ma purtroppo non è
così….
Come dice Tahar Ben Jelloun, l'autore del libro
"il razzismo spiegato a mia figlia", un bambino
non nasce razzista. Questa affermazione è vera. I
bambini, infatti, non guardano il colore della
pelle, le usanze e la religione degli altri, ma
giocano con tutti. E qui un'altra domanda sorge
spontanea: cosa porta una persona a diventare
razzista? La prima forma di influenza su un
bambino è la famiglia; la maggior parte delle
volte è proprio dalla famiglia che nascono
comportamenti razzisti. Se a un bambino che
gioca con tutti viene ordinato di non giocare più con
alcuni, tenderà a pensare che in loro c'è qualcosa che
non va o che sono persone cattive e, cercando di
capire il perchè, troverà risposta nel fatto che il colore
della loro pelle e le loro usanze sono diverse e di
conseguenza inizierà a discriminarli. Questo
comportamento può essere anche trasmesso ad un
bambino che magari non ha una famiglia che
discrimina gli stanieri ma, vedendo i propri amici fare
così e sentendosi escluso, lo fa anche lui. Purtroppo
però il razzismo non deriva solamente dalla mentalità
chiusa delle persone più care, ma anche dal modo in
cui le notizie vengono diffuse dai mass-media.
Guardando la televisione o leggendo i giornali, si
vedono notizie che spesso vengono introdotte da un
dato comune: la nazionalità di chi ha commesso un
reato. Tale particolare però viene omesso, o
comunque non sottolineato, se a commettere il reato
è stato un italiano. Anche questa è una forma di
razzismo, perchè le persone che sentono queste
notizie cominciano a pensare che la causa dei reati più
gravi siano proprio gli stranieri, quindi tendono ad
allontanarsi e proteggersi da essi.
Secondo il mio parere il razzismo è un comportamento
davvero sciocco, perchè non ha senso discriminare chi
è diverso da noi, anzi dovremmo accogliere a braccia
aperte. Per una società migliore dovremo tutti avere
una mentalità come quella dei bambini, senza
interessarci dell'aspetto esteriore di chi vive nel nostro
Paese, cercando di avere una mentalità aperta e
provando a conoscere le culture e le tradizioni diverse
dalla nostra.
9
DIRITTI UMANI
Panero Alessia e Chicco Gina
Dov’era l’uomo di fronte all’orrore?
Nel corso della storia sono stati molti gli
avvenimenti che hanno sconvolto la razza
umana, fatti che hanno portato alcuni uomini a
credersi superiori ad altri, arrivando a negare
l’appartenenza alla stessa natura. Non sempre
gli errori compiuti dall’uomo possono definirsi
tali perché dagli sbagli si può imparare qualcosa,
ma gli stermini che sono stati commessi nel
Novecento non appartengono a nesuna
categoria. Sarebbe più giusto identificare gli
stermini del’900 per esempio come orrori, inutili
sacrifici di vite umane dai quali non si può
imparare quasi nulla. Da questi è possibile solo
capire di cos’è capace l’uomo, di quanto crudele
possa
diventare
nei
confronti dei suoi simili.
La parola genocidio deriva
dal greco genos “uccidere”..
e se vogliamo andare anche
un po’ indietro nel tempo
non possiamo dimenticare
le decine di milioni di
americani sterminati in
seguito alla scoperta e alla
conquista delle Americhe.
Non possiamo dimenticare
il genocidio armeno causato
dal contrasto fra turchi, musulmani e armeni
cristiani. Il conflitto esplose nel 1915; i turchi
attribuirono la colpa delle loro sconfitte belliche
agli armeni, sottoponendo le popolazioni civili a
deportazioni di massa e massacri.
Un altro esempio di genocidio è costituito da
quello dei curdi: gruppo etnico indoeuropeo
stanziato nella parte settentrionale e nordorientale della Mesopotamia.
Lo sterminio che viene maggiormente ricordato
è quello degli ebrei, più comunemente
conosciuto con il termine Olocausto. Che vide le
persecuzione e lo sterminio di circa sei milioni di
persone emarginate per il loro credo religioso e
per le loro idee. Infatti durante la seconda
guerra mondiale le autorità tedesche presero di
mira anche altri gruppi ritenuti di “razza
inferiore”, come i Rom(gli zingari), i disabili e le
popolazioni slave (Polacchi, Russi..).
Alcuni vennero invece perseguitati per le loro idee
politiche, come quelli che credevano negli ideali del
comunismo e del socialismo, per le loro ideologie o a
causa di determinate caratteristiche fisiche e
comportamentali: come omossessuali e anziani. Le
deportazioni di massa costituivano un’impresa
amministrativa di vaste dimensioni: le fasi preliminari
consistevano nell’individuazione e nella cattura delle
vittime che venivano private dei loro averi e divise per
età e sesso. In seguito iniziava il lungo viaggio verso i
campi di concentramento, una struttura carceraria
all’aperto, destinata a detenere grandi quantità di
persone.
Nei campi di sterminio nazisti, l’unico scopo era quello
di uccidere i prigionieri che vi
arrivavano con l’intento di
giungere allo sterminio del
intero popolo ebraico.
I
deportati
non
erano
semplicemente privati di tutti
gli oggetti che possedevano,
ma veniva loro tolta anche
l’identità; non avevano più un
nome, e per le guardie naziste
diventavano solamente un
numero;
questo
doveva
essere imparato per poter
rispondere all’appello che si effettuava due volte al
giorno, per controllare che tutti i prigionieri fossero
presenti e per contare quanti erano i morti che non
avevano superato la notte o i lavori forzati giornalieri. I
detenuti infatti dovevano svolgere lavori pesanti e a
causa delle porzioni di cibo molto scarse, la situazione
per la maggior parte di loro diveniva insostenibile. I
deceduti non avevano una sepoltura dignitosa.. il
subdolo metodo adottato dai nazisti per lo sterminio
ebraico raggiungeva il culmine della follia umana con i
forni crematori.
Soggetti allo stesso trattamento affidato agli adulti
erano anche i bambini che con l’inganno venivano
portati nelle camere a gas, delle grandi stanze chiuse
dove dalle docce usciva un gas letale. Prima di fare la
“doccia” venivano obbligati a svestirsi e lasciare tutti gli
indumenti in ordine. Questo serviva per riutilizzare le
divise per i detenuti che vi sarebbero giunti
successivamente.
10
DIRITTI UMANI
Panero Alessia e Chicco Gina
Le persone che vivevano all’interno dei campi
erano private di tutti i loro diritti. I diritti umani
si può dire che siano stati “calpestati”. Dalle
dittature come il nazismo in Germania, il
fascismo in Italia e il comunismo in Russia. A
limitare maggiormente la condizione sociale
degli ebrei furono le leggi razziali, introdotte nel
1933, che vietavano l’esercizio di professioni
pubbliche, l’iscrizione degli studenti ebrei alle
scuole (ad esclusione di quelle private), l’utilizzo
dei trasporti e i matrimoni misti.
La testimonianza più nota rimane quella lasciata
da Primo Levi. Nato nel 1919 a Torino divenne
famoso grazie alla pubblicazione del libro “Se
questo è un uomo”, dal quale emerge la sua
riflessione sull’esperienza vissuta all’interno dei
campi di concentramento di Fossoli e in seguito
ad Auschwitz. Nel gennaio del 1945, dopo alla
liberazione dei campi, Primo Levi riprese in
mano la sua vita, testimoniando tutto ciò che
aveva vissuto.
Tutto quello che è successo in quelle circostanza
è stato sottoposto ad una grande critica da parte
di una vasta varietà di persone.. politici, storici,
poeti e scrittori che hanno sottolineato la grande
e disumana ferocia di coloro che si sono
macchiati di tali crudeltà.
Alcuni scrittori come ad esempio Gorge Orwell,
che nel 1931 aveva pubblicato su una rivista il
racconto intitolato “L’impiccagione”, (in cui si
sottolinea l’importanza del supremo valore della
vita), afferma che:“Il peggior criminale che abbia
mai camminato su questa Terra è moralmente
superiore al giudice che lo condanna alla forca”.
Orwell non si appella ai principi universali, ma con un
linguaggio semplice descrive in questa storia eventi
minimi, e attraverso l’ironia nella descrizione di alcuni
personaggi, concentra la sua attenzione sul significato
e sul valore stesso della vita. Altri poeti, che attraverso
le loro composizioni, sono riusciti a trasmettere le
emozioni più profonde dei soldati in guerra, sono
Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo.
Il lavoro degli storici sulla memoria della Shoah ha
percorso numerose tappe. Negli anni Novanta in
diversi paesi europei vennero approvate leggi per
ricordare in modo istituzionale le vittime
dell’Olocausto. In Italia il Giorno della Memoria è stato
istituito con la legge n 211 del 2000. Essa stabilisce che
la Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio,
data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz,
“Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah,
le leggi razziali, la persecuzioni e le deportazioni nei
campi di sterminio.
Oggi il giorno della Memoria non è una ricorrenza
utilizzata solo come forma di sensibilizzazione delle
persone, ma è un modo per riconoscere questa tragica
storia. Non è solamente un omaggio alle vittime
dell’Olocausto, ma serve anche a prendere coscienza
dell’accaduto in modo che non si verifichi più. Da
sempre si dice che la storia si ripete.. non è pensabile
però che questi orrori, possano accadere di nuovo.
Alla domanda “dov’era l’uomo di fronte all’orrore” è
difficile trovare una risposta concreta.
Si può dire che l’uomo di fronte alle atrocità sia
rimasto impassibile a guardare. Forse non sapeva, e
chi sapeva, forse per paura o vigliacheria, non ha fatto
abbastanza.
Se comprendere è possibile,
conoscere è necessario
perché ciò che è accaduto può ritornare…
Primo Levi
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DIRITTI UMANI
Mirea Zamagna
Diritti umani e lo
Sfruttamento dei bambini
“Libertà, uguaglianza e fraternità.” Questi sono i principi che si
“La mia libertà finisce dove comincia la vostra.” Questa citazione
di Martin Luther King mette in evidenza che, ogni uomo che può
definirsi libero, deve anche saper rispettare la libertà altrui.
A proposito dei diritti umani, della libertà e dell’uguaglianza tra gli
uomini, ci sono svariate organizzazioni a livello internazionale e
molte leggi che la tutelano. In Italia, ad esempio, l’articolo tre della
nostra Costituzione dice: ”Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale
e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza,
di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e
sociali.” Questo significa che lo stato deve garantire ai cittadini determinati diritti e fare in modo che
tutti li rispettino.
“Nessuno è nato schiavo, né signore, né per vivere in miseria, ma tutti siamo nati per essere fratelli.”
E’ quanto afferma Nelson Mandela in una delle sue famose citazioni. La fraternità è importante, si
collega in parte sia alla libertà che all’uguaglianza, in quanto se ogni individuo giudicasse gli altri come
fratelli, il mondo sarebbe sicuramente diverso, non ci sarebbero più discriminazioni di alcun tipo (visibili
solo all’occhio della gente e invisibili a quello giudiziario), finirebbe ogni tipo di sfruttamento e non ci
sarebbero più guerre.
“La non violenza è la forza più grande a disposizione
dell'umanità. È più potente della più potente arma di
distruzione mai inventata dall'ingegno umano.” La
citazione riportata è di Mohandas K. Gandhi, detto il
Mahatma, è stato il fondatore della non violenza e il
padre dell’indipendenza indiana. Egli era convinto della
pericolosità della violenza e sosteneva che
solo
l’amore fosse la forza più grande dell’umanità.
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DIRITTI UMANI
Mirea Zamagna
Purtroppo, ancora oggi, in molte parti del mondo esistono discriminazioni e molteplici forme di
ingiustizia nei confronti dei più deboli e dei minori.
Ne è un esempio lo sfruttamento del lavoro minorile, un fenomeno molto diffuso nei paesi in via di
sviluppo, ma non solo, quali: Asia, Europa
dell’est, Africa e America del sud. Tale
fenomeno comprende in media ragazzi e
ragazze di età compresa fra i cinque e i
quindici anni che vengono sfruttati e
impiegati in lavori pesanti e umilianti, con
conseguenze e complicazioni che
riguardano la salute. La storia di Iqbal
Masih, bambino, operaio, sindacalista e
attivista pakistano, è uno dei più grandi
esempi di sfruttamento del lavoro
minorile. Questo ragazzo cominciò a
lavorare all’età di 5 anni venduto dalla
famiglia, per saldare un debito, a un
fabbricante di tappeti. Il giovane cambiò
svariati “padroni” fino a che riuscì a
scappare, rendendo pubblica la sua storia
e cercando così di aiutare i bambini
sfruttati come lui.
Egli affermava che "Nessun bambino
dovrebbe impugnare mai uno strumento
di lavoro. Gli unici strumenti di lavoro che
un bambino dovrebbe tenere in mano
sono penne e matite". Fu ucciso all’età di
13 anni, per aver scatenato molti squilibri
in campo economico nel suo paese nativo.
E’ superfluo dire che gli unici modi che
abbiamo per far valere i diritti umani è
parlarne, e non dimenticare mai quello
che accade dall’altra parte del mondo, e
molte volte anche vicino a noi. Sarebbe d’aiuto però se tutti ci rendessimo partecipi, cercando di porre
fine a tantissimi episodi di ingiustizia e di prevaricazioni sociali ed evitare che storie come quella appena
citata accadano ancora.
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DIRITTI UMANI
Tina Corcione
I diritti umani tra storia e attualità
Gli uomini hanno sempre
combattuto per il riconoscimento dei
propri diritti e nel tempo si è resa
necessaria la redazione di leggi che
tutelassero i diritti dell’intera umanità.
E’ nata così la dichiarazione dei diritti
dell’uomo frutto della consapevolezza
dell’uguaglianza tra tutti i cittadini;
essendo tutti uguali gli esseri umani
devono godere degli stessi diritti.
Il primo documento fondamentale per
il riconoscimento dei diritti ai cittadini
risale al 1215 quando il re
d’Inghilterra fu costretto a firmare la
Charta Magnum Liberatum che
imponeva al re alcune limitazioni della
propria sovranità costringendolo a rispettare alcune norme quali il divieto di imporre tasse senza il
consenso del Parlamento e la garanzia, per i membri della grande nobiltà laica ed ecclesiastica, di non
essere imprigionati senza prima aver sostenuto un giusto processo.
La prima Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo risale al 1776, anno della dichiarazione di Indipendenza
degli Stati Uniti d’America, la quale affermava l’uguaglianza degli uomini e la titolarità ai diritti
inviolabili.
La vera e propria carta formale dei diritti umani è nata nel 1789 con la Rivoluzione Francese che si
presentava concettualmente simile a quella Americana, tuttavia, nel corso del XX secolo, molti gruppi e
movimenti riuscirono ad ottenere profondi cambiamenti sociali come il riconoscimento del diritto di
sciopero, la garanzia di migliori condizioni lavorative e la proibizione del lavoro minorile. Oggi anche la
nostra Costituzione riconosce alle persone i diritti tanto attesi nel corso della storia.
Ma nonostante ciò questa idea di uguaglianza fa ancora fatica ad essere applicata. Basti pensare alle
innumerevoli manifestazioni di razzismo ed intolleranza che avvengono ogni giorno e al massacro di
interi popoli da parte dei detentori del potere.
La nuova concezione di cittadinanza “Planetaria” dovrebbe consentire il riconoscimento delle pari
dignità e dell’individualizzazione delle varie culture affinchè non debbano scomparire sopraffatte da altri
popoli e soprattutto dovrebbe vedere la scomparsa dei pregiudizi.
Nel corso dei secoli l’umanità ha assistito a lotte tra popoli diversi che hanno portato spesso a
determinare colui che avrebbe condannato e sfruttato l’altro. Chi perde è debole, schiavizzato, ucciso.
Oggi lo straniero è visto in modo negativo vuoi perché ha un colore diverso vuoi perché crede in un Dio
diverso. Ma resta il fatto che tutti gli uomini sono nati uguali e con gli stessi diritti e anche se hanno una
diversa origine, cultura o lingua, dobbiamo essere in grado di aprire la mente abbattendo ogni tipo di
discriminazione altrimenti, se si restasse intrappolati nell’oblio di una mente chiusa si rischierebbe di
cadere nell’ignoranza che ha portato all’eliminazione di milioni di persone nel corso dei secoli e anche
nella storia recente.
14
PAROLE E PENSIERI
Cassandra Bego
Lettera della terra dei sogni...
Caro lettore,
Chissà se c’è un modo per cadere senza farsi male. Essere consapevole di vivere in un mondo abitato da
giganti, per poi sentirsi troppo spesso una piccola formica.
Il mio Mondo è ricoperto da vetri appannati che non lasciano oltrepassare del tutto la luce nella mia vita…
E forse, anche il tuo. Chiunque tu sia, qualunque etè tu abbia, qualsiasi idea sostieni, sicuramente
leggendo questo breve scritto ti ritroverai tra le sue righe.
Ho conosciuto momenti nel mio cammino in cui sembrava che tutti, attorno a me, procedessero per la loro
strada con passi da elefanti e io se provavo a camminare verso una meta, mi perdevo ancora prima di
raggiungerla.
Ogni tanto dal cielo rimbomba un tuono
che pian piano scompare dentro il mio
cuore. Un tuono così debole, un lampo
di luce così veloce da illuminare il giorno
e rischiarare più del sole. Talvolta mi
sembra di svegliarmi da un lungo sonno
di pregiudizi durato troppo tempo; un
sonno quasi letale, poichè mi nasconde
ciò che per me è più importante di
qualsiasi altra cosa: il mio sogno. Sono
sicura che anche tu, caro lettore, hai un
sogno nel cassetto. Mi piace pensare
che il cassetto dove custodisci
gelosamente il tuo sogno sia in un
vecchio armadio impolverato e che, tra i
tanti che apri contemporaneamente, sia
quello di cui non smarrisci mai la chiave, poichè per te è come una medaglia appuntata al cuore. Qualcosa
di prezioso, da cui non ti vuoi liberare.
Se c’è una cosa che penso dei sogni, è che alimentano la speranza. Una speranza diversa da quella di cui
parla la gente per strada, una speranza che non racconti mai a nessuno, proprio quella che nascondi dietro
a uno sguardo indifferente.
Il sogno è il fuoco che alimenta la vita. Soffermati un attimo e pensarci…
Adesso magari tieni stretti i ricordi che appartengono al passato, piccoli frammeti di vita un pò sbiaditi ma
ancora vivi, e continui a sognare qualcosa nato ormai da tempo e magari hai la certezza che questo tuo
piccolo grande “cimelio” sia il punto fisso della tua esistenza. Poi però c’è il momento in cui la realtà bussa
alla tua porta e con aria arrogante entra a far parte della tua vita. In quel momento quando capisci che il
tuo sogno è in pericolo, inizi a pensare che il mondo è troppo piccolo per te. Non c’è spazio per far
crescere il cuore, che si rifiuta di lottare dentro la gabbia dove è custodito gelosamente dalle ossa. E pensi,
per un lungo attimo, che quello a cui credi sia qualcosa che il mondo non apprezza. Eppure c’è sempre
qualcuno che con un semplice sguardo, una parola o una sfida, riaccende in te quella speranza che ti
conduce a casa quando non trovi la strada giusta, un pò come il mio mito.
Pian piano si fa strada l’idea di intraprendere quella strada che, per quanto possa essere difficile e piena di
ostacoli, sarà la tua vittoria.
Pensando ai sogni come giorni nati e cresciuti nella terra arida del deserto ti saluto, caro lettore, sperando
di aver lasciato in te qualche emozione che si nasconde tra la terra su cui corro io e il sogno che insegui tu.
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PAROLE E PENSIERI
Licul Caterina
Sogna, ragazzo sogna…
L'adolescenza…un periodo della vita in cui i
cambiamenti non riguardano soltanto il corpo,
ma anche i sogni.
Si capisce che voler fare l'astronauta, il pilota, la
principessa o la ballerina non sono sogni
concreti da realizzare. Si comincia a pensare che
nella vita è necessario avere dei sogni più reali e
così, influenzati anche dal mondo che ci
circonda, si cambia idea tantissime volte.
Il primo “sogno” che si realizza durante
l'adolescenza è la scuola da frequentare. Grazie
alla maturazione del proprio pensiero, dei propri
desideri, si inizia a decidere quale strada
prendere e cosa si vuol fare in un futuro che
sembra lontano, ma in realtà non lo è. Così inizia
il viaggio verso la vera maturazione, la scelta di
molti altri “sogni” più concreti e verso
l'indipendenza. In questo periodo molti ragazzi
iniziano a sognare di lavorare per diventare
economicamente indipendenti dai propri
genitori.
Questi però sono ancora sogni materiali, che
riguardano la carriera, e sono i più “facili” da
inseguire. I sogni più difficili da scoprire e da
realizzare sono quelli riguardanti la personalità,
la maturazione del pensiero, il modo di
relazionarsi con gli altri e anche con il proprio
corpo.
In prima superiore si cambia ambiente e quindi
si conoscono persone nuove, diverse da quelle
frequentate in precedenza e da qui ha inizio la
maturazione personale. Ci si rapporta con gente
molto differente e si inizia a capire davvero che
persona si vuole diventare. Si inizia a sognare un
corpo diverso, un carattere più estroverso, un
modo differente di relazionarsi con gli altri. C'è
chi è troppo emotivo e vorrebbe diventare più
sicuro di sé, chi è un po' in carne vorrebbe
dimagrire per assomigliare di più alle top model
o attrici del momento,
Questo cambiamento può avvenire lentamente ma,
più spesso avviene in modo molto drastico al punto da
far rimanere spiazzati i genitori o gli adulti in generale.
In questo momento della vita però si inizia anche a
pensare a che tipo di persona si vorrebbe diventare, a
cosa si è disposti a fare per raggiungere i propri
obbiettivi; infatti è in questo periodo della vita che si
forma la personalità di un individuo e sarà quella che
lo contraddistinguerà da tutti gli altri.
Ma non sempre questi obbiettivi sono chiari e
raggiungibili. Ci sono dei ragazzi che non sanno come o
cosa vogliono diventare da adulti e questo può
provocare
una
grande
insicurezza
perché,
relazionandosi coi propri coetanei pieni di sogni e
speranze, si possono sentire esclusi o sciocchi. Questi
ragazzi però sbagliano. Tutti hanno un proprio sogno
da realizzare, ma se questo non accadrà devono
ricordarsi che anche il desiderio di avere un sogno è un
sogno, nessuno ci impedisce di sognare e nessuno ci
dice quando questo sogno deve essere realizzato: non
ci sono date di scadenza!
Nonostante queste differenze, c'è un cosa che
accomuna tutti i ragazzi: il sogno dell'amore. Ogni
giovane vorrebbe avere accanto a sé una persona
speciale che sappia capirlo, ascoltarlo e volergli bene,
con tutti i suoi difetti, le sue debolezze ed i suoi pregi.
Inizia così anche l'avvicinamento all'altro sesso, alla
scoperta di un “universo diverso” tutto da scoprire e
da capire, fatto di alti e bassi. Anche ricevere delle
delusioni aiuta a rinforzare il carattere e a capire cosa
si desidera o meno dalla vita. Oltre alle delusioni ci
sono anche gli sbagli che facciamo che ci permettono
di comprendere e valutare in modo diverso molte
cose.
Anche se il mondo giovanile è pieno di preoccupazioni
come il fatto di “non essere abbastanza...” o del voler
dimostrare al mondo chi sono i giovani, ci sarà sempre
un po' di spazio per i sogni nel cassetto, che prima o
poi faranno completamente parte dell'adulto di
domani.
16
PAROLE E PENSIERI
Licul Caterina
L’adolescenza è pertanto un periodo di grandi
desideri ed è caratterizzata da momenti di
contrasti e ribellioni con il mondo degli adulti,
ne sono testimonianza le frasi che noi tutti
conosciamo: “non è per te questa iniziativa,
non ne sei capace, è assurdo ciò che fai, mi hai
deluso e via di seguito…”…
Ma dietro gli atteggiamenti dei giovani, le
contestazioni e tutto ciò che è diverso da come
un adulto vorrebbe vederci, c’è un forte
desiderio di provare nuove emozioni, di
intraprendere la strada che ci conduce verso
una meta comune che è quella di poter realizzare i
nostri spazi, di sognare il nostro futuro e di poter
vivere quelle esperienze che, se pur sbagliate, ci
faranno crescere e maturare.
Per essere felici basta anche un sorriso e un po’ di
comprensione di chi ci sta accanto, non chiediamo la
luna, ma un po’ di fiducia in più e una mano tesa nei
momenti di difficoltà. Gli scontri con il mondo degli
adulti ci aiuteranno a crescere e i loro divieti ci faranno
capire che nella vita non possiamo avere o fare tutto
ciò che vogliamo, sicuramente col passare del tempo
lo capiremo. Ma per ora lasciateci sognare!!!!
Sogna, ragazzo sogna
quando sale il vento
nelle vie del cuore,
quando un uomo vive
per le sue parole
o non vive più;
sogna, ragazzo sogna,
non lasciarlo solo contro questo mondo
non lasciarlo andare, sogna fino in fondo,
fallo pure per te…..
R. Vecchioni
17
Dega’s Summer Night
Il giorno 7 Giugno i Rappresentanti d’Istituto vi
aspettano in una location esclusiva per la Dega’s
Summer Night: sarà una serata elegante nel
Castello di Udine, riservato completamente per voi!
La serata sarà corredata da una scenografia
luminosa diversificata: all’interno verrà creata una
dimensione ricercata ed esclusiva, mentre
all’esterno verrà colorato l’intero giardino creando
un’atmosfera suggestiva, da musica dei generi di
maggior successo per ballare dal tramonto fino a
notte inoltrata, da un American Bar ed un barman
freestyle che saranno a vostra disposizione assieme
ad un fotografo professionista.
Per Info e Prenotazioni
Michele: 331_1053771
Matteo: 347_3464235
ATTUALITA’ E SOCIETA’
Davide De Stefano
La Terra…quale rispetto?
“Quando togliamo qualcosa alla Terra,
dobbiamo
anche
restituirle
qualcosa.
Noi e la Terra dovremmo essere compagni con
uguali diritti. Quello che noi possiamo rendere
ad essa può essere una cosa così semplice e
allo stesso tempo così difficile come il
RISPETTO. La ricerca di petrolio, carbone e di
uranio ha già recato grossi danni alla Terra,
ma questi danni possono essere ancora
riparati, se lo vogliamo…” Jimmie C.Begay
(indiano Navajo)
Sono passati 27 anni dall’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl ed ancora oggi sono
evidenti le conseguenze che questo errore umano ha caustao sugli uomini e sulla terra. Questo è uno
degli eventi/esempi più rilevanti di mancato rispetto per la natura. Non è giusto continuare a “prendere”,
come afferma Jimmie Begay, bisogna anche dare alla Terra tanto quanto le abbiamo tolto.
Bisogna essere capaci di scegliere. Condurre una vita a contatto con la natura, anche solo nel cogliere la
bellezza che essa racchiude, richiede a volte delle scelte e dei rinunce. I frutti che nascono da questo tipo
di scelta, sono però sempre esaustivi.
Stefania Rossini, nel suo libro “Vivere in 5 con 5 € al giorno”, ci fa notare come si ottenga un ingente
risparmio in termini economici rispettando terra e ambiente. Coltivare un appezzamento di terra
permette di ricavare molti prodotti naturali, sani e poco costosi. Che dire poi della bellezza nel vedere
nascere e crescere le piante e della qualità dei prodotti ottenuti? Il freezer dei supermercati è molto
comodo, ma non ha nulla a che vedere con quanto la terra su cui viviamo ci offre nella realtà.
Riflessioni molto attuali quelle che ritroviamo nelle righe precedenti. In un tempo in cui sono visibili
ovunque (a volte anche nascoste) le conseguenze dello sfruttamento scellerato dell’uomo nei confronti
del pianeta, diventa sempre più necessario cominciare a riflettere sulle conseguenze che i “nostri”
comportamenti avranno, nei prossimi anni, su di noi e i nostri figli.
Forse occorre davvero cominciare a rivedere le nostre scelte economiche ma soprattutto le nostre scelte
esistenziali, i parametri con cui giudichiamo le persone e l’idea di felicità che ci hanno appiccicato addosso
legata quasi esclusivamente al consumismo…
18
ATTUALITA’ E SOCIETA’
Davide De Stefano
La storia di Devis Pecoranera.
Un ragazzo che ha scelto di vivere nella natura
Ha solo vent’anni Devis, quando in lui scocca la
scintilla: vivere “altrimenti” è possibile. All’inizio è
solo un sentimento, un’aspirazione, che a poco a
poco si trasforma in concreto progetto di vita.
Inizia così la sua avventura: da un piccolo orto
senza aver mai visto prima una pianta di
pomodoro, coltivando patate e cereali per
ritrovare un contatto più immediato con la Natura
e realizzare una prima, rudimentale, forma di
autosufficienza alimentare, accompagnata da uno
stile di vita semplice
ed
ecosostenibile.
Passa un po’ di tempo
e a chi prevede che
presto si stancherà di
tutto ciò risponde con
un atto irrevocabile: a
23 anni si licenzia
dall’impiego
come
tecnico informatico e
si trasferisce in una
casetta prefabbricata
riscaldata da una
stufa a legna per
dedicarsi a tempo pieno a quella che battezza
“vita frugale”. Sono gli anni della crociata solitaria,
caratterizzati da avventure e disavventure di ogni
tipo, da episodi epici e tragicomici. Sono gli anni in
cui nasce e matura un rapporto simbiotico con la
Natura e i suoi elementi. E proprio quando le
forze sembrano esaurirsi e l’entusiasmo delle
prime stagioni vacilla, in Devis matura la
convinzione che non potrà proseguire oltre
senza condividere con altri il suo cammino.
Quello che nel tempo è diventato un ecovillaggio
si apre all’accoglienza di persone che vogliono
passare un fine settimana o una settimana intera
a contatto con la terra e secondo i suoi ritmi.
«Si definisce pecora nera della famiglia o di un
gruppo
di
conoscenti.
Un
individuo che ha
imboccato
una
cattiva strada o che
non soddisfa le
aspettative
degli
altri componenti.»
Pecoranera
potrebbe
essere
solo l’espressione
di
un
disagio
generazionale, di
una frattura già
vista tra genitori e figli, tra il boom economico e
la decrescita felice…di sicuro è una scelta di vita,
coraggiosa, controcorrente, fuori dagli schemi…
che mostra una strada e indica un futuro
SOSTENIBILE e soprattutto A MISURA D’UOMO.
WWW.IBS.IT
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ATTUALITA’ E SOCIETA’
Alessia Silvestri
I miracoli dell’amore
Nell’agosto del 1991 Massimilano Tresoldi un
giovane come tanti altri, organizzò una vacanza in
Puglia con gli amici. Max decise di concludere prima la
sua vacanza ma nel tragitto verso casa un incidente
cambiò per sempre il corso della sua vita. L’impatto fu
terribile, Max fu sbalzato fuori dall’automobile
lesionandosi gravemente il cervelletto.
Il ragazzo era in coma vegetativo irreversibile, anche i
medici erano concordi sul fatto che solo un miracolo
avrebbe potuto salvarlo. Probabilmente il miracolo che
serviva si chiamava Lucrezia Povia, la mamma di Max.
Questa donna, con la sua forza e la sua tenacia, decise
di prendersi cura del figlio togliendolo dall’ospedale e portandolo nella propria abitazione. Max non si
muoveva, non parlava, non era in grado di fare nulla, era come un tronco statico.
La famiglia, gli amici e i volontari impararono le tecniche di fisioterapia per far allenare i muscoli di Max in
modo che non si atrofizzassero e tutti insieme continuarono a stimolarlo in ogni modo fino a che la notte
di Natale del 2000, la madre, stanca ed esasperata dopo dieci anni di instancabile lotta, decise di non
aiutarlo più a fare come ogni sera il segno della croce e gli disse che se voleva pregare doveva farlo da
solo. Allora Max sollevò la mano e con movimenti lenti iniziò a farlo. Per la gioia di tutti Max aveva
finalmente sconfitto il buio ed era riuscito a rivedere la luce.
Durante l’incontro con la famiglia Tresoldi cui ho assistito, la madre ha spiegato come durante il coma in
realtà Max recepiva tutto. Vedere la forza di quest’uomo svegliatosi dopo dieci anni con la voglia di
combattere e di farcela nonostante le avversità è stato veramente toccante. Noi spesso ci lamentiamo
per piccoli problemi e ingigantiamo le situazioni quando invece c’è chi ogni giorno combatte contro gli
ostacoli della vita. Ora Max ha ripreso a parlare, a scrivere e disegnare e sta continuando a combattere
per riprendere la mobilità delle gambe.
20
SCIENZA E SOCIETA’
Cervello, scoperto l'angolo delle emozioni
"Così si custodiscono i ricordi dolorosi"
Questo è il titolo di un lavoro di alcuni ricercatori
piemontesi pubblicato su "Science". Le cortecce di 'ordine
superiore' reagiscono in presenza di suoni, odori e colori
che in passato avevano accompagnato un'esperienza
emotivamente intensa.
ROMA - Si sa che la mente custodisce per sempre, in
qualche angolo riposto, i ricordi più dolorosi. Ora quel
cantuccio segreto è stato individuato da un gruppo di
ricercatori dell'università di Torino, che ha visto il proprio
studio pubblicato sulla prestigiosa rivista "Science". I ricercatori torinesi - coordinati da Tiziana Sacco e da
Benedetto Sacchetti dell'istituto nazionale di neuroscienze - hanno scoperto le aree del cervello che
conservano per tutta la vita le emozioni legate alle esperienze dolorose vissute in passato.
L'importanza della scoperta sta nel fatto che consente di aprire nuove strade per la comprensione dei
disturbi legati alla sfera emotiva come le fobìe e i disturbi post-traumatici da stress. Nel corso dei test sui
topi sono state identificate delle strutture cerebrali deputate alla conservazione del contenuto emotivo
che gli stimoli acquisiscono con l'esperienza. Si tratta della corteccia secondaria uditiva, visiva e olfattiva
(dette anche cortecce sensoriali di "ordine superiore"), vale a dire quelle parti del cervello che
elaborano gli aspetti più complessi dell'informazione sensoriale.
La scoperta parte dalla constatazione che durante un'esperienza che coinvolge intensamente la nostra
sfera emotiva, gli stimoli sensoriali che l'accompagnano (odori, suoni e colori) vengono associati
all'emozione provata in quel momento. I ricercatori hanno quindi osservato che l'attività di queste aree si
intensifica in presenza di quegli stimoli sensoriali che in precedenza sono stati associati ad eventi dolorosi.
Non compare, invece, alcuna variazione se quegli stimoli sensoriali non sono mai stati
associati in passato ad eventi significativi dal punto di vista emotivo.
La conferma è arrivata quando si è verificato che l'assenza dei singoli tratti di corteccia secondaria è
associata alla perdita del ricordo degli eventi dolorosi trascorsi, mentre restano intatte le informazioni
sensoriali e il ricordo di quegli stimoli sensoriali non associati ad alcun contenuto emotivo. "Le cortecce
sensoriali 'di ordine superiore' presenti nel topo - spiega Benedetto Sacchetti - trovano il loro corrispettivo
nel cervello umano, con la differenza che in quest'ultimo hanno una maggiore estensione ed
eterogeneità. Quello che ci aspettiamo è che nell'uomo le variazioni dell'attività sensoriale interessino le
stesse aree, ma in più punti localizzati. Con queste basi sperimentali - conclude il ricercatore - siamo
pronti a procedere con lo studio sull'uomo, che condurremo utilizzando le tecniche di imaging".
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DONNE DELLA NOSTRA TERRA
Federica Petri
Tina Modotti è stata una fotografa e attrice friulana di fama
internazionale. Nata a Udine nel 1896, durante l’infanzia frequenta lo
studio fotografico dello zio, Pietro Modotti. Nel 1913 emigra con la
famiglia a San Franscisco, dove lavora in una fabbrica tessile e allo stesso
tempo si dedica al teatro.
Nel 1918 si sposa col pittore Roubaix de l’Abrie Richey. I due si
trasferiscono a Los Angeles e nel 1920 la Modotti esordisce col film “The
Tiger’s Coat”, per il quale viene apprezzata per il suo “fascino esotico”.
L’incontro con il fotografo Edward Weston nel 1921, è l’evento decisivo
per la sua carriera di fotografa. A Città del Messico entrano in contatto
con alcuni circoli del movimento artistico bohèmie, grazie ai quali espandono il loro mercato dei ritratti.
Tina conosce alcuni esponenti comunisti radicali e in seguito aderisce al Partito Comunista Messicano.
Raggiunge l’apice della sua carriera con “La prima mostra fotografica rivoluzionaria in Messico” (1929).
Espulsa dal paese, viaggia per l’Europa e nel 1936 è coinvolta nella Guerra civile spagnola assieme al
politico Vidali. Il poeta Pablo Neruda le ha dedicato una poesia a seguito della morte, avvenuta a Città del
Messico nel 1942.
TINA MODOTTI E' MORTA di Pablo Neruda
Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no, non dormi:
forse il tuo cuore sente crescere la rosa
di ieri, l'ultima rosa di ieri, la nuova rosa.
Riposa dolcemente, sorella.
La nuova rosa è tua, la nuova terra è tua:
ti sei messa una nuova veste di semente profonda
e il tuo soave silenzio si colma di radici.
Non dormirai invano, sorella.
Puro è il tuo dolce nome, pura la tua fragile vita:
di ape, ombra, fuoco, neve, silenzio, spuma,
d'acciaio, linea, polline, si è fatta la tua ferrea,
la tua delicata struttura.
Lo sciacallo sul gioiello del tuo corpo addormentato
ancora protende la penna e l'anima insanguinata
come se tu potessi, sorella, risollevarti
e sorridere sopra il fango.
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DONNE DELLA NOSTRA TERRA
Federica Petri
Nella mia patria ti porto perché non ti tocchino,
nella mia patria di neve perché alla tua purezza
non arrivi l'assassino, né lo sciacallo, né il venduto:
laggiù starai tranquilla.
Non odi un passo, un passo pieno di passi, qualcosa
di grande dalla steppa, dal Don, dalle terre del freddo?
Non odi un passo fermo di soldato nella neve?
Sorella, sono i tuoi passi.
Verranno un giorno sulla tua piccola tomba
prima che le rose di ieri si disperdano,
verranno a vedere quelli d'una volta, domani,
là dove sta bruciando il tuo silenzio.
Un mondo marcia verso il luogo dove tu andavi, sorella.
Avanzano ogni giorni i canti della tua bocca
nella bocca del popolo glorioso che tu amavi.
Valoroso era il tuo cuore.
Nelle vecchie cucine della tua patria, nelle strade
polverose, qualcosa si mormora e passa,
qualcosa torna alla fiamma del tuo adorato popolo,
qualcosa si desta e canta.
Sono i tuoi, sorella: quelli che oggi pronunciano il tuo nome,
quelli che da tutte le parti, dall'acqua, dalla terra,
col tuo nome altri nomi tacciamo e diciamo.
Perché non muore il fuoco.
Pablo Neruda , 5 gennaio 1942.
23
SIAMO TUTTI SCRITTORI
Spangel Anndreas
Vi proponiamo un altro pezzo del racconto di Anndreas,
sperando abbiate apprezzato quello nell’edizione
precedente!
[…]Arrivai a Vienna, dove l’ultimo baluardo della Vienna
medievale nell’Innere Stadt era il luogo perfetto per
aspettare il mio misterioso ospitante, nonché editore.
Prima di andare al posto indicato nella lettera, mi persi
nei vicoli acciottolati dell’Innere Stadt. Fu un autentico
piacere camminare nel centro di Vienna. Alla fine andai
al Das Triest, il palazzo eretto più di tre secoli fa, che
inizialmente fungeva da stazione di posta tra Vienna e
Trieste, ristrutturato e trasformato successivamente in
un hotel. Lì non mi aspettava altro che un biglietto con
scritto: è qui che soggiornerà per questi tre giorni. Per
qualsiasi altra informazione mi cerchi all’Hotel Imperial
Vienna.
Fui turbato per qualche minuto. Non capivo né perché il
misterioso signore non si era fatto vedere né perché sarei dovuto restare lì ben tre giorni. Mettere in
chiaro pochi punti del mio contratto non necessitava tre giorni. Andai su in camera dove trovai una
lettera che comprendeva il mio programma del giorno seguente e alla fine la firma di colui che era il
Portatore di luce.
Chi era questo Portatore di luce? Cercai di corrompere gli impiegati dell’albergo ma tutti dicevano di non
saper nulla, oppure nessuno voleva parlare di questa “faccenda” . Uno signore della reception mi disse
che sarebbe stato meglio se fossi tornato al Castello d’If, laddove, almeno così diceva il signore della
reception, avevo dimenticato la cosa che mi avrebbe salvato al vita.
Mi sentivo la testa scoppiare, non capivo niente. Dal nulla una luce fastidiosissima interruppe il buio di
quella che sembrava la mia cella. Non sapevo dove mi trovavo né come ci ero arrivato. I miei sensi si
abituavano pian piano al buio ed iniziavo a disegnare con la mente i muri, un tavolo, dei libri ed una
porta. Aprii la porta e camminai lungo un corridoio tenebroso, con i muri umidi e pieni di scritte che non
riuscivo a capire. Accanto a me si aprì un’altra porta, entrai senza volere e mi fermai davanti ad un
quadro. Non riuscivo ancora a vederlo bene, stavo iniziando a capire di cosa si trattava, quando un colpo
alla nuca mi fecce svenire. Ora guardavo il mio corpo, disteso per terra e, dietro, colui che mi aveva
colpito. Sentii una scossa quando quel corpo, disteso ed immobile, alzò la testa e mi guardo diritto negli
occhi. Volevo parlare ma non riuscivo, ero spaventato e non sapevo cosa fare quando, dal nulla, una
forte luce irruppe nella stanza.
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SIAMO TUTTI SCRITTORI
Spangel Anndreas
Mi svegliai nel letto della mia camera con un fortissimo dolore alla testa. Andai a lavarmi continuando a
cercare di capire il significato di quel sogno e soprattutto cosa significavano le parole del signore della
reception. Così, dopo aver fatto la doccia, andai a chiedere chiarimenti.
Giravo per le strade di Vienna senza meta. Visitai tutti i musei e guardai tutti i quadri possibili nel
tentativo di cercare almeno una piccola somiglianza con il quadro che avevo sognato la notte precedente
ma le mie domande continuavano a restare prive di risposte.
Finii in un vecchio locale chiamato “La porta d’Oriente”, ordinai da bere e da mangiare e mi dedicai di
nuovo alla lettura di vari testi che potevano darmi qualche idea su cosa stesse succedendo.
Improvvisamente dal fondo del locale si sentì un rumore, mi alzai e andai più vicino per vedere cosa
stesse succedendo. Mancavano pochi passi e sarei riuscito a vedere la scena, quando dalla parete si aprì
una porta.
Una mano mi trascinò giù per le scale e ancor prima di riuscire ad abituarmi alla poca luce presente nella
stanza sentii la voce di un uomo.
<< Io sono Raphael, sono stato mandato dal Portatore di luce. >> mi disse un uomo che somigliava ad un
turco per via dei suoi vestiti.[…]
<<Cosa? Chi è il Portatore di luce?!>> dissi alzando istintivamente la voce, più per paura che per rabbia.
<<Devi moderare il tuo tono di voce Leonardo>>
<<Io non sono Leonardo. Il mio nome è... >> non riuscii a concludere la frase perché l’uomo che stava
seduto davanti a me, che fumava dal suo narghilè con molta calma, mi fece cenno di non parlare. Dietro
di lui c’era una grande statua di un leone che teneva tra i suoi denti una chiave.
<<Tu sei Leonardo. Figlio dell’arte della scrittura. Abbiamo aspettato molto tempo per poterti
incontrare.>>
<<Sei tu il Portatore di Luce?>> chiesi al turco quasi sottovoce.
<<No, e non so niente su questo Portatore di Luce, fratello mio.>>
In quel momento mi spaventai. Perché uno sconosciuto mi chiama fratello? Si alzò ed iniziò a raccontarmi
della grande confraternita dei Figli della Terra. A volte si fermava per fumare ancora dal narghilè
dopodiché continuava il suo racconto pieno di nozioni di storia, astronomia, religione e letteratura. Io lo
guardavo meravigliato, senza capire nemmeno una parola di quello che diceva anche se tutte le sue frasi
venivamo memorizzate involontariamente dal mio cervello.
<< Tu, fratello mio, trascrivi tutto quello che vedi. La sera, prima di andare a dormire, scrivi tutto quello
che hai fatto durante il giorno vero?>>
<<Non sono certo l’unico al mondo che scrive un diario... >> dissi con molta arroganza.
<<Vedi Leonardo, c’è una piccola differenza tra tutte le persone normali che hanno un diario e te. Tu non
solo scrivi le tue vicende, ma, inconsciamente scrivi quello che capiterà agli altri.
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SIAMO TUTTI SCRITTORI
Spangel Anndreas
Quello che per te è un banalissimo racconto, dall'altra parte del mondo oppure anche nella tua città,
può diventare la vita di qualcuno.>>
<<Impossibile!>>
<<Invece sì fratello mio, è più che possibile, è vero. Ora ascolta, la frase che hai sentito durante
l’esecuzione di quell’ebreo ieri mattina, era vera. >>
<<No, quella frase faceva parte del mio sogno, lo stesso sogno che poi mi portò allo castello d’If.>>
<<La morte di una persona significa la chiusura di un porta. Quella porta chiusa permette l’apertura di
un’altra, quindi di una nuova vita.>> disse porgendomi il narghilè.
Tirai a lungo, dopodiché lasciai scorrere tutto il fumo. Il mio corpo era rilassato, non sentivo più quei mal
di testa che mi tormentavano sin da quando ero adolescente. Guardavo il turco fumare poi mi
addormentai.
<<Benjamin! Benjamin svegliati!>>
Aprii gli occhi lentamente. Odiavo farlo perché la luce del giorno mi procurava nuovi dolori alla testa, ma
questa volta qualcosa andò diversamente. Non avevo più male... sentivo un leggero mal di stomaco,
probabilmente perché il mio corpo aveva bisogno di cibo.
<<Benjamin cosa ci fai qui?>>
Avevo ancora difficoltà a capire chi mi stava parlando. Non associavo la voce a nessuno. Poi lo vidi, era
fermo sulla porta del locale e mi guardava con quella faccia da angelo. Era Nico.[…]
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DEGATIMES
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Ci rivediamo il prossimo anno per continuare a
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