Quello sprint vincente al Parlamento europeo (pdf 2583KB)
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10 PRIMO PIANO LO SPORT IN LUTTO LA SCOMPARSA DEL CAMPIONE Venerdì 22 marzo 2013 «Vado a Mosca. Puoi scriverlo. Farai una bella figura perché il tuo giornale sarà il primo a dare la notizia» PRIMO PIANO 11 Venerdì 22 marzo 2013 Una volta disse di sè: «È stato fatto un sondaggio: hanno scritto più di Mennea che della Ferrari» A Strasburgo si alzava dal letto come una molla. Non indugiava. La mattina e la vita le affrontava così La leggenda di Pierino tutta volontà e sacrificio Quello sprint vincente al Parlamento europeo Mennea «Freccia del Sud»: un uomo schivo, un atleta irraggiungibile Era un mito anche lì, i deputati gli chiedevano l’autografo di CARLO GAGLIARDI P ietro Mennea e la Gazzetta del Mezzogiorno. Un lungo rapporto fatto di fiumi di inchiostro, di pagine e pagine dedicate alla «Freccia del Sud», simbolo di una terra decisa a sfondare in tutti i campi, partendo appunto dallo sport. Sacrificio e allenamento, lavoro e ancora lavoro per raggiungere limiti che per un fisico come il suo erano impensabili. Una carriera luminosa, seguita passo passo da chi vi scrive, per un personaggio certamente non facile. Chiuso, molto chiuso. A volte addirittura scontroso. Poche parole ma molti fatti, culminati in prestazioni di altissimo livello. Rapporti non facili tanto che per stanarlo al rientro nella sua Barletta da ogni impresa, eravamo costretti per anni ad ore di appostamento sotto casa (ne sa qualcosa anche il buon Nino Calvaresi, eccellente fotografo, allertato per riprendere le immagini delle sue giornate) e a sfruttare la simpatica complicità della sorella Angela per strappare qualche chiacchierata da riportare sul nostro giornale. Mille episodi tornano in mente: dall'inseguimento per le strade di Roma durante i Campionati Europei del 1974 (con lo scopo di fotografare una delle sue prime fiamme, una hostess della manifestazione) alle poche parole all'esterno dell'impianto di Avezzano al termine di una splendida gara, accolti da un «e tu che ci stai a fare qui, sei venuto addirittura da Bari». Tutti lo chiamavano Pietro, ma per noi era diventato Pierino. Un campione che alla vigilia delle Olimpiadi di Mosca, nel 1980, ci mostrò tutta la sua amicizia. Era in atto il boicottaggio della manifestazione moscovita da parte degli Stati Uniti. Molti atleti raccolsero l'invito americano a disertare l'appuntamento mentre per giorni e giorni Pierino non aveva comunicato le sue decisioni. Era di pomeriggio, eravamo ancora a casa, prima di raggiungere la redazione. Il trillo del telefono e una voce: «Carlo, sei il primo a saperlo, ho deciso, vado a Mosca. Puoi scriverlo. Stai tranquillo, farai una bella figura perché il tuo giornale sarà il primo a dare la notizia». E fu proprio così. Tra la «Freccia del Sud» e Livio Berruti, il vincitore dei 200 ai Giochi di Roma del 1960, non correva buon sangue. Sciocche gelosie, assurdi pettegolezzi avevano incrinato un rapporto reso difficile dalla formazione molto diversa. Più volte tentammo di mediare, specie quando Pierino divenne atleta della Fiat carrelli elevatori Bari, una società il cui dirigente era appunto il campione torinese. Ma la convivenza fu di breve durata e culminò con una storica liti- gata in pubblico che sancì il definitivo divorzio fra i due grandi campioni. Fu quella l'epoca in cui il compianto comm. Paolo Danese, dirigente di spicco e di grande esperienza a livello nazionale, ebbe un gran da fare per difendere il nostro Pierino dagli strali dei dirigenti federali che mal sopportavano gli atteggiamenti chiusi e scontrosi di Mennea e del suo grande allenatore prof. Vittori. Scarsa propensione alla comunicabilità da parte di entrambi, ma una lunga serie di grandi risultati che portarono il nostro «gigante di Barletta» a confrontarsi e a vincere contro i grandi del pianeta. Sarebbe ingiusto ricordare questo e non quello scontro epico o quell'alloro continentale o mondiale. Il palmares riportato in queste pagine lascia intuire lo spessore del campione a quanti non hanno avuto la fortuna di conoscerlo e seguirne le imprese. Conclusa la carriera agonistica, Pierino è riuscito ad im- GIUSEPPE DIMICCOLI porsi anche in ambito universitario e politico. Purtroppo, però, nessuno ha voluto sfruttare la sua esperienza offrendogli posti di responsabilità a livello federale. Un vero peccato soprattutto perché i «grandi» non nascono tutti i giorni, come dimostra il vuoto a cui assistiamo da anni proprio nella velocità. Pierino, certamente saprai entusiasmare ben più importanti platee. Tra le nuvole la tua corsa sarà più fluida e soave. l «Papà ma chi è più veloce del vento?». Non sono stato in grado di rispondere, come avrei voluto e dovuto, a mio figlio Ruggierino ieri mattina quando - con l’innocenza che solo i bambini hanno -, mi ha fatto questa domanda. Con un ombrello che lo sovrastava, lottava contro il vento, mentre a Barletta stavamo andando a scuola. Pietro, a Roma, stava lottando contro la morte. Dopo meno di 40 minuti mia madre mi comunicava che Pietro era morto. Mi piace pensare, e di questo non ho dubbi, che la morte sia ancora in affanno e, con la lingua penzolante, abbia deciso di stoppare la sua corsa. La spiegazione non è nelle ragioni umane: Pietro è irraggiungibile. Troppo veloce. Ora Pietro corre tra le nuvole del cielo. E anche loro hanno il fiatone. L’uomo bianco più veloce del mondo è già ad allenarsi in quella nuova vita. Suda e sgobba per non lasciare nulla al caso. Come quando a Bruxelles, dal 1999 al 2003 lui deputato europeo ed io suo assistente, non lasciavamo mai il Parlamento ad un orario umano. Gli autisti lo sapevano e ci aspettavano. Quelli italiani se lo contendenvano. Altro che deputati fannulloni. La «Relazione Mennea (A5-0208/2000) - Relazione di Helsinki sullo sport» votata a settembre del 2000 a Strasburgo aveva fatto impazzire i funzionari del Parlamento Europeo. Anche me. Doveva essere perfetta come le sue gare su pista. L’Aula Blu lo confermò con applausi e congratulazioni. Non è stato sempre semplice stargli accanto. Il suo ca- STRASBURGO Pietro Mennea è stato anche europarlamentare: nella foto, con Giuseppe Dimiccoli e Pat Cox (al centro) Lacrime pugliesi Il cordoglio L'anima, LA VEDI. NASCE BenEssere, IL NUOVO MENSILE DI SALUTE. Tutti i mesi consigli e risposte per aiutarti a vivere meglio sotto tutti i punti di vista. Perché, per stare bene, bisogna prendersi cura del proprio corpo, ma anche mantenere un equilibrio interiore ed essere in armonia con se stessi e con gli altri. IN EDICOLA «Una notizia che lascia increduli: la morte di Pietro Mennea, il più grande atleta pugliese di sempre, lascia un vuoto incolmabile. Una perdita per tutti noi, per lo sport italiano e internazionale. Un campione, nella corsa e nella vita, che ancora tanto avrebbe potuto dare al movimento sportivo. Il Coni Puglia, a nome degli sportivi pugliesi, si stringe nell’abbraccio ai familiari». Così il presidente del Comitato olimpico regionale, Elio Sannicandro, ricorda affranto la figura del campione barlettano. «È un giorno tristissimo per il mondo dello sport italiano ma soprattutto per la nostra città. Con la morte di Pietro Mennea, Barletta non perde solo il più grande campione di tutti i tempi, ma l’uomo che, attraverso lo sport, meglio ha saputo incarnare e rappresentare, in Italia e nel mondo, i valori autentici e i principi etici della nostra Terra». Lo sottolinea l’ex assessore allo Sport della Regione Puglia, Maria Campese, concittadina del campione scomparso. «La Puglia è in lutto». Lo dice il presidente del Consiglio regionale, Onofrio Introna.La sua perdita «ci rende tutti più poveri. Pietro Mennea era il risultato di una grandissima applicazione, delle metodiche innovative di allenamento del professor Vittori ed è diventato campione in una terra priva di impianti, superando qualsiasi ostacolo. Mennea era talento e volontà, volontà e talento». «Un simbolo dello sport migliore, ma anche un simbolo della nostra terra: Pietro Mennea, a cui tutti noi abbiamo voluto molto bene. La Puglia piange Mennea con grande emozione, ma sono certo che tutto mondo dello sport, e gli italiani tutti siano in lutto per questa perdita». Così Nichi Vendola, su twitter. . rattere non era facile. Tutt’altro. Ma il suo cuore era buono. Di questo non ho mai nutrito dubbi. Quando camminavamo nei corridoi del Parlamento tutti lo riconoscevano. Avrà firmato, in mia presenza, centinaia di autografi. Anche a colleghi deputati che erano in procinto di andare a votare. I commessi piangevano. Per tutti era un mito. Lui lo sapeva e, con il sorriso sul suo volto tirato, ascoltava sempre tutti. Dopo, sottovoce, mi ripeteva: «Ma sai che è stato fatto un sondaggio una volta ed è venuto fuori che hanno scritto più di Mennea che della Ferrari?». A Strasburgo abbiamo anche diviso un appartamento durante le sessioni. Si alzava dal letto come una molla. Non indugiava nemmeno una frazione di secondo. La mattina e la vita le affrontava così. È triste pensare che ora non ci sia più. Dalla capitale di Europa, su Facebook, tanti ex colleghi ricordano, increduli, «il grande Mennea». Lo adoravano da Bruxelles Enrico Mayrofer e Carlo Capuano. Pur avendolo letto e sentito della sua morte hanno voluto una conferma da me. Andrea Maresi, capo della comunicazione del Parlamento europeo a Roma, mi ha mandato il necrologio di Bruxelles. Con Francesco Di Candia, abbiamo ricordato quando - compiendo un blitz - facemmo in modo che il reparto scout Agesci di Barletta fosse denominato «Freccia del Sud». A Barletta mi «affidò» Pat Cox, a pochi mesi dalla sua elezione a presidente del Parlamento europeo, con una parola in dialetto: «Attnzion». Solo due volte ricordo di aver affrontato il discorso della morte con lui. A Parigi mentre limavamo l’orazione funebre che pronunciò il giorno seguente a Roma al cospetto del feretro di Primo Nebiolo. L’altra volta, ed era la maschera della sofferenza, accanto alla sua «mammè» Vincenza. Solo sua moglie Manuela, tanto cara e dolce, riuscì a farlo tornare in sè. Sono certo che la data della sua morte, avvenuta esattamente a tre anni da quella di sua mamma, non sia un caso. Neanche gli angeli potranno raggiungerti, Pietro. La terra ti sia lieve e dolce. Ciao e grazie per sempre. twitter@peppedimiccoli GLI STORICI AVVERSARI DELLA FRECCIA DEL SUD Il campione sovietico Borzov La tristezza dello scozzese Wells «Ha portato gloria e simpatia» «È stato il mio rivale più grande» l MOSCA. «È molto triste che se ne sia andato un atleta così grande, mi dispiace moltissimo, era più giovane di me»: così l’ucraino Valeri Borzov, 63 anni, ex campione olimpico sovietico nei 100 e nei 200 metri, ha commentato la notizia. «Tutta la mia carriera è stata legata al suo nome, compresa la mia popolarità in Italia», ha osservato. «All’epoca abbiamo rivaleggiato in tutte le competizioni, ad entrambi lo sport ha portato la gloria e la simpatia degli appassionati», ha aggiunto. Borzov diventò campione olimpico dei 100 e 200 metri a Monaco di Baviera nel 1972 (dove fu anche argento nella staffetta 4X100), ottenne poi il terzo titolo di campione europeo nei 100 m nel 1974 a Roma e strappò il bronzo alle Olimpiadi di Montreal del 1976 sui 100 m e nella staffetta 4 per 100. A causa del perdurare di un infortunio, Borzov fu costretto ad abbandonare le gare nel 1979. l LONDRA. «Sono molto triste, è stato il mio più grande rivale». Così Allan Wells ha voluto ricordare Pietro Mennea, suo avversario alle Olimpiadi di Mosca, dove l'azzurro vinse l’oro nei 200 battendolo di appena due centesimi. «È un giorno molto triste, non mi aspettavo questa notizia - le parole di Wells. Mi consola sapere che verrà sempre ricordato come un grande atleta, tra i migliori della sua generazione. È stato un grande campione di cui l'Italia deve andare orgogliosa». La memoria di Wells, oro nei 100 metri a Mosca, va alle loro sfide dirette: «È stata la mia fortuna avere avuto un avversario così forte perchè mi ha costretto a migliorarmi. Eravamo coetanei e abbiamo avuto una carriera in parallelo. È stato senza dubbio il mio più grande rivale, con la sua morte se ne va via una parte di me».