La rosa nera | L`informazione libera

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La rosa nera | L`informazione libera
31/05/2011
La rosa nera | L'informazione libera
Numero 28 del 24/05/2011
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LA REDAZIONE
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martedì 31 maggio
Stop all’aumento di un euro al cinema
il governo ha varato un decreto che reintegra il Fus (Fondo unico per lo
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crolla Bersani
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I veri motivi per cui l’Italia oggi
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deludenti risultati e Bersani ha paura!
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Mazzarri
protagonista
inconsapevole del
film “Il Pentito
ruffiano”
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troppa e due sono poche
Mazzarri si, Mazzarri no, la terra dei
cachi
Napoli the time for Champions’ has
come
raccontare ciò che è
accaduto in casa
Napoli in questo
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proveremo,
attraverso
una
metafora in stile Manzoniano, a
spiegarlo con la trama di un film
di “fantasia”… di produzione,
guarda caso, di Aurelio De
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Giovanottismo e
bimbiminkia
applicati alla
politica: piccole
considerazioni sul
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Aria nuova nella
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italiana?
Oppure
demagogia
spicciola applicata ad una
politica che la si vorrebbe più
ammantata di Woodstock-stile e
meno incentrata sui tradizionali
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conquista
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Giovanottismo e bimbiminkia
applicati alla politica: piccole
considerazioni sul Sai Baba
genovese |.
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Mazzarri protagonista
inconsapevole del film “Il
Pentito ruffiano” | La
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Mentre il Paese crolla Bersani pettina …
Numero 28 del 24/05/2011
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Mentre il Paese crolla Bersani pettina le sue bambole!
Sezioni
MERCOLEDÌ, 25 MAGGIO 2011 14:29
Attualità
NESSUN COMMENTO
Certo che vedere andare al ballottaggio per la
poltrona di sindaco di Napoli, un ex molto
modesto magistrato che nella sua beve carriera
pare abbia confezionato solo grandi bluff costati
a noi cittadini tanti soldi in rimborsi per errori
giudiziari e secchiate di infamia per chi ne è
rimato coinvolto, come racconta su libero Facci, è
veramente qualcosa che ha dell’incredibile.
“Poco si sa, infatti, della reale carriera di Luigi De
Magistris, un uomo che in fin dei conti andrebbe
giudicato per le sue opere. Il candidato sindaco
fu nominato magistrato di tribunale l’8 luglio
1996 e giunse a Catanzaro quell’anno stesso,
29enne; si presentò ai colleghi incitando sin da
subito alla «moralizzazione della cosa pubblica» e quest’ultima espressione comparirà nell’ordine
d’arresto della sua prima inchiesta importante, la 1471/96, un’indagine grazie alla quale ventuno
incensurati di una clinica privata, Villa Nuccia, finirono in galera con le accuse più turpi: violenza contro
un centinaio di malati mentali, omicidio dei medesimi, favoreggiamento di latitanti, falsi certificati per
esonerare dei figli di mafiosi dal militare, cose così. De Magistris mostrò già allora un’indubbia
disinvoltura nel contestare il peggio: sequestro di persona, omicidio, falso, maltrattamenti, associazione
per delinquere finalizzata alla corruzione. Il clamore mediatico fu enorme, e la stampa prese finalmente
conoscenza del personaggio: su Raidue, La vita in diretta si soffermò sul caso per settimane. Tutto era
fondato sulle confidenze rese a De Magistris da Mario Ammirato, un ex infermiere; oltre alle sue parole, il
nulla. Le richieste d’arresto iniziavano così: «Nell’ambito dell’attività di indagine rivolta alla
moralizzazione della cosa pubblica… ».
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Era già partita la lunga rincorsa di Luigi De Magistris verso fantomatiche lobby di potere da perseguire a
tutti i costi. Tra gli arrestati principali c’era il primario Antonino Bonura, già medico militare pluridecorato
con diverse missioni all’estero alle spalle: peraltro era medico legale nella stessa Procura che l’aveva
arrestato, e dopo la carcerazione gli venne un infarto. De Magistris, a un anno dal primo arresto, lo
incarcerò una seconda volta: fu l’unico errore di cui il magistrato ebbe a scusarsi pubblicamente.
È di allora anche un primo tentativo di coinvolgere in qualche modo Giuseppe Chiaravalloti, ai tempi
avvocato generale presso la Corte d’Appello e futuro presidente della Regione: il pm lo tirò in ballo sul
presupposto che in clinica avesse abbracciato Antonino Bonura.
De Magistris chiese i rinvii a giudizio del caso, ma l’udienza preliminare sfociò in una sentenza di non
luogo a procedere per tutti: Vittoria Palazzo, Corrado Decimo, Vincenzo Lombardi, Achille Tomaino,
Massimo Aria, Giuseppe Giannini, Francesco Trapasso, Alfonso Colosimo, Salvatore Moschella e
Giovanni Ferragina. Prosciolti.
De Magistris impugnò la sentenza, ma il 22 gennaio 1999 la Corte d’Appello di Catanzaro confermò i
proscioglimenti in toto.
La vicenda, complicatissima, si inerpicherà in un totale di undici processi in dieci anni, e alla fine
saranno assolti tutti gli imputati tranne uno: Mario Ammirato, proprio lui, il confidente di De Magistris. Il
cardiopatico Bonura e il trapiantato di fegato Salvatore Moschella, invece, ricevettero rispettivamente
50mila e 180mila euro per ingiusta detenzione. Ma la clinica era ormai sputtanata e dovettero cederla.
La Corte d’Appello liquidò ingenti riparazioni anche per gli altri.
Sono di allora i primi scontri con Giancarlo Pittelli, avvocato dei succitati e negli anni a venire
parlamentare di Forza Italia: per De Magistris una sorta di nemico pubblico. Sempre in campo sanitario,
Pittelli fronteggerà il magistrato in molti altri procedimenti tra i quali uno discretamente demenziale: De
Magistris accusò di falso alcuni farmacisti comunali che a suo dire non avevano obliterato alcune
fustelle, ossia i talloncini dei prezzi che ci sono sulle scatole dei medicinali; tuttavia verrà fuori che i
farmacisti non avevano potuto obliterare le fustelle perché De Magistris, per altro procedimento, gli aveva
già sequestrato l’apparecchietto per l’obliterazione. Archiviato tutto.
L’abuso che non c’era. Il secondo clamoroso buco nell’acqua fu il procedimento 496/97, dove De
Magistris accusò di abuso d’ufficio gli amministratori comunali Giovanni Alcaro, Giuseppe Mazzullo,
Lucia Rubino, Valerio Zimatore, Domenico Tallini, Michelino Lanzo, Costantino Mustari e Fausto Rippa.
L’accusa, in sostanza, fu quella d’aver riassunto in comune questo Fausto Rippa con una delibera
irregolare. A stabilire che lo era, regolare, c’era già una sentenza del Tar, la numero 864 del 5
settembre 1995: ma De Magistris chiese il rinvio a giudizio lo stesso, e il 15 dicembre 1997 il giudice
decise per il non luogo a procedere. Motivazione: insussistenza del fatto. L’appello di De Magistris verrà
dichiarato inammissibile. Ma la sua clamorosa carriera – fatta, appunto, di clamori – era appena
incominciata.”
Questo una puntata della vita del Masaniello che tra qualche giorno diventerà sindaco di Napoli! Una
vergogna storica per i napoletani che si rivedranno governare dalla solita giunta di tecnici in cui non
mancherà una folta rappresentanza degli uomini del P.D. che da consiglieri comunali saranno
promossi per ascendere all’agognato assessorato.
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31/05/2011
Mentre il Paese crolla Bersani pettina …
In pratica al posto di Bassolino, del quale tutto si può dire tranne che non fosse un politico con gli
attributi, entrerà in scena Masaniello-De Magistris e una manica dei soliti noti che sicuramente non
avranno nessun appoggio dal governo centrale almeno fino a quando resterà il Cavaliere a Palazzo
Ghigi e si mangeranno l’ultimo pezzo ancora commestibile della città.
La colpa di questo sfascio è di Berlusconi che ormai ha perso la leader ship del Paese, tutto preso
dalle sue solite faccende, ormai allo sbando anche mentale che non riesce a proporre, per migliorare
le sorti di questo Paese niente altro che lo spostamento di due ministeri da Roma verso Milano e forse
uno a Naoli.
Ormai siamo in mano a Vendola e Casini mentre Bersani in un angolo pettina con l’Autan le sue
bambole.
Vincenzo Branca
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A una persona piace questo elemento. Di' che piace anche a te, prima di
tutti i tuoi amici.
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Mazzarri protagonista inconsapevole …
Numero 28 del 24/05/2011
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Mazzarri protagonista inconsapevole del film “Il Pentito
ruffiano”
MARTEDÌ, 24 MAGGIO 2011 20:40
NESSUN COMMENTO
Roma 23 Maggio 2011. Se fosse un film
potrebbe chiamarsi “Il pentito” oppure “Il
ruffiano” o meglio ancora “Il ruffiano
pentito”. De Laurentiis ne sarebbe il
produttore, e per ridu rre i costi di
produzione
(dovuti
al
Fair
Play
cinematografico finanziario) sarebbe anche
uno degli attori principali, Riccardo Bigon
con l’assistenza di Marco Fassone ne
sarebbe
il
regista.
Chi
l’attore
protagonista? Ovviamente Walter Mazzarri.
La trama è già bell’e scritta: un dipendente
che dopo 4/5 (condotti in maniera vincente)
della sua annata da manager d’azienda
viene contattato da una vecchia signora,
competitor
dell’azienda
del
Presidentissimo (Aurelio De Laurentiis),
che cerca di metterlo al suo soldo.
La signora, nonostante la sua veneranda
età, conserva il suo fascino tanto da far
Nella foto Walter Mazzarri, 50, attore protagonista del
girare la testa al duro e scorbutico Walter.
film "Il ruffiano pentito". Regia di Riccardo Bigon
Tutto ciò ha ripercussioni sulla sua attività
manageriale, tanto che uno dei suo ex
dipendenti (German Denis), da lui mandato via, inizia a tracciare il percorso verso la flessione che
impedisce sogni di gloria ben più alti di quelli, comunque importanti, conseguiti a fine anno.
E allora il presidente si incavola e cerca chiarimenti, si reca a Pozzuoli e cerca spiegazioni dal toscano.
Per tutta risposta Walter gli dice che vuole un aumento e gli consegna una lista della “spesa” di circa
ottanta milioni di euro. Il presidente si arrabbia sul serio, ricordandogli il contratto di tre anni siglato la
stagione precedente. Mazzarri, ancora abbagliato dalle luci bianconere però, non sembra ravvedersi ma
procede per la sua strada. Più volte si trova a parlare con la stampa e più volte ribadisce che del suo
futuro se ne parlerà a fine anno, nonostante il contratto in calce.
Tutti coloro che hanno a cuore l’azienda (i tifosi) restano perciò in ansia non sapendo quale futuro sarà
riservato al Napoli (l’azienda in questione).
De Laurentiis non sta a guardare e si reca da Gianpiero Gasperini che, senza pensarci su due volte, gli
da la propria disponibilità. L’accordo è già pronto, senza troppe pretese e senza troppe spese.
Poi, a chiare lettere, manda un messaggio alla vecchia signora “Mazzarri ha un contratto con noi e non
andrà da nessuna parte”. La bianconera allora, dispiaciuta, decide di guardare altrove e identifica il
proprio manager nella figura di Antonio Conte.
Il tecnico livornese a quel punto è spacciato: il suo presidente lo ha già rimpiazzato, i tifosi lo hanno
screditato e la vecchia signora lo ha scaricato. Da un possibile ed indelebile successo al baratro.
Decide così di fare un passo indietro. Grande, molto grande.
Prima ricomincia a mandare messaggi d’amore ai sostenitori dell’azienda e poi chiama Riccardo
Bigon, che in stile Quentin Tarantino recita anch’egli in questo film, e gli chiede un favore «Riccardo,
chiama il presidente, organizza un incontro, ho fatto una ca**ata e vorrei riparare… magari sono ancora
in tempo». Il buon direttore chiama così il presidente che accetta l’appuntamento a data da destinarsi.
Passa il tempo e Gasperini è sempre più vicino alla società azzurra. Poi l’incontro a Roma, le “lacrime
napulitane” e il pentimento di Mazzarri, la mediazione di Riccardo Bigon e De Laurentiis, colpo di scena,
torna sui suoi passi.
Il film finisce con Mazzarri redento ma pronto e convinto per il prosieguo della sua avventura e il
presidente uscito vincitore dalla sua battaglia. Quale sarà il finale del sequel lo scopriremo soltanto la
prossima estate quando gli sceneggiatori scriveranno definitivamente il proseguimento.
Lo sconfitto? Senza dubbio è l’attore non protagonista di questa storia: Gianpiero Gasperini… sedotto
prima e abbandonato poi dal presidente.
L’importante, alla fine del lavoro cinematografico, è che il pubblico pagante resti soddisfatto.
E allora applausi e poi titoli di coda.
Il sequel sta per cominciare.
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Mazzarri protagonista inconsapevole …
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Giovanottismo e bimbiminkia applicat…
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Giovanottismo e bimbiminkia applicati alla politica:
piccole considerazioni sul Sai Baba genovese
Attualità
MARTEDÌ, 24 MAGGIO 2011 17:09
Cinema
NESSUN COMMENTO
Beppe Grillo sulla copertina de
Sezioni
Trionfo del giovanottismo? Lotta agli sprechi della
politica? Rinnovo della classe politica e scopa in mano
per pulire il Parlamento e le Istituzioni dai soliti
vecchiacchi puzzolenti che non si lavano? Aria nuova nella
politica italiana? Oppure demagogia spicciola applicata
ad una politica che la si vorrebbe più ammantata di
Woodstock-stile e meno incentrata sui tradizionali metodi
di conquista del consenso? Alla luce delle questioni che
vengono poste sul tavolo delle analisi politiche, appare
evidente che, alla luce del successo del Movimento
Cinque Stelle e del generale sommovimento a cui è
sottoposto il sistema partitico italiano, è innegabile che
esistano risposte che chi si occupa di analizzare gli
andamenti del quadro politico è tenuto a dare. La mia
posizione su Beppe Grillo è stranota (alcune cose sono
espresse
QUA),
ma
alla
luce
di
svariate
reazioni scomposte che ho visto porre in essere da alcuni
adepti del Sai Baba nostrano (presto una raccolta di
quelle che più ricalcano lo stile-Santanché), è opportuno
ribadire che il fenomeno del grillismo presenta tutta una
serie di limiti che coincidono con alcune cose lampanti
ma che raramente vengono messe in evidenza.
E' vero che?
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"L'internazionale"
Punto primo. Il Movimento Cinque Stelle si è etichettato
come forza politica “antisistema” (non si capisce se in riferimento al sistema politico o al sistema
partitico), tesa a canalizzare la generale insoddisfazione di un elettorato tendenzialmente progressista
ma che sembra aver perso i propri vecchi riferimenti politici con la crisi della galassia della sinistra
radicale e del PD stesso. E lo fa attraverso slogan semplici, chiari e netti, che anziché parlare alla testa
puntano più che altro alla pancia: rientrano in questo contesto i “Vaffanculo day”, gli slogan contro la
Partitocrazia, l’ardente desiderio di “nuovo” urlato ai quattro venti. In salsa ecologista e populista (“destra
e sinistra sono tutte uguali”). Proprio lo stesso modo di agire che abbiamo visto emergere un ventennio
fa sulla scena politica italiana, con la Lega prima e con Forza Italia dopo. Stessi concetti, stessa
demagogia. E’ inconfutabile che, se pure non siano la stessa cosa, precise e puntuali rispetto a Forza
Italia e Lega Nord sono le modalità di start-up” nel sistema partitico italiano. Filo rosso che passa
attraverso il concetto di “politica del fare”, quello di “politici ladri” o del cappio agitato in
Parlamento, quello di “rifiuto delle ideologie” e quello del “nuovo” rappresentato dalla radicale necessità
di rinnovamento di un sistema caratterizzato dalla presenza delle “vecchie cariatidi della politica”. E’
possibile negare che il M5S abbia fatto proprie queste “issues”?
Secondo. Altro aspetto grillista quantomeno discutibile risiede in uno slogan affascinante: “una testa, un
voto”. Uno slogan che sottende una democrazia reale, lontana da lobbies e gruppi di potere in grado di
condizionare le decisioni politiche preso al livello più alto. Siamo sicuri che sia così? Il dubbio c’è ed è
alimentato dalla conoscenza di alcune strutture di potere decisamente influenti che guardano
decisamente di buon occhio ad un fenomeno come il movimento grillino. Basti vedere il legame che
risiede tra la Casaleggio Associati, società che gestisce l’intera comunicazione dell’entourage di Beppe
Grillo, blog compreso, e la banca Rotschild. Chi sta dietro Grillo sembra aver adottato
una strategia di costruzione del consenso vincente, specie se si considera il ruolo di internet nel mondo
del terzo millennio (ruolo tutt’altro che secondario): sosteniamo il nostro punto di vista, ma lasciamo che
a sostenerlo siano dei comuni cittadini, tale da far percepire quella che nei fatti è la nostra voce come la
voce del popolo. E lo facciamo usando la rete (blog, social network, chat…): universo che racchiude in
sé l’apogeo tanto della (apparente?) democraticità, quanto della manipolabilità.
Terzo. Stiamo ai fatti e lasciamo perdere quelle che possono essere percepite come dietrologie,
focalizzandoci un istante sul programma stesso del Movimento Cinque Stelle. Provate a leggerlo e vi
troverete la “summa” di tre o quattro cose:
1) la parola “abolire” che ricorre costantemente, senza che si propongano soluzioni alternative
sul “come” abolire e con quali risorse. Vero è che le voci da abolire sarebbero capitoli di spesa.
Benissimo. Resta il fatto che nel momento in cui si abolisce la legge Biagi (unica voce di politica
del lavoro esplicitamente menzionata, dopodichè STOP) cosa avrebbero intenzione di fare?
Quale politica alternativa adotti? Come ci si atteggerebbe rispetto all’intervento dello Stato in
questo settore politico, ad esempio? Si procederebbe verso ulteriori forme di precarizzazione del
lavoro o si cambierebbe registro? E l’Unione Europea? Come la metterebbero con i vincoli
comunitari? Lettera morta.
2) il costante riferimento ad internet, che ricorre pressoché in tutte le voci del programma grillino.
Le ragioni le abbiamo già analizzate: senza la rete, il progetto che sta dietro alla presunta
genuinità movimentista difficilmente sarebbe praticabile;
3) il generico abbattimento dei costi della politica. Recuperare soldi veri dall’abbattimento dei
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Giovanottismo e bimbiminkia applicat…
suddetti costi più che essere inutile (anzi, è anche più che auspicabile!) coincide un po’ come
raccogliere un bicchiere d’acqua in un lago, visto che da qualche decennio l’economia italiana, il
debito pubblico italiano per meglio dire, è in mano ad investitori privati stranieri che ci terranno
sempre più in ostaggio man mano passeranno gli anni, a meno che non si decida di rivedere
una volta per tutte la tagliola dei parametri di Maastricht. Così come appare quantomeno
insufficiente e tautologica la risposta grillina in tema di miglioramento della PA: la lotta alla
corruzione nell’amministrazione pubblica è già abbondantemente garantita dalla legge n. 165
del 2001 (testo unico sugli impiegati civili dello Stato). Nessuna parola sulle assunzioni e sul
fabbisogno di personale e sulle modalità di nomina dei dirigenti, cose che influiscono
direttamente sulla determinazione di un tipo o di un altro di P.A.;
4) la forte trasversalità che caratterizza il programma stesso. Qualcosa in più va detto proprio a
proposito della trasversalità grillina, proprio sulla base del programma. Come mai non una
parola viene detta sulle tematiche davvero polarizzanti e che determinano le scelte concrete
dell’elettore quando si trova nella cabina elettorale? Come mai non una sola parola si legge a
proposito di economia, lavoro, previdenza, amministrazione pubblica? Questo non schierarsi su
tematiche di una centralità unica è quantomeno sospetto. A tutti piacerebbe un sistema rifiutizero! A tutti farebbero comodo città cablate al 100% con il wi-max! Ma perché il Movimento Cinque
Stelle non ci parla delle politiche del lavoro o della previdenza sociale? Forse perché schierarsi,
in un modo o nell’altro, su queste cose farebbe rompere definitivamente il giocattolo? Ed in
merito al tipo di politiche economiche da adottare (spesa pubblica? Quanta? E quante aliquote?
Cuneo fiscale-contributivo? Quoziente familiare? Si privilegerebbero politiche di detrazioni o
di deduzioni?) non si riesce a leggere nulla. Se non qualcosa sui cda delle imprese pubbliche
(pare che il problema principale siano le nomine degli a.d., pensate un po’!) o sui monopoli di
fatto. Nulla che faccia realmente “politica”, che sposti gli equilibri o che polarizzi realmente. Su
questo punto occorre riflettere molto. E dovrebbe farlo specie chi vota il M5S definendosi
progressista.
Una cosa va detta, infine, sul finanziamento pubblico ai partiti. Grillo e chi sta dietro di lui ne propone
l’abolizione. Tradotto: chi avrebbe i soldi potrebbe permettersi campagne elettorali faraoniche e senza
limiti; chi ha risorse economiche limitate o nulle è automaticamente fuori dal circuito politico. La luna va
osservata da entrambe le facce. Se a voi sta bene, sta bene a tutti.
Alla fine della fiera, la cartina al tornasole del populismo demagogico grillino qual è? Il rifiuto di
appoggiare – dietro lo slogan da bistecca “destra e sinistra sono tutte uguali” – almeno informalmente
candidati come Pisapia e De Magistris che svariati punti in comune con il loro programma ce li hanno.
Segno tangibile che non è vero che “destra e sinistra sono tutte uguali”. Vuoi vedere che a Grillo di
realizzare almeno un punto del “programma” non frega un emerito tubo?
Paolo Bordino
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Eccitazione sessuale: se persistente è …
Numero 28 del 24/05/2011
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Eccitazione sessuale: se persistente è una sindrome
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MARTEDÌ, 24 MAGGIO 2011 18:28
NESSUN COMMENTO
Brasile. Donna di trentasei anni autorizzata
a masturbarsi in ufficio ogni due ore. Non
si tratta di una leggenda metropolitana,
bensì di una notizia comparsa su numerosi
quotidiani. La contabile, residente a Vila
Velha, Espirito Santo, Ana Catarina Silvares
Bezerra, madre di tre figli, ha deciso di
chiedere aiuto nonostante l’imbarazzo.
Descrisse la sua prima volta con ansia per
la situazione poco normale, e la tac di
controllo evidenziò un’alterazione della
corteccia celebrale che sembra essere la
causa
di
questo
disturbo. Meglio
conosciuta come “sindrome di eccitazione
genitale persistente”, si tratta di una
condizione psico-emotiva difficile da
Molte donne soffrono del disturbo dell'eccitazione sessuale
gestire. Il corpo non è più sottoposto al
persistente, malattia che procura numerosi disagi sul lavoro e
controllo della mente e la depressione è
nella vita di tutti i giorni.
all’ordine del giorno quando non si riesce a
placare l’eccitazione con uno o più
orgasmi. La donna brasiliana, arrivata a ben 46 orgasmi al giorno, è riuscita ad ottenere un permesso
per quindici minuti di sosta ogni due ore per masturbarsi sul posto di lavoro. Non essendoci una cura,
solo i tranquillanti possono limitare lo stato di ansia e ridurre le prestazioni a diciotto al giorno. E lei, tutto
sommato, può considerarsi fortunata. Nel 2007 Sarah Carmen, ventiquattro anni, raccontò la sua storia
e i suoi 200 orgasmi giornalieri che le avevano limitato la vita.
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Il PSAD, Persistent sexual arousal disorder, è un disturbo descritto per la prima volta nel 2002.
Inizialmente i sintomi erano poco chiari. Ogni donna li descriveva in maniera confusa e legati ad una
situazione fisica differente. Con il passare degli anni, l’eccitazione sessuale persistente ha trovato basi
e sintomi comuni. Queste vibrazioni vengono percepite come spontanee, intrusive, invalidanti e non
legate ad un aumento dell’interesse sessuale. Si tratta di un’eccitazione data dal passaggio di un treno
oppure dal soffio del phon. Una minima oscillazione può scatenare un “attacco”, inarrestabile se non
con pluriorgasmi, che raramente vengono percepiti come piacevoli. In questo caso si parla di
ipersessualità egosintonica, ovvero in armonia con il soggetto, in contrasto con la definizione
“egodistonica” (dissonante con la personalità).
I sintomi più diffusi sono una congestione clitoridea e vulvare – con relativa lubrificazione vaginale -, una
condizione di totale assenza di desiderio o interesse sessuale, lo stato di eccitazione che non si riduce
né con l’autoerotismo né con un rapporto. Da aggiungere è anche la persistenza per giorni, mesi ed
anni di questi disturbi, con conseguente frustrazione per l’impossibilità di eliminare definitivamente il
fastidio. Alcune donne hanno tentato anche il suicidio per le limitazioni della vita quotidiana e l’imbarazzo
che questa sindrome comporta.
La PSAD non va confusa con l’ipersessualità femminile. Questa è un’espressione di un tratto
psicopatologico della donna. È alto il livello del desiderio, l’eccitazione mentale è predominante rispetto
al corpo e la risoluzione della “problematica” consiste nella soddisfazione post-orgasmo. Può essere
caratterizzata da “sexual day dreams”, ovvero sogni a sfondo sessuale anche ad occhi aperti, e dalla
frequenza di atti autoerotici e rapporti sessuali. Viene percepita egosintonica dalla donna, ma
egodistonica dal partner e dal contesto sociale. Studi hanno dimostrato che l’ipersessualità femminile
può essere associata a comportamenti compulsivi, a disturbi della personalità, ad effetti di farmaci
precedentemente assunti, o causata da droghe eccitanti, da lesioni del lobo frontale (come abbiamo
visto nella donna brasiliana) e dalla sindrome di Kluver-Bucy che può sfociare in comportamenti
sessuali indiscriminati, da masturbazione compulsiva a iperoralità.
Roberta Santoro
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Alex Turner – Submarine EP | La rosa …
Numero 28 del 24/05/2011
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Alex Turner – Submarine EP
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MARTEDÌ, 24 MAGGIO 2011 18:28
Attualità
NESSUN COMMENTO
Pochi musicisti riescono ad emozionare con il solo ausilio
della chitarra acustica. Alex Turner è uno di questi; entra
ufficialmente nel club degli “unplugged”, a dispetto della sua
fama casinara e casinista con i suoi Arctic Monkeys. Lo
avevamo lasciato assieme a Miles Kane nel progetto dei Last
Shadows Puppets ed il loro bellissimo The Age Of The
Understatement, duo sixties di notevole caratura cantautorale
che richiamava un po’ le atmosfere della swingin’ london dei
bei tempi andati. Ma lo avevamo lasciato anche in balìa delle
tempeste di chitarra elettrica dell’ultimo album degli Arctic,
quell’Humb ug nervoso e maturo che aveva scalato le vette di
mezzo mondo, vera prova del fuoco superata a pieni voti dal
giovane gruppo di Sheffield. Torna, in veste da solista, per
fare da colonna sonora all’attesissimo Submarine, film del
regista inglese Richard Ayoade, basato su un racconto di Joe
Dunthorne.
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Politica
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Who's who
L’EP si apre fra acustica e piano (e suoni spartani) con la
splendida e fifties Stuck On The Puzzle, lennoniana e sentita
nella sua interpretazione, ma che resta solo una brevissima
La locandina del film Submarine, con
intro dell’EP. Hiding Tonight resta sempre su toni dolci e
protagonista Craig Roberts
acustici, sussurrata quasi, da un Turner che forse non
avevamo mai conosciuto così prima d’ora. Glass in The Park
rappresenta il picco di emozionalità del lavoro, portata via dal vento con una voce riverberata e sognante.
E a proposito di vento, la tracklist ci porta a It’s Hard To Get Around The Wind, questa volta solo chitarra
acustica e voce (la scelta di arrangiamenti spartani insomma la fa da padrone). Un pezzo che sarebbe
potuto essere contenuto in un disco dei Cotton Mather (altro gruppo da scoprire).
Ma eccoci alla vera (e completa) Stuck On a Puzzle, che parte con una batteria pigra e sorniona seguita
da un basso “gommoso” e da tastiere soavi. La giusta atmosfera per lo stile che Turner ha scelto per
questa collaborazione cine-musicale. Il vero “crack” del mini album. Piledriver Waltz chiude tutto il lavoro
con gli stessi toni in cui si era aperto, passata in due parti da un riverbero di chitarra e piano che crea un
tappeto d’ansia notevole e intervallato da un inciso “waltzer” originale e azzeccato.
Sarà per la brevità del lavoro, sarà perché attendevamo Turner ad una prova più “soft”, ma Sub marine
EP sembra proprio destinato a rimanere una vera chicca di questa primavera. Attendiamo inoltre gli
Arctic Monkeys in Italia il 3 settembre all’ I-Day Festival di Bologna, per presentare il loro quarto album da
studio Suck It And See, assieme a Wombats Kasabian e White Lies.
Marco Della Gatta
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Titanic 3D, il kolossal di Cameron torn…
Numero 28 del 24/05/2011
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Titanic 3D, il kolossal di Cameron torna al cinema nel
2012
MARTEDÌ, 24 MAGGIO 2011 18:27
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Attualità
NESSUN COMMENTO
Cinema
Kate Winslet tra le braccia di Leonardo Di
Caprio sulla prua della nave, le note
struggenti di My heart will go on di Celine
Dion in sottofondo, la tragedia che inabissa
nelle gelide acque dell’ oceano un grande
amore. Dopo quindici anni, le emozioni del
capolavoro di James Cameron torneranno
al cinema in versione 3D. La Paramount
Pictures, la Twentieth C entury Fox e la
Lightstorm
Entertainment
hanno
annunciato che Titanic sarà ridistribuito a
livello mondiale il 6 aprile 2012. Una data
che non è stata scelta a caso, perché vicina
Rimasterizzato in digitale 4K e convertito in 3D, Titanic torna in
al centenario del viaggio inaugurale dello
sala per celebrare il centenario del disastro marittimo più
sfortunato transatlantico. L’inaffondabile
grande di tutti i tempi
Rms Titanic salpò il 10 aprile 1912 dal
porto di Southampton diretto a New York e
si inabissò nella notte tra il 14 e 15 aprile dopo il fatale urto contro un iceberg, portando con sé
nell’oceano 1523 delle 2200 persone che erano a bordo. Uscito nel 1997, Titanic è una delle poche
pellicole nella storia ad aver vinto 11 premi Oscar (le altre sono Ben Hur e Il Signore degli Anelli: Il
ritorno del re), e il film col maggiore incasso di tutti i tempi ($ 1,835,300,000 worldwide). Un record
strappatogli l’anno scorso dall’altro grande kolossal firmato Cameron, Avatar ($ 2,781,505,847), ma che
potrebbe riprendersi proprio grazie a questa riedizione.
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Il fenomeno campione d’incassi è stato sottoposto ad un lungo e meticoloso processo di
rimasterizzazione in digitale 4K e riconversione in formato 3D. Cameron ha lavorato per più di un anno
assieme al suo partner della Lightstorm, Jon Landau, per consentire al vecchio pubblico ma anche a chi
non ha mai visto Titanic al cinema, di sperimentare il film in una veste inedita e spettacolare. Con la
potenza emotiva intatta e le immagini più intense che mai, rivivere la tragedia del Titanic sul grande
schermo sarà un’esperienza epica e avvincente, più di quanto non lo fosse la versione 2D. L’aggiunta
della terza dimensione darà più realismo alla trama e lo spettatore avrà la sensazione di muoversi egli
stesso all’interno della nave, di sentire cosa provano i personaggi e di osservare da vicino l’iceberg che
sperona il Titanic. Dopo aver dato, con Avatar, una straordinaria dimostrazione di ciò che la tecnologia
moderna può fare, ora James Camero n è intenzionato a far scuola pure sulle conversioni 2D-3D.
Proprio grazie al successo di Avatar, realizzato con tecnologie all’avanguardia, nel 2010 c’è stata una
scorpacciata di film in 3D. Il 2012 sarà invece l’anno dei blockbuster classici riconvertiti. Qualche
settimana prima di Titanic è prevista infatti la riedizione di Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma
di George Lucas.
Queste due re-release, oltre ad essere tra gli eventi cinematografici più grandi del decennio, saranno un
banco di prova per la conversione in 3D dei classici del cinema, sia nella loro estetica che nella
sostenibilità finanziaria. Girare un film direttamente in 3D è molto costoso, e per alcuni aspetti anche
ingestibile e scomodo nelle scene d’azione che necessitano di una manovrabilità della cinepresa
impossibile da ottenere per le ingombranti camere 3D. Per questo ad Hollywood sta prendendo piede la
tendenza a rendere tridimensionale un film girato in due dimensioni. Così è stato per Alice in
Wonderland, il terzo episodio di Narnia e Captain America: The First Avenger, di prossima uscita. Le
esperienze negative di Scontro tra Titani e L’Ultimo Dominatore dell’Aria non hanno fatto però che
aumentare lo scetticismo sulla qualità dei film convertiti in post-produzione. Il problema di alcune
conversioni rivelatesi insoddisfacenti è stato il tempo. Una conversione convincente che non faccia
rimpiangere il 3D nativo richiede almeno sei mesi di lavoro: attualmente gli studios effettuano questo
processo in poche settimane a discapito degli standard di qualità delle pellicole. James Cameron ha
una incredibile e lunga lista di film di successo alle spalle, il suo nome è quindi già una garanzia.
La vera incognita, almeno in Italia, riguarda la presenza di sale attrezzate per permettere al pubblico di
vivere appieno la spettacolare esperienza visiva promessa da questi superfilm. Pochi giorni fa, all’UCI
Cinema di Pioltello, è stata inaugurata la prima sala italiana dotata di tecnologia IMAX, ma sono ancora
pochi gli schermi con proiettori a risoluzione 4K, la stessa usata per rimasterizzare il Titanic di Cameron.
Il 4K offre ciò che il pubblico di oggi si aspetta: un’esperienza visiva coinvolgente e stimolante che non
deriva solo dalla stereoscopia e della sensazione di totale immersione nella storia che scorre sullo
schermo, ma anche dall’elevata qualità raggiunta dalle immagini. Il 4K è il massimo standard digitale
raggiunto finora per la risoluzione delle immagini, quattro volte superiore a quella delle immagini HD,
vale a dire livello di dettaglio pari a quello della pellicola originale, qualità cromatica spettacolare anche
negli schermi più ampi, e immagini 3D straordinarie. Oggi con la moltiplicazione delle possibilità di
visione domestica (Internet, Blu-ray, Tv 3D ecc.), l’obiettivo primario è mantenere intatta l’attrattiva della
sala cinematografica sfruttando appieno le evoluzioni tecnologiche. Anche per questo l’esito di questo
nuovo viaggio del Titanic è da tenere sott’occhio.
Enrica Raia
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Titanic 3D, il kolossal di Cameron torn…
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La felicità…ha un’età: la “terza” | La ros…
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La felicità…ha un’età: la “terza”
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MARTEDÌ, 24 MAGGIO 2011 18:28
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Si è sempre pensato che la giovane età fosse
sinonimo di felicità, ma ricerche recenti sfatano
questo mito, affermando che gli anziani sono più
felici dei giovani. A dirlo è uno studio condotto
dall’università di Maastricht, secondo il quale la curva
della felicità subisce un declino alla fine dei
vent’anni, per poi risalire solo dopo i cinquanta. Bert
van Landeghem, uno degli autori, paragona la
profondità della diminuzione della felicità, dopo i
venti anni, a quella che si presenta dopo aver perso il
lavoro. La spiegazione di questo calo è data dal fatto
che i giovani trentenni di oggi si trovano ad affrontare
la disillusione di tutte le aspettative: ormai adulti,
vivono in un empasse, in cui da un lato c’è una
routine caratterizzata da responsabilità che spesso
Recenti ricerche dimostrano che gli anziani sono più sono fonte di stress, e dall’altra la prospettiva di un
abili dei giovani a godersi la vita
futuro incerto, incrementato dalla crisi economica
degli ultimi tempi. Questo però non vuol dire che gli
ultra 50enni abbiano una vita migliore dei 30enni: quel che migliora è la consapevolezza. Le aspettative
sul futuro si riducono, e conseguentemente si giunge ad apprezzare maggiormente quel che si ha. “Chi
si accontenta gode”? Ebbene, pare di si: è proprio con l’accontentarsi che si inizia a godersi la vita.
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Un dato confermato anche dallo studio condotto dall’ American National Academy of Sciences su un
campione di 370mila persone, che ha riscontrato il picco della felicità intorno agli ottant’anni. Questa
scoperta probabilmente renderà meno paurosa la vecchiaia che, in genere, viene associata alla perdita
della forza fisica, dell’agilità, della rapidità mentale, dell’aspetto gradevole, ma anche delle persone care
e dei propri ruoli sociali. L’invecchiamento infatti, come queste ricerche sembrano confermare, non
porta con sé soltanto perdite ma anche conquiste; da “vecchi” si diventa più saggi, più equilibrati e più
capaci di godere il momento presente, ed è proprio questo che dona la felicità.
Ma cosa si intende per felicità? Molti hanno cercato di darne una definizione ma in realtà si tratta di un
processo talmente complesso che vede implicati una pluralità di elementi di varia natura: fattori di
personalità, genetici, ambientali e esperienze personali. Dagli studi psicologici in merito, pare che
alcuni tratti caratteriali e alcuni aspetti ambientali favoriscano il raggiungimento della felicità:
l’estroversione, la fiducia in se stessi e l’instaurare relazioni intime con amici e familiari. L’avere una vita
sociale attiva, infatti, garantisce la possibilità di essere felici; anche alcuni comportamenti sembrano
essere “felicitanti”: chiacchierare, stare con gli altri, coltivare l’amore.
D’Urso e Trentin elencano una serie di attività e di atteggiamenti che favoriscono uno stato di
benessere, tra cui: non attribuire interamente a noi stessi la responsabilità degli eventi spiacevoli che ci
capitano, stare in compagnia di persone felici, fare esercizio fisico, non confrontare la nostra condizione
(salute, bellezza, ricchezza ecc.) con quella degli altri, individuare quello che ci piace nel nostro lavoro e
valorizzarlo, curare il corpo e l’abbigliamento, non trarre conclusioni generali dagli insuccessi, fare una
lista delle attività che personalmente ci fanno stare di buon umore e praticarle, e non fare progetti a
lunga scadenza. Seguendo queste strategie forse riusciremo ad essere felici; e qualora non dovessimo
riuscirci avremo tutta la vecchiaia per esserlo.
Simona Esposito
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Giordano Bruno: la lotta per la “verità…
Numero 28 del 24/05/2011
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Giordano Bruno: la lotta per la “verità”
Sezioni
MARTEDÌ, 24 MAGGIO 2011 18:27
Attualità
1 COMMENTO
Il Monumento a Giordano Bruno,
opera dello scultore Ettore Ferrari,
collocato simbolicamente a Roma,
Molti continuano, a distanza di secoli, a considerare Giordano Bruno
un martire; uno scienziato punito dalla Santa Inquisizione per le
proprie idee blasfeme, contrarie all’ordine divino – ma stabilito
cristianamente dall’uomo – dell’universo. Tanti altri, soprattutto
ecclesiastici, lo considerano tuttora un eretico, un peccatore da
perdonare (“Padre perdona loro, perché non sanno quello che
fanno” Luca, 23.34), piuttosto che da condannare, come vuole una
più moderna e caritatevole lettura delle Sacre Scritture. Giordano
Bruno resta sicuramente, anche alla luce della filosofia
contemporanea, una figura controversa e discutibile, una
personalità storica difficilmente inquadrabile all’interno di una
specifica corrente di pensiero, un contestatore, che continua a
destare acri polemiche tra i suoi convinti seguaci e gli irriducibili
oppositori. È un fatto che, a distanza di 400 anni, la sua dottrina
filosofica non abbia ancora ricevuto una riabilitazione da parte della
Chiesa Cattolica: accanto al profondo rammarico espresso da Papa
Giovanni Paolo II (2000) per l’ingiusta morte del filosofo, arso vivo
sul rogo degli eretici, non venne infatti la riabilitazione della sua
opera filosofica, tutt’oggi considerata inconciliabile con i precetti
cattolici. Un fatto che, nell’era della globalizzazione mondiale e della
democrazia planetaria, fa venire la pelle d’oca a quanti si battono
quotidianamente per preservare e affermare la libertà
d’espressione e di pensiero.
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in Piazza Campo de' Fiori, dove il
Giordano Bruno non era, in verità, un uomo di scienza; le sue
affermazioni non si basarono mai su riscontri scientifici, ma furono
pure speculazioni della logica. Giordano Bruno fu piuttosto un
destò la viva protesta di Papa
metafisico, un uomo di cultura che, cresciuto in un contesto storicoLeone XIII.
culturale di profonda crisi dell’uomo rinascimentale, della fede e
della dottrina ecclesiastica, troppo lontana dalle umane esigenze,
tentò, potremmo dire in un’accezione moderna, di dare un senso agli stravolgimenti dell’epoca
adottando un personalissimo, a tratti anticonformista, modo di guardare alla realtà. Nato a Nola (1548)
da una famiglia di tradizioni militari, la sua infanzia trascorre serena in una umile dimora alle pendici del
Vesuvio. È il vulcano a ispirargli, probabilmente, le prime riflessioni di carattere filosofico: l’ignoto nulla
che, agli occhi del Bruno ragazzo, si celava alle spalle della montagna (che il giovane Giordano, al
secolo Filippo, non mancò di esplorare spinto da un’atavica curiosità), si traspone idealmente nella sua
ricerca della verità “oltre i sensi”, un concetto centrale della sua concezione filosofica, che sin da subito
lo spinge a mettere in discussione l’allora dominante visione aristotelica: se il filosofo greco si affidava
infatti al giudizio dei sensi, Bruno sostiene la necessità, in accordo con Platone, di andare oltre
l’esperienza sensoriale, diffidando della stessa che, davanti al Vesuvio, l’aveva condotto erroneamente
a ritenere a che al di là di quella imponente cima, che nascondeva l’orizzonte alla vista, nulla potesse
esistere. Bruno si colloca così al crocevia tra l’idea platonica di Iperuranio, o mondo delle idee, dalle
radici classiche, e la più moderna esigenza dell’uomo rinascimentale di esercitare, grazie alla facoltà
dell’intelletto, il dubbio, quello stesso dubbio che sarà poi egregiamente concettualizzato da Cartesio
come unico, indiscutibile segnale dell’esistenza umana – e divina. Una posizione scomoda, quella di
Bruno, all’interno del percorso evolutivo della filosofia, che porta su di sé tutto il peso del difficile compito
di imprimere una svolta, una “rivoluzione paradigmatica”, potremmo dire con Thomas Kuhn, alla
tradizione filosofica dell’epoca. Un’epoca di conflitti, di contraddizioni, di perdita di valori. In un parola,
un’epoca di necessità di cambiamento: un cambiamento espresso dalla “ribellione” luterana, che
sottolineava quell’esigenza di ridurre la distanza, ormai apparentemente incolmabile, tra Dio e l’uomo,
sua creatura, riscoprendo i valori ancestrali della dottrina religiosa, come la povertà, che la Chiesa
Cattolica sembrava aver dimenticato; un cambiamento secolare, irto di ostacoli e resistenze, da molti
(non solo Bruno) pagato con la vita.
filosofo fu arso sul rogo. La sua
istallazione, avvenuta nel 1889,
Trasferitosi a Napoli per proseguire gli studi, Filippo Bruno prese, appena adolescente, i voti
domenicani nel convento di San Domenico Maggiore, assumendo il nome monastico di Giordano con
cui resterà nella storia. Una scelta, quella della vita monastica, che, stando alle testimonianze rese dallo
stesso Bruno, non fu affatto motivata dalla fede, quanto piuttosto dal desiderio di coltivare e accrescere
la propria cultura e formazione umanistica. È negli anni del convento infatti che si verifica il prolifico
incontro tra la viva mente di Giordano Bruno e i testi (allora proibiti) di Erasmo da Rotterdam e Niccolò
Copernico: letture che aprono al giovane filosofo la strada della Riforma Protestante, di quello scisma
religioso, cui si accompagnò una rivoluzione culturale forse senza precedenti, il Big Bang da cui nasce
tutta la cultura moderna. È a partire da quelle letture che probabilmente prende forma l’idea, più vicina al
sentire di un popolo all’epoca tagliato fuori dalla religiosità a causa dell’ignoranza del latino (unica
lingua in cui era possibile leggere la Bibbia; la prima fu tradotta da Martin Lutero e stampata da
Gutenberg proprio in quegli anni) e dell’impossibilità di accedere al costoso mercato delle indulgenze,
di un Dio immanente, presente in ogni manifestazione vitale, e allo stesso tempo capace di trasferire la
propria caratteristica di infinità alle proprie creazioni; e di una fede da ricercare, all’interno di un percorso
concepito come una “caccia”, grazie all’esercizio dell’intelletto, attributo tipicamente umano. Una visione
fortemente in contrasto con quelle cattolica della trascendenza di Dio, della finitezza del Creato e del
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31/05/2011
Giordano Bruno: la lotta per la “verità…
dogma della fede. Con Bruno (prima ancora che con Galilei), figlio della rivoluzione copernicana, a cui la
storia ha affidato il pesante fardello della diffusione – filosofica – delle scoperte – scientifiche – di
Copernico, l’essere umano subisce il primo grande lutto della sua storia: l’inevitabile perdita della
propria centralità in un universo infinito.
Costretto alla fuga da Napoli per le sue idee dubbiose circa la natura della Sacra Trinità, già all’epoca
tacciate di eresia, Bruno iniziò una vita di peregrinazioni che, nell’arco di quindici anni (1576-1591), lo
condusse a viaggiare attraverso tutta l’Europa (dall’Italia, alla Francia, all’Inghilterra alla Germania),
raccogliendo fecondi spunti per la sua teorizzazione filosofica, abbracciando tutte le fedi cristiane, tra cui
quella calvinista, e subendo altrettante scomuniche, fino al suo rientro in Italia, a Venezia (1592), che lo
vide protagonista di un processo durato otto anni. Otto anni al termine dei quali, resosi conto dell’inutilità
di un’abiura, che gli avrebbe salvato la vita, ma non restituito la libertà, Bruno salì sulla pira, la
mordacchia sulla bocca per impedirgli di parlare, ma fermo nella scelta di non ritrattare le proprie idee, e
andò a testa alta incontro alla morte, nella lungimirante certezza di guadagnarsi, con essa, quella vita
eterna che mille indulgenze non avrebbero potuto comprare.
Giuliana Gugliotti
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TAGS: filosofia, giordano bruno, riforma protestante, rivoluzione copernicana
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Giordano Bruno: la lotta per la “verità” | Linea di confine 25 maggio 2011 at 08:52 (Edit)
[...] Per gentile concessione di Giuliana Gugliotti tratto da La Rosa Nera [...]
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Napoli al ballottaggio | La rosa nera
Numero 28 del 24/05/2011
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Napoli al ballottaggio
Sezioni
MERCOLEDÌ, 25 MAGGIO 2011 13:50
1 COMMENTO
Attualità
Cinema
E' vero che?
Prima della “sorpresa” De Magistris, in
molti davano per certa l’elezione a sindaco
di Napoli del candidato di centrodestra;
eppure, hanno dovuto ricredersi quando al
38,53% di voti ottenuti da Lettieri si è
contrapposto il 27,49% del candidato IdV,
che si è guadagnato il ballottaggio e la
possibilità di sedere sulla poltrona di
sindaco della città più complessa,
problematica ed in emergenza degli ultimi
anni. A pochi giorni dal ritorno alle urne i
due aspiranti alla carica di primo cittadino
si stanno dando da fare per incontrare la
cittadinanza e convincere gli elettori ad
andare a votare: non si tratta più di portare
alle urne i propri sostenitori, ma, come ha
Lettieri/De Magistris: chi vincerà?
ben specificato anche De Magistris dal
palco del concerto di Vecchioni (che ne ha
sostenuto la campagna elettorale con un’esibizione in Piazza Dante), di “adottare un astenuto”, perché
saranno proprio gli astenuti e i moderati l’ago della bilancia per il ballottaggio nella nostra città.
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Politica
Sport
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Molti i punti in comune tra i programmi dei due candidati, diversi gli strumenti e i percorsi che intendono
utilizzare per raggiungere gli obiettivi una volta ottenuto il mandato ufficiale: in entrambi i casi la scottante
emergenza rifiuti è al primo posto tra i problemi da risolvere. Tuttavia, se Lettieri invoca la costruzione dei
termovalorizzatori e l’ennesima richiesta d’aiuto – stavolta ad un misterioso paese estero – affinché altri
accolgano la nostra monnezza, De Magistris conta sulla raccolta differenziata che intende attivare in tutta
la città (portandola al 70% dopo 3 mesi di mandato, contro i 10 mesi dichiarati necessari da Lettieri per
giungere al 50%). Naturalmente l’uscita dall’emergenza non è il solo terreno sul quale i due candidati si
stanno confrontando, anche perché la monnezza è soltanto la punta dell’iceberg, la più “visibile” delle
emergenze di una città in perenne stato d’assedio.
De Magistris, da ex magistrato, punta sulla legalità e lo sviluppo, sulla creazione di precondizioni che
rendano vivibile Napoli: intende, dunque, favorire dei cambiamenti strutturali, rendendo concreto per tutti
il diritto al lavoro, migliorando il servizio di trasporto pubblico per una sostanziale riduzione del traffico,
puntando sul turismo in quanto fonte primaria di guadagno per la città, sulla riqualificazione delle
periferie affinché diventino – finalmente – parte integrante della città. Molti gli interventi citati nel
programma politico amministrativo del candidato IdV a favore della legalità (l’istituzione di uno
sportello anticorruzione presso ogni municipalità, la separazione fra carriere politiche elettive e ruoli
tecnici accessibili soltanto per concorso, l’istituzione di una autorità di garanzia e trasparenza per le
nomine nei Comuni, nella Provincia, negli Enti di 2° grado e nelle società partecipate), parola che, al
contrario – a detta di molti – troppo poco compare nei 72 punti del programma del candidato PdL:
Lettieri cita il tema legalità in riferimento alla necessità di diffondere un maggiore senso civico e di
lottare contro il racket e l’usura; per il resto il suo programma si fonda sulla creazione di posti di lavoro
(20mila in due anni, con particolare attenzione ai giovani laureati), sul potenziamento delle linee
ferroviarie che collegano le periferie alla città, sulla sicurezza mediante videosorveglianza e l’aumento
dei vigili urbani preposti al controllo cittadino, sulla possibilità di trasformare Napoli in una città di
“grandi eventi” sui quali veder puntati i riflettori mediatici, distogliendoli dagli annosi problemi che fino ad
oggi l’hanno eclissata.
In queste settimane di campagna elettorale per il ballottaggio il confronto tra i due candidati si è
decisamente inasprito e i dibattiti sono divenuti di volta in volta più accesi. Forse, il più conflittuale “faccia
a faccia” tenutosi finora è andato in onda su Sky: sotto l’occhio indiscreto delle telecamere di SkyTg24, la
tensione tra i due avversari politici ha raggiunto il picco più elevato, costringendoli ad attaccarsi
reciprocamente, rispolverando fallimenti professionali passati, più o meno conosciuti dall’opinione
pubblica. De Magistris ci tiene a sottoline are, a proposito del suo avversario: “non è un imprenditore, ma
un ‘prenditore’, perché utilizza soldi pub b lici per rilevare aziende e poi le fa chiudere”. Lettieri, dal canto
suo, non si è lasciato intimorire e gli ha risposto per le rime: “Le tue inchieste sono state dei flop a spese
dei contrib uenti”. Il gioco si fa duro, dunque, ed iniziano a piovere le accuse. Quelle di Lettieri contro De
Magistris riguardano la carriera dell’ex magistrato, le cui inchieste fallimentari sono state seguite da
cause per diffamazione, intentate dagli inquisiti assolti, per le quali, da europarlamentare, De Magistris
ha giocato la carta della tanto contestata – soprattutto da lui e dal partito che lo sostiene – immunità
parlamentare. Quelle di De Magistris fanno, invece, riferimento ai fallimenti imprenditoriali
dell’avversario e al suo ingresso in politica, legato ad un personaggio ambiguo come Cosentino – che
lo avrebbe presentato a Berlusconi in occasione della compravendita dell’Atitech: “Io al contrario di
Lettieri la mattina non devo fare un giro di telefonate per sapere quanti del suo entourage sono ancora a
piede lib ero…Ti sei sempre fatto accompagnare da Cosentino che è accusato di associazione per
delinquere di stampo camorristico”.
http://www.larosanera.it/?p=2688
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31/05/2011
Napoli al ballottaggio | La rosa nera
Insomma la campagna elettorale per le elezioni amministrative non ci ha messo molto a trasformarsi in
uno specchio fedele della politica nazionale: il confronto finisce sempre per riguardare le faccende
personali dei candidati che vengono utilizzate in modo arbitrario, nel tentativo di manipolare l’opinione
pubblica infangando la fama dell’avversario e minandone la credibilità. Probabilmente gli elettori sono
stanchi della politica degli attacchi personali e del gossip. O forse no. Fatto sta che tra pochi giorni si
tornerà alle urne e chiunque riuscirà a sedere sulla poltrona di Palazzo San Giacomo, vincendo questo
ballottaggio, avrà l’arduo compito di rispettare le promesse fatte alla cittadinanza e far risorgere Napoli
affinché, dopo la devastazione degli ultimi anni, possa riacquisire lo status di città vivibile e a misura di
cittadino.
Sara Di Somma
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Napoli al ballottaggio | Linea di confine 26 maggio 2011 at 07:49 (Edit)
[...] gentile concessione di Sara Di Somma tratto da La Rosa Nera Etichette: De Magistris, elezioni,
Lettieri, Napoli, [...]
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Vivere vegan: costi e opportunità | La …
Numero 28 del 24/05/2011
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Vivere vegan: costi e opportunità
Sezioni
MARTEDÌ, 24 MAGGIO 2011 18:28
Attualità
NESSUN COMMENTO
Cinema
E' vero che?
Insalata russa con maionese di soia senza uova. Foto: Alessia
“Con meno di cinque euro sfamo e nutro
almeno cinque persone”. Sono le parole di
un’amica vegana, che mi hanno spinto ad
approfondire l’argomento, per scoprire un
mercato molto vivace che comprende una
fetta di popolazione in crescita costante. In
un primo momento l’approccio con la
cucina vegan è a sfondo etico, in seguito
l’esclusione dell’uso di prodotti animali e
derivati diviene uno stile di vita, ci si abitua
e si riscontra anche l’incredibile vantaggio
economico.
Impagliazzo ®
Ma dove ci si rifornisce? Dove si
acquistano i prodotti vegan? Sempre più
persone al giorno d’oggi preferiscono acquistare prodotti on line. Con i rapidi progressi delle tecnologie
di raccolta dati e i nuovi media di marketing, primo fra tutti internet, l’odierno marketing diretto è sempre
più sviluppato. L’acquirente, secondo un dominio business to consumer, può consultare direttamente i
cataloghi on line, senza aver bisogno di intermediari e sopratutto a qualsiasi ora del giorno e della
notte, perchè i negozi on line sono sempre aperti, permettendo anche un confronto diretto con la
concorrenza. I prodotti vegan possono essere acquistati on line nei Vegan market presenti sul web.
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Due importanti market on line sono: “emporioecologico”, che presenta una sezione dedicata agli
alimentari, e “bio-salute”, con alimenti per colazione, pranzo, merende e cena. A Milano esiste un “rist
vegan” che funziona anche da market che si chiama “Mens Sana”, dove è possibile acquistare anche
sul posto, non solo on line. Inoltre un sito da segnalare è : “Veganblog”, ricco di ricette vegane. Ad
esempio per preparare un ottima “frittata di riso basmati” occorrono: farina di ceci, sale, riso basmati,
acqua q.b., e olio per friggere. Tra i prodotti acquistabili abbiamo: il riso basmati che prende appunto il
nome dal suo aroma, cereali, cous cous e boulgur, farine, pasta, legumi, semi, frutta secca, seitan, soia
e derivati, conserve vegetali, spezie, latte vegetale. Anche il mercato delle bevande è notevole : dalle
bibite e succhi di frutta, a sciroppi e birra di farro.
Ma diamo un occhiata alle analisi e informazioni offerteci dall’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato
Agricolo Alimentare) e in particolare concentiamoci sulla soia. Analizzando i trend settimanali dei “semi
oleosi” notiamo che per quanto riguarda i semi di soia, il mercato non presenta variazioni di prezzo,
invece aumentano le quotazioni delle farine (come si può vedere dal grafico).
Trend settimanale Maggio 2011. Fonte rete di rilevazione ISMEA
Principalmente i vegani utilizzano la soia poiché ricca di proteine, quindi ottima sostituta di carne e uova.
Il 18% del seme è costituito da materie grasse da cui si ricava : salsa di soia, latte di soia, olio di semi
di soia, formaggio di soia, farina di soia, tōfu. Per saperne di più su questo mondo, oppure
semplicemente per confrontarsi con altri vegani, in ogni città si organizzano incontri, degustazioni, e da
quest’ anno anche un Festival: la prima edizione del VeganFestEXPO si è da poco conclusa e ci si
prepara alla seconda edizione, che ci sarà nel 2012.
Dunque un mercato sicuramente notevole, che fa parlare di se e che ha conquistato e continua a
conquistare sempre piu persone, che si appassionano alla cucina Vegan economica e sostenibile.
Ringrazio Marina Grella, ottima cuoca Vegan per aver soddisfatto gran parte delle mie curiosità.
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Vivere vegan: costi e opportunità | La …
Giuseppina De Angelis
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TAGS: cucina, marketing, mercato, on line, Vegan, vegana, web
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