Sentenza Cassazione civile 16.12.2009, n. 26340

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Sentenza Cassazione civile 16.12.2009, n. 26340
Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza 16 dicembre 2009, n. 26340
Svolgimento del processo
A seguito di indagini svolte dalla Guardia di Finanza di Nola e di Empoli, confermate da esami tecnici
di laboratorio, gli inquirenti accertavano la alterazione nei dati relativi alle quantita’ di bolle di
accompagnamento di merci vendute a Canada Furs s.r.l. da parte di Sciamar s.r.l. nell’anno 1991, nel
senso di una artificiosa diminuzione dei quantitativi effettivamente consegnati.
In data 15-11-1996 l’Ufficio IVA di Caserta notificava a Canada Furs s.r.l. dei F.lli Scialla & c. s.r.l.
avviso di rettifica, accertando una maggiore imposta quale IVA sugli acquisti e sulle vendite dissimulate
di L. 141.916.000 con applicazione di pene pecuniarie di L. 382.132.000 oltre interessi legali.
La societa’ proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta che lo respingeva con
sentenza n. 540/08/98. La sentenza era appellata dalla contribuente ma la Commissione Tributaria
Regionale della Campania con sentenza in data 19-6-01, n. 327/10/01 depositata in data 16-10-01,
confermava nel merito la sentenza impugnata, rideterminando le sanzioni alla luce della legislazione
successiva.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la societa’, con due motivi. Resiste la
Amministrazione, con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, la societa’ ricorrente deduce insufficiente e contraddittoria motivazione su un
punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la sentenza riconosciuto la societa’
destinataria della merce, nella specie la Canada Furs s.r.l. quale corresponsabile nella alterazione delle
bolle di accompagnamento sulla base del mero fatto riconosciuto di detta alterazione, in quanto detta
societa’ avrebbe beneficiato della conseguente omessa fatturazione.
Sostiene la ricorrente che tale argomentazione e’ inaccettabile sotto un profilo logico - giuridico,
essendo invece piu’ probabile la tesi da essa propugnata, di un dirottamento di parte della merce durante
il trasporto a favore di un terzo, all’insaputa e senza partecipazione alcuna della societa’ destinataria.
Elenca motivi a supporto della tesi, quali lo stato di decozione della societa’ venditrice, sfociato nel
fallimento, la condotta collaborativa di essa destinataria nella consegna agli inquirenti di documenti che
non era tenuta a conservare, indice di buona fede, la inesistenza di possibili precedenti transazioni
occulte tra le parti.
Con il secondo motivo, deduce errore di diritto, ex art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Commissione
ritenuto sufficiente il mero fatto della alterazione della bolle per la emissione dell’avviso di rettifica,
laddove tale ipotesi non ricorre tra quelle espressamente previste dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54.
Osserva infatti che tale elemento da solo non puo’ assurgere al livello di "presunzioni gravi, precise e
concordanti". Si tratterebbe, ad avviso della contribuente, di una presunzione semplice e non di una
prova diretta tale da escludere la necessita’ dell’esame della contabilita’ della ditta inquisita, anche in
relazione all’elevato importo della vendita dissimulata. Inoltre, la presunzione di vendita della merce
acquistata in elusione di IVA nello stesso esercizio costituirebbe una indebita applicazione del principio
illegittimo del "praesumptum de praesumpto".
La Amministrazione nel controricorso contesta, su basi di fatto, gli assunti della ricorrente.
I motivi di ricorso non sono fondati. Prendendo in esame il secondo, per ragioni di priorita’ logica, si
osserva che dalla stessa esposizione dei fatti emerge che la alterazione delle bolle e’ emersa sia nella
copia del cedente che in quella del destinatario, attuale ricorrente, e che i documenti in questione erano
in numero di sette, con mancata indicazione di merci per un valore assai rilevante. Orbene, premesso
che indubbiamente in materia di pretesa erariale l’onere della prova grava sulla Amministrazione, non e’
dubbio che, basandosi il riscontro della alterazione delle bolle su documenti esistenti presso la ditta
destinataria delle merci, si accerta un elemento probatorio a carico del ricevente di particolare rilievo,
tale da concretare il presupposto di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, n. 3). Non e’ infatti revocabile
in dubbio che tale constatazione porti in via diretta alla conclusione di una omessa osservanza
dell’obbligo di fatturazione delle operazioni concernenti tali merci. (v. per fattispecie analoga Cass.
16041 del 2001). Ne’ puo’ ritenersi una presunzione di secondo grado la rivendita delle merci nello
stesso esercizio, in quanto tale condotta non e’ solo probabile, bensi’ naturale ed intrinseca al tipo di
attivita’ della societa’ destinataria, che esercita il commercio di dette merci, il che significa rivendita
delle stesse dopo l’acquisto.
Quanto al primo motivo, la censura non e’ fondata. Ritenere che un soggetto presso cui sono state
reperite bolle di accompagnamento falsificate sia compartecipe della illecita operazione in quanto
principale beneficiario della conseguente sotto fatturazione della fornitura e correlativa elusione di IVA
e’ considerazione non affetta in se’ da alcuna illogicita’ o contraddizione, essendo invece conforme a
quanto normalmente avviene in casi simili.
Tanto accertato, le ulteriori argomentazioni di fatto per sostenere la plausibilita’ della opposta tesi del
contribuente sono inammissibili in questa sede, in quanto tendenti ad una riforma in punto di fatto di una
decisione logicamente ed esaurientemente motivata nell’ambito della discrezionalita’ del giudice di
merito.
Il ricorso deve quindi essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese a favore della
Amministrazione, che liquida in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00, per onorario.